Le fortificazioni della città di Santa Severina
Il canonico Gio. Francesco Greco, procuratore dell’arcivescovo Alfonso Pisani, così descrive la posizione della città di Santa Severina nella “Relatione dello stato della chiesa arcivescovale di Santa Severina” del 1603: “Sorge nella Calabria Ultra, lungi dal mare Adriatico dodici miglia un alto monte di pietra, circondato d’ogni parte da vaste rupi, fatto dalla natura come inaccessibile, così inespugnabile in forma di Regno Pontificio, che fa mostra di tre Città l’una sopra l’altra, et sopra quello sta posta la Città di Santa Severina. La sua prospettiva s’estende libera verso il mare della Città di Cotrone, et di Strongoli, ma dalla parte di terra è impedita dalle montagne Appennine, che li stanno sopra dodici miglia però discoste. Ha un territorio fertile di pascoli, et d’ogni cosa necessaria al vitto humano. La Città oltre che è fortissima di natura è anco munita d’un fortissimo castello”.[i]
Situata “in excelsa rupe” e “saxeis caveis undique septa”, sarà durante i secoli particolarmente esposta ai terremoti e ai crolli.[ii] All’inizio del Seicento si presentava in tre parti nettamente distinte e separate. Quella più elevata, costruita sul piano, dominava le altre due, che erano sottostanti e poste da una parte e dall’altra della timpa. Erte rupi dividevano questo piano superiore dalle due parti sottostanti, e queste ultime dalla campagna circostante. Sul piano superiore sorgeva la città medievale. Essa era munita, oltre che dalle rupi, rese più scoscese dalla mano dell’uomo per meglio proteggere la città, anche da una cinta muraria che cingeva il piano. All’interno vi si trovavano: la cattedrale, la chiesa di San Giovanni Battista e gli edifici più antichi. Resti di queste mura sono ancora oggi visibili in più luoghi sul limitare del pianoro.
Le mura della città
Secondo l’Orsi “S. Severina non aveva cerchia di mura continue, chè suoi baluardi erano le rupi a piombo, con brevi sbarramenti, ove si apriva qualche difficile passaggio; nè in questi sbarramenti, od in altri tratti di muro (sostegno e difesa ad un tempo) che incoronano qua e là i ciglioni io ho riconosciute strutture di epoca classica, ma tutti vanno attribuiti all’alto medioevo.”[iii]
La descrizione dell’Orsi se è condivisibile per la parte che riguarda l’esistenza di resti murari risalenti all’alto Medioevo, non lo è per quanto risulta documentato circa la cinta muraria. Durante il tentativo di ribellione del marchese di Crotone Antonio Centelles, le truppe regie circondarono Santa Severina, che si arrese a patti. Il re Alfonso d’Aragona, il 29 novembre 1444, “in felicibus castris” presso Santa Severina, approvava i capitoli e le grazie dell’università. Tra le concessioni vi era quella di liberare i cittadini da ogni spesa per un eventuale recupero, o ricostruzione, del castello che, a causa dell’assedio, doveva aver subito gravi danni. I Santaseverinesi, infatti, affermavano che “Santa Severina et tucta castello et nonce bisogna altro castello”,[iv] intendendo che la città era ben munita, cinta e fortificata.
Sappiamo che al tempo della minaccia turca le fortificazioni della città furono rinforzate. In un breve inviato dal papa Sisto IV al vescovo di Viterbo, datato Roma 26 settembre 1482, si legge che i beni del defunto arcivescovo di Santa Severina Antonio Cantelmi rimasti in Santa Severina, che dicono valere duecento ducati, piace a noi che siano utilizzati per le necessarie riparazioni alle fortificazioni della città, in quanto così sono meglio impiegati.[v]
Sul finire del Quattrocento la città si ribellò e resistette a lungo al conte di Santa Severina Andrea Carrafa, rivendicando lo stato demaniale. Conquistata dagli Spagnoli con la promessa di rimanere in demanio, fu poi costretta a subire lo stato feudale. Nel 1512 si ribellò nuovamente e, dopo una lunga resistenza, dovette sottomettersi. Fu probabilmente dopo tale ribellione che le fortificazioni della città furono smantellate. Di esse rimane ancora traccia nella “Reintegra” dei feudi del conte (1521), anche se nel documento le mura sono citate solo due volte.
Tra le norme che regolavano i diritti del baiulo, riferite ad usi medievali, vi era che quest’ultimo non potesse esigere pene, né di giorno né di notte, da cavalli, buoi e somari trovati a fare danno “in possessionibus vel vineis distantibus per duos ictus balestrae à moeneis dictae Civitatis”.[vi] Sempre in questo documento troviamo traccia delle mura in località “Pizzileo”: Joannellus Parisius possiede “hortale unum positum alla timpa de Pizzileo à parte inferiore iux.a sequiglium quod tenet Guglielmus Infosinus à parte superiori iux.a moenia dictae Civitatis et iux.a hortum quem tenet baptista Maniscalcus”.[vii]
La distruzione delle mura della città
Delle mura e delle torri, che dovevano cingere la città medievale, alla metà del Cinquecento non rimaneva che il ricordo, come si riscontra nel sigillo del capitolo, dove sono evidenziate tre alte strutture appuntite, che si ergono sopra la città sorretta dalla patrona, e in alcuni atti notarili: “ven. ecclesia S.mae Annuntiatae ex.a moenia Civitatis”,[viii] “ecclesia S.tae Dominicae extra muros Civitatis”. Allora le case situate dentro la città, e poste al limite delle timpe, confinavano con le “ripas Civitatis”: “rupes dela Miseria”, “ripas S.tae Caterinae”, “ripas S.ti Joannis Evangelistae”, “rupes dele volte de Angelo de Luca”, “ripas plani de castello”, ecc.
10 novembre 1573. I fratelli Antonio e Francesco Dormigliuso possiedono le case palaziate “sitas et positas intus dictam Civitatem in parrochia S. Joannis Bap.tae iux.a domum ipsius Julio Trasi ripas S.tae Caterinae”.[ix] 9 dicembre 1573. I coniugi Alfonso Colaianni ed Antonina de Rogiano, possiedono una casa terranea in parrocchia di “S.ti Apostoli jux.a domum donnae Virginiae de Caruso jux.a ripas S.ti Joannis Evangelistae”.[x] Casaleno dentro la città, in parrocchia di Santa Maria de Puccio “confine la casa del Capitolo la casa di Jo. Cola Stupperi vinella m.te et la casa de Jo. Petro de Fulco vinella mediante et la timpa del piano delo castello”.[xi] 17 maggio 1574. Nardo de Martino abita “in loco dicto piccileo jux.a ripas Civitatis”.[xii] 21 settembre 1574. Francesco Carrafa possiede una casa palaziata “intus Civitatem in parrochia S.ti Apostoli jux.a ripas Civitatis viam pub.cam et ecc.am S.ti Gregorii vinella mediante”.[xiii]
3 febbraio 1575. Francesco Guarino e Faustina de Marrayeno possiedono una casa terranea dentro la città in parrocchia di San Giovanni Battista, “jux.a hortalem m.ci joannis petri Bonaiuti rupes dele Volte de Angelo de Luca et eius domum”.[xiv] 18 agosto 1575. Donna Carmosina delo Vaglio possiede una casa palaziata “intus p.tam Civitatem in parrochia S.tae M.ae de Puccio jux.a domum Her. Hieronimi piccichini jux.a planum delo castello et domum delo Capitulo”.[xv] 15 settembre 1578. Sabio la Mendula possiede una casa palaciata “in parrocchia S.ti Nicolai jux.a aliam domum ipsius Sabii jux.a rupes dela miseria et domum jo.nis bp.ae germano vinella mediante”.[xvi] 5 ottobre 1584. Joannella Liverio possiede delle case dentro la città “in parrochia S.e M.e de puccio jux.a domos palaciatas ipsius joannelle muro con.to jux.a domos m.ci jac.i de rasis via pu.ca med.te jux.a planum et casalena suptus ripas plani de castello”.[xvii] 6 gennaio 1585. Isabella Scuro vedova di Jacobo de Martino, possiede un casalino scoperto sito e posto “intro S. S.na in la parrochia di S. M.a de puccio jux.a la casa di s. anastasia le timpe de sotto lo castello et via pu.ca”.[xviii]
Le porte
Come evidenziano alcuni documenti della metà del Cinquecento, a quel tempo a Santa Severina esistevano tre porte, che erano gli unici accessi alla città: la porta della “Grecia”, la porta “della Piazza” e la porta “Nova”. Nell’agosto 1575 da una lite tra il governatore della città, Jo. Battista Garrafo, ed il commissario Claudio Bonetti, venuto in città per esigere le imposizioni fiscali da alcuni cittadini, apprendiamo che il commissario aveva chiesto l’aiuto del governatore per far pagare i debitori, ma quest’ultimo si rifiutava, sostenendo che non era compito del capitano della città esigere e servire per sbirro, procedendo ad incarcerare i debitori e a confiscare i loro asini, ma spettava a lui solo quello di amministrare la giustizia. Per poter costringere i cittadini, il commissario pensava di chiudere due delle tre porte, ma tra i privilegi della città vi era: “che nelli suoi Capitoli che non permetta di serrare le porte ma quelle stiano sempre de notte et de dì aperte, ma è ben vero che quando se volesse fare una buona esigenza se conveneria far star serrate le due porte et una aperta dala quale passano tutte le genti che sono debitori per farle pagare”.[xix]
Opere difensive cinquecentesche
Durante il Cinquecento sono citate due opere difensive della città: “La Torretta” e “Lo Spontone”. Queste non minacciavano il castello, anzi erano sottomesse ai suoi baluardi. Poste nella parte alta della città, vigilavano l’entrata posta a ponente. Numerosi sono i documenti che attestano la presenza di una “torretta” all’interno della città di Santa Severina già all’inizio del Cinquecento. Questa è segnalata ancora nel Settecento, quando risulta indicata in parrocchia di San Nicola dei Greci.
“Mag.cus D. Federicus Asagnes alias Paliologo Baro Casalis Bellivideri (Federico Asan Paleologo, barone di Belvedere) … Gruttam unam intus dittam Civitatem in loco ditto La Torretta iux.a domum Nicolai Misasi via mediante qua itur ad Rupam iux.a introytum domorum ipsius d. Federici”.[xx] “Joannes Cappellanus et fr. … domum unam palaciatam quae fuit Vinciguerrae Cappellani intus dittam Civitatem in loco ditto La Torretta iux.a domos M.ci D. federici Asagnes domum Nicolai Misasii et viam vicinalem”.[xxi] “Item hortalem unum positum in timpis dictae Civitatis il loco dicto La Torretta iux.a timpam de la Torretta iux.a domum Stefani Novellisii et viam publicam quod occupaverat fer.is Antonii Marrayenis”.[xxii] “Item gructa una ibidem iux.a domum Ber.ni Mazullae viam publicam quam occupaverat her.is Vincentii de Planis”. “Item gructa una ibidem iux.a sup.tas confines quam occupaverat Ber.nus Mazulla. Item gructa una ibidem iux.a gructam quam tenet mag.cus D. Federicus Asagnas et domum Nicolai Misasi quam occupaverat p.tus Nic. Misasius et fr.es. Item gructa una ibidem iux.a casalenum fabricatum Simonis Abinabilis et iux.a introytum gructarum quas occupaverat Lucas Jo. Infosinus quam gructam occupaverat Jo. Abinabilis” (1521).[xxiii]
Tra i Censi della mensa arcivescovile alla metà del Cinquecento, troviamo: “Matteo de Francho” per una altra casa ad la torrecta” (1548,[xxiv] 1555-1558[xxv]). “Joanni Antoni poeri per una casa ad la torrecta.” (1550).[xxvi] “Lerede de Sibio Locifero per uno casalino alla Toretta” (1555-1558).[xxvii]
1 ottobre 1573. Nel passato, i domenicani nel passato avevano dato in locazione una casa appartenente a Macteo Griffis alias Tirioti di Crotone. La casa è posta dentro la città di Santa Severina “loco dove si dice la Torretta confine le case del q. not.o Mattia Basoino et altri confini”.[xxviii] Tesidio Liveri possiede un casalino in loco detto “La Torretta”, confine la casa di Bernardo Vaccaro.[xxix] 8 aprile 1585. Bernardo Vaccaro abita in una casa “sitam in la torretta jux.a ripas Civitatis et viam pu.cam”.[xxx] “Uno casalino fo di Scipio de Lucifero intro le case tene il mag.co Antonino Longo jux.a le timpe dela Città et ditte case dela torretta lo possede ditto m.co Antonino Longo”.[xxxi]
29 giugno 1693. Lupo Sapia possiede un basso di casa sotto le case di Giacinto Strada “nella parrochia di S.to Nicolò de Greci loco d.to la torretta provenutoli dalla eredità di sua zia Anastasia Sapia. Lo vende per ducati 8 a Giacinto Strada.”[xxxii] “Il Sig. D. Martino Cantor Severini possiede un trappeto da macinar olive, sito nella casa d.a La Torretta nel distretto di questa città”.[xxxiii] D. Oronso Can.co Severini possiede “una casa nella parrocchia di S. Nicola nel luogo d(ett)o La Torretta confine quella di Gio. Dom. Catanzaro”.[xxxiv]
Lo “spontone”, o baluardo, limitava una parte del “Campo”, dalla parte del fosso del castello. La sua presenza è documentata già nel giugno 1578. Negli atti della lite tra il feudatario e l’arcivescovo per i diritti delle fiere, in una testimonianza si legge che: “Il detto Andrea Gatto con Ascanio Severino, et uno tamburro sonando vennero allo campo armati con altri genti et dal ditto tamburro fecero battere certi bandi scritti ad istantia di Andriaci infosino, et per suo ordine, et li faciano leggere publicamente allo spontone”.[xxxv] Come in altri casi simili, molto probabilmente, all’inizio del Cinquecento, lo “spontone” aveva sostituito la precedente “Torretta”. Questa struttura, confinante e parte integrante con il fosso del castello, aveva il compito di difendere l’entrata alla città. Infatti, la sua punta era diretta sulla via di accesso.
La chiesa di Santa Maria della Consolazione fuori le mura
Nell’opera del Pacichelli (Il Regno di Napoli in prospettiva, Napoli 1702), è inserita una stampa con due vedute della città di Santa Severina, in cui sono rappresentate le mura della città. Come evidenzia la “Veduta Orientale della Città di S. Severina”, la costruzione delle nuove mura lasciò fuori una parte dell’abitato, quella dove era situata la chiesa di S. Maria (indicata con il numero 7 nella stampa).
Nella relazione ad Limina del 1678, al tempo dell’arcivescovo Mutio Suriano (1674-1679), è scritto che oltre alle cinque chiese parrocchiali, ve ne erano altre quattro, tra le quali quella di Santa Maria della Consolazione, aggiungendo: “e questa fuori le mura della città nuovamente fabricata”.[xxxvi] Nell’apprezzo fatto dal tavolario Giovan Battista Manni, in esecuzione del decreto della Regia Camera del 24 settembre 1687, consegnato nel novembre dell’anno seguente, pur non essendoci alcun accenno alla costruzione delle nuove mura, si legge: “fuori di detta Città, e proprio da sotto il luogo detto Portanova … vi è una Chiesa sotto il titolo di S. Maria della Consolazione, ad una nave, ed intempiatura, pittata con un altare, ed una campana piccola”.[xxxvii] Tempo dopo, tra le chiese situate “extra moenia”, l’arcivescovo Antonio Ganini indicava quella di “Santa Maria de Consolatione”, che si manteneva con la devozione dei fedeli. Vi era l’onere di celebrare una messa alla settimana a favore di Agneta Zurlo e di due messe annuali per D. Andrea Cozza. Questi obblighi erano assolti con i censi lasciati da costoro.[xxxviii]
Le “mura nuove” della città
Come evidenzia il caso della chiesa di Santa Maria della Consolazione, molto probabilmente, le nuove mura della città furono costruite poco tempo dopo che la città, per donazione del padre Giovanni Andrea Sculco, avvenuta nel 1674, passò in potere del figlio primogenito, il duca Domenico Sculco. Quest’ultimo ne restò in possesso fino alla morte, avvenuta nel 1687, quando lo stato di Santa Severina ricadde in Regia Camera, rimanendovi finché non fu messo all’asta ed acquistato il 30 gennaio 1691, a nome di Cecilia Carrara per il figlio Antonio Grutther.
Conferma questa ipotesi la costruzione della nuova chiesa e la morte di tre lavoratori. Scorrendo il Libro dei Morti di S. Nicola dei Greci e quello di Santa Maria La Magna, troviamo che ci sono solo tre casi di decesso per caduta dalle timpe della città, e tutti nel tempo presunto della costruzione delle mura. Nel “Libro dei morti di S.ta Maria Magna” è annotato che: “A 10 ottobre 1676 Dom.co Lamberto cascato dalle timpe di S. Dom(eni)co morì, fu sepolto in S. Dom(eni)co senza pompe funerali”, e “A 8 Novembre 1680 Jacinto Siminara si dirupò accidentalmente dalla timpa sotto il castello e morì senza sacramenti perche era interdetto. Mons. Ill.mo Berling(eri) ordinò fosse assolto e sepellito senza pompa funerale e sono di campana. Fu sepolto in S. Maria de Pucio”.[xxxix] Nel Libro dei morti di San Nicola dei Greci è segnato che “Virgilio Caveri passò da questa a meglior vita per una cascata senza potersi confessare solo con haver ademplito il precetto Pascale … il suo corpo è stato sepellito nella chiesa cathedrale di questa Città di S.ta Sev.na li 15 agosto 1676”. [xl]
Il primo documento che richiama esplicitamente l’esistenza delle nuove mura è un atto del notaio Vito Antonio Ceraldi di Rocca Bernarda del settembre 1688. Il 9 settembre 1688 Antonino Lansalone dichiarava di possedere una casa palatiata consistente in tre membri due superiori et uno inferiore con orto contiguo detto di sopra sita e posta dentro detta città nel luogo detto “sotto le mura nuove” vicino la casa di Diana Tramonte. Egli la cedeva ad Angela Casoppari, vedova di Agostino Lansalone, per ducati dodici.[xli] Segue nello stesso giorno, la cessione da parte del Lansalone di “una camerella con suo basso, sita e posta dentro la Città, vicino la casa oggi venduta ad Angela Casoppari, nel luogo detto sotto le mura nuove”, in favore di Tomaso Zurlo.[xlii]
Altri atti notarili stilati successivamente dallo stesso notaio fanno riferimento alle nuove mura. Il 23 agosto 1692, Elisabetta de Jona dichiara di possedere una casa dentro la città nel luogo detto “sotto le mura nuove” confinante con le case dei Petrolillo.[xliii] Un altro riferimento alle mura della città si trova in una dichiarazione dei parroci che, il 29 giugno 1699, affermano: “Noi infrascritti facciamo fede, et cum iuramento, come in questa Città di S. Severina si trovano cinque Chiese parrocchiali sotto tit(ol)o respettivamente di S. Nicolò della piazza, di S. Gio. Batt.a, di S. Maria la Magna, di S. Maria di Pozzo e di S. Pietro Apostolo, ciascuna delle quali chiese parrocchiali ha li suoi confini limitati, e divisi dall’altre; detti confini però non eccedono l’ambito e mura di detta città”.[xliv]
Note
[i] Relatione dello stato della chiesa arcivescovale di Santa Severina, 1603.
[ii] “Adi 29 di ottobre 1686 ad hore quattro di notte cascò una muraglia delli casaleni del q.m Marzano e rovinò parte della chiesa di S.ta Maria La Gratia et anco la casa della vedova Elisabetta Novellise essendo restata sotto le rovine d.a casa morta tanto la stessa Elisabetta quanto Lonardo et Angela Peluti figli e scavati da sotto li pietre furono sepelliti in S. Maria La Gratia”. AASS, Fondo Capitolare, volume 3C, Libro dei morti di Santa Maria Magna.
[iii] Orsi P., Le Chiese Basiliane della Calabria, VII Siberene – S. Severina, pp. 190-239, Vallecchi Ed. Firenze 1929, p. 193.
[iv] Caridi G., Un privilegio inedito di Alfonso il Magnanimo alla città di Santa Severina, in Nuovi Annali della Facoltà di Magistero dell’Università di Messina, n. 2, 1984, p. 157.
[v] ASV, ARM. XXXIX, f. 39.
[vi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 1A, f. 8.
[vii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 1A, f. 15v.
[viii] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. X, ff. 71-72.
[ix] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. IV, f. 31.
[x] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. IV, f. 40.
[xi] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. IV, f. 77.
[xii] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. IV, ff. 84v-85.
[xiii] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. V, f. 14.
[xiv] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. V, ff. 87v-88.
[xv] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. V, f. 145.
[xvi] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. VIII, ff. 9-10.
[xvii] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. X, ff. 30v-31.
[xviii] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. X, ff. 67v-68.
[xix] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. V, ff. 147-148.
[xx] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 1A, f. 11.
[xxi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 1A, f. 11v.
[xxii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 1A, f. 63.
[xxiii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 1A, f. 63.
[xxiv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A, f. 57.
[xxv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 4A, f. 14v.
[xxvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A, f. 83.
[xxvii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 4A f. 7v.
[xxviii] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. IV, f. 16.
[xxix] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. VI, f. 106.
[xxx] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. X, f. 82.
[xxxi] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 13B, f. 15.
[xxxii] AASS, Fondo Capitolare, protocollo Ceraldi V. A., cartella 7D fasc. 3, 1693, ff. 37v-38.
[xxxiii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, Busta 7009, 1743.
[xxxiv] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, Busta 7009, 1743, f. 147.
[xxxv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 12A, 1578, f. 3.
[xxxvi] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1678.
[xxxvii] Un apprezzo della Città di Santa Severina, in Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, p. 142.
[xxxviii] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1765.
[xxxix] AASS, Fondo Capitolare, volume 3C, ff. 68, 71.
[xl] AASS, Fondo Capitolare, volume 1C, f. 29v.
[xli] AASS, Fondo Capitolare, protocollo Ceraldi V. A., cartella 7D fasc. 1, 1688, ff. 37v-38.
[xlii] AASS, Fondo Capitolare, protocollo Ceraldi V. A., cartella 7D fasc. 1, 1688, f. 39.
[xliii] AASS, Fondo Capitolare, protocollo Ceraldi V. A., cartella 7D fasc. 3, 1692, f. 34.
[xliv] Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, p. 150.
Creato il 3 Marzo 2015. Ultima modifica: 9 Aprile 2023.