Melissa e i suoi edifici
In età moderna Melissa fu feudo prima dei Campitelli e poi dei Pignatelli. L’abitato situato sopra rupi era circondato da mura e munito e dominato da un forte castello. Esso fu soggetto per la natura del luogo a dissesti che più volte determinarono crolli di abitazioni. La vicinanza alla marina espose le sue campagne alle razzie turche e molti suoi abitanti furono rapiti. Fiorente e popolosa durante il Cinquecento (dai 158 fuochi censiti del 1532 passò ai 251 del 1595), Melissa durante il Seicento decadde e spopolò, dai circa 1200 abitanti dell’inizio del secolo alla fine ne conterà quasi 500. (Nel Settecento la sua popolazione oscillerà tra gli 800 ed i 1000 abitanti). La città era suddivisa in tre parrocchie: la matrice di S. Nicola, S. Giacomo e S. Maria. Fuori mura vi erano altre quattro chiese semplici: S. Maria ab Audentia, l’Annunziata, S. Biagio e S. Giovanni in Campo. (All’inizio del Settecento le chiese semplici saliranno a sei con la costruzione di S. Caterina e di S. Maria de Monte Carmelo). Vi erano inoltre tre confraternite laiche, un ospedale ed un convento agostiniano.
Chiesa parrocchiale di San Nicola
La chiesa dai primi documenti risulta la prima delle tre parrocchiali di Melissa ed anche la matrice, così il suo parroco era anche chiamato arciprete. Situata in mezzo alla città era sede delle due confraternite laiche del SS.mo Sacramento e del SS.mno Rosario. Essendo la più importante vi conveniva tutto il clero della città per celebrare solennemente le funzioni religiose. Solo in essa si conservava il sacramento dell’eucarestia, che era riposto in una custodia lignea dorata, e vi erano l’unica fonte battesimale della città ed il sacrario. I due altri parroci della città dovevano perciò ricevere da essa i sacramenti ed i sacramentali. Il suo arciprete godeva di rendite sufficienti, provenienti da decime ecclesiastiche, stimate del valore di circa 24 ducati annui. Dedicata dapprima a San Nicola Vescovo di Mira, mutò alla fine del Seicento il titolo in San Nicola di Bari. Il vescovo di Umbriatico Zaccaria Coccopalmeri (1779-1784) trovando che l’edificio aveva urgente bisogno di restauri, decise di utilizzare allo scopo le rendite eccedenti delle cappelle e delle confraternite che vi erano erette e che di solito si elargivano ai poveri. Così Alla fine del Settecento la chiesa risultava perfettamente ripristinata. Fu nuovamente riparata verso la metà dell’Ottocento, quando fu anche rifatto un muro di sostegno all’edificio che più volte era crollato. Tra gli arcipreti ricordiamo: Tiberio Caruso, Fabrizio Cristofalo, Fabrizio Cristò, Silvestro Bruno, Cristofalo Fili, Giacinto Ferrari, Tommaso Pagano e Vincenzo Calendini.
Chiesa eremitorio di Santa Maria dell’Udienza
Poco dopo la metà del Seicento, il nuovo principe di Strongoli Domenico Pignatelli, il primo feudatario di Melissa di tale famiglia, subentrato nel feudo di Melissa per morte avvenuta il 11 maggio 1668 di Francesco Campitelli, utilizzando anche le offerte di altri uomini pii, eresse dalle fondamenta una nuova chiesa con ospizio che fu dedicata a Santa Maria volgarmente detta “ab Audentia”. L’edificio sacro, che da una relazione del vescovo di Umbriatico Agostino de Angelis del 1672 risulta già “celeberrima”, sorgeva fuori le mura ma non molto lontano dall’abitato e divenne subito meta di grande devozione da parte della popolazione di tutta la diocesi di Umbriatico ed anche della Provincia in quanto si era sparsa la fama che aveva la grazia di fare i miracoli. Ancora oggi sopra il portale capeggia l’arme dei Pignatelli (Tre pignatte sotto un rastrello a tre pendenti) che ne sono stati i fondatori ed i dotanti e che mantennero perciò per molto tempo il iuspatronato sulla chiesa, nominando i rettori che, col consenso del vescovo di Umbriatico, la amministrarono. All’edificio sacro era annesso una abitazione abbastanza comoda per gli eremiti addetti al servizio. Alla fine del Settecento la chiesa si presentava nobilmente costruita e ricca di molti ornamenti e suppellettili sacre. Allora per obbligo vi si celebravano almeno tre messe alla settimana. Nell’Ottocento è chiesa filiale.
Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta
Una delle tre chiese parrocchiali di Melissa era dedicata all’Assunzione della Beata Vergine Maria. La chiesa compare dai documenti dei primi anni del Seicento e già da allora non godeva di molte rendite. Rendite che durante il Settecento di dimezzarono passando dagli usuali ducati 24 annui a solo 12, provenienti da decime ecclesiastiche con le quali il parroco sopravviveva. Tra i parroci ricordiamo Troiano Fittante (1716), Tommaso Pagano (1776) ed Antonio Calendino (1776). Nella prima metà dell’Ottocento la chiesa fu ridotta a chiesa filiale. Recentemente è stata trasformata in sala parrocchiale.
Chiesa Parrocchiale San Giacomo Apostolo
La chiesa compare già all’inizio del Cinquecento e fin dai primi documenti risulta di iuspatronato del feudatario del luogo, il barone di Melissa Lorenzo Campitelli (1494-1516). I Campitelli manterranno il iuspatronato sulla parrocchiale finché assieme al feudo di Melissa non perverrà ai Pignatelli, famiglia nobile del sedile napoletano de Nido, annoverati tra i “magnati di Spagna di prima classe”.
Seconda parrocchiale in ordine di importanza, dopo la matrice, ma prima per quanto riguarda le rendite di cui poteva godere il parroco. Esse non provenivano da decime ecclesiastiche come per gli altri due parroci ma da un beneficio istituito da un fondatore laico che era il più sostanzioso tra tutti quelli esistenti nella diocesi di Umbriatico. Per questo motivo la scelta del parroco – rettore, che doveva essere di presentazione del feudatario di Melissa ma approvato dal vescovo di Umbriatico, fu al centro di lunghe liti tra feudatari e vescovi, perché ognuno voleva imporre i propri candidati. Le liti si prolungheranno anche nella prima metà dell’Ottocento quando per il patronato si contrapporranno l’ex feudatario ed il regio demanio. A ricordo dei fondatori rimane ancor oggi sopra il portale l’insegna dei Campitelli rappresentata da uno scudo turchino traversato da una fascia d’argento in campo azzurro sopra del quale vi è un leone passante illeopardito ed al di sotto della fascia tre rose rosse a cinque petali. Sempre dei Campitelli rimangono parti del sepolcro fatto costruire nel 1633 dal conte di Melissa e Principe di Strongoli Francesco Campitelli (1624-1668) come ricorda l’epigrafe: D.O.M./ DON FRANCISCO CAMPITELLO/ PRINCIPI STRONGOLI ET COMITI MELISSAE/ MORTIS JAM MARTIS NOMEN NUMENQUE NECARUNT/ VEH VI MARS VIXIT, MORS MODO VEXAT ATROX,/ SIC TE QUI CAMPI COMPOS, QUO SI ORBIS IS ORBAT,/ LETHUM LETITIIS ORNAT ET URNA SATIS/ ANNO MDCXXXIII.
Il sepolcro era corredato dal busto in marmo del conte disteso su una tavola marmorea ornata con simboli cavallereschi mentre due leoni in pietra, simbolo dei Campitelli, vigilavano l’edificio sacro. L’immedesimazione della parrocchiale con la chiesa del feudatario da parte dei Melissesi farà fiorire attorno ad essa racconti su tragici fatti leggendari che traevano origine dalle tristi condizioni del vassallaggio.
Tra i rettori ricordiamo Iosepho Pagliaminuta (1513), Gio. Maria Rosa (1626), Carlo Campitelli (1684) e Leonardo Canzonio (1627).Alla fine del Seicento è segnalata la presenza di un altare dedicato a S. Bartolomeo. La chiesa fu più volte restaurata. Tra i più importanti segnaliamo quello sulla fine dell’Ottocento ed il pesante intervento compiuto nei recenti anni Settanta con risultati non proprio felici. La chiesa trae il suo nome probabilmente dall’ordine di San Giacomo della Spada, ordine cavalleresco spagnolo, fiorito attorno al santuario di S. Giacomo di Compostella, che si distinse nella lotta contro i mori. Nel 1523 l’ordine divenuto potentissimo fu unito alla corona e gran maestri ne furono i re di Spagna.
Edifici non più esistenti
Ospedale
Segnalato già dai primi documenti del Seicento, aveva il compito di accogliere i poveri, gli ammalati ed i pellegrini che passavano per la città. Dapprima l’amministrazione era detenuta a titolo di beneficio da chierici forestieri, in seguito l’ospedale con le sue rendite passò sotto la giurisdizione del vescovo di Umbriatico. Poco dopo la metà del Settecento a causa di un incendio fortuito andò in gran parte distrutto. L’opera di ricostruzione avvenne al tempo e per opera del vescovo Zaccaria Coccopalmeri (1779-1784), che acquistò il materiale necessario per il ripristino, ma prima della metà dell’Ottocento l’ospedale non esisteva più.
Chiesa di Santa Caterina Vergine e Martire
Esistente già all’inizio del Settecento, il vescovo Bartolomeo Oliverio vi istituì la confraternita sotto l’invocazione delle Anime del Purgatorio, i cui confrati si riunivano nei giorni festivi nella chiesa per applicarsi ad opere di pietà. Alla metà dell’Ottocento è indicata come chiesa semplice o filiale.
Chiesa di San Biagio Martire
Chiesa non parrocchiale fuori ma vicino alle mura della città è segnalata durante il Seicento.
Chiesa di San Giovanni Battista
Chiesa non parrocchiale situata fuori le mura ma non molto lontano dall’abitato era anche detta S. Giovanni in Campo ed accanto vi era una abitazione abbastanza comoda per gli eremiti addetti al servizio. Segnalata durante il Seicento ed il Settecento.
Chiesa di Santa Maria de Monte Carmelo
Chiesa situata dentro le mura aveva annesso il beneficio sotto il titolo di San Giuseppe de Asserto di iuspatronato laicale. Segnalata nel Settecento.
Convento degli Agostiniani Zumpani
In diocesi di Umbriatico vi erano due monasteri dell’ordine di S. Agostino : uno a Melissa, l’altro a Crucoli. Quello di Melissa sorse nel 1546 sotto il titolo del S. Salvatore. Esso sorgeva fuori e lontano dalle mura della città nelle selve ed era abitato all’inizio del Seicento da pochi frati chiamati eremiti di S. Agostino, appartenenti all’ordine degli Agostiniani Zumpani. Nel convento secondo le relazioni dei vescovi di Umbriatico di quel periodo, non vi era osservata alcuna disciplina dei regolari; i frati, infatti, se ne andavano vagabondando di giorno e di notte per la città e la diocesi. Nel 1637 l’antico convento fu abbandonato ed accogliendo le preghiere e le suppliche dei religiosi ne fu costruito uno nuovo che anche se piccolo era più vicino alle mura ed aveva una chiesa molto ampia sotto il titolo dell’Annunciazione della Vergine, chiesa dove da allora si stabilì una confraternita di laici con il medesimo titolo. Il convento al tempo di Innocenzo X (1644-1655) non fu abolito, in quanto risultò avere appena il numero dei frati richiesto dalle bolle pontificie e di godere di sufficienti rendite. Tuttavia, esso andò soggetto alla giurisdizione ed alla visita del vescovo di Umbriatico. Composto da un priore e da pochi frati, il monastero per tutto il Settecento fu al centro di lunghe ed aspre liti con i vescovi di Umbriatico i quali tenteranno in tutti i modi di sopprimerlo per incamerarne i beni. Così lo descrive il vescovo Bartolomeo Oliverio (1696-1708): “C’è un monastero con chiesa dei frati eremiti di S. Agostino nel quale non vige alcuna osservanza delle regole e quotidianamente sorgono scandali. Sebbene esso sia soggetto alla visita ed alla correzione del vescovo ed anche se non ha il numero di frati richiesto dalle ultime bolle pontificie, ma soltanto vi sono uno o due frati, pur tuttavia in nessuna maniera io li posso correggere e castigare a causa della loro malizia e dei sotterfugi”. Pochi anni dopo nel 1724 il vescovo Francesco Maria Loyero aggiungeva che poiché le rendite annue del convento non superavano i 150 ducati e l’edificio era situato in un luogo insalubre e pericoloso, i frati famosi e migliori per dottrina e costume non vi andavano ad abitare, perciò quelli che vi erano creavano di continuo occasione di scandalo. Il vescovo chiedeva perciò che fosse soppresso e che le rendite fossero assegnate in beneficio del capitolo o del seminario da poco eretto, o comunque che fossero utilizzate in maniera più conveniente. I tentativi di soppressione proseguiranno con il vescovo Domenico Peronacci (1732-1775) che nel 1734 chiese al Papa di accogliere la richiesta di unirne le rendite al seminario. Il vescovo vi sarebbe anche riuscito se non avesse incontrato la violenta opposizione dei frati. “Il convento è quasi distrutto, non vi si osserva alcuna regola. Ci sono solo due o tre religiosi e nella chiesa non si officia, a volte nemmeno si celebra la messa conventuale nelle feste solenni, né è recitato l’ufficio in coro. Le rendite ascendono ad appena 150 ducati annui e sono di difficile esazione, perciò richiedo la sua soppressione”. Nonostante i tentativi vescovili e gli scandali che lo investono , il convento continuerà a sopravvivere per tutto il Settecento. Nel 1745, sollecitati dal vescovo, i confrati della SS. Annunciazione rivendicarono la chiesa e la possibilità di scegliere per il suo servizio sacerdoti secolari più adatti e chiesero al Papa di sequestrare le rendite del convento e con esse, per persona scelta dal vescovo, riparare gli altari e provvedere del necessario la sacristia. Nel 1763 i frati sono al centro di un grave scandalo, che il vescovo Peronacci cerca di strumentalizzare per i suoi fini. Il priore, accusato da un frate ai superiori di amministrare male i beni del monastero, ferisce l’accusatore a colpi di arma da fuoco. Il priore viene rimosso e mandato altrove ma il convento continua la sua precaria vita, finché non sarà soppresso nel 1809, al tempo del Decennio francese. Allora era rimasto con due soli frati.
Creato il 16 Marzo 2015. Ultima modifica: 5 Luglio 2024.