La scomparsa del casale di San Giovanni “de Monacho”
L’antico abitato era situato tra Papanice e Cutro, in località ora detta “S. Janni Vecchio”. Sorto probabilmente, attorno ad un monastero greco dedicato a San Giovanni, come testimonia il Fiore,[i] il suo territorio detto “il corso di S. Giovanni Minagò”, era particolarmente adatto al pascolo invernale. Risalgono al periodo normanno i privilegi di alcune abbazie greche che, ancora nel Settecento, conserveranno vasti territori; ricordiamo l’abbazia di S. Nicola de Miglioli (“L’Abbadia”, “Le Manche dell’Abbadia”) e quella di S. Nicola di Jaciano (“Il Piraino”).
Segue in età sveva la penetrazione delle abbazie latine: quella cistercense di Sant’Angelo de Frigillo che, nel 1224, otterrà dalla curia imperiale, la concessione di un vasto territorio “apud Cutrum et Sanctum Iohannes de Monacho in territorio Sancte Severine”,[ii] e quella dell’abbazia florense di S. Giovanni in Fiore (gabella di “Terrano”).
In tenimento di Santa Severina
Il primo atto in nostro possesso che documenta l’esistenza del casale, risale al 17 marzo 1217 (datazione probabile), quando troviamo alcuni testi giurati di “Sancti Iohannis de Monacho”: il presbitero Minam, il presbitero Costam, papam Costam, Fantinum, Iohannem de Flandina, il notaro Andream e Theodorum Tefani, assieme ad altri giurati di Cutro, impegnati a definire i confini del corso di “Ferulluso”.[iii]
A quel tempo il casale di “Sancti Iohannis de Monacho” era posto in territorio e tenimento della città di Santa Severina[iv] ma, in ragione dell’antica struttura abbaziale della sua chiesa, aveva proprie pertinenze anche in altri territori come, ad esempio, in quello di Cutro. Un atto del settembre 1221, infatti, scritto “de mandato et voluntate domini Riccardi Benette et domini Iohannis de Tarento”, quest’ultimo “filius domini Saruli protoiudicis Tarenti”, menziona alcune loro terre patrimoniali, poste “in tenimento Cutri de pertinenciis tenimenti nostri de Sancto Iohanne Monacho”.[v]
Le terre (χοράφια) del dominus (κυρ) Riccardo Benetta sono menzionate anche in un atto relativo all’annata 1223-1224 (a.m. 6732), tra i termini che costituivano il confine meridionale delle terre di Ceramidari (χοράφια τοϋ Κεραμιδάρη), a ovest delle quali passava la via regia (όδός ή βασιλεική). Lo stesso documento, che riguarda la vendita di alcuni beni fatta al monastero di Sant’Angelo de Frigillo, da Adilitzia, figlia di Riccardo de Borrella (sic, ma Benetta), assieme a suo fratello Philippo, menziona anche le vigne e le terre poste in Cutro, territorio (διακρατήσει) di Santa Severina, confinate ad oriente dalla via e a ovest da altre vigne, nonché le terre dette di S. Nicolao poste negli stessi luoghi, in prossimità dei confini del territorio di San Giovanni Monaco (διακρατιμάτων νοϋ Αγίου Ίωάννου νοϋ μοναχοϋ), dove scorre il torrente di San Giovanni (ρίαξ νοϋ Αγίου Ίωάννου) e passa la via (όδός).[vi]
Nel tenimento di San Giovanni Monaco, invece, ricadevano alcune pertinenze di Crotone, così i feudatari del casale erano tenuti a contribuire agli interventi di riparo del castrum della città. Agli inizi della dominazione angioina “Scaranum (sic, ma Sarulum) de Tarento de S. Iohanne de monacho” ed “Henricum Cognetam de S. Iohanne monacho”, risultano tra coloro che sono tenuti a contribuire al riparo della “Turris que vocatur Turris Palatii” (1270).[vii]
Di una foresta pertinente alla città di Crotone, esistente nel tenimento del casale di San Giovanni Monaco, abbiamo notizia attraverso un atto del 7 gennaio 1445. Quel giorno, nell’accampamento regio contro il castello di Crotone, re Alfonso d’Aragona confermava al nobile “johannis de marino” della terra di Le Castella, i beni concessigli in passato da Enrichetta Ruffo di Calabria, marchesa di Crotone e contessa di Catanzaro e, in particolare, la donazione fattagli con privilegio dato in Crotone il 20 dicembre 1440, dei beni mobili e immobili appartenuti al quondam “Andreae Corbi” di Crotone, tra cui: “forestam unam quercuum sitam et positam in tenimento s(an)cti johannis monacho pertinenciarum Cutroni in loco dicto de scardino jux(ta) forestam pheudi nicolay Baldari Terras presbiteri nicolay de donna johanna greco et alios fines quam tenebat q.o Andreas a n(ost)ra curia sub annuo redditum sive Censu tarenorum duorum.”[viii]
Anche se non possediamo una descrizione completa dei suoi confini, sappiamo grosso modo che, ad occidente, il territorio di San Giovanni Monaco, limitava con quello “delo pantano”, posto nelle pertinenze del casale di San Mauro,[ix] mentre, verso sud, era confinato dalla gabella detta “de Tavolaro” di Cutro.[x] Il torrente anticamente detto di San Giovanni (“V.ne Marango”, “V.ne Acqua della Quercia”), doveva rappresentare il limite tra il territorio di Cutro e quello di San Giovanni Monacho, mentre, dalla parte orientale e settentrionale, quest’ultimo limitava con quello di Papanice, anticamente casale della città di Crotone.
Nel giustizierato di “Calabria”
“S.tus Ioannes de Monaco”, tassato per unce 75, tari 22 e grana 4,[xi] ed appartenente al giustizierato di Val di Crati e Terra Giordana (1276),[xii] passò ben presto ad appartenere a quello di Calabria. Il 13 febbraio 1280, re Carlo d’Angiò, notificava a Goffrido de Sumesot, giustiziere di Valle Crati e Terra Giordana, l’aggregazione al giustizierato di Calabria, delle seguenti terre precedentemente appartenute alla sua giurisdizione: “Catensarium, Taberna, Scilla (sic, ma Sellia), Symerus, Barbarum, Genico castrum, Mausurica cum casalibus ipsarum terrarum, Policastrum, Tracina, Castella, Rocca Bernarda, Sancta Severina cum casalibus suis, Sanctus Iohannes de Monacho, Cotronum cum casalibus suis.”.[xiii] Si fa riferimento a tale provvedimento anche il 17 aprile di quell’anno, quando re Carlo rimosse dall’ufficio di giustiziere di Calabria Roberto di Richeville, nominando in sua vece Geberto de Herville, e “aggiungendo all’antico Giustizierato tutto quel tratto di paese che sta dal fiume Neto al fiume Gattino”.[xiv]
Anche se tali atti menzionano “Sancta Severina cum casalibus suis” distintamente da “Sanctus Iohannes de Monacho”, sappiamo che, in seguito, il casale seguì le vicende feudali della città di Santa Severina, che godette a lungo la condizionale demaniale, prima di giungere in potere di Nicola Ruffo alla fine del sec. XIV. Come conferma il fatto che né il casale, né la città di Santa Severina, risultano in un elenco riguardante il pagamento dell’adoha nell’anno 1378, in cui sono riportate le terre ed i feudatari delle diverse provincie del regno.[xv] Agli inizi della dominazione angioina, comunque, i Ruffo di Calabria possedevano un feudo ricadente “in Sancto Iohanne Monacho” che, a quel tempo, risultava occupato da Basilius e Iohannes de Notario “de eadem terra S. Iohannis”, in danno di Fulcone Ruffo che lo deteneva “in capite”.[xvi]
I Ruffo
Dopo che re Ladislao ebbe istituito il marchesato di Crotone (1390), San Giovanni Monaco entrò a far parte delle terre appartenenti al marchese di Crotone Nicolò Ruffo. Il casale di “s(an)cti Johannis de monacho” risulta tra i possessi confermati l’undici luglio 1426 da papa Martino V al “nobilis vir Nicolaus Ruffus Marchio Cotronis”, che confermò la precedente reintegra fattagli dalla regina Giovanna II, del marchesato di Crotone e della contea di Catanzaro, con le loro dignità, titoli ed onori.[xvii] Già durante questo periodo però, San Giovanni Monaco aveva subito un forte spopolamento. Il 10 dicembre 1423, accogliendo una richiesta fatta dal marchese, il duca di Calabria Luigi III d’Angiò, ordinava “ad Antonio Hermenterii di provvedere alla riduzione delle collette al casale di San Giovanni, sito nel distretto di Crotone, per la notevole diminuzione della sua popolazione”.[xviii]
Al tempo in cui il casale di San Giovanni Monaco apparteneva a Nicola Ruffo, sappiamo che il marchese di Crotone concesse al milite Petro Macri il feudo di Santo Stefano, del quale, alcune parti ricadevano in territorio e tenimento del casale. Il 19 dicembre 1444, nell’accampamento regio contro il castello di Crotone. Johannam Macri figlia del quondam milite Petro Macri di Crotone, assieme a suo marito, il milite “Bartholum d(omi)ni sari” di Sorrento, “nunc” cittadino di Crotone, presentavano un privilegio chiedendo la riconferma e nuova concessione, di alcuni beni fatta a suo padre da Enrichetta Ruffo “marchionissa Cutroni Comitissa quam catanzarii”, con privilegio dato “in castro Civitatem n(ost)re Cutroni il 9 novembre del 1437, prima indizione. Concessione che, comunque, era stata fatta precedentemente a detto suo padre, dal marchese di Crotone Nicola Ruffo, senza però che fosse scritto il relativo privilegio.
Tali concessioni riguardavano il feudo detto “de s(an)cto stephano”, sito e posto “in Civi.tem s(an)cte severine, mocta s(an)cti mauri de Caraba Casali s(an)cti jho(ann)is monacho et eorum tenimentis et territoriis”, e “ipsum casale s(an)cti stephani cum vassallis et vassallorum juribus que de corpore dicti feudi sunt”, beni appartenuti al quondam “Tadei Velluti de florencia” e devoluti alla regia corte per morte del detto Tadeo “sine liberis decedentis”.[xix]
La fiera
Durante la prima metà del sec. XV il casale seguì le vicende dei Ruffo e, dopo i fatti conseguenti alla ribellione di Antonio Centelles a re Alfonso d’Aragona, che portarono la guerra e la distruzione nel Marchesato, risultava disfatto e depopolato, in potere del re.[xx] Lo spopolamento di “S(an)ct(u)s Joannes monachus” che, con 31 fuochi, risulta annotato tra le “Terre que fuerunt Marchioni Cutroni” in un foculario del regno,[xxi] favorì l’abbandono della locale fiera che, pur mantenendo l’antico titolo, fu trasferita dal suo luogo solito, presso la chiesa del casale dedicata a San Giovanni, a quello presso la chiesa di San Giovanni de l’Agli vicino alla città di Santa Severina.
L’otto aprile 1446, dal Castelnuovo in Napoli, re Alfonso d’Aragona, a seguito della querela esposta per parte di “Frederico de bono de stilo”, abitante della terra di “Castriveteris”, si rivolgeva all’università e agli uomini di Santa Severina, affermando che Caterina, figlia del detto Frederico, in qualità di figlia ed erede della quondam “ursoline de baldari”, si trovava in possesso di “quoddam feudum quod vocatur Casale de Sancto Johannes monacho situatum in pertinenciis predicte terre sancte severine”, nel cui territorio, i suoi predecessori ed, in ultimo, sua madre, che era stata “utili domini feudi eiusdem”, da tanto tempo che non esisteva memoria di uomo in contrario, ogni anno nel mese di maggio, aveva detenuto ed esercitato, come all’attualità detta esponente “ex successione maternae”, si trovava nelle condizioni di detenere ed esercitare, il diritto di “nundinas francas seu mercatum”, potendovi accedere liberamente.
Nel mese di maggio prossimo passato, però, alcuni uomini “omni timore postposito ac spiritu diabolico ducti”, violentemente a “manu armata”, erano giunti a perturbare detto mercato, distruggendolo totalmente, e mutandolo “ad quendam locum de territorio ipsius terre sancte severine vicinum seu convicinum predicto loco ubi dicte nundine celebrant”, in grave pregiudizio e iattura della detta Caterina. Considerato ciò, il re ammoniva i perturbatori, ordinando loro di ripristinare il tutto, reimmettendo la detta esponente nei suoi possessi.[xxii] Nella realtà la fiera continuò regolarmente a svolgersi nel nuovo sito,[xxiii] così troveremo in seguito, che “Da sotto detta Città verso la parte di Mezzogiorno vi è un luogo detto la Chiusa del Conte, dove si fa la fiera la terza domenica di Maggio sotto il titolo di S. Giovanni Minagò, nel quale luogo vi sono due muri di fabrica lunghi, dove formano le baracche per comodità dei Negotianti”.[xxiv]
La contea di Santa Severina
Poco dopo la metà del Quattrocento, il casale con la sua antica chiesa di San Giovanni Battista bisognosa di ripari,[xxv] fu dato in feudo con vassallaggio a Tommaso Ferrari. I Ferrari lo mantennero fino all’inizio del Cinquecento quando andò a far parte della contea di Santa Severina in potere di Andrea Carrafa.[xxvi] Nel 1521 “Sancto Johanne Monaco” era tassato per 34 fuochi, poco più di quanto ne aveva contato settant’anni prima.[xxvii] In seguito fu ripopolato, come Scandale e San Mauro, dal conte di Santa Severina Galeotto Carrafa, successore dello zio Andrea nel 1526,[xxviii] così nella numerazione del 1545 aveva 73 fuochi,[xxix] tempo in cui il Magnifico Antonio Piterà, figlio del quondam Giovanni di Catanzaro, possedeva 500 ducati sopra le entrate di “Santo Ioanni Minago”, Fota e Crepacore.[xxx] Nel 1551 Galeotto Carrafa vendeva a Ferrante Carrafa, duca di Nocera, la terra di Cutro, il casale di S. Giovanni Minagò ed i feudi di Fota, Crepacore, ecc. Feudi che poi passarono nel 1558 ad Alfonso Carrafa Duca di Nocera.[xxxi] Tre anni dopo, nella numerazione dei fuochi del 1561, il casale era tassato per 96 fuochi[xxxii] ma, poco dopo, nel 1564/1565, ne paga per 73,[xxxiii] cioè come nella vecchia numerazione del 1545. Tuttavia, nella numerazione del 1578 ritorna ad essere tassato per 94 fuochi.[xxxiv]
Così è descritto in una relazione del 1589: “S. Giovanni Monagò è casale del Duca di Nocera habitato da seicento anime, lungi da S. Severina sei miglia. Ha il suo arciprete con tre preti. Ha la sua chiesa matrice e due altre di confraterie, una della S.ma Annontiata, l’altra di S. Catarina, e nella chiesa matrice sta l’altra del S.mo Sacramento.”[xxxv] Agli inizi del Seicento il casale è soggetto a forte ripopolamento, tanto da quasi raddoppiare la sua popolazione, che è censita dai contatori nel 1604 per 156 fuochi.[xxxvi] Durante l’annata 1606-1607 ne risulta sindaco Gio. Thomas Arrichetta, mentre sono eletti Gio. Andrea de Romano, Hieronimo Laportella, Thomas Messina e Colella Arrichetta.[xxxvii] Il feudatario vi possedeva numerosi territori tra i quali: “lo Giardino” e le gabelle di “Buffo”, “Milori”, “La Menta”, “Umbrara”, ecc.
Vicende religiose
Il casale era in territorio ed in diocesi di Santa Severina. La mensa arcivescovile vi esigeva le decime degli animali che pascolavano sul corso, così nei territori dei baroni, come dei cittadini e dei forestieri.[xxxviii] La decima consisteva “in esigersi da ogni 10 agnelli o capretti, così primitivi, come posteriari, uno et da ogni diece pezze di caso, ò ricotte, una, per li buoi, vacche, giumente, et altri animali cavallini un tari per ciascheduno, et d’ogni porco grosso un carlino, et dalli piccoli cinque grana”.
L’arcivescovo ricavava da questo privilegio, che si faceva risalire alla bolla di Lucio III del 1183, nello Stato di Cutro, in Rocca Bernarda e S. Giovanni Minagò oltre duemila ducati all’anno. La mensa arcivescovile possedeva inoltre alcuni terreni (“Le Cersulle”). Anche la sua chiesa arcipretale, di rito greco almeno fino al Duecento, possedeva alcune gabelle (“Lo Scinelluzzo”, “Manca della Chiesa”, “L’Olivella”), dei vignali e vigne, ed esigeva delle decime dagli abitanti. Alla metà del Cinquecento essa era tra i benefeci che pagavano la decima alla Santa Sede,[xxxix] e la Quarta beneficiale all’arcivescovo di Santa Severina (1566).[xl]
A testimonianza dell’antica struttura alto medievale della chiesa matrice intitolata a San Giovanni Battista, luogo di riferimento mercantile del territorio, è il fatto che, ancora nel Cinquecento, conserverà il potere su alcune “grancie”, come si evidenzia in occasione della visita compiuta al casale, dal vicario generale dell’arcivescovo di Santa Severina Ursini, Joanne Thomasio Cerasia, cantore della chiesa cattedrale di Mileto.
Il cantore, la mattina del 12 giugno 1559, lasciò Cutro e, con la sua comitiva, si diresse al casale di San Giovanni Minaghò, dove visitò la chiesa matrice di S. Giovanni Minagò con le sue due campane, la chiesa della confraternita di Santa Maria detta L’Annunziata, situata fuori del casale, con un altare detto volgarmente L’Annunziata della famiglia degli “Herrichecta” e, quindi, alcune chiese campestri sparse per il territorio del casale, parte delle quali erano chiuse. Queste chiese, tutte “grancie” della matrice S. Giovanni, erano: S. Sofia, Santa Maria (dove sopra l’altare c’era un grande quadro con dipinta la S.ma Epiphania), S. Vito (con quadro raffigurante la Vergine, S. Vito e S. Domenico), S. Blasio (con dipinto della Vergine) e S. Nicola.[xli] La maggior parte di queste chiese campestri sarà abbandonata nella seconda metà del Cinquecento, a causa del pericolo delle incursioni turchesche, e per la presenza di banditi che renderanno insicure le campagne.
Dai Sinodi di Santa Anastasia sappiamo che l’arciprete doveva versare alla mensa arcivescovile un censo di tre libre di cera, trasformati in seguito in tre carlini.[xlii] Solamente dal 1600 in poi, oltre all’arciprete, compare anche la confraternita della SS.ma Annunziata che, dapprima, versò un cattedratico di una libbra di cera e poi, negli anni seguenti, tre carlini (1600-1609). Dal 1610 al 1617, oltre all’arciprete, troviamo anche le confraternite della SS.ma Annunziata e del SS.mo Rosario, con un cattedratico di 4 carlini. Nel 1618 e nel 1619, compaiono l’arciprete, le confraternite della SS.ma Annunziata e del S.mo Rosario, i rettori della SS.ma Concezione, di S. Maria del Carmelo e di S. Maria delle Grazie. Tutti e tre gli altari erano eretti dentro la chiesa dell’Annunziata. In questo periodo si susseguirono gli arcipreti: Gio. Andrea Pirrhone (1582), Giovanni Tommaso Leto (1586-1588), Giovanni Francesco Fiorillo della terra di Cutro (1602-1632), e Marcello Monteleone della terra di Cutro (1632-?).[xliii]
L’abbandono del casale
Secondo il Fiore San Giovanni Monaco “mancò nel secolo presente circa il 1630 e accrebbe co’ suoi avanzi la poco distante terra di Cutro”.[xliv] Ancora all’inizio del Seicento il casale era popoloso e fiorente, come dimostra la tassazione focatica. Nel 1604 esso era tassato per 156 fuochi, più dei vicini casali di San Mauro e di Scandale. Scandale (Gaudioso): a. 1604 (f. 83),[xlv] a. 1631 (f. 178), a. 1643 (f. 98),[xlvi] a. 1648 (f. 179).[xlvii] San Mauro: a. 1604 (f. 147),[xlviii] a. 1643 (f. 147),[xlix] a. 1648 (f. 157).[l] Cutro: a. 1604 (f. 679),[li] a. 1648 (f. 679).[lii] Papanice: a. 1604 (f. 234),[liii] a. 1648 (f. 234).[liv] “San Gio: minagho”: a. 1604 (f. 156).[lv]
Lo spopolamento avvenne dunque durante il periodo in cui fu arciprete del casale il cutrese Giovanni Francesco Fiorillo (o Florillo) (1602-1632). Le relazioni inviate dall’arciprete all’arcivescovo di Santa Severina, descrivono in parte l’abitato prima e dopo l’evento, permettendoci di stabilire la data dell’abbandono del casale, che si verificò pochi anni prima della vendita, fatta nel 1620, dello Stato di Cutro, composto dalle terre di “Cutro, Le Castella, Rocca Bernarda e della terra seu casale di S. Giovanni Minagò in Provincia di Calabria Ultra con loro ville seu casali habitati et inhabitati”, e con lo ius ancoraggi di Crotone ed il feudo di Fota, da Francesco Maria Carafa a Giovanna Ruffo di Scilla, Marchesa di Licodia.[lvi]
Il confronto tra le relazioni, specialmente tra quella datata 20 aprile 1608[lvii] e quella del 9 aprile 1628,[lviii] evidenzia la profonda trasformazione che, in pochi anni, subirono l’abitato ed il paesaggio agrario circostante. Dalla relazione dell’arciprete dell’aprile 1628, veniamo a conoscenza che “il casale habitava c’havaveria da quindici anni in qua, che sfrattò, et disshabitò”. Quindi l’abbandono da parte della maggior parte della popolazione avvenne intorno al 1612/1613, mentre “quelle poche persone ch’al presente ci sono romaste sonno tante povere che per la loro povertà e miseria non possono andar ad habitare ad altri luochi”.
Prima dello spopolamento
Nel 1608 il casale ci appare con i suoi numerosi orti (casa con “uno hortale adietro”, casa con “uno hortale”, casette con “uno hortale dietro la chiesa di Santo Gio.e”, ecc.), che sono accanto a case e casette (casa di Fran.co Cerentia, di Agostino Tiriolo, di Gio. Dom.co Perretta, di Cola di Ungaro, di Bartolo Griso, di Nardo Musitano, di Granditia Colonna, di Gio.e di Simone, di Masi Messina, di Scipione Caccia, di Vincenzo Ferraro, ecc.).
C’è la piazza pubblica ed il palazzo della corte ducale, che è vicino alla chiesa di Santa Maria Assunta, ci sono dei magazzini per conservare il grano (“del q.m not.o Parise Ganguzza”), mentre numerose pezze di vigne sono situate in località “S.to Nicola”, “Serra di S.to Nicola” e “L’Acqua della Fico”, molte delle quali appartengono agli abitanti del casale, altre a Cutresi; quasi tutte sono state concesse dalla chiesa e perciò sono gravate da censi (di Gio. Fran.co Fiorillo, di Gio. Geronimo Ganguzza, di Mutio Ammirato, di Gerolamo Musca di Cutro, di Gio. Bartolo Cavarretta di Cutro, dell’eredi di Ant.no Papasodaro, di Salvatore Scalise di Cutro, di Gio. Batt.a e Gio. Gregorio Foresta di Cutro, ecc.). Lo stesso vale per le diverse chiuse alberate di celsi, fichi e querce che arrivano fin dentro al casale (Chiusa di Gio. Fran.co Messina, del q.m Ciancio Palermo, ecc.). Vi è poi l’esteso “Giardino” appartenente al feudatario. Attorno all’abitato ci sono le gabelle dove è praticata la coltivazione del grano (“massaria”) che si alterna al pascolo (“herba”). Quest’ultimo è soggetto ai diritti del “corso”. Infine, i folti boschi.
Relazione dell’arciprete Gio. Francesco Fiorillo (1608)
“Inventario delle Robbe stabili della Chiesa Arcipretale de S. [Gioanne] Batt(ist)a Matrice del Casale di S. Gio(ann)e Monaghò fatto da me Gio. Fiorillo Arcip.te di detto Casale nell’anno 1608 a 20 di …
In p.s Una Gabella chiamata la manca della Chiesa posta nel Te[rritorio del] Casale confine la Cabella della Foresta, et destre di [Marcello] d’orlando della parte di sop.a et de l’alt.a parte di [sotto] la gabella di Godinello, et la Gabella di Caracalli … è Cam.ra chiusa, et in herba si sole affittare doc[ati] … l’Anno, et a Mass.a si sole dare per tt.a Cento [di grano.]
Item un’alt.a gabella chiamata l’Olivella posta [in detto territorio] confine la gabella della Valle delli frassi … confine la gabella della Difesa della [parte di …] confine la gabella di Centonze, che [confina] della parte di Tramontana, q.ale gabe[lla suole] affittarsi dui anni si, et dui no et quando [a massaria] tt.a trenta di Grano l’Anno et quando [in herba non si] ha cosa alcuna per esser Curso ma si la pa[scolano l’affitt.ri] del Curso, et è di Capacità di sette salme in[circa.]
Item Un’alt.a gabella chiamata Scinello posta [in detto territorio confine] la gabella della Badia dela parte di sop.a … la Gabella di Ascanio Foresta di Cutro di ca[pacità di tt.a] cinque q.ale si sole affittare per tt.a ventiquattro … cioè dui anni sì, et dui vaca, et quelli anni che va[ca si la pa]scolanno l’affitt.ri dello Curso, che la Chiesa non ci ha …
Item Uno Vignale chiamato il Vig(na)le della Fico posto nel T[erritorio di detto Casale] dentro la Volta dello Ciullo di Giulio Pistoia, di capacità tt.a quattro è Curso, et quando s’affitta si ne hanno tt.a di Grano quattro l’Anno.
[Item] certi Vignali chiamati la Chiusa dello Muscarello in d.tto [terr.o] confine la Gabella di Asmi di Gio. Fran.co Sacco, et li Vigne [di] D. Gio. Fran.co Fiorillo di capacità di tt.a sei di grano sono …, quando s’affittano si n’hanno tt.a sei di grano l’Anno alborati di fico, et Celsi delli q.ali Celsi sin’hanno d.ti tre.
[Item Uno] Vignale detto Vig(na)le di S.to Nicola in d.etto Terr.o detto la Chiusa … di detto Casale, quale si sole affittare per tt.a sei l’anno confine l’Hortale di Gio. Fran.co Sacco, l’Hor. [de Gio. And.a] de Romano, et la via publica.
[Item Uno horto de]tto l’horto di S.to Martino, q.ale fu del q(uonda)m Gerolamo [Musca] fu revoluto alla Chiesa per li Censi non soluti.
Censi
… paga alla d.tta Chiesa uno Carlino l’Anno per censo … di S.to Martino 0-0-10.
… Car.ni tre l’Anno per censo delle Vignie … Terr.o di detto Casale loco d.tto S.to Nicola 0-1-10.
[Mutio Amm]irato paga Car.ni dui l’Anno per censo … Vig(na)li posti in detto Terr.o loco detto la [Serra] di S.to Nicola 0-1-10.
Gio. Ger.o ganguzza paga g.na dieci l’Anno di rendito di Una Vignia posta in d.o Terri.o [lo]co detto la Serra di S.to Nicola 0-0-10.
Mutio Ammirato paga cinque grana l’Anno per rendito d’Una Vignia posta in d.tto loco di S.to Nicola confine le sop.tte Vignie. 0-0-…
Gerolamo Musca di Cutro paga dui Car.ni l’Anno per censo di dui pezze di Vignie poste nel loco d.tto l’acqua della Fico 0-1-0.
Gio. Bartolo Cavarretta di Cutro paga g.na tredici l’Anno per censo d’una pezza di Vignia posta nel loco detto l’acqua della Fico …
L’Her. di Ant.no Papasodero pagano g.na venticinque l’Anno per censo di due pezze di Vignie poste nel soprad.tto loco …
Salvatore Scalese di Cutro paga g.na dudici, et mezzo p[er pezza] di una Vigna posta loco detto ut supra.
Gio. Batt(ist)a, et Gio. Greg.o Foresta di Cutro pagano [uno] tt.o di Grano l’Anno per censo di una di una V[ignia] sta in detto loco l’acqua della Fico.
Invent.rio delle Robbe Mobili della Chiesa Arcipreitale di S.to Gio(ann)e Bap(tis)ta di S.to Giovanne Monaghò.
In p.s Uno calice di Argento con Patena inorato moderno.
Item uno avante altare di Damasco bianco con trene d’oro.
Item Una Casupra di Domasco bianco con stola, et Manipulo con trene di oro.
[Item un] avant’altare et una Pianeta con stola, et Manipulo di Ar[mo]sino verde.
[Item un a]vant’altare di Rasiglio lavorato con trene arangine.
[Item una] pianeta di Gionbellotto Russo con la Croce di Velluto giallo.
[Item una pi]aneta di Velluto negro con stola, et manipulo.
[Item una pia]neta di Velluto bianco, et russo con stola, et manipulo … Russo.
[Item] … di Damasco paunazzo.
[Item uno avante] altare di armosino paunazzo.
[Item] …a di Velluto listiato con Croci Turchina.
[Item] … di tela bianca.
[Item] …a lunga con frangie di seta Russa.
[Item] … burza di Corporali aragamata d’oro.
[Item] … burza di Corporali lavorata turchina.
[Item] … burza di Corporali di Velluto bianco, et russo.
[Item] … burza di Corporali di armosino Verde.
[Item] … Tovaglie grandi di altare.
[Item] … Tovaglie piccole di mano.
Item Uno Missale grande novo riformato.
Item Un’altro Missale grande Usato.
Item Un’altro Missale piccolo.
Item uno Battisterio novo.
Item una Croci grande.
Item dui Incenseri di attune uno novo, et uno Vecchio.
Item uno paro di Coscini di armosino a rosa secca.
Invent.rio delle robbe del SS.mo Sacram.to
In p.s uno Calice di argento con patena inorato.
Item uno Tabernaculo di argento falso.
Item Un’alt.o vaso di argento falso, che serve pe[r] … quando si va ad communicare l’infirmi.
Item un’alt.o Vasetto d’argento fino, dentro il q.ale si cons[erva il SS.mo] Sacramento dentro la Custodia.
Item Uno Pallio di Damasco bianco.
Item Un’alt.o Pallio di Velluto di diversi colori che si porta quando [si va] alla Communione.
Item due linterne, dui campanelli, et un Crocifisso.
Item dui Veli uno grande, et uno piccolo.
Item un alt.o Velo che si mette allettorino.
Item Una Cappa di Velluto paunazzo.
Item Uno Vaso di Vetro grande che serve per la Com.ne.
Invent.rio delle Robbe stabili, et censi di d.a Cappella
In p.s Gio. Dom.co perretta paga d.ti tre l’Anno alla d.tta Cappella del SS.mo Sacram.to per conto della Casa dove habita confine la Casa di Cola di Ungaro et la casa di Bartolo Griso d.ti 3.
Item tiene un’alt.a Casa in d.o Casale confine la Casa di Nardo Musitano et la casa di Granditia Colonna q.ale si sole affittare carlini trenta l’Anno, et al p(rese)nte la tiene affittata Perna di Messina con un’Hortale a dietro d.ti 3.
Item Un’alt.a Casa con uno hortale censuata a Gio(ann)e di Simone per Carlini trentacinque l’Anno posta in d.o Casale confina la Casa di Ger.mo [Riche]tta et la casa di Masi Messina 3-2-10.
[Item un’alt.a] Casa censuata a Scip.e Scaccia per docati tre l’anno posta [in d.o Casale] confine la Casa di Vincenzo Ferraro et di Teberio … d.ti 3.
[Item … p]aga alla detta Cappella car.ni venti l’anno per censo [di uno m]agazzeno che fu di Not.o Parise Ganguzza dove al p(rese)nte … d.ti 2.
[Item … casette, et un Hortale dietro la Chiesa di S.to gio(ann)e confine … del Rosario che tiene censuato Gio. Fran.co Cerentia et le casse di Agostino Tiriolo.
Item tiene lo Datio della Carne di detto Casale q.ale sole vendersi quando cinque, quando sei docati l’Anno.
Inventario delle Robbe della Cappella del SS.mo Rosario
In p.s Uno Calice di Argento inaurato con Patena.
Item Una Cassupra di Domasco con trene di Argento falso.
Item Uno avanti altare damasco bianco con trene di oro.
Item una casupra. Dui avant’altari di tela l’uno con Croce di Seta nera et l’altro con Croce Turchina.
Una tovaglia di seta carmosina. Una tovaglia lavorata di filo bianco con frangie. Una Tovaglia di seta nera. Due tovaglie di filo Russo. Due tovaglie di seta russa. Tre muccatura di seta rossa. Un’altra tovaglia di seta carmosina. Uno filondente grande con frangie. Una tovaglia lavorata con filo bianco. Un’altra tovaglia di tela flandenise. Un’altra tovaglia di filo Russo. Un’altra tovaglia di filondente grande. Un altro avant’a[ltare] di tela bianco con Croce Russa. Una lenza di seta Carmosina. Una tovaglia di filo bianco. Un’altra [tovaglia] bianca. Quattro Coscini.
Inventario di stabili et Censi della detta Cappella del Rosario
In p.s l’Uni.tà di detto Casale, et per essa alcuni particolari obligati come appare per Instrom.ti publici rogati per mano di Not.o Gio. Batt(ist)a Monteleone di Cutro deve pagare alla detta Cappella d.ti venti anno quolibet d.ti 20.
Item Gio. Fran.co Cerentia, et frati pagano otto docati l’anno per censo di uno Horto et tre case di detta Cappella poste in detto Casale confine la Chiusa di Gio. Fran.co de Messina, la Chiusa del q(uonda)m Ciancio Palermo, l’horto di gio Batt(ist)a Risolo Via mediante d.ti 8.
Item una Casa con uno Hortale posta in detto Casale confine la [Casa] di Agostino Gramigna, et la Casella di Portia … q.ale si allogha d.ti tre l’anno, et al p(rese)nte la tiene allogata Gio. Batt(ist)a Risolo d.ti 3.
Item Maso di Messina paga alla detta Cappella d.ti tre l’anno per censo di una Casa, et un Hortale che possede la detta chiesa confine la Casa di esso Maso, et la Casa di Gio(ann)e di Semone d.ti 3.
Inventario delle Robbe stabili, et mobili della Cappella delli Gabrieli, chiamata S.to Michele Arcangelo
In p.s Uno Calice di argento con patena inorato.
Item uno avanti altare di Tela con tovaglie et Cuscini di altare pure di tela bianca.
Item Uno Vestim.to di tela bianca con casup.a pure di tela bianca.
Stabili
Item uno hortale con dudici pedi di Celsi delli q.ali se ne percipeno docati sei l’anno.
La Cappella sotto la Cappella del SS.mo Rosario, chiamata Orat.o di S.ta Maria della gratia Ha l’avant’altare et tovaglia di tela bianca. Di più dalla m(ad)re del q(uonda)m Gio. Fran.co richetta fu dotata detta Cappella di una Casa, et Uno Vignale posto nel Terr.o di detto Casale, q.ale robbe si l’ha tenute, et possedute Gio(ann)e Dinaro quattordici anni incirca senza nissun Titulo, et la Cappella p.tta non è stata ser.ta ne si serve.
D. Gio. Fran.co Fiorillo Arcip.te di S.to Gio(ann)e Monagò.” (“Die 20 aprilis 1608”).[lix]
Un casale disabitato
Vent’anni dopo il paesaggio è cambiato ed ovunque regna la decadenza. Dell’abitato immerso nel verde, degli orti e delle chiuse, non rimangono che due chiese in decadenza, ed alcune povere casette attorniate da ruderi e sterpaglia. La relazione dell’arciprete si sofferma più volte ad evidenziare la povertà delle poche famiglie rimaste. Secondo il prelato esse non avevano abbandonato il casale solo perché erano così indigenti, da non avere nemmeno i mezzi per andarsene: “nello fallito et sfrattato Casale S. Gioanne Monagò vi sono romaste solamente v(enti)? anime incirca di persone povere et miserevoli le quali stante la loro povertà et miseria non hanno possuto partire et andare ad habitare”. Per sottolineare lo stato di assoluta povertà delle poche famiglie rimaste, l’arciprete nella sua relazione afferma che, tra i diritti che ha la chiesa arcipretale, c’è “il jus d’esigere l’unghiata ch’è uno pane per casa ogni giorno di Domenica q(ua)le nisciuno paga con tutto che la si cerchi escusandosi li Parocchiani per la loro estrema povertà”.
Delle sei chiese, che esistevano nel casale, solo la matrice e parrocchiale di San Giovanni Battista e la chiesa di S. Maria Assunta sono “attive”, in quanto hanno ancora dei beni da amministrare, le altre sono state abbandonate e non hanno “nessuna entrata et peso”. Tuttavia, anche le chiese rimaste hanno una situazione economica precaria; sia perchè coloro che le amministrano non risiedono nel casale, sia perché le entrate sono diminuite a causa dello spopolamento e delle cattive annate.
La stessa chiesa matrice è in difficoltà, tanto che le decime sulle persone non raggiungono i venti carlini “et doi tum(ul)a et un quarto di grano dai tre paricchi che vi sono romasti”. Le due confraternite, della cappella del Rosario e della Annunziata, “quali andavano nelli processioni che si facevano, et accompagnavano li morti … al presente sonno disfatte per causa dello sfratto”. Di molti censi e rendite che le chiese e le confraternite esigevano non si sa più nulla, perché i rettori ed i procuratori “a tempo che il Casale habitava c’haverà da quindici anni in qua, che sfrattò, et disshabitò”, hanno abbandonato il casale e sono andati ad abitare in altri luoghi. Così nessuno è a conoscenza se “vi siano debitori delle dette Chiese et cappelle di cosa alcuna, mentre li procuratori passati dopo che sfrattò detto casale”, o sono morti, o se ne sono andati “per questo et per quell’altro luoco”, portandosi via le platee ed i documenti. In tal modo non si può sapere se “vi siano stati fatti legati ò lassiti alle sopradette chiese”; poichè non è rimasto cosa alcuna della loro amministrazione, nessun deve più dare conto di ciò che ha avuto o che deve: “e crede esso preite esserci altri censi et entrade delli quali non sa esso darne nota distinta per non saperli et per non potersine informare dal Rettore il quale e in San Gioanne di fiore et ne tiene la Platea.”
Anche il grosso prestito di ducati 200, dati a censo dalla cappella del Rosario all’università del casale e utilizzato da questa per riparare la chiesa arcipretale, è inesigibile nonostante sia ben documentato, in quanto venuta meno l’università “dopo che incominciò a fallire il Casale che saranno da quindici anni incirca”, nessuno è più obbligato a pagare.
Con il passare del tempo molte case e magazzini, rimasti sfitti da ormai quindici anni sono rovinati: “una continenza di case consistenti in quattro … quali per non esser stati habitati dopo lo sfratto di d(et)to Casale sonno rovinati et cascati. Item uno magazeno quale tenea censuato Nardo … et al presente per non esser stato habitato è cascato et non si ne paga cosa alcuna … Item vi sono alcuni casalini quali per non esser stati habitati da 15 anni sono che sfrattò il casale sonno rovinati et cascati”. Con l’abbandono delle case da parte degli abitanti sono scomparsi anche i numerosi orti e le chiuse che li attorniavano. Lo stesso “territorio lo Giardino del casale”, appartenente alla corte della Marchesa di Licodia, ha perso la sua qualità ed in pochi anni è diventato una delle tante gabelle del corso di S. Giovanni Minagò.
Relazione dell’arciprete Gio. Francesco Fiorillo (1625)
“Ill.mo et R.mo S.ri et pad.ne mio semp.ri Colend.mo
Per hobedire a quanto dal S.r Abb.te Vezza … di V. S. Ill.ma mi vene comandato, con la p(rese)nte Re… gli dico come nello fallito et sfrattato Casa[le di] S. Gioanne Monago vi sono romaste solam.ti … anime incirca di persone povere et mise[revoli] le quali stante la loro povertà, et miseria non [hanno] possuto partire et andare ad habitari in altra … Nello Casale preditto vi sono sei chesie cioè, [la chesia] Matrice et parrocchiale sotto il vocabolo di S. Gio[vanne] Batt(ist)a, la chesia della Nuntiata, la chesia … dell’assunt.ne S. Maria Reg.a Celi, S. Biase, et S. Ni[cola].
Nella chesia Matrici et Arcipretato predetta vi sono … entrade dalli Territori et Gabelle della predetta et quando si affittano da fertili ad infertili se ne p[ercipe] docati sessanta docati l’Anno.
Dalli celsi del Muscharello quando si vendeno se ne ha[nno] docati sei incirca.
Dalli cenzi di vigne poste nel t.o di detto casale se [ne percipe] docati dui l’anno et dalle X.e delli cittadini docati dui.
Pesi che sono in detto Arcipretato
Se ne pagano al S.r D. Gio. Fran.co Greco can.co di [S. Sev.na] docati 20 l’Anno di pensione sopra li frutti [di detto] benef.o.
Se ne pagano per transat.ni del spoglio docati quattro et più se pagano al seminario di S. Sev.na docati 2 l’An[no] et alla Menza Arciv.le per ragg.ne della quarta se paga …
Nella chesia Matrice predetta si celebra in tutte le Dom.che et feste di precetto dell’Anno et si ci administrano li SS.mi Sacram.ti alli fideli christianam.te.
Della chesia predetta di S. Maria dell’assunt.ne è Capp.no D. Prospero Leone prete Crotonese ne ha d’entrade da fertili ad infertili docati cento l’Anno levato il peso che ne di docati quaranta l’Anno quali se pagano ad un sacerdote che vi celebra una messa il dì.
Nell’altre chesie dette di sop.a non vi è niuna entrada et peso non vi si celebra serve alcune volte per Dev.ne di alcuni benefatt.ri et questo dopo il fallimento delli cittadini di detto Casale.
Vi sono solam.ti doi sacerdoti, uno jacono coniugato et sei jaconi selvaggi.
V’erano p.a Due confraterie Una della Cappella del SS.mo Rosario et l’altra della SS.ma Nuntiata, quali andavano nelle processioni che si facevano, et accompagnavano li Morti quali al p(rese)nte sonno disfatte per la causa dello sfrattam.to come di sop.a che è quanto mi occorre informare …
Cutro adi XII di jugno 1625. Gio. Fran.co Fiorillo.”[lx]
Relazione dell’arciprete Gio. Francesco Fiorillo (1628)
“M.to Ill.e et R.mo Sig.r Mio et P(adro)ne semp.e or.mo
Per ubidire al comandam.to di V. S. R.ma circa la relatione et nota desidera sop.a li cinque Capi che m’ha mandato.
Sop.a il primo li dico che in questo Casale di san Gio(ann)e Monagho, tutte quelle persone che esercitano le procure delle Confraternità, cioè della Cappella del Santiss.mo Sacram.to, Cappella del Santiss.mo Rosario et Chiesa della Santiss.ma Annuntiata a tempo che il Casale habitava c’haverà da quindici [anni] in cquà, che sfrattò, et disshabitò … et con ogni esattissima diligentia, … della loro administratione, et procure, et … le partite alle q.ali erano significati … loro succedevano, e però non ci è romasto partita alcuna c’ha di dar conto, nè vi è partita di signif.ria c’ha da esser sodisfatta il conto c’ha da dar della procura della Cappella del Rosario; q.ale ho esercitato … d’otto Anni; q.ale Conto ho presentato li Me[si p.ti] et d’ordine suo fu poi consignato al M… di q.sta R.ma Corte Arciv.le.
Sopra il sec(on)do si dice come in detto Casale non vi è altro che la Chiesa Matrice, et Arcipretato, … S.ta Maria dell’Assunt.ne, della quale vi è perpetuo il Dott.r Donno Prospero Leone, et la Cappella del Santiss.mo Rosario; la quale li Mesi passati fu provista in persona del R.do Donno Gio. Fran.co Pedaci in Rettore perpetuo; l’entrade delle quali Chiesie, et Cappella stanno notate nel seq.te foglio.
Sopra il Terzo si dice che l’Arcipreite della sop(rade)tta Chiesa Matrice, et Arcipretato ha peso et è obligato administrare li Santiss.mi Sacramenti alli soi parocchiani et celebrare la Messa, le Domeniche et feste di Precetto nella sua Chiesa; Il sop(rade)tto Donno Prospero Leone tene peso et è obligato fare celebrare Una messa il dì alla sop(rade)tta Chiesa di Santa Maria dell’Assuntione, et il sop(rade)to Donno Gio. Fran.co Pedace è obligato far celebrare due Messe la settimana nella d.a Cappella del Rosario; q.ali non sono state celebrate, dopo che esso ne fu provisto di Rettore; e di più si devono celebrare in d.a Cappella per l’anima del q.m Gio. Andrea Perrone olim Arcipreite di detto Casale per carlini quindici, che è obligato pagare di Censo ogn’Anno alla detta Cappella Donno Gio. Dom.co Tiriolo sopra l’horto che fu del detto q.m Arcipreite quindici altre Messe l’Anno q(ua)li non sono state celebrati, che sono ott’Anni incirca.
Sopra il quarto si dice non sapere esso Arcipreite che vi siano Debitori delle dette Chiese, et Cappelle di cosa alcuna, mentre, li procuratori passati dopo che sfrattò detto Casale son morti per questo, et per quell’altro luoco, et così q.elli che si sonno partiti, che perciò non può dare altra Chiarezza sop.a q.esto Capo.
Sopra il quinto si dice non saper esso Arcipreite, che vi siano stati fatti legati o lassiti alle sop(rade)tte Chiese, mentre q.elle poche persone ch’al presente ci sonno romaste sonno tante poveri che per la loro povertà e miseria non possono andari ad habitare ad altri luochi, et à tempo ch’il Casale habitava il Com.rio della Fabrica li visitava, e faceva sodisfare tutti ligati et lassiti che vi trovava, et questo è quanto m’occorre dire per sodisfare al comandam.to di V. S. R.ma alla quale con ogni humiltà bacio il Genocchio, et prego dal Sig.re ogni …
di San Gio(ann)e Monaghò adi 9 d’Aprile 1628” Gio. Fran.co Fiorillo.[lxi]
“Nota dell’entrade e beni stabili della Chiesa di S.ta Maria della Assumptione di q.esto Casale di San Gio(ann)e Monagho; della quale n’è rettore perpetuo il Dott.r D. Prospero Leone
In p.s possede due parte della Gabella detta la Valle delli Frassi posta nel Territorio di d.o Casale confine la gabella di palumba et dell’olivella.
Item possede la metà d’un altra gabella detta l’acqua delle Canni, posta nel terr.o di d.o Casale, confine la gabella di Carrello et lo Cugno della fico.
Item possede una Continenza di celsi nel Terr.o di detto Casale confine d.a Gabella dell’Acqua delli Canni et …
Item una Chiusa Arborata con Celsi, et quercie posta nel terr.o di d.o Casale, et prop.o innanzi la Chiesa matrice quale fu del q.m Cola Fran.co Iaquinta.
Item una Continenza di Case consistenti in quattro … quali per non esser stati habitati dopo lo sfratto di d.to Casale sonno rovinati, et cascati.
Item uno Magazeno quale tenea censuato Nardo … et al p(rese)nte per non esser stato habitato, è cascato et non si ne paga cosa alcuna.
Item un’altra Casa confine la Casa di Gio. Tomaso Leto, quale tenea censuata esso Gio. Tomaso per carlini trenta l’Anno.
Item tiene alcuni Censi di Vigne quale non sa la somma.
Item tiene uno annuo censo in Cutro sop.a una Bottega di carlini quindici in circa q(ua)li paga Scipione Rocco e crede esso preite esserci altri Censi, et Entrade delli quali non sa esso darne nota distinta per non saperli et per non potersine informare dal Rettore il quale habita in San Gioanne di Fiuri et ne tiene la Platea.”[lxii]
“Nota delli Beni stabili, et Entrade del Arcipreitato del Casale di San Gioanne Monaghò
In p.s essa Chiesa tiene Una Gabella nel Territorio di detto Cas.e detta la Manca della Chesia, camera Chiusa, confine la foresta, et terre di Marcello d’Orlando, la gabella di Caracalle di Marco Ferraro et la gabella dello Buffo della Corte Marchionale.
Item un’altra Gabelluccia, posta nel Territorio di detto Casale detta l’olivella, confine la Gabella della defisa, et la Gabella della Valle deli Frassi della Chiesa di S.ta Maria dell’Assumptione.
Item un’altra Gabelluccia detta Scinello posta nel Territorio di detto Casale confine la gabella dell’Abbatia et la Gabella detta Scinello, q(ua)le possede il Dott.r Agostino di Mayda.
Item tiene uno Pezzo di Terra di cinque tumulate incirca detto Vignale della Fico posto nel Territorio di detto Casale confine la volta di Luciullo, et la gabella Mergoleo.
Item possede un’altro Vignale nel Territorio di detto Casale detto lo Muscharello di quattro tumulate incirca arborate con fichi et Celsi, li q.ali Celsi quando si vendeno si sogliono vendere docati cinque l’Anno.
Item tiene un’altro Vignale nel Territorio di detto Casale loco detto S.to Nicola, confine lo mercato, et la chiusa di Gio. Fran.co … di capacità di Cinque tumulate incirca.
Item possede due Pezze di Vigne nel Terr.o di d.o Casale loco detto delle Sciolle confine le vigne del q.m Delfino Campagno et le vigne del q.m Lorenzo d’Arrichetta.
Item possede un horto in detto Casale loco detto S.to Martino arborato con dodici pedi di Celsi.
Item tiene alcuni Censi sop.a Certe vigne poste nel Terr.o di detto Casale loco detto l’Acqua della Fico, et anco dui altri vignali posti similm.te nel Terr.o di d.o Casale loco detto S.to Nicola quali tutti rendono carlini vinti cinque incirca l’anno.
Item tiene la detta Chiesa il jus di esigere le decime q(ua)li non li rendono più che Venti Carlini delle persone et doi tum.a et un quarto di grano da tre paricchi che vi sono romasti.
Item tiene il jus d’esigere l’unghiata, ch’è uno pane per casa ogni giorno di Domenica q(ua)le nisciuno paga con tutto che lei si cerchi escusandosi li Parocchiani per la loro estrema povertà.
Nota dell’Entrade della Cappella del Santiss.mo Rosario posta dentro la Chiesa matrice di q.esto Casale di san Gio(ann)e
In p.s tiene la detta Cappella Uno Annuo Censo di docati sedici sop.a le robbe del q.m Gio. Vincenzo, Gio. Geronimo et Prospero ganguzza, et Giulio Cesare di Fiore di Cutro.
Item Uno Annuo Censo di Carlini quindici l’Anno sopra l’Horto di Donno Gio. Dom.co Tiriolo per lo legato fatto dal q.m arcipreite Perrone.
Item Una Casa, et Un’Horto lasciati a detta Cappella dal q.m Renzo Musitano con peso che dell’allogherio si ne dicano tante Messe per sua Anima, al p(rese)nte li possede Ant.o ganguzza et ne paga carlini cinque.
Item vi sono alcuni Casalini quali per non esser stati habitati … Anni sono, che sfrattò il Casale sonno rovinati, et cascati.
Item li procuratori della detta Cappella molti anni sono dettero a Censo perpetuo docati doi Cento ad alcuni particolari Cittatini di detto Casale, et ni fecero dui Instrum.ti Censuali et s’obligarno di pagarni la raggione di dece per cento l’Anno, … veram.te servirno per l’Università, et si spesero per edificare la Chiesa matrice, et per alcuni Anni l’Univer.tà … alla ragione di sette per cento conf.e la prag.ca ma dopo che incominciò a fallire il Casale che saranno da quindici anni incirca, non sin’ha pagato di d.o Censo cosa alcuna, sibene scusando, che non sono obligati pagarni mentre non vi fu impetrato l’assenso Regio”.[lxiii]
Le cause dell’abbandono del casale
L’arcivescovo di Santa Severina Mutio Suriano così si esprime nella sua relazione del 1675: “Ci fu un’altra terra in questa diocesi detta S. Giovanni, volgarmente Monagò, con la sua chiesa arcipretale curata. Tale terra a causa delle avversità molti anni fa fu abbandonata dagli abitanti, anche ora vi si vedono alcune case e i resti delle abitazioni. La chiesa arcipretale, dopo l’abbandono della terra, è semplice beneficio che, al presente, è posseduto dall’arciprete che curava detta chiesa quando vi era la cura delle anime”.[lxiv]
Quali siano state le avversità che determinarono l’abbandono da parte degli abitanti non è specificato, anche se esse dovettero essere molteplici. Concentrando la nostra attenzione su quel periodo, troviamo che “Nell’anno 1612 di gennaio furono così orribili li freddi che aggiacciarono tutti li fiumi et alcuni, quantunque non così grandi, si passava di sopra con cavalli senza rompimento del suo giaccio; seccarono molti alberi e particolarmente le ficare”.[lxv] Al freddo ed al fallimento dei raccolti, si aggiunsero l’epidemia, la malaria e le febbri autunnali, che colpirono la popolazione. Nella primavera del 1612 troviamo alcuni brevi papali di Paolo V “Pro Universitate et hominibus” di alcune terre della Calabria (Morano, Terranova, Rocca Imperiale), con la formula “qui multa flagitia patiuntur, absolutio a censuris et benedictio, in forma”.[lxvi]
Tuttavia, a questi flagelli naturali se ne aggiunse uno di più difficile sopportazione per la popolazione: quello di alloggiare e mantenere i soldati spagnoli, che dovevano difendere il litorale. Il casale di San Giovanni Monagò, come anche quello vicino di Cutro, era situato vicino e dominante la marina e, quindi, luogo ideale come piazza d’armi per lo stanziamento dei soldati che dovevano difendere, soprattutto nei mesi primaverili ed autunnali, la costa dalle incursioni dei pirati turcheschi.
Il vescovo di Cariati e Cerenzia Filippo Gesualdo, nella relazione del dicembre 1612, afferma che: “Il casale di Montespinello è sfrattato e desolato per li allogiamenti di soldati Spagnuoli”.[lxvii] Il mantenimento dei soldati, ai quali si dovevano fornire vitto, alloggio e tutto ciò di cui avevano bisogno, fece quindi fallire l’università. Alle spese che indebitarono l’università e gli abitanti, si aggiunsero i maltrattamenti, che la soldataglia era solita infliggere agli abitanti, andando a dormire, a mangiare e gozzovigliare nelle loro case. Già nel 1603 la vicina università di Cutro affermava di non potere più sostenere il peso degli alloggiamenti militari, ed era stata costretta ad indebitarsi. Si spiegano così i due termini usati dall’arciprete Fiorillo nella sua relazione: cioè fallimento, perché l’università di San Giovanni Monagò per far fronte alle spese di mantenimento, aveva dovuto tartassare gli abitanti ed indebitarsi, e sfratto, perché gli abitanti, non sopportando più le soverchierie e le spese dovute all’alloggiamento dei soldati, preferirono andarsene in luoghi più ospitali.
La perdita dei diritti
Molti di coloro che se ne andarono dal casale si recarono a ripopolare vicini abitati di Cutro, Papanice, Scandale e San Mauro, perdendo però i loro beni ed i loro diritti. Soprattutto quelli che andarono ad abitare in luoghi fuori i confini dello Stato di Cutro, dovettero pagare le decime se conducevano a pascolare i loro animali sul corso di Giovanni Monagò.
In una lite tra la mensa arcivescovile di Santa Severina ed il Principe della Rocca d’Aspro al tempo dell’arcivescovo Francesco Falabella (1663), Gio. Battista e Cola Ganguzza di San Giovanni Monagò deposero “che in tempo che abitavano in S. Giovanne, mai pagarono la decima per li loro animali, come tampoco la pagavano gl’altri cittadini del stato, ma quando andò ad habitare à Papanici come forastieri li furono esecuti li bovi, giuntamente con quelli di Gio. Geronimo Richetta per la decima per ordine di Monsignore Paravicino”.[lxviii]
I rimasti
Nonostante l’abbandono della maggior parte della popolazione, il casale continuò una magra esistenza. Alcuni documenti ci rivelano che per molti anni alcuni abitanti rimasero. Ancora alla metà del Seicento il Nola Molise annotava: “Dopo la terra di Cutri viene S. Giovanni Minagò, e Papaniceforo casali de’ Greci”.[lxix] La chiesa arcipretale, la chiesa dell’Assunta detta del Palazzo, e la cappella del Rosario, continuarono ad essere amministrate, rimanendo attive per alcune decenni. Arcipreti, parroci e rettori, quasi sempre residenti nella vicina Cutro, amministravano i beni dei loro benefici.
Per quanto riguarda la parrocchiale si sa che, alla metà del Seicento, aveva bisogno urgente di restauri, come evidenzia la seguente supplica: “all’istanza ch’ella mi fa di applicare à tal opera quei pochi frutti di d(ett)o beneficio che spettano alla Camera. Potrà però V. S. Ill.ma ordinare che così si adempisca, purché si sodisfacciano prima li Ill.mo e R.mo Sig.r mio P.rone Oss.mo. Mentre V. S. Ill.ma mi accerta con l’humaniss(i)ma sua delli 15 del pass(a)to la necessità che ha di risarcim(en)to la chiesa di S. Giovanni Monago condescendo pesi, che porta il d(ett)o benefitio. Conchè resto baciando a V. S. Ill.ma p.fine riverent.te le mani. Di Napoli 9 Sett. 1650.”
Risale invece a qualche anno più tardi (probabilmente al 1657), una lettera spedita da Cutro all’arcivescovo di Santa Severina, con la quale lo si informava che, in relazione al suo ordine dato all’arciprete di San Giovanni Monaco, di consegnare ai fratelli della congregazione di San Giovanni, “la Campana della chiesa diruta sotto il tt.o di S.to G(iovan)ne”, questa era stata trasportata a Cutro e posta nel campanile. Era successo però che, volendola far suonare, al primo tocco la campana si era rotta. Considerato che nella detta chiesa esisteva un’altra campana più piccola anch’essa rotta, si chiedeva all’arcivescovo il permesso di fondere le due campane per realizzarne “una bona”, con l’obbligo che, “quando puoi havia abhitato il casale”, la campana sarebbe stata restituita. Sicuri dell’assenso dell’arcivescovo, allo scopo di realizzare la nuova campana, era stato mandato già a chiamare un mastro da Catanzaro.[lxx] Altri atti relativi alla chiesa parrocchiale la danno per “diruta” nel 1686.[lxxi]
Per quanto riguarda la chiesa dell’Assunta, è del 20 febbraio 1629 la presentazione all’arcivescovo del nuovo rettore: “Presentatione al iuspatronato del clerico Gio. Vitt.o Ganguzza alla chiesa dell’Assunta presso e fuori di S. Gio. Monagò detta dello Palazzo, 1629.” L’arcivescovo di Santa Severina Fausto Caffarelli, essendo morto Prospero Leone, rettore e possessore della chiesa di “Sancta Maria delo Palazzo” del casale di San Giovanni Monaghò, situata presso e fuori il casale, di iuspatronato del fu Cianci Palermo, accoglie la richiesta presentata da parte dei fratelli il chierico Gio. Vittorio e Laurenzo Ganguzza di Cutro, eredi del sopradetto Cianci Palermo, che presentano il clerico Joanne Victorio Ganguzza di Cutro.[lxxii]
“S. Janni Vecchio” è ancora abitato da poche famiglie alla fine del Settecento,[lxxiii] quando D. Gianandrea Fico, “Rettore del benef.o di S. Gio Minagò”, pagava 80 ducati alla mensa arcivescovile di Santa Severina a titolo di Quarta beneficiale (1797).[lxxiv]
Note
[i] Il Fiore, a proposito “Della Religione Basiliana”, tra i “Cenobi Rovinati di Questa Religione”, menziona quello di “S. Giovan Battista, l’altro, oggidì volgarmente Santo Ianni; ove sovvente divertiva l’abate san Nilo.” Fiore G., Della Calabria Illustrata, II, p. 582. Nell’elenco degli antichi monasteri basiliani alla cui riforma, nella prima metà del Duecento, furono delegati il vescovo di Crotone e Teodosio abate di Grottaferrata, troviamo quello di “S. Janni o Giovanni in S. Severina”. Scalise G.B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, 1999, p. 547. L’antichità della chiesa di San Giovanni di Minagò è ricordata anche dal Mannarino nella su Cronaca: “di San Giovanni chiamato altrimente di Minagò, di cui si mantiene il titolo abbatiale di Arcip.e che frutta vicino à trecento scudi”. Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro (1721-23), f. 70.
[ii] Pratesi A., Carte latine provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, pp. 332-333.
[iii] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini pp. 261-262.
[iv] Marzo 1240: “in casale Sancti Mauri”, “in casale Sancti Iohannis de Monacho”. Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, pp. 399-403.
[v] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini pp. 295-297 e 297-298.
[vi] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 81-84.
[vii] Reg. Ang. VI, (1270-1271), pp. 109-110.
[viii] ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 209r-211v.
[ix] 23 novembre 1444. Dall’accampamento regio presso Belcastro, re Alfonso d’Aragona concedeva a Johannes Campana di Policastro, un territorio detto “lo territorio delo pantano”, sito e posto nelle pertinenze e distretto del “Casalis santi mauri jux.a territorium seu pertinentias de virde et juxta tenimentum eccl(es)ie s(anct)i johanni m… et iuxta tenimentum terre sancte severine et alios confines” (ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 192v-193). “casalis sancti mauri juxta territorium seu pertinencias de viride et juxta tenimentum Eccl(es)is sancte johanne minago et juxta tenimentum terre sancte severine et alios confines” (ACA, Cancillería, Reg. 2907, ff. 20v-21).
[x] In una platea cinquecentesca di Sant’Angelo de Frigillo, tra i “Censuarii habentes Census veteres, et Censuarii novi promittentes solvere sunt infr.s V.t Cutro, (…) In Gabbella dicta de Tavolaro (…) Die 8 9bris 1597 (…) Die p(redi)tto Marius Villirillus, prò vineis quas dixit habere in extremo d.ae Gabbellae la Sciolla ad’irto in Territorio Sancti Joannis Monagò, iuxtam Gabbellam Ducalis Curiae, et Terras Sancti Leonardi, promisit solvere Carolenus quinque ut supra.” AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 124B, Platea di Sant’Angelo de Frigillo, f. 4. foto 122.
[xi] Nella Cedula subventionis in Iustitiaratu Vallis Grati et Terre Iordane (1276), “S.tus Ioannes de Monaco” è tassata per unce 75, tari 22 e grana 4. Minieri Riccio C., Notizie storiche tratte da 62 registri angioini dell’Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1877, p. 215.
[xii] “S. Giovanni del Monaco” risulta nell’elenco delle terre appartenenti al giustizierato di Val di Crati e Terra Giordana. Reg. Ang. XIII (1275-1277), p. 267. “Sanctus Iohannes de Monacho” risulta nell’elenco delle terre appartenenti al giustizierato di Val di Crati e Terra Giordana. Reg. Ang. XVII (1275-1277), pp. 57-58.
[xiii] “Nel 1280 (13 Febbraio) Carlo d’Angiò, volendo correggere la sproporzione trà due Giustizierati, notificava a Goffredo de Sumesot, Maestro Giustiziere di Valle del Crati e Terra Giordana, l’aggregazione al Giustizierato di Calabria delle seguenti terre appartenenti al primo: (…) Genicocastrum, Mausirica, Policastrum, Tracina, Castella, Rocca Bernarda, S. Severina cum casalibus, S. Iohannes de Monacho, Cotronum cum casalibus.” Dito O., La Storia Calabrese e la Dimora degli Ebrei in Calabria p. 110.
13 febbraio 1280 VIII ind., Napoli. “Re Carlo scrive a Goffredo de Summesot, Giustiziero di Val di Crati e Terra Giordana, che per una più comoda amministrazione decide di staccare da quel Giustizierato ed aggregare a quello di Calabria le terre di Catanzaro, Taverna, Scellia, Simeri, Barbaro, Genitocastro, Mansurita coi casali di Policastro, Tracina Castella, Rocca Bernarda, S. Severina coi casali, S. Giovanni del Monaco e Cotrone con casali.” Reg. Ang. XXII (1279-1280), p. 89.
13 febbraio 1280, Napoli. “Pro Curia. Scriptum est Goffrido de Sumesot Iustitiario Vallis Gratis etc. Provisione habita diligenti quod Iustitiariatus Vallis Gratis et Terre Iordane ultra quem Iustitiaratus Calabrie sibi conterminus est diffusus terris subscriptis in ipso Iustitiariatu Vallis Gratis et Terre Iordane hactenus deputatas ex nunc in antea usque ad beneplacitum nostrum ab ipso Iustitiaratu Calabrie deputari, ut in utroque Iustitiaratu possint melius et commodius servitia nostra per Iustitiarios singulos regionis cuiuslibet exerceri, propter quod f. t. p. q. Robertum de Riccavilla Iustitiarium ipsarum partium Calabrie fid. nostrum de tota quantitate pecunie et aliorum residuorum quorumlibet debitorum Curie nostre et restantium ad recolligendum in terris ipsis, exclusis ab ipso Iustitiariatu Vallis Gratis et Terre Iordane et ipsi Iustitiariatui Calabrie superaiundis, que inferius exprimuntur, cum declarationibus et distinctionibus oportunis debeas distincte et lucide per tuas licteras informare ad recolligendum ea et exercendum in ipsis terris aliam iurisdictionem quamlibet ad officium suum spectantem procedere debeat prout sibi datur per nostras licteras in mandatis, apodixam ydoneam de hiis que sibi ad recolligendum commiseris recepturus et significaturus nichilominus hec omnia celsitudini nostre et Magistris Rationalibus Magne Curie nostre sub sigillo tuo seriatim particulariter et distincte. Terre vero ad ipso Iustitiariatu Vallis Gratis excluse et ipsi Iustitiariatui Calabrie superaddite sunt hec videlicet: Catensarium, Taberna, Scilla, Symerus, Barbarum, Genico castrum, Mausurica cum casalibus ipsarum terrarum, Policastrum, Tracina, Castella, Rocca Bernarda, Sancta Severina cum casalibus suis, Sanctus Iohannes de Monacho, Cotronum cum casalibus suis.” Reg. Ang. XXXVI (1290-1292), p. 81.
[xiv] Reg. Ang. XXIII (1279-1280), pp. 269-270.
[xv] Biblioteca comunale di Bitonto, Fondo Rogadeo, Ms. A 23, ff. 84-95, ex Registro angioino 373, ff. 65-102.
[xvi] “Pro Fulcone Rufo de Calabria. Scriptum est eidem etc. Ex parte Fulconis Rufi de Calabria mil. … fuit … supplicatum ut, cum ipse teneat … in capite quoddam pheudum situm in Sancto Iohanne Monacho, decrete tibi provincie, et Basilius de Notario et Iohannes de Notario, de eadem terra S. Iohannis quoddam tenimentum territorii ad ipsum de iure spectantem, in diminutionem servitii quod … Curie nostre facere tenetur, illicite detinent occupatum, revocari illud ad ius et proprietatem dicti pheudi … mandaremus. Ideoque f. t. … mandamus quatenus, pred. partibus in tua presentia convocatis, inquiras de premissis diligenter veritatem, et omnia bona que de dicto pheodo per pred. Basilium et Iohannem … occupata inveneris illicite … ad ius et proprietatem dicti pheudi mediante iustitia … studeas revocare. Proviso quod ad ea, que Curia nostra tenet, vel que massariis nostris applicata sunt, seu aliquibus per nostram munifìcentiam sunt concessa, manus aliquatenus non extendas. Dat. Capue, XIV martii III ind.” Reg. Ang. XII, (1273-1276), pp. 136-137.
[xvii] ASV, Reg. Vat. Vol. 355, ff. 287-288.
[xviii] Orefice I., Registro della Cancelleria di Luigi III d’Angiò per il Ducato di Calabria (1421-1434), ASCL 1977-1978, p. 294.
[xix] ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 204v-206r.
[xx] Tra i capitoli concessi “pro Universitate Sancte Severine”, dati “in n(ost)ris felicibus Castris apud Sanctam Severinam” il 20 novembre 1444 indizione VIII, troviamo: “Item supplica la dicta universitate chi como contene per lo privilegio in sigillo de auro pendente che si per oblivione dela ma.te v(ost)ra predicta distrayssino seperasseno delo demanio la dicta Cittate de Sancta Severina cum soy casali como ey cutro Sancto Iohanni Monacho et Sancto Mauro Turlucio Sancto Leo Scandale Sancto Stephano li quali licet non habitano ca so sfatti et depopulati in tuto chi tali concessioni non haia loco anti siano servati la Cittate et casali predicti per mero demanio v(ost)ro et omne concessione fosse nulla et nullius roboris vel momenti Et ipsi Cittadini de Sancta Severina possano gaudere tute loro inmunitati et franchicie non solum ali lochi supradicti ma etiam in tute le terre demaniali chi non possano essere constricti ad dohana ne sindico ne ad nulla altra raysone ne ad fide § placet Regie ma.ti.” ACA, Cancillería, Reg. 2903, ff. 179r. AASS, Fondo Pergamenaceo, pergamena 8. Caridi G., Un privilegio inedito di Alfonso il Magnanimo alla città di Santa Severina, in Nuovi Annali della Facoltà di Magistero dell’Università di Messina, Roma 1984, pp. 151-160.
[xxi] Biblioteca Civica Berio di Genova, Liber Focorum Regni Neapolis, IX, 3, 20, f. 86.
[xxii] ACA, Cancillería, Reg. 2909, ff. 214r-v.
[xxiii] Pesavento A., La fiera di “San Giovanni de l’Agli”, www.archiviostoricocrotone.it
[xxiv] Un apprezzo della Città di Santa Severina, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di Scalise G. B., 1999, p. 122.
[xxv] Nel suo testamento stipulato il 19 marzo 1448 ind. XI, in Crotone, Stephano Pantisano “de Cotrono”, abitante “in convicinio et in parrochia Sancti Stephani”, nominava suoi eredi universali i figli Iohannem, Andream, Dominicam, Iacobum, Pippam e Nicolaum de Pantisano. Tra i vari legati, lasciava Iohannes erede “super terris quas habet in pertinentiis Cutri et Sancti Iohannis Monacho silicet pro parte fraterna sibi contigerint ex ipsis terris”, e Andrea erede “super pectia una terrarum integre empta per eundem Stephanum a Petro Maniardo in pertinentiis Sancti Iohannis”. “Item volvit quod quotiens fabricabitur in ecclesia Sancti Iohannis Monacho solvantur decem magistri fabricatori […] seu unum magister […] quibus iuvet ad fabricationem dicte ecclesie.” Russo G., Documenti Inediti di Archivi e Biblioteche Calabresi (sec. XII-XVII), Castrovillari 2006, pp. 361-364.
[xxvi] G. Fiore, Della Calabria Illustrata, III, pp. 305-306.
[xxvii] Pedio T., Un foculario del Regno di Napoli del 1521 e la tassazione focatica dal 1447 al 1595, in Studi Storici Meridionali, n. 3/1991, pp. 264-265.
[xxviii] “(Regi)a cam(era) (somma)riae Reverenter exponitur pro parte Ill.i Galeotti carrafae comitis sanctae severinae dicentis qui de p(rese)nti anno, et proprie de mense octobris MDCCVJ ab hac vita migravit Ill.s q. Andreas carrafa comes s.tae severinae patriius, et praedecessor ipsius exponentis. Et quia exponens ipse est legitimus / successor in praedicto comitatu vigore privilegio rum Retro Regum, casaerae, et cath.ae M.tis et de jure debet de p.to statu investiri formiter juxta usum in similibus per R.iam curiam fieri consuetum, Qui quidem comitatu consistit videlicet in civitate sanctae severinae cum casalibus cutri, et sancti joannis Minagho, Terra Roccaebernardae Terra Policastri, et Terra castellorum maris, in provincia calabriae ulterioris”. ASN, Regia Camera della Sommaria, Materia Feudale, Relevi – Inventario Vol. 346, fascicolo 32, f. 354.
[xxix] ASN, Tesorieri e Percettori, Vol. 4087 (ex 485), f. 48.
[xxx] 1546. “Magnifico Antonio Pitera, figlio del quondam Ioanni di Catanzaro per lo relevio de ducati 500 per l’intrate de Santo Ioanni Minago fora (sic) et Crepacore, per essere minore non essere tenuto al duplicato relevio, quale ascende a ducati 330, deli quali n’have recuperati la Regia Corte ducati 211, ducati 119 non pretenda pagare per alcune ragioni.” ASN, Reg. Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.
[xxxi] ASN, Ref. Quint. vol. 207, ff. 78-122.
[xxxii] ASN, Tesorieri e Percettori, Vol. 4087 (ex 485), f. 48.
[xxxiii] ASN, Tesorieri e Percettori vol. 4088, anno 1564/1565, f. 48.
[xxxiv] ASN, Fondo Torri e Castelli, vol. 35, f. 19v.
[xxxv] ASV, Rel. Lim. Santa Severina, 1589.
[xxxvi] ASN. Tesorieri e Percettori fs. 558/4162 f. 85v.
[xxxvii] 5 ottobre 1606. “jo: th(om)as de arrichetta sindicus : jo: and.as de romano : hie.mus laportella : th(om)as de messina : et Colella de arrichetta eletti in presenti anno pro regimine Uni.tis eiusdem Ruris s.ti Joanis”. ASCZ, not. Console B., Busta 9, ff. 319-319v.
[xxxviii] “Privilegium decimarum animalium, et presertim in Tenimento Juchae et Casali s.ti Joannis de Minaghò in anno 1431.” AASS, Fondo Arcivscovile, volume 2A, Inventarium omnium scripturarum et privilegiorum Mensae Archiepiscopalis Civi.tis Sanctae Severinae, f. 12.
[xxxix] “R.to da D: Pietro dal sindaco per lo benef.o de S(an)to Joanne monagi per x.ma d. 0.2.0”. Pagamento delle decime alla Santa Sede da parte del clero della diocesi. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2 A, f. 105v.
[xl] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A, ff. 12v, 38v, 48v, e 76.
[xli] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 16B, ff. 77v e sgg.
[xlii] “R.dus Archipresbiter santi Joannis minagho comp.t personaliter (1564). “R.dus Archipresbiter S.ti Joannis Minaghò cum censu librarum cerae trium. Comp.t p.tus R.s Archipresbiter et soluit D. 0-1-10” (1579). “R.dus Archipresbiter S. Joannis monagò cum censu Carolenorum trium. Comparuit D. Jo. Petrus Ferrarus pro eo cum legitimo mandato et soluit.” (1581). AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A, ff. 3v, 12v, 25v e sgg.
[xliii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A, ff. 125 e sgg.
[xliv] “S. Ianni. Terra, altre volte considerabile tra Cutro, e Cotrone; la qualità del sito me la persuade edificata da Cotronesi, o per la commodità del viaggiare, o per abitazione di ritirata, qual’ora aggravati dalle noiose cure degli affari cittadineschi, desideravano qualche tempo di quiete. Mancò nel secolo presente il 1630, ed accrebbe co’ suoi avanzi la poco distante terra di Cutro. Quanto al dominio di lei, ella fu sempre sotto al contado di S. Severina, sicchè li conti di questa furono ancora signori di quello.” Fiore G., Della Calabria Illustrata I, p. 218.
[xlv] ASN, Tesorieri e Percettori, Fs. 558/4162, f. 86v.
[xlvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 31A, f. 28v.
[xlvii] Giustiniani, Dizionario Geografico-Ragionato del Regno di Napoli, tomo V, Napoli 1802, p. 47.
[xlviii] ASN, Tesorieri e Percettori, Fs. 558/4162, f. 85v.
[xlix] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 31A, f. 23v.
[l] Giustiniani, Dizionario Geografico-Ragionato del Regno di Napoli, tomo VIII, Napoli 1804, p. 322.
[li] ASN, Tesorieri e Percettori, Fs. 558/4162, f. 83v.
[lii] Giustiniani, Dizionario Geografico-Ragionato del Regno di Napoli, tomo IV, Napoli 1802, p. 197.
[liii] ASN, Tesorieri e Percettori, Fs. 558/4162, f. 85.
[liv] Giustiniani, Dizionario Geografico-Ragionato del Regno di Napoli, tomo VII, Napoli 1804, p. 129.
[lv] ASN, Tesorieri e Percettori, Fs. 558/4162, f. 85v.
[lvi] ASN, Ref. Quint. vol. 207, ff. 98-98v.
[lvii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2A, ff. 146-150.
[lviii] AASS. Fondo Arcivescovile, volume 2A, ff. 225-226.
[lix] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2A, ff. 146-150.
[lx] AASS. Fondo Arcivescovile, volume 2A, ff. 142-142v.
[lxi] AASS. Fondo Arcivescovile, volume 2A, ff. 225-226.
[lxii] AASS. Fondo Arcivescovile, volume 2A, ff. 223-223v.
[lxiii] AASS. Fondo Arcivescovile, volume 2A, ff. 227-228.
[lxiv] “Fuit aliud oppidum in hac Dioecesi dictum Sancti Ioannis, vulgariter Monagò cum sua Ecc.a Archipraesbyterali curata, quod oppidum temporum iniuriae multis ab hinc annis fuit ab habitatoribus desolatum, sed adhuc aspiciuntur aliquae Domus, et vestigia habitationis. Ecc.a Archipraesbyteralis post desolationem dicti oppidi est simplex Beneficium, quod ad praesens possidetur ab Archipraesbytero proviso de dicta ecclesia dum erat ibi cura animarum”. ASV, Rel. Lim. Santa Severina, 1675.
[lxv] Moio G. B. – Susanna G., Diario di quanto successe in Catanzaro dal 1710 al 1769, Effe Emme Chiaravalle C., 1977, p. 242.
[lxvi] Russo F., Regesto, V, 27042, 27065, 27082.
[lxvii] ASV, Rel. Lim. Cariaten e Cerentien., 1612.
[lxviii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 28A, ff. 31v-32.
[lxix] Nola Molise G. B., Cronaca dell’antichissima e nobilissima città di Crotone, Napoli 1649, p. 90.
[lxx] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 35A f. 180.
[lxxi] Russo F., Regesto, IX, 45441.
[lxxii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2A, f. 230.
[lxxiii] Gius. Guerra inc. Nap. 1789.
[lxxiv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 82A, f. 23.
Creato il 22 Febbraio 2015. Ultima modifica: 5 Agosto 2024.