Il palazzo Giunti di Crotone
Le grotte de Petro Nigro
Nel “Conto de dispese se faranno in la R.a fabrica dela cita de Cotrone et castello”, sono annotati giornalmente i pagamenti effettuati dal pagatore della regia fabrica Joan Velis de Tappia. In esso troviamo che, il 17 luglio 1541, si pagarono grana quattro al mastro Bernardo Chiavitteri de Cotroni “per lo preccio de tre cancare hanno servuto alla porta dele grutti de donno lioni in le quale nce sono conservate certe legname dela Corte”. I lavori di costruzione delle nuove fortificazioni erano da poco iniziati e si stava procedendo alla costruzione del nuovo spontone Petro Nigro.
Nelle vicinanze dello spontone vi erano alcune grotte che, nell’occasione, furono utilizzate per conservare del materiale occorrente per la costruzione del vicino spontone. Per servire a tale scopo le grotte furono chiuse ed ampliate. Infatti, il 24 dicembre 1541, si pagò un tari ed un grana a Petro Jacomino de Cotroni “per deda et candile de sivo servero alle grutte de petro nigro et de q.lli da p.o hanno ad cavare la petra dentro de ditti grutti”. Le torce e le candele serviranno ai dodici manipoli che, pochi giorni dopo, all’inizio del gennaio 1542, lavoreranno “alle grutti per fare la porta et cavare petra et terra dentro dette grutte”.[i]
Molti anni dopo ritroviamo un riferimento alle grotte esistenti presso il “rivellino della città”, in un atto del notaio Gio. Antonio Protentino. Il 4 marzo 1627 Joanne Battista Tiriolo dichiara di possedere una continenza di case “in pluribus membris superioribus et inferioribus et antro seu grutta sita in par. S. Maria Protospataris iux.a rivellinum Civitatis seu muros eiusdem”.[ii] La casa palaziata del Tiriolo confinava “de reliquo vias pp.cas et rebellinum Civitatis”.[iii]
Le grotte dell’arcidiacono Vezza
In un successivo atto del notaio Isidoro Galati, troviamo un ulteriore riferimento alle grotte esistenti presso il bastione Petro Nigro. Dal documento risulta che esse presero il nome dal possessore, e furono comunemente conosciute come le grotte dell’arcidiacono Vezza. Il documento fa riferimento ai due arcidiaconi della cattedrale di Crotone: il primo Juan Martino Vezza, morì nei primi giorni di dicembre dell’anno 1654, il secondo Octavio Vezza ne prese la carica l’anno seguente.
Il 12 novembre 1664 Antonio Portiglia, procuratore di Luccia Lucifero, vedova di Alexandro Beltrano, dichiarava che la Lucifero come erede e legataria rispettivamente, dei furono arcidiaconi Vezza suoi zii materni, si trovava debitrice verso il soppresso monastero di Santa Maria delle Grazie de Monte Carmelo, in annui ducati 16 per capitale di ducati 200, assieme a molte terze ed annate decorse e non pagate, che gravavano i suoi beni ed in specie una “quadam domo palatiata cons.te in pluribus membris superioribus et inferioribus sita intus dictam Civitatem Crotonis in Parochia S. M.a Protop.s iuxta muros huius Civit.s loco ubi dicitur le grotte dell’Archid.o Vezza via publica med.te et alios not.s fines”.
Il Portiglia, inoltre, aggiungeva che poichè “dicta domus palatiata est quasi diruta et partim proxima ad ruinam”, ha raggiunto un accordo col reverendo canonico D. Antonino Cirello, procuratore e rettore del soppresso monastero, che prevede la cessione della casa palaziata in cambio del saldo del debito e dell’estinzione del censo.[iv]
Una descrizione del Settecento
In un documento della metà del Settecento, così è descritta la costruzione del palazzo sul quale poi sorgerà quello dei Giunti: Nel frontespizio delle mura grandi sopra la Piscaria c’è un luogo detto “le grotte dell’archidiacono Vezza”, ci sono le case dei Tiriolo, accanto alla casa di Baldassarre de Sole, e vicino le case “in più membri inferiori e superiori cum puteo et cortile discoperto” del notaio Silvestro Cirrelli, che sono alla “strada delle mura” presso l’abitazione del decano Gio. Battista Sisca.
Le case dette di Tiriolo sopra la Pischeria, erano tre bassi e tre camere di sopra, e fra queste e quelle dette di Mimmo Cirrelli vi era una via larga, che vi si giocava alle smarre, e le dette case di Tiriolo erano a man destra e venivano abitate dal decano Don Gio. Battista Sisca, da un altro uomo col naso mangiato, e da più femmine, ed alla punta di dette case vi era la timpa ed immediate a questa un casaleno lungo.
Le case dei Tiriolo furono comprate dal decano Gio. Battista Sisca, il quale le fece demolire, ed in parte con proprio denaro, le fece rifabbricare a nuova pianta di palazzo, includendovi così le case dei Tiriolo, il casaleno e la sua casa. Sempre il decano, nel 1704, aveva ottenuto il permesso dall’università di Crotone di poter allargare la costruzione e, congiungendosi al vicino muro della casa dei Cirrelli, si era appropriato di strade e suoli pubblici. Così egli aveva potuto “terrar con muro l’introito delle sue case, che è quella del furno d’esso comparente, e quella di Domenico Cirrello, patrimonio del canonico Leonardo suo figlio, e proprio alla strada delle mura et anco un imboccatura d’uno stretto, che non ha esito, il quale è tra la camera nuova d’esso decano e le case di detto Cirrello; tanto più che non apporta pregiudizio alcuno al pubblico, anzi ornamento”.[v]
La costruzione del palazzo dei Sisca
Sempre in questi primi anni del Settecento, seguiva una convenzione, che dava al Sisca la possibilità di alzare sopra le mura vecchie dei Cirrelli, divenute ormai comuni, con la condizione che se fossero state trovate troppo deboli, per poter sostenere la nuova muratura, e bisognasse quindi rinforzarle o farle nuove, il Cirrelli doveva contribuire per la metà della fabrica aggiunta sopra quella esistente, se si trovava che le vecchie mura erano costruite di calce, se però le mura comuni fossero state trovate di creta, “l’habbi da rifare detto Cirrelli tutte a sue proprie spese”. Sempre in questi anni, anche le vicine case di Tiriolo furon “sfabricate” dai mastri Tomaso Altomare e Francesco Partale, ed il Sisca le fece rifabbricare dagli stessi mastri a nuova pianta di Palazzo, includendovi “dette case e casaleno e fattone palazzo. Quali case sudette di Tiriolo sono quelle che vengosi abitate al presente dal Sig. Don Domenico Rodriguez e il casaleno grande vi è edificata la sala”.[vi]
Allora il palazzo del Sisca, composto con più membri inferiori e superiori, confinava con il palazzo del canonico Antonino Cirrelli da una parte, e dall’altra, con quello di Domenico di Vennere.[vii] Alla morte del decano, il palazzo fu ereditato dalla nipote Isabella Sisca, zia dei fratelli Pietro e Giuseppe Antonio Giunti, figli ed eredi di Domenico Giunti. Quest’ultimo era stato solito abitare nelle case di Isabella Sisca, dove anche vi morì il 17 novembre 1737.[viii]
Nel 1743 Isabella Sisca dona al nipote Giuseppe Antonio Giunti, “una continenza di case seu palazzo con più e diversi membri e quarti superiori e inferiori in parrocchia di S. Maria Prothospatariis, loco la Pischeria vicino alle muraglie della città e alla porta secreta della città detta della Pischaria. Il palazzo confina ed è attaccato alle case del canonico Antonino Cirrelli, erede di Silvestro Cirrelli.[ix] Il 17 giugno 1745 i mastri fabbricatori di Crotone Gio. Battista Gerace e Michele de Bona, vanno al palazzo degli eredi di Silvestro Cirrelli e lo valutano del valore di ducati 1410. Il palazzo così stimato è portato in dote da una figlia ed erede del Cirrelli, la signora Anna Maria, che va in sposa a Giuseppe Nicola Orsino di Scandale. Così gli Orsini vanno ad abitare nel palazzo confinante con quello degli eredi del decano Sisca (e con quello degli eredi di Baldassare de Sole).
Gli Orsini ed il palazzo all’uso moderno
Sempre gli Orsini, Giuseppe Nicola ed il fratello Agostino, acquistano il primo novembre 1756 la vicina casa, costituita da un alto e basso con scala di legname, che confina con il loro palazzo e la casa del fu Antonio Laudari, dei coniugi Vincenzo de Sole e Vincenza Carlino e da Michele de Sole, tutti eredi di Baldassarre de Sole.
Questo immobile verrà il 24 marzo 1758 temporaneamente permutato (o dato in pegno), con un vignale più 15 ducati che possiede il De Bona, con la condizione però che “volendo il De Bona vendere la casa siano sempre preferiti gli Orsini”. Proseguendo negli acquisti per costruire il nuovo palazzo, Giuseppe Orsini compera il palazzo confinante di Giuseppe Giunti. Così Giuseppe Orsini ridusse all’uso moderno il palazzo che confinava col palazzo della moglie Anna Cirrelli dalla parte laterale, e dalla parte di sotto, con la casa palaziata dotale dei coniugi Giovanni Cavaliero e Caterina Marzano.
Per ampliare la costruzione, Giuseppe Orsini oltre ad inglobare quello della moglie Anna Maria Cirrelli, compera assieme ai suoi fratelli Nicola, Luca, Francesco, Antonio e Agostino nel 1759, una casa palaziata da Salvatore Arrigo come erede dello zio Gregorio Arrigo; quest’ultima confinava col palazzo del fu Francesco Antonio Suriano, poi del figlio Pietro Suriano, e da una parte e dall’altra con le mura della città, strada ampia mediante.
La casa comperata dall’Arrigo, ed inglobata nel nuovo palazzo Orsini, era composta da portone, cortile, scala di cantoni, sei camere superiori, cucina e loro bassi di sotto, e fu stimata dai mastri fabbricatori Pascale Juzzolino e Michele Bova, e dai mastri falegname Giuseppe Antonio Negro e Francesco Mirielli del valore di ducati 1455 e grana 56.[x] Nel 1762 il palazzo di Giuseppe Orsini è descritto come ridotto all’uso moderno, “come al presente si trova”, esso confina dalla parte laterale, col palazzo della moglie la signora Anna Maria Cirrelli, e dalla parte di sotto, è attaccato e confinante con la casa palaziata dotale dei coniugi Giovanni Cavaliero e Caterina Marzano. Con quest’ultimi l’Orsini viene a convenzione per l’utilizzo del muro comune, in quanto “il muro del palazzo ove è attaccata la casa della Marzano per quanta è la larghezza della stessa casa e la di lei altezza è comune ed in quel muro comune vi stanno edificate due camere del palazzo”.[xi]
Sempre in quello stesso anno, per rendere magnifico il suo palazzo, Giuseppe Orsini aggiunge la possibilità di usare un muro delle vicine e confinanti case di Cesare Laudari. Intendendo far uso del muro comune alle due parti, fattolo osservare da un perito, affinché stimasse se ci si potesse costruire sopra, fu giudicato molto lesionato e patito e tale da non poter sostenere altra costruzione. Non potendo tuttavia l’Orsini desistere dalla costruzione già iniziata, raggiunge un accordo per riedificare il muro a sue spese, con la condizione di potervi “a di lui modo e piacere farvi quelle fabbriche che saranno necessarie, per equiparare l’altri muri del palazzo, senza però di poterci fare in tale avanzo di muro fenestre o apertura alcuna”.[xii]
È di questi anni la concessione del papa Clemente XIV a favore dei fratelli Agostino, Antonio e Luca Orsini di Crotone. di un oratorio privato.[xiii] Nel 1775 il signor dottor Agostino Orsini, avendo intenzione di costruire un magazzino, ottiene da Carlo Luceti, soprintendente generale del Fondo de lucri reali, di avere, previo il pagamento di un censo annuo, un “piano inutile, che esiste innanzi il suo palazzo e strada mediante si attacca alla muraglia regia” della città, e proprio nel luogo detto la Pescheria.[xiv]
Dagli Orsini ai Giunti
Alla fine del Settecento, il palazzo apparteneva agli eredi di Giuseppe Orsino, i quali possedevano un vignale, davano in fitto il palazzo portato in dote da Anna Cirrelli, moglie di Giuseppe Orsino, il quarto di mezzo del palazzo che fu di Giunti ed altre due case. Inoltre, come eredi di Anna Cirrelli, possedevano una vigna a Lampus, un magazzino al Fosso, davano in fitto una casa ed il quarto superiore ed i bassi del palazzo, che era stato di Giunti. Essi pagavano ancora un annuo censo al soppresso monastero di S. Francesco di Assisi, il quale gravava sopra il palazzo di Giunti per un legato fatto a suo tempo dalla fu Isabella Sisca.[xv]
Quindi passò a Raimondo Orsini, figlio ed erede di Luca che, a sua volta, fu erede di Giuseppe Giunti. Raimondo fu anche erede di Agostino Orsini. Da Raimondo Orsini passò a Salvatore Orsini. Nel 1850 Ignazio Giunti di Strongoli acquista il palazzo Orsini ed alcune case vicine per costruirvi il suo palazzo. Pochi anni dopo, il 10 ottobre 1853, il comune di Cotrone concede al Giunti, sei canne quadrate e palmi 25 di suolo pubblico, del vicoletto che intercede fra il palazzo e le altre case, comprate e diventate di proprietà del Giunti, e che congiunge le strade dette Labonia e delle mura. Inizia quindi la costruzione del grande palazzo.
Lo Sculco annotava nel suo volumetto “Avanzi di Cotrone” che, nello scavare le fondamenta, fu trovata una scalinata di 21 scalini dirigentisi al mare, e molte volte atterrate, e sgombrandole vi si trovarono molte monete di bronzo e argento, alcune grandi anfore istoriate, ed una aruletta di terracotta. Il palazzo rimase ai Giunti per tutta la seconda metà dell’Ottocento. Nel 1878 il comune di Cotrone, che stava costruendo la strada Regina Margherita, trattò con i Giunti per la cessione amichevole delle stalle, per far proseguire la strada dal bastione Giunti al porto. All’inizio del Novecento era abitato dal barone Leopoldo Giunti. In seguito, fu acquistato in parte dai Trocino che attuarono alcune trasformazioni interne.
Note
[i] ASN, Dip. Som. 196/5, ff. 31, 150, 162v.
[ii] ASCZ, Busta 118, anno 1627, f. 13v.
[iii] ASCZ, Busta 118, anno 1634, f. 17.
[iv] ASCZ, Busta 310, anno 1664, f. 30.
[v] ASCZ, Busta 497, anno 1704, ff. 40-41.
[vi] ASCZ, Busta 912, anno 1745, ff. 11-12.
[vii] ASCZ, Busta 981, anno 1743, f. 29.
[viii] ASCZ, Busta 1063, anno 1743, ff. 32-36.
[ix] ASCZ, Busta 912, anno 1747, f. 16.
[x] ASCZ, Busta 917, anno 1769, ff. 102-104.
[xi] ASCZ, Busta 915, anno 1762, f. 46.
[xii] ASCZ, Busta 1128, anno 1762, ff. 193-194.
[xiii] Russo F., Regesto, XII, 66754.
[xiv] ASCZ, Busta 1327, anno 1775, ff. 186-189.
[xv] AVC, Catasto Onciario Cotrone, 1793, ff. 41v-42.
Creato il 5 Marzo 2015. Ultima modifica: 14 Settembre 2024.
Qualche anno fa l’ho visitato, in occasione della giornata del fai! Sono rimasto sbalordito per la sua bellezza! Poi c’era la dottoressa Margherita Corrada. Ad illuminarci della storia del Palazzo Giunti! Complimenti!Salvatore Grillo
Grazie per la Sua attenzione. Pino Rende
Buona sera a tutti sono Andrea Trocino, vorrei gentilmente avere un recapito telefonico o un indirizzo email con il quale vorrei mettermi in contatto con i possessori essendo anche loro dei Trocino. Grazie e buona giornata. Andrea Trocino
Ciao a tutti sono Andrea Trocino, sto cercando di ricostruire la storia della mia famiglia e leggendo questo articolo ho scoperto che i possessori del palazzo sono proprio dei Trocino, vorrei mettermi in contatto con loro per sapere quale discendenza hanno, di conseguenza se qualcuno fosse in possesso numeri di telefono email o qualsiasi altra cosa vi prego di contattarmi grazie. Andrea Trocino
ciao sono la figlia della nipote di Angelo Trocino proprietario del palazzo Giunti adesso è passato agli eredi
Saluti. Grazie per aver lasciato il suo commento.
Ora il palazzo è di tutti i condomini non sono della famiglia Trocino
Il palazzo non é mai stato solo dei Trocino