Paesaggi crotonesi: la “Foresta” scomparsa
Identificazione del luogo
Le “terre de la Foresta” sono state una proprietà comunale della città di Crotone. Dagli “Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini A.D. 1699 Confectae”, ricaviamo che la mensa vescovile di Crotone possedeva “Un territorio nom(a)to Lo Caro confine la Gabella detta Cipolla di D. Tomaso Casanova, e confine la Manca di Cipolla del S.r Titta Barricellis, e la Foresta del S.r Gio. Pietro Presterà;[i] la chiesa parrocchiale di S. Veneranda aveva “un pezzo di terre nel territorio della Foresta, hoggi di Gio. Pietro Presterà confine il territorio di Strongioliti”;[ii] il beneficio di S. Maria de Jesu aveva “due vignali confine il territorio detto Crepacore e vallone mediante la gabella detta La Foresta;[iii] infine il beneficio della Concezione ora di Vezza e Gallucci, possedeva “un vignale confine la gabella detta La Foresta Crepacore, ed il vignale della par(ochi)a di S. Veneranda”.[iv]
Il 10 maggio 1743 il canonico Giuseppe Rizzuto rettore del canonicato di S. Vincenzo ed Anastasio, affermava che, “tra i beni del canonicato vi è un vignale, ò sia porzione di terre rase, unito et compreso in detto feudo di Crepacuore, sito e posto nel territorio di questa città con una chiesa deruta limite le terre dette delli Ponticelli de Sig.ri Aragona, le terre dette della foresta del S.r D. Cesare Presterà et altri fini”.[v] Da quanto riportato, ricaviamo che la gabella detta “La Foresta”, confinava con “Strongiolito”, “lo Caro”, “Cipolla”, il feudo di Crepacore e la Valle di Crepacore.
Primi documenti
Alcuni documenti, risalenti ai primi decenni del Trecento, testimoniano l’esistenza di una vasta selva situata tra la grangia certosina di S. Nicola della Cipolla e l’abitato rurale di Strongiolito. In questi anni, la grangia dipendente dal monastero di Santo Stefano del Bosco, estendeva i suoi possedimenti, allargando il suo dominio sulla selva, che si estendeva lungo il torrente e la via nella vallata in vicinanza della chiesa di S. Nicola della Cipolla.
Nel febbraio 1228 Christiana, figlia di Armanno, e la figlia Margarita donano al monastero certosino di San Nicola de Cipullo, situato in territorio di Crotone, un piccolo fondo rustico ed una selva, situati ai confini dei fondi e della selva, che appartengono al monastero. I confini sono così descritti: “ab occidente rivus qui transit per ipsam silvam, quae donamus, et praedium; similiter extant alia nostra silva et nostae incultae vineae, et praedium presbyteri Constae de Rusello; a meridie via quae vadit a Sancto Nicolao ad locum dictum de Strongilito et aliorsum; a septentrione silva ipsius sancti Nicolai et vineae heredum domini Goidi Lipoti”.[vi]
La selva
Durante il Medioevo la selva, che si allargava e copriva tutta l’area al di là delle colline, tra le località Cipolla, Strongiolito e le terre feudali della Garrubba e di Crepacuore, cominciò ad essere erosa, così vennero meno i diritti demaniali dei cittadini su questi luoghi. Il marchese di Crotone Antonio Centelles disboscò e chiuse alcune terre vicine al suo feudo fortificato di Crepacuore, mettendole a coltura con alberi da frutto, impedendo così gli usi civici degli abitanti. Tale usurpazione fu avversata dall’università e dai cittadini di Crotone. Alla caduta del marchese essi chiesero ed ottennero dal re Alfonso d’Aragona, il ripristino dei luoghi. L’otto dicembre 1444 Alfonso d’Aragona alla resa della città, approvava i capitoli dell’università e cittadini di Crotone tra i quali vi era: “Item per che la corte have facto uno jardino adtorno crepacore guastando vie publiche antique et pigliando possessioni di citadini multo damnificandoli che tucto sia reducto a lo pristino stato: placet regie maiestati.”[vii]
La selva, anche se non integra, esisteva ancora all’inizio del Cinquecento. Essa si estendeva dalla località Cipolla al possedimento del vescovo di Crotone detto “Lo Caro”, e poi all’interno verso la vasta gabella di Strongiolito e le terre boscose dei feudi di Crepacuore, della Garrubba e di San Leone, come ricorda il toponimo “foresta di Santo Leo” (1521). Il monastero certosino di S. Stefano del Bosco aveva ancora “gabellam unam terrarum capacitatis salmatarum octo, intus quam est dicta ecclesia Sancti Nicolai dela Cipola, sitam et positam in dicto territorio dictae civitatis Cotronis, in loco ubi dicitur Santo Nicola dela Cipola”. Dalla descrizione dei confini leggiamo che: “… procedendo, ex eadem parte versus septentrionem, iuxta viam publicam et deinde limitando dictam culturam, ab uno latere versus occidentem iuxta terras episcopatus Cotronensis mediante quoddam rivolo siccaneo, in quo sunt scini magni et directe ascendendo sursum per dictum senterium usque ad collem …”.[viii]
Il monastero manterrà alcuni possessi nel luogo ancora nella seconda metà del Cinquecento, come si ricava da una platea della mensa vescovile di Crotone. Il vescovo di Crotone possedeva una “gabelluzza nomata lo caro … iux.a le terre del m.co Scipione Berlingeri et iux.a le terre del monastero de S.to Stefano delo Bosco”. La gabelluzza era tenuta in fitto ad erbaggio per pascolo di pecore, dal nobile crotonese Gioandrea de Ormazza con pagamento il 20 maggio.[ix] Un altro proprietario era Beatrice Caposacco, che possedeva la metà di Strongiolito, confinante con “le terre dette dela foresta” e “le terre de Licina”.[x]
Supplica dell’università di Cotrone
All’inizio del Seicento il nobile Aurelio Foresta di Cutro estendeva le sue proprietà. Nell’agosto 1601 comprava la gabella di Strongiolito, sulla quale gravava un annuo censo su ducati 500 per dote di Aurelia, figlia del fu Gio. Ramundo Foresta e moglie di Manilio Susanna, poi, nel 1610, acquistava all’asta pubblica il confinante territorio burgensatico detto la Foresta, appartenente dell’università di Crotone. L’università, fortemente indebitata verso il fisco regio, per non gravare di tasse i cittadini, aveva chiesto ed ottenuto il permesso di poter alienare alcune terre al migliore offerente. Passati dieci anni ed ulteriormente indebitata, l’università di Crotone otteneva il permesso di ricomprarla e di rivenderla ad un prezzo maggiore.
“Furono vendute le gabelle dette dela foresta et marine del comune di essa università quali stanno venduti alli heredi del q.m Aurelio Foresta. Fu per detti mag.ci sindici proposto come sanno le Vv. Ss. per ritrovarse questa università debitrice alla Regia Corte in grossa somma, è andata e va cercando remedio … Come tenendo et possedendo dui territori burgensatici nominati l’uno la marina dello comune et l’altro la foresta … fu gli anni passati astretta per alcuna necessità et occorrenze quelli vendere per prezzo di D(ocati) 4900 franchi, et liberi di collette, et pagamenti fiscali mediante R(egi)o Ass(ens)o con pacto de redimendi quandocumque, passato però dieci anni decorrendi dal dì della vendita, et già sono decorsi, et per la sua impotensa non ha possuto nè può quelli ricomprare, ha per questo deliberato quelli di nuovo vendere ad altri, et del prezzo farne la ricompra pr.tta, et del avanzo avalersene nelle sue occorrenze con lo medesimo patto de redimendo quandocumque, elassi però dieci anni franchi, et liberi da collette, et pagamenti fiscali del modo se ritrovano alienati, supplica però V. E.”
Nel 1620 le due gabelle sono formalmente ricomprate e rivendute per ducati 5700 al nobile crotonese Gio. Dionisio Suriano, “quali se haveranno di pagare alli patroni della retrovendita D. 5000 et restano franchi et liberi per la università D. 600 quali se haveranno da pagare alla Regia Corte conforme il Regio Assenso et detto compratore guadagna li altri cento se fa intendente alle SS.VV.”[xi] Il Suriano amplierà le sue proprietà con l’acquisto nel 1632, del vicino feudo della Garrubba “consistente in territorii aratorii di capacità di salme quaranta di grano d’introito”.
Dai Suriano ai Presterà
Dalla supplica si ricava che l’università di Crotone manteneva un controllo sul destino della gabella, perché spettava ad essa sola procedere alla ricompra e rivendita della stessa, previo sempre il regio assenso. Così era avvenuto prima per Aurelio Foresta e poi per il barone Gio. Dionisio Suriano. In seguito, tuttavia, sembra che questa prassi non fu più completamente rispettata, così il territorio La Foresta, come un qualsiasi altro fondo rustico privato, fu venduto o ereditato.
Da Gio Dionisio Suriano, barone di Apriglianello, il territorio la Foresta, assieme al confinante feudo della Garrubba, nel giugno 1646 passò ad Annibale, figlio primogenito di Gio. Dionisio e della sua prima moglie Vittoria Mangione. Il barone della Garrubba poco prima di morire, il 14 ottobre 1668 lo vendette a Cesare Presterà. Nell’atto di vendita il territorio, “seu continenza di terre volgarmente detto la Foresta”, situato in territorio e pertinenze della città di Crotone, è descritto confinante con le terre di Strongolito e le terre del feudo della Garrubba. Dal territorio, che era concesso sia a semina che a pascolo, ed era posseduto in burgensatico ed in allodio, il Suriano era solito ricavare 50 salme di frumento all’anno, quando lo concedeva ad uso di massaria.
Annibale Suriano decide di venderlo a Cesare Presterà per ducati 2600, al prezzo di ducati 52 la salmata. Il motivo della vendita, come affermeranno i due figli Domenico e Hyacinto, è da collegare ad “alcune sue necessità et occorrenze et signanter per sodisfare le doti promesse a Beatrice Suriano sua figlia e sorella (di Domenico e Hyacinto), per pagare alcuni debiti contratti per occasione della restituttione delle doti della q.m Morana Barracca (prima moglie di Annibale) et per sodisfatione della dote di Anna Suriano similmente figlia e sorella”.
Per far fronte a tutte queste spese e “non tenendo altra commodita più esplicita ne beni meno utili ha deliberato vendere un suo territorio seu continenze di terre dette la foresta”. In verità dal documento traspare che la transazione, più che una vendita, rappresenti un passaggio di proprietà del territorio dai Suriano ai Presterà. Infatti, la maggior parte del denaro, 2100 ducati sui 2600 del valore del territorio, Cesare Presterà dovrà versarlo al figlio Jo. Petro Presterà, per causa della dote promessa a suo tempo da Annibale Suriano, in contemplazione del matrimonio contratto da Jo. Petro con Beatrice Suriano, figlia dello stesso Annibale Suriano.[xii]
Alla morte di Cesare Presterà, avvenuta sul finire del 1672, il territorio detto La Foresta passa di proprietà a Gio. Pietro Presterà, figlio ed erede del “doctore” Cesare Presterà di Crotone e di Gesimunda Susanna di Cirò.[xiii]
L’estinzione della casata dei Presterà
All’inizio del Settecento il nobile crotonese Gio. Pietro Presterà possedeva il territorio detto La Foresta che confinava con il territorio Lo Caro del vescovo di Crotone, la gabella Cipolla di D. Tomaso Casanova, la Manca di Cipolla del nobile crotonese Titta Barricellis, alcune terre della chiesa parrocchiale di S. Veneranda, i vignali del beneficio della cattedrale di Crotone di S. Maria de Jesu, il vignale del beneficio della Concezione, il feudo di Crepacuore dei Filomarino, il feudo della Garrubba dei Suriano, ed il territorio detto Strongolito, che era diviso tra diversi proprietari cutresi (Monastero di S. Chiara, Convento dei Domenicani, Gio. Battista di Bona, Giuliano Oliverio, Gregorio Morelli, Marcello Guarani).
In seguito, sarà di Cesare e Gregorio Presterà, figli ed eredi di Gio. Pietro e di Beatrice Suriano. In questi primi decenni del Settecento aumenta l’indebitamento dei Presterà. Il 10 ottobre 1710 i fratelli Cesare e Gregorio Presterà prendono in prestito ducati 400 al 10% dal Monte dei Morti, impegnando le rendite del giardino detto La Torre Tonda e le gabelle dette La Foresta e Alfieri.[xiv] Nel gennaio 1714 Cesare e Gregorio Presterà, figli ed eredi di Gio. Pietro, prendono in prestito altri ducati 1000 al sei per cento da Antonio Barricellis, e si impegnano a pagare annui ducati 60 sulle entrate dei loro beni, tra i quali figurano la gabella Alfieri, che confina il Racchio di Pipino, e la gabella Foresta, che confina con la gabella Strongiolito, il Caro e Cepolle.[xv]
Morto Gregorio Presterà rimase proprietario il fratello Cesare, il quale il 17 maggio 1729 raggiunse un accordo con il Monte dei Morti. Il monte vantava un prestito di ducati 400 al 10% più rate non pagate per ducati 396. L’annualità fu ridotta al 5% e così anche il debito per le rate arretrate e non pagate da ducati 396 passò a 130, con la condizione però che fosse estinto in tre rate in tre anni. Ma Cesare Presterà non curò adempiere i patti. Anzi i debiti aumentarono. Con atto del notaio Leonardo La Piccola, il nove giugno 1738, Cesare Presterà contrasse un debito di ducati 870 col decano della cattedrale di Crotone Filippo Suriano, obbligandosi a pagare ogni 9 giugno un annuo censo di ducati 52 e grana 20, ed ipotecando soprattutto “il comprensorio di terre seu gabella detta La Foresta” ed il suo palazzo.[xvi]
Nel catasto del 1743 troviamo il nobile Cesare Presterà di anni 65, sposato con Vittoria del Castillo di 44 anni, senza figli e vivente con le sorelle Sigismunda di anni 55 e Bettuzza di anni 35. Il Presterà possiede tra gli altri beni, il territorio “La Foresta” nel luogo detto Valle di Crepacore, confinante con le terre dette Strongiolito. Il catasto segnala che La Foresta è stata venduta dall’università “franco di pagamenti fiscali e col patto di ricomprarsela quandocumque come dall’istromento per l’atti del q.m notaio Francesco Riggitano di questa città nell’anno 1620”.[xvii]
Dai Presterà agli Oliverio
Il 7 luglio 1745 Cesare Presterà fece il suo ultimo testamento per atti del notaio Pelio Tirioli, testamento che fu aperto il giorno 14 dello stesso mese. Nominava suoi eredi universali le sorelle Elisabetta e Sigismonda ed inoltre, istituiva erede particolare nel territorio della Foresta e nel suo palazzo d’abitazione, situato nella città di Crotone in parrocchia del SS. Salvatore, il nipote Francesco Antonio Oliverio, figlio del feudatario di Crepacuore Giuseppe Antonio e di Isabella Toscano.
La gabella ed il palazzo furono assegnati al nipote con la condizione di essere liberi e franchi da ogni ipoteca. Nell’agosto di quell’anno 1745 le due sorelle si obbligarono a liberare la gabella ed il palazzo da tutti i censi, pesi e debiti contratti dal fratello Cesare ed esistenti sopra la gabella La Foresta ed il palazzo, cedendo in favore del nipote ogni diritto, che potevano vantare sui due beni. I confini della gabella sono così descritti: “confina da una parte la gabella detta Li Cipolluzzi del venerabile monastero di S. Domenico della Città di S. Severina, dall’altra il feudo detto Crepacuore di detto Sig.r D. Giuseppe Antonio Oliverio”.[xviii]
Tra i debiti vi era quello che ancora vantava il Monte dei Morti sopra i tre territori di Torre Tonda, la Foresta e Alfieri. Il monte, non essendo stato soddisfatto l’accordo a suo tempo contratto con Cesare Presterà, esigeva ancora il 10% annuo sul capitale di ducati 400 ed arretrati per oltre 700 ducati.[xix] Nel 1747 le sorelle raggiungono un accordo con il decano Filippo Suriano e liberano la gabella ed il palazzo da ogni obbligo.[xx] In tale modo Giuseppe Antonio Oliverio, feudatario di Crepacuore, tramite Francesco Antonio Oliverio espandeva le sue proprietà.
La fine del bosco
Verso la metà del Settecento una parte del bosco aveva lasciato il posto alle terre aratorie e alle chiusure. Con il passaggio del feudo di Crepacuore e della confinante gabella Foresta agli Oliverio, cominciarono i disboscamenti, che interessarono anche il vicino feudo della Garrubba e la gabella di Giammiglione dei Suriano.
La vicenda del confinante feudo della Garrubba illustra il mutamento avvenuto nella località. Se nel passato questo feudo era affittato a pascolo o a semina, con Bernardino Suriano esso cominciò a subire delle trasformazioni, che lo renderanno più produttivo. Bernardino spese cento ducati “di suo proprio danaro”, per costruire una fontana ed un Biviere nel territorio di Gio. Biglione e fece numerosi miglioramenti di “piantaggioni di olivi, vigne, ed altri alberi fruttiferi” nel feudo della Garrubba, spendendo circa 4000 ducati. Bernardino morì poco prima della metà del Settecento e la sua opera fu proseguita dal figlio Raffaele, che migliorò ulteriormente il feudo della Garrubba, spendendovi dapprima quattromila e duecento ducati; poi lo fece circondare con muri a secco e fossi, impegnandovi altri trecento ducati. Il tutto fu arricchito con la costruzione di un meraviglioso casino, che costò altri tremila e cinquecento ducati.[xxi]
La trasformazione interessò anche la vicina gabella della Foresta, com’è documentato da alcune testimonianze, rilasciate da alcuni massari di Crotone in favore dell’Oliverio, che veniva incolpato di avere fatto delle chiusure sul fondo Foresta, limitando così gli usi civici dei cittadini di Crotone. Le due gabelle, a suo tempo proprietà dell’università di Crotone, cioè la gabella La Foresta e la gabella Le Marine del Comune, andavano incontro ad un mutamento del loro uso. Francesco Antonio Zurlo, privilegiato napoletano e nobile patrizio crotonese, fece istanza contro i possessori dei due demani che erano: per La Foresta, il patrizio crotonese D. Cesare Oliverio, e per Le Marine del Comune, il patrizio crotonese D. Raffaele Suriano. La causa fu discussa nella Regia Camera della Sommaria. Fra i testimoni sono ricordati i massari Nicola Monte, Antonio Garasto e Dionisio Asturi, i quali in seguito, per atto del notaio Antonio Asturi, il 22 luglio 1771 dichiareranno che le due gabelle “sono terre rase senz’alberi o miglioramento alcuno d’annua rendita cioè la sud.a Foresta di docati trecento circa alcuni anni più ed alcuni anni meno e detta La Marine del Comune di docati Duecento cinquanta, docati duecento venti e docati duecento rimettendosi all’oblighi de loro affitti”.[xxii]
La gabella rimarrà agli Oliverio. Alla fine del Settecento è di Cesare Oliverio, come risulta da una nota relativa ai possessi del beneficio sotto il titolo della Beata Vergine della Pietà, S. Gio. Battista e S. Luca di famiglia Gervasi, eretto nella chiesa parrocchiale della regia terra di Papanice, che tra i corpi stabili possedeva: “La Foresta gabella in territorio di Cotrone, posseduta da D. Cesare Oliverio, che sarebbe tenuto corrispondere al sud.o beneficio annui D. trenta, ma come lo stesso Oliverio non ha voluto giammai pagare la prestazione anzidetta, perciò se n’è fatto il notamento nel foglio delle partite dubbie e si è scritto agli amministratori della città di cotrone per avere la fede del rivelo fatto in catasto per d.a gabella, per rilevare da essa se tra i pesi furono da quello rilevati li sud.i annui D. 30.”[xxiii]
Il catasto del 1793
Anche il catasto del 1793 richiama il fatto che l’università di Crotone manteneva il diritto di ricomprare il territorio, aggiungendo, inoltre, che bisognava verificare se esistesse il regio assenso alla vendita. D. Cesare Oliverio nobile di anni 43 vivente con i suoi fratelli Pier Maria, Raffaele, Gaetano e Bartolo, possiede come figlio ed erede del padre, il fu D. Giuseppe Antonio, “un territorio detto La Foresta pervenutoli dalla successione del q.m D. Cesare Presterà, oggi venduto da questa Università franco di Fiscali, col patto di ricompra quandocumque, come si osserva dal Catasto Generale e perciò non si tirano fuori le oncie. Parole del Tenente Generale Pignatelli. Rispetto al detto patto devono esibirsi documenti, per vedersi la vendita se sia robborata da Regio Assenso, e frattanto non si senta pregiudicata l’università a tenore degl’ordini della Regia Camera”.[xxiv] Nel catasto napoleonico del 1814, il demanio Foresta è accatastato alla sez. C n. 45, 46 per la estensione di tom. 272 in testa a Bernardino Albani di Crotone.
Note
[i] Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini A.D. 1699 Confectae, f. 68.
[ii] Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini A.D. 1699 Confectae, f. 117.
[iii] Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini A.D. 1699 Confectae, f. 148.
[iv] Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini A.D. 1699 Confectae, f. 151v.
[v] ASCZ, Busta 666, anno 1743, ff. 31-34.
[vi] Trinchera F., Syllabus gracarum membranarum, Napoli 1865, pp. 282-283.
[vii] Zangari D., Capitoli e grazie concessi dagli Aragonesi al vescovo e all’università e uomini della città di Cotrone durante il sec. XV, Napoli 1923, p. 12.
[viii] Longo L. (a cura), La Platea del monastero del SS. Stefano e Brunone ed. Orizzonti Meridionali, Cosenza 1996, p. 65.
[ix] ASN, Dip. Som. 315/9, Conto del m.co Giulio Cesare de Leone deputato sopra l’entrate del vescovato de cutrone. 1570 et 1571.
[x] ASCZ, Busta 1594, ff. 150-154.
[xi] ASCZ, Busta 49, anno 1620, ff. 84-94.
[xii] ASCZ, Busta 313, anno 1668, ff. 236-240.
[xiii] AVC, Cart. 114, (23.12.1687).
[xiv] ASCZ, Busta 667, anno 1745, f. 85.
[xv] ASCZ, Busta 611, anno 1714, 1v-2.
[xvi] ASCZ, Busta 854, anno 1747, ff. 36-40.
[xvii] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, f. 34.
[xviii] ASCZ, Busta 912, anno 1745, ff. 138-139.
[xix] ASCZ, Busta 667, anno 1745, f. 85.
[xx] ASCZ, Busta 854, anno 1747, ff. 36-40.
[xxi] ASCZ, Busta 1343, anno 1770, ff. 76-81.
[xxii] ASCZ, Busta 917, anno 1771, ff. 60-61.
[xxiii] AVC, Lista di carico, Cassa Sacra, 1790, f. 48.
[xxiv] AVC, Catasto Crotone 1793, f. 21v.
Creato il 9 Marzo 2015. Ultima modifica: 20 Novembre 2022.
Tutte narrazioni molto interessanti. È bello ricostruire, anche solo mentalmente, i luoghi che conosciamo associandoli alla loro storia.
Grazie
Grazie a lei per l’attenzione.