Il Seminario di Crotone (1669-1860)
Il vescovo Carlo Catalano (1610-1622) in una sua relazione affermava che a Crotone non c’era il seminario in quanto, da quanto egli aveva appreso, i suoi predecessori spesso avevano tentato di dare inizio all’opera ma, a causa della scarsità delle rendite, erano ben presto stati costretti a recedere dall’iniziativa. C’era comunque un semplice beneficio ecclesiastico del valore di circa 50 ducati annui di rendita; denaro che doveva essere utilizzato sempre per il salario di un maestro di scuola.[i]
Nonostante i tentativi dei vescovi successivi, al tempo di Giovanni Pastor (1638-1662) la situazione non era mutata. Nella relazione del 1640 il presule infatti afferma che ogni tentativo era fallito per mancanza di rendite adeguate. Rimaneva solamente il beneficio semplice intitolato a San Tadeo di iuspatronato del capitolo cattedrale e dell’università della città, la cui rendita, circa quaranta ducati annui, era utilizzata per pagare il salario ad un maestro di scuola. Si sa che in quell’anno svolgeva tale compito un certo prete, di onesti costumi, ben dotato e di sufficiente letteratura, il quale insegnava agli scolari poveri.[ii]
Frattanto nel 1652 il convento di Santa Maria delle Grazie dei domenicani e quello di Santa Maria di Monte Carmelo dei carmelitani, essendo poveri e poco popolati, erano soppressi a causa della “Costituzione” per bolla di Innocenzo X. Al momento della soppressione i conventi possedevano alcuni fondi, delle case e dei magazzini ed esigevano diversi censi.[iii] Con la scomparsa dei conventi le loro rendite, circa trecento ducati, furono dapprima amministrate da un procuratore[iv] e, poiché vi erano dei legati pii per le anime dei defunti, furono incaricati dalla Sacra Congregazione alcuni sacerdoti a soddisfare l’obbligo delle messe. Inoltre, per mandato della Sacra Congregazione, il rimanente delle rendite doveva essere applicato per la “fabrica et erectione” del seminario. Con la scusa che le rendite erano molto tenui, il vescovo Pastor, nel decennio che seguì alla soppressione dei due conventi, non si curò di eseguire il compimento di tale opera.
L’istituzione
Per tale motivo al suo arrivo il patrizio napoletano e vescovo di Crotone Geronimo Caraffa (1664-1683) troverà che solamente si soddisfacevano gli oneri delle messe dei due conventi soppressi, che erano tredici alla settimana e si celebravano negli altari eretti dentro la cattedrale. Infatti le rendite, incamerate dai due conventi soppressi, risultavano appena sufficienti per pagare i sacerdoti, che erano incaricati a celebrare le messe, e per la ordinaria manutenzione dell’apparato degli altari.
Ciò era dovuto, secondo il vescovo, al fatto che i due conventi, prima di essere soppressi, avevano dovuto subire il saccheggio e l’incendio ad opera dei Turchi. Per tale circostanza erano andati perduti oltre alle suppellettili anche i libri che contenevano il rendiconto delle entrate, delle rendite e dei crediti. La situazione si era poi aggravata per la complicità tra gli amministratori dei beni dei conventi soppressi ed i nobili, che ne beneficiavano. Tale fatto aveva permesso a questi ultimi di evadere per più tempo i pagamenti.[v]
Solamente con le censure ecclesiastiche il vescovo riuscì a recuperare alcuni capitali e beni, che dovevano essere adoperati per la costruzione e l’erezione del seminario. Poiché la somma non era sufficiente, l’apertura del seminario tarderà.[vi] Il persistere dell’azione energica del Caraffa, che cominciò a perseguire i debitori ed ad investigare sulla scomparsa dei beni e delle rendite, costrinse un po’ alla volta coloro, che dalla complicità e dalla sparizione delle carte avevano tratto beneficio, a venire allo scoperto.[vii] Ciò permise al presule di istituire nel 1669 il seminario. Erano passati 17 anni dalla soppressione dei conventi. Il seminario potette utilizzare le rendite, come prescritto, e con le stesse dovette però assolvere gli oneri dei due conventi soppressi, che erano le 13 messe alla settimana negli altari eretti in cattedrale e lo stipendio di due mastri, uno di grammatica ed uno di canto gregoriano,[viii] per i dieci alunni. Il seminario doveva esser posto sotto la vigilanza di un rettore e gli alunni indossare vestiti di color violaceo.[ix]
Il vescovo inoltre, nella sua relazione del 20 ottobre 1678, affermava che poiché il seminario era in lite con alcuni abitanti della città, egli era riuscito a comporla con beneficio per lo stesso e che l’edificio destinato a accoglierlo era già in fase di costruzione ed un po’ alla volta sarebbe stato portato a compimento.[x] Se dalla relazione del vescovo Caraffa sembra che tutto proceda per il meglio e che non ci siano ostacoli, ben diversa è la realtà che trovò il vescovo successivo al suo arrivo.
L’edificio
Dopo dodici anni il vescovo Marco Rama (1690-1709) doveva costatare che l’edificio, che doveva ospitare il seminario, era più una speranza che una realtà, inoltre le tenui rendite erano anche di difficile riscossione, in quanto i debitori facevano i sordi. Egli tuttavia non si perse d’animo e nel 1692 curò di portare a compimento l’opera di costruzione con l’intenzione, una volta finita, di riempirla di alunni e di buoni insegnanti.[xi]
Alla fine del Seicento il palazzo era stato già da tempo completato, ma rimaneva vuoto. Invano il vescovo aveva chiesto al papa di utilizzare le rendite del semplice beneficio sotto il titolo di S. Giacomo Apostolo. Il beneficio, nonostante le sue preghiere, era stato assegnato ad altri ed il vescovo affermava che stava tentando invano di aumentare le poche rendite, in modo da racimolare una somma tale da permettere di sostenere le spese per il maestro ed i discepoli.[xii]
Il 10 dicembre 1699 il vescovo visitò la nuova costruzione, che era situata in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, dirimpetto al palazzo dei Montalcini e poco distante dalla cattedrale e dal palazzo vescovile.[xiii]13. Essa era “iam erectam usque ad ultimam manum cum officinis, cameris, scholis et dormitoriis”, e vi si accedeva attraverso un grande portone. Comandò al canonico Giovan Francesco de Oppido, che ne era il rettore, di non darla in fitto nell’entrante anno 1700, in quanto era sua intenzione scegliere gli alunni e renderla funzionante.[xiv]
Le camere erano arredate con 8 lettiere nuove con i loro scanni e vi era un grande quadro con l’immagine di San Tommaso d’Aquino. Il seminario poteva contare su un’entrata annua di circa trecento ducati, che proveniva dall’affitto degli otto fondi rustici (40%), dalle 12 case e da un magazzino (25%) e dai 25 censi e canoni (35%). Aveva però anche alcuni oneri e cioè pagare 6 ducati annui al rettore, far celebrare 13 messe settimanali, versare 5 carlini annui alla mensa vescovile e 2 scudi d’oro alla basilica di S. Giovanni in Laterano. Vi erano inoltre in deposito ben 865 ducati e grana 40, capitale proveniente da 5 censi affrancati, che giaceva “inoperoso”.[xv] Segno evidente che la mancata apertura del seminario non era dovuta solamente alla mancanza di denaro, ma anche dall’intento speculativo che muoveva gli animi degli interessati, i quali ritardavano sia per affittare l’edificio a privati, sia per poter utilizzare il denaro e le proprietà del seminario per i loro fini personali.[xvi]
Alcuni anni dopo, nel 1703, il vescovo pur lamentandosi di non potere ancora riempire il seminario, come era nei suoi desideri, in quanto le rendite, che a poco a poco stava accumulando, non erano ancora sufficienti per il mantenimento dei maestri e degli alunni, tuttavia non disperava di soddisfare quanto prima il suo desiderio.[xvii]
Tra il 1703 ed il 1706 finalmente riuscì nel suo intento e, con soddisfazione, poteva affermare che, con l’aiuto di Dio, era riuscito ad erigere il seminario da lungo tempo desiderato, del quale al suo arrivo non c’era che una esigua, se non nulla, speranza. Egli aveva fatto dapprima costruire un ampio e confortevole edificio e poi era riuscito a poco a poco ad elevare le tenuissime rendite in modo da raggiungere una sufficiente somma annuale. Poteva ora dotarlo di ottimi maestri e di rettori per gli alunni.[xviii]
Poco prima di morire il Rama ammirava la sua opera e poteva vedere che i frutti del seminario, piantati ed irrigati per merito suo, crescevano e miglioravano giorno per giorno nelle buone lettere e nel canto gregoriano.[xix]
Dieci anni dopo, al tempo del vescovo Anselmo dela Pena (1719-1723), il seminario con le sue rendite nutriva 12 alunni e in esso convivevano sei fanciulli. Era governato da uno dei canonici, il reverendo Matteo Pipino, e vi si insegnava la grammatica e il canto gregoriano.[xx]
Alcuni anni dopo esso manteneva otto fanciulli di Crotone e due di Papanice. Di solito si ammettevano anche i figli dei poveri, quelli dei ricchi in verità a causa della conformazione del luogo si rifiutavano di convivere con gli alunni. Per tale motivo pochi anni dopo il suo insediamento il vescovo Gaetano Costa (1723-1753) cercò di ampliare l’edificio ed iniziò una nuova costruzione, in modo da allestire un separato dormitorio, destinato solamente per i figli dei ricchi e dei nobili. A causa però delle calamità fu costretto a tralasciare l’opera.[xxi]
Sempre il vescovo Costa in una delle sue ultime relazioni, ci informa che il seminario per opera sua andava aumentando e che aveva tentato di far istruire alcuni alunni in filosofia da un frate dei minori conventuali. L’operazione però si era dimostrata un vero disastro con perdita di tempo e di fatica: gli alunni confusi dai termini scolastici non avevano capito niente, così egli stesso, benché vecchio, era stato costretto a insegnargliela.[xxii]
Tra i vari legati testamentari il vescovo ne lasciò uno a favore del seminario. Quattrocento ducati dovevano essere applicati e la loro rendita doveva servire per facilitare un alunno povero del seminario ad ascendere al sacerdozio.[xxiii] Sempre in questi anni ricoprì per molti anni la carica di rettore il tesoriere della cattedrale Felice Messina, il quale accumulò anche molti altri uffici, tra i quali quello di economo della mensa vescovile, consultore del pio Monte dei Morti e procuratore del Capitolo.[xxiv] Essendo il seminario sotto la diretta vigilanza del vescovo, sovente infatti il rettore dello stesso sarà anche l’amministratore della mensa vescovile.
Nel 1754 il nuovo vescovo Domenico Zicari (1753-1757) affermava che nel seminario dovevano esserci undici chierici, 9 di Crotone e due di Papanice. I convittori dovevano pagare ducati 24 annui ma il vescovo Costa, suo predecessore, per incrementare il numero degli alunni aveva accolto alcuni che erano poveri gratis ed altri pagavano solamente 12 ducati. Non sempre tuttavia gli alunni, che lo frequentavano, lo facevano di propria volontà, anzi a volte erano costretti.[xxv]
Le rendite erano state aumentate, unendo a quelle dei due conventi soppressi anche il beneficio di S. Tadeo e della Vergine della Catena, così poteva contare su quasi 500 ducati, con i quali si mantenevano i detti chierici, il rettore ed i maestri di retorica e canto gregoriano. Vi erano anche due lettori di filosofia e teologia che, chiamati dal vescovo, non erano pagati per il loro insegnamento. Il vescovo aveva intenzione di mettere mano all’edificio, in modo da ampliarlo e renderlo più confortevole. Per far ciò occorrevano più di 1000 ducati. Questo era teoricamente fattibile, perché in cassa risultavano 1300 ducati ed altri mille erano dati a censo. Con il consiglio di due canonici il vescovo aveva stabilito le cose necessarie per un buon funzionamento ed aveva redatto le costituzioni in forma migliore.[xxvi]
Durante il vescovato di Mariano Amato (1757-1765), l’edificio del seminario fu ampliato, abbellito e ristrutturato in forma migliore “ita ut in viciniis simile, aut par minime inveniatur”.[xxvii] Esso allora accoglieva e manteneva gratuitamente 11 adolescenti, nove di Crotone e due di Papanice, che desideravano intraprendere la carriera religiosa. Le rendite appena erano sufficienti per il sostentamento degli alunni del rettore e del prefetto. Il vescovo Bartolomeo Amoroso (1766-1771), preso atto delle difficoltà in cui si trovava, per il mantenimento dei maestri di grammatica, di umanità, di filosofia e teologia e di altre belle arti, assegnava durante la sua visita al seminario altri annui ducati 300 dalle rendite del pio Monte dei Morti.[xxviii]
L’aumento delle rendite troverà conferma l’anno seguente. Dopo aver sostenuto molte liti sulla fondazione del Monte dei Morti, il presule finalmente era riuscito ad ottenere il riconoscimento della fondazione ecclesiastica del Monte e perciò la sua completa soggezione all’autorità vescovile. Così con dispaccio reale del 20 maggio 1769 otteneva l’approvazione del re Ferdinando IV all’assegnazione fatta nella sua visita del 13 aprile 1768 di quasi tutte le proprietà del Monte dei Morti al Capitolo della cattedrale ed al seminario. Furono così tolti alla dotazione del Monte annui ducati 500 con i rispettivi fondi e capitali, che furono assegnati al seminario, con l’obbligo per gli amministratori di quest’ultimo di istituire una scuola pubblica, mantenendo i maestri delle due cattedre: una di grammatica, matematica e filosofia ed una di diritto civile e canonico. Essa, oltre a servire i seminaristi, doveva essere aperta anche agli esterni del luogo. In caso di mancato adempimento delle indicazioni del dispaccio reale era previsto la restituzione dei fondi e capitali assegnati, destinandoli ad altre opere di pietà o a sei maritaggi di ragazze povere.[xxix]
Durante il vescovato di Giuseppe Capocchiani (1774-1788) nel seminario “vi sono le scuole publiche”[xxx] e si alimentano gratis dodici adolescenti, i quali indossano una veste talare di lana di colore violaceo. Essi dovrebbero essere dieci di Crotone e due di Papanice, ma quest’ultimi mancano, perché nel paese non si sono trovati giovani adatti allo studio ed allo stato ecclesiastico. Ci sono poi tre o quattro convittori delle più oneste famiglie povere della città, i quali a seconda dello stato economico familiare contribuiscono per il loro vitto con 12, 18 o 24 ducati annui. Parimenti essi indossano una veste talare di lana, ma di colore nero. Tutti i maestri sono sacerdoti scelti tra il clero della cattedrale. L’edificio del seminario è in ottimo stato. Tra i vari locali vi è una cappella, dove ogni giorno si celebra la messa, il refettorio, due distinti dormitori, le aule per lo studio ecc. Le rendite sogliono raggiungere i 1000 ducati, parte sono di facile ma alcune sono anche di difficile riscossione.[xxxi]
Nel 1795 nel seminario vi erano sei insegnanti: di lettere e scrivere, di grammatica e di autori latini, di lettere e retorica, di filosofia e diritto naturale, di teologia dogmatica e morale, di canto gregoriano.
Oltre ai 12 alunni, mantenuti a spese del seminario, esso poteva educare anche numerosi convittori, che pagavano una retta annua di 30 ducati se cittadini e di 40 se forestieri. In una relazione del 10 agosto 1796 al tempo del vescovo Ludovico Ludovici, così è descritto: “Venendo ora al seminario, questo esiste non molto lontano dall’episcopio. Dieci sono l’alunni cotronesi e due della terra di Papaniceforo, che nulla pagano, vi sono anche de’ convittori, i quali se sono cittadini pagano solo ducati 30 annui, se forestieri 40. Dice monsignore essere ben contento de precettori ed il rettore è un canonico della cattedrale con altri due precettori. Siccome poi nella seguita soppressione de conventi (dopo il terremoto del 1783), tutti i libri raccolti da medesimi erano da settanta casse, e doveano vendersi d’ordine dell’amministrazione Sagra, monsignor vescovo pieno di coraggio e zelo si è adoperato presso quei deputati ed ha ottenuto tutto il quantitativo dei surriferiti libri ed ha destinata formare una biblioteca per il seminario”.[xxxii]
Il nuovo seminario
Dopo il terremoto del 1783 era stato soppresso anche il convento dei conventuali di S. Francesco d’Assisi, situato vicino al palazzo vescovile. Il vescovo Rocco Coiro richiese l’edificio per trasformarlo in seminario e la sua istanza fu accolta dal re che con un real dispaccio del 23 giugno 1798, prendendo atto “dell’abbandono in cui trovansi i due conventini de FF. Minori Conventuali e di S. Giovanni di Dio, esistenti nella città di Cotrone, in ciascuno de’ quali si trattiene appena un religioso sacerdote, e qualche laico, i quali non residendovi neppure in tutti i tempi dell’anno, trascurano assolutamente il servizio delle rispettive chiese, fino a non celebrarvi la messa in molti giorni festivi”, ordinava “che resti suppresso così il conventino de’ minori conventuali, come l’altro di S. Giovanni di Dio e che le fabbriche de conventuali, perché attaccate al palazzo vescovile siano destinate per Seminario”.[xxxiii]
Successivamente il Coiro, restaurato e modificato il soppresso convento ed unitolo al suo palazzo, dopo aver ottenuto il permesso regio di definitiva soppressione, trasferì in esso nel 1799 il seminario. Seminario al quale furono aggregati anche i beni del soppresso convento di S. Francesco di Paola.[xxxiv]
Danneggiato dalle granate durante l’assedio francese del 1807, l’edificio fu nello stesso anno riparato.[xxxv] Il seminario nei primi anni dell’Ottocento e durante l’occupazione militare francese rimase chiuso e dal 1818 al 1837 si tennero corsi di studi saltuari e parziali, non rispettandosi che in minima parte la convenzione ed il dispaccio reale del 1769 e gli impegni presi a suo tempo dal vescovo Amoroso.
Alla metà dell’Ottocento
Nel 1837 il comune di Crotone mosse lite al seminario, in quanto esso risultava inadempiente. Infatti da due anni era sprovvisto di maestri e la cattedra di diritto civile e canonico non era mai stata istituita. Il Decurionato perciò chiedeva l’assegnazione del capitale con le rendite “per il vantaggio e miglioramento della gioventù”.[xxxvi]
Il vescovo Leonardo Todisco Grande (1833-1849), che fin dal suo arrivo si era impegnato a migliorarlo, nel 1839 mise a stampa le regole per un suo migliore funzionamento. Egli lo provvide di ottimi insegnanti, chiamandoli anche da luoghi lontani, e vi stabilì un corso regolare e completo di studi.[xxxvii] “Vi stabilì un gabinetto fisico con belle macchine: restaurò il locale, e l’ampliò di due camerate vi fe’ scavare una grande cisterna per raccogliere acque potabili, e ne accrebbe la rendita, applicando anche delle somme sul gran libro del debito pubblico”.[xxxviii]
A metà Ottocento il seminario era ancora situato nell’edificio attaccato al palazzo vescovile ed era composto dalla camera di compagnia per il saggio annuale e per dare udienza alle famiglie dei seminaristi, da quattro camerate, capaci di contenere 45 seminaristi, ma di solito ne ospitava una trentina,[xxxix] così distribuiti: 12 la camerata dei Grandi, 13 la camerata dei mezzani, 16 quella dei piccoli ed infine 4 quella dei più piccoli. Vi era poi la cappella con stalli fissi, due camerini per il rettore ed altri cinque camerini: uno serve per infermeria, uno per gabinetto fisico, dove si conservano le macchine e gli altri tre sono utilizzati per i maestri forestieri e dove allora si faceva scuola. Nel quarto medio vi era il refettorio, la cucina, la dispensa ed alcuni bassi e nel giardino oltre al pozzo vi era una bellissima cisterna fatta costruire dal vescovo Leonardo Todisco Grande. Da una relazione compilata dal canonico penitenziere Pasquale Messina nel 1853 si sa che i seminaristi in quell’anno erano 23. Il rettore era il reverendo Giovan Battista Grimaldi di 49 anni (“ottimo per morale ma insufficiente per governare”), il vice rettore il reverendo Vincenzo de Vennera, il maestro di teologia dommatica e morale Girolamo Calojero (“non si scorge molto profitto”), il maestro di filosofia l’arcidiacono Fedele Carvelli di 38 anni (“poche lezioni in un anno e ora è assente per causa di salute”), il maestro di matematica e fisica Francesco La Piccola (“la matematica si fa una volta il giorno per la fisica non vi sono giovani”), il maestro di Belle Lettere Giuseppe Vatrella (“alle volte non viene ad ora giusta”), il maestro di umanità bassa Vincenzo de Vennera (“è assente e viene suplito”), il maestro de primi rudimenti Vincenzo Carvelli (“l’unico assiduo”), il maestro di casa Lorenzo Aquilino (“si potrebbe avere un altro più accorto”), il medico Giacinto Calojero. La maggior parte degli insegnanti facevano parte del capitolo della cattedrale di Crotone ed al tempo dell’Unità furono oggetto di un’indagine in quanto indiziati come “Borbonici” perchè non intervennero il 21 ottobre 1860 al Plebiscito unitario del re e l’arcidiacono Fedele Carvelli si era rifiutato di cantare il “Te Deum” nella congrega laicale dell’Immacolata Concezione, per non cantare l’orazione del re.
Dopo l’Unità d’Italia il seminario fu dapprima occupato dalle truppe e poi dai R.R. Carabinieri.[xl] Nel 1863 parte del seminario è ancora occupato e “si sta facendo di tutto perché la caserma dei carabinieri e le scuole pubbliche vengano allocate in altri luoghi”.[xli] Nello stesso anno si compie una perizia per stimare i lavori occorrenti per ripararlo dai danni causati dai militari.
Note
[i] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1610.
[ii] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1640.
[iii] S. C. Stat. Regul. cit.
[iv] Nel 1664 era procuratore e rettore il canonico Antonio Cirrello. ASCZ, Busta 310, anno 1664, f. 30.
[v] Luccia Lucifero si trova debitrice verso i soppressi monasteri in annui ducati 16 per un capitale di ducati 200, assieme a molte rate ed annate non pagate. Per accordo con il procuratore dei monasteri soppressi, il canonico Antonino Cirrello, e con l’assenso del vescovo Caraffa, estingue il debito, cedendo una casa palaziata. ASCZ, Busta 310, anno 1664, f. 30.
[vi] ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1667.
[vii] Nel maggio 1666 Geronimo dela Motta Villegas che da anni ha in prestito un capitale del convento domenicano con la possibilità di affrancarlo, avvisa il procuratore dei conventi soppressi che, come previsto dal contratto a suo tempo stipulato, fra un mese consegnerà il denaro avuto in prestito. ASCZ, Busta 312, anno 1666, f. 102.
[viii] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1673.
[ix] Detio Suriano restituisce 200 ducati al procuratore dei monasteri soppressi, il reverendo Antonino Cirrelli, il quale li deposita in potere di Domenico Suriano, che deve reinvestirli. Poiché il vescovo Caraffa ha deciso che le rendite dei monasteri soppressi devono essere assegnate in beneficio del seminario, gli “ufficiali” del seminario, i reverendi Tiriolo, Venturi e Thelesio, si fanno consegnare il denaro dal Suriano e lo imprestano ai Vezza al 9 per cento, ipotecandone una casa, che è già gravata da un altro censo per un capitale di ducati 150 all’otto per cento, proveniente dai monasteri soppressi e delegato a beneficio del “mastro di scola di grammatica” del seminario. ASCZ, Busta 253, anno 1671, ff. 76-78.
[x] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1678.
[xi] ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1692.
[xii] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1700.
[xiii] I Cirillo possedevano “una bottega locanda di sotto al palazzo locando del Sig. D. Gregorio Montalcini … situato dirimpetto al Pio Seminario della medema nella parocchia di S. Pietro e Paolo, e vicino alla chiesa Catredale”. ASCZ, Busta 1063, anno 1744, f. 27v.
[xiv] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, 1699, f. 17.
[xv] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, 1699, f. 129.
[xvi] Nel 1702 il rettore Francesco Oppido otteneva il permesso di dare in prestito 300 ducati al 7% al primicerio Geronimo Facente ed a Benedetto Arrighi. ASCZ, Busta 497, anno 1702, f. 51.
[xvii] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1703.
[xviii] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1706.
[xix] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1709.
[xx] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1722.
[xxi] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1735.
[xxii] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1750.
[xxiii] Dodici ducati provenienti dalla rendita dei 400 ducati si dovevano assegnare dapprima all’alunno Francesco Riccio, in modo da fornirgli la metà del patrimonio necessario per ascendere agli ordini sacri. Nel 1756 era rettore del seminario il canonico Felice Messina. ASCZ, Busta 858, anno 1756, f. 428.
[xxiv] ASCZ, Busta 1268, anno 1760, ff. 172-175.
[xxv] Lo strongolese Vincenzo Capozza, figlio del fu Giuseppe Antonio, invia di nascosto una supplica al re accusando i suoi zii, i sacerdoti Nunziato e Giovanni Capozza, di averlo rinchiuso contro la sua volontà nel seminario di Crotone, dove si trova da più di un anno. Egli intende andarsene anche “per causa della mala aera, e che possa pericolare la sua vita”. Costretto a ritrattare afferma “che vole rimanere in detto Pio seminario, in dove ave appreso, come apprende tutti l’atti di virtù, anzi essendo fuori puole pericolare di vita, e perder quello, che ave, come sopra acquistato”. ASCZ, Busta 1125, anno 1756, ff. 286-287.
[xxvi] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1754.
[xxvii] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1760.
[xxviii] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1769.
[xxix] AVC, Progetto del Decurionato di Cotrone, 17.4. 1837.
[xxx] Nel 1777 era rettore il canonico Antonino Morelli. AVC, Nota delle chiese e luoghi pii, Cotrone 18 febbraro 1777.
[xxxi] AVC, Rel. Lim. Crotonen., 1775.
[xxxii] AVC, Rel. Lim. Crotonen., 1795; Relazione del 10.8.1796.
[xxxiii] AVC, 112, Dispaccio reale da Palazzo 23 giug.1798.
[xxxiv] “Vi erano in questa città il convento di S. Francesco di Paola e quello di S. Francesco d’Assisi, che furono parimenti soppressi, e non sono stati ripristinati: i beni del primo furono aggregati a questo pio seminario e quei del secondo allo spedale civico”. AVC, Elenco dei luoghi pii laicali, Cotrone 16 marzo 1805.
[xxxv] AVC, Spese per il nuovo Seminario danneggiato dalli granati in tempo dell’assedio, Cotrone 5.11.1807.
[xxxvi] Progetto cit.
[xxxvii] Juzzolini P., Santuario di Maria SS. del Capo delle Colonne in Cotrone, Cotrone 1882, p. 80.
[xxxviii] Regole dettate da monsignor D. Leonardo Todisco Grande al suo venerabile seminario diocesano nell’anno 1834. 1° del suo vescovado, Napoli 1839, in 8°. Capialbi V., La continuazione all’Italia Sacra dell’Ughelli per i vescovadi di Calabria. Cotrone ed Isola, Arch. Stor. Cal. 1914, pp. 520-521.
[xxxix] Nell’anno scolastico dal novembre 1855 all’ottobre 1856 i seminaristi erano 31. Stato degli alunni del Pio Seminario diocesano di Cotrone.
[xl] AVC, 84.
[xli] AVC, Lettera della R. Prefettura al vescovo del 17. 6 1863.
Creato il 16 Marzo 2015. Ultima modifica: 26 Luglio 2021.