Un’annata difficile a Cotronei

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Cotronei (KR).

Dopo che l’annata piovosa ed una terribile invasione di topi avevano distrutto il raccolto del 1754, seguì un inverno gelido ed una primavera arida e fredda, che causò il raccolto memorabile per la sterilità del 1755. La situazione alimentare era andata ulteriormente aggravandosi anche perché, per l’incertezza dei raccolti ed il fallimento dei coloni, già da tempo i possessori delle vaste estensioni feudali ed ecclesiastiche non trovando, o trovando rischioso, di affittare a semina, avevano allargato i terreni a pascolo. In tal modo, interrompendo la rotazione, i terreni a semina si erano rovinati ed inselvatichiti.

Aveva accresciuto il deterioramento dei fondi, oltre alla povertà causata dal fallimento dei raccolti, anche la mancanza di coloni e lo spopolamento delle campagne, causate dal vaiolo e dalla malaria. Le gabelle lontane dai paesi, soggette alle ripetute inondazioni dei fiumi, arenose o sassose, poste “in luogo di mala aera dove i coloni in tempo della raccolta, vi perderebbero la vita”, non più “rotte a massaria”, erano diventate in breve boscose, pantanose ed incolte.

In tale periodo la popolazione di Cotronei dovette subire una forte penuria di grano e ci fu chi tentò di speculare. Infatti, prevedendo l’arrivo della carestia e della fame, alcuni benestanti ed ecclesiastici di Cotronei, nell’autunno del 1754, si rifornirono di grano presso i mercanti di Crotone. Il grano fu pagato ad un prezzo molto elevato, quasi al doppio rispetto al suo valore in una annata normale, ma gli speculatori pensarono che esistessero le condizioni per un lauto guadagno. L’intento era di darlo a credito ai coloni ed agli abitanti del luogo, i quali stretti dalla carestia e dalla fame, si sarebbero impegnati a pagarlo a prezzo altissimo pur di seminare e di sfamarsi. Con il grano ed il denaro frutto della speculazione, essi avrebbero saldato i mercanti crotonesi e nello stesso tempo, si sarebbero arricchiti. Ma l’annata che seguì fu ancora peggiore, così i Cotronellari che avevano avuto in prestito il grano non riuscirono a sdebitarsi, causando l’insolvenza ed il fallimento anche di coloro che si erano esposti verso i mercanti crotonesi.

La vicenda

Il 14 gennaio 1756 si presentano in Crotone, presso il notaio Nicola Rotella da Mesoraca, abitante a Crotone, il nobile Pietro Zurlo da una parte e, dall’altra, Nicola Cervino e Gaetano Marinelli della terra di Cotronei, i quali rappresentano anche il sacerdote secolare Don Stefano Rossi, loro compaesano.

Il Cervino e soci il 2 ottobre 1754, si obbligarono ad acquistare dallo Zurlo 600 tomoli di grano al prezzo di carlini 15 e grana 4 il tomolo, per la somma complessiva di ducati 924. Grano che doveva essere trasportato in Cotronei a spese del venditore, mentre i compratori si impegnarono a pagare il grano in più rate, l’ultima delle quali in scadenza al 20 giugno 1755. Lo Zurlo mantenne il suo impegno e fece trasportare in Cotronei il grano, consegnandolo agli acquirenti nella quantità e qualità pattuita. Non così gli acquirenti, i quali solo in parte mantennero il loro impegno, tanto che alla scadenza erano ancora in debito di ducati 132. Il venditore cercò di ottenere il dovuto facendo pressione sui debitori. Passando il tempo senza ottenere nulla, si rivolse alla Regia Udienza della Provincia di Calabria Ultra. Questa dapprima intimò ai morosi di pagare e poi procedette al sequestro dei loro beni. Quindi ne ordinò la vendita, dando incarico nel dicembre 1755 a Gregorio Merchetante di Catanzaro.

Mentre il Merchetante stava per svolgere il suo mandato, i debitori, impauriti e messi alle strette, si rivolsero a più persone amiche dello Zurlo, nel tentativo di bloccare il sequestro e la vendita dei loro beni. Tra queste vi era il Dottor Antonio Tronca di Policastro, il quale, comprendendo le difficoltà e rendendosi garante dei malcapitati, intercedette presso lo Zurlo, per sospendere il sequestro e dilatare il pagamento fino al luglio 1756. Egli allora inviò allo Zurlo la seguente lettera: “Mio Sig.re Fra.llo e P.ne Gener.mo e Preg.mo. Si portano costi il Sig.r Nicolò Cervino e Gaetano Marinelli de Cutronei per ratificare il di loro debito per resta del havuto grano e laccenno che non han potuto rinvenire il denaro di tutte le spese ancorche avessero qui portato li pegni, li quali l’ho insinuato di pardar li costi per sodisfare in parte le spese occorse e fratanto per la somma che si obligheranno li sud.i de Cotronei resterò con avanzi con V. S. e questa li serva per sua cautela e nell’obligo che faranno facci exprimere firmo remanente il sequestro fatto, siccome anche io l’ho fatti obligare con me, e circa riliqua viva sicuro del suo credito, giacche in questo tempo d’inverno nelli Cotronei non si sa che cosa sia il denaro da veruna persona, e perciò bisogna aver la pazienza e carità siccome l’ho avuta io, che mi sono inserito a tanto sapendo per altro le persone che nel tempo dovuto non possono mancare, ed avendono ora mancato ciò è favorito perché il grano lo distribuivano tra i cittadini e non hanno potuto pagare per l’annata sovragiunta penuriosa che è quanto ne conviene pregare V. S. alla quale resto. Policastro 12 Gen.ro 1756”. Ed aggiungeva: “Circa le diete del Commissario prego anche V. S. adoprarsi e far godere a miei raccomandati qualche dolcezza, vi è più che li sud.ti non furno notificati, come hanno fatto costare a V. S. a chi di bel nuovo obb. Aff.mo F.llo Sempre Ob. Antonio Tronca.” Lo Zurlo venne incontro alla richiesta del Tronca, persona amica e ragguardevole, e concedendo la dilazione, impegnò i debitori a pagare i ducati 132 più altri ducati 31 e grana 60, quest’ultimi spesi per portare avanti la causa.[i]

Il seguito

L’annata 1756 fu fertilissima; in autunno il grano fu trattato a soli 97 grana e 6 cavalli il tomolo. Seguì il buon raccolto del 1757 e poi lo scarso 1758, a causa del gelo primaverile. (a. p.).

Supplica dell’università di Cotronei contro il feudatario (1698)

“L’Università espone a V. E. come essendosi per il suo Regio Coll.e ordinato che la supplicante non fusse molestata dal utile suo patrone e sua corte nel rifarse un’ogliara seu trappeto che da più secoli ha posseduto, et anco che gli suoi poveri cittadini non fussero molestati nell’andare a macinare le loro olive cosi nelle proprie ogliara, come in quelle delle cappelle del SS.mo Rosario, e S.to Antonio e non ostante detta prhibitione di V. E. pretende la Baronessa e per essa il m.co Roggiero Cavaselice suo marito non solo molestare per mezzo della sua corte la supplicante e suoi cittadini, ma si vanta volere demolire l’ogliara della supplicante procurando … ottenere ordini al contrario d’altri tribunali per opprimere così le raggioni come la libertà della supplicante e suoi cittadini col semplice supporto di tenere jus proibendi, quando da tempo immemorabile la supplicante e suoi cittadini è stata, e sta in possesso così di tenere e edificare detti trappeti, come ancora di tutti e qualsivogliano atti cohartativi, però ricorre e supplica V. E. degnarse ordinare che detto utile padrone e sua corte, come ancora la Reg.a Audienza Provinciale di Catanzaro non molestino la supplicante e suoi cittadini nelle cose sopradette.”[ii]

Una rissa tra mandriani a Cotronei

Il 7 settembre 1655 a Roccabernarda “in foro Mulerae”, davanti al mag.co Thoma Rizza luogotenente e magistro nundinarum, Domenico Marrazzo di Planis, pertinenze di Cosenza, discolpa Masi de Mauro per l’uccisione del fratello Gasparro Marrazzo, avvenuta durante una rissa a Cotronei (“Exculpatio facta per Dominicum Marrazzo Thomae de Mauro”).

Domenico Marrazzo spontaneamente asserisce davanti al notaio Giacinto Amoroso: “Come questi anni prossimi passati il q.m Gasparro Marrazzo suo fratello utrinque coniuncto stando nello Cutronei un giorno venne de parole con Gio. Girolimo di Acri, che stava nel med.o luoco per causa di certo danno dato, per le quali parole immediatamente vennero nelle mani et in quello istante da certe persone che ivi erano fu chiamato Masi de Mauro et dettoli che fusse andato a rimediare acciò non si fussero offesi, per lo che essendo corso d.o Masi et visto con effetto che detto Acri era tutto insangolentato si pose per lo mezo et havendo visto che d.o Acri era ferito et nello spartire che fece parim.te esso Masi fu ferito cacciò dalla sacca uno cortello et tirò la volta di d.o Gasparro suo fratello, il quale havea ferito ad ambedue, di modo tale che per d.a cortellata d.o suo fratello se ne morì et dalla corte di detti Cutronei ne fu presa inf.e e querela di esso Dom.co fratello di d.o Gasparro et havendo conosciuto esso Dom.co che quella fu vera rissa con caso pensato con effetto non ne fu colpevole esso Masi, ma cercato di difendersi a suo potere”.[iii]

Note

[i] ASCZ, Busta 1125, anno 1756, ff. 24-28v.

[ii] ASN, Provvisioni e Cautele di Calabria Ultra, Vol. 294, f. 156 (1698).

[iii] ASCZ, Busta 180, anno 1655, ff. 57-58.


Creato il 13 Marzo 2015. Ultima modifica: 9 Luglio 2024.

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