Alcuni aspetti della Terra di Scala al tempo del Viceregno
“Il colle murato …, cinto da rupi e grotte che offrì per secoli sicuro rifugio agli scampati dalle invasioni turche e saracene. Si entrava nel paese attraverso quattro porte che si aprivano all’alba e si chiudevano al tramonto. Portavavuza, Portafischia, Portapiano e Portello o Portello della Timparella” (Padula Vincenzo).
La Terra di Scala e le fortificazioni di Crotone
La costruzione delle nuove fortificazioni di Crotone, specie nei primi anni, fu occasione di lavoro e di salario per numerosi Scalesi, che prestarono la loro opera come manipoli. Dalla fine del 1541 per tutto il 1543, numerosi di loro lavorarono alla fabbrica delle mura e castello di Crotone. I più assidui furono Cesaro Caligiuri, Sancto Verticello, Antoni Romutato, Nardo Mendicino, Cicco Cantermo, Francesco Cosentino, Joanne Greco, Paulo Greco, Frabbitio Greco, Cola di Napoli, Taliano Ficulo, Petro Puglisi, Cola Puglisi, Carlo Rizuto, Pompeo Zamponi e Joanne Campolongo.[i]
Il rapporto della “Terra di Schala” con la fortificazione della città di Crotone continuerà anche negli anni successivi. Nel “Partimento dela portatura de canne doi milia et docento de Petra che bisognano per compimento dela fabrica del belguardo del castello et della cortina dela Città de Cutrone, fatto il 21 giugno 1578”, troviamo che tra le “Terre propinque a Cutrone taxate ad ragione de canne dieci per ogni cento fuochi” vi è la Terra di Scala, che contando 215 fuochi deve contribuire con canne 21 di pietra.[ii]
Abitanti della Terra di Scala nella seconda metà del Cinquecento
Negli atti del notaio Baldo Consulo di Cirò troviamo alcuni abitanti della Terra di Scala, che avevano relazioni economiche con la terra di Cirò: Donna Ysabella Scarnata,[iii] Joannes de Falcone,[iv] Orzino Grimaldi,[v] Joannes Dom.co Rumei,[vi] Felicis Ant.o Petra Paula,[vii] Jacobo de Felice,[viii] il notaio Jo: Ber(nardi)no de Ber(nar)do,[ix] Donato Gratiano,[x] Fabio Barbuscia e Gaudiano de Avella.
Fuochi
La popolazone di Scala aumentò progressivamente per tutto il Cinquecento fino alla metà del Seicento, per poi declinare. Nel 1521 è tassata per 145 fuochi, nel 1532 per 175 fuochi, nel 1545 per 212, nel 1561 per 215, nel 1595 per 258, nel 1648 per 293, nel 1669 per 112, nel 1732 per 180.[xi]
Feudatari
Giovanbattista Spinelli, barone di Fuscaldo, conte di Cariati (1505-1522), figlio di Troiano, signore di Summonte, sposò Livia Caracciolo, nel 1505 ebbe dal re Ferdinando il Cattolico il contado di Cariati. Ferrante Spinelli, duca di Castrovillari, conte di Cariati (1523-1547), figlio di Giovanbattista, sposò in prime nozze Diana, figlia di Belisario Acquaviva d’Aragona. Giovanbattista Spinelli, duca di Castrovillari, conte di Cariati (1548-1551), figlio di Ferrante, sposò Isabella di Toledo, figlia del vicerè Pietro di Toledo e di Maria Osorio Pimentel, marchesa di Villafranca. Francesca Spinelli, duchessa di Castrovillari, contessa di Cariati (1553-1564), figlia di Giovanbattista, sposò Scipione Spinelli, figlio di Carlo, duca di Seminara. Carlo Spinelli, duca di Seminara, principe di Cariati (1565-1568), sposò Ippolita di Giovan Francesco di Capua, conte di Palena. Scipione Spinelli, principe di Cariati (1570-1603), sposò Francesca Spinelli. Carlo Spinelli, figlio ed erede di Scipione, principe di Cariati (1604-1614), sposò Giovanna di Capua. Scipione Spinelli, figlio ed erede di Carlo, principe di Cariati (1615-1659), sposò Carlotta di Paolo Savelli, vedova di Pietro Aldobrandini. Carlo Filippo Antonio Spinelli Savelli, figlio ed erede di Scipione, principe di Cariati (1662) vendette Scala a Maurizio Coscinelli per ducati 27.000 con regio assenso del 30 giugno 1678. Maurizio Coscinelli morì il 22 gennaio 1694 nella città di Cosenza dove abitava e dove fu seppellito “nella chiesa matrice di detta Città di Cosenza”, seguì nel 1694 Giuseppe Coscinelli e poi nel 1698 Donica Coscinelli. Donica Castriotto Coscinelli, signora della Scala, sposò Luigi Vitilio, marchese di Auletta, la figlia Emanuela Erberta Vitilio dei marchesi dell’Auletta sposò Niccolò Parisani – Buonanni, marchese di Caggiano.[xii]
La chiesa arcipretale di Santa Maria
Già all’inizio del Trecento è documentata nella “Terra Scalae”, diocesi di Rossano, la presenza di un folto gruppo di religiosi. Nelle cedole per la Santa Sede del 1325 compaiono i “dompni” Falconus de Campana, Falconus, Ioah.es Funarius, Nicolaus Schettinus, Petrus Fusillus, Ioh.es de Marco e Adam S.ti Maurelli.
La successiva cedola del 1326 annota che nella Terra di Scala vi sono nove “clerici”.[xiii] Allora era signore della terra di Scala Giordano Ruffo.[xiv]
Nel 1437 su preghiera di Covella Ruffo, contessa di Montalto, la chiesa di S. Pietro di Cariati fu eretta in cattedrale ed unita a quella di Cerenzia dal papa Eugenio IV.[xv] Con la creazione della nuova cattedrale oltre alla città di Cariati anche le due terre di Scala e di Terra Vecchia ed il casale di Santo Maurello, che erano parte della diocesi di Rossano, passarono a far parte della nuova diocesi di Cariati.
Un regesto inviato il 23 marzo 1443 dal papa Eugenio IV al vescovo di Cariati (Bernardo Faiardo) concedeva l’ufficio di tabellionato a favore del presbitero Gaspare Calochuri de Scala.[xvi] Anche la chiesa dedicata alla Beata Maria della Terra di Scala con il suo titolo di arcipretale, assieme alla parrocchiale di San Basilio, ci compare alla metà del Quattrocento in diocesi di Cariati.[xvii]
Il vescovo di Cerenzia e Cariati Filippo Gesualdo (1602-1619) all’inizio del Seicento, descrivendo i luoghi religiosi di Scala, così si esprime: “La Terra della Scala, ha una sol chiesa curata col suo arciprete il quale con altri quattro, o cinque Sacerdoti, attende comunemente alla cura dell’anime, e non hanno altre entrade che le decime, et incerti de morti, quali godeno comunemente come comunemente attendono al servitio della chiesa. Vi sono altri Preti e clerici quali servono ancora la detta chiesa. Vi sono le compagnie del Santissimo Sacramento e della Madonna Santissima del Carmine, e due luochi de Religiosi in fabrica. L’uno delli padri di S. Francesco conventuale, et l’altro delli Padri Carmelitani, quali sono di esemplarità e frutto”.[xviii]
Il successore Maurizio Ricci (1619-1626) si sofferma sulla precaria situazione economica e religiosa: “La terra della Scala, che farà 1670 anime la cui cura s’esercita solo nella Matrice dalli Preti in comune, et saranno in tutto 15 preti in circa. L’entrade loro consiste in decime come s’è detto di sopra; et col servir tutto l’anno alle messe cantate li giorni festivi, vespri, processioni, et alla cura non potrà, havere un prete ducati quindeci l’anno. E’ per l’istessa tenuita non si fanno più Preti, et quel che e peggio la maggior parte sono ignoranti, et se per il passato se ne sono fatti, e perche almeno non erano maltrattati dalli detti commissarii del Nunzio come sono stati da quindici anni in qua. Remediare con l’unione di benefici non si puo fare perche in tutta la diocese non vi sono beneficii. Il remedio sarebbe l’accrescere la decima ut supra. In detta terra vi sono due monasteri di frati uno del Carmine la cui chiesa è buona, ma senza forma di convento. Vi stanno due Sacerdoti, et dei diaconi, l’altro di S. Francesco quale sta peggio assai, et con un sacerdote solo, et l’uno et l’altro sta fuori della terra il primo havera da 130 ducati d’entrada, et il 2.o n’havera da 40”.[xix]
Sappiamo che all’inizio del Seicento, nella chiesa arcipretale della Terra di Scala vi era un altare dedicato a San Francesco di Paola. Il semplice beneficio che vi era infisso e la rendita della chiesa o cappella dedicata a Santa Maria di Costantinopoli nell’agosto del 1609 furono concessi a Io. Victorio Caligiuri.[xx]
Gli stessi con le loro rendite alla morte del Caligiuri passeranno nel gennaio 1616 a Carlo Vecchierello.[xxi] Sempre in questi anni continua la sua presenza la confraternita del SS. Sacramento.[xxii] Scossa dal terremoto del giugno 1638, che distrusse sessantanove case ed altrettante rese inabitabili e causò ventiquattro morti, a metà del Seicento era arciprete di Scala Iosepho Vizza e alla sua morte avvenuta nel luglio 1655 seguì dal dicembre di quell’anno Petro Caligiuri.[xxiii]
La crisi economica aumenta le rivalità tra le famiglie, che sfociano spesso in ferimenti ed omicidi, alle quali partecipano attivamente anche il clero locale. Il 27 luglio 1658, dopo la celebrazione della messa domenicale, scoppia una rissa nella piazza pubblica ed il presbitero Michele Angelo Verticelli nell’intento di difendere il fratello commette un omicidio.[xxiv]
In questi anni permaneva ancora la vecchia consuetudine che prevedeva che la cura delle anime era dell’arciprete ma l’onere di amministrare i sacramenti spettava a tutti i sacerdoti della chiesa matrice, poiché tutti in uguale misura ricevevano le decime dei parrocchiani per immemorabile consuetudine.[xxv]
Nei primi decenni del Settecento la cura delle anime spetta come per il passato all’arciprete che però è aiutato da un coadiutore, volgarmente detto parroco. In questi anni il vescovo di Cariati, il cutrese Marcantonio Raimondi (23.12.1726 – 22.9.1732), eleva l’importanza della chiesa, facendola divenire simile ad una chiesa collegiata, introducendovi i titoli canonicali.[xxvi]
Allora la terra di Scala era sotto il dominio temporale del marchese di Auletta della famiglia Vitilio e contava 1200 abitanti. La cura delle anime era esercitata dall’arciprete e da un coadiutore curato, e i sacramentali erano conservati solo nella chiesa parrocchiale sotto il titolo dell’Assunzione della Beatissima Maria. Vi sono 20 sacerdoti, un diacono, un suddiacono e 13 chierici. Nella chiesa sono erette due confraternite, una sotto il titolo del SS.mo Sacramento e l’altra del SS.mo Rosario. Inoltre nella chiesa della Pietà vi è anche la confraternita della Passione Domini.[xxvii]
Tra i vari arcipreti, che ressero la chiesa nel Settecento, ricordiamo Tomaso Marcello, morto nel novembre 1752, al quale seguì nel gennaio seguente Francesco Ranieri e poi per privazione del Ranieri seguì nel 1756 Antonio Gervino.[xxviii]
Chiesa di Santo Basilio
La chiesa rurale di Santo Basilio della terra di Scala in diocesi di Rossano è già presente all’inizio del Quattrocento. Il papa Bonifacio IX, essendo la chiesa vacante assieme a quella dei SS. Quaranta del casale di Cortale, il 3 maggio 1402, incaricava di provvedervi all’arcivescovo di Santa Severina ed ai vescovi di Firenze e di Umbriatico.[xxix]
Segue un regesto del papa Eugenio IV diretto ad Andrea, abate florense di Sant’Angelo Militino, col quale gli concede la chiesa di Santo Basilio della terra di Scala in diocesi di Cariati, ed una foresta con terre e mulino in territorio di “Curipolati”, che in precedenza erano state date a Ciccho e rimaste vacanti dal 20 marzo 1443 per la promozione di quest’ultimo a vescovo di Umbriatico.[xxx]
Alla metà del Quattrocento la chiesa è citata come parrocchiale. Il papa Callisto III il 24 aprile 1456 confermava la chiesa a Bernardo de Lignamine, il quale l’aveva avuta concessa dal vescovo di Cariati.[xxxi]
La chiesa è segnalata per tutta la metà del Cinquecento. Concessa assieme ad altre rendite dal papa Giulio II ad Aloysio de Gibraleon. Nel marzo 1513 il papa Leone X la concedeva assieme ad altre rendite a Nicola Iuranna.[xxxii] Poi passò al suo cubiculario Thomas de Rubeis.[xxxiii] Infine pervenne a Petruccio Iuranna e quindi a Federico Iuranna.[xxxiv]
La chiesa di Santa Maria della Pietà
La chiesa di Santa Maria della Pietà era sede della confraternita omonima. Essa è citata per la prima volta in un Breve di Alessandro VII del 3 febbraio 1656. All’inizio del Settecento vi era la confraternita della Passione del Signore.[xxxv]
Il vescovo di Cariati Carlo Ronchi
Il napoletano Carlo Ronchi, fu consacrato vescovo di Cariati nel dicembre del 1732, ma fu più volte richiamato dalla Santa Sede, perché spesso e volentieri si intratteneva a Napoli per molto tempo, adducendo il fatto di essere malato.
Dalle sue Relazioni ad Limina sappiamo che nel 1738 era a Roma, nel 1741 a Cariati, poi nel 1745 e nel 1750 a Napoli. Nel 1750, richiamato più volte dal Nunzio di Napoli, alla fine di quell’anno fu costretto a lasciare Napoli per la sua sede di Cariati. Dal 1751 al 1759 risulta presente a Cariati, poi andò ad abitare a Scala.
Egli, infatti, ritenendo Cariati pericolosa e anche nociva per la sua salute, trascorse l’ultimo periodo della sua vita a Scala. L’ultima sua relazione è infatti datata Scala sette marzo 1762.[xxxvi] A Scala morì il 9 gennaio 1764.[xxxvii]
Già nella sua relazione in data 9 gennaio 1759 il vescovo faceva presente, accogliendo le molte istanze e richieste di aiuto, di essere riuscito a riportare la pace tra gli abitanti di Scala, ponendo fine alle molteplici liti e agli aspri conflitti di interessi che da molti anni opponevano i cittadini ai vecchi amministratori dell’università e al marchese.[xxxviii] Ma la pace durò poco, che un’altra lite oppose il dottore Iosepho Tursi della terra di Scala, al marchese per il rendiconto di sei anni della amministrazione del feudo. Dopo aver perso molto tempo e pazienza, il vescovo finalmente riuscii a comporre la lite.[xxxix]
I conventi dei Carmelitani e dei Francescani
Il convento dei minori conventuali fu soppresso nel 1653 per Bolla di Innocenzo X. Quello dei carmelitani fu fondato nel 1579 sotto il titolo della SS. Trinità. Abitato da pochi frati fu continuamente osteggiato dai vescovi di Cariati, che cercarono continuamente di sopprimerlo per incamerarne le entrate.[xl]
La Giudecca
La Giudecca era situata dentro le mura vicino ad una porta secondaria della città detta “Portello” o “Portello della Timparella”. Ancora oggi rimane il toponimo ad indicare questa area. Un atto notarile della seconda metà del Cinquecento del notaio Baldo Console di Cirò relativo all’atto di vendita di una casa palaziata di Scala ci fornisce il nome di alcuni abitanti della Giudecca. Il 14 marzo 1574 nella terra di Psycrò davanti al notaio Baldo Console si costituiscono il magnifico Fabio Barbuscia della terra delle Scale da una parte e Gaudiano de Avella della stessa terra delle Scale dall’altra. Il Barbuscia afferma di possedere una casa palaziata dentro la terra delle Scale “in loco dicto la Judeca” confinante con la casa del De Avella e vie pubbliche da entrambi i lati. La cede al Barbuscia per ducati 48.[xli]
Notizie tratte dal “Libro dove s’annotano l’entrade di q(ue)sta Bar(onal) Corte di Scala feudali, e burgensatici” dal 1692 al 1695 dell’erario Benedetto Nocera.[xlii]
Il 15 aprile 1695 Horatio Tauro, protonotario e avvocato fiscale nella Provincia di Calabria Citra, era incaricato dal Supremo Tribunale della Regia Camera, di recarsi nella Terra di Scala e per servizio del Regio Fisco, prendere informazione della liquidazione del Relevio della Terra della Scala per morte del Dottore Maurizio Coscinelli, barone di quella Terra.
Entrate feudali
L’erbaggio della Difesa di Piscitriale, difesa di Peditorto, difesa di Sciagurata, difesa di San Martino, Mastrodattia delle prime cause civili e criminali, Bagliva e Palaggi, Doana e pagliare civili, Molino del Pantano. Censi ordinarii, musto sopra le vigne del qm Giacomo Griscionari, fida degli animali forastieri, Palazzo del castello, molino del Ruvello.
Le tre difese di Peditorto, Sciagurato e Santo Martino (beni feudali)
Sulle difese del barone si alternava il pascolo alla semina. L’erario baronale concedeva per due anni su ogni difesa il pascolo ai custodi di armenti dei casali silani e successivamente spettava all’univesità di Scala di affittarla per due anni a semina agli abitanti del luogo. Custodi di armenti e massari, pascolo e semina, si avvicendavano sulla stessa difesa.
“I terreni di Pedicorto, Sciagurato e S. Martino che tiene l’università di detta Terra detta Baronal Corte li tiene et have il ius di vendirsene per dui anni continui uno così susseguentemente dui l’altro et dui l’altro”. Nel mentre una difesa era al primo anno di affitto a pascolo, un’altra era al secondo, mentre la terza era al primo a semina. La Corte baronale possedeva l’erbaggio delle Difese di Peditorto, di Sciagurato e di Santo Martino con l’alternativa con questa Università, “cioè il Barone s’usufrutta la Difesa di Perditorto per due anni continui e poi sobentra questa Università al frutto della medesima et il Barone passa al Pascolo della Difesa di Sciagurato parimente per due annate e poi sobentra la detta Università et il Barone passa al pascolo di Santo Martino per le due annate spettanti alla Baronal Corte e così successivamente … cioè due anni per ogni Difesa si pascola dalla Baronal Corte e due anni immediate dall’Università. Le due annate che spettarno a questa Baronal Corte furono nell’anno 1693 et 1694, e che poi da settembre di detto anno 1694 passò al pascolo di S. Martino.”
Difesa Peditorto (bene feudale)
L’otto settembre 1692 Angelo Caligiuri di Scala si obbliga con l’erario Benedetto Nocera di prendere in fitto per ducati 25 l’erbaggio di Peditorto per un anno e di pagare nella fiera della Ronza prossima futura 1693. Nel settembre dell’anno dopo la difesa è presa in fitto sempre per un anno, dal settembre 1693 per tutto agosto 1694, per lo stesso prezzo da Felice di Perri del casale di Firmo. Il Perri non pagherà in quanto i ducati gli furono “bonificati con li polledri della Corte che vi pascolarno”.
La difesa di San Martino (bene feudale)
Nel 1694/1695 la difesa di San Martino, dopo essere stata venduta a semina per i due anni precedenti dall’università, è venduta in erbaggio dall’erario baronale a Felice di Perri per ducati 50, pagati in fiera della Ronza.
La difesa di Piscitriale (bene feudale)
“Nella Difesa di Piscitriale che si possiede dalla Corte Baronale l’Università ogni tre anni si fa massaria da tutti li massari di questa Terra dividendosi le terre fra di loro secondo la possibilità di ciascuno cittadino che hanno bovi. Si contribuisce alla baronal Corte di questa Terra la somma di Tumula trecento cinquanta di grano che valutato a carlini sette il tumulo fanno ducati 245”.
Quando invece la difesa era affittata a pascolo vi potevano pascolare duecento bovini. Nel settembre 1692 i custodi di armenti Anselmo Curcio e Nicola Ferro si obbligano con l’erario Benedetto Nocera di pagare ducati 250 per l’erbaggio di Piscitriale “per tutto questo anno fino a tutto giugno 1693”. Essi promettono pagare i duc. 250 nella fiera prima della Ronza. Nell’annata seguente (1693/1694) essi pagano la metà (ducati 125) in quanto “in quest’anno s’è dato a massari con l’arato”.
Il 27 settembre 1695 Nicola Ferro del Casale di Casole, massaro di vacche di anni 45 circa e Francesco Maria Curcio del casale di Scalzati massaro di vacche di anni 48, dichiaravano all’agente del fisco di avere affittato dalla Corte Baronale la difesa di Piscitriale da quattro anni a questa parte in erbaggio per ducati 250 l’anno “ma quando c’è stato l’arato ne ho pagato solo ducati 125 atteso non posso pascolare in detta difesa più di quattro mesi e poi sono ferrato di andare fuora detto territorio in altre difese, mentre nella suddetta Piscitriale si fa massaria e si semina e nel seguente anno poi si raccoglie il grano et la baronal corte ne percipe poi il frutto. La difesa era stata affittata per due anni dal mese di settembre 1691 a tutto agosto 1693 per ducati 250 e poi da settembre 1693 in avanti l’ebbe in affitto per duc. 125 atteso in detta difesa vi era l’arato e vi si fè massaria e vi pascolai pochi mesi con il mio compagno”
Fida (bene feudale)
La fida era una tassa che pagavano alla Camera baronale i custodi degli armenti dei casali silani per il pascolo di animali forestieri nel territorio della terra di Scala. Il pagamento della fida avveniva “in fiera di Ronza”. I custodi degli armenti provenivano quasi sempre dai casali di Cosenza (Casole, Macchia, Celico, Trenta, Scalzati, Firmo, ecc.). Essi oltre ai loro prendevano in custodia anche altri armenti di benestanti. Nell’annata 1693/1694 Giuseppe Macchia del Casale della Macchia si obbliga a pagare in fiera della Ronza ducati due per la fida delle sue vacche, che tiene in custodia in questo territorio di Scala “alli Comuni”. Per lo stesso motivo anche Ferrante Falcone di Celico il 25 aprile 1694 si obbliga e paga per le sue vacche in fiera della Ronza un ducato ed un tari. Segue Bartolo Caruso delli Trenta che il 7 maggio 1694 si obbliga per il pascolo delle “giomente che tiene in custodia del S.r Flaminio Valente”. Egli paga in fiera della Ronza un ducato, un tari e 15 grana. Anche Matteo Salatino delli Scalzati per la fida di dieci porci paga in fiera di Ronza due tari.
Mastrodattia delle prime cause civili e criminali (bene feudale)
Era data in fitto per la durata annuale per il prezzo di ducati 20, da pagarsi in tre rate, ad iniziare dal 7 settembre. Prendevano in fitto la mastrodattia benestanti del luogo che si associavano tra loro. Nell’annata 1692/1693 fu affittata a Carlo Vivacqua e compagni “per li X di prime cause”. I pagamenti ad iniziare dal 7 settembre 1692 furono effettuati da Carlo Vivacqua, Gostino Gualcuto, Diego Vizza. Nell’annata seguente 1693/1694 la mastrodattia fu affittata a Giovan d’Aggiano e compagni ed i tre pagamenti ad iniziare dal 7 settembre 1693 furono effettuati da Carlo Cariati, Gio. Porsio Celsi e Gio. Aggiano. Infine nel 1694/1695 fu affittata a Domenico Abbruzzise Horatio Gratiano e compagni.
Bagliva e Pelaggi (bene feudale)
Dalla “bagliva e pelaggi” l’erario del barone esigeva ogni anno ducati 40, in tre rate a iniziare dal 7 settembre. Il bene era preso in fitto da benestanti del luogo in società. Nel 1692/1693 era affittata ad Antonio Gratiano e compagni. Nel 1693/1694 ad Antonio Cariati e compagni. Nel 1694/1695 ad Francesco Lappano, Domenico Basile e compagni.
Doana e Pigliate civili (bene feudale)
La Camera baronale incamerava ogni anno dal fitto della dogana ducati 24. Il bene feudale era preso in fitto da benestanti del luogo che si associavano tra loro. Nel 1692/1693 troviamo Gio. Battista Tadeo, Oratio Caligiuri, Michel’Angelo di Ricci, Francesco Calabrese, Colella Tringoni e Antonio Cosenza. Nel 1693/1694 Francesco Vivacqua, Michele di Trani, Gioseppe Lappano e Salvatore Vizza. Nel 1694/1695 Donato Jacovino, Antonio Scorpanisi e compagni.
Censi Ordinari (bene feudale)
Il barone esigeva numerosi censi dagli abitanti del luogo. Si trattava di solito di concessioni di piccoli terreni a vigna ad abitanti del luogo, “come per platea”, sui quali il censuario pagava un annuo onere prestabilito. Dai censi ordinari la camera baronale ricavava ogni anno 33 ducati. Sono citati Gio. Bacciliero, Gio. Mataluni, Gio. Vittorio Brancato, Salvatore di Tarsia, Gio. Trocca.to, Benedetto di Carlo.
Musto sopra le vigne del qm Giacomo Griscionari (bene feudale)
La Camera baronale esigeva da coloro che prendevano in fitto le vigne che erano state di Jacovo Griscionari salme quattro per una rendita di due ducati e due tari. L’entrata rimase inalterata per tutte le annate dal 1692 al 1695.
Vendita di animali
La compra e la vendita del bestiame avveniva soprattutto nelle fiere. I Scalesi sono presenti oltre che nella fiera della Ronza, in quelle di Sant’Antonio, di San Marco, e di San Giovanni dell’Agli.
1693/1694: “D.r Antonio Verticillo per porci n.° 80 venduti in fiera di Sant’Antonio d’ottobre 1693 – doc. 8; Rev. D. Jacovo Funaro per genchi n° 4 in fiera di S. Marco 94 e tre del Rev. D. Marco d’Aggiamo ch’à carlini quattro l’uno doc. 2 – 4.
1694/1695: “D.r Antonio Verticillo per nove giovenchi venduti nelli casali di Cosenza a marzo 1695 car.ni 3 – 3; Fran.co Lappano bovi n.° tre in fiera S. Marco car.ni 1 – 1; D.r Antonio Verticillo in fiera di S. Giov, dell’agli gencaroni n.ro diece doc. 4; D. Pape Funaro in fiera di Ronza 95 vacche figliate n.2 e un bove Doc. 1 – 3; D. Francesco D’Acri vacche figliate n.ro 2 e gencaroni n. 5 doc. 3 -1.
Il Castello (bene feudale)
Al tempo in cui erano feudatari di Scala gli Spinelli, il castello era dato in affitto. Andato in decadenza fu restaurato dal nuovo feudatario il cosentino Maurizio Coscinelli, che lo usò per una sua residenza. Prima di passare in potere del Coscinelli dal relevio presentato dal principe di Cariati Antonio Spinelli nel 1662 il palazzo del castello era affittato e dava una rendita annua di ducati 31. Così è descritto nel relevio del 23 ottobre 1662 presentato da Antonio Spinelli dopo la morte di Scipione Spinelli avvenuta il 22 dicembre 1659: “Li Palazzi del castello” davano una rendita annua di ducati 12, il “magazeno” del castello ducati 10 e le “Camere” ducati 9, per un totale di annui ducati 31.
Quindi alla fine del Seicento “Il Palazzo del castello con le camere di sotto, et magazeno novamente redificate dal Barone non si affitta servendoli per propria habitatione e comodo di esse”. Situazione ribadita dalla testimonianza dell’eletto Antonio Caligiuri, il quale interrogato sulla rendita che ogni anno la corte baronale percepiva dall’affitto del palazzo del castello, formato dalle camere e dai magazzini, rispondeva che “in tempo che questa terra si possedeva dall’Ill.re Principe di Cariati si solevano affittare il palazzo, camere e magazeno del Castello perché non vi habitava il Padrone ma dopo che passò questa terra in dominio del presente barone vi spese il medesimo grosse summe per redificare et accomodare il tutto e sempre è stata habitatione del Barone …”.[xliii]
I Mulini (bene feudale)
Tra i beni feudali redditizi alla Corte Baronale della Terra della Scala vi erano due mulini; quello del Russello e quello del Pantano. Il primo alla metà del Seicento non dava alcuna rendita perché era stato rovinato dalle piene del fiume. Il feudatario tuttavia aveva intenzione di ricostruirlo. Infatti nel Relevio del 1662 è descritto: “Il molino Russello che si dice portato via dal fiume, e che si sta redificando”.[xliv]
Evidentemente la ricostruzione non ebbe luogo in quanto al tempo dei baroni Coscinelli si legge che “Il Molino del Russello non si possiede dal Barone perché si perse via dal fiume assai prima del possesso di d(ett)a Terra”. Convalida l’abbandono la testimonianza del 29 settembre 1695 di Giovanni Ferraro rilasciata al protonotario Horatio Tauro: “Questo molino chiamato del Russello fu portato via dal fiume molto tempo prima che pigliò possesso di questa Terra il presente Barone ne piu mai si è redificato per causa del sudetto fiume che linverno porta piena grande a segno che anco dona fastidio al mio molino e fa dannaggio come seguì nell’anno del mio affitto che il barone fu costretto non solo conciare l’acquaro ma anche farvi una pietra nova e vi spese da circa docati sei”.
Rimaneva alla fine del Seicento il mulino del Pantano detto anche del Lauro. Più volte danneggiato dalle piene del fiume, il mulino come dal relevio nel 1659 era affittato per 35 tomoli di grano che a carlini sette il tomolo dava una rendita di ducati 24 tari 2 e grana 10,[xlv] alla fine del Seicento il suo affitto era calato a tomoli 28 di grano e dava una rendita di ducati 19 e tari 3.
L’affitto del mulino durava un anno, dal primo di settembre alla fine di agosto dell’anno successivo. Gli affittuari erano abitanti del luogo che in società prendevano in fitto per un anno il mulino, obbligandosi con l’erario del barone. Il 10 settembre 1692 in Scala Gioanne Ferraro e Pietro Vulcano si obbligano a pagare alla Corte Baronale e per essa all’erario Benedetto Nocera tomola 28 di grano per l’affitto del molino di Pantano dal primo settembre 1692 alla fine di agosto 1693 e di consegnarli in dies e per tutto agosto 1693 e che la Corte sia obbligata farli pietra e tutti gli acconci. L’anno dopo il mulino è affittato il 5 settembre 1693 in Scala da Gioanne Ferraro e Michelangelo Funaro di Scala con tutte le “pietre ferri e quanto sarà necessario”. Nell’inverno di quell’anno ci fu una piena grande “a segno che anco dono fastidio al mio molino e fe dannaggio … che il barone fu costretto non solo conciare l’acquaro ma anche farvi una pietra nova e vi spese da circa docati sei”.
L’anno seguente il 5 settembre 1694 il mulino è preso in fitto alle stesse condizioni dagli Scalesi Leonardo Pizzuto e Pietro Vulcano e poi nel 1694 “fu affittato a Gio. Ferraro e compagni di questa Terra per tumola ventiotto di grano che valutato alla solita voce di carlini sette fanno la somma di docati diecinove e t.ri tre”. Così chiamato a testimoniare si esprimerà il “bracciale” Giovanni Ferraro della terra della Scala di circa anni 40, che aveva in fitto per un anno continuo dal settembre 1694 per tutto agosto 1695 il molino di Pantano per il prezzo di tt.a 28 di grano: “la voce del grano che si puone fra cittadini di questa Terra sempre corre alla ragione di carlini sette il tumolo et all’istessa ragione si pose in detto anno 1694 per esserno grani mischi et il grano del molino anche si valuta alla med.ma ragione benche l’affitt.re del molino sempre vi perde mentre il grano del molino che si riceve viene di cento mischiglie e non si valuta alla med.ma ragione”.
Entrate burgensatiche
Il terreno di Scandalo, Laurenza, Difese universali vendute, Olive del Pantano, Pantano, Conferma del sindaco, Ius della patente, vigne del Pantano.
Il terreno di Scandalo (bene burgensatico)
Il terreno di Scandalo nell’annata 1692/1693 fu concesso ai massari di Scala perché potessero seminarlo. Per la semina del terreno essi si obligarono a consegnare al raccolto tomola 336 di grano, che a carlini 7 il tomolo danno un’entrata alla Camera baronale di ducati 235 e tari uno. Nelle annate seguenti 1693/1694 e 1694/1695 Scandalo fu dato in affitto ad erbaggio a Nicola Ferro e Anselmo Curcio per ducati 135 annui, che pagarono “in fiera di Ronza”.
Laurenza (bene burgensatico)
Il territorio di “Laurenza” era concesso ai massari scalesi, che lo coltivavano a semina con un contratto di terraggio. Il pagamento era stabilito in maniera fissa in tomoli 12 di grano per un prezzo ducati 8 e tari 2. Presente nell’annata 1692/1693, nel 1693/1694 e nel 1694/1695 non c’è più.
Difese universali vendute (bene burgensatico)
Le entrate della Camera baronale provenienti dalle difese universali, vendute e pagate dal sindaco di Scala all’erario “in fiera della Ronza”, quasi si dimezzarono. Nel 1692/1693 il sindaco di Scala Paulo de Madara “per li terzi et assensi delle difese Universali vendute” versò ducati 108 tari 2 e grana 7 2/4. Nel 1693/1694 il sindaco Domenico Susanna pagò ducati 84 tari 3 e grana 5 2/3. Nel 1694/1695 il sindaco Domenico Susanna versò ducati 69 e grana 3 1/3.
Olive del Pantano e di Archilia (bene burgensatico)
Nell’annata 1692/1693 l’annata fu scarsissima e gli ulivi “non hanno portato frutto. L’annata seguente (1693/1694) gli ulivi nelle località “Pantano” e “Archilia” furono affittati insieme a Michelangelo Funaro e compagni per 180 “militra” di olio, che al prezzo di grana 25 il “militro” (mezza “litra”) resero alla camera baronale ducati 45. Nel 1694/1695 le “olive del Pantano” e quelle di “Archilia” furono date in affitto separatamente ed ad un prezzo più basso, invece che a grana 25 a grana 20, e diedero una rendita quasi della metà dell’annata precedente (invece che ducati 45, ducati 27 e tari 1). Le prime ad Antonio Gratiano per cento “militra” di olio che a grana 20 il “militro” resero duc. 20, le seconde a Giuseppe Ferraro per trentasei “militra” di olio, che a carlini due il militro diedero ducati 7 e tari 1.
Pantano (bene burgensatico)
Nel 1692/1693 è affittato a Felice di Perri per ducati 20 in fiera di Ronza. Nel 1693/94 Pantano con l’arato è affittato a Felice Perri e compagni per duc. 15. Nel 1694/1695 le terre del Pantano in terraggio e pervenutone tt.a 8 di grano a carlini sette il tt.o Duc. 5.3.
Vigne del Pantano (bene burgensatico)
Nel 1692/1693 sono affittate a Domenico Basile, Domenico Abruzzese, Angelo Caligiuri, Antonio Bennardo, Filippo Gratiano, Francesco Lappamo, Antonio Nascà e Marco Antonio Muscimari per 28 ducati e 2 tari. Nel 1693/1694 sono affittate a Angelo Caligiuri, Domenico Rizzuto, Filippo Graziano, Rev, Don Paulo d’Apprezzo, Francesco Lappano, Antonio Lappano, Antonio Bennardo, Domenico Matalone e Ansino Trovato per ducati 28 e tari 2. Nel 1694/1695 sono affittate a Angelo Caligiuri, Carlo Vivacqua, Filippo Gratiano, Francesco Lappano, Paulo Dottore, Domenico Matalone, Francesco Calabrese, Carlo di Carlo duc. 28 e tari 2.
Conferma del sindaco (bene burgensatico)
Ogni anno si eleggeva il sindaco ed un eletto. Il sindaco spettava ai nobili. Una volta eletto il sindaco doveva essere confermato dal feudatario, il quale nell’occasione esigeva cinque carlini. Furono sindaci Paulo de Madara, Domenico Susanna (1692/1693 e 1693/1694), Dieco Vizza (1694/1695) e Petro Vizza (1695/1696).
Ius della patente (bene burgensatico)
Lo ius della patente come mastro giurato era concessa a benestanti del luogo. Per poterla esercitare essi pagavano due ducati annui alla camera baronale. Nel periodo considerato esercitarono la carica Antonio Caligiuri di Carlo (1692-1694) e Pietro Gioanne Raniero (1694-1695).
Note
[i] ASN, Dip. Som. Fasc. 196, f.li 4-6.
[ii] ASN, Torri e castelli vol. 15, f. 19v.
[iii] 01.10.1583. Jo: Alfonso Scarnato della città di Strongoli, retrocede la domus palaziata posta nella terra di Cirò, “sine stabulo cum moeneano fabricato in convic.o portae maviliae”, confine il catogio dell’erede di Petro Malvato, la domus di Joannes Susanna, la via pubblica ed altri fini che Donna Ysabella Scarnata della terra di Scala e Michael Nino della terra di Calopezzati, suocera e genero, gli avevano venduto il 30.12.1582. ASCZ, Not. Consulo B., b. 9, ff. 070-070v.
[iv] 09.08.1579. negli anni passati, Joannes de Falcone della terra di Scala, aveva acquistato dal quondam Blasio de Marco, la domus terranea “cum antro intus ea” sita nella terra di Cirò, in loco “la placa sub castro”, confine la domus di Joannes Coluto, la vinella pubblica di sopra, la via convicinale inferiormente ed altri fini. ASCZ, Not. Consulo B., b. 8, ff. 347v-348.
[v] 19.04.1573. Jo: Maria de Falcono cede ogni diritto a Orzino Grimaldi della terra di Scala, sul casaleno posto dentro la terra di Cirò in loco detto “la rittusa”, confine la domus di Sibilia Philippelli, “menia t(er)rae p.tae”, la via pubblica ed altri fini, che il detto Orzino deteneva in buona fede, per vendita fattagli da Matteo Procaccio. ASCZ, Not. Consulo B., b. 8, f. 19v.
[vi] 31.12.1574. Donna Marg.ta de Castellis figlia del quondam Jo: Battista de Castellis, moglie di Joannes Dom.co Rumei della terra di Scala, vende al no: Petro Carusio, il casaleno sito nella terra di Cirò “in convicinio s.ti jo(ann)is”, confine il casaleno di Jo: Maria de Lalici, la domus di Scipione Philippelli, la domus palaziata di Ascanio Carusio, la domus di Jacobo Iuelis, la via pubblica ed altri fini. ASCZ, Not. Consulo B., b. 8, ff. 96-96v.
[vii] 26.01.1577. Fr.co Rizuto agente in nome del suo privigno Felicis Ant.o Petra Paula della terra di Scala, vende a Joannes Paulo Rizo la “particulam” di un casaleno di detto suo privigno relativa all’eredità di suo padre il quondam Joannes Petra Paula, sita nella terra di Cirò in “loco la valle”, confine la domus di Jo: Battista Inglisi, il casaleno di donna Justinia Curta, il casaleno di detto Joannes Paulo ed altri fini. ASCZ, Not. Consulo B., b. 8, f. 209v.
[viii] 24.02.1577. In relazione al matrimonio tra donna Cenza Poyeria e Jacobo de Felice della terra di Scala, faceva parte della dota della sposa, una casa terranea posta nella terra di Cirò “al convicinio de s.to Menna”, confine la casa di donna Nicola de Juncta, la casa dotale di Alfonso Morello, “la piaza de s.to menne”, “lo vallone seu la via publica” ed altri fini, gravata del censo di un grano alla baronal corte di detta terra. ASCZ, Not. Consulo B., b.8, ff. 215v-216v.
[ix] 04.06.1577. Il not.o Jo: Ber.no de Ber.do della terra di Scala, vende al m.s Jo: Matteo de Joanne, la domus consistente in due membri, una domus terranea “et palatiolo cum Antro intus ea” siti nella terra di Cirò in loco detto “lo celso seu in convicinio s.ti jo(ann)is”, confine la domus nova palaziata di detto m.co Jo: Matteo, la “viam pp.cam qua itur in templum s.ti jo(ann)is p.ti” ed altri fini. ASCZ, Not. Consulo B., b. 8, f. 227v.
[x] 13.10.1578. Donna Rosa de Parisio vedova del quondam Nicolao Crispi della terra di Crucoli, assieme a Jo: Dom.co, Jo: Paulo e Bettuza Crispi suoi figli, ed a Donato Gratiano della terra di Scala, loro genero e cognato, vendono al no: Marco Ant.o Carusio, la domus palaziata sita nella terra di Cirò in loco e convicino “porte cuccuviae”, confine la domus dell’erede di Nicolao de Parisio, la domus dell’erede di Jo: Maria Castrovillari, la domus del magister Fer.di Morelli, la via pubblica ed altri fini. ASCZ, Not. Consulo B., b. 8, f. 301v-302v.
[xi] Giustiniani L., Dizionario geografico – ragionato del regno di Napoli, Napoli 1804, Vol. 8 p. 355. Pedio T., Un foculario del Regno di Napoli del 1521 e la tassazione focatica dal 1447 al 1595, in Studi Meridionali n. 3/1991, p. 263. Barbagallo de Divitiis M. R., Una fonte per lo studio della popolazione del regno di Napoli, Roma 1977.
[xii] Pellicano Castagna M., La storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, Frama Sud 1984, pp. 388-392.
[xiii] Russo F., Regesto, 5287, 5653.
[xiv] Maone P., La Contea di Cariati, ASCL 1963, p. 316.
[xv] Russo F., Regesto, 10354.
[xvi] 23. 3. 1443. “Episcopo Cariaten. Tabelilonatus officium pro Gaspare Calochuri de Scala, presbytero Cariaten. dioc.”. Russo F., Regesto 10704.
[xvii] “… archipresbytero B. Mariae Terrae Scalae, Cariaten. Dioc.. Pro Bernardo de Lignamine nova provisio parochialis ecclesiae S. Basilii in Terra Scalae, dictae dioc., eidem iam ab Episcopo Cariaten, ordinaria auctoritate, collatae. Russo F., Regesto 11448.
[xviii] ASV, Rel. Lim. di Cariati e Cerenzia, 1605.
[xix] ASV, Rel. Lim. Cariati Cerenzia, 1621.
[xx] Agosto 1609 Io Victorio Caligiuro providetur de ecclesia seu cappella S. Mariae de Constantinopoli et de perpetuo beneficio ad altare S. Francisci de Paula, in matrici ecclesia terrae Scalarum, Cariaten dioc., Russo F., Regesto, 26687.
[xxi] Gennaio 1616. De s.c. ecclesia seu cappella S. Mariae de Constantinopoli, vac. Per ob. Io. Victorii Caligiuri, a quatriennio, ac de simplici beneficio, ad altare S. Francisci de Paula, in matrici ecclesia Terrae Scalarum, Cariaten dioc., quorum fructus X duc. Vac. Per ob. Io. Victorii Caligiuri, a biennio, a primaeva erectione, providetur Carolo Vecchierello, clerico diocesano, Russo F., Regesto, 27708.
[xxii] 13.1.1615. Confraternita SS.mi Corporis Christi in ecclesia Terrae Scala Cariaten., Russo F, Regesto, 27496.
[xxiii] Dicembre 1655. De parochiali ecclesia, archipresbyteratu nuncupato, S. Mariae Assumptae, terrae Scalarum, Cariatem dioc., cuius fructus 24 duc. Per ob. Iosephi Vizza, de mense Iulii ex Ro Cu def., providetur Petro Caligiuri, pbro approbato in concursu., Russo F., Regesto, 37727.
[xxiv] 27.9.1663. (Alessandro VII) Pro Michaele Angelo Verticelli, pbro Terrae Scala, Cariaten. dioc., absolutio et dispensatio, ad exercitium ordinum, super irregulitate contracta ex homicidio, die XXVII Iulii 1658, die dominico, post celebrationem Missae in rixa commisso, ad defensionem fratris suis, in platea civ., satisfacto parti et fisco, cum clausola de non celebrando in loco commissi delicti, Russo F., Regesto, 39985.
[xxv] “In Oppidulo Scala cura animarum est penes Archipresbiterum Ecclesiae Parochialis sed onus sacramenta administrandi pertinet ad omnes Sacerdotes d.ae Ecclesiae quia omnes equaliter in Archip.ro percipiunt decimas Parochianorum ex immemorabili consuetudine.” ASV, Rel. Lim. Cariati die octava mensis Julii 1666.
[xxvi] “Continet T.ra Scalarum, quae ab eodem antecessore de Raimundi etiam facta fuit ad instar collegiatae cum tit. canonicatibus, et cura animarum exercetur ab Archipresbytero, et coadiutore, vulgo Parrocho. Incolae huius T.rae sunt 1386 cuius dominium in temporalibus de familia Vitilio cum tit. Marchioins de Auletta à sex circit. Annis translatum est ad Marchionem de Caggiano. Habet dodecim canonicos quinque sacerdotes simplices, duos Diaconos, tres subdiaconos, et duos clericos”. ASV, Rel. Lim. Cariati e Cerenzia 1769.
[xxvii] “Terra Scalarum est sub dominio temporali Marchionis de Auletta familiae Vitilio, habet mille et biscentum habitantes. Cura animarum exercetur per Archipresbyterum et Coadiutorem curatum, sacramenta vero, et sacramentalia tantum in Parochiali sub titulo Assumptionis Beatissimae Mariae Virginis asservantur, adsunt viginti Sacerdotes, unus diaconus, et subdiaconus et tresdecim clerici. Reperiuntur intus Parochialem erectae duae confraternitates sub titulo SS.mi Sacramenti et SS,mi Rosarii Beatae Virginis Mariae, nec non in ecclesia Pietatis adest altera Passione Domini.Adest parvum Monasterium ordinis Carmelitarum, in quo non habitat praefixus religiosorum numerus…. “, Rel Lim. Cariati 1/4/ 1733.
[xxviii] Gennaio 1753. De parochiali, archipresbyteratu nuncupato, terrae Scalae, Cariate. Dioc., cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Thomae Marcello, de mense Novembris praeteriti def., providetur Francisco Ranieri, clerico (Russo F., Regesto, 63086). 14.8.1756. Antonio Gervino providetur de beneficio simplici residentiali coadiutori in parochiali Terrae Scalae cum onere coadiuvandi rectorem supradictae parochialis in cura animarum, vac. Per privationem Francisci Ranieri, cui de anno 1753 provisum fuit., (Russo F., Regesto, 63891).
[xxix] Bonifacio IX. 31.5.1402. Archiepiscopo Santae Severinae et Florentin. Ac Umbriaticen. Episcopis mandat ut provideant di S. Blasii de Terra Scalae, quae grancia S. Blasii de Terra Scalae vulgariter nuncupatur, et SS. Quadraginta de Casali Curtalis, ecclesiis ruralibus sine cura Rossanen. et Neocastren. dioc., certo modo vacantibus. Russo F., Regesto, 8861.
[xxx] Eugenio IV. 27.3.1443. Andreae, Abbati monasterii S. Angeli de Militino, Flor. Ord., Rossanen. Dioc., providet de ecclesia S. Basilii de Scala et de quadam foresta, con nonnullis terris et molendino, sito in tenimento Curipolati, in titulum perpetui beneficii ecclesistici assignari consueto, Cariaten. et Rossanen. Dioc., quas Cicchus, electus Umbriaticen., obtinebat et vac. per eiusdem promotionem ad dictam ecclesiam. Russo F, Regesto, 10708.
[xxxi] Callisto III. 24.4.1456. (Ladislao), Episcopo Lucerin. et archidiacono Cariatensi ac archipresbytero B. Mariae Terrae Scalae, Cariaten. Dioc.. Pro Bernardo de Lignamine nova provisio parochialis ecclesiae S. Basilii in Terra Scalae, dictae dioc., eidem iam ab Episcopo Cariaten, ordinaria auctoritate, collatae, Russo F., Regesto, 11448.
[xxxii] 19.3.1513. Aloysio de Gibraleon, clerico Neapolitan, qui cessit archidiaconatu ecclesiae Cariaten et ecclesiis s.c. B.M. Annuntiatae, Cariaten et S. Basilicae, oppidi de Scala, Cariaten dioc. de quibus fuit provisum eidem a Iulio II, reservatur annua pensio 7 duc. Solvendo a Nicolao Iuranna, cui de dicto archidiaconatu et ecclesiis provisum est, Russo F. Regesto, 15463.
[xxxiii] Leone X. 8.6.1513. Thomae de Rubeis, cubiculario suo, providetur de archidiaconatu ecclesiae Cariaten et de ecclesiis Annuntiationis B.M.V. Cariaten ac S. Basilii de la Scala Cariaten dioc., Russo F., Regesto, 15511.
[xxxiv] 9.9.1540. Federico Iuranna, qui nuper resignavit archidiaconatum ecclesiae Cariaten. et B. Mariae et Archipresbyteratus S. Petri Terrae Veteris ac S. Basilii de Scala ecclesias, civ. et dioc. Cariaten, de quibus providetur Petruccio Iuranna, reservatur regressus, Russo F., Regesto, 18298.
[xxxv] 3 feb. 1656. Ad perpetuam rei memoriam. Pro confraternitate S. Mariae de Pietate in ecclesia eiusdem S. Mariae de Pietate, Terrae Scalarum, Cariaten dioc., indulgentia plenaria in festo Inventionis S. Crucis, et 7 annorum in festitatibus BMV, Russo F., Regesto, 37758.
[xxxvi] “necesse duxerim à praedictis mense, et anno in hac terra meam residentiam firmari; quamvis hic locus, haec domus, hocce clima mihi multum dispendiosus sit, mihique augusta nimis, atque meis magis insalubre malis Mihi haec pauca de mea triennali villicatione exponenti nihil superest, ..”. ASV, Rel. Lim. Carlo Ronchi Datum Scalis Nonis Martii MDCCLXII.
[xxxvii] Capialbi La continuazione all’Italia Sacra dell’Ughelli, ASCL, a. 1915, p. 197.
[xxxviii] “Ex quo cives Scalarum permoti, multis literis, multisque Nunciis, ac etiam personali accessu illorum de Regimine exixis praecibus petierunt, illa tam grandia jurgia, litesque illic pluribus abhinc annis exardescente inter eos, et praeteritos Universitatis administratores, ac etiam Ill.rem Marchionem eiusdem Terrae, quae animos nimis devastarunt, et quae nemini, licet magnae authoritatis redere facultas fuit, componere. Quibus, diu à me amare fletis, volens occurrere, Deoque fervide rogato, opportunitatem amplexus, jam composui, et facta est ibi tranquillitas magna, et in pace locus eorum”. ASV, Rel. Lim. 1759.
[xxxix] “Hinc, ut confracta ligarentur, et de via unirentur, cum graves essent lites inter Doctorem Iosephum Tursi Terrae Scalarum, et Ill.rem ipsius Marchionem pro computorum redditione super administratis in hoc feudo per sexennium Agentiis, ad evitanda odia, dispendia, et quamplurima hinc inde perjuria, aliaque innumera peccata, tandem biennio consumptus in labore, et patientia, omnia, utraque parte contenta, non sine maximo mihi dispendio, jam paterne amicabiliterque composui, ita ut hodie cum haedo pardum, et lupum cum agno in sanctitate, et iustitia inhabitare video”.
[xl] “In terra Scala adest quoddam parvum Monasterium fratrum Carmelitarum poenitus quasi colapsum, itaut duo fratres inibi morentur, estque meae Jurisdictionis” ( Rel Lim. Cariati die prima Maii MDCLXXXV), “Adest parvum Monasterium ordinis Carmelitarum, in quo non habitat praefixus religiosorum numerus …” ASV, Rel Lim. Cariati 1.4.1733.
[xli] ASCz, Not. Baldo Console, 1574, ff. 46v-47r.
[xlii] ASN, R.C.S. Relevi b. 385. Calabria Citra Scala 1694. (Inform. Liquid. Relevii Terrae Scalae ob mortem q.m Ill. D.s Mauritii Coscinello in anno 1694).
[xliii] Ibidem, f. 558v.
[xliv] Ibidem, f. 511v.
[xlv] Ibidem, f. 511r.
Creato il 20 Marzo 2018. Ultima modifica: 26 Giugno 2018.
Notizie su Scala Coeli, corredate dalle “FONTI” storiche e riferimenti, si trovano nel volume “SCALA COELI storia costumi e tradizioni” scritto dal giornalista Enrico Iemboli, edito da Ferrari Editore. L’ultima parte di tale volume è dedicata alla storia della frazione San Morello.
Grazie per la sua segnalazione. Pino Rende
Storia di Scala che mi lascia basito di quanto è stata al centro di tante situazioni storiche,sarebbe bello che tutte queste notizie fossero riportate in un libro con annesso anche un “Vocabolario ” di termini puramente Scalesi…
Sarebbe una buona idea. Saluti e grazie per aver lasciato il suo commento.