Lotte per il potere a Crotone nel Seicento. Ascesa e decadenza della casata dei Suriano
Alla metà del Seicento a Crotone la casata dei Suriano era composta da quattro rami principali: di Gio. Dionisio Suriano, dell’abbate Gio. Pietro Suriano, di Dezio Suriano e di Scipione Suriano; quest’ultimo era detto anche dei Suriano Ralles.
Le quattro famiglie Suriano
Gio. Dionisio Suriano con la sua famiglia abitava in parrocchia di San Pietro. Dall’unione tra Gio. Dionisio Suriano, futuro barone di Apriglianello, e Vittoria Mangione nacque Annibale. Morta la moglie, Gio. Dionisio Suriano si risposò con Lucrezia Lucifero; nacquero Francesco, Diego, Laura, Lucrezia, Anastasia, Auria, Dianora, Clarice, Antonia e Beatrice.
Gio. Dionisio fece fortuna ed accumulò terre e ricchezze. Comprò nel 1632 il feudo della Garrubba dal congiunto Scipione Suriano, e nel 1640 il feudo di Apriglianello dal principe di Strongoli Francesco Campitelli. Fece edificare nella chiesa dei Cappuccini una cappella dedicata a Sant’Anna, dove troveranno dimora le sue spoglie, della consorte Lucrezia Lucifero e dei suoi discendenti, i quali lasceranno al convento numerosi legati per dire messe in suffragio.
Annibale Suriano, primogenito di Gio. Dionisio, ebbe dal padre il feudo della Garrubba ed altre terre, sposò dapprima Morana Barracco; dall’unione nacque Domenico. Morta la moglie, Annibale si risposò con Luccia de Nobili che gli diede numerosi figli: Ignazio, Prospero, Giacinto Geronimo, Vittoria, Teresa e Maria.
Domenico successe al padre nel feudo della Garrubba; egli si unì nel 1655 con Anna Suriano (figlia di Dezio e di Beatrice della Motta Villegas ?) che gli diede i figli Antonio, Domenico, Annibale e Morana. Antonio successe al padre nel feudo della Garrubba e Morana andò sposa a Gio. Battista Barricellis.
Geronimo intraprese la carriera ecclesiastica e fu dapprima canonico e poi arcidiacono di Crotone. Prima di morire istituì un legato per la cappella dedicata all’Immacolata Concezione in cattedrale. La cappella potette quindi godere di un semplice beneficio di iuspatronato laicale, divenendo così una cappella dei Suriano. Vittoria, Teresa e Maria furono rinchiuse nel monastero di Santa Chiara.
Giacinto Suriano nel 1665 si unì con la cugina Popa o Ippolita Suriano, figlia di Detio e di Beatrice della Motta Villegas, nacquero Cesare e Detio. Diego Suriano ebbe il feudo di Apriglianello, si sposò con Caterina Montalcini che gli diede un’unica figlia, Antonia, la quale nel 1669 andò sposa a Gio. Nicola De Filippis, figlio del barone di Carfizzi.
Francesco Suriano, il più giovane dei tre, fu avviato alla religione di Malta e divenne cavaliere gerosolimitano. Laura, Lucrezia e Anastasia presero il velo nel monastero di Santa Chiara, Clarice andò sposa a Francesco Montalcini e Antonia a Iulio Pallone.
Dezio Suriano e la sua famiglia abitavano in parrocchia di Santa Margherita. Dezio si unì con Beatrice Della Motta Villegas, figlia di Antonio e di Eleonora Leone, nacquero Dianora, Cesare, Antonia, Ippolita, Vittoria e Anna. Dall’unione di Cesare con Laura Presterà nacque Francesco. Dianora si sposò dapprima con Gio. Battista D’Ayerbis d’Aragona, rimasta vedova si risposò con Gio. Paulo Pipino. Vittoria si unì con Domenico Geronda e Ippolita con Giacinto Suriano. (Anna con Domenico Suriano?)
Gio. Petro Suriano e la sua famiglia abitavano in parrocchia di San Pietro. Nel 1626 egli si unì con Vittoria Lucifero, figlia di Fabrizio e di Adriana Berlingieri. Nacquero Muzio, Orazio, Antonio e Livia. Muzio fu arcidiacono di Crotone e poi nel 1674 arcivescovo di Santa Severina. Livia si sposò con Giuseppe Lucifero e tra i numerosi figli ci fu Fabrizio che sarà barone di Apriglianello.
Antonio resse la carica di luogotenente del regio secreto e mastro portolano di Calabria Ultra; tra i suoi figli ci furono Pietro, Elisabetta, Giuseppe e Jo. Petro. Giuseppe si sposò con Hieronima Sculco, figlia del barone di Montespinello Bernardo Sculco. Pietro si unì con Maria del Castillo, nacquero Ippolita, Francesco Antonio e Giuseppe. Ippolita si unì con Fabrizio Lucifero, barone di Apriglianello.
Scipione Suriano ereditò dal padre Ottaviano il feudo della Garrubba, che vendette poi a Gio. Dionisio Suriano. Si unì con Caterina Geronda. Lasciò eredi due figli Diego ed il clerico Felice, detti Suriano Ralles, in giovane età. Il patrimonio male amministrato dai tutori e dai giovani eredi, in breve venne meno e così anche la famiglia.
La nobiltà cittadina in lotta tra papato ed impero
Il partito filospagnolo e quello filopapale si contendevano il potere a Crotone e nel Marchesato. Da una parte primeggiavano i Montalcini, con i loro alleati, dall’altra i Suriano.
I Suriano erano preminenti nelle cariche ecclesiastiche. Essi ressero per tutto il Seicento l’arcidiaconato che era la seconda carica religiosa, dopo quella vescovile, dapprima con Prospero, poi con Mutio e quindi con Hieronimo. L’abbate Gio. Pietro, confrate della confraternita del Rosario, e Mutio ricoprirono anche la carica di vicario generale della chiesa cattedrale, il primo nel 1657 ed il secondo nel 1666. Mutio fu arcivescovo di Santa Severina, mentre Prospero e Giuseppe furono cavalieri Gerosolimitani. La famiglia contava numerosi canonici, chierici, badesse e clarisse.
Il frequente ricorso a matrimoni tra cugini aveva loro permesso la conservazione e l’integrità del loro patrimonio che, in caso di crisi, circolava all’interno dei vari rami della casata, anche se spesso separati da odi e rancori. Molteplici vincoli familiari ed economici legavano i Suriano ai Lucifero, una famiglia molto potente.
Le fazioni lottavano per sistemare i loro congiunti ed affiliati nelle cariche ecclesiastiche e pubbliche, da dove potevano controllare il mercato delle terre e del grano ed esercitare il contrabbando. Numerosi agguati e uccisioni spesso segnavano l’avanzare o la sconfitta delle famiglie. Nascoste nelle campagne e nei conventi, protette e ben alimentate, al riparo dalla giustizia, operavano le bande armate, composte dai figli cadetti e dai “creati di casa” delle varie casate con fuorusciti e ricercati. Tra esse ve n’era una al comando di Scipione Montalcino, “homo homicidiario”, ed un’altra guidata da Alessandro Suriano. Questi capibanda, con altri delinquenti, erano pronti ad eseguire gli ordini di morte e di distruzione che giungevano dalla famiglia, che era in città.
All’“hora dell’Ave Maria li Clerici Alessandro Suriano, Fabritio Spina, Antonio Urso et altri hanno tirato più archibusciate al clerico Francesco Maria Montalcino, di Fabritio, et al Clerico Francesco Montalcino a tempo che passavano a cavallo davanti la chiesa di Santo Francesco D’Assisa in comitiva d’altri persone”. La risposta non tarda molto. Valerio Antonio Montalcino e Francesco Maria Montalcino, zio e nipote, incaricano i loro sicari di uccidere il notaio Giuseppe Lauretta di Santa Severina. Contando sulla protezione del preside della Provincia e sulla potenza che godono, se ne vanno tranquillamente liberi. Su istanza dei congiunti dell’ucciso interviene la Gran Corte della Vicaria, che ordina di incarcerare i Montalcini con il loro servo Giuseppe Papara. Temendo che, per la potenza e per le protezioni di cui godono gli assassini, non si faccia giustizia, la Gran Corte avoca a sé il processo.
Guerra, carestia, pestilenza e contrabbando
A complicare e rendere più difficile la situazione, nell’estate del 1667 era iniziata la nuova guerra franco-spagnola con grave pericolo e danno per la libera navigazione ed i commerci del Mediterraneo. Ad essa si unirono le cattive annate che, iniziate nella primavera del 1668, si prolungheranno.
Nel 1668 il sindaco dei nobili della città, il capitano Domenico Barricellis, ed il sindaco del popolo, Lelio De Vite, facevano presente la grave crisi alimentare, che stava per attanagliare la popolazione a causa del fallimento del raccolto. La Regia Udienza, preso atto della grave situazione, per sfamare la popolazione emanava un bando. Fu vietata l’esportazione dei cereali dalla città e si obbligò i mercanti a consegnare, a seconda della quantità che avevano, parte del loro grano ammassato nei magazzini. Il grano così requisito doveva essere pagato ai proprietari ad un prezzo prefissato, da corrispondersi dal catapano, con i soldi che man mano provenivano dalla vendita del pane in pubblica piazza.
Il bando restò lettera morta. I mercanti continuarono ad imboscare il grano, a praticare il contrabbando ed a rifiutare di consegnare il grano. Essi addussero la scusa che volevano essere pagati subito ed in contanti, al prezzo corrente in veloce ascesa. Per fronteggiare una situazione, che si faceva sempre più precaria, in aprile fu mandato a Crotone per servizio del regio fisco il preside di Calabria Ultra, D. Martin d’ez Pimienta, conte de Legarde. Il funzionario arrivò in città accompagnato dalla sua famiglia e scortato da un capitano ed alcuni soldati di campagna.
Egli fece subito arrestare alcuni dei nobili e dei mercanti renitenti. Furono presi Gio. Pietro Presterà, Giuseppe Gerace, Giuseppe Gallucci, Antonio Suriano, figlio di Jo. Petro e di Vittoria Lucifero, e Giacinto Suriano, figlio di Annibale e di Luccia De Nobili. Tutti costoro furono accusati di non aver ottemperato al bando pubblicato dalla Regia Udienza, in quanto rifiutavano di essere pagati al prezzo prefissato. Trascinati i malcapitati nel palazzo vescovile, vuoto per l’assenza del vescovo Geronimo Carrafa, li tenne rinchiusi, maltrattandoli duramente per una decina di giorni. Per porre fine al patimento dei loro congiunti, i familiari sono costretti a sborsare grandi somme di denaro. Ottenuto il denaro il preside li fa rilasciare, denunciandoli tuttavia alla Regia Udienza di Catanzaro, perché siano processati.
Nonostante la dura repressione del preside, appena allontanato il pericolo, i mercanti riprendono il contrabbando e l’imboscamento del grano. Essi con vari pretesti rifiutano di tenere a disposizione dei catapani e dei sindaci della città parte del grano immagazzinato e di fornirlo per il pubblico pane al prezzo prefissato.
Costretti dall’aggravarsi della carestia a cautelarsi, affinché “alterandosi li prezzi de grani non nasca pregiudizio a questa città”, ai primi di maggio i sindaci, gli eletti ed il governatore pongono sotto sequestro i magazzini del duca di Santa Severina e di Gio Gallucci, ed impediscono a Gio. Pietro Presterà di rifornire di grano la città di Catanzaro, grano che il Presterà rifiuta di fornire alla città di Crotone se non gli sarà pagato in contanti ed al prezzo corrente in veloce ascesa.
Una speculazione mancata
Anche se erano evidenti i presagi di una grave crisi agricola, nei primi giorni di giugno 1668 i Suriano prendono in fitto le terre del baliaggio di Santa Eufemia, comprendenti il casale di Gizzeria, la terra di Nocera e la grancia della città di Crotone, Belcastro, Crucoli ed altri luoghi. L’accordo, che implica il pagamento di un fitto di ducati 4700 all’anno, di cui 4200 da versare a Bernardo Rocci, procuratore del baglio Vincenzo Rospigliosi, è contrattato a Roma dall’arcidiacono di Crotone Mutio Suriano, per conto del cavaliere Fra Francesco Suriano, ed ha la validità di 3 anni, dal primo giugno 1668 all’ultimo di aprile 1671.
L’operazione è resa possibile dalle garanzie finanziarie date dapprima dal mercante napoletano Pietro Gerace e poi da Giuseppe Squillace. Quest’ultimo risulta ben presto il prestanome di una società composta da Antonio, Annibale, Diego, Domenico e Giacinto Suriano e da Felice Barracco di Cosenza. Così dopo essere stati particolarmente colpiti dalla repressione del preside, i Suriano dovettero subire un succedersi di cattive annate, che li esposero nei confronti di coloro con i quali si erano impegnati al momento dell’affitto delle terre del baliaggio.
All’inizio di ottobre 1668 Annibale Suriano, col consenso dei figli Giacinto e Domenico, “per alcune sue necessità et occorenze”, nonché per soddisfare le doti promesse alle figlie Beatrice ed Anna, e pagare alcuni debiti contratti per poter restituire la dote della prima defunta moglie, Morana Barracco, non avendo “altra commodità più esplicita ne beni meno utili”, deve vendere la sua più importante proprietà burgensatica, il territorio La Foresta, per ducati 2600 a Cesare Presterà, il cui figlio Gio. Pietro, aveva sposato la figlia Beatrice. L’anno dopo anche Diego Suriano, già indebitato con Giuseppe Lucifero e con Scipione De Bona, è costretto a cedere parte delle entrate del feudo di Apriglianello a Gio. Nicola De Filippis per la dote di ducati 4000 promessa alla figlia Antonia.
Con le cattive annate i debiti aumentavano. Il genovese Nicolò Casanova, rappresentante degli interessi del Duca Doria, Barone di Tacina e Massanova, dichiarava che a Crotone vantava crediti per oltre 5000 ducati ed in special modo dai Suriano. I Suriano pur indebitati e colpiti dalle cattive annate, ma forti del prestigio e delle complicità che godevano, tentarono di rivalersi; ma alcuni fatti imprevisti furono avversi.
Il 9 gennaio 1669 moriva Annibale Suriano ed il feudo della Garrubba passò al figlio primogenito Domenico, che ottenne l’intestazione il 20 maggio dell’anno dopo. Pochi giorni dopo essere subentrato nel feudo, il 12 luglio 1670, moriva Domenico, ed il feudo della Garrubba passava al figlio di costui Antonio, che otteneva l’intestazione il 14 novembre 1671.
I Suriano continuavano ad affittare le terre ai coloni, dai quali si facevano pagare in grano, che contrabbandavano e piazzavano presso i mercanti napoletani. A questo scopo Ignazio Suriano risiedeva a Napoli, dove stipulava i contratti di vendita. Giacinto a Crotone comprava il grano dai coloni ammassandolo nei magazzini, pronto a consegnarlo ai patroni, inviati con le loro barche dai compratori.
Spesso la merce che i patroni erano costretti ad imbarcare non era quella contrattata a Napoli con Ignazio. Le loro rimostranze, tuttavia, non sortivano effetto alcuno, in quanto dovevano sottostare alla violenza. È il caso di quel patrone francese che protestò perché non gli veniva consegnato il grano, contrattato a Napoli. Poiché rifiutò il grano che Giacinto gli aveva finalmente fornito, in quanto risultò di qualità scadente, fu fatto oggetto durante la notte di più colpi di archibugio, che colpirono il suo vascello ancorato al porto.
Mentre controllavano il mercato del grano i Suriano procedevano nella scalata delle cariche ecclesiastiche e si alternavano nel governo della città, ricoprendo le massime cariche pubbliche elettive. Geronimo Suriano, figlio di Annibale, nel 1670 aveva ottenuto il canonicato della chiesa di Crotone, Mutio, figlio di Jo. Petro, ricopriva la carica di arcidiacono, che era la carica di maggior prestigio dopo quella di vescovo, Anastasia Suriano, figlia di Jo. Dionisio, lasciava il posto di badessa del monastero di Santa Chiara alla sorella Laura (1672).
Antonio, figlio di Jo. Petro ricopriva l’incarico di luogotenente del regio secreto mastro portolano, mentre Diego, Giacinto, Prospero e Antonio, si alternavano nelle massime cariche cittadine. Ad Antonio Suriano che aveva ricoperto l’incarico di sindaco dal 1669 al 1670, era seguito Prospero che esercitò la carica come pro sindaco nel 1671, a cui seguì dall’agosto di quell’anno Giacinto. Arrivò così l’annata del 1672, quando la fame fu “cotanto valida, che per rattemperarne la rabbia, furono pratticate cose mai più per l’addietro, costumate a mangiarsi”.
L’uccisione di Giacinto Suriano
Appena il De Legarde non ricoprì più la carica di preside della provincia ed eletto sindaco dei nobili nel 1672 uno della loro casata, i Suriano cercarono di rivalersi sul conte. Il sindaco Giacinto Suriano a nome dell’università, denunciò il De Legarde di esser venuto in città e di avervi dimorato con la sua famiglia per parecchi giorni, gravando di molte spese l’università. Per dare forza alla sua denuncia, egli portò la testimonianza del sindaco dell’epoca, il capitano Domenico Barricellis. All’iniziativa di Giacinto Suriano si associarono Antonio Suriano, Giuseppe Gerace, Gio. Gallucci, Gio. Pietro Presterà e altri nobili. Essi incolparono il conte di averli incarcerati ingiustamente per lungo tempo, costringendoli con la violenza a sborsare molti denari, per poter tornare liberi. Un’istanza fu inoltrata in Spagna a Madrid al re, ed una querela criminale fu presentata al Supremo Consiglio d’Italia per l’estorsioni subite. Per danni, spese e interessi patiti indebitamente, il solo Antonio Suriano faceva un calcolo ammontante alla cospicua somma di ducati seimila.
Alla denuncia, presentata dal sindaco dei nobili di Crotone, si accompagnarono quelle di altre università e di cittadini che avevano subito le malefatte del conte, durante il periodo in cui egli aveva esercitato la carica di preside della provincia di Calabria Ultra. Le molte lamentele spinsero ad aprire un’inchiesta sul suo operato. Il reggente D. Francesco Ortiz Cortes venne inviato in alcune città della Calabria, tra le quali Pizzo, per prendere informazioni.
Frattanto alla carestia, che aveva colpito soprattutto il ceto popolare, si associò la pestilenza che cominciò a mietere senza discriminare. Tra il 1672 ed il 1673 i Suriano furono colpiti da gravi lutti. Giacinto Suriano perdeva il suocero Detio ed i fratelli Ignazio e Prospero, quest’ultimo mentre ricopriva l’importante carica cittadina di mastrogiurato. Morivano anche Antonio, figlio di Jo Petro Suriano, mentre esercitava l’importante ufficio di luogotenente del regio secreto e mastro portolano, e Cesare, l’unico figlio di Detio Suriano.
La lite continuava. Il figlio ed erede di Antonio, il chierico Giuseppe, nel novembre del 1672, non potendosi recare a causa della distanza, delle spese occorrenti e per la giovane età, presso il delegato del re e del Supremo Consiglio, D. Francesco Ortiz Cortes, ribadisce le dichiarazioni fatte dal padre relative ai danni patiti e alle spese e interessi subiti dalla casa dei Suriano e si rimette al Supremo Consiglio e al delegato affinché su tutto ciò “faccino quel che e quanto li parerà di dovere alla giustizia”.
Il ripetersi di scarsi raccolti colpisce duramente Giacinto Suriano, il quale non riesce a far fronte agli obblighi anche perché i coloni, ai quali ha affittato i terreni e ha dato in prestito denaro e semi, abbandonano i campi o non riescono col misero raccolto a saldare. Egli vede di giorno in giorno aumentare debiti e debitori, mentre i pegni non sono più sufficienti per tacitarli. Il castellano Pietro Peniglia da anni non riesce a rientrare in possesso di un credito di 450 ducati, altri 400 ducati Giacinto li deve a Gio. Battista Gargano di Belcastro e 660 al barone di Carfizzi, Giuseppe De Filippis. Il cognato Gio. Pietro Presterà, che gli ha fornito il grano per poter seminare, ora lo minaccia perché vuole essere pagato. Lo zio, il cavaliere gerosolimitano Fra Francesco Suriano, una delle poche persone su cui può contare per tenere a bada i creditori, gli ha già anticipato 400 ducati. A questi debiti si aggiungono quelli che devono sopportare gli eredi dei suoi fratelli Domenico e Ignazio.
Piccoli e grandi creditori bussano inutilmente alla porta del suo palazzo e alle minacce presto seguono le liti e le risse che coinvolgono i servi e gli aderenti. La casata dei Suriano comincia a perdere parte della grande proprietà terriera. Su istanza di Gio. Battista Gerace, che vanta dei crediti, la Gran Corte della Vicaria nel febbraio 1673 sequestra e mette all’asta la metà delle terre e la vigna dette la Torre di Giuliano, che erano state di Ignazio Suriano, e la metà delle terre di Giambiglione, che appartenevano a Domenico Suriano. Interviene Antonio Suriano che riesce a recuperarne solo una parte.
Ai primi di marzo 1673 Giacinto Suriano è incarcerato su denuncia di alcuni servi di Gio. Pietro Presterà. La reazione dei seguaci dei Suriano è immediata. Alcuni dei loro creati, armati di spada, aggrediscono gli accusatori. Giulio Froil, uno dei servi che abita nelle case dei Presterà, è gravemente ferito e su consiglio del suo padrone presenta querela criminale. Frattanto Giacinto è aiutato dalla suocera Beatrice Della Motta Villegas, che nei primi giorni di aprile 1673 dona al nipote minorenne Cesare, primogenito di Giacinto, un palazzo o casamento con cortile, puzzora ed orticello, situato in parrocchia di Santa Vennera, pervenutole dal defunto marito Detio Suriano.
Il 15 agosto 1673 venivano rinnovate le nuove cariche dell’università. Furono eletti: mastrogiurato Gio. Paolo Pipino, sindaco dei nobili, Fabrizio Suriano, eletti dei nobili Gerolimo Syllano, Carlo Berlingieri e Antonio Pelusio, sindaco del popolo Antonio Varano, ed eletti del popolo furono Vincenzo di Garretto, Leonardo Basoino e Muzio Scavello.
Alla fine del luglio 1674 gli avvenimenti precipitano. I sindaci della città denunciano Fra Francesco Suriano per evasione fiscale. Dal castello il castellano Don Pietro Peniglia invia alcuni soldati spagnoli che catturano un massaro ed un garzone del cavaliere, che stavano lavorando fuori le mura della città nell’aia presso la chiesa della Annunziata. Si sparge la notizia e ben presto sopraggiungono Giacinto e Alessandro Suriano ben armati e “con altri delinquenti in loro comitiva”. I Suriano riescono a liberare i prigionieri ma avviene un violento scontro armato con sparo di molti colpi di archibugio che causano morti e feriti. Giacinto Suriano, ferito gravemente, riesce a rifugiarsi nel vicino monastero di Gesù Maria dei frati paolotti.
Il 4 agosto in una camera fuori la loggetta del monastero, ormai prossimo alla morte, in presenza del giudice Stefano Squillace, del fisico o medico Gio. Battista Capuccio, dei complici, i chierici Alessandro Suriano, Antonio Chirillo e Fabrizio Spina, e di Antonio e Francesco Suriano, Giacinto detta il suo testamento al notaio Nicola Sacco. Dopo poco muore, raccomandando moglie e figli al fratello consanguineo Gerolimo, che da poco era subentrato nel posto di arcidiacono della chiesa di Crotone, rimasto vuoto per la promozione di Mutio Suriano alla carica di arcivescovo di Santa Severina, e allo zio Fra Francesco Suriano, lasciando numerosi debiti e la preghiera di essere seppellito nella cappella gentilizia, dedicata a Sant’Anna dei Suriano dentro alla chiesa del convento dei cappuccini, vestito “con un abito de capuccino vecchio assolutamente con quattro torci senza lume et senza giraletto et facendosi il contrario detti heredi siano obligati pagare per una volta tantum docati mille all’animi del Purgatorio”.
Con la ritrattazione ritorna la “normalità”
Pochi giorni dopo, il 15 agosto, venivano eletti il mastrogiurato, i nuovi sindaci e gli eletti dei nobili e degli honorati. Con “giubilo universale” andavano a ricoprire le cariche Gio Paolo Pipino, sindaco dei nobili, Pelio Petrolillo sindaco degli honorati o del popolo, Felice Berlingieri mastrogiurato, Stefano de Labruti, Diego Suriano e Orazio Presterà eletti dei nobili, Carlo Scarnera, Carlo Scavello e Fabrizio Manfredi eletti degli honorati. Poco dopo Domenico Pipino sostituiva Gio. Paolo Pipino.
Nei primi giorni del nuovo anno 1675, scomparsi i protagonisti principali, in gravi difficoltà economiche la casata dei Suriano, vengono ritrattate le accuse contro il conte. Alla presenza del capitano di cavalli D. Bartolomeo de Silva, cavaliere di Alcantara, governatore della città, e del regio giudice, Henrico Guglielmini, sfilano davanti al notaio Antonio Varano i superstiti: il capitano Domenico Barricellis, Gio. Pietro Presterà, il chierico Giuseppe Suriano, figlio ed erede di Antonio, Gio. Gallucci, Giuseppe Gerace, e in rappresentanza dell’università, il sindaco dei nobili Domenico Pipino, il sindaco del popolo Pelio Petrolillo, e alcuni eletti.
Essi negano che il conte abbia soggiornato a spese dell’università, estorto denaro e usato violenza nei loro confronti, affermando che ognuno in città ha lodato e loda con quanta puntualità, limpidezza, dottrina e buon zelo, il conte ha governato questa provincia. Attestano che le accuse mosse dal sindaco Giacinto Suriano furono malamente esagerate e fatte a loro insaputa e contro la loro volontà, ad istigazione di qualche malevolo di detto conte, e non che erano vere, anzi dichiarano che per tutto il tempo che si trattenne il preside con la sua famiglia in Cotrone, egli si comportò “per un ministro galantissimo de Re di tutta puntualità, limpiezza e buon zelo che ne restò questa città molto sodisfatta”.
Tra i discendenti della casata di Gio. Dionisio Suriano sopravvivevano solamente i fratelli Antonio, Domenico e Annibale Suriano, figli di Domenico e di Anna Suriano, ed i figli di Giacinto, Cesare e Dezio. Tra i discendenti di Jo Petro Suriano rimanevano Mutio, arcivescovo di Santa Severina, ed i figli di Antonio, Io. Petro, Pietro e Giuseppe e, tra i discendenti di Detio Suriano, Francesco o Ciccio, unico figlio di Antonio.
Testamento di Giacinto Suriano
“Adi quattro agosto milleseicentosettantaquattro in Cotrone et proprio nel monasterio di Gesu Maria di PP. di S. Francesco di Paula fuori questa città
Ad prece a noi fatta dal Sr. Giacinto Suriano di d.a città personalmente ci semo conferiti in d.o monasterio et ritrovatolo proprio in una camera di fuori la loggetta di d.o monasterio infermo iacente in letto ma sano per la Dio gratia di mente et di retta loquela conoscendo la fragilità dell’umana natura, che non vi è cosa più certa della morte et incerta dell’hora di quella ha fatto il presente testamento nuncupativo, quale vole che vaglia per testamento nuncupativo donatione causa mortis legato et ultima sua volontà, cassando et annullando tutti e qualsivogliano altri testamenti donationi causa mortis et legati etiam ad pias causa fatti, ma vole che s’osservi adunque il presente testamento e da da quello non si ne possa destraere cos’alcuna etiam per raggione di legitima falcidia o tribellianica. in pr. raccomanda lanima sua all’onnipresente idio alla gloriosa vergine maria che l’intercedano la gloria del paradiso mediante il preziosissimo sangue di N.S. et a tutta la corte celestiale che l’agiutino a far fare buon passaggio. Item perche il principio di qualsivoglia testamento e l’istitutione dell’herede senza lo quale il testamento se dice esser nullo, che perciò esso sig.r Giacinto di sua propria bocca ha istituito, sincome instituisce suoi heredi universali e particolari a D. Cesare et D. Detio Suriano suoi carissimi figlii. Item lascia signora e P.na usufruttuaria la signora D. Popa Suriano sua carissima consorte durante labito viduale et vole che detti suoi heredi et filii non la possano ammovere della sua casa vita sua durante et durante detta vidualità non cacciandola et non portarle quella ubidienza se deve portare a madre amorevole, vole siano privi di d.a heredità et succedano alla legitima tantum del romanente succeda d.a D.a Popa loro madre et sua consorte. Item vole che detta S.ra D. Popa sua carissima consorte durante labito viduale sia ancora tutrice et curatrice di detti suoi figlii et si contenti di somministrarli d.a tutela etcuratia con tutta la potest… con tutti li de iure stando certo che come madre amorevole li governerà bene, ne sia obligata a dar conto dall’aministrazione di d.a tutela et curatia. Item declara esser debitore a d.a S.ra D. Popa sua consorte in docati duimilia della sua dote ricevuta, cioè docati setticento sopra il datio del carlino a tomolo che li paga questa universita, docati trecento in tanto mobile et docati mille contanti che si ricevè dal qm. Detio Suriano Padre di detta sua consorte, vole che la sudetta somma seguita la sua morte subito se la possa pigliare con il dotario di più sopra detta sua heredità Item cole et ordina che seguita la sua morte detti suoi heredi siano obligati prima d’ogni altra cosa pagare docati cinquanta in potere dell’ Gerolimo Suriano suo fratello, al quale incarica sopra la sua coscentia di farli pagare subito et ne prega ancora detta signora D. Popa et quelli distribuirli et farne celebrare tante messe per la anima sua delli P.P. Cappuccini di questa citta et vole che non habbi pensiero d. S.r Gerolimo Suriano a recuperare detti docati cinquanta et farne celebrare dette messe per una volta tantum seguita la sua morte, senza darne conto a commisarii della R.da fabrica. Item priega li SS.ri Gerolimo Suriano et fra Francesco Suriano che le siano raccomandati detti suoi figlii e d.a S.ra D. Popa sua consorte di volerli agiutare a tutte loro necessità e passando in secondo matrimonio d.a sua consorte siano li sudetti Sig. Gerolimo et S. fra Francesco Suriano et S.ra Luccia de Nobile sua carissima matre tutrice et curatore al quale priega haverne protettione in solidum di detti suoi figlii et che si ricevano d.a carica come parente amorevoli con l’istesso patto senza di darne conto, standone certo della loro amorevolezza et benevolenza. Item declara haver ricevuto l’altri docati trecento a complimento della dote promessali di detto qm. Detio Suriano in tempo contrasse matrimonio con d.a S.ra Popa sua consorte consistentino in uno vestito a color di persico, una catena d’oro, certe perle et altri coielli d’oro come apparano dalli medesimi capitoli et vole che le siano anche restituite. Item dechiara dover di dare al S.r D. Pietro Peniglia castellano di questo Regio Castello docati quattrocentoquarantacinque come appare per istrumento di N.r Pelio Tiriolo in conto del quale debito ne ha pagato l’infratti parti per ordine di d.o signore: a Gerolimo Rodrigues alias la polita docati quarantacinque inviatoli della sua massaria grano tt.a duicento sessanta nove e quarti tre quali si devono computare a carlini undici il tt.o come la voce del milleseicentosettanta due di pi- mandatoli della sua casa altri tt.a cinquanta otto di maiorca che si deve pagare a carlini dudici il tt.o come la voce di d.o anno della quale somma non retiene ricevuta alcuna ma lo puol dire Carlo Messina havendosilo lui ricevuto d.o grano et maiorca di pi- pigliatosi dell’aria di Mutio Cavarretta maiorca altri tt.a diciotto acconto d.o credito similmente alla d.a voce, et d.o S.r Castellano tiene per sicurtà di d.o suo credito che si pigliò della casa del S.r D. Gio Francesco Gerace cantore di questa cattedrale una quantità di pegni consistentino in una cascia di perle con partitere d’oro et un’altra cascia di perle minute con migliuzzi d’oro una grande et laltra piccola luna et laltra con l’immagine della Concettione come più chiaro si vede di una nota fatta per mano di d.o Sig. Cantore che si ritrova pure in suo potere. Item dechiara esser debitore al Sig. Gio. Batt.a Gargano di Belcastro in docati quattrocento incirca come appare per obligatione stipulata per mano di N.r Giacinto Manfredi alla quale inconto delli quali dice haverne pagato alcuna somma che non si ricorda ricevute bensì all’integrità di d.o S.r Gio. Batt.a et vole che sia sodisfatto del romanente da detti suoi heredi. Item dechiara esser debitore al sign. Gioseppe De Filippis, barone di Carfizzi in docati seicento sessanta come appare per una polissa di cambio abligati in solidum col sig. Detio Suriano suo socero quale denaro dechiara esser andato tutto a suo beneficio, havendone havuto d.o qm. Detio il nudo nome et vole che d.a partita l’agiusti d.o Sig. fra Francesco Suriano essendo passato d. negotio per li suoi mani et vole sia sodisfatto. Item dechiara dover dare al Sig. Gio. Pietro Gerace docati cinquanta incirca come ne appare dalli suoi viglietti; Item dechiara dover di dare al S.r Gio. Batt.a caivano docati cinquanta o più o meno come appareno dalli suoi viglietti. Item vole che tutti l’interessi che tiene con li figlii del qm. Domenico Suriano suo fratello per occasione dell’heredita delli qm. Ignatio et Prospero suoi fratelli che il Sig.r fra Francesco suo zio et Sig.r Gerolimo Suriano l…. d’agiutare secondo lavere rimettendoli all’istrumenti delli sudetti faccino tutto quello a loro parer… stando certo che non graveranno detti ne detti nepoti. Item dechiara dover di dare al Sig. Gio Pietro Presterà suo cognato il prezzo di tt.a ottanta di grano cavallo a raggione di carlini nove il tt.lo come pretende d.o Sig.re e però si rimette al dovere et come si pagano li altri grani, di più docati trentasei passatoli per il commissario di garga di pi- per tt.a cinque di grano datoli questo anno docati quattro inalia di … et carlini ventiuno di confetturi, declarando che per cunto delli sudetti tt.a ottanta di grano il sud.o S.r Gio. Pietro non volse fatta polissa di… per docati centocinquanta incontanti et obligatione di Gio. Dionisio et Gioseppe strina per la medesima somma però dechiara non doverli di darea.. il prezzo delli sudetti tt.a ottanta di grano inconto del quale debito l’ha consignato docati venti delli denari del S.r Gerolimo Syllano et trenta per il R.do D. Francesco Longobucco, il sud.o S.r Presterà per il debito tiene l’infratti pegni: Uno proviero di seta di color russo adorato et bianco, una cultra di seta a color di cramosino et acquamare sei anella d’oro cioè una fede con una pietra rossa, un’altra con perle un altro con pietre d’oro et una pietra rossa in mezzo et un altro similmente con pietre d’oro et una pietra rossa in mezzo, di più una fiannacca d’oro in pezzi con una pietra rossa in mezzo, un agnus dei d’oro con perle un tondo di canna di perle di conto grosse a due fila, un’altra fianetta a nove fila con partitura d’oro granatini et migliuzzi d’oro, un altro lazzo, di perle et granatine. Item dechiara esser debitore al Sig. Fra Francesco Suriano, suo zio in docati quattrocento circa inconto delli gli ne ha sodisfatto in contanti pi- partite et parimente l’ha delegato più nome di debitori et si rimette a quello haverà esatto et del tutto ne appare un bilancio di mia propria mano che si conserva da d.o S.r Fra Francesco. Item dechiara dover conseguire dal S.r Gioseppe Gerace docati quattordici che glili deve dare per la cota delli suoi garzoni et in tanto non li ha sodisfatto per occasione che dice haver d’havere certi danari del qm. Ignatio suo fratello. Item dechiara dover conseguire da Mutio Scavello certi denari come appare per conto fatto de mano del sud.o e Nicolò Francesco Scarnera, vole che si vada con ogni carità Item dechiara tenere nelli vacche della S.ra Luccia sua madre cinque bacche figliate dico quattro figliate et una stirpa et nove vitellazzi con il marco proprio mio vole siano di detti heredi. Item dechiara dover conseguire della Sig.ra Luccia de Nobile docati duicentocinquanta sopra tanti animalòi baccine et altrimenti come appare per l’istrumenti di donazione a suo beneficio di detti suoi heredi, Item dechiara come con il S.r Roberto Susanna et S.ra Teresa Barracca mesi sono si e fatto un albarano tra di noi che detti S.ri mi hanno relasciato, caso che l’havesse spettato il dotario et legittima che spettava a d.a S.ra Teresa, come moglie del qm. Prospero Suriano suo fratello et per la stessa possono di d.o suo fratello et ancora hanno dechiarato detti SS.ri essermi debitori a me della metà della spesa della dispensa che importano da trecento docati incirca, inconto del quale prezzo esso S.r Roberto ha dato una giumenta di pelo leardo con il ferro delli Sig. Prencipe di Satriano, vole che si compiti d.a giumenta a giusto prezzo che sarà stabelito da communi amici altremente che se la pigli et dia d.o prezzo prezzo della dispensa a detti heredi d. albarano sta in potere delli SS.ri Ottavio de Nobile e Carlo Rocca. Item declara tenere una diferentia con la Sig.ra Ippolita Suriano sua zia come tutrice dell’heredi del qm. D. Diego del Castiglio per l’affitto delle terre di Maccoditi et Maiorana si rimette alla giustitia et a quello far… il Sig.r fra Francesco Suriano suo zio et Sig. Gerolimo Suriano. Item dechiara dover dare a d.a Sig.ra Popa sua zia docati cinquanta come appare dalle d.a obligatione d’affitto di maccoditi et maiorana fatto in facci di d.o Sig. fra Francesco et d.a sig.ra Popa vole che se li paghino … una polissa al S.r Duca di S.ta Severina in docati cento circa inconto della quale somma ne ha pagato per ordine di d.a Sig.r Duca al S.r Scipione Orlando docati quaranta et altra somma anche per ordine di d.o Sig.r Duca l’ho pagata al S.r D. Felice Barracca però non si recorda ma le pare secondo il suo giudicio restar di deve docati venti circa vole le se diano. Item dechiara come lanni passati la sig.ra Luccia de Nobile sua madre fece uno istrumento di compra del giardino del S.r Fra Francesco Suriano in loco d.o il Palazzo per prezzo fra di loro convenuti et d.a Sig.ra non ne fece alcuno pagamento delli pesi assignatoli in d.o instrumento ma assolutamenteio ne ho pagato al sig.r Bernardo Rullo sensuario per due annati docati ottantanove incirca et altro al monte di morti di più al R.do D. Mutio Varano pure censuario per due annati ducati trentasei et perche podo nacquero alcune differentie tra d.o Sig. Fra Francesco et d.a Signora Luccia non si pottette ritrovare d.o instrumento, il d.o Sig. Fra Francesco per non star sottoposto a pagare i pesi che erano in d.o giardinop per non haverne frutto alcuno serepigliò d.o giardino, però per discarico di sua coscientia dechiara che il sudetto instrumento fu vero et verissimo et si rimette alle relatione che ha havuto d.o Sig. Fra Francesco a suo favore. Item declara dover conseguire dall’heredi del qm. Detio Suriano suo socero docati settanta come appare per polissa. Item dechiara tenere di d.o qm.Detio Suriano una fruttera d’argento et dui sottocoppi d’argento che ci l’improntò per pignorarli al Sig. Gioseppe de Filippis unitamente con una catina d’oro come l’… il sud.o Sign. fra Francesco. Item declara haver fatto a suo beneficio d. Isidoro Papasodaro ,Gorio suo Padre, Gioseppe di Luna et altri una obligatione di docati dodeci per occasione che la S.ra Donna Beatrice Della Mottavilllegas sua socera le diede una obligatione del Gorio a suo beneficio per altra tanta somma che se la riscotesse a suo beneficio, declara che la sud.a somma di d.a sua obligatione previene come di sopra et vole che la sud.a Sig.ra Donna Beatrice non l’habbia da travagliare et venendono travagliati da d.a Sig.ra non le si dia fastidio a detti obligati per detta obligatione di docati dudici et d’ogni altra abligatione appare contro d.o Gregorio et suo figlio. Item declara non haver dato cosa alcuna a suoe sorelle dopo la morte del qm. Aniballe suo Padre per quello li spettava. Item declara tenere più et diverse robbe mobile in case di diverse persone come nel monasterio di S.ta Chiara, in casa del Sig. Antonio Pelusio, S.r Antonio Petrolillo et altri mi rimetto in tutto e per tutto alle mie listi di mano mia pp.a di più declaro tenere in d.o monasterio di S.ta Chiara dove le mie sorelle una trabacca indorata due para di specchie et due scrittori piccole che sono fora lista. Item declara esser sodisfatto di tutto quello li va dovendo D. Nicolò fra Sacco et Nicola del Chirillo per obligo fattoli per mano di N.r Pelio Tiriolo et Nr. Antonio Varano et confirma le polisse fatoli a loro beneficio stante non hanno di dare cosalcuna. Item vole che caso quod assi d’iddio lo chiamasse nel … della presente infermità il suo corpo sia seppellito nel monasterio dei Padri Cappuccini fuori questa città nella loro cappella et vada con un abito de Capuccino vecchio assolutamente con quattro torci senza lume et senza giraletto et facendosi il contrario detti heredi siano obligati pagare per una volta tantum docati mille all’animi del Purgatorio. Item lascia a monsignor Ill.mo quello che de iure li spetta et così al Padre della Penitenza.
Presentibus
Stefano Squillace Reg. ad Contra. Iudex
Dr. Fisico S.r Gio. Battista Capuccio
Cl.co Sr. Alessandro Suriano
Cl.co Fabritio Spina
Sr. D. Antonio Suriano
S.r D. Francesco Suriano
R.do D. Gio. Domenico Tesoriero
Cl.co Antonio Chirillo
me notaio Nicola fra. Sacco.”
Creato il 13 Marzo 2015. Ultima modifica: 23 Novembre 2022.
Sono Anna Maria Suriano e la saga del cognome ancora oggi ricalca molto la storia .
Avvincente quanto triste per avidità e potere . Noto che era molto maschilista , ipocrita negli affetti, soprattutto poco colta intenta a combinare matrimoni per preservare possedimenti soprattutto rurali in una terra amara ..