Il capitolo cattedrale di Santa Severina sotto il titolo di Santa Anastasia
Il capitolo
Si fa risalire all’età carolingia il momento in cui, per il suo mantenimento, il capitolo fu dotato di una parte del patrimonio ecclesiastico. Successivamente, la “mensa canonicorum” fu divisa in tante parti fra i canonici, ognuno dei quali amministrò e godette la rendita assegnata. Allora i canonici erano obbligati alla vita comune. Essi vivevano in comune, insieme pregavano, mangiavano e dormivano nello stesso luogo. Li differenziava dai monaci il possesso dei beni. Ad ognuno di loro spettava infatti una parte delle entrate della comunità religiosa, cioè un canonicato con una prebenda. In seguito, i canonici dei capitoli cattedrali non vissero più in comune ma continuarono a far parte del capitolo della chiesa, che essi servivano, ed ogni capitolo si governava secondo propri statuti. Di solito si diventava canonici per nomina papale, a condizione di essere nobile e di aver raggiunto uno degli ordini maggiori. Al canonico spettava uno stallo nel coro della cattedrale, un voto in capitolo e la rendita di una prebenda.
Il capitolo della chiesa metropolitana di Santa Severina
La riforma introdotta nella chiesa di rito latino non fu seguita da quella di rito greco, soprattutto per quanto riguardava la vita comune. A Santa Severina, infatti, i canonici continuarono a seguire il costume orientale, ed a vivere separati ognuno con la propria famiglia, almeno fino alla fine del Duecento. In quanto alla vita religiosa, i canonici erano uniti nel celebrare le sacre funzioni, riconoscendo l’autorità dell’arcivescovo, il quale presiedeva il capitolo a guisa di senato e teneva conto dei consigli dei canonici.
Il vicario capitolare Diodato Ganini così ricostruisce la formazione dei canonicati nella diocesi di Santa Severina: “Divisa la vita comune canonicale nel secolo XI, furono a’ canonici addetti al servizio di questa Metropolitana costituite le prebende col’assegnazione di un dato quantitativo di terreno, nel quale vi fu eretta la Chiesa titolare del canonicato. Ma per la vicendolezza de’ tempi si perdè la proprietà de’ terreni, si diroccarono le chiese, che erano tutte campestri, e rimase solo il titolo del canonicato.”[i]
Alla fine del Settecento il capitolo metropolitano era composto da 24 canonici sotto invocazione di un santo titolare, dei quali sei erano dignità, uno personato e diciassette uffici canonicali.
“Dignitates, igitur, Personatus et Officia huius Metropolitani Capituli hoc modo designata videntur.
- Archidiaconatus sub titolo S. Petri.
- Decanatus sub titulo S. Theodori Martyris
- Cantoratus sub titulo S. Anastasiae Virg. et Mart.
- Thesaurariatus sub titulo S. Mariae de Niffi
- Primiceriatus sub titulo S. Dominicae Virg. et Mart.
- Archipresbyteratus sub titulo S. Anastasiae Virg. et Mart.
- Personatus cum Theologali praebenda sub titulo S. Petri de Septem Portis
- Paenitentiariatus sub titulo S. Georgii Mart.
- Canonicatus sub titulo S. Dominicae de Turroteo
- Canonicatus sub titulo S. Mariae de Septem Fratribus
- Canonicatus sub titulo S. Nicolai de Melleis
- Canonicatus sub titulo S. Nicolai de Grottari.
- Canonicatus sub titulo S. Luciae Virg. et et Mart.
- Canonicatus sub titulo S. Mariae ad Nives
- Canonicatus sub titulo S. Viti Martyris
- Canonicatus sub titulo S. Nicolai de Armirò
- Canonicatus sub titulo S. Mariae de Migale
- Canonicatus sub titulo S. Mariae ora pro me.
- Canonicatus sub titulo S. Georgii Mart. de Grottari
- Canonicatus sub titulo S. Stephani Protomart. de Ferrato
- Canonicatus sub titulo S. Mariae de Buon Calabria
- Canonicatus sub titulo S. Mariae Capraraiorum
- Canonicatus sub titulo S. Nicolai de Scurajanni
- Canonicatus sub titulo S. Mariae della Grotta sive de Puella antiquitus de Speleolitha
Componevano il capitolo le dignità, i canonici ed altri sacerdoti della città. La composizione del capitolo rispecchiava la piramide feudale del potere. Al vertice c’erano le dignità, alle quali potevano accedere solo coloro che erano di origine nobiliare. In ordine dalla maggiore alla minore, erano: L’Archidiaconato la prima dignità dopo la pontificale, il Decanato seconda dignità, il Cantorato terza dignità, il Tesorerato quarta dignità, il Primiceriato quinta dignità e l’Arcipretato sesta dignità. Le prime cinque dignità erano già presenti all’inizio del Trecento, come testimoniano i censi pagati alla Santa Sede dall’arcidiocesi di Santa Severina.[ii] Per la sesta, cioè l’Arcipretato, bisognerà attendere la metà del Cinquecento. La Prebenda Teologale per molti secoli non fu eretta. Si fece ricorso a teologi scelti dall’arcivescovo, i quali tenevano in cattedrale la lezione della Sacra Scrittura, finché l’arcivescovo Nicola Pisanelli (1719-1731), essendo rimasto vacante il canonicato di San Pietro de Septem Portis lo costituì per canonia teologale che, per voto del Capitolo il 13 agosto 1729. fu elevata a Personato.
Così all’inizio dell’Ottocento sono descritti: “Arcidiacono coll’obligo di tutta la direzione del Collegio Capitolare. Decano col peso di funzionare nelle sollenità e di suplire nella cattedrale le veci dell’arcivescovo. Cantore tenuto alla direzione del canto nel coro. Tesoriere a cui resta affidata la custodia di tutto il Sagro e prezioso della Cattedrale. Primicerio che deve sopraintendere a chierici minori, ed alla regolarità delle Processioni. Arciprete senza cura e senza particolari attribuzioni, meno che della semplice onorificenza”. Tra i 18 canonici vi era poi il Teologo Personato ed il Penitenziere. “Il Primo coll’obligo della lezione della Sagra Scrittura in tutte le Domeniche e della proposta e presidenza de’ casi morali, il Secondo della Confessione precisamente de’ forestieri, che domiciliano nel territorio della città”. Tutti erano insigniti di cappa magna.
Le dignità ed i canonicati erano forniti di prebenda, la rendita di ogni canonicato era di solito 24 ducati annui, ma con le distribuzioni aumentava man mano che si ascendeva nella carica. Così il “fructus” di 24 ducati con le distribuzioni dell’arcidiaconato erano di 60 ducati, quelle del Decanato di 50 ducati, quelle del Cantorato di 40 ducati, ecc. Soprattutto alle dignità competevano anche le rendite provenienti da altri uffici religiosi particolari ed esclusivi, che fruttavano ulteriori compensi.
Ancora all’inizio dell’Ottocento nella chiesa di Santa Severina vigeva che “il solo parroco, e li Costituiti in Sacris della Città gradatamente percepiscono le sole cotidiane Distribuzioni: cioè i sacerdoti semplici per metà del canonico, i diaconi e suddiaconi per metà del sacerdote”.
Congregati di solito dentro la cattedrale, in sacrestia, o davanti all’altare maggiore, al suono della campana, le dignità, i canonici ed i presbiteri, che componevano il capitolo, dovevano discutere e deliberare sulle questioni riguardanti il capitolo, che erano esposte ai convenuti dai due “comunieri”, o sindaci, che avevano il compito di riunire il capitolo e di enunciare l’oggetto su cui discutere e deliberare.
I “comunieri” rimanevano in carica un anno ed erano eletti il 25 agosto, giorno di S. Bartolomeo Apostolo; quel giorno al suono della campana i componenti del capitolo si riunivano in sacrestia e dopo aver invocato l’aiuto dello Spirito Santo con il recitare l’inno “Veni Creator Spiritus” e l’orazione, si procedeva all’elezione di due comunieri e due razionali. Anticamente l’elezione avveniva a voce, ed ognuno indicava due comunieri e due razionali, ed erano eletti coloro che riportavano più preferenze. Dal 1650 in poi si procedette all’elezione “per fave nigre e bianche in secreto a fine d’esimersi ciascheduno dalla necessità, o rispetto, e succeda la elettione meram(en)te libera et in benef(ici)o del Rev.do Capitolo”. I razionali verificavano i conti annuali dei “communeri” dell’amministrazione precedente.
Le rendite del capitolo
La decima sulla regia Salina di Neto costituiva una delle voci della platea del capitolo, anzi si può dire che, fino alla metà del Cinquecento, costituiva la rendita più importante. La chiesa di Santa Severina ne godeva fin dai tempi di re Carlo I d’Angiò. Più volte ne fu privata, ma poi questo privilegio fu di continuo riconfermato dai vari sovrani, che si succedettero sul trono di Napoli: dalla regina Giovanna I (1366), dal re Carlo III (1382), da re Giacomo e dalla regina Giovanna II (1415), da re Lodovico III (1430), dal luogotenente Antonio Vintimilia alias Centelles (1440), dal re Alfonso d’Aragona (1444) e da Ferdinando d’Aragona.
Con l’arrivo degli Spagnoli, il 20 settembre 1507 il vicerè Giovanni d’Aragona accolse le richieste degli uomini e dell’università di Santa Severina, tra le quali vi era: “Suplicano V. C. M. si degni confirmare et quatenis opus est de novo concedere ad essa universita la Decima della Salina di Neto secondo li capitoli concessi per la felic. mem. del Seren.mo Re D. Alfonso primo e successivam.te confirmata dal Re Ferdinando Primo non ostante, che pro tempore li sia stata interrotta la possess.e della Decima di d.a Salina la quale si trova in potere di V. C. M. , e quella si degni ordinare, che sia repusta da d.a Decima della Salina V. M. informa di detti Regii Capitoli attento massime che lo Clero e Capitolo di detta Città si ritrova molto estenuato et in grande inopia, et non potria altrim.te sostentarsi al serv.to di detta eccl.a. = Placet Regis Maiestati, quod d.a Archiep.lis ecl.a per suum Decretum et per causam in Capitulo contentam exolvantur septuaginta quinque ducati de carolenis annis ding. ad Regiae maiestatis beneplacitum. In et super juribus et introitibus dictae Salinae, convertendi quidem pro medietate in beneficium, et reparationem ipsius ecl.ae, et pro reliqua parte in substentationem Cleri, et Capituli eccl.ae p.ttae.”. Si stabiliva quindi che metà della decima del valore di 75 ducati annui, doveva servire per la riparazione della chiesa e metà per il sostentamento del clero e del capitolo ma, in seguito, tutta la somma fu destinata al capitolo. Il versamento avveniva in tre rate annuali e fu oggetto di numerose liti, sia per la mancata riscossione, che per il ritardo nei pagamenti.
In un elenco riguardante la ripartizione di ducati 12 e mezzo, cioè la metà proveniente al capitolo dalla terza di Natale, eseguita dai due “commoneri”, si nota come le dignità ed i canonici avessero diritto alla stessa somma di 2 tari e 10 grana, i presbiteri facenti parte del capitolo alla metà, cioè tari 1 e grana 5, gli altri preti ad un quarto, cioè grana 12 e mezzo, ed i chierici a grana 7 e mezzo.
La nomina dei personati e dei canonici spettava al papa. Con il passare del tempo, pur rimanendo sempre la nomina papale, si confermava il candidato raccomandato dall’arcivescovo. Nel Settecento quasi sempre il passaggio da una posizione gerarchica inferiore a quella subito superiore, era regolata dalla morte o dalla libera dimissione, che faceva scorrere tutta la fila di quelli che erano sottoposti. La perdita della carica poteva avvenire, sia perché il possessore, nonostante i ripetuti richiami, non ottemperava all’obbligo della residenza. (“apud dictam ecclesiam residere neglexit et neglegit”), sia perché commetteva gravi scandali e delitti, tali da gettare il disonore sul capitolo e sulla chiesa, oppure perché non aveva i titoli richiesti per occuparla.
Se le dignità ed i canonicati, con le loro prebende, alimentavano le rivalità tra i componenti del clero locale, altro motivo di lite erano le distribuzioni, e la destinazione dei numerosi lasciti, in case, in terreni e in capitali, che provenivano al capitolo per messe in suffragio. Di solito, il capitolo si riuniva e, dopo la celebrazione della messa, i presenti discutevano per decidere a chi affittare, a chi censuare, a chi concedere i prestiti, e le altre operazioni finanziarie. Era questo il momento in cui si manifestavano le alleanze e lo scontro tra le varie fazioni, che traevano origine negli interessi e nelle strategie economiche delle famiglie di appartenenza dei capitolari.
Il capitolo di Santa Anastasia
Durante il papato di Innocenzo III (1198-1216), come si legge nella decretale di Innocenzo III del 6 febbario 1198, i canonici che componevano il capitolo di Santa Anastasia, parlavano ed officiavano in greco: “Cum igitur in ecclesia vestra, quae sub obedientia sedis apostolice perseverans, Graecorum hactenus et ritum servavit et linguam”. Il capitolo si era rivolto al papa per chiedere il suo intervento per rimuovere un vescovo imposto “per laicalem potentiam”, dallo scomunicato senescalco imperiale Markward von Anweiler. Non solo senza l’autorità e l’elezione da parte dei canonici era stato insediato un pastore latino, ma addirittura un barbaro, cioè uno straniero. Il Papa accogliendo le richieste del capitolo di Santa Anastasia concedeva ai canonici la libertà di eleggere un nuovo pastore, secondo gli statuti e l’antica consuetudine della chiesa di Santa Severina. Il 9 febbraio 1198, lo stesso papa scriveva alla regina Costanza d’Altavillla, affinché non impedisse l’elezione di un nuovo pastore da parte del capitolo di Santa Anastasia.[iii]
Sempre il 31 agosto 1211, Innocenzo III interveniva per porre fine ad una lunga controversia tra i florensi di S. Giovanni ed i cisterciensi di S. Maria di Corazzo, avente per oggetto la pertinenza sull’abbazia greca di Calabro-Maria. Il monastero di Altilia, che era stato concesso dall’imperatore Federico II ai cisterciensi di Corazzo, era poi passato ai florensi. Nella contesa i florensi chiesero l’aiuto di Pietro Guiscardo, signore di Santa Severina, feudo dove era situata l’abbazia di Calabro-Maria. Alla decisione del feudatario si opposero i canonici di Santa Severina che, sede vacante, si espressero a favore dei cisterciensi, ma dovettero ritornare sulla loro decisione, in quanto il feudatario li minacciò di privarli delle mogli, alle quali erano congiunti, perché come Greci erano sciolti dal vincolo del celibato.[iv]
Allora il capitolo interveniva nelle decisioni più importanti riguardanti la diocesi di Santa Severina. Anche se stava perdendo l’antico diritto del periodo greco bizantino, di eleggere direttamente il suo pastore, ne condizionava le decisioni, in quanto l’arcivescovo poteva agire e prendere le decisioni solo “cum consensu et voluntate capituli” e “cum consilio et consensu totius capituli”, come testimoniano alcuni documenti riguardanti la fondazione del monastero cisterciense di Sant’Angelo di Frigillo, al tempo dell’arcivescovo di Santa Severina Bartolomeo.[v] L’importanza che avevano i canonici è testimoniata dalle “molte … vecchie mitre piccole di tela, che da quelle si prende testimonianza che in tempo antico li canonici di quella chiesa siano stati mitrati”.[vi] La mitra, infatti, era una prerogativa riservata solo a vescovi ed abati. Il rito greco rimase nella chiesa di Santa Severina per buona parte del Duecento.
Dagli Angioini agli Aragonesi
Solo chi era “de nobili genere procreatum” poteva accedere ai canonicati e alle dignità. Per gli altri occorreva la dispensa papale, come avvenne nel caso di Petro de Caroso, scolaro di Santa Severina, che 16 giugno 1425, il papa Martino V dispensò e nonostante il “defectu natalium”, gli diede la possibilità di accedere ai canonicati e alle dignità nella chiesa di Santa Severina.[vii] Lo stesso si verificò nel caso dell’arcidiacono Guillelmo de Lappadya, il quale, essendo la dignità rimasta vacante per morte di Nicola Bartucci, fu eletto nel dicembre 1432 dal papa Eugenio IV.[viii] Il Lappadya, presbitero di Santa Severina, fu così immesso nella dignità di arcidiacono, al quale canonicamente erano state aggiunte anche le rendite della chiesa parrocchiale di S. Nicola di Policastro, e quelle della chiesa senza cura dei SS. Coronati di Santa Severina. La nomina, tuttavia, dovette trovare degli ostacoli, tanto che il Lappadya dubitava della forma canonica della sua provvisione. Dopo circa dieci anni il papa interveniva nuovamente e confermava l’incarico, assolvendolo da ogni possibile irregolarità.[ix]
Durante il Quattrocento e nei primi decenni del Cinquecento, fino al Concilio Tridentino, spesso le dignità ed i canonicati del capitolo furono assegnati a chierici napoletani, o forestieri, i quali non risiedono in Santa Severina ed oltre alla rendita, proveniente dalla dignità, assommano anche quella di altri benefici ecclesiastici. In tale periodo si assiste ad un vero e proprio mercato dei benefici, delle dignità e dei canonicati. Una disposizione di Nicolò V del 7 ottobre 1452, accoglie le richieste del decano della chiesa di Santa Severina Antonio de Sindico. Poichè le rendite della dignità sono troppo esigue, per potersi mantenere, il papa lo provvede anche della rendita della chiesa parrocchiale di S. Nicola del Casale di Mesoraca, che è unita al decanato per disposizione della Sede Apostolica.[x]
Nell’aprile 1513 Antonio Benincasa ottiene l’arcidiaconato, rimasto vacante per morte di Sancto de Trisio, assieme alla chiesa parrocchiale di S. Giovanni Monacho e alla cappellania di Santa Caterina di Cutro.[xi] Pochi anni dopo, nel dicembre 1519, al chierico beneventano Domenico de Rubeis è concesso il decanato, rimasto vacante per morte di Giovanni Classidonte.[xii] Nell’aprile 1533 il chierico di Aversa Alfonso del Tufo, rassegna il primiceriato e la chiesa parrocchiale di S. Stefano, in favore del chierico di Santa Severina Antonio de Luca, riservandosi metà delle rendite.[xiii] Il 24 maggio 1535, il papa Paolo III interviene a favore di Francesco de Miranda, il quale deve avere le rendite dell’arcidiaconato e della chiesa parrocchiale di S. Giovanni Monacho, ma ne è impedito perché Petro, o Petruccio de Sindico, indebitamente le detiene.[xiv]
Molte chiese sparse per la campagna, le quali assieme ad alcuni terreni circostanti, costituiscono le prebende, a causa dell’assenza dei canonici residenti ed esposte al pericolo dei Turchi e dei banditi, sono in abbandono, e ben presto cadono in rovina. I documenti dell’inizio del Cinquecento conservano i loro toponimi. In una descrizione delle trazze del territorio (1507),[xv] e nella reintegra del feudo di Andrea Carrafa (1521),[xvi] troviamo: “S. Pietro de Septem Portis”, “S. Maria de Mon Calabria”, “S. Nicolò delli Millei”, “S. Nicolò d’Armirò”, “S. Maria delli Frati”, “S. Maria delle Pozelle”, “S. Nicolò de Grottari”, “S. Maria della Grutta”, “S. Maria di Trungali”, ecc.
Il mastrogiurato
Tra le richieste fatte dall’università di Santa Severina, e concesse dal vicerè nel 1507, vi era che “Item supplicano V.C.M. si degni concedere ad ipsa università, che possa ogn’anno lo mese de maggio di constituire, e fare l’Archiepiscopale ecclesia de detta città una Fera seu mercato franco duraturo per otto dì. Placet”. Così nella festa della Dedicazione della chiesa metropolitana, “die Dominica infra octavam Ascensionis”, in occasione del mercato, per privilegio del re, l’arcivescovo sceglieva tra i canonici del capitolo il mastro giurato, volgarmente detto mastro di cerimonia e mastro della fiera, con ampia potestà, dall’inizio per tutta l’ottava, di esercitare in maniera completa come ogni magistrato secolare, la giurisdizione civile, criminale e mista, con mero e misto imperio e potestate gladii, in tutta la città e suo distretto, amministrando tutto ciò che riguardava l’annona e la grascia, cioè anche quanto riguardava i pesi e le misure; esercitando pienamente le funzioni di giudice, di arbitro e di patrono.
La chiesa di Santa Severina ebbe il privilegio di alzare bandiera nel giorno della protettrice della città Sant’Anastasia; bandiera che conservata dal tesoriere, era consegnata il giorno precedente l’inizio della fiera ad un canonico, che esercitò la giurisdizione regia per gli otto giorni continui della durata della fiera. Il canonico, scelto dall’arcivescovo, prendeva “manualmente e presentialmente”, in consegna la bandiera di Sant’Anastasia, obbligandosi a proteggerla e difenderla, e poi, dopo otto giorni, riconsegnarla al tesoriere, o conservatore del tesoro della cattedrale, sotto la pena di cinquanta once.
La formazione della massa capitolare
Oltre alla decima della Salina di Neto provenivano al capitolo anche le rendite di alcuni benefici rimasti vacanti. Il 27 ottobre 1510, i “comuneri”, il decano Johanne Clasidonte ed il canonico Antonio de Luca, affittano a “cabella” al discreto Leofanto Granaro, la gabella del beneficio di S. Maria de Molerà. La durata dell’affitto è di tre anni ad iniziare dal gennaio prossimo futuro ed il pagamento è stabilito in dieci salme di grano all’anno, “bono et receputo portato in la cita de S.ta S(everi)na. in potire deli comuneri”. La gabella è affittata nello stesso modo di come la aveva affittata Jo. Virardino de Rubeo, “olim” cappellano del beneficio.
Un decreto della corte arcivescovile del 10 ottobre 1526, stabilì che le dignità, i canonici ed i preti semplici, dovevano differire tra loro nella divisione delle rendite del capitolo. Il decreto prendeva atto della distinzione tra le potestà maggiori e quelle minori e, per evidenziare l’importanza della carica e la sua superiorità gerarchica, stabiliva un diverso trattamento economico. Decideva quindi che le dignità, cioè l’arcidiacono, il cantore, il decano, il primicerio ed il tesoriere, dovevano avere due parti, o porzioni, delle entrate del capitolo, i canonici una parte e mezza, ed i sacerdoti una sola parte. Sempre in quello stesso anno, l’otto dicembre 1526, vi fu una conclusione capitolare che esentava dallo “jus feretri” il prete, stabilendo che “sia franco in lo funerale del padre e madre del preite e se fusse un solo fratello del preite paghi per metà”.
“Adi VIII decembris XIIII Ind. Io primicerio noto la presente conclusione facta per lo S.or archidiacono, decani, cantore et trisuaureri. In lo di de la concecione in la morte de la matre de donno b. b. de falco che quando more lo patre o la matre de lo preiti havendo piu figloli de lo preiti che lo preiti sia franco et li altri pachino et si fossi uno solo frati di preite pachi per meta et cussi fo facto a dicta defunta et li preite acceptaverunt et fuit iniunctum allo comuneri che in tal modo segua.”.
È di questi anni una lite con gli ufficiali della regia corte, che negano il pagamento della decima della Salina di Neto. Il 30 agosto 1530 un ordine della Regia Camera della Sommaria di Napoli intimava il pagamento dell’attrassi di tre anni, dei 75 ducati all’anno più gli interessi maturati della Regia Salina di Neto, in favore della chiesa di Santa Severina. Tre anni dopo (1533), il capitolo e clero di Santa Severina chiedono di non essere molestati dal commissario raccoglitore delle decime apostoliche sui benefici. Al centro della contesa sono le cappelle dei SS. Filippo e Giacomo e di Santo Pancrazio, una casa beneficiale ed alcuni oratori all’interno della cattedrale. Il documento mette in risalto la distruzione di parte del tessuto urbano causata dalla costruzione del nuovo castello, e la carenza di rendite di molti benefici ecclesiastici a causa dello spopolamento. Il capitolo fa presente che, per quanto riguarda le chiese dei SS. Filippo e Giacomo e di S. Pancrazio, molte delle case che possedevano sono state demolite, e così mancano di rendite e di parrocchiani; della chiesa di S. Luigi in città non vi è memoria. La casa beneficiale, essendo situata presso il castello, è stata demolita, e lo stesso è avvenuto per l’oratorio di S. Matteo Apostolo, le cui case, botteghe e beni, dai quali percepiva le rendite, non ci sono più, come appare ed è evidente. Inoltre, gli oratori di S. Bernardino, di S. Bartolomeo e di S. Leonardo, sono carenti sia di patroni che di rendite; lo stesso vale per l’oratorio di S. Antonio che non ha entrate; infatti, i beni che possedeva erano presso il castello e furono perciò demoliti.
Segue nel marzo 1534 la sentenza del Nunzio Apostolico a favore del capitolo di Santa Severina, che lo esenta dalla imposizione ed esazione delle decime dei benefici semplici dei SS. Filippo e Giacomo, S. Pancrazio, S. Luigi di Cava, S. Maria, S. Geronimo, S. Bartolomeo, S. Leonardo e Sant’Antonio.
Ripristino dell’osservanza del culto
Il 14 giugno 1535 l’arcivescovo di Santa Severina e cardinale Giovanni Salviati lasciava la chiesa di Santa Severina, riservandosi la metà delle rendite. In quello stesso giorno è nominato amministratore della chiesa di Santa Severina Giulio Sertorio di anni 20, con la condizione che manterrà questo ufficio fino a quando avrà raggiunto i 27 anni, età minima richiesta per assumere la carica di arcivescovo.[xvii] Il 7 gennaio 1544 Paolo III incaricava l’arcivescovo amalfitano Alfonso Oliva di consacrare Giulio Sertorio alla chiesa di Santa Severina.[xviii]
In questo lasso di tempo sono approvate alcune conclusioni capitolari, che incideranno sulla morale, sull’osservanza del culto e sulla vita dei canonici. Del 13 febbraio 1542 è un decreto in Santa Visita, secondo cui le distribuzioni e le entrate della massa capitolare, si dividano tra quelli che servono nella chiesa e non vadano ad altri. Il 22 marzo 1542 si riunisce il capitolo e decide di inviare i due communeri, il tesoriere donno Joan Dominico de Girardo, e donno Joan Baptista Palermo, a chiedere al vicario generale di supplicare il papa di allontanare dal capitolo il cantore. I communeri a nome dei capitolari, fanno presente a Bonaventura Dalmatino, vescovo di Croja e vicario generale dell’arcivescovo Giulio Sertorio (1535-1554), residente in Spagna, che, per gli scandali successi e per quelli che potrebbero ancora accadere, deve intervenire presso il papa, “che per servicio de dio per lo honor de lo Capitulo et de la ecc.a Archiep.le et per levare ogni scandalo”, per rimuovere il cantore donno Jacobo Strati, nominando al suo posto una persona idonea a tale carica: “Dicto donno iacopo e persona puplicamente in famata de multi mali fitii et repotata per sceleratissima et publicamente et generalmente se dice che habia facto et commiso multi mali ficii et delicti et specialmente che li anni passati habia commeso forto de certi libri de donno joandominico de girardo et che habia posto foco in la dicta ecclesia in la cassia del dicto donno joandominico dove erano panni de altare uno calice et uno altarecto con reliquie et de quello abruso la maior parte et poco ce valse che si abrosiava la sedia Archipiscopale con la ecclesia et che habia venenato ad donno ioanni infosino et specialmente una nocte de le prossime passate fo retrovato nascosto intro la casa de luca strati nella quale era intrato per una fenestra et dopo lo gran tomulto romore et concurso de vicini sinde fugio via che ancor non e comparso per servire in clesia et multe altre viglacherie et acti disonesti se dice che habia comeso in cotroni li misi passati stando guactato de una meratrice quale insieme cum multi altri maleficii per onesta se tacino”.
Il 4 aprile 1542 il vicario generale, il vescovo Bonaventura, informava il capitolo che era stata accolta la richiesta di nominare un “idoneo cantore per servitio de dio e di la ecclesia atteso che donno Jacobo Strati comunemente e reputato infame ribaldo scelerato et de malavita”. Pertanto, il cantorato era stato conferito a Luca Antonio Novellisio di Santa Severina. I capitolari accettano, confermano, ratificano e approvano tale collazione di cantorato a favore del Novellisio “atteso che e persona idonea et degna del cantorato”.
Le nuove costituzioni
Le continue liti ed i dissidi tra i componenti del capitolo e la lotta per le cariche e le prebende, avevano determinato la degenerazione del culto e del servizio nella chiesa. Per porre fine a questo stato di cose, il 3 maggio 1542, su ordine del cardinale Giovanni de Salviati e dell’arcivescovo vicario, “ed amministrator tanto delo culto divino quanto di omne altro ordine et modo de servimento de dicta ecclesia”, il vicario generale Bonaventura convoca i componenti del capitolo, cioè le dignità, i due communeri, i canonici ed i presbiteri, dentro il palazzo arcivescovile per discutere e riformare le costituzioni capitolari, in modo da “innovar dele consuetudini et ordini soi antiqui et usuati per l’altri predecessori in dicta ecclesia di modo che lo servimento manca”, inoltre ci sono “mancamenti” e “extorsioni non debiti”. I convocati dovranno discutere tra loro e “conseder le cose spettanti allo culto divino et servimento dela dicta ecclesia et quelle che sonno de giuste e se usano bonae confirmarle et quelle che non sonno debite ne necessarie o vero sonno dannose (abolirle o) … reprobarle et restaurarle de novo”.
Nella “Conclusione Capitolare per le costitutioni da farsi”, tra l’altro, fu stabilito “che nessun possa entrar in Capitolo e godere l’elemosine, se prima non habbi servito le chiese tre anni gratis … d’ammetter al Capitolo li più vecchi e levar i più giovani per servire questi gratis li tre anni e poi reponerli al Capitolo et farli tirare la parte come li altri … che si debbano puntare i mancanti al coro, quali punti se habiano de mostrar ad Monsignor dì per dì … che le entrade esatte si dividano a 3 terze in Natale, Pasca ed agosto … il sacerdote che haverà servito il coro gratis per tre anni, entrato in Capitolo doverà servire gratis altro anno con goder solamente del jus mortuorum … che non si debea promover nessuno subdiacono ad diaconato ne diacono ad sacerdotio ne nessuno ad grado superiore che non se trova haver servito continuamente la sua chiesa … e che mancando la 6a dignità arcipretale contenta di Mons. in voler aggiongere d.a 6a Dignità al Capitolo”. Venne così aggiunta la sesta dignità, quella arcipretale, senza però la cura delle anime, in quanto questa era già suddivisa tra gli undici parrochi della città.
L’anno dopo il capitolo si dava una struttura giuridica più ristretta e meno soggetta alle pressioni del numeroso clero, in modo da evitare lunghe discussioni e liti per ogni singola questione, stabilendo la ripartizione delle rendite. Il 2 settembre 1543 fu deciso che “per evitar lo fastidio de omne di fare capitulo per omne minimo negotio foro electi dudici venerandi sacerdoti che possano concludere negotiare et secondo lo juditio loro exponere omne cosa occurrente dando loro lo R.do Capitulo voce potesta auctorita possire secondo e dicto da sopra”. Di questo gruppo ristretto di diritto ne faranno parte le sei dignità. In tale occasione furono eletti: l’arcidiacono, il decano, il tesoriere, il primicerio, l’arciprete, D. Joannello Novellise, D. Bap.ta de Falco, D. Fabritio Infantino, D. Gerolimo Taglaferro, D. Macteo Greco D. Joanperi Franze e D. Jacobo.
Il 18 settembre 1543, congregati dentro la cattedrale e proprio davanti all’altare maggiore al suono della campana i due communeri e sindaci Nicola Archomanno e Candido Bruno, in presenza dei personati, dei canonici e degli altri preti del capitolo, nonché del vicario generale, fanno presente “Como in cumbe et est necessario per multe occurenzie circa lo bene ficio et utilita del dicto Capitolo havire uno procuratore et advocato che possa in nomine de dicto Capitulo comparire in judicio et extra judicio et defendere et agire tucte le cause mote et da moversi active et passive di dicto Capitolo et in presentia de qualsivoglia tribunale adteso che li sindici et canonici non sano litigar hageranno defender dicto Capitolo in le cause sue per questo se quedde dicto R.do Capitolo che possa eligere et istituire uno procuratore et advocato ad far la cosa predicta”.
Il 28 settembre 1543 si ribadiva la diversità del trattamento economico nella ripartizione delle distribuzioni quotidiane, stabilendo “che li R.di impersonati habbiano de haver due parti et similmente che li canonici una parte et mecza et li preiti simplici una parte stante la loro dignita piu de li altri et assistere fanno allo servimento di la archi.le eccl.a et culto divino”. È del 2 dicembre 1543 una conclusione capitolare che stabilisce chi doveva assistere a seppellire i morti. Morendo qualcuno che “lassa per testamento sei tari quelli preiti anderanno ad sepellirlo possano partere dicto lassito et quelli defunti lassano da cinque carlini abasso siano tenuti li dommadarii, li communeri et li sacristani et lo cappellano ad seppelirlo”.
Il 24 gennaio 1551, al tempo dell’arcivescovo Giulio Sertorio, si riunisce il capitolo davanti all’altare maggiore della cattedrale, in presenza del vicario generale Joandomenico de Girardo. I communeri espongono che “qualmente e venuto lo R.do Joanmaria Rocha con una commissione de la sede apostolica continente in esser che habia da pigliare informatione tanto contra lo R.mo Mons. lo archiepiscopo quanto contra li preiti de dicta cita et diocesia”. L’editto è affisso alla porta della chiesa e bisogna decidere quello che si deve fare “per non incorre in alcuno danno disonore come generale come particolare”. Il capitolo decide di dare mandato ai due communeri di presentarsi davanti al commissario “et cum consulta de doctori et cum procuratori presentare positioni fare proposte et requeste sende rende sera lo utile benefitio et honore de dicti preiti”. Per quanto riguarda le spese che saranno necessarie, il capitolo se ne farà carico.
La cappella del SS.mo Sacramento
Situata a destra dell’altare maggiore dalla parte del corno del Vangelo, la cappella fu costruita al tempo dell’arcivescovo Giovanni Battista Orsini, tra il 1558 ed il 1564. Infatti, la confraternita del SS.mo Sacramento, già presente nel 1546 con il titolo di “la Confratria delo Corpo de n.ro S.or Jesu Christo”, che all’inizio si radunava nel coro della chiesa cattedrale (18 dicembre 1558), dal primo giugno 1564 si spostò “in cappella nova constructa pro santissimo Sacramento”.
Formata da ecclesiastici e “gentilhomini”, la confraternita era amministrata da due procuratori, uno scelto dal capitolo e l’altro dai laici, i quali per un anno “debbano negotiare et fare tutte le faccende di decta confraternita”. Nel 1558 fu ribadito un accordo tra il capitolo ed i confrati: il capitolo si impegnava a dire una messa il dì e un’altra cantata ogni terza domenica del mese; la confraternita si obbligava a versare al capitolo dieci ducati all’anno in tre terze; cioè a Natale, Pasqua e nel giorno del Corpo di Cristo. Questo accordo verrà più volte rinnovato. (Nel 1568 i confrati ed i procuratori promettono ducati 12 al capitolo per il “servimento che fanno in detta cappella”).
Così alla fine del Cinquecento è descritta la cappella: “In questa chiesa è la cappella del Sant.mo Sacramento con confraternita aggregata a S. Maria sopra la Minerva, ove si celebra ogni dì messa, e si sovviene in parte alle doti delle donne povere si mantiene per lo più con elemosine, perchè ha poche entrate”.[xix] “Vi è dentro la cappella del S.mo Sacramento ornata di pitture et sculture con buona custodia, et con la Confraternita aggregata alla chiesa della Minerva di questa Città di Roma. Ha la detta cappella li suoi vasi, et tabernacoli d’argento necessarii per portarsi il s.mo Sacramento all’infermi, et anco il giorno della sua festività, et ha anco tutte le cappelle et paramenti di altari necessarii di velluto, ciamellotto et damasco di tutti li colori necessarii, et anco due cappelle con li baldachini di tela d’argento et oro che si conservano in uno credenzone collocato dentro detta cappella. Vi si celebra ogni mattina messa, et si mantiene il più di limosine, perchè ha poca entrada.”[xx]
Il capitolo come ente economico
Già durante gli ultimi decenni del Quattrocento gli arcivescovi Enrico de lo Moyo (1483-1485) ed Alessandro della Marra (1488-1498), erano intervenuti con donazioni a favore del capitolo e dei canonici. Il primo il 20 settembre 1485, dava al capitolo una prebenda nominata “Lo Riyo” a lui donata dal chierico Corrado de Mauro, con l’obbligo di dire una messa “pro defunctis” tutti i mesi; il secondo il 24 luglio 1489, concedeva al capitolo ed al collegio dei canonici di Santa Severina, l’investitura e le rendite della chiesa curata di San Giovanni Battista e della chiesa rurale di Sant’Opulo, rimaste vacanti per morte del sacerdote Durante Novellisi.
Al tempo dell’arcivescovo Giovanni Matteo Sertori (1509-1531), nel luglio 1509, il vicario generale, il reverendo spoletino Domenico Linteolo, univa al capitolo il beneficio di Santa Maria de Mulerà con tutte le sue rendite. In precedenza, il vicario generale aveva ordinato a tutti i possessori di benefici, di presentare le bolle e le scritture, che dimostravano i loro diritti. Non avendo ottemperato all’ordine, Gio. Bernardino de Rubo, che deteneva l’abbazia, o rettoria della chiesa, o abbazia di Santa Maria de Molerà, fu dichiarato contumace e perciò il beneficio fu reputato vacante e senza rettore e abate. L’abbazia, o chiesa, con tutte le terre, alberi, frutti e rendite, fu donata al capitolo “actenta etiam paupertate beneficiorum”, e dei suoi introiti “derisiorum”.
Lo stesso capitolo per aumentare le distribuzioni e, nello stesso tempo, incrementare il culto, si era dato una norma secondo cui, quando un suo componente “mancassi ad matutino et alla messa o ad vespera”, doveva essere multato di cinque tornesi; il denaro così raccolto sarebbe stato poi “spartito allo capitolo in comune”.
Tuttavia, sarà solo dopo il Concilio Tridentino, che gli arcivescovi interverranno a fornire con donazioni di capitali, chiese, terreni e diritti, una rendita adeguata al capitolo. Protagonisti sono gli arcivescovi Giulio Antonio Santoro (1566-1572), Francesco Antonio Santoro (1573-1586), Alfonso Pisani (1586-1624) e Fausto Caffarelli (1624-1654).
Le nuove occasioni economiche accendono la conflittualità tra le famiglie, rispecchiandosi nel capitolo, che vieta l’ingresso ai forestieri, e acuita dall’arrivo in città degli spregiudicati vicari generali. Il 2 luglio 1565, “congregati per alcune infamie et parole in juriose che ha detto Jo. Antonio Caruso contro il Capitolo e particolarmente contra alcuni poi del Capitolo per cio cassano per lo presente acto pp.co al detto don Jo. Antonio del Capitolo di detta città et lo separanno de loro compagnia et di hogii innante che non sia al numero di preti del Capitolo ma quello separanno et cavano di detto Capitolo”.
Il 15 febbraio 1571 vi fu una conclusione capitolare contro D. Orazio Pizzichino, in quanto calunniatore di vicari. Il Pizzichino più volte aveva calunniato i vicari del Cardinale di Santa Severina ed, ultimamente, anche il vicario generale Gio. Antonio de Grignetto. Per tale motivo il capitolo decise che “mai in eternu habia di aver loco ne parte a questo R.do et honorato capitolo et che de piu ne abia de aver ne officio ne beneficio e dignita nisciuna in tempo di sua vita et volendo li superiori darli officii et beneficii et dignita che ne habiano a supplicar et pregar”.
Il 6 luglio 1572 “Alcuni spiriti inquieti buscairdi, et calunniatorii habbiano detto che il Capitolo seu alcuni particulari preti habbiano dato dinari al S. Vicario n.ro per havere le dispense delle inregularita per li concubinati. Il che essendo cosi si deve haver recurso a Mons. Ill.mo n.ro Patrone per recuperarli et casu che non fusse la verita che se facesse instantia che fussero castigati questi spiriti diabolici di una tanta falsita che hanno esposto, li quali noi non possemo creder che siano stati altri che o don Ballo infantino /o/ verqamente Horatio piczichino per esserno homeni rivoltosi che per le loro pestiferi lingue e brutti costumi son stati cacciati dal capitolo”.
Il 14 ottobre 1571 il capitolo restringeva solamente ai Santaseverinesi il privilegio di farne parte, decidendo “che da hoggi inanti nesciuno che non sia nato et vero cittatino della p.te Citta habbia da intrare ne di essere agregato in dicto Capitolo ne che habbia ne possia obtenere benefitio ne curato ne semplice in detta Citta. Et lo primo delli personati (o) canonici seu preti di detto Capitolo che parlasse et volesse contradir allo sup.to voto capitolare congregato che sia tenuto pagare dece docati di pena et decta pena se l’habia di exigere per lo R..do p.re.”. La conclusione capitolare, tuttavia, verrà violata pochi mesi dopo, in quanto il 31 marzo 1572, i personati, i canonici ed i presbiteri del capitolo decisero di ammettere nel capitolo sei preti forestieri: Jo. Jacobo Guardata, Fabio La Piccola, Petro Angelo Vecchio, Oratio Piczichino e Minico Cavallo.
Lasciti e legati
Durante il Cinquecento e nella prima metà del Seicento, numerosi sono i lasciti di capitali e beni stabili. Quasi sempre provengono da canonici, chierici, o loro familiari. Già nei primi decenni del Cinquecento, sono annotate alcune piccole donazioni: Donno Joanni Scandale morendo lasciò una mezza casa alla nipote Madea, con l’obbligo che, alla sua morte, dovesse andare al capitolo; il tesoriere Donno Baccaro, una tomolata e mezza di terra in località “la ruccella”, il cantore Nicola de Giraldo, “uno pede de celso … in la via che si va allo casale” di San Mauro; M. Galianti “lassao lo suo palazzo” in parrocchia di S.to Apostolo “(hoc modo) che ciascheduna de sue figlole morendo senza herede sia herede lo capitolo”; donna Cicca de Russo donò una casa terrana in parrocchia di S. Giovanni Evangelista, “hoc modo che vivente ipsa donna cicca che sia suffructario donno ballo de ferraro et alla morte de ipsa nominata donna cicca la dicta casa retorni allo cap(ito)lo”; il prete e dottore in diritto canonico Gavati Strati, lasciò al capitolo “quatro pezi de libri cioè decreto decretale clementina e sexto”, i libri furono poi dati da tenere al primicerio Leopardo Granaro, il quale il 28 agosto 1529, li restituì al capitolo. Lasciti più sostanziosi cominciarono a beneficiare il capitolo dopo la metà del Cinquecento.
Il 14 febbraio 1564 donno Hieronimo Cappellani della città di Santa Severina, per testamento dichiarava di “havere edificata una chiesa sotto vocabulo di Santa maria dela gratia in una sua continentia di terra seu possessione sita et posta in lo territorio di detta citta di santa severina et in loco dove si dice paganò, et decta chiesa esserli poi stata concessa in ius patronato dalo R.do generale vicario dela archiep.le ecclesia … Quale ecclesia vole e dispone esso testatore sia delo clero et capitulo insieme con detta continentia di terra et clausura, con peso però che detto clero et capitulo sia tenuto eligere uno sacerdote dabene con interventu et volunta di decto sua herede quale sacerdote habia da assistere in detta chiesa et celebrare in quella tre misse la septimana”. Il 14 marzo 1581 il capitolo decideva di concedere al primicerio Marcantonio di Gaudio, sua vita durante, il iuspatronato della chiesa di Santa Maria di Paganò con tutte le sue rendite, lasciata al capitolo per testamento dal R.do Geronimo Cappellano.
Sempre di questi anni (1583) è il legato del tesoriere Francesco Caruso seniore, che lasciava al capitolo la gabella Paganò, detta anche “Valle delli Preiti”, dentro il corso di Paganò. Segue quello del canonico Domenico Paparugiero che, oltre alla gabella Pacciarello, lasciava anche del denaro.
Un diritto antico
Tra i diritti che il capitolo esigeva da tempo immemorabile vi erano lo “ius mortuorum” e lo “ius funerum”, che riguardavano anche l’estrazione del cadavere dalla chiesa, dalla città e dal territorio di Santa Severina. Oltre che per seppellire, si doveva pagare anche per poter trasportare il cadavere fuori dalla cattedrale, dalla città e dal territorio di Santa Severina. I familiari dovevano versare al capitolo una somma adeguata secondo la “qualità” del defunto. L’ammontare poteva così variare in maniera consistente, come evidenziano i casi riportati.
Il 10 aprile 1579 vi fu una conclusione capitolare per discutere la richiesta avanzata da Alfonso Carrafa duca di Nocera, il quale voleva estrarre dalla cattedrale il cadavere della contessa di Santa Severina Geronima Carrafa. La decisione fu di chiedere mille ducati, “per levare detto corpo … stante la qualita et grandeza … et anco per il servimento si e fatto a preghar N. S. Dio, in celebrar messe, et dire oratione per remissione de suoi peccati dall’hora fo morta fin al presente, et cosi se fara per l’advenire per la bona memoria teneno di tal Sig.ra Ill.ma …”. Tuttavia, il capitolo faceva presente che era pronto ad accettare un’altra somma, se verrà decisa con un accordo tra l’arcivescovo ed il duca.
Il 26 aprile 1675 i due communeri incassano ducati 10 in moneta d’argento siciliana, per permettere il trasporto del cadavere di Francesco Antonio Iuliano dal territorio di Santa Severina in quello di Roccabernarda. Il 27 aprile 1731 è la volta del cadavere di Giuseppe Pingitore di Cotronei, il quale due giorni prima, di ritorno dalla fiera di San Marco, dove era andato per servizio del suo padrone Franco Salerno di San Mauro, era annegato nel fiume Neto. Poiché i suoi familiari vogliono seppellirlo a Cotronei, devono pagare ai communeri ducati sei.
Il 7 luglio 1697 muore Filippo Garbino, razionale del duca. Fu seppellito nel convento di San Francesco dei riformati, posto poco fuori la città, ed il capitolo lo accompagnò fino alla porta della città. Per lo ius funerum pagò al capitolo ducati venti.
Disparità economiche
Il 22 luglio 1572 una conclusione capitolare recepiva un decreto della corte arcivescovile, che estendeva il godimento delle distribuzioni del coro anche agli infermi, ai decrepiti d’età ed agli impediti. Nel tentativo di venire incontro alle difficoltà economiche del numeroso clero, il cardinale Giulio Antonio Santoro cercò di aumentare le distribuzioni quotidiane e, nel 1572, donò al capitolo l’abbazia di Santa Maria di Molerà Vecchio, con tutte le terre e giurisdizioni ad essa spettanti, tra le quali la gabella di Molerà Vecchio, in territorio di Rocca Bernarda, “dentro la quale vi è una chiesa dove vi è fundata un’Abbadia”, e lo “jus arandi” nel triennio di semina della gabella Cafari, situata in territorio di Roccabernarda, con il peso di un anniversario, con un notturno e messa cantata.
Lo stesso arcivescovo legò a favore del capitolo il capitale di 500 ducati, applicati nelle gabelle “Le Cariglie”, “Gurgurà” e “Maysi”, per il quale il clero di Roccabernarda corrispondeva annui ducati 36, col peso di cinque messe alla settimana, tale rendita riguardante il “servimento delle messe” era ripartita in tre terze e divisa in modo uguale tra le dignità ed i canonici. Per lo stesso fine l’arcivescovo seguente, Francesco Antonio Santoro (1573-1586), donò la chiesa di Santa Caterina., che era “muro coniuncto con l’archivescoval chiesa, et palazzo”, con una gabella.
Una platea di quegli anni descrive le rendite del capitolo. I beni che quest’ultimo gestiva direttamente, dandoli in affitto, provenivano quasi tutti da donazioni recenti. Essi erano costituiti dall’abbazia di Molerà Vecchio, con tutte le sue terre e giurisdizioni, dalla chiesa di S. Caterina con una gabella, dalla chiesa di S. Maria di Paganò, con una possessione alberata, da un piccolo terreno in località “Scorpo all’Occhio”, da tre vignali all’“Umbro Cernuto”, e da un terreno a “Papasifi”.
Da queste proprietà il capitolo ricavava ogni anno 46 tomola di grano e 12 ducati. Dalle quattro case, di cui una vuota, ricava 4 ducati, 4 tari e 10 grana. Dai ventuno censi, di cui 15 provenienti da case, 3 da vignali, due da piccoli luoghi in città, ed uno da un piccolo censo, ricavava 12 ducati, 2 tari, e 2 grana e mezzo. A queste rendite erano da aggiungere i 75 ducati provenienti dalla regia salina di Neto. Quindi le rendite annue del capitolo erano di poco più di 100 ducati, dei quali tre quarti provenivano dalla Salina di Neto, che dovevano versare gli arrendatori, e 46 tomoli di grano.
La platea evidenzia come le case ed i vignali, lasciati al Capitolo per messe in suffragio, erano ben presto date a censo. Soprattutto le numerose case lasciate per testamento, poco redditizie per aver bisogno di continui ripari per non cadere in rovina, sono alienate previo il pagamento di un censo enfiteutico perpetuo. I beneficiati sono di solito le dignità, i canonici ed i loro familiari. Tra coloro che hanno avuto una casa in censo troviamo, infatti, il decano R.do Fabio Infosino, il cantore R.do Gio. Vincenzo Padula, l’arcidiacono Gio. Francesco Modio, il canonico Martino la Mendola, il canonico Minico Cavallo, il canonico Iacovo Puglise, il canonico Salvatore Ficuso, ecc.
Interventi a favore del capitolo
Nonostante l’aumento dei lasciti e delle donazioni permaneva alla fine del Cinquecento, una forte disparità di trattamento economico tra le gerarchie del clero. Una disparità abissale separava l’arcivescovo, proveniente dalla nobiltà napoletana, dal clero locale. Il primo poteva vantare su una rendita di ben oltre i duemila ducati. Seguivano molto distaccati tra loro gli arcipreti, i parroci, le dignità, i canonici, i preti semplici ed i chierici.
In una relazione compilata al tempo dell’arcivescovo Alfonso Pisano, si legge: “La sua chiesa metropolitana è sotto l’invocatione di Santa Anastasia Romana vergine, e martire, et è servita dal suo Capitolo, quale costa di sei Degnità, cioè Archidiacono, Decano, Cantore, Tesoriero, Primicerio et Arciprete, e dieceotto canonici, sebene al presente vacano alcuni canonicati, quali per essere senza entrada non si trovano da conferire: e come chiesa collettiva per antiquissima consuetudine riceve al suo servitio gli altri preti della Città, quali non sono obligati ad altra chiesa, entrano anco al servitio dell’istessa chiesa i chierici del seminario, quali sono ventiotto. Il servitio che vi si fa è di assistere tutti nel choro ogni Domenica, e giorno di festa a cantar le prime, e seconde vespere, Matutino, terza, e messa, e recitare l’altre hore canoniche senza canto nelli giorni feriali ne interviene una parte al recitare del matutino, e tutte l’hore canoniche in choro, et al cantar delle messe, sebene di quaresima, i giorni delle Rogationi, et altre processioni publiche intervengono tutti alle litanie, e messe cantate … Le messe quotidiane, alle quali è obligato il Capitolo sono tre, la prima si celebra al l’alba per l’anime de Defonti, nella cappella di S. Leone eretta dall’istesso Ill.mo Sig.r Cardinale di S. Severina con l’altare privilegiato; e questa nelle fine dell’Avvento, e quaresima si canta conventualmente, overo essendo dì di festa si celebra della giornata nella cappella della Beata Vergine; la seconda si canta conventualmente ad hora di terza nell’altare maggiore; la terza si celebra ad hora di nona nella cappella del S.mo Sacramento. L’altre messe degli oratorii sono distinte di modo che ogni dì se ne celebrano dodeci, oltre all’altre votive, e di divotione. Di più in certi giorni si fanno gli anniversarii de Prelati defonti, e delle persone che hanno fatto bene alla chiesa, o capitolo e per essere nell’altare maggiore eretta la compagnia del sangue di N. Sig.r Giesu Christo, oltre alla messa ordinaria vi si celebra ogni venerdi la messa di Passione Domini. E perchè per conservatione del detto servitio non erano in detta chiesa distributioni cotidiane, volendo il sudetto Sig.r Cardinale assegnarli, e vedendo che il Capitolo non haveva altre entrade, nè obventioni che alcune poche elemosine, e trenta sei docati l’anno, che li pervengono dalle Saline di Neto … essendo vacata una chiesa, seu Badia detta S. Maria di Molerà sita nell’istessa Diocese, l’aggregò alla Massa Capitolare così anco la buona memoria dell’arcivescovo Francesco Antonio Santori fratello del sudetto cardinale vene aggregò un’altra detta di S. Catarina; sichè fra l’una e l’altra li pervengono poco meno di cento scudi l’anno; e questi serveno per distributioni cotidiane; giachè in particolare nessuna delle Dignità, e pochi canonicati hanno entrade, e quelli pochi l’hanno tenuissime, e di poco momento. Sono in detta chiesa due prebende, una per il Penitenziero, e l’altra per il Theologo, et ambedue sono state constituite dal S.r Cardinale predetto sopra dui Juspatronati con consenso de’ padroni, per non esserci occorsa altra commodità, e ciascaduna vale venti scudi in circa l’anno, sebene al theologo Mons. Arcivescovo da di piu una giusta provisione, e la sua tavola. Il theologo sempre che l’Arcivescovo è impedito predica egli ogni dì di festa, e domenica, la matina, nella chiesa sudetta, e legge la sera casi di coscienza.”[xxi]
La situazione non mutò e tre anni dopo, l’arcivescovo affermava che “vacano in essa otto canonicati, che per esser senza rendita non è chi voglia impetrarseli in Roma, giachè per la lunga vacanza son devoluti alla S(an)ta S(ede)”.[xxii] Sullo stesso tono era stata la deposizione del canonico napoletano Stephanus Quaranta, che per quasi tre anni, aveva ricoperto l’incarico di vicario generale dell’arcivescovo Francesco Antonio Santoro. Il Quaranta nel giugno 1586, affermò che “Le dignità sono sei: La prima è Archidiaconale, la seconda decanato, la terza cantorato, la quarta lo primiceriato, la quinta è thesorerato, la sexta è arcipretale, et oltre dette dignità vi sono da quattordici canonici in circa se mal non mi ricordo, e tanto le dignità, quanto li canonicati sonno di pochissimo valore, che se non havessero del loro patrimonio, non haveriano da viver di robbe di chiesa … ci sono molte parrochie le quali hanno li loro curati, et oltre le dignità e canonici et preti curati ci sono de più altri preti e clerici. In quanto alli beneficii tanto alla citta, quanto alla diocese ci sono pochi benefici simplici, e di poco valore, che la collatione spetta al Arcivescovo, delli curati ce ne sonno beneficii curati, sonno pochi, ma sonno commodi de intrate, e più delli simplici et la cura dell’anime l’hanno li curati … e sopra tutti l’arcivescovo è quello che ha cura di ogni cosa”.
Nella stessa occasione il nobile Carlo Susanna della città di Santa Severina affermava che “L’intrate di detta chiesa cathedrale a fare mensa arcivescovale passano l’anno dui milia docati perche Mons.r Arciv.o di quella affittò l’intrate di detta chiesa cathedrale per dui milia docati, e se reservò le decime dela terra di misuracha, e certe altre cose”.[xxiii]
Conferimento dei canonicati
Per le tenui rendite e per l’obbligo della residenza, molti canonicati non furono più richiesti dai chierici forestieri e rimasero vacanti. “La detta chiesa è servita da ventiquattro preti canonici, tra li quali ve ne sono sei Personati … Li detti canonici non hanno entrada, fuorchè dui vi ne sono che haveranno da quindeci docati in circa l’anno”.[xxiv] Non essendo più appetibili, il papa Clemente VIII l’8 agosto 1601, dava la possibilità all’arcivescovo Pisani di conferirli a preti locali. Si trattava di S. Giorgio di Grottari, vacante per morte di Morgantio Salvato, da 25 anni defunto; di S. Maria di Armiro, vacante in quanto, fin dal 1572, Mercurio de Grotteria lo aveva lasciato per assumere l’ arcipresbiterato; di S. Nicola di Armiro, vacante in quanto Gio. Baptista Tramonte, fin dal 1572, era divenuto parroco della chiesa di S. Giovanni Battista; di S. Stefano del Bosco, vacante per morte di Gio. Baptista Caruso, da 21 anni defunto; di S. Maria de la Grotta, vacante per morte di Iacobo Puglisio, fin dall’anno 1584 defunto; di S. Maria Ora pro nobis, vacante per morte di Marco Antonio Clari; e di S. Nicola de Scuroioanne, vacante per morte di Martino de Mendola, da 20 anni defunto.[xxv]
L’alta mortalità della fine del Cinquecento favorisce l’acquisizione di numerose piccole e malridotte case, provenienti da lasciti per messe in suffragio, che sono concesse al maggior offerente per un censo enfiteutico perpetuo. Esse non apportano un significativo beneficio economico al capitolo, in quanto poco richieste, essendo la città quasi spopolata, mentre spesso gli enfiteuti sono gli stessi canonici che, forti della loro posizione, sono morosi.
I due “communeri”, il decano Gio. Vincenzo Carnovale ed il canonico Gio. Antonio Durabile, il primo luglio 1611 fanno presente che, tra i beni che possiede il capitolo, vi è una casa terrana in parrocchia di S. Apostolo “quale casa essendo fabricata di fango, tuttavia, minaccia ruina tanto di mura quanto di coverta”. Essendo il capitolo povero, non può ripararla. Chiedono pertanto al vicario generale di poterla censuare in perpetuo al maggior offerente.
L’incremento e la composizione della massa capitolare
All’inizio del Seicento così è descritta la situazione economica del capitolo, dal canonico Gio. Francesco Greco, procuratore dell’arcivescovo Alfonso Pisani: “… possiede una Badia detta Santa Maria di Molerà sita nella Rocca Bernarda prima Terra della Diocesi di S. Severina di valore di settanta docati incirca l’anno, et un altro beneficio di docati dodeci incirca l’anno contiguo alla chiesa Arcivescovale detto di di S.ta Caterina, siche harà d’entrata di beneficii da docati settanta incirca. Riceve oltre ciò per concessioni Regie settanta dui docati l’anno sopra le saline di Neto, con peso di consignarne la metà all’ Arcivescovo per riparatione della Chiesa, il quale per pietà, et bontà sua l’ha donata al detto Capitolo. Possiede anco alcune case lasciateli per legati pii quali per la desolatione della Città non trovandosi di locare sono quasi tutte andate à rovina. Possiede cento docati d’entrata l’anno d’alcuni territorii che poco tempo fa ha comprato il p(redit)to Arciv(escov)o per il detto Capitolo per il servitio che li p(redit)ti canonici fanno à detta chiesa. E queste sono l’entrade di quel povero Capitolo di S.ta Severina, et queste istesse servono per le distributioni quotidiane diminuendosi à ciascheduno dalla parte sua quelche dal puntatore sarà stato significato di haver mancato al servitio della chiesa”.[xxvi]
Si devono all’arcivescovo Alfonso Pisani (1586-1624), i primi concreti interventi per la formazione di una adeguata massa capitolare. Egli, infatti, fece numerose donazioni di beni stabili: la gabella “La Valle Grande” nel corso di Paganò (1595), la gabella “La Valle dell’Orco” nel luogo Scandale Vecchio (1602), la gabella “Difesa di Volo” nel corso di Torrotio (1615), il “Giardino di Santo Vito” (1618), il vignale “La Valle Grande” (1620), ed un palazzo nella terra di Cutro.
Il 19 settembre 1615, nel donare al capitolo le rendite della gabella “Difisa di Volo”, che l’arcivescovo aveva acquistato in asta pubblica dall’università per 600 ducati, il Pisani pose alcune condizioni che saranno riprese successivamente. Egli, infatti, in aumento della dote della cappella di “Santa Maria dell’Angeli”, situata in cattedrale, al lato sinistro dell’altare maggiore, e da lui stesso fondata, dotata e costruita, e di cui era patrono, assieme al fratello Giulio Cesare, donò la gabella detta “Difisa di Volo”, con la condizione che “li frutti” che perverranno dall’affitto, siano del capitolo.
L’arcivescovo pose tuttavia degli obblighi, che favorivano tutto il clero, che partecipava alle funzioni religiose: “che detto R.do Capitolo sia obligato celebrare ogni dì una messa nell’altare di detta cappella di Santa Maria dell’Angeli juspatronato suo e del signor Giulio Cesare Pisani suo fratello per l’anima delli parenti di sua Signoria Ill.ma secondo la sua intentione, et che ogni primo giorno di qualsivoglia mese non impedito di giorno di Domenica o di altra festa di precetto sia anco obligato celebrare uno anniversario con tre psalmi dell’officio de defonti, et tre lettioni correnti di quel giorno de cantarnosi nella preditta cappella iuspatronato et con messa cantata con diacono, et subdiacono dove habino ad intervenire tutti li personati, et canonici et preiti di questa Città, si li detti preti ci vogliono intervenire, et quelli personati, canonici, et preiti che non ci saranno presenti non habino a percipire cosa alcuna, eccetto quelli che si troveranno impediti di grave infermità”.
Il 28 aprile 1622 Alfonso Pisani ed il fratello Giulio Cesare, donano al capitolo ducati 1000 in moneta corrente, con l’obbligo di comprare con il denaro “stabili sicuri o annue entrate”, col peso però di celebrare nella loro cappella di Santa Maria degli Angeli, “tante messe per ciascheduno anno quanto importano li frutti perveniendi di quelli computandosi l’elemosina di ciascheduna messa alla raggione di grana dodici e mezzo”. Non trovandosi subito un bene da acquistare per il totale della somma, furono utilizzati ducati 850 per comprare delle case in Cutro, che erano state di Lupo Antonio d’Ambrosio. La massa fu anche aumentata dal sacerdote Friderico Romei di Montespinello, che donò al capitolo dapprima, nel 1618, ducati 450 e, successivamente, nel 1624, altri ducati 500, col peso di celebrare messe per l’anima sua e dei suoi congiunti.
Tutte queste donazioni fecero triplicare la rendita annua. La situazione economica del numeroso clero tuttavia non mutò, in quanto molti erano i morosi e la distribuzione della rendita non avveniva in parti uguali. Al tempo dell’arcivescovo Fausto Caffarelli (1624-1654), così è descritta la situazione: “Clerum numero, et dignitate praestantem nutrit,, in quo sex Dignitates … duodeviginti Canonici, omnes presbyteri, quorum unus est Poenitentiarius, cum quatuordecim aliis presbyteris, et clericis quadragenis, qui Dominicis, festisq. diebus Pontifici sacris operanti assistunt … Nonnullis Canonicis praebendae pertenues tamen sunt assignatae; Capituli redditibus trecentorum ducatorum summam non excedentibus, inter eos, anno evoluto, dividendam, qui sacris functionibus interfuerint, ac missas celebraverint; quae dicuntur emolumenta massae communis, adeo exigua, ut servitii potius impar labori merces, quam redditus appellari mereantur.”[xxvii]
L’anno dopo (12 maggio1626), la Sacra Congregazione sopra i vescovi accoglieva una supplica del clero della città e diocesi di Santa Severina, che faceva presente lo stato di disagio in cui viveva, mettendolo al riparo dalla minaccia dell’accusa di illecita negoziazione. “Essendo stato rappresentato a questa Sacra Congregatione ch’il clero seculare della Città e diocese di Santa Severina è così povero che non puo decentemente sostenersi con frutti de’ beni patrimoniali, e delli beneficii che possedono, et havutasi sopra di ciò la relatione dell’Arcivescovo di quella Città, che afferma esser vero quanto in questo particolar e stato presupposto alla medesima Sacra Congregatione hanno risoluto questi miei Ill.mi Sig.ri ch’al Clero sodetto, et alle singolari persone d’esso si debba permettere il condurre in affitto, e fare coltivare per mezo di garzoni le possessioni, e terre di chiese e luoghi pii il far esito di grani, biade, vini, et altri frutti che loro sopra avansassero il vendere feti et fructi di loro animali, e pigliare anco in affitto herbaggi, e pascoli parimente di chiese e luoghi pii, per pascere, et ingrassare vacche, pecore et altri animali, che terranno così ne territorii loro patrimoniali, o beneficiali, come in quelli che piglieranno in affitto”.
Anche l’arcivescovo Caffarelli, per venire incontro alle difficoltà economiche del clero, donò la gabella “Roccelluzza” ed “il vignale delli Campani” (1632). In seguito, nel 1638, Gaspare Russo legò a favore del capitolo, parte della sua eredità, cioè 500 ducati ed il giardino di “Gottonieri” col peso di sei messe alla settimana per l’anima sua, dei suoi antenati e benefattori.
Importante è anche il legato dell’aristocratica Hippolita Campitello, che aveva lasciato al capitolo ducati 500 investiti all’otto per cento sopra i territori di “Vituso” e “Cortina”, con il peso di una messa al giorno. La rendita si rileverà ben presto di difficile riscossione, come si ricava dai conti dell’annata 1652/1653 presentati dal comunero Giuseppe Mannarino, il quale annoterà: “Li docati quaranta che paga l’herario del S.r Principe sopra il Vituso e Cortina delogati dal S.r Marco Carrafa per la celebratione di messe, e notturno per la S.ra Hippolita sua madre, quali per la difficoltà della esigenza non gli si mettono ad introito, ma restano a beneficio d’esso R.do Capitolo, per farsine introito et esito à suo tempo il comunero che all’hora sarà”. Il capitale sarà poi affrancato dal duca di Santa Severina Gio. Andrea Sculco, ed impiegato dal capitolo nella compra di “Carpentieri”.
La crisi economica colpisce il numeroso clero. È del 25 agosto 1647 una decisione del capitolo a favore dei preti semplici: “A 25 Agosto 1647, giorno di S.to Bartolomeo Apostolo tempo stabilito et solito de farsi elettione de comunieri di questo Rev.do Cap.lo di S.ta Sev.na e proponer alcune cose necessarie fu proposto in detta publica congregatione in presenza della maggior parte delle persone di detto R.do Cap.lo che saria molto utile et opera di pietosa dispositione che da hoggi innanzi in perpetuo si dovesse celebrare una volta il mese uno notturno et una messa cantata per l’anime di tutti si Rev. sacerdoti tanto capitolari, quanto del clero, con assignare dodici docati, cioè un docato per ciascheduno notturno e messa e che il Rev. Comunero che pro tempore sarà dovesse nel libro dove notarà le persone ch’interveranno e dopo nel fine d’ogni anno facesse la distributione del modo et forma che s’osserva nelli notturni che si celebrano per l’anima di Monsig. Pisano di felic. memoria e di tutti gl’Arcivescovi. Alli quali docati dodeci ch’importano detti notturni ci habbiano di contribuire li Preiti semplici pro rata acciò similmente potessero godere detti suffragii.”
Alla metà del Seicento, pur essendo ampie le variazioni a seconda delle annate, in media l’introito annuo sul quale poteva contare il capitolo, ascendeva a poco più di 750 ducati e 220 tomoli di grano che, tolte le spese, che in media ascendevano a poco più di 200 ducati (ma che in pochi anni si erano quasi triplicate, passando dai circa ducati 100 dell’annata 1650/1651 ai quasi 300 dell’annata 1655/1656), e spartiti, importavano per ognuno dei capitolari circa 25 ducati e dieci tomoli di grano. Erano da aggiungere “li notturni e funerali secondo le proprie assistenze”, e la rendita che ad ogni capitolare proveniva dalla sua prebenda.
L’“introito” era composto da una settantina di voci, delle quali solo una quindicina fruttavano più di dieci ducati. Queste ultime erano composte dall’affitto di alcuni terreni (Fisa di Volo, Molerà Vecchio, Gabella di Rasis, giardino S. Vito), dal clero di Cutro, dal dazio, dalla cappella del SS.mo Sacramento, dalla decima della Salina, dalle “case e potighe” di Cutro, e da alcuni censi (Hippolita Campitelli, D. Romeo, Giovanni Cosentino, D. Caruso), alcuni dei quali a loro volta, era suddivisi (del legato di D. Romeo ne usufruivano quattro censuari, di quello di Giovanni Cosentino sette, di quello di D. Caruso sette). Anche l’“esito” era costituito da molte voci, quasi una quarantina, che riguardavano piccole spese dovute all’amministrazione, al culto, alle spese notarili e agli spostamenti nei vari luoghi della diocesi. Solo poche superavano i dieci ducati: le spese per i notturni di Mons. Pisano, Arcivescovi e Sacerdoti e per i notturni extra ordinari da sole rappresentavano la metà delle uscite.
Il capitale, proveniente dai numerosi legati (la platea del capitolo compilata nel 1661 elenca 22 legati e due donazioni), sarà infisso sui beni di chi ha in prestito il denaro e, con la rendita annua, si celebreranno le messe in suffragio, gli anniversari ed i notturni, degli arcivescovi Pisano e Caffarelli e dei sacerdoti. La diminuzione del tasso di interesse dal dieci (raramente del nove) per cento, della fine del Cinquecento, al sei/sette per cento della metà del Seicento, determinerà l’affranco di molti capitali. Il denaro così svincolato, dai beni ritornerà nella cassa a tre chiavi del deposito del capitolo, e sarà reinvestito nell’acquisto di terreni, o in nuovi prestiti ad un tasso più basso.
Dal prestito all’acquisto di terreni
Nonostante tutte queste donazioni e legati, la situazione economica del capitolo non mutava, in quanto chi ne traeva beneficio, cioè le famiglie legate da vincoli parentali, o economici, ai canonici, le quali prendevano in affitto i fondi, ed ottenevano il prestito dei capitali, spesso non ottemperavano agli obblighi. Inoltre, come aumentavano le entrate, crescevano anche le spese.
Durante i primi decenni del Seicento numerosi erano i legati, suddivisi in moltissime piccole quote, e prestati al tasso del 10, raramente al 9 per cento, a canonici e nobili della città di Santa Severina, ed anche di Crotone. Capitali che per maggior sicurezza, erano infissi sui terreni, le case ed i giardini di coloro che avevano ottenuto il prestito. Verso la metà del Seicento, con la diminuzione dei tassi, molti capitali furono affrancati ed il denaro tornò al capitolo in attesa di essere reinvestito. Per non rimanere inoperoso esso fu impiegato in compra di alcuni terreni e della gabella della carne. Tra i terreni acquistati ricordiamo un olivitello detto “la Costa di Santo Infantino”. Il piccolo terreno fu comprato nel 1652 da Gio. Antonio Faraldi, utilizzando ducati 15, parte della donazione del canonico Luca Mascaro.
Tre anni dopo, nel 1655, è la volta delle gabelle “Ardavuri” e “Valle del Giardino”, acquistati per ducati 400 dagli eredi di Pietro Paulo Barracca. I due fondi erano adatti alla semina ed al pascolo, e vi era anche un esteso oliveto. Di solito davano una rendita, nel primo caso, circa 60 tomoli di grano all’anno e, nel secondo, ducati 28; a queste rendite bisognava inoltre aggiungere circa 35 litre di olio, quando vi era l’anno di carica di olive. Per procedere all’acquisto furono utilizzati ducati 184 provenienti dal legato di D. Gaspare Rossi, ducati 100 del legato del tesoriere Gio. Francesco Caruso, e ducati 120 del legato del canonico Francesco Antonio Mancuso.
Lo stesso avvenne nel 1659 con l’acquisto per ducati 550 della gabella “Budetto”, che quando era affittata a massaria, dava in grano tomoli 80 l’anno, quando a pascolo ducati 40. Per acquistarla furono impiegati numerosi capitali, che erano stati affrancati e provenivano da diversi legati: Ducati 100 erano del legato dell’arciprete di San Mauro Gio. Pietro Modio, ducati 60 dal legato del chierico Cesare Novellise, ducati 100 dal legato di Nicolo Parise, ducati 30 dal legato di Gio. Francesco Caruso, ducati 30 dal legato di Isabella Biserta, e ducati 220 dalla donazione del canonico Luca Mascaro. Poi fu la volta dell’acquisto della gabella della carne. Il 10 maggio 1643 i sindaci ed il regimento della città di Santa Severina, non avendo il denaro per poter pagare il regio numeratore dei fuochi e far fronte alle spese per la numerazione, chiesero il regio assenso alla vendita della gabella della carne, “che si paga un grano per rotolo di carne”. Ottenutolo, in quello stesso anno, il capitolo l’acquistò per ducati 400 dall’università della città di Santa Severina, con patto di retrovendendo. A tale scopo furono utilizzati anche ducati 200, che facevano parte del legato di D. Giovanni Sapia. Il dazio rendeva circa 30 ducati annui, cioè il 7,5 % del capitale impegnato.
L’arcivescovo Francesco Falabella
Al capitolo spettano due masse comuni, che si formarono col passare del tempo, da legati pii lasciati sia per la celebrazione di messe, che per le distribuzioni assegnate alla quotidiana recitazione delle Ore Canoniche.
L’arcivescovo Falabella (1660-1670), poiché non trovò alcuna platea del capitolo, il 3 agosto 1661 ordinò alle dignità ed ai canonici, sotto pena della sospensione, di procedere alla compilazione entro quindici giorni. Cosa che avvenne il 18 settembre 1661. Quel giorno, al suono della campana, si riunirono in sacrestia le dignità ed i canonici e, in presenza del vicario generale Domenico de Alexandris, del regio giudice a contratto Michel’Angelo Curcio, e di testimoni, il notaio Francesco Antonio Parise, abitante in Santa Severina, redasse la platea “de scribendo, de sumendo quam plures partitas ex nonnullis Intrumentis, quae in carta pergamena asservari invenimus”. Nella platea capitolare sono annotati i fondi e le rendite che costituiscono sia le prebende canonicali, che la massa comune, ossia delle messe, anniversari, notturni e notturnelli, con i rispettivi legati, e l’altra massa detta delle distribuzioni che si ripartisce per l’intera.
I beni stabili, quasi tutti fondi rustici, provenienti da donazioni, lasciti ed acquisti, erano 28. In 16 (Molerà Vecchio, Difesa di Volo, Valle Grande, Vignale nella Valle Grande, Valle dell’Orco, Parzo, Paganò, Roccelluzza e Vignale delli Campani, Budetto, Ardavuri, Valle del Giardino, Olivetello di S. Jacovo, Costere delle Donne, Vignale, Pacciarello, Vignali a Bodetto), vigeva la rotazione triennale di semina e pascolo; nel primo caso i fondi davano annualmente circa 700 tomoli di grano, mentre nel secondo poco meno di 400 ducati. Vi erano poi quattro vignali (Antonio di Joana, Armerò, Paganò e Sulleria) che erano affittati col pagamento solo in grano, e davano circa 5 tomoli. Quindi sette tra giardini, orti, oliveti e chiuse con alberi da frutto (giardino di S. Vito, Chiusa di Paganò, S. Infantino, Guttuneri, Li Campanari, Chiusa di Merto) che rendevano poco più di 80 ducati, ed infine un palazzo a Cutro affittato per ducati 25 annui.
Se i terreni erano gestiti direttamente dal capitolo, che teoricamente li affittava all’asta pubblica al maggior offerente, per quanto riguardava le numerose case, che pervenivano dai testamenti e dai legati, esse erano quasi subito cedute mentre il capitale rimaneva infisso sulla casa. L’acquirente in questo caso, si impegnava a pagare un annuo censo enfiteutico. Alla metà del Seicento il capitolo esigeva solamente una pigione di casa e ben 26 censi enfiteutici, dei quali 24 su case, ricavando in media poco più di un ducato all’anno per censo.
Le uscite riguardavano alcuni obblighi di messe, notturni ed anniversari in suffragio delle anime dei benefattori ed il pagamento di alcuni censi, che erano infissi sui beni acquisiti tramite i legati e le donazioni (abbadia di S. Pietro in Niffi, clero di Cutro, mensa arcivescovile, corte baronale, seminario, oratorio di S. Lorenzo, parrocchia di S. Maria del Pozzo, parrocchia di S. Maria la Magna, beneficio del SS. Salvatore). Spettava inoltre al capitolo fornire annualmente le quaranta litre di olio, occorrenti per tenere accese giorno e notte le lampade negli altari di Sant’Anastasia e di Santa Maria degli Angeli, e solamente durante il giorno, nelle feste nell’altare di Santo Leone. Altra uscita era quella di assicurare il salario ai sacrestani. Vi era poi la consuetudine che, quando si affittava in grano la gabella di Molerà vecchio, ad ogni sacerdote del clero spettava un tomolo di grano, e mezzo tomolo ad ognuno “in Sacris”. Quando invece la gabella era affittata a pascolo, ad ogni sacerdote spettavano tre carlini, mentre ad ognuno “in Sacris” grana 15. Lo stesso valeva nella divisione della terza dei ducati 25 proveniente dalla salina di Neto. In origine i ducati 75 dovevano essere divisi metà per l’arcivescovo e metà per il capitolo, ma poi l’arcivescovo donò la sua parte al capitolo.
Altro obbligo del capitolo e clero di Santa Severina era di versare al nunzio papale nella Depositaria di Napoli, annui ducati 60 in due rate, in favore della Camera Apostolica. Questo per atto di composizione degli spogli concesso dal papa Sisto V il 12 luglio 1586, col quale si stabiliva “per parte di detta Camera quel tanto e stato solito promettersi nell’altre compositioni fatte con altri cleri sino ad hoggi eccettuandone sempre secondo il solito i beneficii concistoriali, la illecita negociatione ma che la causa di essa si cominci in vita del prete, o clerico negotiante, e non dopo morte, et i beni di quelli che moreno fori dela residenza nel che si osserva quanto da Pio IIII n.ro predecessore di fe. me. per sua bolla e stato ordinato, et li frutti di beneficii reservati dal giorno che vacaranno sin’al giorno che il provisto ne piglierà il possesso”.
Con tale composizione il capitolo si era impegnato anche a raccogliere il denaro da “li R.R. Arcipreti et clerici Diocesani, contro i quali have autorità Apostolica detto R.do Capitolo di esigere per le somme che furono tassate à tempo della compositione, et hanno sempre corrisposto, e rimetter tutto il denaro in Napoli alla Dispositione Apostolica come sopra franco di cambio”. Le somme, che il capitolo doveva esigere e versare, provenivano dal clero di Cutro, di Rocca Bernarda, di Policastro e di Mesoraca, dagli arcipreti di Marcedusa, Rietta, Cotronei, Altilia, S. Mauro, Scandale, S. Giovanni Minagò, e Rocca di Neto, nonché dal Seminario.
Questo accordo aveva trovato delle difficoltà di applicazione, tanto da richiedere l’intervento del nunzio di Napoli, che in data 27 marzo 1588, inviava una lettera all’arcivescovo di Santa Severina assicurandolo. “Molto Ill. et R.mo Sig. mio Oss.mo. Havendo la R.da Camera Apostolica di or(di)ne di N. S.ta composto et concordato col R.do Capitolo et Clero di cotesta Città di S.ta Sever(in)a et sua Diocesi in certa somma di dinari di pagharsi an(n)ualm(en)te in vice delli spogli, che per l’advenire da questo giorno innanse vi succederanno come amplamente appare nello infronto sopra ciò celebrato, et da i procuratori di detto Capitulo qui presentato et volendo io per quanto appartene al mio offitio che secondo lo sentimento di Sua Beatitudine il detto instromento sia da miei Auditori et comissarii delli spoglii inviolabilmente osservato per fugire la longheza et difficultà di fare intimare a dicti commissarii il tenor di esso m’è parso espediente scriver a V. S. R.ma et pigliarla a volerni dar notitia a tutti miei commissarii che sonno in cotesta Città et diocesi et concedergli che possano legere detto instromento et prenderni anco copia si lo voleranno, et si alcuni di essi per l’advenire fosse così temerario il che non credo che presomisse di andare contra la forma dello detto instromento V.S. R.ma sia servita di farmine haver subito aviso, acciò che Io possa providere et castigare al delinquente, et intanto non permetta che detto o qualsivoglia altro commissario ò Auditore faccia spoglio alcuno prohibendoglielo in virtù di questa a mio nome eccetto si non fosse delli spogli reservati alla R.da Camera in detto instromento, declarando che nonse prohibisca a dicti commissarii il conseguire quelli spogli, che fossero succeduti et comminciati avanti la data della presente et ancora non spediti, et altri casi de quali nel instromento si fa mentione V. S. R.ma sarà servita darmi avviso della recevuta di questa et li bacio la mano Di Napoli li ventisette di Marzo 1588”.
Verso il Settecento
Per la rapida discesa del tasso di interesse molti capitali furono affrancati e ritornarono al capitolo. Parte del denaro fu impiegato nuovamente ad un tasso minore, e parte per non rimanere inoperoso in cassa, il capitolo lo utilizzò in acquisti di altri fondi rustici. Nel 1663 è la volta della metà della gabella Carpentiere, acquistata da Giuseppe e Domenico Franco di Scandale per 1400 ducati. Anche in questo caso concorsero vari e diversi capitali: ducati 500 del legato d’Ippolita Campitelli, da D. Cozza ducati 500, dal chierico Gio. Cosentino ducati 100, da Ascanio Mungia ducati 13:50, da D. Gaspari Russo ducati 13:50 e da Mons. Pisano ducati 150.
Per poter procedere all’acquisto della metà della gabella, il capitolo di Santa Severina dovette compiere diverse operazioni finanziarie, in modo da accumulare il denaro sufficiente. Aveva dovuto vendere per ducati 150 un palazzo nell’abitato di Cutro, che era stato donato dall’arcivescovo Alfonso Pisani, aveva utilizzato il denaro del legato della nobile Polita Campitella, che consisteva in un capitale di ducati 500, infisso sopra i territori di Vituso e Cortina. Altro denaro, cioè ducati 15, proveniva da un lascito di Ascanio Mungia, si utilizzò anche il lascito di 500 ducati del parroco D. Andrea Cozza.
Poi fu la volta della gabella il Frassinetto nel corso di Paganò, acquistata per ducati 300 dagli eredi di Maria Marrella e Lucretia Carnevale. In questo caso furono utilizzati i capitali provenienti da sette legati: Pietro Basile duc. 20, Gio. Andrea Alimanna duc. 20, Dianora Gironda duc. 30, Giuseppe Modio e Faustina Gallucci duc. 100, Tesoriere Caruso iuniore duc. 39, Antonella Pavia duc. 60, tesoriere Caruso iuniore duc. 31.
Quindi, nel 1687, seguì l’acquisto della gabella di Sant’Elia nel corso di Paganò per ducati 1200, dal chierico Giulio Cesare Modio e dalla sorella Innocenza Modio. Per tale gabella si utilizzarono i denari provenienti da dodici legati: D. Mascaro duc. 72, D. Andrea Alemanno duc. 100, D. Cozza duc. 300, Giuseppe Gallucci duc. 260, D. Caruso iuniore duc. 50, Ettore Modio ed Innocentia duc. 49 e mezzo, Vincenzo Guardato duc. 100, Federico Romeo duc. 150, Bernardo Severino seniore duc. 80, D. Mascaro duc. 25, D. Caruso iuniore duc. 6, D. Caruso iuniore duc. 4 e mezzo.[xxviii]
Il furto
Nonostante questi acquisti, molto denaro affrancato rimase giacente nella cassa del deposito, situata dentro il tesoro della chiesa cattedrale. Nel mese di giugno 1693 ritornano i 500 ducati del legato dell’arcivescovo Giulio Santoro. Di questi solo 100 sono impiegati nuovamente. I 400 ducati del cardinale Santoro, i 100 ducati del legato di D. Federico Romeo, i 25 ducati di Carlo Coco ed i 200 ducati del seminario, conservati nella cassa a tre chiavi, il 15 novembre 1696 furono rubati, assieme al tesoro della cattedrale. Furono sottratti beni per circa 2500 ducati, dei quali quasi 700 ducati in contanti, alcuni vasi d’argento e oro e gemme che arricchivano quattro mitre, 2 delle quali erano state donate dall’arcivescovo Gio. Battista Ursino.[xxix]
Il 17 agosto 1697 il segretario di stato informava del furto il nunzio di Napoli, e ne chiedeva l’intervento presso il vicerè Luis Francisco de la Cerda duca de Medina Coeli, per scoprire e punire i colpevoli e recuperare la refurtiva, facendogli presente che l’arcivescovo di Santa Severina, il patrizio crotonese Carlo Berlingieri (1679-1719), “ha qui rappresentato i pregiudizi inferti alla sua chiesa nell’esser stata spogliata nel più prezioso. Essendo però giusto che questi siano riparati e castigati gli autori, al cui fine egli ha istradato costà le sue premure e diligenze, dovrà perciò V. S. prestargli in ciò tutta la necessaria assistenza nelle convenienti forme”.[xxx] Fu dapprima destinato a condurre l’inchiesta il consigliere D. Gregorio de Mercado, ma poi per ridurre le spese, si diede l’incarico al preside della provincia di Catanzaro, il consigliere Francesco Torreion.
Il 5 giugno 1698 l’arcivescovo Berlingieri che, per paura delle ritorsioni si trovava rifugiato in Roccabernarda, chiedeva al cardinale Spada di intervenire presso il vicerè, perchè provvedesse alla sua sicurezza in quanto il consigliere Torreion “è riuscito cavare dalla bocca di quattro carcerati, complici nel furto sacrilego di questa chiesa, come autore di esso fosse stato D. Giovanni Carrara, zio del medesimo Duca” di Santa Severina Antonio Grutther. Il Carrara con altri, aveva commesso il furto con la complicità di un sacrestano, ed “in odio alle censure contro di lui emanate dalla S. Congregazione delle immunità, come aveva già confessato il sacrestano traditore … si è dato alla campagna e continua a perseguitare me e i miei, insidiando alla vita”.[xxxi]
Il 24 giugno 1698 il nunzio di Napoli su ordine del papa Innocenzo XII, si impegnava ad intervenire presso il vicerè “per moverlo a prendere gli espedienti necessarii ad impedire, che il zio del Duca di Santa Severina scoperto già dal Consigliero Torreion per autore del sacrilego furto commesso nel tesoro di quella chiesa, non faccia alcuna delle violenze, che minaccia contro quel Mons.r Arciv.o et i suoi congiunti”.[xxxii]
Nell’ottobre 1698 il processo contro gli autori ed i complici del sacrilego furto era già formato. Le spese sostenute dall’arcivescovo per trovare i responsabili ascendevano a circa 8000 ducati, cioè più di tre volte il valore del danno subito, e gli autori non erano ancora stati puniti. Su pressione dell’arcivescovo il nunzio interveniva presso il vicerè, per sollecitarlo a procedere contro il principale autore del furto e la persona presso la quale si trovava nascosta la refurtiva.[xxxiii] Dopo poco dalla Gran Corte della Vicaria di Napoli furono spedite le citazioni, che colpirono di forgiudica il principale delinquente ed i suoi complici, che furono tutti mandati in galera.
Allora il capitolo di Santa Severina era composto da sei dignità, 18 canonici e 15 preti semplici, i quali servivano il coro per turno, cioè ogni giorno erano assegnati una dignità, tre canonici ed alcuni preti, intervenendo però tutti nelle feste. L’arcivescovo Berlingieri, considerando la tenuità delle poche prebende, che godevano le dignità ed i canonici, “anzi la maggior parte d’essi non avere Prebenda alcuna, e similmente considerando la tenuità della massa delle distribuzioni quotidiane, quali effetti ascendono all’annuo frutto di ducati cento cinquanta circa, e forse meno, erano insufficientissimi per le distribuzioni sudette”, donò al capitolo circa diecimila ducati, parte applicati in annui censi, parte in pecore, e parte nella compra di alcuni beni stabili, in modo che con le rendite tutti i componenti del capitolo fossero costretti ad assistere e servire il coro della sua chiesa metropolitana in tutti i giorni ed ore canoniche “ad formam Concilii”.
Anche questo sostanzioso intervento dell’arcivescovo Berlingieri doveva rivelarsi vano. Le casate che dominavano il capitolo si sarebbero ben presto impossessate dei beni e delle rendite. Nel dicembre 1740 una protesta inoltrata da un piccolo gruppo di canonici (Francesco Antonio Godano, Gennaro Vetere, Tomaso di Cola, Francesco Casoppari, Severini Oronzo, Bartolo La Rosa), nella curia arcivescovile, denuncia il malaffare e le connivenze. I canonici “dicono d’aver con chiarissima esperienza osservato, che tanto i capitali di cenzi, e loro annualità, come gl’altri corpi stabili, e semoventino, che costituiscono la dote di questo Ill.mo Capitolo dalla munificenza de’ Fundatori, e pii legati destinati per il congruo sostentamento de’ canonici, per incuria e dissattenzione degl’annuali communieri o siano Procuratori d’esso Capitolo, si sono alla giornata, non solo deteriorata, ma quasi perduti, e giornalmente vengono a perdersi in grandissimo danno, pregiudizio, ed interesse dell’anime purganti per la privazione de suffraggi, com’altresì dell’odierni, e futuri Capitolari; Perciò volendono i comparenti soddisfare al loro obligo, e disgravare per quanto è possibile, la loro coscienza, per ovviare li pregiudizii, che prevedono serpeggiare nella sudetta communità, formiter si protestano, che qual’ora per mancanza, e negligenza de sud.i procuratori, accadesse minimo danno al sud.o Capitolo, tanto circa i sud.i capitali, e loro conservazione, come dell’altri corpi di terre, e semoventi, o’ pure si trascurasse per loro connivenza, ò privata convenienza l’esazione de frutti nel tempo dovuto, del che sovente n’avviene, che molti de’ capitolari ne sentono tutto l’incommodo, non potendosino provedere à loro bisogni, quando d’ogn’ora n’han prestato il loro personale servizio nel coro … Protestandosi di vantaggio, che tutte l’esazioni in avvenire si faranno s’abbiano di dividere proporzionalmente in publica sagrestia tra tutti li partecipanti, come pure tutte le scritture, così publiche, che private, appartenentino à partite d’affitti, introiti, esiti, legati, ed altri ricevi d’esso Capitolo, debbano estendersi in d.a sagrestia publicamente, e legersino per venire in cognizione di tutti i capitolari e quelle poi conservarsino nel publico capitolare archivio, e mai lasciarsino in potere di persone particolari”.
I canonicati della chiesa metropolitana di Santa Severina
“Canonia est jus spirituale quod aliquis assequitur in ecclesia per receptionem in fratrem et assignationem stalli in choro et loci in capitulo. Prebenda vero est jus spirituale recipiendi certos proventus pro meritis in ecclesia, competens precipienti ex divino officio cui insistit, et nascitur ex canonica tanquam filia a matre”. Dopo il Concilio Tridentino per divenire canonico bisognava essere sacerdote. L’arcivescovo Alfonso Pisano all’inizio del Seicento annotava che ciò avveniva nella chiesa di Santa Severina fin dall’antichità: “Praeterea canonici ecc.ae suae ex antiqua consuetudine sunt omnes fere sacerdotes”.[xxxiv]
Le dignità ed i canonicati presenti nella chiesa metropolitana di Santa Severina erano: Santo Pietro Martire archidiaconato, Santo Teodoro decanato, S. Anastasia V. e M. cantorato, Santa Maria di Niffi seu della Misericordia tesorerato, Santa Domenica primoceriato, Santa Anastasia V. arcipreitato, Santa Maria di Boncalabria canonicato, Santo Nicolò di Scuraianni canonicato, Santo Stefano di Ferrato canonicato, Santo Nicolò delli Millei canonicato, Santo Giorgio canonicato e penitenzeria, Santa Maria della Neve canonicato, Santa Maria dei Sette Frati canonicato, Santa Lucia canonicato, Santa Maria la grotta canonicato, Santo Vito canonicato, Santa Maria delli Trongali canonicato, Santa Maria delli Pozella canonicato, Santa Maria Orapronobis canonicato, Santo Pietro di Sette Porte canonicato, Santo Giorgio di Grottari canonicato, Santa Domenica di Torrotio canonicato, Santo Nicolò di Grottari canonicato, e Santo Nicolò d’Armirò canonicato.
“Niffi”, “Boncalabria”, “Scuraianni”, “Ferrato”, “Millei”, “Sette Frati”, “Trongali”, “Pozella”, “Grottari”, “Torrotio”, “Armirò”, indicano i luoghi dove erano situate le chiese che, con il loro titolo: Santa Maria, San Nicolò, Santo Stefano, San Pietro, San Giorgio, Santa Domenica, ed i loro possedimenti, costituivano le prebende. A volte il titolo della prebenda indica allo stesso tempo il luogo ed il santo al quale la chiesa è dedicata, come nel caso di San Pietro Martire, San Teodoro, Santa Anastasia Vergine e Martire, Santa Domenica, San Giorgio, Santa Lucia, San Vito, ecc. Le chiese rurali erano situate nella diocesi di Santa Severina, in territorio di Mesoraca (San Pietro, San Teodoro, Santa Domenica), di Scandale (San Pietro delle Sette Porte, Santa Domenica di Torrotio, Santa Maria di BuonCalabria, San Stefano de Ferrato), di San Mauro (Santa Maria di Niffi, San Nicolò di Scurojanni, San Nicolò delli Millei), e di Cutro (San Giorgio).
Il tutto richiama una colonizzazione avvenuta quando nella chiesa di Santa Severina si officiava seguendo il rito greco, ed i santi d’oriente erano particolarmente venerati. Ancora all’inizio del Duecento i componenti del capitolo della chiesa metropolitana di Santa Severina conservavano i titoli della chiesa greca d’oriente. Tra coloro che sottoscrivono un documento di permuta del giugno 1202, scritto per mano del “tabellionis Georgii prothopape de Borco”, troviamo infatti: “Basilius humilis presbiter Mittemappa magnus prothopapa mitropolitane Ecclesie, Georgius humilis presbiter et protopapa mitropolitane Ecclesie et tabularius Sancte Severine scripsi et subscripsi, Basilius Blefarus protopapa, Stephanus humilis presbiter et cartofilato, Alferius luciferus archidiaconus, Gregorius humilis diaconus et castrisius, Nicolaus Fisa humilis presbiter, Constantinus Coclachi humilis presbiter et protopapa, Nicolaus humilis presbiter candidatus, Leo Xerosicoti humilis presbiter et domesticus, Andreas humilis presbiter et nomofilata.”[xxxv]
Una natura selvaggia ed ostile
I titoli dei canonicati ci introducono al culto di alcuni santi particolarmente venerati nel territorio della diocesi di Santa Severina. Molto presente è la devozione a Maria; otto canonicati su ventiquattro sono dedicati alla Madre di Dio (di Niffi, di Boncalabria, della Neve, della Grotta, delli Trongali, delli Pozella, Orapronobis), seguono San Nicola con quattro canonicati e, quindi, San Pietro, Santa Domenica e Santa Anastasia, con due.
Quest’ultima, in quanto intercede e protegge la città presso Dio, è la patrona di Santa Severina, titolare della cattedrale e del suo capitolo. Essa è rappresentata nel sigillo ovale del Capitolo in piedi, martire sul rogo, coronata in quanto “Patrizia”, con l’aureola ed avvolta in un’ampia tonaca. Sorregge con la mano sinistra la città di Santa Severina e tiene nella destra un ramo di palma emblema della vittoria del martirio sulla morte. Nella corona in alto al centro c’è la stella di Davide, simbolo dei giorni della creazione, segue l’iscrizione “CAPTLUM S. ANASTASIAE S. SEVERINEN” oppure quello più recente “CAPITULUM METROPOLITANAE ECCLESIAE SANCTAE SEVERINAE”.
Questa martire greca, il cui nome significa “resurrezione”, fu particolarmente venerata; tra le molte reliquie la maggiore è il braccio di S. Anastasia, che fu posto in una teca di argento, indorato per ordine del cardinale di Santa Severina Giulio Antonio Santoro. Nelle icone essa è di solito raffigurata avvolta in un “maphorion” di colore verde o blu. Come “Farmacolitria” intercede come guaritrice; perciò reca in una mano la boccetta del farmaco, cioè la medicina benefica della Resurrezione, e nell’altra la croce. Il suo culto è legato alla domenica, giorno della resurrezione.
Rendite dei canonicati
Per il sostentamento il canonico si avvaleva quasi sempre di tre rendite. Una proveniva dal patrimonio sacro, cioè dall’insieme di beni patrimoniali, simili alla dote, di cui doveva essere provvisto nel momento in cui era stato ordinato sacerdote, condizione per poter aspirare al canonicato, un’altra “ad titulum patrimonii”, dal canonicato della chiesa metropolitana, con i beni che costituivano la prebenda, infine poteva contare “ad titulum patrimonii”, sulle distribuzioni quotidiane, per l’assistenza personale nei divini offizii e servizio del coro della metropolitana, somma che gli era assegnata dal procuratore del capitolo “delle rendite che s’esigono per la comunità”.
Nel Medioevo i beni che costituivano la prebenda rappresentavano la gran parte, se non tutto, il patrimonio su cui poteva contare il canonico per il suo mantenimento. Essi erano per la maggior parte costituiti da fondi rustici, che col tempo andarono però a diminuire, ed alcuni furono alienati o usurpati. In seguito, dopo il Concilio di Trento ed in specie dopo la “Bolla” di Sisto V (1585-1590), fu obbligo per il canonico possedere un suo patrimonio personale, per potere accedere al sacerdozio. L’effetto che ebbe tale “Bolla” sulla chiesa santaseverinese è testimoniato pochi anni dopo, dall’arcivescovo Alfonso Pisani: “… per il rigore della Bolla della fel. memoria di Sisto quinto si fanno pochissimi preti, poiche non vi è quella letteratura che si riceva, e quelli pochi che hanno qualche intelligenza son poveri di patrimonio, e beneficii ve ne sono pochissimi di qualche frutto, onde ne seguita la diminutione del servitio della chiesa metrop(olita)na e di tutte l’altre parocchiali”.[xxxvi] Sempre in tale periodo cominciò ad aumentare per le numerose donazioni e legati, la somma assegnata dal procuratore del capitolo, proveniente dalla massa capitolare e dalle distribuzioni quotidiane per l’assistenza personale al culto.
Tuttavia, è una nota costante in tutte le relazioni degli arcivescovi di Santa Severina, l’esiguità delle prebende e delle distribuzioni, ed il fatto che i canonici potevano quasi solamente contare sui loro beni patrimoniali personali. Per tale motivo alcuni canonicati di poca, o di nessuna rendita, rimasero per molto tempo vacanti. I numerosi tentativi, che gli arcivescovi attuarono per aumentare la massa capitolare e le distribuzioni, si rilevarono sempre di breve durata e di efficacia momentanea, per la continua opera di spoliazione ed usurpazione, che nel tempo attuarono le famiglie nobiliari dominanti.
Per la mancanza, o l’esiguità delle distribuzioni quotidiane, i canonici disertavano il culto divino; per la loro assenza non partecipavano alle distribuzioni ma, non essendoci niente da spartire, niente perdevano. Il tentativo dell’arcivescovo Francesco Falabella di comminare pene a coloro che non intervenivano alle funzioni sacre, o si assentavano per mesi, o addirittura per anni dalla città e dalla diocesi senza il suo permesso, si scontrò con la reazione dei canonici, i quali si rivolsero alla Sacra Congregazione dei Vescovi e dei Regolari, facendo presente i loro statuti e le loro antiche consuetudini. “Canonici sunt descripti in Tabella, ut recitent Divinum officium, et celebrent Missam Conventualem, sed quia non ammittunt distributiones quotidianas cum non adsint, nec subiacent alicui poenae secundum eorum statuta quando non intersunt, persepe accidit, quod unus tantum canonicus, qui officio haebdommadarii fungitur, et missam celebret, intervenit in choro, reliqui veò canonici haebdommadarii hinc inde vagantur ita ut nisi ex mera eorum voluntate, vel devotione aliquis simplex sacerdos assisteret, aliquando duo, et aliquando tres, non posset Divinum officium recitare, nec missam conventualem celebrare, et cum ego pro mei muneris officio providere huic inconvenienti voluerim, comminando poenam negligentibus, ipsi se defendunt non fuisse per Sac. Concil. Trid. impositam aliquam poenam non interessentibus, nisi amissionem distributionum, quae distributiones cum non adsint, ut s(upr)a dictum est, Divinus cultus suo servitio defraudatur, et aliqui ex eis per plures menses hinc inde vagantur extra Civitatem, et Dioecesim et quandoq(ue) per annum ultra tres menses à d(ict)o Sac. Concilio concessos, et cum per edictum fuerint per me mandatum, quod non discedant absq(ue) mea licentia ad finem cognoscendi si ultra tres menses absunt continuos, vel interpellatos, d(ict)i canonici appellaverunt ad sacram Congr(egatio)nem Episcoporum et Regularium, praetendentes se posse absque licentia Ordinarii abesse, allegantes talem inter eos esse consuetudinem”.[xxxvii]
Anche l’arcivescovo Carlo Berlingieri alla fine del Seicento, si meravigliava per la precaria, immutata e triste situazione economica e religiosa, che regnava nella chiesa di Santa Severina, che egli trovò al suo arrivò e che cercò di migliorare. Egli fece subito appendere nella sacristia della chiesa metropolitana, una tabella dove erano descritti e annotati le dignità, i canonici, i preti semplici e i chierici in minoribus, ed ad ognuno di questi egli assegnò il servizio in divinis, che doveva svolgere in detta chiesa. Nonostante che nel passato la metropolitana aveva potuto contare sulla presenza di arcivescovi come Giovanni Battista Orsini, che aveva partecipato al Concilio Tridentino, e del potente cardinale Giulio Antonio Santoro, infatti, niente era stato innovato: “Veritus, ne si ad amplius servitium canonicos arctarem, isti, canonicatibus dimissis, ecclesiae cultum omnino desererent, Massae namq. distributionum redditus centum quadraginta ducatos monetae Regni vix attingunt: reliqua vero bona per Capitulum possessa, ex piorum relictis, cum onere missarum, et anniversariorum fructibus pene corrispondente proveniunt”.[xxxviii] Lo stesso doveva scrivere l’arcivescovo Antonino Ganini ottanta anni dopo: “Praebenda Decanalis ad ducatos Regni circiter 40 ascendere potest, Archidiaconalis ad 24. Reliquiae vero aut tenuissimae sunt, et minimi momenti, aut nullae penitus, ut proinde fructus sunt loco praebendae, et eorum tertia pars loco distributionum”.[xxxix]
Molti dei terreni e delle chiese che, anticamente, davano titolo e rendita al canonicato, già nel Cinquecento erano scomparsi, e di essi si era persa ogni memoria. Rimaneva solo il titolo del canonicato ed il toponimo, che più di recente seguiranno lo stesso destino. Già durante il Decennio francese c’era stato il tentativo di soppressione di alcuni canonicati rimasti vacanti. “Degli anzidetti canonicati i due già soppressi con Real decreto de 26 9bre dell’anno 1812 sono stati uno sotto il titolo di S. Maria de Caprari e l’altro sotto l’invocazione di S. Vito Martire la vendita de quali assegnata dalla Regal Munificenza alla chiesa parocchiale del villaggio nomato Altilia in comenda di quel curato”.
Un decreto del 7 ottobre 1813 sopprime i due canonicati vacanti sotto i titoli di Santa Maria Speleolita, e di Santa Maria della Neve, il primo per morte del sacerdote Francesco Borrelli e il secondo per morte del sacerdote Francesco Rizza, mentre “le rendite dei medesimi siano di Legati pii, siano di massa comune, e di qualunque altra natura, franchi di pesi di messe, che rimangono abboliti, siano uniti all’arcipretura curata della sud.a cattedrale in aumento di congrua di quell’arciprete, il quale rimarrà esonerato da’ pesi di messe che dovrebbe celebrare come uno de’ capitolari, e che restano egualmente abboliti”.
Con la Restaurazione essi furono ripristinati. Il 21 agosto 1816 il vicario capitolare di Santa Severina era informato che il re aveva deciso che “le novità avvenute da cotesta cattedrale in tempo di sede vacante sotto l’occupazione militare circa l’esercizio della Cura, e la restrizione del numero de’ capitolari non si debbano attendere, e che tutto debba tornare allo stato primitivo”.
Ciò che non era accaduto per legge, divenne irreversibile con la diminuzione continua del clero. Poco dopo la metà dell’Ottocento i canonicati, comprese le sei dignità, da 24 si sono ridotti a 18, e di questi sette non hanno redditi da prebenda e alcuni sono vacanti. Sono venuti meno quelli di S. Domenica di Torrotio, di S. Nicola de Scurajanni, di S. Vito, di S. Maria de Trongali, di S. Nicola di Armirò, di S. Nicola di Grottari e di S. Maria della Neve.
Reddito della Prebenda | Dalla Massa | Totale | |
Arcidiaconato | 1579,67 | 719,82 | 2299,49 |
Decanato | 641,69 | 719,82 | 1361,51 |
Cantorato | 264,22 | 1059,82 | 1324,04 |
Tesorerato | 349,05 | 719,82 | 1068,87 |
Primiceriato | 33,11 | 909,79 | 942,90 |
Arcipretura | = | 889,82 | 889,82 |
Can. di S. Stefano | 47,31 | 719,82 | 767,13 |
Can. S. Maria delle Puzella | = | 719,82 | 719,82 |
Can. Sette Frati | 131,75 | 719,82 | 851,67 |
Can. S. Giorgio, Penitenziere | 552,49 | 719,82 | 1272,31 |
Can. S. Lucia | = | 719,82 | 719,82 |
Can. S. Maria de Caprari | = | 719,82 | 719,82 |
Teologato S. Pietro sette porte | = | 1569,82 | 1569,82 |
Can. S. Nicola de Millei | = | 1136,20 | 1136,20 |
Can. S. Maria di Speleolita | = | 719,82 | 719,82 |
Can. S. Maria di Cropani | 35,21 | 719,82 | 755,03 |
Can. S. Maria ora pro me | 37,07 | 719,82 | 756,89 |
Can. S. Maria di buon Calabria | = | 719,82 | 719,82 |
Con l’incameramento dei beni ecclesiastici stabilito dalla legge del 7 luglio 1866 e dalla successiva del 15 agosto 1867, e con la loro vendita, le proprietà del capitolo passarono in mano ai latifondisti. Tra il 1869 ed il 1873, ben 26 fondi rustici appartenenti al capitolo di Santa Severina furono comprati dal barone Luigi Berlingieri dal Demanio provenienti dall’Asse Ecclesiastico. Essi erano Roccella del Decanato, Cantorato del Cantore, Vignale di Bisciglia, Rassello e Manche, Cona del Teologo, Valle dei Preti e Vignale, Vignale d’Armirò, Costiere delle Donne, Pio e olio, Valle Grande Sottana, Valle Grande di Faraldi, Frassineto, Gabella confine Neto o Roccelluzza, Monaca del Penitenziero, Vignale Fico, Manca della Chiesa, Moscarello e Livellazzo, S. Nicola d’Armirò del Cantore, Vignale Crudele, Trinchetto, Columbro, Vignale S. Anastasia, Vignale Nero, Vignale Arango, Scaglione e Pizzuta.
Le insegne
Anticamente i canonici di Santa Severina erano mitrati. In seguito, solo le dignità avevano diritto all’insegna della cappa magna, privilegio dei nobili. All’inizio dell’Ottocento questo privilegio fu esteso a tutti i canonici. Alla metà del Seicento i canonici indossavano una mozzetta di colore violaceo senza cappuccio sopra una cotta, cioè una mantellina corta su una tunica bianca, lunga fino al ginocchio e con maniche larghe.[xl]
Il cappuccio, che anticamente faceva parte dell’abito del canonico, ma che poi era stato abbandonato, fu reintrodotto per volontà dell’arcivescovo Nicolò Pisanelli (1719-1731): “singulis pro insigni muzzettam violacei coloris cum caputio supra cottam deferentibus, quod quidem caputium olim a p.tto capitulo gestari solitum, nec praevio judicis decreto ab eisdem qua de causa dignoratur, intermissum, ac propè meum advendum propriamet auctoritate resumptum, a Tisci instantiam pro eadem auctoritative redentegratione, informatione capta et fabricato processo, in constat de eorum antiqua quasi possessione, in limina causae expeditionis monitorium ab A. C. de manutenendo impetrantibus, fuit confirmatum”.[xli] Anche la cotta fu sostituita dal rocchetto, cioè da una sopravveste di lino bianco con pizzo, lunga come la cotta, ma con maniche strette e lunghe (“Capitulares, qui pro insignibus mozzettam deferunt supra rochetum, eamq. coloris violacei.”).[xlii]
Non mancarono gli abusi ripresi spesso dagli arcivescovi. Francesco Falabella, nella relazione del 1666, annota che vi era l’abuso “quod quando moritur aliquis dives, associatur eius cadaver a Decano Capitoli, induto Pluviali nigri coloris, et reliquis canonicis à Domo defuncti usque ad sepulchrum, indutis cum Pluvialibus sericis coloris albi, rubri, viridi, et violacei eodem modo, quo uti solent in solemnitate Corporis Christi, et in diebus festivis in ecc.a pro tempor. diversitate”.[xliii]
Dignità e canonicati
Arcidiaconato – Canonicato di S. Pietro Apostolo e Martire
1202: Alferius Luciferus.[xliv] / 1223-1224: Létos.[xlv] / 1325: “Guillelmus”.[xlvi] / 1373: Rogerius.[xlvii] / 1402: Johannes Norexonus. / 1432 (?): Nicola Bartucci. / 1432-1445: Guillelmus de Lappadya (Papadia).[xlviii] / 1513: Sancto de Trisio. / 1513: Antonio Benincasa.[xlix] / 1532: Petro de Sindico archidiacono. / 1535: Francesco de Miranda.[l] / 1535-1545: Petruccio (Petro, Petrutius) de Sindico. / 1563-1592: Jo. (Gio.) Francesco delo Modio. / 1596: “Il R.do Cappellano di S. Pietro martire di Mesoraca con una libra di Cera comp.t R. D. Archidiaconus gaspar cayvanus.”[li] / 1596-1604: Gaspar Caivanus. / Gennaio 1605: “De Archidiaconatu ecclesiae S. Severinae vac. per ob. Gasparis Carrani (Caivani, ndr) de mense septembris anni praeteriti def., providetur Pompeo (Prospero, ndr) Leone, clerico Crotonen.”[lii] / 1605-1614: Pompeo (Prospero, ndr) Leone U.I.D. Crotonese / Ottobre 1614: “De archidiaconatu ecclesiae S. Severinae, qui est dignitas post pontificalem maior, cuius fructus XXIIII duc., vac. per ob. Pompei (Prosperi, ndr) Leone, de praesenti mense def., providetur Petro Antonio Canale, pbro oriundo.”[liii] / Marzo 1625: “De archidiaconatu, qui inibi est dignitas post pontificalem maior, ecclesiae S. Severinae, cuius fructus XXIIII duc., vac. per ob. Prosperi Leone, providetur Nic. Antonio Sacco, pbro S. severinae civ. vel dioc.[liv] / 30 giugno1625: “Nicolaus Antonius Sacco, cui de archidiaconatu ecclesiae S. Severinae provisum est, dimittit canonicatum et praebendam eiusdem ecclesiae in camera apostolica.”[lv] / 1625-1640: Nicola (Cola) Antonio Sacco. / 1645: “Iosepho de Sindico providetur de archidiaconatu maioris ecclesiae S. Severinae, qui inibi est dignitas post pontificalem maior, vac. per ob.”[lvi] / 1645-1678 Giuseppe (Joseph) del Sindico. / 1661: Arcidiacono Joseph de Sindico. Prebenda: “L’Archidiaconato di q.sta Metropolitana chiesa di S.ta Severina possiede per Prebenda come p.a Dignità dopo quella Pontificale il Benefi.tio di S.to Pietro Martire nella terra di Misoraca aggiunto al d. Archidiaconato la gabella posta nel Distretto di d.ta terra confine la Gabella d.a Cola Cavallo della Corte di Misuraca e lo Pozzo del q.m Vincenzo Scarrillo di Belcastro e s’affitta in grano per tumola vinti due. In erba non si vende per esser curso. Un’altra Gabelluzza nell’istesso luoco conf.e la gabella della SS. Annunciata di Belcastro e la Gabella d.a Cola Cavallo della Corte di Misuraca e lo Vignale del SS.mo di d.a terra q.le è posto tra d.a cabelluccia e la sud.a cabella grande dell’Archidiaconato e s’affitta pure in grano tt.a dodici. Pesi: Paga per il cathedratico alla Mensa Arciv.le una libra di cera rossa. Al sem.rio tre carlini.” / 7 luglio1678: “De Archidiaconatu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Iosephi de Sindico, de mense febrauarii def., providetur Vincentio Infusino, pbro nobili, dictae ecclesiae cantor.”[lvii] / 1678-1708 (?) Gio. Vincenzo Infosino di Santa Severina. / Settembre 1708: “De Archidiaconatu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Io. Vincentiis Infusini, providetur Antonio Ferrari, pbro ab ordinario commendato.”[lviii] / Dicembre 1744: “De archidiaconatu ecclesiae S. Severinae, qui est dignitas post pontificalem maior, cuius fructus 24 duc. vac. per ob. Dominici Fiorini, providetur Petro Caputi, pbro oriundo 40 an. U.I.D., cum decreto vacationis decanatus quem obtinet.”[lix] / 12 marzo 1746: “Bartholomaeo de Gratia, U.I.D., providetur de archidiaconatu ecclesiae S. Severinae qui inibi est dignitas maior post pontificalem, cuius fructus cum distributionibus 60 duc., vac. per ob. Petri Caputo.[lx] / Giugno 1765: “De canonicatu cathedralis S. Sev., cuius fructus 24 duc. vac. per ob. Anelli Vicchi, providetur Iosepho Capozza, pbro oriundo 52 an., in concursu approbato.”[lxi] /Novembre 1776: “De Archidiaconatu ecclesiae S. Severinae, vac. per ob. Bartholomaei La Gratia, providetur Iosepho Capozza, qui in munere canonici theologi se exercuit, ab ordinario commendato, cum decreto vacationis primiceriatus, quem obtinet.”[lxii] / 1776-1782: Giuseppe Capozza. / 1796: Diodato Ganini. / 30 maggio1845: “Francisco Ant. Godano pbro oriundo 60 an., providetur de archidiaconatu ecc. S. Sev., vac. per ob. Deodato Ganini.”[lxiii]
Decanato – Canonicato di S. Teodoro Martire
1325: “Rogerius”. [lxiv] / 1424: “presbiter Spiritus Brunectus decanus dicte maioris ecclesie”.[lxv] / 1445: “p(res)b(ite)r baldasar Argisius, decanus maio(r)is eccl(es)ie Civitatis S(an)te severine”.[lxvi] /1452: Antonio de Sindico.[lxvii] / 1510-1519 (?): Giovanni Clasidonte (Classidonte). /1519: Domenico de Rubeis.[lxviii] / 1524: Fran.co de Maximo. / 1532: Fran.co de Marbruto. / 1542-1558: Jo. Infosino. / 1572-1583: Fabio Infosino / 1591-1595: Novellisio (Novellise) /1596: “Il R.do cappellano di S. Teodoro di Mesoraca con una libra di Cera comp.t R.dus decanus novellisius.”[lxix] / 1608-1620: Gio. Vincenzo Carnevale (Carnovale). / 1622-1648: Camillo Infosino. / 22 settembre 1649: “Marco Anton. Arcieri (Leti) providetur de decanatu ecclesiae S. Severinae, vac. per ob. Camilli Infosini.”[lxx] / 1649-1702: Marco Antonio Leto di Santa Severina. / Gennaio 1663: “De decanatu ecclesiae S. Severinae cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Marci Ant. Leti, de mense octobris vel novembris praeteriti anni def., providetur Vincentio Gerardi, pbro nobili oriundo, subcollettori decimarum et archipresbitero dictae ecclesiae, cum decreto dimittendo dictum archipresbyteratum.”[lxxi] / 1694-1700: Marc’Antonio Leto di Santa Severina. / Dicembre 1702: “De decanatu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Marci Antonii Leto de mense octobris def., providetur Carolo Honuphrio Infusino.”[lxxii] /30 agosto1735: “Petro Caputo providetur de decanatu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus 24 duc., vac. per liberam resignationem Io. Bap.tae La Cava.”[lxxiii] / Dicembre 1744: “De Decanatu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus cum distributionibus 50 duc., vac. per promotionem Petri Caputi ad archidiaconatum eiusdem ecclesiae, providetur Bartholomaeo De Gratia, pbro diocesano, ab ordinario commendato, cum decreto vacationis archiprespyteratus eiusdem ecclesiae, quem obtinet.”[lxxiv] / Settembre 1745: “Martino Severino providetur de decanatu ecclesiae S. Severinae, vac. per promotionem Bartholomaei de Gratia ad archidiaconatum eiusdem ecclesiae.”[lxxv] / Maggio 1759: “De decanatu, qui est secunda dignitas cathedralis S. Severinae, cuius fructus 24 duc. vac. ex eo quod q. Ianuarius Vetere, illum obtinens, ordinarii loci monitionibus canonicis non obtemperans, apud dictam ecclesiam residere neglexit et neglegit, providetur Iosepho Mirante, pbro oriundo.”[lxxvi] / Maggio 1805: “De Decanatu cathedralis S. Sev., vac. per ob. Dominici Ant. Mirante, de mense Februarii 1804 def., providetur Rosario Iacometti, pbro 66 an., primicerio, thesaurario et nunc cantori ab archiepiscopo commendato, cum decreto vacationis cantoratus.”[lxxvii] / 18 settembre1819: “Francisco Pasculli providetur de Decanatu maioris ecclesiae S. Sev., vac. per ob. Io. Dominici Perrone, de mense Maii 1818 def.”[lxxviii] / 24 aprile1846: “Antonio Marrajeni providetur de decanatu metr. ecc. S. Sev., cuius fructus 24 cum incertis 40 duc., vac. per dimissionem Franc. Ant. Godano, qui archidiaconatum eiusdem ecc. adeptus est.”[lxxix]
Cantorato – Canonicato di Santa Anastasia Vergine e Martire
1226: “Petrus primus cantor”.[lxxx] / 1325: “Thomas”.[lxxxi] / 1424: “presbiter Andreas de Guardata, cantor maioris ecclesie dicte civitatis”.[lxxxii] / 1445: “p(res)b(ite)r Andreas de guardata, cantor maioris eccl(es)ie S(an)te s(everi)ne”.[lxxxiii] / (?): Nicola de Girardo. / 1524-1532: Rogerio Strati. / 13 maggio1539: “Iacobo Strati providetur de Cantoria ecclesiae S. Severinae vac. per liberam resignationem Rogerii Strati.”[lxxxiv] / 1539-1542: Iacobo Strati. / 1542: Luca Antonio Novellisio. / 1576-1598: Gio. Vincenzo (della) Padula. / 1613-1622: Gio. Batt.a Ferraro (Baccaro). / 1631-1670 (?): Angelo de Luca. / 1661: Cantore Angelus de Luca. / “Il Cantorato è la 3a (Dignità) del Capitolo della chiesa Metropolitana … S.ta Severina. La prebenda del … una gabella detta il Cantorato sito e posto nel distretto di q.sta Città dentro il curso di Casalnovo, conf. la Gabella della Noce d’una parte e dall’altra le vigne della Roccella e le vigne di Monastria di capacità di tumula trenta in circa dalla q.le quando si dà à massaria secondo la consuetudine di q.sta Città se ne percipe di terraggio tumula quaranta quattro per tre anni a mulirà il primo a maysare franco, il secondo tumuli venti due, et altri tumuli vinti dui il terzo anno, e quando si dà in herba se ne sogliono percipere docati sei. Si pagano di censo dal R.do D. Gio. Vincenzo Carnovale … quattro grana dui per tre vignali ch’il sudetto … del cantorato come herede …. Placido Carnovale suo fratello cioè … Simone e Giuda … che fu del … cl.co D. Gio. Vincenzo Carnovale … tiene ancora altri vignali …”. / Agosto 1670: “De cantoratu ecclesiae S. Severinae, qui est tertia dignitas post pontificalem, cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Angeli de Luca, sede archiep.le vac., providetur Io. Vincentio Infusino UID, nobili S. severinae.”[lxxxv] / Luglio 1678: “De Cantoratu, qui ibi est tertia dignitas ecclesiae S. Severinae, cuius fructus 24 duc., vac. per promotionem Io. Dominici Infusini ad archidiaconatum eiusdem ecclesiae, providetur Hiacinto Faraldo, clerico nobili.”[lxxxvi] / 1684-1700: S. Anastasia V. e M. cantorato (“D. Franc’antonio Severino di S. S.na”). / 2 gennaio1716: “Vicario Generali arch.i S. Severinae. mandat ut Iosepho Lariae Infusino, pbro S. Severinae dioc., de nobili genere procreato, provideat de cantoratu ecclesiae S. Severinae, vac. per ob. Francisci Antoni Severini, de mense octobris prateriti anni def.”[lxxxvii] / 1743: Il cantore D. Martino Severini di anni 51, possiede per la prebenda cantorale una gabella detta del Cantoratello di tt.a 20, sita nel corso di Casalnuovo della mensa arcivescovile confine le chiuse d’Aversa ed esige tre censi enfiteutici da Gio. Vincenzo Aversa, Domenico Antonio Capozza e Gregorio Caruso.[lxxxviii] / 16 marzo1746: “Ianuario Vetere, pbro 50 an., providetur de cantoratu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus cum distributionibus 40 duc., vac. per dimissionem Martini Severini, qui decanatum eiusdem ecclesiae assecutus est.”[lxxxix] / Febbraio 1764: “De cantoratu cathedralis S. Severinae qui est tertia dignitas, cum redditus 24 duc., vac. per ob. Iosephi Mirante providetur Dominico Ant. Mirante, ab ordinario commendato, cum decreto vacationis Primiceriatus, quem obtinet.”[xc] / 1768: Domenico Mirante. / Novembre 1805: “De Cantoratu … vac. per promotionem Rosarii Iacometti ad Decanatum, providetur Io. Dominico Perrone, pbro 66 an., ab archiepiscopo commendato, cum decreto vacationis thesaurariatus, quem obtinet.”[xci] / 22 agosto1822: “Vincentio Casopero providetur de cantoratu maioris ecclesiae S. Sev., qui ibi est tertia dignitas, vac. per dimissionem Francisci Pasculli, qui decanatum eiusdem ecclesiae adeptus est.”[xcii]
Tesorerato – Canonicato di S. Maria de Niffi
1279: Basilius. / 1301: “presbyter Petrus thesaurarius ecclesiae Sanctae Severinae”.[xciii] / 1325: “fabianus”.[xciv] / Come si legge in una “Memoria antiqua fundationis eccl.ae S.tae Mariae de Niffi, seu de Misericordia, quae adnexa reperit. thesaurariati Dignitati huius Metrop. Eccl. S. S.nae”, la chiesa fu eretta ed edificata da Francesco de Policastro, frate degli eremiti del terzo ordine dei mendicanti. Il Policastro il 10 settembre 1515, chiese ed ottenne il permesso dal capitolo lateranense di costruire e di edificare nella località Valle di Niffi, in territorio di Santa Severina, una chiesa sotto il titolo di Santa Maria de Misericordia “cum campanili, campanis, cimiterio, et omnibus aliis eidem ecclesiae necessariis, et opportunis, cum officinis”. Antonio de Policastro ottenne la facoltà di esserne rettore in perpetuo, ed ai suoi successori fu concesso il potere di eleggere i futuri rettori. Il tutto col peso che il rettore ogni anno sarà tenuto ad assolvere una libra di cera bianca nel giorno di Natale alla basilica lateranense. La chiesa possedeva: “In primis Una possessione de celsi, quali sono da circa quarantacinque pedi, et fico, et granata. Item tre vignali, et altri terreni conjunti in detti vignali, che in tutti sono da circa sei tumulate de terre arborate fico, et olive, li quali sono da questa banda lo vallone, et da quella banda sulla parte li celsi”.[xcv] /1509: Petrus de Bachariis. / 1524: Cubello Palermo. /1532: Joanne Infosino. / 1542-1563: Gio. Dominico de Girardo (Girardis). / 1572-1579: Francesco Caruso. / 1591-1595: Mercurio Grutteria. / Agosto 1598: “Iacobo de Gaudio providetur de Thesauraria ecclesiae S. Severinae.”[xcvi] / 1598-1644: Iacobo de Gaudio. / Dicembre 1644: “De Thesauraria, quae est quarta dignitas, ecclesiae S. Severinae, cuius fructus XXIIII duc., vac. per ob. Iacobi de Gaudio, de mense octobris def., providetur Lucae Antonio Modio, pbro IUD, alumno S. Severinae.”[xcvii] / 1661: Luca Antonio Modio. / “Il Tesorerato ha di Prebenda … chiesa di S.ta Severina quarta dignità la cui P.le … vignale con sito di celsi et ulive in territorio di Rocca Bernarda … Li q.li vignali … e le vigne sotto il vocabolo di S. Maria di Niffi confine lo vignale che fu del q.m D. Leonardo … le terre comuni dell’università, ch’entra il vallone di Niffi, la vigna dello … la vigna di Gio. Tomaso Codattilo la vigna di … dalla q.le Prebenda se ne percipe, quando si vendono … celsi anno q.libet carlini venti cinq. E quando si semina e si ara il terr.o se ne percipe tt.a di germano sei. Di più il tesorerato pred.o esigge da immemorabile consuetudine il ius feretri, seu letiche con distint.ne, cioè morendo un citadino nobile … carlini cinq., morendo un citadino populare carlini tre …”. “In conformità dell’ordine della R.ma Corte Arcive.vale io D. L. Antonio Modio thesoriero di questa cathedrale di S. Anastasia rivelo in termine, como nella mia Prebenda sotto il tit.o di S. Maria di Niffi territorio della Rocca bernarda vi sono vent’otto piedi di celsi consunti già per il tempo, et sono rimasti i tronchi con pochissimi braccia, et da quelli se ne possono percipere sette libre di seta quando si vendono … Hoggi 6 di Aprile 1665.” / Luglio 1673: “De thesaurariatu ecclesiae S. Severinae cuius fructus 24 duc. vac. per ob. Lucantonii Modii, de mense maii def., providetur Franc. Antonio Grotteria, pbro oriundo et canonico eiusdem ecclesiae ac moderni archiep.i Vicario Gen.”[xcviii] / 1673-1684: Francesco Antonio Grotteria. / 1694: Julius Faraldi. / 1695: “Leonardo Lopera providetur de thesaurariatu ecclesiae S. Severinae.”[xcix] / 1695-1700: Santa Maria di Niffi seu della Misericordia tesorerato (D. Leonardo Lepera di S. S.na) /14 settembre1731: “Nicolao de Martino proviodetur de thesaurariatu ecclesiae S. Severinae, quarta dignitas post pontificalem, vac. per ob. Leonardi Le Pera, de mense novembris praesenti anni def.”[c] / Febbraio 1738: “De Thesaurariatu cathedralis S. Severinae, cuius fructus 24 duc., vac. per translationem Nicolai de Martino ad parochialem S. Nicolai Graecorum terrae Policastri, providetur Io. Dominico Pace, pbro diocesano, ad curam animarum approbato.”[ci] /1744: “Nicolao Petrucci providetur de thesauraria ecclesiae S. Sev., vac. per liberam resignationem Franc. Ant. Moameno.”[cii] / Luglio 1796: “Io. Dominico De Luca providetur de Thesaurariatu Cathedralis S. Severinae, vac. per ob.”[ciii] / Dicembre 1803: “De Thesaurariatu S. Mariae de Misericordiae, vulgo “dei Niffi”, qui est quarta dignitas cathedralis S. Severinae, vac. per ob. Dominici De Luca, de mense Iulii 1799 def., providetur Io. Dominico Perrone, pbro 63 an., per sex annos parocho, primicerio, ab archiepiscopo commendato, cum decreto vacationis Primiceriatus.”[civ] / 14 agosto1832: “Dominico Gallo, in 48 aetatis constituto, providetur de Thesaurariatu maioris ecc. S. Sev., vac. per dimissionem Franc. Ant. Godano, qui decanatum eiusdem ecclesiae adeptus est.”[cv] / 4 agosto1845: “Gregorio Solilla, pbro 52 an., providetur de thesaurariatu metr. ecc. S. Sev., vac. per ob. Dominici Gallo, de mense Maii def.”[cvi] / 30 marzo1852: “Dominico Sculco, in 52 aetatis constituto, providetur de thesaurariatu metr. ecc. S. Sev., vac. per dimissionem Georgii Solilla, qui cantoratum eiusdem ecc. adeptus est.”[cvii]
Primiceriato – Canonicato di Santa Domenica
1226-1228: Nicolaus.[cviii] / 1445: “p(res)b(ite)r dominicus culucius, p(ri)micerius dicte maioris eccl(es)ie civitatis S(an)te s(everi)ne”.[cix] / 1524-1529: Leopardo Granario (Granaro). / 1533: Alfonso de Tufo. / 1533: Antonio de Luca.[cx] / 1 marzo1540: “Ceasari Fogia providetur de Primiceriatu ecclesiae S. Severinae et de parochiali ecclesia S. Nicolai terrae Mesoracae, vac. per ob. Leonardi Sardo.”[cxi] / 1542: Anselmo Scoro. / 30 agosto1549: “Fabritio Infantino, primicerio civ. S. Severinae, providetur de cappellania parrocchialis ecclesiae B. Mariae de la Grande S. Severinae. vac. per resignationem Marci Antonii Matthei Susanna.”[cxii] / 1549-1558: Frabicio Infantino. / 1576: Petro Gallo. / 1579-1598: Marc’antonio Gaudio. / 1640: Bernardino Liparoti. / 10 febbraio1648: “Hiacinthi Grattaria, canonicus ecclesiae S. Severinae, provisus de primiceriatu eiusdem ecclesiae, vac. per ob. Io. Bernardini Liparoli de mense iulii anni praeteriti def., certis causis, litteris non expeditis et non habita possessione, cessit iuri sibi competenti in dictum primiceriatum in manibus SS.mi in Cancellaria.”[cxiii] / 10 febbraio1648: “De primiceriatu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus XXIIII duc., vac. per cessionem Hiacinthi Grattaria, providetur Francisco Carpentiero, pbro oriundo.”[cxiv] / 1648-1676: Francesco Carpentiero (Carpentiere) / “Primieram.te il Primic.to della chiesa cattedrale per sua prebenda tiene e possiede uno vignale nel territorio di Mesoraca lo quale è detto Santo Antonio nominato lo vignale di Santa Dom.ca confina la Gabella di Michel’Angelo Curcio, Vignali di Santa Catharina e la gabella di Marco Capicchiano di Misor.ca. Dal q.le vignale q.do s’ara pervengono tt.li cinque di grano in circa q.do resta in herba si pascola franca; Ogn’anno esigge un car.no da Gio. Paulo Girlandino sopra la vigna chiamata li Monaci nel territ.o di Misuraca. Tiene ancora car.ni sette di cenzo sopra il Giardino di Scipione Puglise sotto la Grecia di d.a terra di Misor.ca. Pesi: Paga ogni anno car.ni tre al sem.o di questa Città, ogn’anno offerisce una libra di cera rossa alla Mensa Arcivesc.le quando si fa la mem.a della Dedicatione di d.a Cathedrale.” / Febbraio 1677: “De primiceriatu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Francisci Carpentieri, de mense octobris praeteriti anni def., providetur Dominico Zurlo, subdiacono oriundo, nobili, pauperi.”[cxv] / gennaio 1684: “De primiceriatu ecclesiae S. Severinae cuius fructus 24 duc., vac. per promotionem Antonii Severini ad cantoratum eiusdem ecclesiae, providetur Petro Tigano, pbro oriundo, ab archiep.o commendato, cum decreto quod cantoratus, quem obtinet, vacet.”[cxvi] / 1685: Petrus (Pietro) Tigano. / 1695/1700: Santa Domenica primoceriato (D. Pietro Tigani di S. na) / 1760: Domenico Mirante. / Febbraio 1764: “De Primiceriatu ecclesiae S. Severinae, vac. per promotionem Dominici Ant. Mirante ad cantoratum, providetur Iosepho Capozza, cum decreto vacationis theologalis, quem obtinet.”[cxvii] / Novembre 1776: “De Primiceriatu ecclesiae S. Severinae vac. per promotionem Iosephi Capozza ad archidiaconatum providetur Rosario Iacometta, pbro, ad curam animarum bis in concorsu approbato et ab ordinario commendato, cum decreto vacationis canonicatus, quem obtinet.”[cxviii] / Luglio 1796: “Io. Dominico Perrone providetur de Primiceriatu Cathedralis S. Severinae, vac. per promotionem Dominici De Luca ad Thesaurariatum.”[cxix] / 8 marzo1827: “Felici Rossi, pbro 52 an., providetur de primiceriatu metropolitanea ecclesiae S. Sev., vac. per dimissionem Vincentii Casoperi, cui a Pio VII de cantoratu eiusdem ecclesiae provisum fuerat.”[cxx] / 2 settembre1846: “Hippolito Sculco providetur de primiceriatu metr. ecc. S. Sev., vac. per ob. Raphaelis La Rosa de mense Martii 1844 def.”[cxxi]
Arcipretato – Canonicato di Santa Anastasia Vergine e Martire
1572: Petro Gallo. / 1572-1583: Mercurius (Mercurio) de Grotteria (Grutteria, Gructeria). / 1591-1631: Cola (Nicola) Focoso (Ficuso). / Luglio 1631: “De Archipresbyteratu, qui est ultima dignitas, in ecclesia S. Severinae, cuius fructus XXIIII duc. vac. per ob. Colae Focasi, de mense maii def., providetur Diomidi Susanna, canonico eiusdem ecclesiae, cum decreto dimittendi canonicatum.”[cxxii] / 1640-1651: Gio. Battista Moyo (Modio). / Aprile 1646: “De archipresbyteratu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus XXIIII duc., vac. per ob. Io. Baptistae Modio, de praesenti mense aprilis def., providetur Iulio Megali, diacono oriundo.”[cxxiii] / 1661: Vincenzo Gerardi. / Aprile 1664: “De Archipresbyteratu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus nulli, vac. per dimissionem Vincentii Gerardi in provisione canonicatus poenitentiarii, in eadem ecclesia, providetur Dominico Coniglio, pbro.”[cxxiv] / 4 agosto1664: “Vincentius Girardus, pbro dimisit archipresbyteratum ecclesiae S. Severinae iuxta decretum in provisione de canonicatu et poenitentiaria eiusdem ecclesiae.”[cxxv] / Agosto 1664: “De archipresbyteratu ecclesiae S. Severinae, vac. per dimissionem Vincentii Geraldi, providetur Io. Bernardino Lauretta, clerico.”[cxxvi] / 1684-1694: Domenico Rossi (Russo). / Novembre 1694: “De Archipresbyteratu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Dominici Russo, de mense augusti def., providetur Philippo Marescalco, pbro, ab ordinario commendato.”[cxxvii] / Santa Anastasia V. arcipreitato (D. Gio. Filippo Marescalco di S. Mauro) (Paulo Antonio di Fatio) 1695-1700: “L’Arcipretato sesta Dignità … sotto il titolo di S.ta Anastasia Verg. e Mart. titulare di q.sta chathedrale non possiede Prebenda alcuna ne paga …”. / Settembre 1740: “Bartholomeo de Gratia clerico nobili, providetur de archipresbyteratu metropolitanae ecclesiae S. Severinae, qui ibi est sexta dignitas, cuius fructus cum distributionibus 60 duc., vac. per ob. Hiacinthi Mella.”[cxxviii] / Dicembre 1740: “De archipresbyteratu, qui est sexta dignitas, cathedralis S. Severinae, cuius fructus cum distributionibus 60 duc., de quo, per ob. Hiacinthi Mallea, cuidam de quo, per ob. Hiacinthi Mallea, aplca auctorictate provideri concessum fuit, vac. ex eo quod dictus Bartholomeaus falso asseruit de nobili genere procreatum existere, providetur Petro capozza pbro.”[cxxix] / Giugno 1745: “De archipresbyteratu, qui est sexta dignitas, cathedralis S. Severinae, cuius fructus cum distributionibus 60 duc., vac. per promotionem Bartholomaei de Gratia ad decanatum eiusdem ecclesiae, licet quidam Orontius Severini, provisus, apostolicas litteras, iuxta decretum Datariae, expedire neglexit, providetur Nicolao Marzano, pbro diocesano, ab ordinario commendato.”[cxxx] / Settembre 1792: “De archipresbyteratu ecclesiae S. Severinae, vac. per ob. Benedicti Soda, de mense aprilis def., providetur Marco Aversa, cum decreto vacationis canonicatus quem obtinet.”[cxxxi] / Maggio 1797: “Francisco Apa providetur de Archipresbyteratu Cathedralis S. Severinae, vac. per ob.”[cxxxii] / 1799: Francesco Apa. / 14 luglio1843: “Antonio Marrajeni providetur de archipresbyteratu sub tituo S. Anastasiae, metrop. ecc. S. Sev., vac. per ob. Rosarii Borgese, de mense Maii 1842 def.”[cxxxiii] / 2 settembre1846: “Carolo Torchia, pbro, providetur de archipresbyteratu metr. ecc. S. Sev., vac. per dimissionem Antonii Marrajeni, qui decanatum eiusdem ecc. adeptus est.”[cxxxiv]
Canonicato di Santo Pietro delle Sette Porte
Così sono descriti i confini del feudo di Scandale all’inizio del Cinquecento: “Incipiendo a parte vallonis Mauritii et per dictum vallonum ascendit versus boream et vadit et ferit ad eccl(esi)am S.ti Petri de Septem Portis et ab inde vadit et exit ad viam quae venit de lo Cantone”. Fra le terre appartenenti al feudo di Scandale vi è la terra detta “li Communi de Scandale” che è così confinata: “Incipiendo a parte orientis ubi iuguntur vallonus de Melicochi et vallonus veniens et descendens ab ecc.a S.ti Petri de Septem Portis et ascendendo per vallonem p.tum ferit ad dictam ecc.am S.ti Petri et exit ad viam pu.cam venientem da Lo Cantone”.
Il canonicato manterrà il possesso del territorio di Santo Pietro a ricordo della chiesa che vi sorgeva. “Canonicus Sancti Petri deli Secte Porte non comparuit” (1564). / “R.dus canonicus S.ti Petri delle Sette Porte ex.a moenia Civitatis vocatus in synodo more solito. comparuit” (1579). / “R.dus canonicus S. Petri de septem portis extra moenia Civitatis. Comparuit” (1581). / “R.dus canonicus S.ti Petri delle sette porte ex.a moenia civ.tis vocatus comp.t” (1582). / “R.dus canonicus Sancti Petri de sette porte vocatus in Synodo more solito. Comp.t D. Jo.es Ant.s Telesius canonicus (1590). / “Il R.dus canonico de S. Pietro delle Sette Porte. comp.t (1594). / “Il R.do canonico di S. Pietro delle Sette Porte conforme al solito comp.t. (1596).[cxxxv] / Agosto/ottobre 1642: “Iosepho Mannarino providetur de canonicatu et S. Petri delle Sette Porte nuncupata praebenda in metropolitana ecclesia S. Severinae vac. per ob.”[cxxxvi] / 1643: Giuseppe Mannarino. / Agosto 1670: “De praebenda theologali ecclesiae S. Severinae, cuius fructus 24 duc. vac. per ob. ultimi possessori a decennio et ultra def., providetur Io. Vincentio Infusino, dictae ecclesiae canonico.”[cxxxvii] / 21 febbraio1676: “Vicario Gen. Arch. S. Sev. Mandat ut Dominico Terranova, pbro S. Severinae dioc., provideat de canonicatu dictae ecclesiae, cuius fructus 24 duc. , vac. per liberam resignationem Marci Ant. Infusini.”[cxxxviii] / Santo Pietro di Sette Porte (Can.co del Sindico … di Mesoraca) (D. Dom.co Terranova) (1695/1700) / L’arcivescovo Nicolò Pisanelli (1719-1731), essendo rimasto vacante il canonicato di S. Pietro de Septem Portis per dimissione del canonico Domenico Terranova, gli unì alcuni benefici semplici e lo costituì per canonia teologale che, per voto del capitolo, il 13 agosto 1729 fu elevata a personato. Al canonico Antonio Lamanna, primo detentore della prebenda teologale col titolo di personato, fu concesso tale privilegio sopra gli altri canonicati, e dopo l’ultima dignità per gratitudine del capitolo. Lo stesso arcivescovo con la connivenza del capitolo, diede la precedenza al nuovo teologo su tutti gli altri canonici, e favorì da parte dello stesso teologo, l’usurpazione dell’insegna della cappa. Lasciato da Antonio Lamanna, il canonicato teologale pervenne a Saverio Vetere, che lo mantenne fino alla sua morte, avvenuta il 20 febbraio 1737. Seguì il 20 dicembre 1737 Gio. Berardino Arena, il quale cercò di mantenere gli stessi privilegi del predecessore, ma incontrò l’ostilità degli altri componenti del capitolo e del nuovo arcivescovo. Essi fecero presente che il canonico teologo non era riconosciuto come una dignità, in quanto solo il papa poteva crearla, ma solamente aveva una certa preminenza senza alcuna giurisdizione. Pertanto, non poteva esimersi dagli uffici del capitolo e non aveva precedenza sopra gli altri canonici, ma doveva sedere e camminare secondo la sua anzianità. Inoltre, non poteva portare la cappa, essendo questa insegna solo delle dignità, né tanto meno essere partecipe di quella prerogativa di emolumenti, che partecipano le Dignità, ma solo di quello che fruiscono gli altri canonici.
Al teologato era annesso l’oratorio di S. Andrea con le sue proprietà e rendite, tra le quali le gabelle La Colla e Trichei alcuni pezzi di terra dei vignali e censi. L’oratorio di S. Andrea Apostolo fu fondata dalla famiglia Stefanizzi, ed è già presente nella chiesa metropolitana alla fine del Quattrocento. Fu poi aggregato nel 1661 alla prebenda teologale.[cxxxix] Nel 1729 furono uniti al teologato anche i benefici di Santa Maria di Porto Salvo, dei SS. Cosmo e Damiano e di Santo Francesco di Paola. / Novembre 1734: “De canonicatu theologali cathedralis S. Sev., cuius fructus 24 duc., vac. per translationem Antonii Lamanna ad parochialem S. Nicolai loci Mesuraca, providetur Xaverio Vetere, pbro, canonico poenitentiario, cum decreto vacationis poenitentiariae.”[cxl] / Luglio 1737: “De personatu, simplici beneficio, cum ei annexa praebenda theologali, in cathedrali S. Sev., quorum fructus 24 duc., vac. per ob. Xaverii Vetere, providetur Bernardino Arena, pbro diocesano, in praesenti concursu approbato.”[cxli] / Nel 1738 le rendite della prebenda erano costituite dagli affitti dei territori Le Tricheè, La Colla, Teologatello e S. Pietro, e da quattro censi, mentre i pesi erano costituiti dalla celebrazione di 200 messe e dalla contribuzione al seminario. / 1744: Io.e Bernardino de Arena. / “Ex Capituli, Dignitatibus, et Canonicis sex tantum suis gaudent Praebendis, licet tenuibus, nempè Archidiaconus, Decanus, Cantor, Theologus, Poenitentiarius et Canonicus S.cti Petri de Septem Portis nuncupatus, coeteri verò vacant” (Nicola Carmine Falcone).[cxlii] / Febbraio 1764: “De canonicatu Theologali vac. per promotionem Iosephi Capozza ad Primiceriatum, providetur Benedicto Soda, ab ordinario commendato.”[cxliii] / Novembre 1781: “De canonicatu theologali cathedralis vac. per ob. Francisci Casoppero, providetur Brunoni Ant. Sofrè, in concursu, unico comparente.”[cxliv] / 1784: Teologato tit. S. Pietro di Setteporte (can. Sofrè). / 15 dicembre1851: “Archiepiscopo S. Sev., Dismembratio portionis canonicatus theologalis metr. ecc. S. Sev. eiusque applicatio favore cantoratus, primiceriatus et archipresbyteratus eiusdem”, ecc.[cxlv]
Canonicato di S. Stefano di Ferrato
“R.dus canonicus S.ti Stefani dello Bosco de ferrato vocatus in synodo more solito non comp.t” (1579). / “R.dus canonicus S. Stephani de Bosco. Vacat (1581). / “R.dus canonicus S.ti Stefani de Bosco vocatus comp.t” (1582). / “R.dus canonicus sancti Stefani dello Bosco de Ferrato. Vacat” (1590). / “Il R.do canonico di S. Stefano del Bosco di Ferrato. Vacat” (1594) / Il R.do canonico di S. Stefano del Bosco di Ferrato. Vacat” (1596).[cxlvi] / 1601: il canonicato di “S. Stephani de Bosco, vac. per ob. Io. Baptistae Caruso, a 21 annis def.”[cxlvii] / Febbraio 1616: “De canonicatu et S. Stephani nuncupata praebenda eccelsiae S. Severinae, quorum fructus XXIIII duc., vac. per ob Hortensii Palazzo, de mense Ianuarii def., providetur Marco Antonio Renna (Arena), clerico diocesano.”[cxlviii] / 1647-1661: Leonardo Coniglio. /1661: “Il R.do D. Leonardo Coniglio possiede il can.to sotto il titolo di S.to Stefano di ferrato la cui entrada e uno pezzo di terra chiamata S.to Stefano confine a d.a chiesa a ferrato di capacità di tt.a quattro in circa, quando si dà in affitto ne percipe tt.a tre in circa di grano o di germano. Possiede di piu uno pezzo di terra nel luoco di Cerasia del iuspatronato delli Miniscalchi sotto il tit.o della Natività della Madonna nel curso di Casali nuovo distretto di questa Città conf.e le vigne di Salvatore … Marco Pisani vallone mediante e la chiusa di Lutio Le Pera dal quale ne percipe quattro tt.a in circa di grano quando si da à seminare, in erba niente et è di capacità di otto tt.e in circa. Non possedendone peso alcuno. E si dichiara, che il can.to possiede solam.te le terre di S.to Stef.no perche q.lo altro pezzo di terra lo possiede come Benef.o di jus Patronato delli Miniscalchi come s’è detto.” / 1695-1700: Santo Stefano di Ferrato (Can.co Benincasa D. Marc’Antonio di Mesoraca). / 1743: Tomaso canonico di Cola, sacerdote d’an. 32, ha la prebenda canonicale sotto il titolo di S. Stefano e come tale possiede: un vignale di tt.a 2 confine il Bosco di Ferrato, che nulla rende; un altro vignale nel luogo detto il Cugno della Nunziata di tt. 7, confine la Chiusa del Conte, ed una casa con orto contiguo arbustato.[cxlix] / Dicembre 1763: “De canonicatu cathedralis S. Severinae, cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Thomae de Cola, providetur Antonino Ganini, moderni archiepiscopi nepoti et vicario generali, a Capitolo commendato.”[cl] / Giugno 1777: “De canonicatu … vac. per promotionem Antonini Ganini ad decanatum, providetur Thobiae de Stefano, ab ordinario commendato.”[cli] / Dicembre 1781: “De canonicatu vac. per promotionem Antonini Ganini ad Decanatum, providetur Domenico de Luca.”[clii] / 1784: Canonicato di S. Stefano Protomartire de Ferrato (can. De Luca). / 14 agosto1832: “Michaeli Rizza, subdiacono 32 an., providetur de canonicatu et S. Stephani Prothomartyris nuncupata praebenda metropolitanae ecc. S. Sev., vac. per ob. Vincentii Verzino, de mense februarii 1827 def.”[cliii]
Canonicato di S. Maria di Buoncalabria
Al tempo in cui fu fatta la reintegra dei feudi di Andrea Carrafa, nella descrizione dei confini della continenza di Diastra, si riferisce che si giunge ad un cavone seccagno, che discende dalla chiesa di Santa Maria de Mon Calabria e, per detto cavone, si scende al cavone de Pictari detto Cerasia. (“ferit ad cavonum siccaneum descendentem ab ecc.a S.tae Mariae de mon Calabria versus meridiem et per dictum cavonum descendit et ferit ad dictum cavonum de Pictari dictum Cerasia”). / Agosto 1608: “De canonicatu et S. Mariae de Boncalabria nuncupata praebenda eccelsiae S. Severinae quorum fructus XV duc., vac. per ob. Io Petri Ferrari, de mense Iulii def., providetur Lutio Zurlo, clerico oriundo.”[cliv] / 1621-1676: Lutio Zurlo. / “Il S.or canonico Lutio Zurlo la cui Prebenda consiste in uno vignale nel casale di Scandale con doi pedi di fiche e una g(abella) dove vi è fondata una chiesa titolata Santa Maria di Boncalabria quando s’affitta si percipe … t.lo mezzo di grano …”. / Dicembre 1676: “De canonicatu ecclesiae S. Severinae cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Lutii Zurlo, de mense octobris def., providetur Ioseph Malea, pbro ab ordinario commendato.”[clv] / In territorio di Scandale: “V’è una chiesa sotto il titolo di S.ta Maria di Boncalabria, nella quale v’è il tetto diruto, e non si celebra”.[clvi] / 1695-1700: Santa Maria di Boncalabria (D.r can.co Mancuso D. Tomaso di S. S.na). / 1743: “D. Giulio canonico Sapia d’an. 45 … come rettore del canonicato di S.ta Maria di Buoncalabria esige da Nicola Drammis di Scandale carlini otto di censo enf.”[clvii] / In territorio di Scandale c’è la “ecclesia S.tae Mariae de Buoncalabria regitur per suum procuratorem à me deputantum”.[clviii] / Novembre 1769: “De canonicatu … vac. per ob. Iulii Sapino providetur Iosepho Padula, ab ordinario commendato.”[clix] / Dicembre 1781: “De canonicatu … vac. per ob. Iosephi Padula, de mense ianuarii 1780 def., providetur Iosepho Iacometta, ab ordinario commendato.”[clx] / 1784: Canonicato di S. Maria di Mon Calabro Boncalabria (can. Iacometta). / Luglio 1785: “De canonicatu vac. per promotionem Iosephi Iacometti ad canonicatum poenitentiarium providetur Domenico Venuti.”[clxi] / 30 agosto 1832: “… mandat ut Hippolito Sculco, pbro, provideant de canonicatu et S. Mariae Bonae Calabriae nuncupata praebenda, vac. per ob. Thomae Cizza de mense novembris 1828 def.”[clxii] / 23 maggio1856: “Fideli Bilotta, in 51 aetatis anno constituto, providetur de canonicatu S. Mariae Bonae Calabriae in metr. ecc. S. Sev., vac. per dimissionem Hippoliti Sculco, pbri, qui primiceriatum eiusdem Ecc. assecutus est.”[clxiii]
Canonicato di S. Nicola di Scurojanne
Nel marzo 1240 in un‘inchiesta, tesa ad accertare se il monastero di Sant’Angelo de Frigillo debba concorrere alle spese per la riparazione del castello di Santa Severina, sono interrogati alcuni abitanti del casale di San Mauro. Tra questi vi è anche un certo “senes Lamaro de casale Scuro Iohanne”.[clxiv]
All’inizio del Cinquecento il villaggio, che era situato ai confini del territorio di San Mauro, sopra un colle sulla via che da Cutro portava a Santa Severina, era scomparso. In un elenco di “Stazzi, trazze, e calate d’acqua, e carrere del tenimento della Città di S.a Severina (“Die 7 aprilis X ind.e 1507”), la località è ancora richiamata: “Item li stazzi della Valle della Botte in capo delli Ficari ponno calare à Jofari com’è detto sopra, e ponno saglere a S. Nicola delli Millei per lo Cafaro, e per la Carfiula e saglie a Scurajanni, e ponno saglere, e descendere alle serre di Monte Viscardo”.[clxv] La descrizione dei confini del feudo di San Mauro, fatta alcuni anni dopo, al tempo del conte Andrea Carrafa, ci dà ulteriori indicazioni sulla sua ubicazione: “Dal colle de li Tumpari per la via pubblica che, dalla Motta di Cutro si va alla Città di Santa Severina, si arriva alle serre dette de lo Solvo e continuando al colle detto di Scurojanne. Il colle è vicino alla valle detta di Mezzo ed al timpone de lo Piano de le Ficare sopra il Retharium detto della Valle de la Butte.”[clxvi] / “La Mensa Arcivescovale tiene nel territorio di S. Mauro un terreno in loco detto Scuroianni di sei tt.te in circa, confina con li terreni della corte verso tramontana, et levante, verso ponente con lo terreno di M.s Alessandro di Martino; dalla parte di scirocco con l’acqua di Scuroianni; et dalla parte di sotto con li terreni delli Mauri”.[clxvii] / Tra i titoli dei canonici della metropolitana di Santa Severina troviamo anche il nome della sua chiesa: “Canonicato sub titulo S. Nicolai de Scurojanni”. Nell’agosto 1601 il papa Clemente VIII concedeva all’arcivescovo di Santa Severina Alfonso Pisani, la facoltà di concedere alcuni canonicati esistenti nella sua chiesa, che da molti anni erano vacanti. Tra questi vi era anche quello di S. Nicola de Scuroioanne, che era vacante da 20 anni per morte di Martino de Mendola.[clxviii] / Marzo 1634: “Lucae Mascaro providetur de canonicatu et praebenda in ecclesia S. Severinae, vac. per ob.”[clxix] / 1634-1661: Luca Mascaro. / “Il D. Luca Mascaro can.co possiede il can.to sotto il vocabolo di S. Nicola di Scura Ianni che è nel distretto di S. Mauro luogo del q.le non ne percipe cosa alcuna ma il solo titolo per esser terra inutile non paga peso alcuno ne tiene obligo alcuno.” / 1695-1700: Santo Nicolò di Scuraianni (Can.co Infosino minore D. Giuseppe di S. S.na). / 1784: Canonicato di S. Nicola de Scurajanni (can. Soda). / 21 marzo 1827: “… mandat ut Dominico Sculco, pbro 25 an. provideant de canonicati et S. Nicolai Scuraianni nuncupata praebenda metropolitanae ecc. S. Sev. c.m. vac.”[clxx]
Canonicato di Santo Nicolò delli Millei
1507: “Item li stazzi della Valle della Botte in capo delli Ficari ponno calare à Jofari com’è detto sopra, e ponno saglere a S. Nicola delli Millei per lo Cafaro, e per la Carfiula e saglie a Scurajanni, e ponno saglere, e descendere alle serre di Monte Viscardo.”[clxxi] / 1521: descrivendo i confini del feudo di Santo Mauro “…vadit ad vallem dictam de Manni et per vallem deorsum vadit et ferit ad viam p.cam de Nimphis et volvit et ferit ad locum dictum La Petra Scritta et a dicto loco vadit et ferit ad viam pu.cam dictam de la Conusa et per dittam viam vadit et ferit ad ecc.am dirutam nominatam de Melle Cucchi et a dicta ecc.a ferit a terminum magnum et vadit et ferit ad locum ubi erat molendinum ecc.ae S.ti Petri de Nimphis..”.[clxxii] / 1695-1700: Santo Nicolò delli Millei (Can.co Terranova D. Dom.co di S. S.na) (D. Pietro Vincentio Capozza). / 1743-1782: Maltese Andrea. / Settembre 1782: “De canonicatu S. Nicolai vac. per ob Andreae Maltese, de mense februarii def. providetur Felici Ant. Vitetta, ab ordinario commendato.”[clxxiii] / 1784: Canonicato di S. Nicola de Melleis (can.Vitetta) /10 marzo 1827: “Dominico Rizza, pbro providetur de canonicatu et S. Nicolai de Milleis nuncupata praebenda metropolitanae ecc. S. Sev., vac. per dimissionem Felicis Rossi, qui primiceriatum eiusdem ecclesiae assecutus est.”[clxxiv]
Canonicato di Santo Vito Martire
1695-1699: Santo Vito (Can.co Scolerio D. Stefano di Rocca Bernarda). / Maggio 1699: “De canonicatu et S. Viti nuncupata praebenda ecclesiae S. Severinae, quorum fructus 24 duc., vac. per ob. Marci Aloi, a quatriennio et ultra def., providetur Antonio Ferrari, clerico nobili oriundo, ab ordinario commendato.”[clxxv] / Agosto 1709: “De Canonicatu cathedralis S. Severinae cuius fructus 24 duc. vac. per promotionem Antonii Ferrari ad archidiaconatum eiusdem ecclesiae, providetur Mauritio Iuliani, pbro ordinario commendato.”[clxxvi] / 1743: Giuliani Maurizio. / Settembre 1746:
“De canonicatu cathedralis S. Severinae, cuius fructus 24 duc. vac. per ob. Mauritii Iuliani, providetur Dominicus Iacomella, pbro oriundo ab ordinario commendato.[clxxvii] / Settembre 1776: “De canonicatu vac. per ob. Iosephi Mirante de mense novembris 1773 def., providetur Ianuario Capaldo, pbro Avellinen. dioc. 40 an., archiepiscopi familiari, ab eodem commendato.”[clxxviii] / 1784: Canonicato di S. Vito Martire (Can. Gennaro Capaldo). / 28 novembre1812: Soppressione del canonicato di San Vito vacante per morte di Gennaro Capaldo. / 21 agosto 1816: Ripristino del canonicato di San Vito. / 5 maggio 1824: “… mandat ut Vincentio Federici, pbro Cusentin., provideant de canonicatu et S. Viti Martyris nuncupata Praebenda metropolitanae ecclesiae S. Sev., vac. per ob. Ianuarii Capalbo, de mense septembris 1795 def.”[clxxix]
Canonicato di S. Nicolò d’Armirò
1507: “Item d.e trazze de Crapari anno la calata all’acqua, quale descende per la d.ta Cavarida, e per S. Nicola d’Armirò, e descende all’acqua allo passo di Silise, quale descende di Armirò, e vallone Salzo, seu Salinella”. “Si restringa la sepala di sotto la timpa di S. Nicola d’Armirò, poiché da là descende all’acqua all’ilice, ed allo vallone Salzo, seu Salinello, poich’è trazza e calata d’acqua antica, e si tenga chiusa la d.a possessione, atteso è circondata di trazze e calate d’acqua, altrim.e lo bestiame non sia tenuto a pena ut sup.a”.[clxxx] / 1601: “S. Nicolai de Armiro, vac. ex eo quod Io. Baptista Tramonti parochialem ecclesiam S. Io. Baptistae ab an. 1572 assecutus est.”[clxxxi] / “Il R.do D. Fran.co Ant.o Orangas canonico sotto il titolo di S. Nicolò d’Armirò tiene una chiesa diruta dentro i confini di Caprare e la cabella d’armirò e possiede dalla parte superiore molte continenze di vigne nel comune di cap.re e vignale dalla parte inferiore un altro vignale in colla di d.a chiesa di t.te cinque in circa detto sopra il timpone della d.a chiesa, q.li terre … soltanto il jus arandi”. / 1695: “Franc. Antonio Oranges providetur de canonicatu in metropolitana ecclesia S. Severinae, vac. per ob.”[clxxxii]/ 1695-1700: Santo Nicolò d’Armirò (Can.co Infosino seniore D. Tomaso di S. S.na) (Can.co D. Fran.co Ant.o Orangas cosentinus). / Maggio 1700: “De canonicatu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Franc. Antonii de Oranges, de mense februarii def., providetur Antonio Ferrari, diacono oriundo, ab archiep.o approbato.”[clxxxiii] / Settembre 1737: “De Canonicatu cathedralis S. Severinae, cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Antonii de Rosa ab anno et ultra def., providetur Francisco Casoppari, diacono oriundo, theol. prof., ab ordinario commendato.”[clxxxiv] /1743: Casoppari Francesco. / 1784: Canonicato di S. Nicola d’Armirò (can. Casoppero). / Febbraio 1784: “De canonicatu vac. per promotionem Rosarii Iacometta ad Primiceriatum, providetur Vincentio Casopparo.”[clxxxv]
Canonicato di S. Domenica di Torrotio
Aprile 1606: “De Canonicato et S. Dominica de Torrothio nuncupata praebenda ecclesiae S. Severinae quorum fructus XXIIII duc., vac. per dimissionem Iacobo de Grandis, in manibus S.mi factam et admissam, providetur Io. Francisco Rumphis, clerico diocesano.”[clxxxvi] / settembre 1660: “De canonicatu et praebenda ecclesiae S. Severinae, vac. per dimissionem Iosephi de Rubeis, providetur Io. Vincentio Carnevale, pbro oriundo.”[clxxxvii] / 5 gennaio 1674: “Carolo Gironda providetur de canonicatu et S. Domenica nuncupata praebenda ecclesiae S. Severinae, vac. per ob. Io. Vincenti Carnevali, de mense octobris praeteriti def.”[clxxxviii] / Tra le terre lavorative della chiesa parrocchiale di S. Maria La Magna, vi era: “Alla crocevia di Torrotio fra la via, che va à Corazzo e l’altra va verso le mandre, c’è uno vignale tra una via e l’altra di due tomolate, e confine il vignale del can(onica)to di S. Dom(eni)ca di Turrotio, e la gabella fisa di volo via mediante” e “Alla destra di Torrotio c’è un vignale sopra che si suolono fare le mandre tutto attorniato intorno confine la valle di S. Pietro di Niffi dall’una parte, dall’altra lo vignale di S. Dom(eni)ca”.[clxxxix] / 16 novembre 1683: “Carolus Geronda, canonicus eccelsiae S. Severinae, dimisit canonicatum et S. Dominicae nuncupatam praebendam in manibus SS.mi in cancellaria.”[cxc] / 1695-1700: Santa Domenica di Torrotio (Can.co D. Scolerio). / 1743: Il canonico Domenico Alessio possiede “ad titulum patrimonii” il canonicato della metropolitana chiesa colla prebenda consistente nell’infrascritti beni: Quattro vignali detti di S.ta Domenica siti nel corso di Torrotio di tt.a 30 confine Cippodero.[cxci] / 1746: “Antonio Sculco providetur de canonicatu cathedralis S. Sev. vac. per liberam resignationem.”[cxcii] / 1784: Canonicato di S. Domenica di Turroteo (can. Sculco). / 23 luglio 1851: “Mario Rossi, pbro, providetur de canonicatu S. Domenicae in metr. ecc. S. Sev., vac. per dimissionem Dominici Gallo, qui thesaurariatum in maiori ecc. Cariaten. adeptus est.”[cxciii]
Canonicato di Santa Maria de Septem Fratribus
1507: “Item li d.i Stazzi anno ancora le sottoscritte calate di acqua, e trazze videlicet descendono per la colla di S.a Maria delli Frati e vassene alli strittura, e cala allo Zappaturo dello cardunetto, e da là descende per sopra, e di sotto le Grutte di Millesimo, e descende all’acqua di Favatum, ed ancora descende alla via appendino del giardino di D.a Altabella, e Filippo de le pera, qual è pure trazza, e cala all’acqua dello Salice, ed alla valle di Lucida”.[cxciv] / Aprile 1606: “De canonicatu et S. Mariae de Fratibus nuncupata praebenda in ecclesia S. Severinae quorum fructus XXIIII duc. vac. per dimissionem Io. Baptista Baccari, in manibus SS.mi factam et admissam, providetur Io. Dominico Russo, pbro S. Severinae.”[cxcv] / 1606-1640: Gio. Domenico Russo (Rossi). / 1695-1700: Santa Maria li frati (can.co Ferraro D. Antonio di Policastro). / 1743 – Severini Oronzo canonico, come rettore del beneficio di Santa Maria di Sette frati, possiede una gabella nel luogo detto le terre di S. Maria col jus arandi ed una casa nella parrocchia di S. Nicola nel luogo detto la Torretta. / La chiesa fuori le mura di Santa Maria dei sette frati è annessa al canonicato del Reverendo D. Oronzo Severino senza rendite, e oneri, si celebra qualche volta per devozione di qualche devoto.[cxcvi] / 1784: Canonicato di S. Maria de Sette Frati (can. Benincasa). / 17 giugno1822: “… mandat ut Carolo Bisceglia provideant de canonicatu et S. Mariae de Fratibus nuncupata praebenda maioris ecclesiae S. Sev., cuius fructus 24 cum distributionibus 60 duc., vac. per dimissionem Francisci Pasculli, qui cantoratum eiusdem ecclesiae adeptus est ab anno 1809.”[cxcvii] / 18 settembre1843: “Michaeli D’Alfonso, pbro 27 an., providetur de canonicatu et S. Mariae septem Fratribus nuncupata praebenda in metr. ecc. S. Sev., vac. per ob. Caroli Bisceglia, de mense aprilis 1842 def.”[cxcviii]
Canonicato di Santa Maria delli Pozella o Speolita
1507: “Item li d.i stazzi di Grottari ave la trazza per sopra S.to Yorji, e cala per S.ta Maria delle Pozelle, e cala a Bella, e da là puo calare à Merto, e puo passare la via via di Bella soprad.a, e puo andare la via ad irto, e l’altra via andare alla valle della Botte ut supra”.[cxcix] / “Die XI mensis augusti p.a Ind.is (1543) fo morta Donna Joannella de Olivo et per ipsa fo laxata una casa ad lo R.do Cap.lo posta intro la Cita de S.ta S.na in la parrochia de S.ta maria de puccio et proprie confine la casa de donno morgante salvato la via publica cum hac clausula che lo R.do Capitulo habia de donare annual.te sei carlini ad la eclesia de S.ta maria de le pucelle ad reparatione de dicta ecclesia et questo fo la ultima volunta de ipsa donna Joannella”. / La casa fo de donna gioannella de lolivo red. a dicto Capitolo anno quolibet quali la tene donno fabio di la mendula canonico di S.a maria dele pucelle”. / 1640-1654: Francesco Antonio Ferraro. / Maggio 1654: “De Canonicatu et S. Mariae delli Puzelli nuncupata praebenda eccelsiae S. Severinae, quorum fructus 24 duc., vac. per ob. Fran. Antonii Ferraro, de mense februarii def., providetur Salvatori Albano, pbro oriundo, praesentato.”[cc] / 16 gennaio 1659: “Vicario generali archiep.i S. Severinae. Antonio d’Aversa, clerico S. Severinae dioc., providetur de canonicatu et S. Mariae delli puzelli nuncupata praebenda eccelsiae S. Severinae, vac. per liberam resignationem Salvatoris Albani.”[cci] / Settembre 1668: “De canonicatu et praebenda sub invocatione S. Mariae delle Puzelle in maiori eccelsia S. Severinae, quorum fructus 24 duc., vac. per ob. Antonini Aversa, de mense augusti def., providetur Dominico Russo, pbro diocesano, praesentato.”[ccii] / 1695-1700: Santa Maria delli Pozella (Can.co Capozza D. Gio. Simone di S. S.na). / Luglio 1718: “De canonicatu cathedralis S. Severinae, cuius fructus 24 duc. vac. per ob. Simonis Capozza, providetur Ianuario Vetere, ab ordinario commendato.”[cciii] / 1743: Vetere Gennaro. / 5 luglio 1747: “Ludovico Carnevale providetur de canonicatu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus 24 cum distributionibus 40 duc., vac. per dimissionem Rocchi Godano, qui canonicatum poenitentiarum eiusdem ecclesiae assecutus est.”[cciv] / Febbraio 1757: “Hiacintho Borelli providetur de canonicatu metropolitanea ecclesiae S. Sev., vac. per ob. Ludovici Carnevale.”[ccv] / 1784: Canonicato di S. Maria delle Pozella o delle Grotti (di Speolita) (can. Francesco Borelli). / 9 ottobre 1813: Soppressione del canonicato di Santa Maria Speolita vacante per morte di Francesco Borrelli. / 21 agosto 1816: Ripristino del canonicato di Santa Maria Speolita. / 20 aprile 1825: “… mandat ut Carolo Torchia, pbro provideant de canonicatu et D. Mariae Speolita nuncupata praebenda vulgo delle Grotte. metropolitanea ecclesiae S. Sev., vac. per ob. Francisci Borelli.”[ccvi] / 26 novembre 1847: “Michaeli Apa, clerico S. Sev. dioc., in 22 aetatis an. constituto, providetur de canonicatu sub titulo S. Mariae de Speolita in metr. ecc. S. Sev., vac. per dimissionem Caroli Torchia, qui archipresbyteratum in eadem ecc. adeptus est.”[ccvii]
Canonicato di Santo Nicolò de Grottari
1507: “Item a S. Nicola di grottari à lo stazzo antico, ed ave la trazza, che descende la via di S.to Yorii, quale và a Grottari tra le vigne de M.ro Fiore, e Fran.co Iaquinta, e Paulino Basuino, e da là descende le serre serre fra le terre della chiesa, e Calafà, e descende allo passo d’Alevri.”[ccviii] / “Lungo la strada per S. Mauro sul fianco del vallone in contrada Grottari a 3 Km. dall’ingresso della città di S. Severina c’è una chiesetta con resti di tre absidette, le due minori delle quali sono reminescenze della prothesis e del diaconicon, l’altarino era illuminato da levante da una finestra a feritoia verso l’esterno. Una porta ed una finestra sono aperte nei lati lunghi. Era scoperchiata”.[ccix] / 1695-1700: Santo Nicolò di Grottari (can.co Mannarino D. Gio. Paulo di Policastro). / 26 aprile 1752: “Dominico Torchia providetur de canonicatu metropolitanae ecclesiae S. Sev., vac. per ob. Laurentii Monaco.”[ccx] / 1784: Canonicato di S. Nicola de Grottari (Can. di Torchia vacante). / Settembre 1784: “De Canonicatu … vac. per ob. Dominici Torchia, de mense februarii 1777 def., providetur Hieronimo Galini, ab ordinario commendato.”[ccxi] / 18 settembre1819: “Michaeli Cerenzia providetur de canonicatu et S. Nicola de Grottari nuncupata Praebenda metropolitanae Ecc. S. Sev., vac. per ob. Hieronimi Galimi de mense Iaunuarii 1811 def.”[ccxii] / 23 gennaio1841: “Antonio Cancelliere, pbro 27 an., providetur de canonicatu et S. Nicolai de Grottari nuncupata praebenda maioris ecc. S. Sev., quorum fructus 12 duc., vac. per liberam dimissionem D. Michaelis Cerenzia in manibus ordinarii de mense martii 1830 factam et admissam.”[ccxiii] / 21 novembre 1856: “… mandat ut Aloisio Durante, in 39 aetatis an. constituto, provideant de canonicatu S. Nicolai de Grottari metr. ecc. S. Sev., vac. per dimissionem Antonii Cancelliere, qui canonicatumS. Nicolai de Milleis eiusdem ecc. adeptus est.”[ccxiv]
Canonicato di Santo Giorgio
“Il R.do canonico di S. Giorgio di Cutro. Comp.t” (1596).[ccxv] / 1615-1622: Marco Antonio Abbatio U.I.D. canonico et Poenitentiario. / 10 maggio 1623: “Io. Petro Pedacchio, canonico S. Severinae, providetur de canonicatu S. Andreae, nuncupata praebenda, in ecclesia S. Severinae vac. per ob. Marci Ant.i de Abbatibus, de mense augusti anni praeteriti def., cum retentione ecclesiae seu capellae S. Mariae de flumine, pro pe et exta muros terrae Roccae Bernardae, et perpetuae cappellaniae S. Iosephi, in ecclesiae SS. Annuntiatae, terrae Policastri.”[ccxvi] / 1626-1660: Carlo Teutonico penitentiero. / 10 agosto 1660: “Iosepho de Rubeis, pbro S. Severinae dioc., in 39 anno aetatis suae constituto, providetur de canonicatu S. Georgii et S. Andreae, Poenitentiaria nuncupata praebenda, ecclesiae S. Severinae, quorum fructus 24 duc., vac. per ob. Caroli Teutonico, de mense martii def.”[ccxvii] / 20 dicembre 1663: “Vicario generali archiep.i S. Severinae. De canonicatu et praebenda ecclesiae S. Severinae quorum fructus 24 duc., vac. per ob Iosephi de Rubeis, providetur Vincentio Geraldi, archipresbytero dictae ecclesiae, cum decreto dimettendi dictum archipresbyteratum.”[ccxviii] / Novembre 1676: “De canonicatu et SS. Georgii et Andreae nuncupata praebenda, quibus poenitentiaria annexa est, in ecclesia S. Severinae, quorum fructus 24 duc., vac. per ob Vincentii Geraldi, de mense iulii def., providetur Bernardino de Gaudio, pbro diocesano, confessorio ac canonico.[ccxix] / 1695-1700: Santo Giorgio penitenzeria (D.r can.co Borrello D. gerolamo di S. S.na). / In Questi anni il canonico Geronimo Borrelli faceva presente che il canonicato, al quale era unita la penitenziaria e del quale era canonico da 25 anni, non possedeva altro che un vignale di circa quattro tomolate nel corso di S. Giovanni Minagò. Inoltre, “dicesi esservi un altro vignale pure in d.o territorio quale viene occupato dalle monache sopra del quale si ne pagano carlini due l’anno” al seminario di Santa Severina. “La Penitenzieria poi non possiede altro che una cabella nel territorio di Rocca Bernarda nominata Covalare dentro il corso di Molerà Vecchio”, dalla quale nei tre anni di pascolo se ne percepisce ducati 25 l’anno ed in quelli a semina tomoli 60 di grano. / 3 dicembre1735: “Francisco Longobucco providetur de canonicatu et praebenda Poenitentiaria nuncupata, ecclesiae S. Severinae, quorum fructus 24 duc., vac. per dimissionem Xaverii Veteri, qui canonicatum et Theologalem praebendam in eadem ecclesia assecutus est.”[ccxx] / 20 maggio 1747: “Roccho Godano providetur de canonicatu poenitentiario ecclesiae S. Severinae vac. per dimissionem Francisci Longobucco.”[ccxxi] / Gennaio 1783: “De canonicatu poenitentiario ecclesiae S. Severinae, vac. per ob. Blasii Mollo, de mense augusti praeteriti anni def., providetur Iosepho Pagano, cum decreto vacationis canonicatus, quem obtinet.”[ccxxii] / 1784: Penitenzierato di S. Giorgio Martire (vacante) / Settembre 1784: “De canonicatu poenitentiario ecclesiae S. Severinae, vac. per ob Rochi Godano, de mense maii praeteriti anni def., providetur Iosepho Iacometta, cum decreto vacationis canonicatus quem obtinet.”[ccxxiii] / 1796: Francesco Borelli penitenziere. / 18 aprile 1825: “Antonio Carvelli, IUD, pbro 44 an., providetur de canonicatu et S. georgii Poenitentiaria nuncupata praebenda metropolitanae ecclesiae S. Sev., vac. per ob. Francisci Borelli, de mense Ianuarii 1812 def.”[ccxxiv]
Canonicato di Santo Giorgio de Grottari
Nel 1601 il canonicato di S. Georgii de Grottari è “vacante per ob. Morgantii Salvati, a 25 annis def.”[ccxxv] / 1670: “Iosepho delle Pera providetur de canonicatu in metropolitana ecclesia S. Severinae.”[ccxxvi] / 1695-1700: Santo Giorgio di Grottari (Can.co Lepera iuniore D. Filippo di S. S.na). / 2 dicembre 1735: “Francisco Ant. Godano providetur de canonicatu et praebenda in maiori ecclesia S. Sev., vac. per ob. Antonii Sacco, de mense augusti def.”[ccxxvii] / 1743: Godano Francesco Antonio. / 1784: Canonicato di S. Giorgio Martire de Grottari (can. di Godano vacante) / Novembre 1784: “De Canonicatu vac per ob Franc. Antonii Godano, providetur Franc. Antonio Tibaldi ab ordinario commendato.”[ccxxviii] / 10 settembre 1838: “Iosepho Cizza, pbro diocesano 25 an., providetur de canonicatu S. Georgii de Grottari, metrop. ecc. S. Sev., Vac. per dimissionem Iosephi Morelli, qui canonicatum theologalem in eadem ecclesia adeptus est.”[ccxxix]
Canonicato di Santa Maria de la Grotta o de Caprari
1507: “Item l’altra trazza, che descende dalli stazzi di Crapari cala per la valle di Cavarida e descende all’acqua di vallone Salzo, e può descendere ancora allo Salice, e fraschetto della valle di lucida, ed ancora descende à lucida per la via di S.ta Maria della Grutta”.[ccxxx] / Nel 1601 il canonicato di “S. Mariae de la Grotta, vac. per ob. Iacobi Puglisii, ab anno 1584 def.”[ccxxxi] / 1695-1700: Santa Maria la grotta (can.co Aversa D. Giovanni di S. S.na). / 1784: Canonicato di S. Maria de Caprari (Can. Giandomenico Perrone). / 28 novembre 1812: Soppressione del canonicato vacante di Santa Maria de Caprari per dimissione di Giandomenico Perrone / 21 agosto 1816: – Ripristino del canonicato di Santa Maria de Caprari. / 17 giugno1822: “… mandat ut Dominico Carnevale, pbro S. Severinae, provideant de canonicatu et S. Mariae de Caprari nuncupata praebenda in maiori ecclesia S. Sev., cuius fructus 24 cum incertis 40 duc., vac. per dimissionem Dominici Perrone, qui primiceriatum eiusdem ecclesiae adeptus est.”[ccxxxii] / 3 luglio 1846: “Archiepiscopo S. Sev., datur facultas ut Michaele Bisceglia, pbro Cariaten. dioc., provideat de canonicatu S. Mariae de Caprari in metr. ecc. S. Sev., vac. per dimissionem Raphaelis La Rosa, de mense novembris 1844 primiceriatum eiusdem ecc. adeptus est.”[ccxxxiii]
Canonicato di Santa Maria deli Trungali
1507: “Item la trazza, e calata, quale descende, ed ascende per la Serra d’Altilia à vallone Salzo, seu Salinella per la via vecchia, quale descende per detta Serra d’Altilia propem S.ta Maria di Trungali, seu pantano, e cala all’acqua di vallone salzo, ut. sup.a.”[ccxxxiv] / 1695-1700: Santa Maria delli Trongali (Can.co Vito D. Pietro Dom.co di Mesoraca). / Novembre 1707: “De canonicatu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus 4 duc., vac. per ob Petri Viti, a biennio circ. def., providetur Ioanni Dominico Ferrari, subdiacono.”[ccxxxv] / 1743: Caloggero Marrajeni. / Agosto 1782: “De canonicatu cum praebenda S. Mariae de Trocali, vac. per ob. Calogeri Marraieni, de mense octobris praeteriti anni def., providetur Iosepho Rossi, pbro diocesano 28 an., ab ordinario commendato.”[ccxxxvi] / 1784: “Canonicato di S. Maria de Migale o S. Maria delli Trongali (can. Russo). / 23 gennaio 1841: “De canonicatu et S. Mariae Migale nuncupata praebenda cathedralis S. Sev., vac. per promotionem Franc. Ant. Godano ad thesaurariatum eiusdem ecclesiae, providetur Iosepho Sacco, pbro oriundo 27 an.”[ccxxxvii]
Canonicato di Santa Maria Ora pro Nobis o Ora pro Me
Nel 1601 il canonicato di “S. Mariae Ora pro nobis, vac. per ob. Marci Ant. Clari.”[ccxxxviii] / 23 agosto 1659: “Vicario generali arch.i S. Severinae mandat ut Didaco Ferrari, pbro de nobili genere procreato, provideat de canonicatu et S. Maria Oraprome nuncupata praebenda eccelsiae S. Severinae, vac. per ob. Antonii Carpenteri, de mense iulii.”[ccxxxix] / 7 dicembre 1673: “Ludovico Garbeo providetur de canonicatu et S. Mariae Ora pro me nuncupata praebenda eccelsiae S. Severinae quorum fructus 24 duc., vac. per ob. Andreae Cozza, de mense octobris def.”[ccxl] / 1695-1700: Santa Maria Oraprome (Can.co Garbeo D. Ludovico di S. S.na). / Giugno 1718: “De canonicatu ecclesiae S. Severinae, cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Ludovici Garbei, providetur Bernardino Lopez, pbro cusentin et domiciliario S. Severinae, ab ordinario commendato.”[ccxli] / Novembre 1769: “De canonicatu vac. per ob Thomae Manfredi providetur Marco Aversa, ab ordinario commendato.”[ccxlii] / 1784: Canonicato di S. Maria ora pro me (can. Aversa) / Settembre 1792: “De Canonicatu vac. per promotionem Marci Aversa ad archipresbyteratum, providetur Pantaleoni Capozza.”[ccxliii] / 18 settembre 1819: “Francisco Godano, pbro in 40 aetatis annis constituto, providetur de canonicatu et S. Mariae Orapronobis nuncupata praebenda ecclesiae S. Sev. vac. per ob. Pantaleonis Capozza, de mense Ianuarii 1814 def.”[ccxliv] / 16 gennaio1837: “Dominico De Luca, pbro 26 an., providetur de canonicatu S. Mariae Ora pro Nobis metropolitanae Ecc. S. Sev., cuius fructus 15 duc., vac. per ob. Francisci Godano, de mense martii 1832 def.”[ccxlv]
Canonicato di Santa Maria della Neve
Febbraio, Marzo 1643: “Ioanni Fallapane providetur de canonicatu et praebenda in metropolitana ecclesia S. Severinae, vac. per ob.”[ccxlvi] /1643: Giovanni Fellapane. / Luglio 1669: “Iulius Pisanus, pbr., provisus de canonicatu S. Mariae ad Nives maioris ecclesiae S. Severinae, tunc per ob. Ioannis Cellepane, de mense martii def. vac., cuius fructus 16 duc., cum onere 5 missarum in hebdomada, quia tempore dictae provisionis parochialem ecclesiam S. Nicolai S. Severinae et benmeficium in praedicta ecclesia obtinebat, obtinuit novam provisionem, cum retentione dictae parochialis eccelsiae et beneficii.”[ccxlvii] / 1695-1700: Santa Maria la Neve (can.co Lepera seniore D. Giuseppe di S. S.na). / Novembre 1707: “De canonicatu, praebenda carente, cathedralis S. Severinae, cuius fructus 4 duc., vac. per ob. Ioseph de Piris, a quinquennio circiter def., providetur Francisco Pallone, subdiacono.[ccxlviii] / 1784: Canonicato di S. Maria della Neve (can. Ganini). / Francesco Rizza. / 9 ottobre 1813: Soppressione del canonicato di Santa Maria Speolita vacante per morte di Francesco Rizza. / 21 agosto 1816: Ripristino del canonicato di Santa Maria della Neve. / 18 settembre 1819: “… mandat ut Io. Baptistae Poerio, pbro, provideant de canonicatu et S. Mariae ad Nives nuncupata praebenda ecclesiae S. Severinae, vac. per ob. Francisci Mazzei, de mense septembris 1817 def.”[ccxlix] / 23 luglio 1851: “Nicolao de Simone, pbro, providetur de canonicatu S. Mariae ad Nives in metr. ecc. S. Sev., vac. per dimissionem Georgii Solilla, pbri, cui a Gregorio XVI provisum fuit de Thesaurariatu eiusdem ecclesiae.”[ccl]
Canonicato di Santa Lucia
1695-1700: Santa Lucia (Can.co Cropanese D. Sigismundo di Mesoraca). / 16 giugno 1736: “Serafino Iona, pbro 29 an., providetur de canonicatu et praebenda ecclesiae S. Severinae, cuius fructus 24 cum distributionibus 40 duc., vac. per dimissionem Xaverii Veteri, qui canonicatum poenitentiarium in eadem ecclesia assecutus est.”[ccli] / 1743: Il canonico Serafino Iona possiede: un vignale nel luogo S. Lucia col jus arandi, un olivetello che nulla rende, una chiusa loco d.o Grottari di tt.a 6, una casa dove abita nel luogo detto S. Maria la Magna.[cclii] / 1784 – Canonicato di S. Lucia Vergine e Martire (can. Pasculli). / Febbraio 1784: “De canonicatu vac. per ob. Petri Capozzi, de mense februarii 1779 def., providetur Francisci Pasculli, ab ordinario commendato.”[ccliii] / 20 aprile1825: “… mandat ut Caietano Falabella, pbro Policastri, provideant de canonicatu et S. Luciae nuncupata praebenda metropolitanea ecc. S. Sev., vac. per dimissionem Francisci Pasculli, qui Cantoratum eiusdem ecclesiae adeptus est.”[ccliv] / 22 marzo1844: “Vincentio Borrelli providetur de canonicatu S. Luciae metr. ecc. S. Sev., vac. per dimissionem Antonii Marrajeni, qui archipresbyteratum eiusdem ecclesiae adeptus est.”[cclv]
Capitolari di Santa Anastasia
10 febbraio 1445
Baldasar Argisius decanus
Guillelmus de Papadia archidiaconus
Andreas de Guardata cantor
Domenicus Culutius primicerius
Matth(e)us Sicilia de S(anc)ta S(eve)r(i)na p(res)b(ite)r
Guarinus Balassanus de S(anc)ta Severina p(res)b(ite)r
Andreas Castania de S(anc)ta Severina p(res)b(ite)r
Antonius de Barthulo de S(anc)ta S(eve)r(i)na p(res)b(ite)r
Andreas de Arcudio de S(anc)ta S(eve)r(i)na p(res)b(ite)r
Nic(o)l(a)us Fadi de S(anc)ta S(eve)r(i)na p(res)b(ite)r
Thomas de Caroleis de S(anc)to Mauro de Caraba p(res)b(ite)r
“Anno Domini millesimo quingentesimo vigesimo quarto die nona julii Inditione duodecima”
(9 luglio 1524)
Donno Fran.co de Maximo decano
donno Rogerio Strati cantore
donno Leopardo Granario primicerio
donno Cubello Palermo tesoriere
donno Jo.e Millesimo canonico
donno Aduardo Miniscalco cum aliis canonicis et praesbiteris.
“Die XVI mensis aug.ti V Ind. 1532 in archiep.li palatio S.te S.ne coram R.do D.no Ant.o de luca vic.rio civitatis S.e Sev.e congregati capitular. in parlam.to pp.co”
Lo R.do D. Petro de Sindico archidiacono
Lo R.do D. Fran.co de Marbruto decano
Lo R.do D. Rogeri Strati cantore
Lo R.do D. Joanne Infosino th.rio
Lo ven.le D. Jo.e Millesimo canonico
Lo ven.le D. Jo.e Novellise canonico
Lo Ven.le D. Bap.ta de Falco canonico
- Jasono Mauro can.co
- Orantio de li Pira can.co
- Martio Yasio can.co
- Fabritio Marras can.co
- Nicola Campana
- Joanpetri Fratte (?)
- Victorio Falanga
- Candido Bruno
- Filippo Marnaro
- Joandomenico de Girardo.
Capitolo (22 marzo – 4 aprile 1542)
Petro del Sindico archidiacono
Jo. Infosino decano
Jacobo Strati cantore
Joandominico de Girardo tesoriero
Anselmo Scoro primicerio
Joannello Novellisio canonico
Bap.ta de Falco canonico
Fabricio Infantino canonico
Girolimo Taglaferro canonico
Vincenzio de Lipira canonico
Macteo Greco canonico
Jacobo de Cerentia
Joanperi Franze canonico
Vectorio Spalanga canonico
Bap.ta Salvato canonico
Guliermo Millesimo canonico
Candido Bruno
Tomasi de Spirito
Nicola Balbina
Nicola Archomanno
Martino Lamendola
Fabio Lamendola
Ligori dele pira
Joan fran.co Liutri
Baptista Tramonti
Morgante Salvato
Antonio Mancio
Joanpetro Vaccaro
Petro Vuentariti
Macteo Rizio
Girolamo Cappellano
Bartulo Jannino
Macteo Macri
Diacono Baptista Novellisio
Diacono Joandominico Bacharo
Diacono Minico Valente
Diacono Joandominico Curtu
Diacono Ballo Infantino
Diacono Rinaldo Muto
Diacono Joan Antoni Caruso[cclvi]
Capitolo (1565)
Arcidiacono
decano
cantore
tesoriere
primicerio
Vincenzo de le pira
Bapt.sta salvato
Francesco caruso
Martino Mendula
Gregorio de le pira
Marco Antonio Crasidonte
Limbruno Russo
Benedicto de Girardo
Ballo Infantino
Marcurio la Grutteria
Jo Maria de Girardo
Capitolo (1572)
Gio. Francesco Modio arcidiacono
J.ne Vin.co Padula cantore
Fabio Infosino decano
J.ne Francesco Caruso tesoriere
Fabritio Infantino primicerio
Petro Gallo arciprete
Bap.ta Salvato canonico
Bap.ta Tramonte canonico
Gregorio deli Pira canonico
Jo. Antonio Caruso canonico
Jo. Petro Ferraro canonico
Salvatore Focuso canonico
Fabio Pancalli canonico
Jacopo Puglise canonico
Jo. Antonio Tilese canonico
Mercurio la Gructeria canonico
Martino Mendula canonico
Jo. Berardino Infosino canonico
Fabio Amendola canonico.
Stefano Massi
Jo.e Bap.ta de Adamo
Fabio La Piccola
Fabio La Mendula
Nic.a Gulli
Jo. Pet.o Ferraro
Capitolo (1576-1577)
Jo Fran.co Modio arcidiacono
Fabio Infosino decano
Jo. Vinc.o Padula cantore
Fran.co Caruso tesoriere
Petro Gallo primicerio
Mercurio Gruteria arciprete
Fabio de mendula canonico
Io. Ber.no Infosino canonico
Minico Paparugiero canonico.
Capitolo (1579)
Jo. Francesco Modio arcidiacono
Fabio Infosino decano
Vincenzo Padula cantore
Francesco caruso tesoriere
Marc’antonio Gallo primicerio
Mercurio Grutteria arciprete
Gregorio le Pira canonico
Fabio Mendula canonico
Petro Ferraro canonico
Domenico Paparugero canonico
Salvatore Focuso canonico
Fabio Pangalli canonico
Jo. Battista d’Adamo
Jac.o Puglisio
Martino Mendula.
Capitolo (1611)
Gio. Vincenzo Carnevale decano
Cola Focoso arciprete
Lutio Zurlo canonico
Gio. Domenico Russo canonico
Gio. Pietro Pedaci canonico
Giovanni ferraro Canonico
Gio. Berardino Liparoti canonico
Gio. Paolo de Oliviero canonico
Gio. Simone Brittone canonico
Gio. Antonio Durabile canonico
Marco Antonio Abbate canonico
Camillo Mingaccio canonico
Hortentio Palazzo canonico
Fran.co Ferraro canonico
Gio. Fran.co Abbate Canonico.
Gio. Vincenzo Novellise canonico
Greco canonico
Capitolo (1622)
Camillo Infosino decano
Gio. Ferraro Cantore
Jacono di Gaudio tesoriere
Cola Focoso Arciprete
Novellise Gio. Vincenzo
Abbate Marco Antonio
Gio. Domenico Russo
Mingaccio Camillo
Ferraro Gio. Francesco
Gio. Pietro Pedaci
Oliverio Gio. Paolo
Russo Gio. Domenico
Zurlo Lutio
Susanna Diomede
Recina Marco Antonio
Burdana Fabritio
Oliverio Gio. Battista
Capitolo (1631)
Nicola Antonio Sacco arcidiacono
Camillo Infosino decano
Angelo de Luca cantore
Giacomo di gaudio tesoriere
Camillo Mingaccio canonico
Gio. Antonio Durabile canonico
Gio. Domenico Rossi canonico
Lutio Zurlo canonico
Marcantonio Recina canonico
Francesco Antonio Ferraro canonico
Gio. Francesco Caruso canonico
Gio. Batt.a Zurlo canonico
Lupo Antonio Leto canonico
Francesco ferraro canonico
Francesco Antonio Mancuso canonico
Carlo Teutonico canonico penitenziere
Fabritio Burdaria canonico
Diomede Susanna canonico.
Capitolo (25 agosto 1647)
Arcidiacono Giuseppe del Sindico
Decano Camillo Infosino
Cantore Angelo De Luca
Tesoriere Luca Antonio Modio
Primicerio Francesco Carpentiere
Arciprete Gio. Batt.a Modio
Canonico Francesco Ferraro
Canonico Lutio Zurlo
Canonico Diomede Susanna
Canonico Gio. Batt.a Oliverio
Canonico Francesco Antonio Favaro
Canonico Luca Mascaro
Penitenziere Carlo Teotonico
Canonico Antonino Carpentiero
Canonico Leonardo Coniglio
Canonico Aurelio Mannarino
Canonico Gioseppe Mannarino
Canonico Giacinto Grotteria
Canonico Gio. Felapane
Canonico Marco Antonio Cerenzia
Canonico Domenico Bonafide
Canonico Giuseppe Ferrari.
Capitolari (18 settembre 1661)
Arcidiacono Joseph de Sindico
Decano Marco Antonio Leto
Cantore Angelus de Luca
Tesoriere Luca Antonio Modio
Primicerio Francesco Carpentiere
Arciprete Vincenzo Gerardi
Canonico Lutio Zurlo
Canonico Luca Mascaro
Canonico Leonardo Coniglio
Canonico Joseph Mannarino
Canonico Joannis Fellapani
Canonico Hyacinto Grotteria
Canonico Crispino de Crispiniano
Canonico Marco Antonio Cerentia
Canonico Domenico Bonafide
Canonico Marco de Aloe
Canonico Joseph Gallucci
Canonico Antonino Aversa
Canonico Julius Martini
Canonico Didacus Ferraria
Canonico Innocenzo Carnevale
Canonico Julio Antonio Infosino
Canonico penitenziere Joseph Russo
Canonico Domenico Susanna
Capitolari (1684)
Gio. Vincenzo Infusino arcidiacono
Francesco Antonio Severino cantore
Francesco Antonio Grotteria tesoriere
Pietro Tigani primicerio
Domenico Rossi arciprete
Marco Aloe canonico
Antonino Curcio canonico
Giulio Faraldi canonico
Giuseppe de Peris
Ludovico Garbeo
Giacinto Sacco
Bernardo Severino
Domenico Terranova
Giuseppe Melea
Giovanni Simone Capozza
Capitolari (1689)
Gio. Vincenzo Infosino arcidiacono
Francesco Antonio Severino cantore
Giulio Faraldi tesoriere
Pietro Tigano primicerio
Domenico Rossi arciprete
Marco Aloe canonico
Giuseppe delle Pera canonico
Ludovico Garbeo canonico
Giacinto Sacco canonico
Domenico Terranova canonico
Giuseppe Melea canonico
Bernardino de Gaudio canonico
Gio. Simone Capozza canonico
Bernardo Severino canonico
Pietro Domenico Vito canonico
Domenico Jannici canonico
Capitolari (1694)
Jo. Vinc. Infusino arcidiacono
Antonio Leto decano
Francesco Antonio Severino cantore
Julius Faraldi tesoriere
Petro Tigano primicerio
Domenico Rossi arciprete
Ludovico Garbeo canonico
Domenico Terranova canonico
Giuseppe Malea canonico
Gio. Simone Capozza canonico
Gio. Francesco Scandale canonico
Pietro Domenico Vito canonico
Sigismondo Cropanese canonico
Antonio Maria de Luca canonico
Petro Palermo canonico
Titoli delli Sig.ri Dignità e can(oni)ci del R.do Capitolo di Santa Severina (1695/1700)
Santo Pietro Martire archidiaconato (D. Gio. Vincenzo Infosino di S. S.na)
Santo Todaro decanato (D.r Marca’Antonio Lati di Santa Severina)
S. Anastasia V. e M. cantorato (D. Franc’antonio Severino di S. S.na)
Santa Maria di Niffi seu della Misericordia tesorerato (D. Leonardo Lepera di S. S.na)
Santa Domenica primoceriato (D. Pietro Tigani di S. na)
Santa Anastasia V. arcipreitato (D. Gio. Filippo Marescalco di S. Mauro) (Paulo Antonio di Fatio)
Santa Maria di Boncalabria (D.r can.co Mancuso D. Tomaso di S. S.na)
Santo Nicolò di Scuraianni (Can.co Infosino minore D. Giuseppe di S. S.na)
Santo Stefano di Ferrato (Can.co Benincasa D. Marc’Antonio di Mesoraca).
Santo Nicolò delli Millei (Can.co Terranova D. Dom.co di S. S.na) (D. Pietro Vincentio Capozza ?)
Santo Giorgio penitenzeria (D.r can.co Borrello D. gerolamo di S. S.na)
Santa Maria la Neve (can.co Lepera seniore D. Giuseppe di S. S.na)
Santa Maria li frati (can.co Ferraro D. Antonio di Policastro)
Santa Lucia (Can.co Cropanese D. Sigismundo di Mesoraca)
Santa Maria la grotta (can.co Aversa D. Giovanni di S. S.na)
Santo Vito (Can.co Scolerio D. Stefano di Rocca Bernarda)
Santa Maria delli Trongali (Can.co Vito D. Pietro Dom.co di Mesoraca)
Santa Maria delli Pozella (Can.co Capozza D. Gio. Simone di S. S.na)
Santa Maria Oraprome (Can.co Garbeo D. Ludovico di S. S.na)
Santo Pietro di Sette Porte (Can.co del Sindico … di Mesoraca) (D. Dom.co Terranova)
Santo Giorgio di Grottari (Can.co Lepera iuniore D. Filippo di S. S.na)
Santa Domenica di Torrotio (Can.co D. Scolerio)
Santo Nicolò di Grottari (can.co Mannarino D. Gio. Paulo di Policastro)
Santo Nicolò d’Armirò (Can.co Infosino seniore D. Tomaso di S. S.na) (Can.co D. Fran.co Ant.o Orangas cosentinus)
Ecclesiastici secolari cittadini (1743)
Martino Severini cantore di anni 51
Giuseppe Severini tesoriere di anni 28
Paolo Antonio Fazio primicerio di anni 64
Caloggiero Marrajeni canonico di anni 55
Domenico Alessio canonico di anni 65
Francesco Antonio Godano canonico di anni 30
Francesco Cassopari canonico di anni 29
Giulio Sapia canonico di anni 45
Gennaro Vetere canonico di anni 51
Maurizio Giuliani canonico di anni 64
Oronzo Severini canonico
Serafino Iona canonico di anni 53
Tommaso di Cola canonico di anni 32
Bartolo La Rosa canonico di anni 42
Andrea Maltese canonico di anni 41
Carmine Benincasa parroco di anni 35
Domenico Iacometta sacerdote di anni 34
Domenico Torchia sacerdote di anni 25
Francesco Maria Strada sacerdote di anni 61
Giuseppe Mirante sacerdote di anni 37
Giuseppe Carnovale sacerdote di anni 42
Giacinto Borrelli sacerdote di anni 30
Ludovico Carnovale sacerdote di anni 30
Pietro Capozza sacerdote di anni 42
Giuseppe Capozza sacerdote di anni 28
Tommaso Iacometta sacerdote
Domenico Lanzarone sacerdote
Gio Vincenzo Aversa sacerdote
Antonio Catanzaro sacerdote
Giuseppe Vecchio sacerdote
S.ta Severina 2 Nov(embr)e 1763
Giuseppe Decano Severino
Giu(sepp)e Can(to)re Mirante
Giu(sepp)e Tes(orie)re Faraldi
Dom(eni)co Ant(oni)o Prim(ice)rio Mirante
Nicolò Arcip(ret)e Marzano
Oronzio Can(oni)co Severino
Tomaso Can(oni)co Manfredi
Gius(epp)e Caloggero can(oni)co Marrajanni
Andrea Can(oni)co Maltese
Giulio Can(oni)co Sapia
Antonio Can(oni)co Sculco
Dom(eni)co Can(oni)co Torchia
Pietro Can(oni)co Capozza
Giacinto Can(oni)co Borrelli
Gius(epp)e Can(oni)co Mirante
Agnello can(oni)co Vichi
Fran(ces)co Ant(oni)o can(oni)co Godano
Rocco Pen(itenzie)re Godano
Pasquale can(oni)co Tallarico
Filippo Vetere
Dom. Ant.o Capozza.
Capitolo (1784)
Dignità
Arcidiaconato tit. di S. Pietro Apostolo
Decanato tit. di S. Teodoro Martire
Cantorato tit. di S. Anastasia Vergine e Martire
Tesorerato tit. di S. Maria di Niffi o S. Maria della Misericordia
Primiceriato tit. di S. Domenica Vergine e S. Nicola della Fiumara
Arcipretura tit. di S. Anastasia Vergine e Martire
Personati
Teologato tit. S. Pietro di Setteporte (can. Sofrè)
Officii
Penitenzierato di S. Giorgio Martire (vacante)
Canonicato di S. Domenica di Turroteo (can. Sculco)
Canonicato di S. Maria de Sette Frati (can. Benincasa)
Canonicato di S. Nicola de Melleis (can.Vitetta)
Canonicato di S. Maria della Neve (can. Ganini)
Canonicato di S. Maria de Migale o S. Maria delli Trongali (can. Russo)
Canonicato di S. Maria ora pro me (can. Aversa)
Canonicato di S. Maria delle Pozella o delle Grotti (di Speolita) (can. Borelli)
Canonicato di S. Maria di Mon Calabro Boncalabria (can. Iacometta)
Canonicato di S. Maria de Caprari (Can. Perrone)
Canonicato di S. Nicola de Grottari (Can. di Torchia vacante)
Canonicato di S. Nicola d’Armirò (can. Casoppero)
Canonicato di S. Nicola de Scurajanni (can. Soda)
Canonicato di S. Stefano Protomartire de Ferrato (can. De Luca)
Canonicato di S. Lucia Vergine e Martire (can. Pasculli)
Canonicato di S. Vito Martire (Can. Capaldo)
Canonicato di S. Giorgio Martire de Grottari (can. di Godano vacante).
Dopo l’Unità d’Italia
Arcidiacono Nicola Bilotta
Decano Giuseppe Sacco
Can. Giuseppe Rizza
Can. Michele d’Alfonso
Can. Benedetto Ierardi
Can. Piermichele Bisciglia
Can. Rafaele Apa
Can. Pasquale Iacometta
Il teologo trovasi in Napoli
Can. Antonio Cancelliere
Can. Marco Procopio
Can. Nicola de Simone.
1601: “S. Mariae (?) de Armiro, vac. ex eo quod Mercurius de Grotteria archipresbyteratum eiusdem ecclesiae assecutus est inde ab an.” (1572).
Note
[i] Relazione del vicario capitolare Mons. Diodato Ganini, 7 agosto 1796, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, p. 155.
[ii] Scalise G. B., (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, 1999, p. 294.
[iii] Russo F., Regesto, I, 446, 448.
[iv] Russo F., Regesto, I, 563.
[v] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, pp.170, 283.
[vi] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1603.
[vii] Russo F., Regesto II, 9674.
[viii] Russo F., Regesto II, 10095.
[ix] Russo F., Regesto II, 10741.
[x] Russo F., Regesto, II, 11285.
[xi] Russo F., Regesto, III, 15481.
[xii] Russo F., Regesto, III, 16104.
[xiii] Russo F., Regesto, III, 17190.
[xiv] Russo F., Regesto, III, 17487.
[xv] “Stazzi, trazze, e calate l’acqua, e carrere del tenimento della Città di S.a Severina. Die 7 Aprilis Xae Ind.s 1507.” AASS, volume 129A.
[xvi] AASS, volume 1A.
[xvii] Russo F., Regesto, III, 17495, 17496.
[xviii] Russo F., Regesto, IV, 18724.
[xix] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1589.
[xx] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1603.
[xxi] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1589.
[xxii] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1592.
[xxiii] Visitatio ap.lica Sanctae Severinae, 1586.
[xxiv] ASV, Rel . Lim. S. Severina, 1603.
[xxv] Russo F., Regesto, V, 25721.
[xxvi] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1603.
[xxvii] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1625.
[xxviii] Bona, iura et onera Rev. di Capitulis S. Severinae, AASS, Cart. 6D, fs.6, ff. 7, 13v.
[xxix] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1697.
[xxx] Nunz. Nap. 345, f. 162; Vol. 123, ff. 106, 120, 138.
[xxxi] Nunz. Nap. 124, ff. 315, 353.
[xxxii] Nunz. Nap. vol. 124, ff. 315, 512.
[xxxiii] Nunz. Nap. vol. 124, f. 512.
[xxxiv] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1614.
[xxxv] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, p. 175.
[xxxvi] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1592.
[xxxvii] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1666.
[xxxviii] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1685.
[xxxix] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1765.
[xl] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1685.
[xli] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1725.
[xlii] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1765.
[xliii] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1666.
[xliv] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, pp. 168-175.
[xlv] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 81-84.
[xlvi] Russo F., Regesto, I, 4891.
[xlvii] ASV, Instr. Misc. 2788.
[xlviii] Russo F., Regesto, II, 10741. AASS, pergamena 4.
[xlix] Russo F., Regesto, III, 15481.
[l] Russo F., Regesto, III, 17487.
[li] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A, f. 97.
[lii] Russo F., Regesto, V, 26126.
[liii] Russo F., Regesto, V, 27455.
[liv] Russo F., Regesto, VI, 29251.
[lv] Russo F., Regesto, VI, 29307.
[lvi] Russo F., Regesto, VII, 34817.
[lvii] Russo F., Regesto, VIII, 44067.
[lviii] Russo F., Regesto, X, 51175.
[lix] Russo F., Regesto, XI, 60804.
[lx] Russo F., Regesto, XI, 61185.
[lxi] Russo F., Regesto, XII, 65648.
[lxii] Russo F., Regesto, XII, 67010.
[lxiii] Russo F., Regesto, XIV, 76150.
[lxiv] Russo F., Regesto, I, 4888.
[lxv] AASS, pergamena 74.
[lxvi] AASS, pergamena 4.
[lxvii] Russo F., Regesto, II, 11285.
[lxviii] Russo F., Regesto, III, 16104.
[lxix] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A, f. 97.
[lxx] Russo F., Regesto, VII, 36012.
[lxxi] Russo F., Regesto, VIII, 39780.
[lxxii] Russo F., Regesto, IX, 49871.
[lxxiii] Russo F., Regesto, XI, 58564.
[lxxiv] Russo F., Regesto, XI, 60805.
[lxxv] Russo F., Regesto, XI, 61047.
[lxxvi] Russo F., Regesto, XII, 64465.
[lxxvii] Russo F., Regesto, XIII, 69712.
[lxxviii] Russo F., Regesto, XIII, 71415.
[lxxix] Russo F., Regesto, XIV, 76337.
[lxxx] Trinchera F., Syllabus Graecarum membranarum 1865 pp. 376-377 n. CCLXXIV.
[lxxxi] Russo F., Regesto, I, 4889.
[lxxxii] AASS, pergamena 74.
[lxxxiii] AASS, pergamena 4.
[lxxxiv] Russo F., Regesto, IV, 18062.
[lxxxv] Russo F., Regesto, VIII, 42065.
[lxxxvi] Russo F., Regesto, VIII, 44080.
[lxxxvii] Russo F., Regesto, X, 52888.
[lxxxviii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, Busta 7009.
[lxxxix] Russo F., Regesto, XI, 61190.
[xc] Russo F., Regesto, XII, 65434.
[xci] Russo F., Regesto, XIII, 69763.
[xcii] Russo F., Regesto, XIII, 71998.
[xciii] De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi, 2001, pp. 161-162.
[xciv] Russo F., Regesto, I, 4890.
[xcv] Inventario de li stabili, che tene la ecclesia de Santa Maria de la Misericordia fatto per hordine del Rev. Ill.o Archieviscovo de la Città de Santa Severina fatto per mano de me donno Joanne Formiculi.
[xcvi] Russo F., Regesto, V, 25401.
[xcvii] Russo F., Regesto, VII, 34585.
[xcviii] Russo F., Regesto, VIII, 42880.
[xcix] Russo F., Regesto, IX, 47334.
[c] Russo F., Regesto, XI, 57522.
[ci] Russo F., Regesto, XI, 59253.
[cii] Russo F., Regesto, XI, 60822.
[ciii] Russo F., Regesto, XIII, 68922.
[civ] Russo F., Regesto, XIII, 69508.
[cv] Russo F., Regesto, XIII, 73908.
[cvi] Russo F., Regesto, XIV, 76188.
[cvii] Russo F., Regesto, XIII, 77397.
[cviii] Trinchera F., Syllabus Graecarum membranarum 1865, pp. 376-377 n. CCLXXIV, 384-386 n. CCLXXIX.
[cix] AASS, pergamena 4.
[cx] Russo F., Regesto, III, 17190.
[cxi] Russo F., Regesto, IV, 18197.
[cxii] Russo F., Regesto, IV, 19545.
[cxiii] Russo F., Regesto, VII, 35374.
[cxiv] Russo F., Regesto, VII, 35375.
[cxv] Russo F., Regesto, VIII, 43774.
[cxvi] Russo F., Regesto, IX, 45072.
[cxvii] Russo F., Regesto, XII, 65435.
[cxviii] Russo F., Regesto, XII, 67011.
[cxix] Russo F., Regesto, XIII, 68923.
[cxx] Russo F., Regesto, XIII, 73045.
[cxxi] Russo F., Regesto, XIV, 76386.
[cxxii] Russo F., Regesto, VI, 30969.
[cxxiii] Russo F., Regesto, VII, 34910.
[cxxiv] Russo F., Regesto, VIII, 40206.
[cxxv] Russo F., Regesto, VIII, 40298.
[cxxvi] Russo F., Regesto, VIII, 40325.
[cxxvii] Russo F., Regesto, IX, 47142.
[cxxviii] Russo F., Regesto, XI, 59762.
[cxxix] Russo F., Regesto, XI, 59849.
[cxxx] Russo F., Regesto, XI, 60994.
[cxxxi] Russo F., Regesto, XII, 68527.
[cxxxii] Russo F., Regesto, XIII, 68963.
[cxxxiii] Russo F., Regesto, XIV, 75852.
[cxxxiv] Russo F., Regesto, XIV, 76387.
[cxxxv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A.
[cxxxvi] Russo F., Regesto, VII, 34092.
[cxxxvii] Russo F., Regesto, VIII, 42066.
[cxxxviii] Russo F., Regesto, VIII, 43534.
[cxxxix] Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, p. 123.
[cxl] Russo F., Regesto, XI, 58363.
[cxli] Russo F., Regesto, VIII, 59113.
[cxlii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1753.
[cxliii] Russo F., Regesto, XII, 65436.
[cxliv] Russo F., Regesto, XII, 67545.
[cxlv] Russo F., Regesto, XIV, 77343.
[cxlvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A.
[cxlvii] Russo F., Regesto, V, 25721.
[cxlviii] Russo F., Regesto, V, 27723.
[cxlix] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, Busta 7009, f. 153.
[cl] Russo F., Regesto, XII, 65391.
[cli] Russo F., Regesto, XII, 67091.
[clii] Russo F., Regesto, XII, 67551.
[cliii] Russo F., Regesto, XIII, 73906.
[cliv] Russo F., Regesto, V, 26587.
[clv] Russo F., Regesto, VIII, 43737.
[clvi] “Apprezzo dello Stato di Santa Severina fatto nel 1687”, in appendice a Caridi G., Uno “stato” feudale nel Mezzogiorno spagnolo, 1988.
[clvii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, Busta 7009, f. 134.
[clviii] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1765.
[clix] Russo F., Regesto, XII, 66259.
[clx] Russo F., Regesto, XII, 67550.
[clxi] Russo F., Regesto, XII, 67900.
[clxii] Russo F., Regesto, XIII, 73913.
[clxiii] Russo F., Regesto, XIV, 78186.
[clxiv] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, pp. 400-401.
[clxv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 109A, Stazzi, trazze e calate d’acqua, e carrere del tenimento della Città di S.ta Severina.
[clxvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 1A.
[clxvii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 13B, Platea 1576/1577, f. 83v.
[clxviii] Russo F., Regesto, V, 25721.
[clxix] Russo F., Regesto, VI, 31611.
[clxx] Russo F., Regesto, XIII, 73063.
[clxxi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 109A, Stazzi, trazze e calate d’acqua, e carrere del tenimento della Città di S.ta Severina.
[clxxii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 1A.
[clxxiii] Russo F., Regesto, XII, 67630.
[clxxiv] Russo F., Regesto, XIII, 73046.
[clxxv] Russo F., Regesto, IX, 48106.
[clxxvi] Russo F., Regesto, X, 51373.
[clxxvii] Russo F., Regesto, XI, 61344.
[clxxviii] Russo F., Regesto, XII, 66990.
[clxxix] Russo F., Regesto, XIII, 72363.
[clxxx] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 109A, Stazzi, trazze e calate d’acqua, e carrere del tenimento della Città di S.ta Severina.
[clxxxi] Russo F., Regesto, V, 25721
[clxxxii] Russo F., Regesto, IX, 47318.
[clxxxiii] Russo F., Regesto, IX, 48321.
[clxxxiv] Russo F., Regesto, XI, 59149.
[clxxxv] Russo F., Regesto, XII, 67754.
[clxxxvi] Russo F., Regesto, V, 26257.
[clxxxvii] Russo F., Regesto, VIII, 39055.
[clxxxviii] Russo F., Regesto, VIII, 43001.
[clxxxix] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 45A, Platea della cappella di S. Maria La Magna, 1678.
[cxc] Russo F., Regesto, IX, 44991.
[cxci] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, Busta 7009.
[cxcii] Russo F., Regesto, XI, 61399.
[cxciii] Russo F., Regesto, XIV, 77271.
[cxciv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 109A, Stazzi, trazze e calate d’acqua, e carrere del tenimento della Città di S.ta Severina.
[cxcv] Russo F., Regesto, V, 26256.
[cxcvi] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.
[cxcvii] Russo F., Regesto, XIII, 71948.
[cxcviii] Russo F., Regesto, XIV, 75878.
[cxcix] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 109A, Stazzi, trazze e calate d’acqua, e carrere del tenimento della Città di S.ta Severina.
[cc] Russo F., Regesto, VII, 37304.
[cci] Russo F., Regesto, VII, 38597.
[ccii] Russo F., Regesto, VIII, 41541.
[cciii] Russo F., Regesto, X, 53575.
[cciv] Russo F., Regesto, XI, 61581.
[ccv] Russo F., Regesto, XII, 64039.
[ccvi] Russo F., Regesto, XIII, 72615.
[ccvii] Russo F., Regesto, XIV, 76643.
[ccviii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 109A, Stazzi, trazze e calate d’acqua, e carrere del tenimento della Città di S.ta Severina.
[ccix] Orsi P., Le chiese Basiliane della Calabria, Santa Severina in Bollettino d’arte del Ministero della P. I., VI (1912), pp. 225-226.
[ccx] Russo F., Regesto, XI, 62893.
[ccxi] Russo F., Regesto, XII, 67823.
[ccxii] Russo F., Regesto, XIII, 71417.
[ccxiii] Russo F., Regesto, XIV, 75467.
[ccxiv] Russo F., Regesto, XIV, 78308.
[ccxv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A.
[ccxvi] Russo F., Regesto, VI, 28759.
[ccxvii] Russo F., Regesto, VII, 39027.
[ccxviii] Russo F., Regesto, VIII, 40056.
[ccxix] Russo F., Regesto, VIII, 43719.
[ccxx] Russo F., Regesto, XI, 58677.
[ccxxi] Russo F., Regesto, XI, 61528.
[ccxxii] Russo F., Regesto, XII, 67648.
[ccxxiii] Russo F., Regesto, XII, 67824.
[ccxxiv] Russo F., Regesto, XIII, 72610.
[ccxxv] Russo F., Regesto, V, 25721.
[ccxxvi] Russo F., Regesto, VIII, 42192.
[ccxxvii] Russo F., Regesto, XI, 58767.
[ccxxviii] Russo F., Regesto, V, 67839.
[ccxxix] Russo F., Regesto, V, 75003.
[ccxxx] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 109A, Stazzi, trazze e calate d’acqua, e carrere del tenimento della Città di S.ta Severina.
[ccxxxi] Russo F., Regesto, V, 25721.
[ccxxxii] Russo F., Regesto, XIII, 71949.
[ccxxxiii] Russo F., Regesto, XIV, 76357.
[ccxxxiv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 109A, Stazzi, trazze e calate d’acqua, e carrere del tenimento della Città di S.ta Severina.
[ccxxxv] Russo F., Regesto, IX, 51026.
[ccxxxvi] Russo F., Regesto, XII, 67617.
[ccxxxvii] Russo F., Regesto, XIV, 75468.
[ccxxxviii] Russo F., Regesto, V, 25721.
[ccxxxix] Russo F., Regesto, VII, 38742.
[ccxl] Russo F., Regesto, VIII, 42975.
[ccxli] Russo F., Regesto, X, 53548.
[ccxlii] Russo F., Regesto, XII, 66258.
[ccxliii] Russo F., Regesto, XII, 68528.
[ccxliv] Russo F., Regesto, XIII, 71416.
[ccxlv] Russo F., Regesto, XIV, 74713.
[ccxlvi] Russo F., Regesto, VII, 34190.
[ccxlvii] Russo F., Regesto, VIII, 41805.
[ccxlviii] Russo F., Regesto, IX, 51025.
[ccxlix] Russo F., Regesto, XIII, 71418.
[ccl] Russo F., Regesto, XIV, 77270.
[ccli] Russo F., Regesto, XI, 58825.
[cclii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, Busta 7009.
[ccliii] Russo F., Regesto, XII, 67753.
[ccliv] Russo F., Regesto, XIII, 72614.
[cclv] Russo F., Regesto, XIV, 75956.
[cclvi] AASS, Fondo Capitolare, cartella 1D, ff. 21-23.
Creato il 14 Marzo 2015. Ultima modifica: 30 Aprile 2023.