Il palazzo Gallucci a Crotone

Crotone, il palazzo Gallucci situato tra via Risorgimento, via Giano Pelusio e vico Gallucci.

La famiglia “delli Galluzi”

I Gallucci sono già presenti a Santa Severina all’inizio del Cinquecento. Nella “Reintegra” del 1521 troviamo il nobile “Antonius de Galluczo”, o “de Gallutio”, “de civi.te Neapolis”, che aveva avuto in feudo la gabella de S.to Helia, dal conte di Santa Severina Andrea Carrafa,[i] e possedeva un oliveto “in loco dicto lo timpone deli Iudei”,[ii] mentre tra i “Censi di S. Anastasia” dell’anno 1555, compare “Cristofalo delli Galluzi”, che abita in parrocchia di San Pietro.[iii] Alla fine del Cinquecento ci sono Prospero (1576),[iv] ed il nobile “Johannes Galluccius” (1577/1585). Quest’ultimo amministra le entrate di possidenti, dando in fitto i territori.[v] Sempre nel Cinquecento troviamo che i Gallucci fanno parte delle famiglie nobili della città.[vi]

Il palazzo “Galluccio” evidenziato in un particolare del “Piano dimostrativo della cinta e del Castello della Città di Cotrone con le indicazioni delle proprietà militari” del 1872 (ISCAG-FO 73/4698 B).

Arme della famiglia Gallucci: “D’argento, al gallo di rosso, col bisante di azzurro, caricato da una stella d’oro, posto nel cantone sinistro del capo e col motto: Sempre Vigile.” A fianco l’arme inquartata con quella di altre famiglie, sul cancello d’ingresso del giardino del palazzo.

Giovanni Gallucci

Alla metà del Seicento il m.co D.re (U.J.D.) Jo. Galluzzo, o Galluccio,[vii] nativo di Santa Severina, abita a Crotone. Anche se figura ancora nel catasto del “1666 et 1667” di Santa Severina, dove il “D.r Gio.e Gallucci è tassato “per li grani a fuoco” ducati 4 e tari 1,[viii] la sua presenza a Crotone è attestata da molti atti notarili riguardanti, quasi sempre, il commercio del grano.

Alla fine degli anni Sessanta Giovanni è in Crotone, dove si dedica al commercio del grano per conto del duca di Santa Severina. Durante la carestia, seguita alla cattiva annata del 1667/1668, il D.r Gio. Gallucci ed il “magazeniero” Onofrio Sculco, si rifiutano di consegnare la rata del grano, che deve consegnare il duca di Santa Severina per il vitto della città. Per tale motivo i sindaci sono costretti a mettere un catenaccio al magazzino dove è riposto il grano, in modo da non permetterne l’estrazione e l’esportazione.[ix]

Accusato assieme ad altri speculatori di contrabbando dal conte de Legarde, preside di Calabria Ultra, è incarcerato nelle case vescovili, dove subisce delle violenze e ritorna libero solo dopo aver pagato molto denaro. Egli è anche attivo nel prestito a interesse, applicando tassi usurai al 9%, come nel caso di Geronimo Syllano, il quale ottenuto un prestito nel 1669 di ducati cento, “venendo debitore al sud.to S.r Gio. d.ti ventisette per tre annate di censo per il capitale sud.to che uniti sono D.ti cento ventisetti, non havendo altro modo più esplicito di poterlo soddisfare”, nel settembre 1672 gli cede “una continenza di case consistenti in più e diversi membri superiori et bassi”.[x]

In qualità di dottore nei due diritti, svolse l’incarico di procuratore, dapprima nel 1671 del “signifero” Alessandro Catizzone, e nel 1672 e 1673 di Leonardo Cortese, barone di Verzino e Savelli. A Crotone egli prese dimora in alcune case confinanti via mediante, col monastero di Santa Chiara. Giovanni morì nel 1685, ereditarono i beni paterni i figli: il chierico Domenico, Prospero ed Antonio.[xi]

Ormai residenti a Crotone, i fratelli continuarono la vendita dei beni ereditati dal padre e situati nel territorio di Santa Severina, investendo il denaro in altri nel territorio di Crotone. Nel 1687, due anni dopo la morte del padre, gli eredi Prospero, il chierico Domenico ed Antonio Gallucci, aumenteranno le proprietà e la loro posizione sociale, comperando da Annibale e Domenico Suriano il territorio Il Fellà per ducati 3900.[xii] Il 26 agosto 1691, Domenico Gallucci della città di Crotone, ed i suoi fratelli Prospero e Antonio, vendono per atto del notaio Vito Antonio Ceraldi, a Domenico de Fazio di Santa Severina, un oliveto situato nel luogo detto “delli Galluzzi”, vicino alla sorgente della Grecia, e l’otto settembre 1691, un vignale in territorio di Santa Severina ad Antonio di Fiore.[xiii]

Crotone, scorcio dell’ingresso del palazzo Gallucci sulla via Risorgimento.

Antonio Gallucci

Prospero morì a Crotone il 19 dicembre 1691.[xiv] Dopo poco fu la volta di Domenico, come risulta dal lascito della gabella “Li Bonelli” in favore del Capitolo di Crotone: “Gabella Li Bonelli lasciata dal q.m Dom.co Gallucci sotto li 18 Ag.to 1694 … si ni prese pacifico possesso il di 25 7bre 1698, vi è peso di tre messe la settimana per l’anima del q.m Dom.co e Prospero Gallucci”.[xv]

Sempre sul finire del Seicento morirono le sorelle Anastasia (14.1.1694), che era sposata con Antonio Suriano,[xvi] e Beatrice (6.6.1694). Rimase solamente Antonio, che abitò nelle case lasciate dal padre. Infatti alla fine del Seicento, il seminario esigeva un censo annuo di carlini sedici perpetui “sopra le case d’Antonio Gallucci furono del Gio. suo Padre via mediante il monastero di S. Chiara nella Parocchia di S. Margarita”. Antonio possedeva una discreta proprietà costituita dalle terre del Fellà, Madamma Paula, la Garrubba, un giardino ed alcune vigne.[xvii]

Parte delle terre erano state possedute dai Catizzone, altre dai Suriano. Oltre a dare in fitto le sue terre, egli prendeva in fitto e poi subaffittava, anche terre appartenenti ad enti ecclesiastici, specie del monastero di Santa Chiara. L’ascesa sociale è resa evidente dalla trasformazione delle case dei Gallucci in un moderno palazzo che, alla fine del Seicento, è abitato dal figlio ed erede Antonio, dalla moglie Antonia Carriglio, e dai loro sette figli, due maschi e cinque femmine. Isolato da tutti e quattro i lati, il palazzo, con magazzino e vaglio, sorge in parrocchia di Santa Margarita vicino al cavaliero, e di fronte alla nuova chiesa di San Giuseppe, presso un magazzino di proprietà del seminario, che prima era stato la chiesa dei domenicani.[xviii]

Con testamento del 27 agosto 1711 Antonio Gallucci, pur lasciando eredi in parti uguali i due figli, prediligeva il figlio Francesco, sottoponendolo però alla tutela della moglie Antonia Carriglio fino all’età di 25 anni. A Giuseppe assegnava il territorio del Fellà, con l’obbligo di collocare le cinque figlie con la dote monacale ed un vitalizio per ciascuna, di ducati 4 loro vita durante. Inoltre, gli assegnava tutti gli animali vaccini, con la vendita dei quali doveva estinguere i debiti secondo la volontà della madre. A Francesco assegnava tutti gli altri beni. Egli desiderava inoltre, che Giuseppe “pigliasse lo stato della chiesa, e non volendo pigliare d.o stato, vuole, ed ordina, che d.o Giuseppe sia solamente herede particolare della sola leg.ma, che de jure li spetta”. Inoltre, stabiliva che, alla morte di Giuseppe, la sua porzione andasse a Francesco ed ai suoi eredi, potendo disporre Giuseppe in vita ed in morte, solamente della somma di ducati cinquecento. Lasciò inoltre annui ducati 6 ed un tari, al parroco della parrocchia di Santa Margarita per una messa alla settimana.[xix]

Il chierico Giuseppe, residente a Napoli, sarà rettore di due benefici della cattedrale di Crotone: uno con altare e cappella, sotto il titolo della Resurrezione di iuspatronato pima della famiglia Leone, poi Pallone e quindi Berlingieri, e l’altro senza altare e cappella, sotto il titolo di Sant’Antonio Abate, prima della famiglia Ormazza poi dei Gallucci.[xx] Esaudendo le disposizioni paterne, entreranno in clausura, nel monastero di Santa Chiara di Crotone: Aloysia, Maria Angelica, Angela e Maria Teresa Gallucci. Maria Angelica Gallucci darà la professione nel 1724. Essa è ricordata nel 1774 come badessa in una epigrafe della chiesa di Santa Chiara,[xxi] Anastasia Gallucci entrerà nel 1721 nel monastero detto Le Capuccinelle nella città di Cosenza.[xxii]

Crotone, palazzo Gallucci.

La cappella della famiglia Gallucci

Per testamento nel 1685, Giovanni Gallucci fece un lascito di ducati 500 con le rendite, con la facoltà ai suoi eredi e successori, di nominare il cappellano nell’altare e cappella della famiglia Gallucci in cattedrale. Tuttavia, alla fine del Seicento, la somma era ancora detenuta dal figlio ed erede Antonio. Esisteva comunque nella cattedrale, il beneficio di juspatronato della famiglia del fu Pietro Giovanni Ormazza che era allora dei Gallucci, senza altare e cappella, sotto il titolo di Sant’Antonio Abate.[xxiii] Nel 1720 ne era rettore il chierico Giuseppe Gallucci. Il beneficio era gravato da una messa settimanale.[xxiv] Nel 1730 Francesco ed il fratello, il canonico Giuseppe, rendono esecutive le disposizioni testamentarie del nonno paterno Giovanni, e con il legato di ducati 500 aumentano il beneficio della famiglia Gallucci, fondando una cappellania sotto il titolo della Madonna del Carmine e Sant’Antonio Abate, con quadro, cappella e altare.

Crotone, palazzo Gallucci.

Nel sedile di San Dionigi

Durante i primi decenni del Settecento è di continuo attestata l’esistenza del “palazzo di Gallucco”, come si legge nella visita del vescovo Anselmo La Pena del 1720, esso è ancora gravato da un censo annuo di carlini 16, da pagarsi ogni 15 di agosto al seminario.[xxv]

Nel 1735, dopo l’arrivo dei Borboni, Francesco entrò a far parte del sedile di San Dionigi di Crotone, divenendo così patrizio crotonese. Francesco Gallucci sposò Teresa Suriano,[xxvi] e fu padre e curatore del chierico Antonio (che sarà erede universale e particolare anche dello zio, il canonico Giuseppe Gallucci), dei sacerdoti Prospero e Carlo, del gesuita Raffaele, dei chierici Giovanni e Nicola. Sarà Nicola Gallucci, “clerico beneficiato del semplice beneficio sotto il titolo dell’Immacolata Concezzione della famiglia Vezza”, eretto dentro la cattedrale che, il 28 maggio 1741, concederà a censo al padre Francesco Gallucci, a Domenico Aniello Farina ed a Pietro Asturelli, un vignale situato fuori le porte della città appartenente al beneficio, affinché possano edificarci dei magazzini.[xxvii]

Crotone, palazzo Gallucci.

Catasto 1743

Francesco Gallucci nobile di anni 46, Teresa Suriano moglie di anni 36, Antonio figlio clerico celibe di anni 23, Nicola figlio clerico celibe di anni 20, Rafaele figlio novizio nella compagnia di Gesù di anni 16, Prospero figlio di anni 10, Gio. figlio di anni 8, Carlo figlio di anni 6, Anna Maria figlia di anni 2, Catarina Galluccio sorella di anni 47, Anna Galluccio sorella di anni 30, Aloisia Galluccio sorella educanda nel monastero di Santa Chiara di anni 24, Teresa Fiscardo nutrice di anni 36, Vittoria Imperace serva di anni 20, Francesco Gualtieri servitore di anni 38.

Abita in casa propria patrimoniale in parrocchia di Santa Margarita, in un basso del quale possiede un molino centimolo. Possiede le terre di Fellà, Lampamaro, La Garrubba, S. Ippolito, una Chiusa. Vacche n. 85, bovi aratori n. 50, pecore n. 700, jancarelle n. 39, giovenchi n. 30, pecore n. 300, cavallo di sella, 2 giumente per uso di massaria o vaccarizzo.[xxviii]

Crotone, la facciata del palazzo Gallucci sulla via Giano Pelusio.

Da Francesco al figlio Nicola

Alla morte di Francesco, avvenuta molto probabilmente nel 1746, per testamento rogato dal notaio Pelio Tirioli il 26 giugno 1746, i beni paterni e quelli che erano stati del padre Francesco e dello zio Giuseppe, furono divisi in sei porzioni, cioè una per ogni figlio maschio. In seguito, la proprietà si ricompose. Nel 1761 la proprietà era posseduta solamente dai fratelli Carlo, Antonio e Nicola. Nicola Gallucci, che il 25 giugno 1753 aveva stipulato i capitoli matrimoniali con Rosa del Castillo, possedeva la metà dei beni paterni. Egli, infatti, oltre alla sua porzione, aveva avuto in donazione anche quelle dei fratelli Giovanni e del gesuita Raffaele. Antonio, oltre alla sua porzione, deteneva anche quella del fratello Prospero. Mentre Carlo conservava la sua porzione.[xxix]

Nicola Gallucci sposerà nel 1753 Rosa del Castillo, figlia di Michele del Castillo, il quale, nel 1724, aveva avuto la promessa dalla madre Anna Barricellis (che aveva sposato Antonio del Castillo), di succedere alla sua morte nel feudo rustico di Carbonara o Sacchetta. Nel 1748, la stessa madre tenterà la revoca, perché suo figlio si era “dimostrato et sperimentato dissubediente et ingrato et indegno di detta donatione”.[xxx] Due anni dopo, il 9 giugno 1755, nascerà una bambina alla quale verrà dato il nome di “Antonia, Maria, Josepha, Caietana et Aloysia”; fu padrino il marchese Carlo Berlingieri.

Con la morte del padre Michele, avvenuta il 25 dicembre 1758, Rosa del Castillo entrò in possesso nel 1760 del feudo di Carbonara o Sacchetta, e alla sua morte avvenuta il 13 gennaio 1776, il feudo passò al figlio Francesco Gallucci, unico figlio maschio di Rosa del Castillo e di Nicola Gallucci. Una figlia, Lucrezia detta anche Luiggia, aveva sposato Giuseppe Zurlo.

Androne d’ingresso del palazzo Gallucci di Crotone (foto di Raffaella Varano).

Da Nicola al figlio Francesco

Nel catasto di Crotone del 1793 troviamo D. Antonio Gallucci di anni 77, Prospero fratello canonico sacerdote di anni 59, Carlo fratello canonico sacerdote di anni 54, Gio. fratello chierico di anni 55, Francesco nipote di anni 24. Territori Il Fellà, Lampamaro, La Garrubba, S. Ippolito, chiusa la Garrubba, un magazzino nel luogo Le Forche, vacche di frutto n. 40, troie di frutto n. 40, Bovi aratori n. 80. Il feudo la Sacchetta dotale del fu Nicola Gallucci padre di Francesco.[xxxi] Il barone Francesco Gallucci aveva aumentato la sua proprietà, acquistando il 21 marzo 1793 dalla Cassa Sacra, il territorio della Garruba. Il territorio, che era appartenuto al monastero di Santa Chiara, fu dapprima concesso ad annuo canone enfiteutico per ducati 20 annui e, successivamente, fu riscattato dal barone. È del 22 agosto 1794 l’indulto di un oratorio privato concesso dal papa Pio VI in favore del barone Francesco Gallucci e della moglie Maria Tavani.[xxxii]

Scalone del palazzo Gallucci di Crotone (foto di Raffaella Varano).

Di Francesco in Francesco

Con un altro indulto in data 29 luglio 1834, Gregorio XVI concedeva un oratorio privato in Crotone a favore dei fratelli Francesco e Giovanni Gallucci, ed alle loro sorelle Maria e Sofia ed alla madre Francesca.[xxxiii] Durante l’Ottocento i Gallucci incrementarono i loro possedimenti, acquisendo capitali e terreni ecclesiastici. Nel 1843 gli eredi del barone Nicola Gallucci erano indebitati del capitale di ducati 2016:16 dovuto al Capitolo, che gravava sopra i territori di Zigari, Margarita e Garrubba, e di ducati 500 dovuti al Seminario sopra la sesta parte del fondo Martorano. All’inizio del Novecento il barone Francesco Galluccio abitava nel palazzo che era situato tra via Risorgimento, la via ed il vico Galluccio (1919). Negli anni Cinquanta, Francesco Gallucci era proprietario di vasti terreni situati a Casabona, Castelsilano, Cotronei, Crotone, Rocca di Neto, Scandale e Taverna.

Note

[i]AASS, 1A, Reintegra di Andrea Carrafa, f. 48.

[ii] AASS, 1A, Reintegra di Andrea Carrafa, f. 16.

[iii] AASS, 4A, ff. 61v-62.

[iv] AASS, 13B, platea della mensa arcivescovile 1576-1579, f. 25.

[v] AASS, protocollo del notaio Marcello Santoro in dieci volumi fotocopiati.

[vi] “Nobili sono li modii, infosini, del Sindico, Martini, Severini, Lepari, Gallucci, Barracchi, Zuroli, Teutonichi, Mannarini, Faraldi, Ferreri, Sacco, Lungo, Sosanna et oliverio parte detti sono famiglie antiche et parte sono agregati …”. AASS, 31A, f. 13.

[vii] ASCZ, Busta 253, anno 1663, f. 16.

[viii] AASS, 22A, f. 8.

[ix] ASCZ, Busta 313, anno 1668, ff. 94v-95r.

[x] ASCZ, Busta 334, anno 1672, f. 33.

[xi] AASS, Cart. 7D fasc. 2, Notaio Vito Antonio Ceraldi, 1691, ff. 60-61.

[xii] ASCZ, Busta 1330, anno 1782, ff. 27-37.

[xiii] ASCZ, Busta 1691, ff. 54-55, 60-61.

[xiv] AVC, Platea Capitolo 1691, 14v.

[xv] AVC, Platea Capitolo. 1704/1705, f. 13. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 81v.

[xvi] ASCZ, Busta 612, anno 1715, f. 82.

[xvii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, ff. 67v, 104v, 114, 131, 135v.

[xviii] ASCZ, Busta 664, anno 1733, ff. 54v-55.

[xix] ASCZ, Busta 497, anno 1711; Busta 664, anno 1733, ff. 54v-55.

[xx] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, ff. 66, 85.

[xxi] ASCZ, Busta 662, anno 1724, ff. 141-143.

[xxii] ASCZ, Busta 661, anno 1721, ff. 140-142.

[xxiii] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 36.

[xxiv] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 43v.

[xxv] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 17.

[xxvi] ASCZ, Busta 1266, anno 1753, f. 103.

[xxvii] ASCZ, Busta 911, anno 1741, ff. 18-21.

[xxviii] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, ff. 79-80.

[xxix] ASCZ, Busta 861, anno 1761, ff. 196-197.

[xxx] ASCZ, Busta 667, anno 1748, ff. 207-208.

[xxxi] AVC, Catasto Onciario Cotrone, 1793, ff. 13-14.

[xxxii] Russo F., Regesto XIII, 68755.

[xxxiii] Russo F., Regesto XIV, 74223.


Creato il 5 Marzo 2015. Ultima modifica: 10 Settembre 2024.

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