Crotone, una città di creta

Crotone.

Nel Cinquecento e nel Seicento le possenti fortificazioni di Crotone costruite con pietre, cantoni, calce e arena, racchiudono un abitato fatto in gran parte di argilla, paglia e legname. Per la carenza di materiale da costruzione, gli Spagnoli avevano riutilizzato la pietra delle vecchie mura e quella di edifici cittadini, avevano dovuto trasportare pietra e cantoni con le barche da Capo delle Colonne e da Alfieri, e avevano tassato le terre di Calabria Citra e Ultra a fornire quantità prefissate di pietra in proporzione della loro distanza da Crotone.[i]

Ancora nei primi decenni dell’Ottocento Charles Didier descrive il Marchesato come “una piana ondulata, disseminata di collinette d’argilla, che le piogge d’inverno impregnano d’acqua fino a renderla un immenso pantano capace di inghiottire cavalli e cavalieri. È una natura inanimata, una natura morta, senza una pietra, senza un albero … senza un monumento”.[ii] Anni prima Giuseppe Maria Galanti notava l’aspetto “squallido” della città: “Non si veggono né pure edifici mediocri … Le terre della pianura del Marchesato … sono nella più parte argillose e cretose. Poche non lo sono. Cavandosi, dopo poca profondità si trovano strati di pietre dure: ma ciò accade né luoghi vicino al Capo delle Colonne … Le colline vicino Cotrone sono assolutamente di creta bianca sterile … Le pietre del Capo Colonna e vicino Cotrone sono di arena, delle quali è formato il castello”.[iii] L’abitato di Crotone formato da case povere e sordide e le vie tetre e strette, avevano già attirato l’attenzione dell’inglese Herry Swinburne.[iv]

Per la difficoltà di reperire la pietra, i Crotonesi, per costruire le loro abitazioni, avevano dovuto nei secoli attuare di continuo il riuso di quella esistente all’interno della città. Una buona parte fu venduta dagli stessi cittadini alla Regia Corte e fu inglobata nelle nuove fortificazioni. Fu necessità, come per il passato, di ricorrere alla creta ed al legname, utilizzando la poca pietra soprattutto per i portali, per le strutture portanti e soprattutto, per le scale esterne ed il vignano delle case palaziate; anche se in molti casi si usò il legname.[v] All’interno, per le divisioni, per il pavimento, per le travi del tetto e per i travetti, si utilizzò il legname.[vi]

La pietra, come elemento pregiato e ricercato, è sempre richiamato nella descrizione di una casa e ne eleva il suo valore: “domum palatiata cum appartamento superiore et inferiori et cum scala lapidea” situata in parrocchia di S. Nicola de Cropis.[vii] L’aristocratica Livia Lucifero possedeva delle case “consistentes in pluribus membris superioribus et inferioribus cum cortilio et scalis lapideis a parte interiori positas intus dicta civitate loco dicto la judeca in par. S.ti petri”.[viii] I fratelli Jo. Battista e Hieronimo de Nola Molise possedevano una casa palaziata in parrocchia di Santa Margarita “in loco detto la ruga del Caro con scala lapidea et consistente in uno membro, o camera, e appartamenti superiori inferiori e medio.”[ix] Il sacerdote Carlo Sillano possiede una casa palaziata consistente in cinque membri e tre appartamenti, cioè superiore, mezzano e basso, cortile, scala di pietra e pozzo, ed un casaleno dentro detto cortile in parrocchia di S. Maria de Prothospatariis.[x] Carlo Bonello, parroco del S. Salvatore, dona a suor Agnesa Garetto, “monaca vezoca”, una casa palatiata in più camere e bassi con scala di pietra vignano”.[xi]

Crotone, calanchi argillosi.

Le case di creta

Anche se non mancano esempi di “apoteche” costruite solo in legname,[xii] le case composte da un’unica stanza sono di creta. Con la creta oltre alle case di creta, sono fatte anche quelle matte, i casalini e gli “horrei”. Edificate con un composto di acqua, argilla e paglia, con parti in legno per la porta e le travi del tetto, con scale esterne in pietra e copertura di “tijlli” e ceramidi, costituiscono la maggior parte delle abitazioni dei cittadini e degli edifici religiosi. Esse risultano piccole e basse e formate da una unica stanza terranea. A volte fanno parte di una pertinenza, o comprensorio, “in più e diverse case e casette tutte unite, che formano un casamento grande, isolato, senza confinanza di mura d’altre case, ma tutte connesse e concatenate l’una coll’altra”.[xiii] Non mancano abitazioni più decorose, specie palaziate, costruite parte in calce e arena e parte di creta.

Crotone, 20 settembre 1621. Munda Caparra, sposata con Prospero Caivano, per legato fattole ultra dotem dal padre il fu Gio. Tomaso Caparra, possiede “una casetta terrana di creta fabricata”, situata in parrocchia di Santa Vennera, confinante con le case di Gio. Domenico Pantisano e via pubblica. La vende per ducati 18 a Gio. Domenico Pantisano.[xiv]

Crotone, primo agosto 1623. Costantia Fiasco, vedova del messinese Francesco Quaranta, possiede “duas domos palatiatas parvas de creta”, in parrocchia di S. Pietro, che confinano con le case dei Margara e le case di Gio. Domenico Labruto.[xv]

Crotone, 7 marzo 1627. Contratto tra i coniugi Horatio Jacomino e Elisabetta Scarnera, ed i coniugi Luca Facente e Angililla Caitana. I primi possiedono per motivo di dote di successione paterna di Elisabetta, delle case palaziate e terranee, costruite in parte di calce e arena e parte di creta. Le case sono situate in parrocchia del SS.mo Salvatore, e sono formate da più e diversi membri inferiori e superiori. I secondi possiedono una casa palaziata consistente in un alto e basso, costruita in calce e arena, situata in parrocchia di Santa Venere, “cum miniano e scala lapidia”. Le case dei coniugi Jacomino sono apprezzate per ducati 170 e quelle dei coniugi Facente per ducati cento. Volendo Horatio Jacomino avvicinarsi alla casa della madre, permuta la sue case con quelle dei coniugi Facente aggiungendo ducati 70.[xvi]

Crotone, 22 ottobre 1629. Permuta di case tra il Reverendo Canonico Vincenzo De Amato, procuratore del Dottore Gio. Cropalati, rettore del beneficio dei Syllani, ed il Reverendo UJD. Gio. Francesco Petrolillo. Il primo dichiara che il beneficio possiede una casa, formata da un alto e basso, mentre il Petrolillo una casa composta da un alto e basso “et granario lignanimum”. Il De Amato attua la permuta in quanto la casa appartenente al beneficio, minacciava “minare ruinam ex duobus muris confectis di creta”.[xvii]

Crotone, 17 maggio 1634. Contratto tra Gio. Matteo Junta, procuratore della chiesa della SS.ma Annunziata, e Lucio Caparra. Il procuratore dichiara che la fu Diana Calagiurio nel suo ultimo testamento, lasciò alla chiesa della SS.ma Annunziata una casa terranea, situata in parrocchia di Santa Maria Prothospatari, “à muro della casa del furno” di Lucio Caparra, con la condizione che in detta chiesa il R.do D. Gioseppe Calagiurio, fratello di Diana, debba celebrare una messa la settimana. Tuttavia, la casa era di creta ed il Calegiurio la “cacciò dalle fondamenta e per la longinquità del tempo non vi è rimasto che alcuni pezzi dela fabrica”. Essendo morto D. Gioseppe Calagiurio, questa è venduta “già perrupata una cum la petra”, all’asta pubblica a Lucio Caparra.[xviii]

Crotone, 8 Novembre 1662. Richiesta di assenso al Rev.mo Signor Vicario. Antonio Cerrello, sacerdote di questa città al presente commorante in Roma, possiede un beneficio semplice della famiglia Foresta sotto il titolo della Purificazione della Beata Vergine, il quale fra le altre entrate, possiede due casette basse e terrane nella parrocchia di Santa Vennera, “dalle quali n’è stato solito percepire al più ogni anno carlini venti per ciascheduna di allogherio, che per essere vecchie e fabricate di creta et ogni anno sono state necessariamente acconciate di maniera, che poco ne resta di utile al Beneficio”. Il Cerrello chiede di darne una a censo perpetuo a carlini venti a Giuseppe Messina e l’altra a Gio. Dionisio Martorano per altri carlini venti.[xix]

Crotone, centro storico.

Le case matte

Le case matte, piccole e basse costruzioni, fatte di creta e legname, usate sia per abitazione, che per altri usi. Esse si caratterizzano per avere un’unica apertura, che serve per porta.

Crotone, 4 dicembre 1658 Cornelia e Dianora Susanna donano al parroco Carlo Bonello la loro casa palaziata ed un’altra matta, una volta seguita la loro morte.[xx]

Crotone, 29 giugno 1671. Le sorelle Cornelia e Dianora Susanna chiedono di vendere una casa palaziata e una matta, dove al presente abitano, per potersi col prezzo di quelle sostentare ed alimentare.[xxi]

Crotone, 26 gennaio 1724. I frati minori conventuali di San Francesco d’Assisi nel 1724 cedono in enfiteusi a Giovanni Rizzuto “due case matte unite insieme”, situate dirimpetto alla muraglia. Le case erano pervenute al convento per lascito di padre Angelmo Ximenes, “figlio di detto convento”.[xxii]

Crotone, 10 marzo 1738. Il sacerdote Paolo Bruno, rettore del semplice beneficio sotto il titolo di San Matteo Apostolo della famiglia Giuliano, dichiara che il beneficio possiede una casetta matta nella parrocchia di Santa Margherita, confine ed attaccata alla chiesa della Congregazione dell’Immacolata Concezione, da una parte, e dall’altra al magazeno del signor Diego Tronca. “Poiché per esser cadente e quasi inabitabile si rende di pochissimo utile al beneficio”, la vende per ducati 40 agli ufficiali della congregazione “per la necessità tengono del luogo di detta casa nelle edifici e fabriche devono fare in detta chiesa”.[xxiii] Nel 1751 il prefetto Gerolamo Cariati compera a sue spese una casetta matta nei pressi della chiesa, per demolirla e poter innalzare il nuovo cappellone.[xxiv]

Crotone, 30 giugno 1759. Con atto del notaio Antonino Persico di Napoli Salvatore Arrigo, allora nella capitale, in qualità di nipote ed erede universale per testamento dello zio defunto Gregorio Arrighi, vende una casa palaziata, o palazzo, ed una casa matta, situate in parrocchia di S. Maria de Prothostaris, a Luca Francesco Orsini.[xxv]

Crotone, 5 settembre 1769. Essendo morto Prospero Giaquinta, la moglie e vedova Anna Todaro ed i figli, il diacono Giuseppe e Michele Giaquinta, risultano proprietari di “una continenza di case palaziate, o palazzo, consistente in quattro camere superiori, una inferiore seu mezzanile, e tre bassi, uno di questi per casa matta “con portone di cantoni”, posta in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo e confinante con il palazzo detto dei Labrutis, che ora apparteneva ai figli ed eredi del fu Giuseppe Schipano.[xxvi]

“Alli Ill.mi Sind.ci ed Eletti di q.a Città di Cotrone.

Pasquale Iuzzolino di questa sud.a Città supplicando espone alle Sig.rie loro Ill.me, come prevedendo la precisa urgenza, che corre per questo publico d’opere di ceramidi, mattoni, ed altro appartenente a fabriche, pensando di maggior commodo universale intende formare il lavoro de’ med.mi nel luogo nom.to il Ceramidio, dove sempre è stato solito esercitarsi simili opere senza permissione alcuna ma perché le loggi, o siano baracche di legname, delle quali sono serviti per lo passato per ricovero de mattoni, e ceramidi, in tempo umido, e piovoso non resistono più di tre, ò quattro mesi d’està, ed indi sopravenendo l’inverno si disfanno per la giunta delle pioggie. Perciò ricorre alle Sig.rie loro Ill.me, e le fa presente tutto ciò affinchè restino serviti concedere al sup.te in d.o luogo un ottavo di tomolo di quella terra sterile ed infruttuosa, acciocchè ivi possa costruire un casellone, ò più caselle matte di fabrica per quanto sarà di bisogno che sia, ò siano durabili anche in tempo d’inverno, offrendosi il sup.te prontissimo l’annuo cenzo che sarà tassato dal prudente giudizio degli esperti”. Cotrone, 8 aprile 1765.[xxvii]

Nel 1859 vicino al porto, diventato ormai spiaggia, comincia a formarsi il borgo Marina. Secondo Nicola Sculco era composto da “dieci case matte proprietà Caivano: in una di queste è l’ufficio della Dogana; due pozzi forniscono acqua agli abitanti. Sottostante ad un cumulo di arena nomato Monticelli, s’erge la casina Pantusa e Berlingieri, di fronte sei case matte, ch’erano antiche abitazioni di pescatori. Sugli avanzi del Bagno penale ove erano le carceri, Pantusa costruì una seconda casina. Queste fabbriche compongono il borgo marina, abitato da 113 persone, giusto il censimento del 1867.”[xxviii]

“Al largo detto S. Angelo, circondano detta piazza, la casa Vatrella ed altre casette matte. A poca distanza esiste una piccola porta ferrata e che da un condotto lungo si versa a mare”.[xxix]

Crotone, centro storico.

La casa del forno

Crotone, primo settembre 1620. Per il matrimonio tra Portia di Sotto e Gio. Domenico, la madre Antonina Galazia, la zia e Gio. Vincenzo de Leotta promisero di consegnare ducati 110 al primo anno di Mulerà. Non avendo altra comodità, danno ai coniugi una “casa palatiata sita e posta dentro la città nella parrocchia di Santa Maria de Protospataris … consistente in due camere et unaltra del furno con dui cortigli”.[xxx]

Crotone, 17 maggio 1634. Gio. Matteo Junta, procuratore della chiesa della SS.ma Annunziata, dichiara, che la fu Diana Calagiurio nel suo ultimo testamento, lasciò alla chiesa una casa terranea, situata in parrocchia di Santa Maria de Prothospataris, “à muro della casa del furno” di Lucio Caparra, con la condizione, che in detta chiesa il R.do D. Gioseppe Calagiurio, fratello di Diana, debba celebrare una messa la settimana. Poiché la casa era di creta, il Calagiurio la “cacciò dalle fondamenta e per la longinquità del tempo non vi è rimasto, che alcuni pezzi dela fabrica”. Ora, essendo morto D. Gioseppe Calagiurio, “la casa già perrupata una cum la petra”, è messa all’asta pubblica e venduta a Lucio Caparra.[xxxi]

Crotone, centro storico.

La stalla

Crotone, 8 agosto 1632. Il canonico Gio. Battista Suriano, procuratore ed economo della cappella del SS.mo Sacramento, afferma che la cappella possiede una “domum terraneam reductam stabulum jumentorum”, situata in parrocchia del SS.mo Salvatore olim S.tae Dominicae”. Questa è venduta per soli 45 ducati a Gio. Jacobo Petrolillo.[xxxii]

Crotone, 7 febbraio 1634. Nell’inventario della q.m Francischella d’Ancona si trovano “quattro casette terrane cioe una stalla, una pagliarola et dui magazeni et la meta del cortiglio delle case del q.m Gio Ottavio Facente”.[xxxiii]

Il Reverendo Jo. Paulo de Labrutis era proprietario di “una continentia di case grandi site e poste dentro la città di Cotroni con più et diversi membri superiori et inferiori con cortiglio, stalla, magazeno, horto e gisterna dentro nella cappella di santo Petro”.[xxxiv]

Crotone, centro storico.

I magazzini e i casaleni

Crotone, 9 novembre 1620. La continenza di case di Claudio Caparra, situate in parrocchia di Santa Margarita, che sono messe all’asta nella piazza pubblica, sono formate da “Una continenza palatiata in una torre con due altri membri appresso contigui, et una casalino confine dette case affacciante alla piazzetta et la detta torre affacciante alle case che furo del q.m Gio. Andrea Puglise, et al presente sono di Pietro Francesco Vezza, con magazeni , et membri inferiori et superiori. Item uno palazzetto posto dentro detta Città nell’istesso loco all’incontro dette case et torre con magazeno abascio confine la casa di Mutio Protospataro”.[xxxv]

Crotone, 23 marzo 1627. Il Rev. UJD Prospero Leone e Fabritio Leone, figli ed eredi del capitano Julio Cesare Leone, possiedono un “horreum cum quodam casaleno seu vacuo terrarum continuo jux.a domos Rev. Petri Jois Ormazza (Archipresbitero) ex uno latere et rebellinum Civitatis et iusta domum quae fuit q. Danai la Rotunda et viam pp.cam ex alio latere in parocchia olim S.ti Giorgii olim Sanctae Margaritae”.[xxxvi]

Crotone, 9 agosto 1628. Horatio Vetero possiede una casa palatiata in parrocchia di Santa Margarita “Jux.a domum Mutii Prothospatari de Strongolo et horreum heredum Jo. Battistae Mangione vias pp.cas”.[xxxvii]

Crotone, 10 agosto 1632. Il Rev. D. Gio. Francesco Mangione, cantore della Cattedrale, e altri della famiglia Mangione, possiedono “duo horrea confetta de creta sita extra moenia Civitatis loco detto li Pignatari jux.a horrea et magazena Jo.is Dom.ci Pantisano ex uno latere … alterum quorum et proprie illud de spica est jux.a Conicellam non est completum sed caret pavimento tonica et tecto tabularum subtus tegulus”.[xxxviii]

Crotone, 13 maggio 1657. Mutio Puglise possiede una casa palaziata consistente “in duobus appartamentis cum horreo subtus”, in parrocchia del SS.mo Salvatore, confinante con la casa di Ottavio Syllano e la casa dotale di Tommaso Rocca.[xxxix]

Il canonico D. Gio. Giacomo Syllano risiede in parrocchia di Santa Maria, in “due camere con suoi bassi et alti l’una fabricata da esso istesso D. Gio. Jacovo, qual’è la propria da dove s’entra fronte spitio le case del q.m Gioseppe Suriano che si va al largo d.o S.to Angelo con suo basso che si serra per cortiglio con sua scala di pietra, et l’altra camera contigua dell’istessa con il cellaro di sotto et con suo vignano lungo discoperto, et un casaleno discoperto contiguo d.a camera d’esso D. gio. jacovo dentro il quale vi è il puzzo, pergola et pila et un casaleno diruto”.[xl]

Crotone, centro storico.

Dalle case di creta a quelle di calce ed arena

Durante il Seicento, a causa della deperibilità del materiale, molte case hanno bisogno di continui risarcimenti e spesso, per le spese da affrontare, si lascia l’abitazione andare in rovina. Molte diventano suolo, altre casaleni senza tetto e mezzo diroccati, usati spesso come stalle.

Crotone, 1 giugno 1673. Antonio Granello afferma, che possiede una “casa palatiata in uno appartamento”, in parrocchia del SS.mo Salvatore, che “se ritrova così diruta senza trava et ciaramidi”. Egli la vende a Gioseppe Lucifero per ducati 70. I mastri fabbricatori Gio. Andrea di Messina e Giulio Cesare Lucifero attestano, che “per esser sfatta di legname e bisognosa di molto ripari per non cascare” è stata apprezzata per soli ducati 50.[xli]

La visita del 1699 ai luoghi ecclesiastici della città, effettuata dal vescovo Marco Rama, elenca molti edifici “diruti” ed in abbandono. È il caso di alcune case appartenenti al beneficio di Sant’Antonio della famiglia De Nigro, il quale possedeva “quasdam domos in parocchia SS. Salvatoris”, che nel 1664, al tempo della visita del vescovo Hieronymo Carafa, davano al beneficio 14 ducati annui. In seguito “sive negligentia, sive antiquitate corruerunt”, cosicché di loro rimase solo il suolo.[xlii] Oppure dei casaleni che “li furono casalini hoggi giardinello”, e delle “due case avanti la Parocchia de SS. Pietro e Paulo … che fruttavano il canone d’annui car(li)ni sei, al presente vi è il suolo”. Essi appartenevano all’arcidiaconato,[xliii] Le due case del beneficio di S. Maria de Jesu, che in passato fruttavano annualmente otto ducati, ora sono “dirute”,[xliv] ecc.

Verso la fine del Seicento, con la ripresa del commercio, il tessuto urbano della città, modifica lentamente il suo aspetto: predominano ancora i casalini, le case terrane e le case palaziate, ma già alcune “case grandi”, “palazzetti” e “palazzotti”, di proprietà ecclesiastico – nobiliare, dominano le “piaczette” e costeggiano le “vinelle”, dove si aprono i magazzini, le stalle, le pagliarole, i centimoli, i bassi e le botteghe. Alcune case terranee, composte da un’unica stanza, lasciano il posto a case palaziate, formate da un alto e basso, a continenze di case con membri superiori e inferiori, e ai palazzi. I vecchi e fragili muri di creta sono sostituiti con nuovi muri più solidi, fatti con calce ed arena, che devono sorreggere le nuove e più elevate costruzioni.

Da una nota delle spese, per riparare una casa di proprietà di Felice de Barracca, fatta dal mastro fabbricatore Andrea Messina e dal mastro carpentiere Paulo de Sanda, possiamo farci un’idea di come era formata una casa e dei prezzi correnti nella seconda metà del Seicento. “In primis fallacche per far l’astraco alla loggia dell’ultimo appartamento carlini trentacinque, chiodi carlini setti e mezzo, dui travette carlini otto, per le nostre giornate carlini otto, arena et acqua carlini diece, minatura di calce carlini diece, strace pesato carlini otto, per diece giornate per arrizzare parte le mura della casa docati quattro, manipoli carlini trenta, arena per coprire l’astraco carlini dui, trave per la sala di sopra carlini quindici, per una finestra nella camera del furno di sopra quattro tavole carlini quattro, pedarelli tre carlini tre, chiodi e dubrine carlini cinque, mastria carlini cinque. Di più per fallacche per l’astraco della sala di sopra carlini dieci, mattoni per detto astraco e quelli delle camere di sopra n.° trecentosessanta carlini quindici, per quattro finestre nello quarto di abasso tavole di castagna n.° venti docati sei, pedarelli di castagna per dette finestre carlini venti, chiodi e dublone carlini venti, mastria di dette finestre docati sei , per uno travo nella stalla carlini dudici, tavole per l’intempiata della sala di sopra et camere di sopra n.° trenta docati tre, una porta nella stalla, tavole n.° cinque carlini cinque, pedarelli carlini quattro, chiodi et dubloni carlini tre, mastria carlini cinque, per acconciare il portone chiodi et mastria et altro carlini quindici, per acconciare il tavolato del p.mo astraco d’innanzi la porta della sala di basso carlini trentacinque, due travette carlini quattrodici, chiodi carlini quattro e mezzo, mastria carlini setti.”[xlv]

Annibale Berlingeri all’inizio del Settecento costruisce il nuovo palazzo di famiglia. Egli conclude un accordo col parroco e col vescovo. Il nobile si impegna a diroccare i vecchi mura di creta della chiesa di Santa Veneranda ed a ricostruirla “con nuovi muri di calce, nuovo suffitto e nuova coperta”, fornendola anche di un “quadro con una cappella condecente”.[xlvi]

Sempre in questi primi anni del Settecento, una convenzione concedeva a Gio. Battista Sisca la possibilità di alzare sopra le mura vecchie dei Cirrelli, divenute ormai comuni, con la condizione che se fossero state trovate troppo deboli, per poter sostenere la nuova muratura, e bisognasse quindi rinforzarle, o farle nuove, l’erede di Silvestro Cirrelli doveva contribuire per la metà della fabbrica aggiunta sopra quella esistente, se si fosse trovato che erano costruite di calce, se però le mura comuni fossero state trovate di creta, “l’habbi da rifare detto Cirrelli tutte a sue proprie spese”. Sempre in questi anni anche le vicine case di Tiriolo furon “sfabricate” dai mastri Tomaso Altomare e Francesco Partale ed il Sisca, le fece rifabbricare dagli stessi mastri a nuova pianta di palazzo, includendovi “dette case e casaleno e fattone palazzo”.[xlvii]

Crotone, 2 dicembre 1781. Cesare Scaramuzza afferma che, giorni prima, aveva comprato dal mastro Antonio Lepera “una casetta di creta colla fornace, per uso di Ceramidio, sita fuori le porte della città, vicino il monte, ove dicesi di Cipriano, appartenente detto terreno, dove si è edificato il suddetto ceramidio all’università, che attacca al terreno universale, che si censuò il fu mastro Pasquale Iuzzolino, e come che detto Lepera, non curò censuarsi il suolo di detto ceramidio, e dubitando esso compratore, che in avvenire gli venisse contrastato”, offre di versare all’università altri annui carlini due in perpetuo.[xlviii]

008 Crotone, centro storico.

Il casamento di Salvatore Mazza

Il capomastro delle opere del regio porto della città di Crotone, il napoletano Salvatore Mazza, che già aveva lavorato a Viareggio, da più anni accasato e dimorante in città, abitava in una casa palaziata, che aveva acquistato da Diego Tronca, in parrocchia di Santa Margarita nei pressi del convento di San Giovanni di Dio. Il convento dell’ospedale di Santa Maria della Pietà possedeva tre botteghe dirimpetto alle regie mura della porta, attaccate alla casa palaziata del Mazza, le finestre della quale sporgevano al di sopra delle stesse botteghe, che confinavano, da una parte, con la regia dogana, e dall’altra con le case dotali di Michele Fiscardi. Il convento possedeva, inoltre, altre tre botteghe, l’ultima delle quali era attaccata alla chiesa del medesimo convento.

Volendo il Mazza far magnifica la sua casa palaziata, propose di rendere abitabili e di miglior forma le vicine botteghe, i muri ed i tetti delle quali stavano per rovinare, in modo tale che esse divenute “più amene”, con una “nuova affacciata”, e divenuta “la Piazza più lustra”, avrebbero accresciuto il loro valore. Facendo presente il suo desiderio, consegnò una supplica il 5 maggio del 1765 al padre provinciale dell’ordine di San Giovanni di Dio, il Padre Agostino de Cardines, che si trovava in santa visita a Crotone, chiedendo che gli fosse permesso di fabbricare sopra le mura delle dette botteghe ed unendole alla sua casa fare un solo “accasamento”. In compenso egli si impegnava a fare tutti i lavori a sue spese, rifacendo ed ingrossando i muri delle botteghe, in modo da renderli capaci di sostenere la nuova costruzione superiore. Avrebbe anche increspata tutta la facciata, rifatto di legname ed altro materiale con mattonate il pavimento di sopra delle botteghe, e sostituito la muratura, che era di creta, con una di calce.

Il padre provinciale prese in esame la supplica ed espresse parere favorevole: “purché il nuovo fabbricato non recasse danno al convento, né ci fosse alcuna alienazione delle botteghe”. Il 5 luglio dello stesso anno egli inoltrò la richiesta al padre Andrea Cilli, vicario e superiore del convento dell’ospedale di San Giovanni di Dio, ordinandogli “di fare la solita conclusione e la trascrizione nel solito libro” e, per maggior sicurezza del convento, si stipulasse un atto pubblico da un notaio. Il superiore del convento, convocati in forma capitolare i religiosi locali del convento, lesse ed illustrò la supplica del Mazza e l’ordine del provinciale, quindi chiese di approvare, qualora si ritenesse utile per il convento. La proposta, sottoposta al parere dei frati, prevedeva la concessione al Mazza di quattro botteghe con tutto il loro materiale, legname ed altro, che le componevano. Il Mazza dal canto suo, si impegnava a rifare le mura a sue spese, irrobustendole, in modo che esse potessero sostenere la costruzione superiore. Doveva poi far mettere tutto il legname occorrente e munire ogni bottega di una nuova porta. Egli, inoltre, si impegnava a far sì che il nuovo edificio, che costruiva sopra le botteghe, non avesse alcuna entrata o finestra in alcuna bottega e, durante la costruzione delle botteghe, fino al loro completamento, doveva corrispondere all’ospedale il fitto mancato. Esaminata e discussa la questione, i padri conclusero all’unanimità che il mastro Salvatore Mazza dovesse fare a sue spese e secondo i suoi desideri “sopra le mura di dette tre botteghe altre fabriche per uso di abitazione, ingrossare le mura antiche davanti dal primo pedamento, e tirarli sin dove li piacerà tutti di calce, e non di creta, ingrossarli a dovere dalla parte di fuori e dalla parte di dentro ancora, unitamente colli moretti, che dividono le dette botteghe, con intonacarli e bianchirli di bianco e fare a sue spese il pavimento di legname e mattonate di sopra e sempre renderle ottime per non apportare menomo incomodo all’abbitatori ed affittuari di quelle”. Al Mazza veniva lasciato tutto il materiale vecchio delle tre botteghe.[xlix]

008 Crotone, centro storico.

Stima per la costruzione di una casa

Questo tipo di casa era formato da muri di calce, muri di creta, ceramidi, cantoni, forno, focolajo e legname. Queste voci assieme al valore del luogo ne determinavano il prezzo. Ad esempio: a) muri di calce canne 10 a carlini 30 la canna = duc. 30; b) muri di creta canne 5 a carlini 24 la canna = duc. 12; c) ceramidi = duc. 4; d) cantoni, forno e focolajo = duc. 4; e) luogo = duc. 5; f) legname = duc. 16; totale duc. 71.[l] Il prezzo di questo tipo di casa variava tra i 60 ed i 180 ducati. Riportiamo alcuni costi per la costruzione, o riparazione di un edificio.[li]

Mastro fabricatore: 40 grana a giornata

Mastro Falegname: 40 grana a giornata

Discepolo: 20 grana a giornata

Creta: 4 grana a viaggio

Arena: 3 grana a viaggio

Calce: 25 grana a tomolata

Ceramidi: 15 grana a centinaio

Tijlli: 3 grana per unità

chiodi grossi: 4 grana per unità

mattoni: 40 grana al centinaio.

Note


[i] ASN, Torri e Castelli, Vol. 35, ff. 18-20.

[ii] Didier C., Viaggio in Calabria, Rubbettino 2008, pp. 81-82.

[iii] Galanti G. M., Giornale di viaggio in Calabria, Rubbettino, 2008, p. 56.

[iv] Swinburne H., Viaggio in Calabria (1777-1778), Catanzaro 1977, p. 98.

[v] “Casa consistente in un alto e basso con scala di legname franca, libera e sciolta d’ogni peso e servitù con li precitati patti e condizioni che volendo detto Gio. Vittorio vendere in qualsiasi tempo, o li suoi eredi volessero vendere la detta casa, in tal caso vuole che sia preferito alla compra della med.ma del cennato qm Orsini, e suoi eredi, con pagare il prezzo di detta casa per quanto sarà allora apprezzata.” AVC, Acquisto di una casa da parte di D. Agostino Orsini, Cotrone 1758.

[vi] Micaele Caleiurio possiede “una casa palatiata consistente in uno membro grande superiore diviso con una stagliata di tavole in mezo, e di sotto un magazeno”. ASCZ, Notaio Palmieri G., Busta 113, anno 1614, ff. 68-71.

[vii] ASCZ, Not. Rigitano G. F., Busta 49, anno 1594, f. 27.

[viii] ASCZ, Not. Rigitano G. F., Busta 49, anno 1610, f. 104.

[ix] ASCZ, Not. Protentino G. A., Busta 117, anno 1622, ff. 30v-31.

[x] ASCZ, Not. Avarelli L., Busta 497, anno 1711, f. 1.

[xi] ASCZ, Not. Pelio Tirioli, Busta 659, anno 1714, f. 65.

[xii] La Nocita Iacobo possiede “una apoteca seu bucceriam tabularum fabricata cum tegulis supra sita et posita ante monasterium Sancti Francisci de assisa in par. S. Petri juxta aliam apoteca seu buccariam Angeli de Squillaci juxta muros praesenti Civitatis”. ASCZ, Not. Dionisio Speziale, Busta 108, anno 1612, f. 71.

[xiii] ASCZ, Not. Antonio Asturi, Busta 911, anno 1738, ff. 23-30.

[xiv] ASCZ, Not. Protentino Gio. Antonio, Busta 117, f. 33.

[xv] ASCZ, Not. Protentino Gio. Antonio, Busta 117, f. 75.

[xvi] ASCZ, Not. Protentino Gio. Antonio, Busta 118, ff. 28v-29.

[xvii] ASCZ, Not. Protentino Gio. Antonio. Busta 117, f. 103.

[xviii] ASCZ, Not. Protentino Gio. Antonio, Busta 118, f. 54.

[xix] ASCZ, Not. Protentino Felice Girolamo, Busta 229, anno 1663, f. 29.

[xx] ASCZ, Not. Tiriolo Pelio, Busta 253, anno 1671, f. 91.

[xxi] ASCZ, Not. Pelio Tiriolo, Busta 253, 1671, f. 91.

[xxii] AVC, Cart. 111.

[xxiii] ASCZ, Not. Pelio Tirioli, Busta 665, anno 1738, ff. 34-38.

[xxiv] ASCZ, Not. Antonio Asturi, Busta 913, anno 1751, ff. 156v-158.

[xxv] ASCZ, Not. Antonio Asturi, Busta 917, anno 1769, ff. 102-103.

[xxvi] ASCZ, Not. Antonio Asturi, Busta 917, anno 1769, f. 181.

[xxvii] ASCZ, Not. Antonio Asturi Busta 916, anno 1765, ff. 50-53.

[xxviii] Sculco N., Topografia della Crotona Antica.

[xxix] Dal manoscritto di Nicola Sculco, Topografia della Crotona Antica.

[xxx] ASCZ, Not. Protentino Gio. Antonio, Busta 117, ff. 51-52.

[xxxi] ASCZ, Not. Protentino Gio. Antonio, Busta 118, f. 54.

[xxxii] ASCZ, Not. Protentino Gio. Antonio, Busta 118, ff. 51v-52.

[xxxiii] ASCZ, Not. Dionisio Speziale, Busta 108, f. 30.

[xxxiv] ASCZ, Not. Dionisio Speziale, Busta 108, anno 1613, ff. 101-103.

[xxxv] ASCZ, Not. Rigitano G. F., Busta 49, ff. 52, 56.

[xxxvi] ASCZ, Not. Protentino Gio. Antonio, Busta 118, f. 18.

[xxxvii] ASCZ, Not. Protentino Gio. Antonio, Busta 118, f. 63.

[xxxviii] ASCZ, Not. Protentino Gio. Antonio, Busta 118, ff. 60-61.

[xxxix] ASCZ, Not. Protentino Felice Girolamo, Busta 229, f. 72.

[xl] ASCZ, Busta 253, anno 1668, f. 19v.

[xli] ASCZ, Not. Sacco N. F., Busta 333, anno 1673, ff. 14-16.

[xlii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini A. D. 1699 Confectae, f. 35.

[xliii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini A. D. 1699 Confectae, f. 133.

[xliv] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini A. D. 1699 Confectae, f. 148v.

[xlv] ASCZ, Not. Pelio Tirioli, Busta 253, anno 1670, f. 156.

[xlvi] ASCZ, Not. Avarelli L., Busta 497, anno 1706, f. 67v.

[xlvii] ASCZ, Not. Antonio Asturi, Busta 912, anno 1745, ff. 11-12.

[xlviii] ASCZ, Not. Gerardo De Meo Busta 1330, anno 1782, ff. 55-56.

[xlix] ASCZ, Not. Gerardo De Meo, Busta 1324, anno 1765, ff. 134-144.

[l] Stima di una casa fatta da tre mastri muratori (Nicola Scaramuzza, Gaetano Bilotta, Giuseppe Cirrelli). AVC, Cotrone 25 agosto 1782.

[li] Spesa sostenuta per la riparazione del seminario. AVC, Cotrone 22.10.1807; Cotrone 5.11.1807; Cotrone 10.11.1807.


Creato il 22 Luglio 2024. Ultima modifica: 22 Luglio 2024.

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