Il palazzo dei Montalcini presso il palazzo vescovile di Crotone
I Montalcini sono già presenti a Crotone durante la prima metà del Cinquecento. Petruccio e Valerio “Montachino”, o “Montacino”,[i] partecipano ai lavori di fortificazione della città. Alcuni anni dopo, nel 1571, troviamo che Antonio Montalcini abitava in parrocchia di S. Nicola de Cropis e Valerio Montalcini in parrocchia di Santa Maria. Scipione Montalcini fu dapprima coadiutore del vescovo di Isola Annibale Caracciolo (1591) e poi vescovo di Isola (1606-1609).
I discendenti di Annibale Montalcini
Da atti successivi si sa che il capitano Annibale Montalcini fu eletto (1591) e sindaco dei nobili (1602). Procuratore speciale del conte di Melissa Annibale Campitelli (1612), ebbe lo iuspatronato del beneficio eretto nella cattedrale di Crotone sotto il titolo di San Lorenzo, beneficio che precedentemente apparteneva alla famiglia Contestabile.[ii] Tra i suoi figli sono ricordati il capitano Mutio, Lelio e Fabritio. Lelio Montalcini, figlio ed erede di Annibale, sposò Vittoria Aragona d’Ayerbis,[iii] fu sindaco dei nobili nel 1647/1648.[iv] Non ebbe eredi maschi ma solamente le figlie Joanna e Lucrezia. Lucrezia detta Checa sposò il chierico Francesco Antonio Peluso.[v]
Pipino e Montalcino
Le due famiglie Pipino e Montalcino, con i loro fautori, si contesero a lungo il controllo dell’economia cittadina, del patrimonio comunale e di quello ecclesiastico. A dire del governatore di Calabria Ultra Lorenzo Cenami, giunto a Crotone nel giugno 1623 per porre “rimedio alle fazioni ed inimicizie che rovinano quella terra”, esse tramavano in modo che “la città resti in discordie e in confusione per buscarsi per tal modo più comodamente la vita e impedire che si possano conoscere e punire i loro falli e rivedersi i loro conti e pagare il non poco che debbono per le loro sindacature passate alla povera università”.
Durante queste lotte per il potere, Valerio Montalcino ed i suoi fratelli, sono ricordati Pompeo e Lelio, uccisero nel 1622 il capitano Pelio Pipino. Dopo poco, nel marzo 1623, Fabio Pipino, figlio di Pelio, e Giovan Jacobo Mendicino, assassinarono Giovanni Montalcini, figlio del capitano Annibale, che deteneva il cantorato, una delle cariche più importanti dopo quella vescovile. Questi fatti di sangue, preceduti e seguiti da ferimenti, scontri e risse, gettarono la città nel caos. Gli aderenti alle due fazioni scorrazzavano, trovando nei luoghi religiosi asilo e sicuro rifugio dalla giustizia. I fuorusciti, che agivano in difesa dei Montalcino, avevano fatto il loro quartiere principale nel monastero dell’Osservanza, poco fuori la porta della città, mentre quelli che sostenevano i Pipino si erano insediati all’interno dell’ospedale, situato appena dentro la porta principale.[vi]
I discendenti di Giovan Tomaso Montalcini
Jo. Thomaso Montalcino sul finire del Cinquecento sposò Hippolita Lucifero, sorella di Fabritio, figlio ed erede di Pompeo Lucifero, la quale gli portò in dote, tra le altre cose, 1500 ducati.[vii] Ebbe i figli Valerio, Scipione e Giovan Francesco. Nel 1611 ricoprì la carica di sindaco dei nobili e nello stesso anno morì. Il figlio Valerio sposò Anna Suriano. La sua pratica per le armi, oltre che dai fatti accennati precedentemente, è avvalorata dal permesso che ottenne dalla regia corte, all’inizio del marzo 1630, di “andare armato di qualsivoglia sorte de arma”.[viii] Nel 1650 morì lasciando erede il figlio nascituro, che verrà battezzato il 22 marzo dell’anno seguente con il nome di Antonio Valerio.
Alla metà del Seicento i Montalcini erano presenti con due casate: una abitava in parrocchia del SS. Salvatore, l’altra in quella dei SS. Pietro e Paolo. Quella situata in parrocchia del SS.mo Salvatore viveva nelle case che erano state del fu Carlo Montalcino. Le case, o palazzo, consistenti in più membri, confinanti da un lato, con le case di Jo. Leonardo Gabriele e dall’altro, con le vie pubbliche, nel marzo 1662 furono sequestrate e messe all’asta sulla piazza pubblica di Catanzaro, su istanza dei coniugi Vittoria Suriano e Domenico Geronda contro Francesco Montalcini. In quello stesso mese il notaio Tomaso Raneri ne prendeva possesso,[ix] ma poco dopo risulta che esse ritornarono ai Montalcini. L’altra era situata presso la chiesa cattedrale ed il palazzo vescovile.
Antonio Valerio Montalcino
Antonio Valerio Montalcino, nato dopo la morte del padre, abitava nel palazzo con stalla e casa terranea dei Montalcini, situato in parrocchia del SS. Salvatore.[x] Nel 1673 ricoprì la carica di sindaco dei nobili.[xi] È questo il periodo in cui i Montalcini furono protagonisti di un’altra sanguinosa faida per il controllo del potere, che li oppose ai Suriano.
Pochi anni prima, il 28 dicembre del 1663, sul far della sera, i chierici Alessandro Suriano, Fabritio Spina, Antonio Urzo, Antonio Spina ed Odoardo Lopes, che erano rifugiati dentro la chiesa di San Francesco d’Assisi, avevano teso un agguato al chierico cinquantenne Francesco Montalcini ed al nipote, il chierico quarantenne Francesco Maria Montalcino di Fabritio;[xii] entrambi in comitiva con altre persone, al tramonto passavano a cavallo per la strada pubblica di “Santo Francesco” davanti alla chiesa, “via ordinaria et più vicina” per andare alla loro casa. Nell’occasione i Montalcini erano stati malamente feriti da più colpi di archibugio esplosi dalla porta e dall’interno della chiesa. La risposta non si farà attendere e nel 1674, Valerio Antonio Montalcino era incarcerato nel castello perché assieme a Francesco Maria Montalcini era accusato dell’uccisione del notaio di Santa Severina Giuseppe Lauretta.[xiii]
Il capitano Valerio Antonio Montalcini aveva una intensa attività economica, con “molti negotii cossi di denari et grani … affitti di territorii cossi in grano come in herba come di denari prestati … grani a credito o ad imprestito”.[xiv] Il “capitano de cavalli”[xv] e mastro di campo, sul finire del Seicento, possedeva vaste terre (San Giorgio, Brasimatello, Martorani, Margarita), alcuni magazzini fuori porta, bestiame, ecc.[xvi] Egli, oltre al palazzo dove abitava in parrocchia del SS. Salvatore, risulta proprietario anche dell’altro palazzo dei Montalcini; quello cioè situato in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, nelle vicinanze della cattedrale e del palazzo vescovile, tanto che quest’ultimo dalla parte dove apriva tre botteghe “rimira il palazzo del S.r Valerio Antonio Montalcino”.[xvii]
Valerio Antonio Montalcini sposò il 19 marzo 1696, la vedova Giovanna Nani, figlia di Giovan Nicolò e vedova di Donato Bianchi. Dall’unione nacquero Anna, che andò sposa a Stefano Ricciulli, barone di Parenti, Gregorio, Annibale, Lelio ed Orazio.
Gregorio Montalcini
Alla morte di Valerio Antonio le proprietà passarono al figlio Gregorio. Nel novembre 1721 ne risulta già in possesso. In quel mese egli, infatti, fece accomodare e ricoprire dai capomastri fabricatori Omobono Messina e Gerolamo Camposano, un suo magazzino situato vicino alla cattedrale ed attaccato al suo palazzo. Il magazzino, grazie alla sua vicinanza alla porta della città, dopo i lavori verrà dato in affitto ed utilizzato come quartiere per le truppe alemanne.[xviii]
Nell’anno seguente, 1722, Gregorio aumentò le sue proprietà, divenendo feudatario del feudo rustico detto la Cerza o Giordano, per “donazione” fattagli dallo zio Ferdinando Peluso.[xix] Nel catasto Onciario di Cotrone del 1743 la famiglia del cinquantenne nobile Gregorio Montalcini è composta dalla moglie trentasettenne Rosa Barricellis e da quattro figli: Il chierico ventenne Lelio Maria, convittore nel collegio Macedonio di Napoli, l’undicenne Annibale Fedele, Orazio di nove anni e la quattordicenne Antonia Maria, quest’ultima novizia nel monastero di Tutti i Santi di Squillace.
Gregorio risulta proprietario del palazzo patrimoniale in parrocchia del SS. Salvatore (che è vuoto, in quanto il Montalcini abitava con la famiglia a Taverna, dove svolgeva la carica di regio governatore), di un comprensorio di case in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, che locava a più persone, di altri immobili (2 casette, 2 magazzini, 2 botteghe, 1 mulino), di vasti territori (S. Giorgio, Zigari, Margarita, Furno con vignale delle Canne, Puzzo del Furno con vignale di Falco, la Garruba) del feudo di La Cerza seu Giordano, e di numeroso bestiame (760 pecore, 38 vacche, 1 toro, 1 giumenta, numerosi buoi ).[xx]
A quel tempo il “palazzo locando” di Gregorio Montalcini è descritto come “situato dirimpetto al seminario in parocchia dei SS. Pietro e Paolo e vicino alla chiesa cattedrale”. Sotto il palazzo si aprono alcune botteghe, tra le quali quella dei Cirillo, la quale affaccia alla cattedrale ed è “proprio la quinta numeranda delle botteghe e bassi di detto palazzo dal portone del medesimo di sotto al sopportico del palazzo vescovile che attacca alla cattedrale”.[xxi]
L’undici giugno 1757 Gregorio, cosciente dei “gravi ed innumerabili miei peccati che mi fanno tremare e temere”, fa testamento, nominando eredi universali e particolari i suoi figli, il canonico Lelio, Annibale e Orazio, nati in costanza di matrimonio con la moglie Rosa Barricellis. Tuttavia per salvaguardare i suoi beni da una sempre possibile diminuzione, in quanto “l’oneste, e ben nate famiglie si conservano, e si mantengono sinoche al sig.re piacerà, con onestà e decoro sempre che tra i sogetti, che le compongono, venga l’unione, e la concordia, per le quali si aumentano, o almeno non si dimunuiscono li beni, che si lasciano, acciò con comodità potessero vivere in quello stato, in cui il sign.r Iddio per sua infinita misericordia l’ha fatto nascere, perciò considerando io, e riflettendo a tutto ciò, ed alla perpetua conservazione della mia famiglia”, istituisce su di essi un fidecommisso e pone la condizione che dovesse succedere il figlio primogenito di suo figlio Annibale, che nascerà in costanza di matrimonio con Teresa Lucifero, attuale sua consorte e figlia del marchese di Apriglianello Francesco Lucifero, quando arriverà all’età di anni 22.
Tra i numerosi beni lasciati da Gregorio vi sono il palazzo situato in parrocchia del SS.mo Salvatore “da me testatore ristaurato, abbellito, migliorato e ridotto in meglior forma,e dove al presente abito” e “l’altro palazzo grande, che loco sito nella parrocchia dei SS. mi Apostoli Pietro e Paolo, vicino lo palazzo vescovile”.[xxii]
Annibale Montalcini
Sul finire del Settecento la famiglia di Annibale Montalcini, erede del padre Gregorio, risulta composta dal fratello Orazio e dai figli: l’alfiere Gregorio, il cadetto Valerio Antonio, il chierico Lelio Pasquale, Giuseppe e Raffaele.
Egli mantiene ancora le vecchie proprietà costituite dal feudo La Cerza, dalle terre di S. Giorgio, Zigari, Margarita, Furno, Pozzo del Furno, Garuba, dal palazzo in parrocchia del SS. Salvatore, dalla continenza di case, o palazzo, nella parrocchia di S. Pietro, “che loca a più e diverse persone”, da un giardino, due piccoli magazzini in parrocchia di S. Pietro, da due botteghe in piazza, da un mulino macinante, da una casa e del bestiame.
A queste ha aggiunto alcuni beni provenienti dai luoghi pii soppressi, e precisamente: i due terreni di Santa Chiarella e di Ferrarella, che appartenevano al monastero di S. Chiara.[xxiii] Allora sotto il palazzo in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, vi erano alcune botteghe: un magazzino o taverna di proprietà del convento di S. Francesco di Paola, una bottega appartenente al Monte dei Morti dell’Immacolata e la bottega di Dionisio Fonte.[xxiv]
Memoriale al Vicerè
“Ecc.mo Sig.r D. Gio. Berardino Lauretta povero sacerdote et Laura et Elisabetta Lauretta sorelle del sup.te humiliss.te rapresentano a V. E. come havendo più et più volte dimandato Giust.a al Reg.o Tribunale di Catanzaro contro Valerio Antonio et Francesco Maria Montalcini, cossi per l’homicidio commesso in persona di Not.r Gioseppe Lauretta fratello delli supp.ti, come anche per altri delitti et protettione di banditi, non essendo mai possibile haverne comp.a di giustitia il tutto S.re Ecc.mo per la sfacciata protettione che tiene di detti Montalcini il Preside della Prov.a il q.le essendo venuto in S.ta Severina li mesi passati dove si ritrovavano li sup.ti et havendosi portato d.o Preside per camerata il d.o Valerio Antonio Montalcini furono costretti li poveri sup.ti buttarsi alli piedi del Preside cercando con lagrime giustitia, ma fu invano mentre si tenne con se alla tavola il d.o assassino passegiando innanti locchi cossi del povero fratello, come delle povere sorelle sup.ti li quali spirati dallo spirito santo fecero istanza allo Gov.re et Giudice di Cotrone, che mossi a pietà delli sfortunati sup.ti prov.no alla caceratione delli di detti Montalcini pre.li delinq.ti et sìè costato il d.o omicidio et altri delitti, et perche li supp.ti al p.nte intendono che S. E. sia restata servita per Coll.e rimettere d.a causa alla Reg.a Corte di Cotrone et si vantano li detti di Montalcino che la causa alfine darà per riconosciuta il caso d’appellatione del tribunale di Catanzaro, sup.no per tanto V. E. In vi.bus Iesu Christi si serva ordinare, che tanto li carcerati, quanto l’atti siano rimessi alla Vic.a o alla giunta che senza dubbio non si sarebbe fatto da tribunale partialissimo delli Montalcini, protestandosi li poveri sup.ti che non dubitano della Reg.a Corte di Cotrone che s’è po. Con tanto zelo et Giust.a, ma perche li detti di Montalcino sono homini potenti et facinorosi et protetti dal Preside è certo Ecc.mo S.re che li poveri sup.ti per cercar giust.a d’un fratello ucciso certamente stanno in evidente pericolo della vita, tanto più che attualmente sta in campagna con gente armata Scipione Montalcino homo homicidiario si che ricorre a piede di V. E. et la supp.no far trasportarli carcerati in Napoli che cossi haveranno il dovuto castigo li delinq.ti supplicando anche e come Principe giusto e santo provedere al pericolo evidente della vita delli sup.ti li quali tutti sarebbero venuti a piedi di V. E. si alle povere vergine fusse stato lecito et allo povero sacerdote la prometesse la salute che ha perso, ma tutti tre li sup.ti stanno pregando a piede di un crocifisso grande vita et salute a V. E. eligendo foro la Gran Corte della Vicaria q.nus opus est ut deus. humilissime schiave D. Gio. Berardino Lauretta, Il segno della Croce della pp.a mano di d.a Laura Lauretta sup.te Id.a. Il segno della Croce di pp.a mano di d.a Elisabetta Lauretta sup.te Id.a. Datum in S.ta Severina decimo tertio m.s octobris 1673.”[xxv]
Al tempo della rivolta del Masaniello
Il 25 ottobre 1647 nella città di Crotone, il sindaco dei nobili Lelio Montalcino e il sindaco degli onorati Giacomo Petrolillo, affermano: “havere rec.to ordine dell’Ill.mo S.r M.ro di Campo Il Marchese di Santa Caterina Preside et Governator delle armi in questa Prov., continente che per haver havuto aviso dal Cap.n Mutio Lucifero, che delli soldati naturali di q.sta città del repartim.to a piede ve ni siano venti dui disarmati, li quali dovendo marciare per ser.o di sua M.stà nelli pre.nti bisogni forsozi in la città di Napoli, e necessario, che senza dilate alcuna siano armati et che percio dovessimo quelli armare delle armi, che stanno nella Regia Monit.necon comprarne però altri tanti di denaro univ.le et riponere in quella et si bene la città non sia obligata al p.nte di novo armare detti soldati, perche parte di quelli sono stati armati quali sono l’infratti cossicome consta per più monstri che hanno dato et puo certificare il tutto il S. sarg.te maggiore Martin Colas de Alagon regio castellano di essa città il quale l’anno passato fe recognit.e di dette armi per ord.e di S. E. et parte devono essere armati dalli sindaci predecessori dalli quali furono eletti et creati soldati in loco di altri morti, li quali doveano recuperare li armi dalli heredi delli soldati morti et armare quelli che si elessero cossi come anco fu ordinato dal d.o S.r castellano per com.ne di detto Ill.mo S.r Preside Governator delle armi, tanto più che al p.nte non vi è denaro univ.le cossi come è noto dal quale si poterono comprar altri armi per reponersi ut s.a, nulla di meno per obedir a d.o ord.e et per non impedirsi detto Real ser.tio et giache li p.nti bisogni bnon permettono che di questo fatto si habbia ricorso a superiori mentre si corre in fretta et non c’è tempo di potersi haver tal ricorso cossi come si dice nel detto ord.e dal S.r m.ro di Campo che originale si conserva in pede del p.nte atto, son risoluti armare li d.i soldati d’armi della detta Reg. monit.e etiam per preiuditio delle ragg.ni di detta città et con animo di repeterli cessato sara l’urgenze p.nte bisogno che percio in n.ra p.ntia fatta l’asser.e p.tta in p.ntia ancora dell’infratti soldati p.nti et aud.nti consignarno l’infratti armi alli sott.i soldati li quali quelli si recevirno et sono: A Paulo de Oppido, uno archibugio et fiaschi. A Nicolao Minardello, archibugio et fiaschi. A Giovanni di Messina, archibugio et fiaschi. A Gio. Fran.co di Franco, archibugio et fiaschi. A Scipione Morano, archibugio et fiaschi. A Jacinto di Napoli, archibugio et fiaschi. A Mutio Montalcini, archibugio et fiaschi. A Vittorio Amoruso, archibugio et fiaschi. A Giando de Squillaci et per esso al sarg.te Fran.co Papasodaro, archibugio et fiaschi. Al caporal Masi di Perri, archibugio et fiaschi. A Ciccio di Squillaci, archibugio et fiaschi. A Diego Remutato, moschetto, fiaschi e fardiglia. A Cicco Amoruso, moschetto, fiaschi e fardiglia. A Mingo Zupo, moschetto, fiaschi e fardiglia. A Ces.e Cardea, moschetto, fiaschi e fardiglia. Ad Antonino Misciascio, archibugio e fiaschi. Al sud.to sarg.te Fran.co Papasodaro se li sono stati consignati doi moschetti con li fiaschi e fardiglie et uno archibuscio con fiaschi per consignarli, uno moschetto e li fiaschi a Gio.e Rolle, un altro moschetto con li fiaschi a Jacinto Cappello et l’archibuscio con li fiaschi a Mingo Schipano. Quali archibuggi et fiaschi et li sop.ti moschetti et fiaschi et fardiglie furno consignati alli sudetti soldati et sarg,te della compagnia del battaglione de Capitan Mutio Lucifero in virtù d’ordine dell’Ill.mo M.ro di Campo Il Marchese di Santa Caterina p.ntato alli detti Lelio Montalcino et Gio. Giacomo Petrolillo sindaci di d.a città li quali subito fu obedito et fattoci consignare da Mutio Scavello deputato et conservatore delli moschetti et archibuggi della città per l’effetto contenuto in d.o ordine med.e la persona del R.do don Gio. Giac.o Basoino suo nepote p.nti detti soldati e sargenete segnati recipientino dette armi et stante la receptione p.tta li p.tti Lelio et Gio. Giacomo sin.ci liberarno detto Mutio Scavello per detti armi, et li fanno fini et patto finale. Promettendono de più detti sindaci di osservare et esseguire puntualmente l’ord.e di detto Ill.mo S.r Preside giusta la sua continentia et tenore …”.[xxvi]
Note
[i] Pesavento A., Abitanti di Crotone che hanno partecipato alla costruzione delle fortificazioni della città e del castello (1541–1550), in www.archiviostorico crotone.it
[ii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 34.
[iii] ASCZ, Busta 310, anno 1664, ff. 39-42.
[iv] ASCZ, Busta 108, anno 1647, f. 87.
[v] ASCZ, Busta 635, anno 1710, ff. 17-18.
[vi] Volpicella L., Epistolario ufficiale del governatore di Calabria Ultra Lorenzo Cenami, in Arch. Stor. Cal., a. 1°, 1912-13, p. 511 sgg.
[vii] Nel dicembre 1594 i coniugi Gio. Tomaso Montalcino e Ippolita Lucifero dovevano ancora conseguire da Fabritio Lucifero 1300 ducati più alcuni interessi. ASCZ, Busta 49, anno 1594, f. 312.
[viii] “Perché Valerio Montalcino della città de Cotrone ha fatto intendere voler fare alcuni segnalati servitii alla regia corte in captura de delinquenti, pero desiderosi che detti servitii vengano in effecto l’havemo facto la p.nte con la quale sub verbo et fide … volemo che possa liberamente practicare per tutto il p.nte Regno purche non entri nella città de Neapoli soi borghi et casali et ordinamo a tutti li officiali tanto regii come di baroni che li diano … andare armato de qualsivoglia sorte de arma”. ASCZ, Busta 49, anno 1630, f. 36.
[ix] ASCZ, Busta 229, anno 1661, f. 11.
[x] Nell’ottobre 1674 la vedova Beatrice della Motta Villegas possedeva un magazzino terraneo in parrocchia del SS. Salvatore, confinante con la stalla di Valerio Antonio Montalcini e di fronte al palazzo di Gio. Pietro Presterà e alle case dei Meza. ASCZ, Busta 253, anno 1674, f. 50.
[xi] ASCZ, Busta 253, anno 1673, f. 24.
[xii] Il 18 giugno 1651 in cattedrale si riuniscono i confrati della confraternita del Rosario. Tra questi vi sono Fabritio e Francesco Maria Montalcino. ASCZ, Busta 229, anno 1651, f. 43.
[xiii] ASCZ, Busta 333, anno 1674, f. 1.
[xiv] Il 10 maggio 1693 il capitano Valerio Antonio Montalcino venne a convenzione con Antonio Suriano. I due stabilirono di liberarsi “di qualsivoglia negotio tra loro havuti per tutto il tempo passato insino al giorno di hoggi tanto per affitti di territorii cossì di grano come in herba come di danari prestati l’uno all’altro overo grani a credito o ad imprestito”. ASCZ, Busta 337, anno 1693, ff. 38-40.
[xv] ASCZ, Busta 336, anno 1691, f. 67.
[xvi] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, ff. 72v sgg.
[xvii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 72.
[xviii] ASCZ, Busta 661, anno 1722, ff. 192v-193.
[xix] ASCZ, Busta 661, anno 1722, f. 64.
[xx] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, ff. 102-103.
[xxi] ASCZ, Busta 1063, anno 1744, ff. 27-29.
[xxii] ASCZ, Busta 1128, anno 1762, ff. 64-67.
[xxiii] AVC, Catasto Onciario Cotrone, 1793, ff. 2-3.
[xxiv] AVC, Lista di Carico, Cassa Sacra, 1790, f. 17.
[xxv] ASCZ, Busta 333, anno 1674, f. 3
[xxvi] ASCZ, Busta 108, anno 1647, ff. 79-80.
Creato il 6 Marzo 2015. Ultima modifica: 14 Ottobre 2024.