Il palazzo Soda di Crotone
Originari dei casali di Cosenza, i Soda si spostarono ad Isola esercitando la carica di erari dei feudatari di quella città. Già nel 1672 troviamo Jacinto de Soda, che svolge la mansione di erario del barone Aloise Catalano. Nell’autunno di quell’anno sappiamo che mandò Domenico de Soda a Crotone, a prendere del grano per conto del barone, il quale aveva anticipato il denaro per l’acquisto.[i]
Anche Domenico de Soda esercitò la carica di erario del barone di Isola Caracciolo, duca di Montesardo. Qui egli mise su casa e sposò Teresa Monteleone di Cutro, dalla quale ebbe il figlio Giovanni Aloisio. Giovanni Aloisio Soda, “per alcune sue occorrenze” trasmigrò a Crotone, dove si accasò e si unì con Antonia Palmieri di Cutro, figlia di Gio. Domenico e di Isabella Duarte,[ii] dalla quale ebbe numerosi figli. Di questi nel 1737 erano viventi sette maschi, dei quali tre sacerdoti (Domenico, Emmanuele e Dionisio), e quattro secolari (Lorenzo, Tommaso, Settimio e Michele). Giovanni Aloisio Soda esercitò l’industria della massaria dei grani e la coltura dei campi, soprattutto sul suo territorio di Carbonara, comprato fin dal 1710 dal barone di Apriglianello Fabrizio Lucifero.[iii]
Costruzione del palazzo
Sulle case che erano state di Salvatore Arrighi,[iv] Giovanni Aloisio Soda costruì il suo palazzo, formato da più e diversi membri inferiori e superiori e con una loggetta, da cui si poteva godere la visione del mare.[v]
Alcuni documenti accertano che la costruzione del palazzo avvenne pochi anni prima del 1714. Da un atto notarile, rogato in data 4 agosto 1714, veniamo a conoscenza che Gio Aloisio Soda, per impedire la costruzione di un palazzo, e l’elevazione di alcune case nelle vicinanze della sua dimora, che gli avrebbero tolto la vista del mare, convocò sulla loggetta del suo palazzo i mastri muratori Nicola Nicoletta, Tomaso Altomare, Antonio Sicilia, Omoboni Messina e Francesco Partale “per ben bene osservare l’impedimento che darà al prospetto del mare da detta loggetta, le case erigende del chirurgo Diego de Bona”. I mastri in quell’occasione, affermarono che ora da detta loggetta si gode il prospetto del mare, quale prospetto verrebbe occupato e acciccato da dette fabbriche”, come anche verrebbe occupata la vista del mare, “se alzasse le sue case mastro Francesco Partale, quale per eserno troppo alte, che occupavano detta vista, furno dal padrone bassate per timore di non rovinare due anni sono”.[vi]
Il palazzo dei Soda allora era situato in parrocchia di Santa Veneranda, e confinava con le case degli Schipano, e con quelle appartenenti a Fabrizio di Perri;[vii] quest’ultime comprendevano anche la casa palaziata detta la Torretta, che era stata portata in dote da Dianora Schipani a Fabrizio di Perri.[viii]
Gio Aloisio morì prima del 1725. Dopo la sua morte, essendo i figli in giovane età, i beni furono gestiti dalla moglie in qualità di curatrice e tutrice e poi, alla morte di quest’ultima, dal figlio maggiore, il sacerdote Domenico, che per un po’ fu tutore e curatore dei fratelli, lasciando il posto poi a Lorenzo, come risulta dal catasto onciario di Crotone del 1743.
Catasto del 1743
Lorenzo Soda nobile patrizio di anni 26, Tomaso Soda fratello di anni 24, Michele fratello di anni 19, Domenico fratello sacerdote di anni 34, Dionisio fratello sacerdote di anni 31, Emanuele fratello sacerdote commorante a Napoli di anni 33, Settimio fratello religioso nell’ordine cisterciense di anni 20. Innocenza loro schiava di anni 42. Abitano in casa propria patrimoniale in parrocchia di S. Veneranda, della quale locano un basso. Possiede il territorio Carbonara. Vacche d’armento n. 19, giovenchi indomiti n. 16.[ix]
In seguito, i beni passarono a Tommaso Soda ed ai suoi fratelli, come risulta da alcuni obblighi verso il capitolo della cattedrale.[x] I Soda ampliarono i loro beni acquistando anche un magazzino.[xi]
Ampliamento del palazzo
Una quindicina di anni dopo la sua primitiva costruzione il palazzo fu ampliato, racchiudendo il giardino ed il palazzo che erano appartenuti a Giovanni Duarte. Alla metà del Settecento esso era abitato dai fratelli Soda e confinava, via mediante, le case del canonico Domenico Terranova. Divenne proprietà di Tommaso, nobile patrizio e figlio di Gio Aloisio che, nel 1775, ottenne dal genovese Carlo Luceti, funzionario dal Real fondo, di poter costruire “su uno spiazzo di terreno inutile con alcune antiche fabriche dirute dirimpetto al suo palazzo luogo detto la croce ora essendoci attaccato a detto piazzo di terreno con fabbriche antiche dirute concesseli una lingua di terra che va verso il regio castello, che al presente non serve, se non che per puro passaggio”.[xii]
Nel maggio 1783, Tommaso Soda raggiungeva un accordo con il Luceti, sopraintendente economico del Real porto. Il Luceti aveva ottenuto a censo dalla Reale Soprintendenza de’ Lucri Reali, un pezzo di terreno per costruirvi una baracca nel luogo detto “sopra la Croce di S. Giuseppe”. In seguito, però, decise di trasformarla in casa. Il Soda, temendo che “fusse per erigersi in modo da poterne risentire pregiudicio legitimo e darne il giusto uniforme impedimento” al suo palazzo, si cautelò in modo che la nuova costruzione fosse edificata in modo da non impedire la veduta al suo palazzo e, qualora “si ritrovasse in modo differente si dovesse nuovamente distruggere in quella parte, o parti, che venissero a recare legitimo pregiudicio”. Inoltre, ottenne di essere preferito e di avere la precedenza nell’acquisto della casa costruenda, nel caso che il Luceti avesse deciso di venderla.[xiii]
Catasto 1793
Domenico Soda nobile di anni 24, Dionisio fratello di anni 18, Territorio Carbonara. Loca una casa sotto il suo palazzo di abitazione. Un magazzino in Gesù e Maria. Una vigna con il suo vignale. Loca altra casa contigua al suo palazzo di abitazione. Loca una casa. Una casa contigua al di lui palazzo. Bovi aratori n. 4.[xiv] In seguito, il sacerdote Dionisio Soda, compra dagli eredi di Romualdo Russo una casa attaccata al palazzo. Poco dopo la metà dell’Ottocento (1868), troviamo che il palazzo è indicato come Zurlo Soda (“Giardino Zurlo Soda”, “mura di Zurlo Soda”).
Note
[i] ASCZ, Busta 333, anno 1672, ff. 43-44.
[ii] ASCZ, Busta 497, anno 1706, f. 15v.
[iii] ASCZ, Busta 911, anno 1739, ff. 14-16.
[iv] ASCZ, Busta 659, anno 1714, f. 64; Busta 614, anno 1725, f. 59.
[v] ASCZ, Busta 612, anno 1716, f. 70.
[vi] ASCZ, Busta 659, anno 1714, f. 64.
[vii] ASCZ, Busta 612, anno 1716, f. 70.
[viii] ASCZ, Busta 614, anno 1725, f. 59.
[ix] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, f. 141.
[x] Tommaso Soda e fratelli, devono 5 ducati annui per capitale di ducati 100, sopra il giardino e palazzo che furono di Gio. Duarte, come da istrumento del 14.2.1729, e duc. 12 ½ per capitale di duc. 250, sopra il territorio di Carbonara. AVC, s.c.
[xi] I fratelli Tomaso e Michele Soda nel 1759 diventano proprietari di un magazzino che prima era stato del sergente Michele Messina. AVC, Mensa Vescovile, 1780/1781, f. 22.
[xii] ASCZ, Busta 1327, anno 1777, ff. 109-112.
[xiii] ASCZ, Busta 1330, anno 1783, ff. 72v-73.
[xiv] AVC, Catasto Onciario Cotrone, 1793, ff. 31-32.
Creato il 11 Marzo 2015. Ultima modifica: 21 Novembre 2022.
Nel 1751 Fabrizio Francesco Zurlo, figlio di Nicola Stefano Zurlo fu Orazio sposò Teresa Soda evidentemente unica erede della famiglia. i due ebbero due figli Maria Angela Zurlo Soda (n 1754) Salvatore Zurlo Soda ( N.1758) entrambi defunti senza eredi Legittimi. Il palazzo ed i beni passarono quindi di diritto ai figli di Gaetano Natale Zurlo ( Gallucci) fu Giuseppe ed in particolare al Figlio Giuseppe n. 1813 e coniugato con Francesca Tavezzi Cavalieri.