Il lavoro degli “homines” di Mesoraca nella “regia fabrica” del castello e delle mura di Crotone

Lavoratori di Petilia Policastro (KR) impegnati nella costruzione di una strada alla metà del secolo scorso (dalla pagina fb I Ricordi dei “Petilini Enigranti”).

La costruzione delle nuove fortificazioni di Crotone alla metà del Cinquecento, concepite secondo la nuova tecnica dell’arte della guerra, determinò nel breve volgere di circa un decennio, la trasformazione radicale della città medievale e il passaggio ad una fase moderna della sua storia.

In questa occasione, numerosi furono gli apporti che noi oggi possiamo rilevare attraverso i “cunti”, “libri”, “notamenti”, “manuali seu giornali” e “quaterni” “de fabrica”, scritti dagli ufficiali regi che compilarono le migliaia di fogli che ancora si conservano all’Archivio di Stato di Napoli (ASN). Tra tali apporti, particolare fu quello fornito dagli uomini di Mesoraca. Un contributo cospicuo e determinante che evidenzia gli antichi legami che univano i due centri.

Il cantiere di costruzione delle mura di una città in una miniatura medievale.

 

Il pericolo turco

Dopo la presa di Otranto da parte degli Ottomani (11 agosto 1480), il sovrano aragonese Ferdinando II ordinò di fortificare e munire alcuni luoghi marittimi del regno, particolarmente importanti dal punto di vista strategico-militare. In questo quadro ebbero inizio i lavori di rifacimento delle fortificazioni del castello e della città di Crotone, relativamente ai quali ci informano alcuni incunaboli relativi agli anni 1484-1486.

In tali documenti, pochi sono i mesorachesi che compaiono al lavoro nella “frabica”. Oltre a “Cola pectinato de mesoraca”, che lavorò “in ditta frabica allo maniyare dela calce la p.a mano”,[i] registriamo solo la presenza di “Iohanni de triolo” o “tiriolo”, “monaco de misuraca” impegnato “ad perinchiri la frabica de terreno”.[ii]

Più nutrita invece, appare la presenza dei mesorachesi tra i fornitori di legname della Regia Corte. Presenza che, oltre a segnalarsi in occasione dei numerosi approvvigionamenti di “tavule”, “trava”, “intinnole”, “tiyilli” e “marugii”, che furono largamente utilizzati durante questi lavori, si evidenzia anche in occasione della fornitura di alcuni manufatti in legno come “Cati” e “barili”. Il primo maggio del 1485, “bamunti de turi de mesoraca” fu pagato per aver fornito “sey Cati” alla “rasoni de grana uno et meczo luno”, e “para quact.o de barili ad rasioni de grana quact.o lo barili”,[iii] mentre, durante il mese di aprile, “Iohanni lice de mesoraca” fornì “uno cato per la marrami” che gli fruttò 2 grana.[iv]

In primo piano, una delle torri del castello di Crotone edificate alla fine del periodo aragonese.

Gli obblighi dell’università

Durante il periodo svevo, Mesoraca risulta tra i territori soggetti a fornire prestazioni per il riparo del castrum imperiale di Santa Severina.[v] Alla metà del Cinquecento, durante i lavori di rifacimento del castello e delle mura della città di Crotone, l’università di Mesoraca contribuì ai lavori portando alla “fabrica” quantità prestabilite di materiale da costruzione che, per il quadrimestre luglio-ottobre 1542, assommò a 3000 tomola di calce “ad ragione de ducati sidichi lo miglaro” e 25 canne di pietra.

All’inizio dei lavori, in relazione alle prestazioni cui era obbligata nei confronti del sovrano e riguardanti la fornitura di buoi da lavoro, l’università di Mesoraca versò alla Regia Corte ducati 52, corrispondenti allo “precio de para dui de boi taxati per la R.ia fabrica”.[vi] Verso la fine del 1542, invece, in relazione ad un “accordio” stipulato con la Regia Corte, le università versarono a quest’ultima una somma corrispondente al valore dei materiali che avrebbero dovuto consegnare. Per l’università di Mesoraca l’esborso fu di “ducati cento Cinquanta de pagarnosi in potere del sup.to pagatore in tre tandi supraditti, et sono per accordio fatto dela calce et pet.a dovea contribuire ditta uni.ta alla ditta regia frabbica”.[vii] In occasione di tali contribuzioni, figurano il sindaco Cola de Capua (2 settembre 1541 e 9 novembre 1542), Ioanber.no Caivano (20 ottobre 1541), il sindaco Nutio o Notio de Biasi (5 maggio 1542) e il sindaco Io: Antonio Molinaro (9 novembre 1542).[viii]

Plan dessinè de Cotrone (sec. XVI). Bibliothèque Nationale Parigi.

L’inizio dei lavori

Nel mese di luglio del 1541, con le operazioni di scavo delle fondazioni delle nuove strutture al “castello”, alla “capperrina” e alla “pischaria” nel luogo detto “petro nigro”, iniziarono i lavori di rifortificazione della città e del castello di Crotone. Già agli inizi del mese alcuni devastatori “de misuraca”, risultano tra i circa 200 che furono impegnati sotto la timpa della Capperrina, “al cavam.to” del baluardo Don Pedro, lavoro per cui furono retribuiti “ad grana deche lo di”.

Ad un primo gruppo costituito da Cola de Mauro, Fer.ti Belloro, Angelo de Rugeri, Ber.no de Luca, Ioancola Gargano, Ioammarco Cavallo, Cola de Pet.o de Tillari, Tiberio Bracali e Carlo Puliczi,[ix] se ne aggiunse subito un secondo, composto da Ber.no Milito, Masi Schipano, Taviano Pulliczi, Gratio de Tristayno, Minico de Arena e Agatio de Cara.[x] A cominciare dal 16 di luglio, alcuni lavoratori di questo secondo gruppo, oltre ad essere impegnati di giorno nello scavo di questo baluardo, risultano anche tra coloro che prestarono la loro opera allo scavo di fondazione del baluardo Petro Nigro, lavorando di notte “alla trumba per aguttare lacq.a de ditto Cavamento”, un lavoro per il quale furono “pagati ad grana deche la notte et similiter lo iorno”.[xi]

Ai primi di agosto, con l’apertura dei lavori riguardanti il nuovo baluardo del castello detto “S.ta Maria”, ritroviamo anche qui un gruppo di devastatori di “Mesuraca” composto da Minico de Yasco, Luca Dardano, Agatio de Cara, Minico de Nicotera, Angelo Cuyello e Antonino Mighali.[xii] Quest’ultimo, già nel successivo mese di ottobre, risulta uno dei “garczoni locato ad anno”,[xiii] che ricevevono il “soldo” “per ordine del signor Capitanio” mentre, attraverso la dicitura “de mosoraca sta in cotroni” che accompagna il suo nome nei documenti, si evidenzia che si trattava di uno dei numerosi forestieri trasferiti a Crotone in occasione dei lavori.

Alla metà di settembre figura tra i “Manipoli et devastatori che hanno faticato allo spontoni detto de petro nigro” Angelo Puglise,[xiv] mentre, durante il mese di dicembre, risultano all’opera in questo cantiere anche Bap.ta Fanchella,[xv] Rinaldo Murano[xvi] e Ger.mo Schipano.[xvii]

Arazzo di Bayeux (sec. XI). Alcuni devastatori o guastatori scavano il fosso di una fortificazione.

 

Zappe, sporte, carrette e bayardi

Anche se in occasione di alcuni lavori di spianamento del terreno, risulta documentato l’utilizzazione di un “ragho” fatto con il legno e il ferro,[xviii] possiamo comunque affermare che nel cantiere antico, per la gran parte, i compiti di scavo e di movimentazione dei materiali erano affidati alle braccia dell’uomo e alla buona lena dei suoi animali.

Per questo duro lavoro i “devastatori”, cioè i lavoratori impiegati nei lavori di scavo delle fondazioni, in quello di riempimento con la terra dei “casetti deli contraforti” delle nuove costruzioni,[xix] e nella movimentazione all’interno del cantiere di “terra”, “petra”, “calce”, “savurra” (pietrisco), “cauchina” (macerie), “creta” e “arena” (sabbia), si servivano di alcuni attrezzi spesso raffigurati nelle pitture medievali e in quelle di epoca rinascimentale.

Nei manuali di fabbrica del periodo aragonese, risulta documentato l’uso di “zapponi e zappe con li q.ali se cavano li fossi” e “pale” immanicate con “marugii”,[xx] mentre si evidenzia l’approvvigionamento di “sporti” “de li q.ali se servi li moratori et savurra et cachari terra de li fossi”.[xxi] Alla metà del Cinquecento, da parte della Regia Corte, si evidenzia l’acquisto continuo di sporte reperite da diversi fornitori di Massanova, S. Pietro in Tripani e Isola, alla ragione di grana 2 l’una.[xxii] In alcuni casi, risulta esplicitamente che tali sporte erano fatte “de vinchi” o “vrinchi”,[xxiii] termine generico usato per indicare i polloni di alcune specie arboree e arbustive, al tempo ampiamente diffuse nel territorio isolitano: il Lentisco (Pistacia lentiscus), l’Olmo (Ulmus campestris) e il Salice (Salix viminalis). Tali polloni si raccoglievano alla fine del periodo primaverile, quando mantenevano ancora una consistenza erbacea, che consentiva agli uomini di torcerli e intrecciarli. In una sola occasione, che riguarda una fornitura di 1000 sporte provenienti da Taverna, si specifica che queste erano “de castagna” e che erano state pagate “ad r.e de d. 25 lo migliaro”.[xxiv]

Oltre alle sporte, altri strumenti usati per il trasporto della terra e dei materiali erano “li bayardi”: sorta di barelle di legno condotte da una coppia di lavoratori, mediante “li quali se cachia la terra de int.o li fossi”. Impiego simile avevano “le casse con li quali se carriya la calce arena et savorra alla fabrica”,[xxv] analoghe alle moderne cariole. Nell’ottobre del 1484, il mastro “donno pressano de mayencia” di Crotone, realizzò “octo bayardi con li q.ali se cachia la terra dent.o li fossi” e “casse quatt.o necessarie per Conducerese la calce dele calcare arena et savorra in dicta fabrica”.[xxvi]

In alcuni casi “li bayardi” risultano utilizzati tanto per il trasporto della calce che della terra. Troviamo così i lavoratori della fabbrica intenti a “carriare calce con li bayardi int.o lo castello”,[xxvii] e a “carreare terra cum li bayardi dent.o lo rebellino del castello”.[xxviii]

In tale occasione risulta che per la costruzione delle casse, la Regia Corte pagò grana 5 per ognuna mentre, per i bayardi, si spese la metà.[xxix] Per la loro costruzione, la Corte si aggrovvigionò di “tiyilli serratizi”,[xxx] di “chiodi quaterni necessarii per i bayardi e casse”[xxxi] e di “chiova menzanii necessarii per chiavarese li bayardi (…) et per chiavarese le casse”,[xxxii] usati anche per provvedere alle opportune riparazioni.[xxxiii]

Quelle che alla fine del Quattrocento appaiono comunemente chiamate “casse”, alla metà del Cinquecento risultano genericamente indicate come “carrette” oppure, più specificatamente, come “carrecti piccoli” o “carrette ad mano”. In alcuni casi se ne riferisce l’utilizzo relativamente al trasporto delle pietre grosse[xxxiv] o del “cotraco”,[xxxv] mentre si evidenzia che, analogamente ai bayardi, queste erano dotate di “cinghie”,[xxxvi] che i lavoratori facevano passare dietro il collo, così da sostenere il peso del carico anche con il tronco. Queste “carrecte” erano fatte di “tavoli” di legno inchiodate, con un “asse” e una “rotella”,[xxxvii] ed erano dotate di due “vertere”[xxxviii] le cui estremità erano impugnate dal lavoratore. Esse avevano anche delle parti in ferro. Abbiano notizia, infatti che, con il ferro della Corte, furono realizzati diversi “para” di “cancaroni de Carretti”,[xxxix] mentre i mastri ferrari furono ripetutamente impegnati “per renovarle”,[xl] realizzando “Inpiasti de car.ti”[xli] sistemati “de sutto le Car.ti”.[xlii]

Un lavoratore che si serve della carretta (da i.pinimg.com).

La calcara

Con l’avvio dei lavori di costruzione, attorno alla fabbrica furono allestite numerose calcare necessarie per la produzione della calce. Tale produzione era realizzata attraverso la cottura della pietra “de calce”,[xliii] in forni di fabbrica a pianta circolare e forma troncoconica detti “Calcare”, dotati di una volta che separava una camera di combustione detta “fundello” dalla pietra sovrastante.

Per realizzare uno di questi forni, agli inizi di marzo del 1485 la Regia Corte si accordava “amuzo” con alcuni particolari, affinchè fossero portati i “lignami necessarie per voltaresi la calcara”.[xliv] Nell’aprile del 1485, in occasione della costruzione “dela calcara delo regio Castello de Cot.o”, si accenna sommariamente alla sua struttura: “czo è una scarpa piglata delo pedam.to per fio in cima alla dicta Calcara Cum la lamia voltata supra dela dicta Calcara”.[xlv]

La realizzazione di una calcara iniziava con lo scavo del terreno, scegliendo il luogo in ragione della sua vicinanza a quello di costruzione, ma anche in base alla sua esposizione e alle possibilità di approvvigionamento ed evacuazione dei materiali. Quindi si passava a “frabbicare lo fondello”,[xlvi] provvedendo ad “intonicarse seu investire la Calcara”, utilizzando “pet.a arena et Creta”.[xlvii] Nel novembre del 1542 si retribuiva mastro Paulo Vecchie de Polistena, “per haver fatto seu cavato et intonicato una Calcara nova fatta allo labro delo fosso delo spontone ditto don pedro, sotto parte dela calcara vecchia de ditto sponton”.[xlviii]

In ragione della “grandezza” della calcara, questa poteva essere dotata di una o più “bucchi”,[xlix] attraverso le quali si provvedeva ad alimentare il fuoco, utilizzando la “frasca” che consentiva alla calcara di raggiungere la temperatura necessaria per la “cottura” della pietra. In alcuni casi si menziona l’esistenza di un “parapecto de la calcara”,[l] la cui funzione appare quella di proteggere dal vento la bocca della calcara.

La sistemazione delle pietra calcarea nella calcara avveniva sotto il controllo dei “mastri calcarari” da parte dei “lavoratori di carcara”, che provvedevano a “carricare” la pietra nella sua parte superiore detta “lo cappello”.[li] In questa maniera si formava un cumulo conico che seguiva la forma della volta e delle pareti della calcara che, alla sua sommità, era chiuso e ricoperto con uno strato di “crita”.[lii] Prima di essere introdotta nella calcara, la pietra calcarea era “macziata”[liii] per ridurne le dimensioni e migliorarne la sistemazione e la cottura. Troviamo così i lavoratori intenti “ad macziyare savurra per la dicta marrame”[liv] e “ammacziyare pet.a per lo cappello dela calcara”.[lv]

Per le operazioni di carico e scarico, i lavoratori utilizzavano zappe e sporte mentre, per alimentare il fuoco con le “macze de frasca”, usavano i forconi. Agli inizi di marzo del 1485, la Regia Corte acquistava “fulconi” di legno per la calcara,[lvi] oltre a “tiyilli tre” per immanicare “le zappe dela calcara”.[lvii] Nell’aprile del 1485 si provvedeva all’acquisto di “zappi cinque grandi et grosse per necessario deli Calcare” fatte di ferro, e di “dui forcati de ferro grandi per infornare li dicti Calcare”[lviii] mentre, nel dicembre di quell’anno, si acquistavano “Carrati dui de furcuni necessarii per la calcara ad grana quindici la Carrata”.[lix]

Completato il ciclo di cottura che durava alcuni giorni, in base alle valutazioni del mastro carcararo che dovevano tener conto delle condizioni del materiale e di quelle di lavoro, il fuoco veniva spento e dopo qualche giorno di raffreddamento, la pietra era “discarricata” utilizzando “li bayardi”.[lx] In alcuni casi si riferisce esplicitamente lo scarico della “calce in polvere”[lxi] mentre, in altri, si evidenzia una cottura insufficiente che definiva la “Calcara cruda”.[lxii]

Considerato il loro utilizzo continuo, le calcare dovevano essere periodicamente ripulite e costantemente mantenute in efficienza. Nei documenti ricorrono quindi spesso le spese per “havere annettato lo fundello de la Calcara”,[lxiii] per “annettare li carbuni della calcara”,[lxiv] per ripulire “lo Cappello”, “per sberitare”,[lxv] e per lo “adconzo delo fundello”.[lxvi] Dopo un certo periodo di esercizio esse necessitavano comunque di essere riedificate[lxvii] mentre, in alcuni casi, si interveniva solo parzialmente. Nel marzo del 1546, infatti, si provvedeva solo “ad frabbicare la altura dela 3.a, 4.a, v.a et vi.a calc.a delo fosso”.[lxviii]

La struttura di una calcara (da romanoimpero.com).

I fratelli Ricca

Con l’avvio e la messa in esercizio delle “carcare”, tra la fine del mese di settembre e gli inizi di quello di ottobre del 1541, Colantoni Riccha e suo fratello Iac.o di Mesoraca, oltre a lavorare al baluardo Pedro Nigro nel corso dei mesi di novembre e dicembre,[lxix] furono anche impegnati ad “annettare li dui fundelli dele due Carcare delo spontoni et dela observantia”,[lxx] e “per accordio” con la Corte, ad “annettare lo fundello dela Carcara delo spontuni”.[lxxi] Un lavoro che li vedrà all’opera anche ai primi di marzo dell’anno successivo, quando ritroviamo “Colant.o de ricca et frati”, impegnati a ripulire “lo fundello dela Carcara delo spontuni et Cachiare la Calce dentro de quella per accordio fatto”.[lxxii]

Anche successivamente i due fratelli mesorachesi riuscirono a trovare l’accordo con la Corte, così da continuare ad aggiudicarsi la possibilità di svolgere tale lavoro. Nel mese di agosto li ritroviamo entrambi a ripulire “lo fundello de la Calcara dela observantia”[lxxiii] mentre, insieme a Ioanni Milioti “et compagni de mosoraca”, ripulivano anche “li dui fundelli dela calcara grande per car.ni xii et lo fundello dela Calcara delo spontoni per car.ni otto per accordio”.[lxxiv]

Tra i due fratelli, Colantonio fu certamente quello dotato di maggiore intraprendenza. Egli, infatti, oltre a svolgere la mansione di “correre”, riuscì pure ad inserirsi nell’ambito del piccolo commercio della fabbrica. Nei primi giorni di ottobre fu mandato corriere “in mesuraca”, “che mandino tabuli n.o 200 Carbuni salmi 50 et travi necessarii per la regia frabica”.[lxxv] Ai primi di dicembre, Colantoni Riccha fu pagato “per havere andato per Correre in la mantia al signore vice re de la provintia con lictere del signor barone dela Caya per cunto de ditta regia frabica”.[lxxvi] Mansioni che ricoprirà anche alla fine di gennaio dell’anno dopo, quando si recherà “in Cutro et in belc.o che vengano li sindichi per lo fatto dela Calce”[lxxvii] ed anche più avanti. Sul finire del 1545 il solito Colant.io de Ricca fu mandato corriere “ad trovare il s. vicere con lictere per ser.o dela R.ia frabbica”.[lxxviii]

Sempre in tale frangente compreso tra la fine del 1545 ed il nuovo anno, siamo informati del fatto che Cola Ant.io de Ricca “de mosoraca”, deteneva una “potica brutta in cotroni”. Alla fine del mese di novembre egli vendeva alla Corte tre “parichiare” per ducati 0.1.10[lxxix] mentre, alla metà di dicembre, in società con un suo “comp.o de mosoraca”, forniva 51 “marugio” per ducati 0.1.18.[lxxx]

Ricostruzione del cantiere di lavoro di una calcara (da archeologiamedievale.unisi.it).

I “tagliamonti seu perratori”

Nel corso dell’ultimo scorcio del 1541, cominciano ad evidenziarsi meglio le particolari capacità delle maestranze mesorachesi, che dimostrano subito di essere particolarmente versate nei lavori di taglio della pietra, di scavo e di demolizione.

Ai primi di dicembre, infatti, la Regia Corte si accordava con Ant.no Curchio e Aristotile Briczi “de misuraca”, “per lo partito fatto de taglare Cotraco in lo Cavam.to delo Castello ad ragione de carlini 15 la Canna appare Cautela per mano de not.o ant.no xillano de Cotroni”.[lxxxi] In questo periodo, lo stesso Curchio risultava anche impegnato “per fare lavorare Cinq.o rotelle per ser.o dele Carrette ad mano”.[lxxxii]

La rimozione del “cotraco”: lo strato sabbioso cementato e compatto che, assieme ad altri più o meno sciolti, intercalati tra quelli argillosi, si ritrova presente nel profilo superficiale del suolo che caratterizza l’area su cui insiste il centro storico di Crotone, richiedeva infatti l’impiego di apposite maestranze, considerato che, in ragione della sua durezza, tale strato non poteva essere rimosso scavando, ma necessitava di essere cavato (“taglato”).

Ai primi del nuovo anno i due mesorachesi furono impegnati a “taglare lo Crotaco alla r.e retro scripta”,[lxxxiii] lavoro che proseguì per tutto il mese di febbraio successivo.[lxxxiv] In tale occasione essi furono riforniti da parte della Regia Corte, di tutto l’equipaggiamento necessario al loro lavoro che fu fatto venire, a spese di quest’ultima, appositamente da Mesoraca. Tale circostanza ci permette di evidenziare quali fossero gli strumenti di lavoro del perratore e di metterne in evidenza l’utilizzo. Veniamo così a conoscenza del fatto che Antonino Curchio e Aristotile Briczi, erano stati equipaggiati con “vinti q.tro Cugni” fatti con il legno “de Ilichi”, ossia di Leccio (Quercus ilex), e con “due macze de ligno” immanicate da “maruchi”, che servivano “per macziyare li Cugni in lo Cotraco”, ad una certa distanza uno dall’altro lungo la linea di taglio. In questo caso, il distacco del materiale si realizzava versando acqua sopra i cunei di legno che, dilatandosi, provocavano la frattura. Un distacco che era favorito dai perratori agendo con “dui levi de Castagni”. Per rimuovere il materiale cavato furono utilizzate sei “sporti” e sei “Carrecti piccoli”.[lxxxv]

Molto diverso appare il corredo di attrezzi usato in occasione delle demolizioni. In questo caso, infatti, si evidenzia l’uso “de dui maczi grandi de ferro necessari per rumpere le pet.e (…) macza una de rotoli octo et meczo et lalt.a de rotoli secte et meczo”.[lxxxvi] Usando “maczi et pali”[lxxxvii] si ruppe pietra “allo prastio” e “in lo bossco” o “in li boscy” di Isola,[lxxxviii] mentre “per forcza de spinnoli et macze de ferro”, fu provveduto a “sfravicare et rumpere lo muro vechio dela cortina detta de petro nigro”.[lxxxix] L’usura contina cui era sottoposta questa attrezzatura, richiedeva il lavoro costante dei fabbri che compaiono nei manuali di fabbrica, sia in occasione della realizzazione di questi attrezzi che per la loro manutenzione.

Con il ferro e l’acciaio della Corte furono così forgiate “macze de petra”,[xc] “spinnoli de rumpere pet.a”, “landi de rumpere pet.a”, “czappuni” e “picuni”,[xci] mentre i mastri ferrari provvedevano alla manutenzione di tutta la “ferramenta” “per renovarle”, venendo retribuiti per aver “adpiczutato et aczariato piconi, czapponi, macze de ferro, caudiyato spinnole”,[xcii] “strayuto zap.ni”, “strayuto zappi”,[xciii] “apuntato piconi”,[xciv] “acconzato con ferro et azaro”,[xcv] etc. Allo stesso tempo si provvedeva continuamente all’acquisto dei “marrugii” necessari per “ammarugiare” questi attrezzi.[xcvi]

Perratore al lavoro (da i.pinimg.com e da nataliakoptseva.tumblr.com).

Alla cortina del baluardo Don Pedro

Oltre ai lavori che interessarono lo scavo di fondazione del baluardo del castello sul finire del 1541, ritroviamo menzionato “lo cotraco” alla fine di febbraio 1546 quando, in occasione dello scavo di fondazione che interessò la costruzione della cortina del baluardo Don Pedro, dovettero intervenire “polito guagliardo et comp.o de malito”, che conclusero un “adcordio” con la Regia Corte per “cavare” “uno pezo de cotraco”.[xcvii]

In una nota redatta sabato 27 marzo 1546 dove si ricorda che, a mezzogiorno di quella data, si era “incomenczato ad appedamentare la 4.a bancata dela cor.na delo spontoni detto don pedro cavata per vitaro zangali et compagni”, apprendiamo che questa parte della nuova cortina fu fondata “sotto lo czocculo palmi 4 et sup.a lo cotraco”. La nota riferisce inoltre, che “non se trovo mogla, ma, ver.e avanza lacq.a lo cotraco palmi 10 per piu assicuram.to dela mogla”. Tale nota fa anche “mentione dela mensura delo cotraco”. Veniamo così a conoscenza che in questo tratto di cortina, il cotraco era “alto de una parti palmi 33 et delalt.a parte palmi 19 ½ che equalato lalto et lo baxio so palmi 26 ¼ intendendose per tutta la ditta 4.a bancata delongo, larga c.e 4.”[xcviii]

La presenza del “cotraco” si evidenzia ancora in occasione della costruzione della quinta, della sesta e della settima “bancata” di questa cortina. Il 21 di aprile 1546 si riferiva che la “v.a bancata longa c.i 8, larga palmi 25 con dui contraforti”, era “alta delo cotraco palmi 13 ¼ scompensato ad pedamenta palmi 4 sotto il czocculo”. Due giorni dopo si faceva menzione che “la vi.a bancata, longa c.i 2 largha palmi 25, lo cotraco scompensato palmi 9 ½ de alteza” mentre, il 4 di maggio, in riferimento alla “vii.a bancata longa c.i 4 largha palmi 25”, si evidenziava che tale bancata era “alta de cotraco palmi 3 scompensato, adpedamentata ut s.a.[xcix]

Crotone, la cortina del baluardo Don Pedro.

I “mastri frabicaturi” di Mesoraca

Nell’ultimo scorcio del 1541, con l’intensificarsi dei lavori e, in particolare, con l’avvio di quelli di costruzione, la presenza dei mesorachesi nei diversi cantieri della fabbrica andò divenendo progressivamente più consistente. Alla metà del mese di dicembre, infatti, la Corte mandò a Mesoraca il corriere “Petro Livorato deli Cutroney” per chiamare al lavoro “li mastri frabicaturi”.[c]

A cominciare dal giorno 17 giunsero a Crotone iniziando a lavorare al baluardo Petro Nigro, mastro Iosep Mulinaro e mastro Nardo Pixoni.[ci] La loro opera proseguì durante tutto il corso del mese[cii] affiancata da quella di And.a de Nicoletta[ciii] mentre, negli stessi giorni, un altro gruppo di mesorachesi specializzato nel taglio della pietra, iniziò il proprio lavoro al cavamento delle fondazioni del baluardo del castello.

Ad Antoni Pixuni, Cola e Franc.o Campanaro[civ] si unirono Ant.no de Ponczo, Ioanpetro de Giglo, Virgilio de Giglo, Leuni Iannichi, Antoni de Luca, Mase de Nicotera, Ioanni Milioti e Ioanni Grano.[cv] Fatta eccezione per qualche raro caso, come quello relativo ad una “troccula”,[cvi] nella quale si dovrebbe riconoscere il filo a piombo, ed a quella delle cazzuole o “sassule”,[cvii] gli strumenti di lavoro usati dai mastri fabbricatori non sono mai menzionati nei manuali di fabbrica, evidentemente perchè questi costituivano il corredo personale di ognuno di loro e non una dotazione la cui fornitura spettasse alla fabbrica. Tra le poche cose che troviamo menzionate, rileviamo l’acquistano a Messina dei grembiuli (“zimbili”) che i mastri indossavano durante il lavoro.[cviii]

Alcune maestranze calabresi in una foto agli inizi del secolo scorso.

Il cantiere di lavoro

Nel corso dei sec. XV-XVI, il cantiere di lavoro edile fu una struttura piramidale fortemente gerarchizzata e rigidamente controllata, dove ogni categoria di lavoratori occupava un posto preciso nell’ambito delle mansioni che gli erano riconosciute e del lavoro assegnato. Al vertice di questa piramide vi erano i “mastri”, depositari del sapere relativo alla loro arte (“mastria”) e appartenenti ad una specifica categoria sociale detta “mastrancza”, in cui si distinguevano “li mastri frabicaturi”.[cix] In ragione di questa posizione di preminenza, i mastri erano sempre i primi che ricevevano la paga in piazza alla domenica, mentre i mastri di Crotone erano sempre retribuiti prima dei loro compagni di diversa provenienza.

Indipendentemente dalla loro appartenenza ad una specifica arte, nell’ambito della “fabrica” tutti i mastri erano sottoposti ad un “Cape mast.o”[cx] che, oltre ad essere responsabile del cantiere e ad esercitare il proprio lavoro, era anche chiamato a provvedere ai disegni ed ai plastici delle opere. Alla metà di giugno del 1541 troviamo “m.o minico Cipala de Cotrone” che, usando “marrelli” “de filaczolo”, lavorava “in ayutare al disegno et fabricare li pali foro posti intorno alla Cita et Castello”, “per piglarese misura delo disigno dela Cita et Castello de Cotro.e fatto per lo S.or baroni dela Caya”. A cavallo tra gli ultimi mesi del 1541 ed i primi dell’anno successivo, si acquistava il necessario (“attachi” ed “attachiuni”) per fare il plastico (“lo modello”) di legno “dela fortificatione dela Cita et Castello de Cotroni”,[cxi] e si pagava il capomastro Iac.o de Amato de Cotroni, per “la factura delo modello fatto per ordine del barone dela Caya”[cxii] che era riposto e conservato in un’apposita “Cammera”.[cxiii] Nel gennaio del 1542, questo modello fu portato da un corriere a Cosenza per essere mostrato al vicerè.[cxiv] Nell’aprile del 1543 si mandava il corriere dal vicerè a Napoli “con lictere et con lo modello seu disigno in carta”[cxv] mentre, all’inizio del 1546, si retribuiva il corriere “pet.o Citino de polic.o per havere andato in napoli” dal vicerè portando “in collo” il “modello” del baluardo Don Pedro riposto in una “caxia” o “cascetta” coperta “de Coiro”.[cxvi]

Accanto alla “mastrancza” agivano i “manipuli” che avevano il compito di “servire” i mastri,[cxvii] aiutandoli nella messa in opera dei materiali. Ciò riguardava, ad esempio, il taglio dei cantoni che seppure, in genere, giungevano dalla cava a misura, in alcuni casi necessitavano di essere tagliati o adattati sul posto.[cxviii] Le antiche miniature evidenziano spesso il lavoro dei manipoli che sovente, sono raffigurati nell’atto di porgere ai mastri i materiali necessari, mentre scalano i ponteggi di legno allestiti intorno alle costruzioni.

Questi “ponti” erano realizzati con travi e con tavole ed erano serviti da “scale” di legno.[cxix] Nell’ottobre del 1485 la Regia Corte acquistava “carrata una de tavoli necessarii per la frabica per farendi li andati de dicta frabica”[cxx] mentre, nel luglio del 1541, acquistava “trava Quatt.o de palmi trenta dui lo uno, servero per fare li ponti et andeti dela palacciata dela portella dela intaccatura”.[cxxi]

A volte i manipoli svolgevano in prima persona particolari lavori. Nel novembre del 1485 troviamo i “manipuli czo è voltaturi de casa”, impegnati “ad voltare li guardii dove se fano li guardi la nocti et Case de dicto Castello”.[cxxii] In altri casi, potevano anche essere impegnati in mansioni generiche, come quelle di trasporto dei materiali. Nel gennaio del 1543 si evidenzia che i “Manipoli” portavano “pet.a arena et Creta per intonicarse seu investire la Calcara, nova dent.o detto fosso”.[cxxiii]

Il grosso dei lavoratori del cantiere era costituito dai “guastaturi”[cxxiv] o “braczali”,[cxxv] più raramente indicati come “operarii”[cxxvi] o anche “moratori”.[cxxvii] Tale categoria raggruppava i lavoratori addetti ai lavori di sterro, come quello di “cachari terra de li fossi”,[cxxviii] di “sterrare savurra et Cauchina de la turre abactuta”,[cxxix] ma anche di “porgere pet.a et menare calce”,[cxxx] e di “menarese la calce et porgere alli mastri”.[cxxxi] Operazione, quest’ultima, che si realizzava mediante l’uso di “scifelle” o “xifelle”, sorta di vassoi di legno usati “per portare la Calce quando se frabica alli mastri”[cxxxii] e dai quali quest’ultimi la prendevano usando la “sassula”.[cxxxiii]

In alcuni casi anch’essi svolgevano dei compiti particolari, come quando li troviamo aiutare il capomastro “ad vactere lo astraco dela casa nova delo dicto Castello”.[cxxxiv] Nella realizzazione di tali pavimentazioni, la tecnica prevedeva successivamente la posa di “stelli”[cxxxv] o “listelli” di legno[cxxxvi] mentre, per la realizzazione del tetto, si utilizzavano “Ceramidi” che, ad esempio, “foro posti in La coperta dela casa Nova facta int.o lo castello”.[cxxxvii]

Analoga appare la struttura del cantiere di lavoro edile alla metà del Cinquecento. Accanto alla figura del “mastro frabicatore” e del “manipolo”, troviamo i “devastatori” detti anche “cuastatori”, raramente appellati anche attraverso l’indicazione generica di “manuale”,[cxxxviii] “famigli”[cxxxix] o “fatigatori”.[cxl] Dal punto di vista salariale, il loro lavoro era equiparato a quello degli “schiavi” e dei “lavoratori di carcara”, mentre una categoria a parte era quella costituita dai “quatrari” che, in ragione della loro minore età, oltre a supportare il lavoro dei devastatori, svolgevano alcune mansioni più semplici, come quella di raccogliere “la savurra appresso le carra dela iornata”[cxli] percependo una paga ridotta di grana 6 al giorno.

Il lavoro di queste diverse categorie di lavoratori era regolato da un insieme di consuetudini che, in alcuni casi, erano anche riportate nei contratti. In primo luogo essi lavoravano sei giorni la settimana, per un periodo di tempo che andava dall’alba al tramonto, misurato dagli ufficiali regi attraverso la “clessidra”.[cxlii] Nell’arco della giornata di lavoro, i lavoratori usufruivano di una pausa durante il pasto e ricevevano il “biveragio” dell’acqua[cxliii] sul luogo di lavoro a spese della Corte.[cxliv] Acqua che era trasportata dai “saccari” che lavoravano “in portare acq.a bona per bivere li fatigatori”.[cxlv]

Il lavoro era sospeso nei giorni di festa, mentre la domenica mattina era dedicata al pagamento delle spettanze in “banca”.[cxlvi] In caso di necessità, il lavoro poteva protrarsi oltre l’orario ed ai giorni di riposo. In queste occasioni era concordato un salario a parte. Particolari regolamentazioni avevano poi i lavori dati in appalto (a “staglio”) a privati (“partitari”), in occasione dei quali, la Regia Corte era tenuta a rifornire a proprie spese la “mastranza” dei materiali da costruzione, secondo regole prestabilite e fissate per contratto. Ciò riguardava, per esempio, i cosiddetti “admannim.ti dela Calce”. Tali “admannimenti” dovevano essere “accostati” ad una distanza prefissata dai “ponti” che in genere risultava “de li passi 15”. Da questi “termini” il materiale era poi movimentato a spese del partitario.[cxlvii]

Mastri, manipoli e i loro strumenti di lavoro.

Un nuovo anno

Nei primi giorni di gennaio del 1542 proseguì il lavoro di m.o Iosep Mulinaro e di m.o Nardo Pixuni al baluardo Petro Nigro,[cxlviii] dove lavorarono anche And.a de Nicoletta, Ioanni Vinchi e Ioanni Grano,[cxlix] mentre alcuni devastatori mesorachesi furono impegnati allo scavo del baluardo del castello. Qui, ben presto, cominciarono ad affiorare gli stessi problemi che, durante i mesi precedenti, avevano caratterizzato i rapporti tra l’ufficiale della Regia Corte Bartolomeo Spagnolo “suprastante al cavamento”, e i devastatori impegnati in questo cantiere.

Ant.no Catalano “de mesoraca” dopo aver lavorato “iorno uno” al cavamento del castello, dove erano impegnati anche i suoi compagni mesorachesi Ioanni Grano, Ioanni Milioti e Cesaro de Farco,[cl] fu licenziato senza essere pagato,[cli] mentre, anche lo stesso mastro Iosep Mulinaro e il “suo compag.o” mastro Nardo Pixuni, che avevano fabbricato per mezza giornata alla “Carcara nova”, non furono pagati[clii] anche se, successivamente, risulta che furono compensati per questo lavoro.[cliii]

Nell’ultima parte del mese di gennaio e nel corso di quello di febbraio, le maestranze, i manipoli e i devastatori mesorachesi, continuarono ad essere impegnati nello scavo del baluardo del castello e nei lavori di scavo e di fabbrica al baluardo Petro Nigro.

Allo “spontuni detto de petro nig.o” lavorarono mastro Iosep Molinaro senza il suo compagno,[cliv] Laurentio Duranti, Cola Maczuca[clv] e Rinaldo Morano[clvi] mentre, al cavamento del castello, contribuirono alle operazioni di scavo: Ioanthomasi Greco, Cesaro de Farco, Ioanni Grano, Ant.no Policzi, Desiderio Ferraro, Ioanni Milioti, And.a de Nicoletta, Grandonio Grano, Mase de Nicotera, Antoni Pixuni e Ioanni Vinchi.[clvii]

Sotto la vigilanza dei soprastanti, i mastri e gli operai lavorano nel cantiere (da historiemedievali.blogspot.com).

La primavera del 1542

Con il sopraggiungere della primavera, i lavori della fabbrica andranno prendendo un ritmo più sostenuto che è possibile evidenziare anche attraverso il sensibile aumento del numero dei lavoratori mesorachesi impegnati. Ai primi di marzo, “al spontuni ditto de petro nigro”, ricomparve al lavoro mastro Nardo Pixuni,[clviii] impegnato al fianco del suo compagno mastro Iosep Mulinaro.[clix] Assieme a loro troviamo pure Ioanni Vinchi,[clx] Antoni Salernello, Minico e Cola de Arena.[clxi]

Qui, durante tutto il corso dei mesi di marzo e di aprile, oltre ai due mastri ed a Ioanni Vinchi,[clxii] si segnala il gruppo di lavoranti mesorachesi più numeroso presente nella fabbrica, composto da Matteo Vuda, Laurentio Duranti, Ant.no Milea, And.a de Nicoletta, Petro Ferraro, il “quatraro” Cruchetto Ferraro, Cola de Tillari, Ioanni Milioti, Minico Cropanisi, Minico Catanczaro, Ioanni Greco, Romano de Pittari “habitanti in mesuraca”, Franc.o Fancella, Rinaldo Morano, Cesaro Yannichi, Vittorio de Ioannella, Ioanne Riczuto, Thiberio Bracali, Antonino Pandolfo, Consalvo de Guglermello e Pantalo Cropanisi.[clxiii]

Nello stesso periodo risulta che i mesorachesi furono presenti in forza anche al cavamento del castello, dove ritroviamo anche qualche devastatore impegnato nel cantiere del baluardo Petro Nigro. Qui, nel corso dei mesi di marzo ed aprile lavorarono: Cola e Fran.co Campanaro, Cola Ioanne Milea, Fran.co Pinello, Ioanne Ant.o de Giglo, Luca Russo, Vic.o de Giglo, Matteo de Vuda, And.a de Nicoletta, Ioanni Milioti, Ant.no lo Ragaczo,[clxiv] Antonello Milioti o Meliti, Ioanni Grano, Paulo Truxa e Cicco Guczo.[clxv]

Nell’ultima settimana di aprile alcuni mesorachesi furono impegnati anche al “cavamento delo sponton detto don pedro de toledo”, dove troviamo Iacopo Russo e Cola Ioanne Milea[clxvi] mentre, tra le “Carrette che hanno fatigato ad Cavare la terra del Cavam.to de ditto spontuni”, sono elencate quelle dei “carreri” Martino de Liotta et Ces.o Merinaldo che, con i propri buoi, lavorarono “per iorni quatt.o con tre parichia ad Carlini dui lo iorno”.[clxvii]

Seguendo le istruzioni ricevute da un “architetto”, gli “operarii” scavano le fondazioni di un edificio (da diariodellarte.wordpress.com).

Tine, cati e barili

Accanto alla numerosa manodopera, impegnata nei lavori di scavo e di fondazione, il territorio mesorachese fornì alla fabbrica anche l’opera di alcuni suoi artigiani. È il caso di coloro che provvedettero alla costruzione di diversi tipi di recipienti di legno, necessari al lavoro dei devastatori e dei manipoli impegnati a “sguttare” l’acqua durante le operazioni di scavo e fondazione, e per conservare quella che serviva alle fosse della calce.

Ai primi di aprile 1542 mastro Loise de Puchio “de yimiglano habita in mesuraca”, fornì 16 “barili” per il prezzo di ducati 2.3.0, 36 “cati” “et una galletta” al prezzo di 5 grana l’uno.[clxviii] Agli inizi del mese successivo, lo stesso mastro Loise era pagato per aver fornito “para decedocto de barili et tredici Cati” al prezzo di ducati 4 e grana 5, oltre a “dui meczaroli” per tari 1 e grana 10 e “tre Cati con li manichi” per i quali la corte gli versò grana 13 ½.[clxix] Tra la fine del 1545 e l’inizio del 1546, ritroviamo ancora Loysio de Pucchio, che vendette 5 “cati” alla Regia Corte per ducati 0.1.5[clxx] mentre, nella primavera successiva, fornì 18 “cati” “ad r.ne de grana 5 lo cato” (d. 0.4.10).[clxxi]

Alla fine del 1549 mastro Loisio de Puccio, complessivamente, vendette alla Regia Corte 14 “cati” ricevendo ducati 0.1.5 il 24 novembre, e d. 0.2.5 il 22 dicembre.[clxxii] Nel corso dell’anno successivo, l’attività del mastro mesorachese fu affiancata da quella del suo conterraneo Cicco Lico. Alla fine di marzo 1550 quest’ultimo, continuando a coltivare un’arte di famiglia già evidenziata alla fine del Quattrocento,[clxxiii] fornì “dudici Cati” (d. 0.3.0)[clxxiv] mentre, nei mesi di novembre e dicembre 1550, mastro Luisio de Puccio fornì “cinque cati” (d. 0.1.5),[clxxv] ed altri dodici li fornì Cicco Lico (d. 0.3.0).[clxxvi]

Oltre ad essere usati per togliere l’acqua dalle fondazioni, i recipienti di legno erano largamente utilizzati durante la preparazione della calce. L’acqua per la preparazione della calce era conservata in “tini” usati “per poniresente lacqua de la marrama”[clxxvii] e “de tenirese lacqua in nanti le calcari”.[clxxviii] Alla fine del Quattrocento, per la manutenzione e l’esercizio della “tina dela marrame”[clxxix] e dei “quact.o tini dove se repone lacqua”,[clxxx] la Corte si approvvigionò di “circhii et barbaschi”[clxxxi] e di “cati per la marrame”.[clxxxii]

I manuali cinquecenteschi, riferiscono l’acquisto continuo da parte della Corte di “circhi” e di “collure” di “barbaschi” (Verbascum thapsus o Verbasso), per riparare la tina che conteneva l’acqua per la calce.[clxxxiii] Quando le fosse della calce si trovavano distanti dai pozzi o non erano raggiungibili altrimenti, si provvedeva al trasporto dell’acqua necessaria mediante “li barrilacze”.[clxxxiv]

Un lavoratore usa la “marra” per preparare la calce nel cantiere di costruzione delle mura di una città.

La calce

Una volta “cuotto” e “discaricato” la calcara, “lo cinniraczo” si trasportava alle fosse “per minarse et ponerse”.[clxxxv] Per tale operazione, oltre all’uso di casse o carrette e bayardi, è documentato l’uso di “czappi et czappuni per la marrame”[clxxxvi] e di “sporti per la marrame”.[clxxxvii]

Alla fine del Quattrocento, la preparazione della calce era realizzata da una particolare figura di lavoratore, definito “maniyature et Composeture dela Calci”, che era addetto a “maniare la dicta Calce de la p.ma mano”, usando “larena dela prima mano”[clxxxviii] necessaria per “minarese seu Componerese la Calce dela p.ima mano”.[clxxxix] Con questo termine, i manuali sembrano riferirsi ad una calce più grossolana, diversa da quella usata per intonacare (seconda mano). Differenza legata probabilmente alla quantità e forse, anche alla qualità della sabbia (“larena”) utilizzata nell’impasto.

Anche i manuali cinquecenteschi evidenziano la figura de “li minatori de calce”[cxc] a volte definiti genericamente solo “Devastatori”[cxci] che, in apposite “fosse”, utilizzando l’acqua “delo rifriscare dela calce”, provvedevano a spegnere la calce “viva”[cxcii] e, servendosi delle “czappe dela Calce”,[cxciii] munite di “una hasta longa de frasso” e usando l’arena della “marina”,[cxciv] provvedevano a “minare la Calce”, preparando così la “calce de p.a et 2.a mano”.[cxcv]

Tale strumento caratteristico del lavoro dei “minatori de calce” detto anche “marra”, sarà considerato così rappresentativo di questi lavoratori che, sino alla fine del Quattrocento, il loro ambito di lavoro risulta comunemente indicato nei documenti quale “marrame”.

La preparazione della calce nel cantiere di costruzione delle mura di una città. (da laboratoriocasadellavita.it).

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Perratori, manipoli e devastatori

A cominciare dal primo maggio 1542 il gruppo dei “perratori ad partito” costituito da Antonio Pixoneri o Picziuni “et comp.i de mosoraca”, iniziarono a tagliare pietra “in loco detto Santto biasi tenim.to de Cotroni ad r.e de car.ni sey la c.a in detto loco”, rimanendo a spese della Regia Corte il trasporto alla fabbrica.[cxcvi]

Intanto, per tutto il mese di maggio, continuarono i lavori di scavo e di edificazione al baluardo e alla cortina Petro Nigro, e di scavo a quello Don Pedro. Allo “spontuni et Curtina detto de petro nigro”, troviamo mast.o Iosep Molinaro con Ioanni Vinchi,[cxcvii] insieme con Romano de Pittari che “sta in mosoraca”, Minico Cathan.ro, Thiberio Bracali, Ces.o Yannichi, Pantalo e Minico Cropanisi, Agatio de Cara, Rinaldo Morano, Cola de Tillari, Io: Battista de Roberto, Cola Yermanella, Ger.mo Grano, Io: Laurentio Tuschano, Pet.o Ferraro, Cola Franc.o de Tristiano, Crucetto Ferraro e Luca Russo.[cxcviii]

Al “cavamento delo spontone detto don pedro di toledo vicerre del regno di nap(oli)”, furono invece impegnati: Cola Camp.ro, Franc.o Camp.ro, Io: Petro de Giglo, Leoni Santisi, Paulo Truxa, Io: Marco de Giglo, Bar.lo Licu, Antoni Cavallo, Cola Ioanne Milea e Ces.o Truxa ai quali si aggiunsero, successivamente, Ioanni Milioti, Ioanni Grano e Antonino lo Ragaczo, precedentemente impegnati allo scavo del castello,[cxcix] Cola Franc.o Tristiano, Renaldo Morano e Vano Cropanisi.[cc]

In certi casi, alcuni devastatori mesorachesi prestarono la loro opera anche come portatori dell’acqua (“saccari”) usata per impastare la calce e per altri lavori. È il caso di Cola de Tillari che, dal 29 di maggio al 3 di giugno, risulta aver “carriyato acq.a per la calce ad uno tornisi la salma” e “Acqua per li mattuni et alla crita per la calcara”.[cci]

Mastri e manipoli al lavoro sopra i “ponti” di un edificio in costruzione (da pinterest).

Mastro Iosep Molinaro

L’abilità delle maestranze mesorachesi e la loro particolare rilevanza nel panorama della “mastrancza” impegnata nella fabbrica, risaltano attraverso la figura di mastro Iosep Molinaro che, già presente all’inizio dei lavori di costruzione, ritroveremo ancora in numerosi e diversi ambiti per molti anni, a testimonianza di una multiforme competenza che doveva essergli ampiamente riconosciuta.

Per quanto riguarda il primo scorcio del 1542, analogamente a quanto fecero anche altri suoi pari, il Molinaro si mise in società con alcuni “compagni” e si occupò di approvvigionare la Regia Corte con i cantoni necessari alla costruzione. Materiale che fu cavato nella “perrera” di Alfieri in territorio di Crotone, cava individuata dall’ingegniere militare e dai mastri per fornire “cantuni” ed anche “quatrelli”.[ccii] Qui, “verso mare è quel fruttifero, et tanto utile territorio, detto Alfiere, che fu della mia famiglia detta de Nola Molise, la quale non solo è quasi migliore di tutti l’altri territorii nel pascolo d’ogni sorte di animali, et per la coltura, et seminare; ma vi è la perrera della pietra forte, che chiamano cantoni, quale serve per porte, per fenestre, et spontoni di muraglie in luoco del piperno, che si usa in Napoli”.[cciii] In relazione a ciò, già alla metà del mese di febbraio 1542, il mastro mesorachese, assieme ad altre maestanze roglianesi e di Spezzano, fu retribuito per aver fornito “palmi 1503 de Cantuni” tagliati “in lo tenim.to de arferi” alla ragione di “grana uno et meczo lo palmo”.[cciv]

Ai primi di giugno “mast.o Iosep molinaro de mosoraca, m.o minico puglano et comp.i” furono retribuiti per la fornitura di “Cantuni” tagliati “in lo tenim.to de arferi ad r.ne de tre tornise lo palmo de taglatura in ditto loco”.[ccv] Successivamente, il mastro mesorachese si mise in società con il mastro crotonese Alessandro de Verzino, costituendo un sodalizio che si rileva ancora sino alla fine del 1546. In ragione di un contratto stipulato da “mastro alex.o de verzini et m.ro iosep molinaro” con la Corte, relativo alla fornitura “deli mille palmi devono dare li supraditti”,[ccvi] agli inizi di gennaio 1543 i due ricevettero “ad bon Conto”, la somma di ducati 6.3.0 “per havere taglato in lo tenimento de arferi cantoni ad r.e de grana 1 ½ lo palmo in ditto loco”.[ccvii]

L’attività dei due soci proseguirà nello sfruttamento della cava di Alfieri anche successivamente. Ai primi di dicembre 1545, mastro Alex.o de Verzini e il suo “comp.o” mastro Iosep Molinaro, furono retribuiti “per lo preccio de palmi 130 de cantoni haveno taglato in lo tenim.to de arfere” (d. 1.4.15)[ccviii] mentre, alla metà di gennaio, ricevettero ducati 5.4.6 ½ “per lo preczo de palmi 390 ½ de Cantoni taglati in lo tenimento de arfere”.[ccix] Ai primi del mese di marzo 1546, mastro Iosep Molinaro, insieme a mastro Alex.o de Verzini, furono pagati “per lo preczo de palmi 262 de cantoni” (d. 3.4.13)[ccx] mentre, il 21 dello stesso mese, i due mastri furono retribuiti “per lo preccio de palmi 402 ½ de cantoni taglati in lo tenimento de arferi” (d. 6.0.3 ½).[ccxi]

Alla fine di settembre 1546 si retribuirono “mastro alex.o de verzini de Cotroni et ad mastro Iosep molinaro de mosoraca per lo preccio de palmi 542 de ditti cantoni consistentino in p.e n.o 40 per lo corduni dela mentionata cortina” (d. 8.0.13)[ccxii] mentre, ai primi di ottobre, si pagarono “mastro alex.o de verzini de cotroni, ad mastro Iosep molinaro de mosoraca et ad mastro franc.o delo ypsig.o per lo preccio de palmi 311 de cantoni taglati in lo tenim.to de arferi”.[ccxiii] Ancora ai primi di novembre, “mastro alex.o de verzini de cotroni et mastro Iosep molinaro de mosoraca” risultano pagati “per lo preccio de palmi 264 de cantoni” (d. 3.4.16).[ccxiv]

Il riconoscimento della particolare abilità di mastro Iosep Molinaro e il suo senso per gli affari, risaltano anche in occasione della realizzazione dell’arme del vicerè D. Petro de Toledo che fu scolpita dal mastro mesorachese, assieme ad una iscrizione commemorativa, sulla pietra proveniente dalla sua terra e successivamente, inserita nel baluardo Marchese.

Alla fine di agosto, Iosep Molinaro fu pagato con ducati 1 e grana 10 “per uno peczo de cantoni per fare le arme de sua ex.tia per accordio”.[ccxv] Ai primi di aprile del 1543, tale lavoro non era stato ancora completato e si pagavano ducati 1.1.0 a “Ioanne tropiano et comp.o de mosoraca per havereno portato tre p.e de Cantoni per completar le armi de Sua ex.tia”,[ccxvi] mentre “per accordio di sua mastria”, si retribuiva mastro Iosep Molinaro con la somma di ducati 1.3. ½ “per lo preccio de tre pecze de Cantoni servero per le arme de Sua ex.tia”.[ccxvii]

I mastri (gli “artifices”) riforniti dei materiali da parte degli “operarii”, innalzano l’edificio progettato dall’architetto (da diariodellarte.wordpress.com).

Un difficile lavoro di fondazione

Nei primi giorni di giugno del 1542, alcuni “Mastri manipoli et devastatori” di Mesoraca, furono impegnati “alla cortina delo spontoni detto de pet.o nig.o”, dove si trovavano al lavoro Ger.mo Granu, Romano Pictari, Ant.no lo Ragazu, Luca Russo e Ioanni Milioti[ccxviii] e dove continuava ad essere presente mastro Iosep Molinaro[ccxix] che, in tale frangente, prestò la sua opera anche “allo spontoni detto villa franca”,[ccxx] dove prendeva l’avvio il cantiere del nuovo baluardo che si fondava direttamente nel mare. La particolare difficoltà di questi lavori vedrà a lungo l’opera del mastro, assieme a quella di altri mastri, manipoli e devastatori mesorachesi che, evidentemente, assicuravano alla Corte concrete possibilità di riuscita nel difficile compito.

Tali difficoltà erano principalmente legate alla consistenza del bassofondo marino la cui instabilità pregiudicava la staticità della nuova costruzione. In queste occasioni, considerata la mole e la pesantezza della costruzione, la tecnica prevedeva di realizzare una palificazione (“paliczata”) sul fondo dello scavo, infiggendo una sequenza di pali di legno che avrebbero aumentato la consistenza del terreno. Quindi si sarebbe provveduto ad armare con travi il piano dello scavo, in maniera che il peso della costruzione fosse quanto più uniformememente possibile distribuito sulla fondazione.

Nell’aprile 1542 troviamo i lavoratori piantare i pali nel mare per fare “la paliczata in terczana intitolata Villafranca”[ccxxi] e nel mese di luglio li troviamo togliere i pali della vecchia palizzata,[ccxxii] mentre, per allestire il “ma(st)ri palo” necessario per battere i pali, la Regia Corte si approvvigionava del ferro e dell’acciaio necessario.[ccxxiii]

Crotone, i baluardi Petro Nigro e Villafranca in una vecchia cartolina.

Scarsità di manodopera e precettazione

Accanto alle difficolta tecniche, relative alla realizzazione delle fondazioni delle opere che munivano il circuito murario verso il mare, un altro grave problema minacciava il lavoro della fabbrica. In tale frangente, infatti, questa si trovò gravemente a corto di manodopera. L’importanza e la delicatezza dei lavori relativi alla fondazione dei baluardi Petro Nigro e Villafranca, che furono realizzati con il favore della bella stagione, ma anche sotto la costante minaccia delle incursioni turche, unitamente alla scarsità di manodopera, determinò, a questo punto, la decisione da parte degli ufficiali regi di concentrare tutta quella disponibile in questo settore delle fortificazioni, impegnando alla bisogna anche i mastri come manipoli, e imponendo alle 12 cappelle della città di contribuire fornendo gli uomini necessari.

Ritroviamo così negli elenchi delle “Cappelle che venino ad Commandamento et se pagano ad la ret.o scritta ragione per carestia de homini”, alcuni mesorachesi che si erano trasferiti dalla loro terra e abitavano a Crotone. È il caso del “quatraro” Mario Rotella “de mosoraca”, che in questo periodo compare nell’elenco relativo alla “cappella de s.to pet.o et s.ta naryina”,[ccxxiv] impegnato “ad coglere savurra”,[ccxxv] ed al lavoro al baluardo Villafranca insieme ad Antonino Cavallo e Ger.mo Grano.[ccxxvi] Quest’ultimo risultava impegnato anche “per la nocte” a “Carricare et Cochere dela Carcara de santo iuliano”.[ccxxvii] Ant.no Cavallo “de mosoraca” risultava invece nell’elenco degli uomini appartenenti alle cappelle di “s.to stefano, s.ta vennera et s.ta dominica”.[ccxxviii]

Nell’ultima decade del mese, “allo sponton detto de villa franca”, oltre al mastro Iosep Molinaro, troviamo impegnati Mario Rotella, Cola de Tillari, Marco Campanaro, Antonio Possaessere e Cicco Minico.[ccxxix] In tale frangente Marco Camp.ro compare nell’elenco comprendente le cappelle di “s.ta naryina et s.to pet.o”,[ccxxx] mentre Antonio Possaessere e Cicco Minico, in quello comprendente le cappelle di “s.to nicola de cropi et s.to giorgi”.[ccxxxi] Sempre allo spontone Villafranca furono impegnati Meriano e Pomponio Maczuca.[ccxxxii]

Maestranze al lavoro nell’antico cantiere edile (da pinterst.it).

Al baluardo Villafranca

Agli inizi del mese di luglio i lavori continuarono “allo spontoni ditto villa franca”, “allo pedamento dela cortina deritto la pignalosa et allo spontoni detto de petro nig.o”, “alla cortina de terczana deritto la pignalosa” ed “alla Curtina de terczana affachiante la pignalosa”.

In questi lavori, oltre al mast.o Iosep Molinaro[ccxxxiii] e al mastro Nardo Pixoni o Pixoneri,[ccxxxiv] troviamo Mario Rotella,[ccxxxv] impegnato anche “alla savurra”,[ccxxxvi] Cola de Tillari,[ccxxxvii] impegnato anche come “saccaro”,[ccxxxviii] Filippo Policzi,[ccxxxix] Cicco Minico,[ccxl] Vic.o Cicza,[ccxli] Antonino de Amato,[ccxlii] Ant.no Cavallo,[ccxliii] Ferranti de Burrello,[ccxliv] Ioanni Maczuca,[ccxlv] Meriano Maczuca,[ccxlvi] che si ritrova negli elenchi della cappella di “s.to angelo”, Pomponio o Pompeo Maczuca e Antonio Poczaessere,[ccxlvii] che si ritrovano anche negli elenchi della cappella di “s.to ioanne”, Thiberio Bracali, Laurentio Doranti, Andrea de Nicoletta e Ioanni Milioti.[ccxlviii]

In tale frangente, nelle vicinanze del luogo dove si lavorava alla realizzazione del nuovo baluardo, troviamo anche i “perraturi” mesorachesi che, in ragione della scarsa disponibilità di materiale da costruzione, furono impegnati a diroccare le vecchie mura della città, per fornire ai mastri la pietra necessaria. Qui troviamo i perratori Antonio Pixoneri “alias de aprigliano” o “de abriglano” e Masi de Nicotera, impegnati a “sfravicare et rumpere lo muro vechio dela cortina detta de petro nigro per forcza de spinnoli et macze de ferro”, e “ad cavare la pet.a delo muro vechio delo vicino de pet.o nig.o”.[ccxlix]

Nel proseguo del mese i due perratori si sposteranno a tagliare pietra “in castellachi ad iornati per accordio ad car.ni dui et ad grana 15 lu iorno”, continuando questo lavoro per tutto il mese di luglio,[ccl] di agosto,[ccli] di settembre,[cclii] e per buona parte di quello di ottobre, quando risulta la loro attività a “castellachi”[ccliii] e “nau”.[ccliv]

Resti del baluardo Villafranca lungo il viale Regina Margherita di Crotone.

Il fermo dei lavori

La perdurante mancanza di pietra e anche di calce, determinerà il fermo dei lavori di costruzione durante la prima metà di agosto mentre, successivamente, questi riprenderanno, anche se blandamente, nella seconda metà del mese. In tale periodo, il gruppo più numeroso dei lavoratori mesorachesi risulta sempre concentrato “alla retroscritta cortina de terczana”, dove fu impegnato mast.o Nardo Pixoneri[cclv] e dove parteciparono ai lavori di scavo: Thiberio Bracali, Andrea de Nicoletta, il “quatraro” Mario Rotella, Laurentio Doranti, Cola de Tillari, Ces.o Truxa,[cclvi] Luca Grano, Io: Antonio Camp.ro,[cclvii] Grandimo o Grandonio Grano, Minico Carcello, Ioanne Milioti, Ferr.ti Borrello, Antonino lo Ragaczo[cclviii] e Antonino de Ponczo.[cclix]

In tale frangente, alcuni di essi come Luca Grano e Andrea de Nicoletta, insieme a Grandonio Grano, lavorarono anche “In castello ad frabbicare dove cala lo contrapiso delo ponti et altri servitii”,[cclx] e “allo Carricare et cuochire dela Calcara grande”,[cclxi] mentre Antonino lo Ragaczo fu impegnato “allo Carricare et cuochire dela Calcara dela oservantia et acconzo de quella”.[cclxii] In relazione alla penuria dei materiali da costruzione, mast.o Iosep Molinaro insieme a Iac.o Conti, fu impegnato “in sderropare le mura vechie, santta sufia, la turri delo vento, empire li Casetti dela Cortina de t(er)ra et frabbicare in ditta cortina” “de terczana”.[cclxiii]

I garzoni

Tra le varie categorie di lavoratori impegnati nella “fabrica”, una particolare posizione ebbe quella dei “garczoni”, come evidenzia il fatto che essi erano gli unici lavoratori impegnati in quest’ambito che non ricevevano un salario giornaliero essendo “locati ad anno di Molera”. Essi infatti, ricevevano periodicamente un pagamento “in conto” delle loro spettanze, in relazione ad una retribuzione (“soldo”) di ducati 12 all’anno, che decorreva a partire dal giorno della fiera di Molerà (otto settembre), ambito tradizionale per la compra-vendita del bestiame di tutto il Crotonese. Ciò evidenzia il loro ruolo e occupazione particolare che riguardava la gestione dei buoi da lavoro della Corte.

Un compito che, a differenza di quello svolto da tutte le altre figure che si rintracciano nella “fabrica”, necessitava di una presenza continua vicino agli animali. Presenza che non poteva essere retribuita attraverso una misura oraria o quantitativa del lavoro. Tra i “Garzoni locati ad anno”, tutti di Crotone, di cui si rinvengono i periodici pagamenti nei manuali cinquecenteschi, fanno eccezione solo tre di essi, il cui nome risulta accompagnato dalla dicitura “de mosoraca sta in cotroni”: Ioanni Maczuca,[cclxiv] Ioanne Surraca[cclxv] e Antonino Mighali.[cclxvi]

Il cantiere edile nel Medioevo (da historiemedievali.blogspot.com).

Lavori di scavo e demolizione

Ai primi di settembre il lavoro dei devastatori di Mesoraca proseguì “alla cortina mentionata de terczana”, dove furono impegnati “al cavamento et pedamento delo spontoni ditto de terczana ditto villa franca”, “al cavamento et pedamento dela parte dent.o la retroscritta cortina”, e “ad sderropare la cortina dela parte dent.o in fare lo cortiglo troneri delo spontoni et porta de quello”.

Qui, oltre a mastro Iosep Molinaro che, per il fermo dei lavori di costruzione, fu impegnato solo nell’ultima settimana del mese “per uno iorno”,[cclxvii] troviamo Mario Rotella[cclxviii] insieme a Ferr.ti Borrello, Luca Grano, Andrea de Nicoletta, Ioanni Milioti, Ant.no lo Ragaczo, Antonino de Ponzo,[cclxix] Minico Ferraro, Minico Catan.ro, Cola de Tillari,[cclxx] Romano Pittari, Franc.o Ferraro,[cclxxi] Ioanni Mautisi o Maltisi, Franc.o Fancella, Desiderio Ferraro,[cclxxii] Ioanne Greco, Cola de Luca, Indino Riczuto, Franc.o Campanaro, Minico de Piccolo, Meriano Curto e Ioanne Grano.[cclxxiii]

A cominciare dalla terza settimana del mese, Ferr.ti de Borrello fu impegnato anche “In castello alli soliti servitii”,[cclxxiv] dove lavorarono anche Ioanne Milioti, Andrea de Nicoletta, Cesaro Trusca, Cola de Luca, Indino Riczuto,[cclxxv] Ioanni Mautisi, Franc.o Fancella,[cclxxvi] Andria delo Riczo, Ger.mo Marando, Ber.no de Napoli, Antoni de Guidocchio e Napoli de Franc.o.[cclxxvii] Nella prima settimana di ottobre, “In castello in lo fare delo ponti et altri servitii necessari”, prestarono la loro opera Ioanne Grano, Antonino lo Ragaczo, Ferr.ti Borrello e Cola de Tillari.[cclxxviii]

Tutti in banca

Con l’inizio della nuova “indictione”, a cominciare dalla prima domenica di settembre, il “quatraro” mesorachese Mario Rotella, oltre a svolgere le proprie mansioni tra i devastatori, cominciò a essere retribuito anche per un nuovo compito che, per un certo periodo, lo vedrà “buttare banno in piacza dominica matino, et chiamare tutti li sup.ti et retroscritti in banca alla paga, como e il solito”. Un compito per il quale sarà retribuito con una somma variabile stabilita settimana per settimana “per accordio” con la Regia Corte, e oscillante tra 3 e 10 grana.[cclxxix]

Il piccolo Mario Rotella continuò a svolgere questo compito durante i mesi di ottobre,[cclxxx] novembre[cclxxxi] e dicembre,[cclxxxii] mentre, successivamente, lo troviamo impegnato, accanto ai suoi compagni mesorachesi o ad altri “quatrari”, solo come devastatore. Questo suo lavoro proseguì fino alla fine del 1549, quando, il 28 di novembre di quell’anno, durante i difficili e pericolosi lavori di fondazione della cortina del Critazzo al castello, rimase vittima del cedimento di “uno pezo de timpa del detto Cavam.to la q.ale a mazo franc.o poglese et mario rotella de Cotroni et ne ferio dui altri videlicet attorio livere et iulio lupo”.[cclxxxiii]

Ponteggio sulla parete della chiesa del monastero di Santa Maria della Spina a Petilia Policastro (dalla pagina fb I Ricordi dei “Petilini Emigranti”).

Il vecchio molo

Agli inizi del mese di ottobre del 1542, continuavano i lavori “allo sponton ditto de villa franca”, dove i mastri ed i lavoratori erano impegnati nel delicato lavoro di fondazione del baluardo. Qui si trovava impegnato mastro Iosep Molinaro[cclxxxiv] mentre, durante il corso del mese, sotto la vigilanza del “suprastante” Felici Cito, lavoravano “al cavam.to dello sponton ditto de villa franca”: il “quatraro” Mario Rotella,[cclxxxv] Franc.o Ferraro, Francesco Camp.o, Minico de Piccolo, Meriano Curto, Ioanni Grano, Paulo Dandalo, Cola de Luca, Antonino lo Ragaczo, Romano Pittari,[cclxxxvi] Ferr.ti Borrello, Desiderio Ferraro, Cola de Tillari,[cclxxxvii] Franc.o Borrello, Ces.o Trussa, Cola Ioanne Milea, Antoni Gargano, Tusu Trussa e Matteo Puglisi.[cclxxxviii]

Al lavoro di scavo dei devastatori, funestato da frane e cedimenti del terreno che coinvolsero alcuni lavoratori, necessitando di opportuni appuntellamenti dalla parte “delo fosso vecchio dove se cava ad far li traneri deritto la pignalosa”, si affiancò quello dei perratori di Mesoraca che, a partire dal lunedì 23, si spostarono da “castellachi” dove erano impegnati a tagliare “pet.a ad iornata”, intervenendo nella fondazione dove, per proseguire nei lavori, fu necessario togliere la pietra dell’antico molo del porto che era affiorato durante lo scavo. Ad Antoni Pixoni e Aniballi Carrano, si aggiunsero subito Masi de Nicotera, Io: Ant.o Marchisano e Marco Antonio de Apriglano che lavorarono “ad taglare pet.a al ditto cavam.to”, fino alla fine del mese.[cclxxxix]

Ai primi di novembre i lavori furono concentrati “allo sponton ditto villa franca, et al cavam.to dela cortina de detto spontoni deritto la pignalosa”, nonchè alla fondazione dello stesso baluardo, dove si era “principiato ad pedamentare alla spica delo sponton ditto de villa franca”. Qui troviamo mastro Iosep Molinaro[ccxc] al quale, negli ultimi giorni del mese si affiancherà un altro mastro mesorachese: mastro Antonino Grastello.[ccxci]

Tra i numerosi “manipoli et devastatori” o “cuastatori”[ccxcii] impegnati, spicca il folto gruppo di quelli di Mesoraca: Mario Rotella,[ccxciii] Desiderio Ferraro, Andrea Coyello, Io: Dominico Coyello, Romano Pittari, Ioanni Ant.io Marchisano, Antonino Coyello, Petro Canzoneri, Petro Cropanisi, Io: Battista de Roberto, Franc.o Tabernisi, Io: Dominico de Mauro, Marco Ant.io de Apriglano, Ces.o Yannichi, Filippo de Apriglano, Vinc.o de Giglo, Gori de Lamanno,[ccxciv] Ger.mo Automare “sta in mosoraca”,[ccxcv] Cola de Luca, Bar.lo Caputo, Andrea de Nicoletta, Indino Riczuto, Vittorio Riczuto, Luca de Priamo, Franc.o Fancella, Io: Battista Coyello, Antonio deli Cui, Ger.mo Foresta, Ferr.ti Vennere, Nicodemo de Giglo, Cola Ioanne Milea, Marco Arango, Antonino Milea, Todaro Soniti, Minico de Piccolo, Ioanne Riczuto, Paulo Caputo, Cicco Riczuto e Battista de Salerno.[ccxcvi]

Alcuni di loro furono impegnati anche al vicino “cavam.to delo sponton ditto pet.o nig.o”, e “al cavamento dela cortina mentionata delo spontoni ditto petro nigro”, dove si lavorava “in cavare et frabbicare li casetti seu contraforti de ditto spontoni per ponere la terra del cavamento”. Qui lavorarono Matteo Puglisi, Io: Dominico de Mauro,[ccxcvii] Mario Rotella, Cola Borrello,[ccxcviii] Cola de Tillari, Ferr.ti Burrello,[ccxcix], Minico Catan.ro, Thiberio Bracali, Cola Iurlandino, Romano Pittari, Ces.o Yannichi e Thomasi Coyello.[ccc]

Sempre all’interno dello scavo del baluardo Villafranca, altri “manipoli et devastatori” affiancarono i “Tagliamonti seu perratori” che, intanto, lavoravano “in tagliar le petre sono retrovati in lo cavam.to et muri antiqui”, a tagliare “le pietre et lo molo antiquo sie retrovato in ditto cavamento”, a “taglare la pet.a in ditto spontoni et sderropare le anticagle et rumpere le mole antique”, e a tagliare “lo molo antiquo et mura vecchi sono retrovati in la spica delo sponton verso mare”. A questo delicato compito si dedicarono Antoni Pixoni “perratore”, Io: Antonio Marchisano, Io: Dominico de Mauro, Matteo Puglisi, Cola de Tillari, Io: Battista de Roberto, Cola de Luca, Antonino lo Ragaczo, Minico de Piccolo,[ccci] Franc.o Ferraro, Cicco Biscardo, Ferr.ti Borrello,[cccii] Ber.no Molinaro, Sarro de Polito, Antonino Coyello, Petro Canzoneri, Io: Petro de Giglo “perratore”, Virgilio de Giglo “perratore”, Io: Battista de Roberto, Pet.o Cropanisi, Franc.o Tabernisi,[ccciii] Salvatore de Lungaro, Ber.no Molinaro, Filippo Schipano, Antoni Manguni, Masi de Nicotera e Paulo dela Ficu.[ccciv]

Ai primi di dicembre si lavorò “allo sponton ditto villa franca et al cavamento dela cortina ditto sponton”, “et ad pedamentare dela cortina de ditto sponton” dove furono impegnati mastro Iosep Molinaro e mastro Antonino Grastello.[cccv] prestò la propria opera un numeroso gruppo di “manipoli et devastatori” di Mesoraca, composto da: Io: Battista de Roberto, Ger.mo Automare, Antonino Vitaliano, Ferr.ti de Vennere, Augustino Manica, Bar.lo Licu, Ber.no Grano, Cola de Luca, Minico de Piccolo, Luca Granu, Cola Ioanne Milea, Marco Milea, Cola Lamposa, Paulo Caputo, Balli Carrano, Masi Duranti, Franc.o Tristianico, Marco Ant.o de Apriglano, Antonino Milea, Franc.o Camp.ro, Filomeno de Tristiano o Tristianico, Ber.no Milito, Augustino Pagano, Antonello Milito, Antonino lo Ragaczo,[cccvi] Bar.lo Caputo, Cola Campanaro, Ant.no Pagano, Ioanne Milioti, Ioanne Grano, Ioanne Grano “piccolo”, Paulo Mighali, Marco Greco, Battista Barberi, Nisi de Donato, Luca Dardano, Antonino Catalano, Masi Schipano, Leoni Santisi, Andrea Coyello, Io: Dominico Coyello,[cccvii] Franc.o de Tristiano,[cccviii] Cicco Greco, Agatio Automare, Paulo Dandolo,[cccix] Antonino de Apriglano, Petro Canzoneri, Franc.o Ferraro, Ioanne Greco, Ioanne Verticello, Antonello Greco, Colella Bundo, Cicco Licu, Sarro Carcagno, Cicco Gattu, Paulo Mighali e Antonino Gattu.[cccx]

I lavori proseguirono per tutto il mese di dicembre anche al vicino “cavamento dela cortina delo sponton ditto petro nigro”, dove prestarono la loro opera alcuni devastatori impegnati anche al baluardo Villafranca. Accanto a loro si segnalano: Io: Dominco de Mauro, Matteo Puglisi, Minico Catan.ro, Thiberio Bracali, Romano Pittari, Cola de Tillari, Ferr.ti Borrello, Ces.o Yannichi, Io: Ant.io Marchisano, Andrea Coyello, Minico Ferraro,[cccxi] Minico Iuda,[cccxii] Felici de Sergi, Scipio Mancuso, Iac.o de Apriglano,[cccxiii] Antonello Licu, Ferr.ti de Milito, Franc.o Campanaro, Iac.o Conti, Gratio de Nicola, Cola Iordano, Vinc.o Dandoli, Marco Gautere e Cicco Guczo.[cccxiv]

Sempre al baluardo Villafranca ritroviamo i perratori impegnati “ad taglare li anticagla se trovano in ditto cavamento”: Antonio Pixoni, Virgilio de Giglo, Io: Pet.o de Giglo, Ber.no Molinaro e Ger.mo de Mavilia.[cccxv] Nei giorni prima di Natale, i perratori mastro Antonino Grastello e Antonio Pixoni intervenirono anche “al cavamento dela cortina delo sponton ditto petro nigro”, per rompere “li anticagla” ritrovate nello scavo,[cccxvi] dove Antonio Pixoni rimarrà al lavoro fino agli ultimi giorni dell’anno.[cccxvii]

Perratore al lavoro (da i.pinimg.com).

Un nuovo anno

All’inizio del 1543 i lavori continuavano presso le cortine ed i baluardi Villafranca e Petro Nigro dove, tra gli oltre mille lavoratori impegnati “allo sponton ditto villa franca et frabbicare dela Cortina de ditto sponton”, prestarono la loro opera mastro Ant.no Grastello e mastro Iosep Molinaro[cccxviii] mentre, intorno a loro, agiva il folto gruppo dei “manipoli et devastatori” “de Mesuraca”: Mario Rotella,[cccxix] Petro Canczoneri, Franc.o Ferraro, Ioanne Granu, Ioanne Greco, Colella Brundello, Sarro Carcagno, Cicco et Ant.no Gattu, Ioanne Milioti, Antonino lo Ragaczo, Antonino Vitaliano, Laurentio Doranti, Dalfino Focarello, Sansoni Gattu, Fabbio Guczo, Virgilio de Giglo, Marco Greco, Matteo Fortino, Ber.no Grano, Cicco Guczo de Matteo, Cola de Luca, Iosep de Rende, Tadeo Brassco,[cccxx] Antonino de Tristianico, Loysi de Donato, Vano delo Monaco, Cola Ioanne de Giglo, Ioanni Miniscalco, Cicco Cropanisi, Filomeno de Tristianico, Paulo Mighali, Io: Battista de Roberto, Ger.mo Rotella, Paulo Dandali, Antoni Trussa, Paulo Trussa, Antonino Pagano, Franc.o Camp.ro Ioanne Vermello, Matteo Turturella, Antonino Yannino, Ger.mo Licu, Alfonso Culosino,[cccxxi] Antoni de Lamanno, Leoni Santisi, Thiberio Bracali, Luca de Priano, Cola Lamposa, Io: Cola Gargano, Siliveri Vinchi, Luca Grano, Bar.lo de Mosoraca, Io: Ant.o Marchisano, Bar.lo de Lamanno, Glorioso Barbaro, Cola de Tillari, Minico Admirato, Marco Arango, Vinc.o de Giglo, Antonino Taliano, Franc.o Doranti, Alfonso Culosino, Cola Fixella, Petro Ferraro, Angelo Coyello, Io: Matteo Russo[cccxxii] e Marco Ant.io de Apriglano.[cccxxiii]

Nello stesso luogo si trovavano anche i perratori Masi de Nicotera, Ber.no Molinaro, Vinc.o de Giglo[cccxxiv] e Virgilio de Giglo.[cccxxv] Il loro lavoro era esteso anche “alla Cortina delo sponton ditto pet.o nigro”, dove erano impegnati Antonio Pixoni[cccxxvi] e Filippo Schipano.[cccxxvii]

Al baluardo Petro Nigro era presente un gruppo di manipoli e devastatori mesorachesi altrettanto nutrito composto da: Ger.mo Automare, Ferr.ti Borrello, Iac.o de Apriglano, Cola de Tillari, Antonello Licu, Cola Iordano, Paulo Mighali, Vinc.o Dandali, Cicco Greco, Iac.o Conti, Bar.lo Licu, Scipio Mancuso, Augustino Manica, Ces.o Yannichi, Cicco Guczo de Loysio, Martino de Grimaldo, Franc.o Duranti, Antonio Licu, Marco Gautere, Antonino Pagano, Ferr.ti Milito, Franc.o Campanaro, Io: Cola Gargano, Luca Grano, Antonino Catalano, Ioanne Verinello, Io: Battista de Roberto, Franc.o Tristianico, Ber.no Granu, Cola o Colella Brundo, Ferr.ti Vennere, Alfonso Culosino, Io: Benvenuto Tudisco, Io: Dominico de Mauro[cccxxviii] Cola iurlandino, Ces.o Yannichi, Franc.o Doranti, Paulo de Iarmella, Leoni Santisi, Antonello Salarnello, Salvaturi Putrino, Thomasi de Vasilotta, Andrea de Nicoletta, Minico Catanczaro, Angelo de Rogeri, Minico Admirato, Antoni Lamanno, Matteo Puglisi, Micheli Infosino o fusino, Cola Ioanne Milea, Marco Arango, Marco Antonio Milea, Filippo de Apriglano, Ber.no Milito, Bar.lo Caputo, Ger.mo Facenti, Thomasi Iordano, Pelegrino Mellachi, Antoni o Ant.no Campagna, Cicco Gattu, Ambrosi Campanaro, Indino Riczuto, Marco Greco, Antonino lo Ragaczo, Ioanne Milioti, Minico Coyello, Antonello Milito, Thomasi Coyello e Matteo Fortino.[cccxxix]

Nella seconda settimana di gennaio si lavorò anche “alla Capperrina” dove alcuni devastatori mesorechesi furono impegnati “per rumpere pet.a dela pet.a dele mura vecchie et turri che se sderropao per mali tempi et coglere savurra”: Pet.o Canczoneri, Meriano Curto, Ber.no Lamanno, Ferr.ti Milioti e Franc.o de Tristianico,[cccxxx] Ger.mo de Mavilia, Paulo Cerrello, Thomasi de Mauro, Masi Schipano, Bar.lo de Alexio, Cola de Lamanno, Loysio delo Valloni e Loysio de Donato.[cccxxxi]

Nella settimana tra il 15 e il 20 gennaio 1543 Io: Battista Coyello fu impegnato “adiscarricare la Calcara delo spontoni”.[cccxxxii]

Perratore al lavoro (da pinterest.it).

Fornitori di pietra

Con l’intensificarsi dei lavori, oltre all’aumento della manodopera fornita dai mesorachesi nei diversi cantieri della “frabica”, aumentò anche il loro numero tra coloro che furono impegnati nelle forniture. La notevole richiesta di pietra e cantoni da parte della Regia Corte e le buone opportunità di guadagno, spinsero molti particolari ad impegnarsi nel rifornire il cantiere. Tra coloro che colsero questa occasione, già all’inizio dell’anno troviamo alcuni mesorachesi che, evidentemente disponevano di solidi legami con la città.

Nardo Cropanisi “de mosoraca sta in cotroni”, in associazione con Ioanne Campolongo “dela schala”, fornì “una Canna de petra” (d. 2.2.0),[cccxxxiii] mentre il “monittionero” Aurelio de Ancona “de Cotroni”, incassò ducati 12 per la fornitura di “Canne Cinque de petra” che portò alla regia fabbrica Aristotili Briczi “de mosoraca”.[cccxxxiv] Io: thomasi Valenti “de Cotroni sta in mosoraca”, ricevette ducati 7.1.0 per aver consegnato “canne tre de petra como appare per la compra a Car.ti 91”,[cccxxxv] mentre Io: Ber.no Cayvano “de mosoraca sta in cotroni”, che abbiamo già incontrato nell’ottobre del 1541 quando, a nome dell’università di Mesoraca, aveva provveduto a versare la somma relativa ad una coppia di buoi, fornì complessivamente tra i mesi di aprile e maggio, in più partite, 8 canne di pietra.[cccxxxvi]

Io: Iac.o de Giglo consegnò “avanti la porta dela terra”, “Canni sey et mecza de pet.a” e mancando “dui carr.ti” fu pagato con ducati 15.1.16,[cccxxxvii] mentre anche il “frati Santto delo abbati de mosoraca”, che si trovava “in lo monasterio de sancta maria dela gratia de Cotroni”, fornì “canne Cinque et mecza de pet.a”, ricevendo ducati 12.3.5, “quali pet.a fo data al ditto frate deli barce quali portaro per elemosina ad causa che have Cantato missa”.[cccxxxviii]

Le forniture riguardarono anche l’approvvigionamento di frasca per le calcare e quello di calce per soddisfare la forte richiesta da parte dei mastri che costruivano. Desiderio Milea “de mosoraca” e Fran.co Gaictano “de Cut.o”, fornirono tt.a 2500 de calce incassando ducati 60.0.0[cccxxxix] mentre, tra la metà di aprile ed i primi di maggio, Io: Pet.o Giglo rifornì le calcare della Regia Corte di Crotone prima con “macze milli de frasca” e, successivamente, con “macze 1500 de frasca”.[cccxl]

Il generale intensificarsi dell’attività di tutta la fabbrica, permette di mettere in evidenza anche altre figure di mesorachesi che prestarono la loro opera nei lavori. Ai primi di aprile, nel “Notamento deli Carra et Carretti” che “fatigano” “in carriyare pet.a alle calcare dela marina dela pet.a che portano le barce, alla frabbica, allo cavam.to delo sponton detto Don pedro” si evidenziano Vinc.o de Giglio “con carra dui” e Paulo Nusca.[cccxli] Sempre tra i “Carra et Carretti che hanno fatigato allo sponton detto don pedro”, troviamo anche Pet.o Angelo Molinaro e Antonello Campagna.[cccxlii]

Lavoratori impegnati nel trasporto della pietra e a riparare le mura della città (da e-codices.unifr.ch).

Carreri e carri

Anche se i manuali di fabbrica non riportano i nomi dei mesorachesi impegnati nella fabbrica con i propri carri o con quelli della Regia Corte, la loro massiccia presenza si evidenzia ugualmente, anche se indirettamente, attraverso le numerose forniture, specialmente di legname (“travi”, “tabule”, “tiyilli”, “maruggi”, etc.) che, dal territorio mesorachese raggiunsero quello della città. In molti di questi casi, infatti, i contratti stipulati, prevedevano il trasporto del materiale a carico del fornitore che, con i propri mezzi, aveva l’obbligo di assicurarne l’arrivo e la consegna presso la regia fabbrica, come evidenziano le note contenute nei manuali che segnalano tali consegne davanti la “moniczione”, “avanti la porta dela terra”, etc.[cccxliii] Anche se i nomi dei “carreri” di Mesoraca non compaiano quasi mai, possiamo quindi ugualmente affermare che la loro presenza fu molto rilevante a Crotone durante tutto il periodo di esecuzione dei lavori.

Per svolgere il loro compito, essi disponevano dei pesanti carri da trasporto trascinati dai buoi, la cui struttura può esssere evidenziata attraverso le specifiche relative alle spese sostenute dalla Regia Corte per i lavori di manutenzione necessari. In più occasioni si menzionano sia le operazioni di riparazione delle ruote (“appeczare rote”), attraverso la sostituzione delle singole sezioni (“pecze”) deteriorate, che quelle di sostituzione dell’asse (“annassare carra”). Operazioni che venivano eseguite utilizzando il legname proveniente dal territorio di Umbriatico, dove fu reperito il necessario per fare “assi” e mozzi detti “muyuli” o “moyuli de rote”.[cccxliv]

Dai boschi di Mesoraca e di Policastro, invece, la Regia Corte si approvvigionò sia delle stanghe o bracci (“verteri”) che, montati in coppia, consentivano di assicurare al carro un mulo o un cavallo, che dei caratteristici telai a forma di V (“iuvura”), necessari per aggiogare un “paricchio” di buoi.[cccxlv] Il 31.12.1542 Donna Iacopella de Griffis de Cotrone, era retribuita per aver fornito sedici “cocch(ier)i per ligare li yuvara alli carra”.[cccxlvi]

Nella primavera del 1542 “in la serra de mosoraca” si segnala la presenza di alcune maestranze specializzate “dela turri de spatula” che, lavorando in loco il legname, fornirono al “monitionero” della Regia Corte 20 “verteri” e 20 “iuvura”, nonché 10 carri completi “con le rote et assi”.[cccxlvii] Ai primi di settembre di quell’anno queste maestranze erano ancora impegnate in loco per fornire tavole alla Regia Corte.[cccxlviii]

Oltre al legname necessario per la realizzazione delle diverse parti del carro, nei lavori di manutenzione si citano spesso anche le sue parti in ferro. Sappiamo così che con il ferro della Corte, furono realizzati “Circhi de roti” e “buccagli de roti”.[cccxlix] I primi rivestivano, proteggendolo e rinforzandolo, il “battistrada” della ruota mentre, i secondi, erano inseriti a coppia nel mozzo e costituivano l’alloggiamento dell’asse il quale, dalla parte esterna della ruota, era assicurato con un perno. Sempre attraverso i pagamenti relativi a tali riparazioni, apprendiamo che questi carri erano dotati anche di un freno di stazionamento dato che, il 18 aprile 1485, “per lo bisogno deli Carreri foresteri che Carryavano pet.a”, si pagò il mastro ferraro Marco Ceraso per “una verrina de Carro”.[cccl]

Ogni carro aveva poi un proprio corredo di cordame. In primo luogo, vi erano le corde “parichiare” “per servitio dele bove dela regia corte”[cccli] fatte di canapa (“cannavo”).[ccclii] Queste corde che avevano la funziona di briglie, erano assicurate all’anello di contenimento posto alle narici dei buoi ed erano usate per condurli, ma ne risultano documentati anche altri usi, come quello per “carriyare la frasca”[cccliii] e per tirare i cantoni della vecchia palizzata.[cccliv] Vi erano poi le “carraricze” fatte di lino,[ccclv] mediante le quali si provvedeva ad assicurare il carico. Nell’agosto del 1541 si rileva un pagamento “per lo prezio de pisi sei de lino ad ragioni de grana 25 la pisa sendi sonno fatti sei carrarizi”.[ccclvi] Mediante “para” di “payura” di cuoio si provvedeva invece ad assicurare il giogo al collo dei buoi.[ccclvii]

Carro calabrese adibito al trasporto pesante (foto Archivio Fotografico ARSAC).

La strada

Tra Mesoraca e Crotone, il collegamento era assicurato da una via pubblica che compare nei documenti già in epoca medievale. La presenza di una “viam carraram” che passava presso il confine tra i territori di Roccabernarda e Tacina, si rinviene in un atto molto frammentario del maggio 1225, relativo all’abazia di Sant’Angelo de Frigillo, che descrive i possedimenti di quest’ultima. A riguardo della confinazione della “grangiam de Terratis” si evidenzia: “… per vallonem de Manna et ascendit per eundem et vadit per terras Formose de Citrono (Cutrono ndr) per viam et condigit ad Unbrum de Flagloso per terras que … h… de … terre sunt in confinibus Iohannis de Magistro et per terras demanii et vadit perinde et ferit ad terras Iohannis Stefanicii et ferit ad serronem de Vucuro et ad terras de sup… ad scalam Cutri et transsendit viam et vadit ad frontem ipsius scale usque ad Porticellam et descendit per viam carraram et ferit ad vallonem Brucusi …”.[ccclviii]

Superato il fiume Tacina presso la località “Brocuso”, la via saliva verso Mesoraca come si evidenzia agli inizi del Trecento: “… ad vallonem qui dicitur de Brocuso et per ipsum vallonem vadunt ad culturam que dicitur E.mi Theusararii fors m(…)ur et ascendunt recte ad terras Bichone et descendunt per ipsam ad locum qui dicitur Brulleto ad viam publicam et per ipsam viam vadunt ad ecclesiam S. Stefani …”.[ccclix] Ancora agli inizi del Settecento, il Mannarino ribadiva l’esistenza della “… via publica, quae vadit versus Cotronum usq. umbra da mana …”.[ccclx]

Ricostruzione di un antico cantiere di lavoro edile (da grandeoriente.it)

L’appalto della cortina

A seguito della scelta da parte della Regia Corte di dare a “staglio” parti della fabbrica ad alcuni “partitari”, riservandosi periodiche verifiche, le figure di alcuni mastri impegnati nei lavori della fabbrica emergono dai documenti in maniera particolare. È il caso del solito mastro Iosep Molinaro che, alla fine di marzo del 1545, sempre in società con mastro crotonese Alex.o de Verczini, aveva “piglato lo staglio dela cortina delo fosso delo castello” alla ragione di carlini 31 “ad uncza”. Alla verifica effettuata il 25 di ottobre di quell’anno, da parte di Colant.io Bonafide “de Vari”, “la frabbica fatta per li supra detti mastri alla supraditta cortina”, ascendeva alla somma di canne 764 che, alla ragione pattuita, determinò un importo di ducati 148.0.0. A questa somma andava poi aggiunta la spesa “per lo taglio in epsa” che era stato di palmi 1264 (duc. 19.1.11), per un importo complessivo di ducati 167.1.11.[ccclxi]

A seguire appaiono i pagamenti ricevuti dai due mastri che impiegarono in questo cantiere diversi lavoratori di Mesoraca. Alla metà di novembre 1545 mastro Alex.o de Verzini ed il suo “comp.o” mastro Iosep Molinaro, lavorarono “alla Cor.na delo fosso delo castello” dove prestò la sua opera anche Cola Camp.ro.[ccclxii] Alla fine di febbraio 1546, risulta che mastro Iosep molinaro fu impegnato “alla Cor.na delo fosso delo castello”.[ccclxiii]

Nell’aprile del 1546 proseguivano i lavori “alla Cortina delo fosso delo castello” dove si trovavano mastro Iosep Molinaro, Paulo Molinaro e Ioanni Molinaro[ccclxiv] e dove, ai primi del mese, prestarono la loro opera “ad empire li contraforti dela cortina delo fosso delo castello”, Matteo Facellari, Antonello Licu, Tadeo de Paterno, Paulo Trussa e Ces.o Trussa.[ccclxv]

Il cantiere di costruzione delle mura di una città (da historiemedievali.blogspot.com).

Al baluardo Marchese

Ai primi di aprile del 1545 troviamo ancora mastro Iosep Molinaro impegnato “allo sponton detto marchese et Cavam.to de quello”.[ccclxvi] Qui, nel corso del mese di aprile, lavorarono Domenico de Mauro, Ioanne Curchio, Pet.o de Arena, il “quatraro” Cola Salerno,[ccclxvii] Ber.do Cosentino, Ber.no Granu, Ioanne Granu, Ber.no Salamuni, Romano Pittari, Nardo Tuscano, Iac.o Puglisi, Matteo Puglisi, Antonino Mighali,[ccclxviii] Ioanni Grano de Santto, Pet.o Cropanisi, Cicco lo Muto, Leoni Santisi,[ccclxix] Mario Rotella,[ccclxx] Cola Camp.ro, Minico Catan.ro, Ioanne Milioti, Antonino Catalano, Salvo de Polito, Antonino Pagano,[ccclxxi] Ger.mo lo Galanti,[ccclxxii] Iac.o Conti, Io: Cola Gargano e Vano Cropanisi.[ccclxxiii]

Intanto continuavano i lavori “alla Cortina delo sponton detto pet.o nig.o et Cavam.to de quella”, dove erano impegnati Iac.o Conti, Minico Yannichi, Antonino Catalano, Ferr.ti Borrello,[ccclxxiv] Ferr.ti Venneri, Cola Franc.o de Tristiano, Io: Battista de Roberto, Todaro Soniti,[ccclxxv] Paulo Mighali, Petro Cropanisi, Ioanni Curchio, Ioanni de Farco o Falco, Nisi Greco,[ccclxxvi] Cicco Schipano, Ber.no de Lamanno, Antonio de Lamanno, Ioanni Vinchi, Ioanni Greco,[ccclxxvii] e Mario Rotella.[ccclxxviii]

Dal 9 al 14 aprile 1543, tra i “Devastatori che hanno fatigato ad impire li carretti et czappare al cavam.to delo sponton detto don pedro de toledo”, troviamo: Petro Grano, Ioanni Greco alias Curchio, Ferr.ti Borrello, Io Battista de Roberto, Leonardo Tuscano, Ferranti Venneri,[ccclxxix] Taviano Vecchio, Paulo Caputo, Ger.mo lo Galanti, Thodaro Soniti, Laurentio Doranti, Ber.no Grano, Paulo Mighali, Ces.o Mighali, Cola de Santta, Matteo Puglisi, Desiderio Ferraro, Antonino Mighali,[ccclxxx] Io: Ant.o dela Bruna,[ccclxxxi] Pet.o Cropanisi, Ioanne Grano, Pet.o de Arena, Antonino Pagano,[ccclxxxii] Ioanni Casaczuni e Tadeo de Paterno.[ccclxxxiii]

Nella stessa settimana compersa tra il 9 ed il 14 aprile 1543, i perratori di Mesoraca furono impegnati “ad deroccare le mura de Santto franc.o”, dove lavorarono mastro Ant.o Pixuni, Cola Ioanne Milea, Alfonso Colosimo, Cicco Duranti, Vano Cropanise, Ber.no Amoruso, Marco Arango e Cola Lamposa,[ccclxxxiv] mentre, nella settimana successiva, i perratori prestarono la loro opera “alla cortina delo sponton detto pet.o nig.o et Cavamento de Quella”, dove furono impegnati M.o Ant.o Pixoni, Ber.no Amoruso, Alfonso de Nola e Colant.io Policzi.[ccclxxxv] Nella settimana del 23-28 aprile, lavorarono “in deroccare la marchisana et mura antiqui dela Cita”, Ber.no Amoruso, Colantonio Policzi, Alfonso de Nola e Paulo Facellari.[ccclxxxvi]

Ai primi di maggio un gruppo di lavoratori mesorachesi fu impegnato anche “allo sponton ditto villafranca” dove troviamo M.o Iosep Molinaro[ccclxxxvii] e Io: Dominico de Mauro.[ccclxxxviii] Qui lavorarono pure Romano Pittari, Matteo Puglisi, Iac.o Puglisi, Minico Catan.ro, Laurentio Doranti, Antonino Mighali, Sarro de Polito, Ioanni Curchio, Ces.o Mighali, Cola Tuscano, Ioanne Tuscano e Ber.do Cosentino.[ccclxxxix]

Crotone, baluardo Marchese.

Al baluardo Don Pedro

Durante gli ultimi mesi del 1545 la gran parte del lavoro della “fabrica” fu concentato “allo spontoni detto don pedro”, dove però appare abbastanza scarsa la presenza dei devastatori e dei manipoli di Mesoraca. Qui, durante il mese di dicembre, troviamo Ces.o Trussa[cccxc] e Lioni Santisi. Quest’ultimo, ai primi del mese, in occasione del cedimento di un pezzo della cortina della Capperrina, a seguito del cattivo tempo, prestò la sua opera “in levare lo sterro che stimpao dela timpa dela Capperrina”, impegnandosi “in spetrari lo peczo dela Cor.na che casco per lo mal tempo” insieme a Cicco Muto.[cccxci] Nel corso del mese precedente, lo stesso Santisi aveva invece lavorato “in deroccare le mura dela ecclesia et monasterio dela obser.a de Cotroni”.[cccxcii]

Con l’avvio del nuovo anno la presenza dei lavoratori Mesorachesi nell’ambito del cantiere di lavoro al baluardo Don Pedro, risulta più consistente. Qui, nel corso dei mesi di gennaio e di febbraio troviamo: Ant.no Greco[cccxciii] Saladino de Foti, Nocentio Pandolfo,[cccxciv] Ces.o Trussa, Leoni Santisi,[cccxcv] Pet.o Greco[cccxcvi] e Franc.o de Pachi.[cccxcvii]

Quest’ultimo, come aveva fatto in passato il suo conterraneo Mario Rotella, prestò la sua opera anche alla domenica “per chiamare in banca” i lavoratori,[cccxcviii] mentre Ces.o Trussa lavorò anche “ad empire li casetti deli contraforti delo spontoni delo castello”,[cccxcix] e allo scavo del nuovo pozzo che si stava realizzando vicino al baluardo Don Pedro.[cd]

Crotone, il baluardo Don Pedro in una vecchia cartolina.

Un nuovo pozzo

Ai primi di dicembre, le forti piogge determinarono notevoli problemi ai lavori della fabbrica, provocando la caduta di un pezzo della cortina della Capperrina. A seguito di ciò, il barone dela Caya che si trovava a Reggio, fu urgentemente richiamato a Crotone per stabilire il da farsi. In tale occasione, egli dispose la demolizione di parte della cortina e di terrapienare la lamia grande del baluardo. In concomitanza, ordinò che fosse scavato un nuovo pozzo “ad piede lo nasu delo spontoni Don Pedro verso la spica”, e la realizzazione di “una rota de legname havera de servir per terar acqua de ditto puzo de supra la fabbrica”.

Nei mesi di gennaio e febbraio 1546 si lavorò “allo puczo delo spontoni detto don pedro” dove, ai primi di gennaio, troviamo Angelillo Molinaro “in cavare lo puczo delo spontoni detto don pedro” e dove, successivamente, furono impegnati mastro Iosep Molinaro “in lo adpedamentare et frabbicare delo mentionato puczo” e Paulo Molinaro.[cdi] In tale occasione furono acquistati i “cantoni”[cdii] necessari alla costruzione, compresi quelli da utilizzare per “la schala delo puczo”.[cdiii] I lavori “allo mentionato puczo” continuarono durante i mesi di marzo ed aprile, quando furono impegnati mastro Iosep molinaro, Paulo Molinaro[cdiv] e Ioanni Vinchi.[cdv] Ultimato il pozzo e messa in funzione la grande ruota idraulica (“rota”) costruita dai mastri d’ascia, l’acqua del pozzo potè raggiungere la sommità della cortina, dove era raccolta in una grande tina di legno. Da questo punto, mediante condutture e “sayetti”, raggiungeva le fosse della calce nei diversi luoghi dove si costruiva.

Ricostruzione di una ruota idraulica (da ludmilla.scienze.it).

La lamia grande o casamatta del baluardo Don Pedro

Intanto, proseguivano i lavori “allo spontoni detto don pedro” dove, erano in corso le realizzazioni relative alla costruzione della lamia grande o casamatta di questo baluardo. Qui, durante il corso del mese di marzo, lavorarono Pet.o Greco,[cdvi] Cola de Tillari,[cdvii] Saladino de Foti e il “quatraro” Franc.o de Pachi.[cdviii] Quest’ultimo fu retribuito alla ragione di grana 6 al giorno, come l’altro quatraro di Mesoraca Marco de Florio[cdix] ma, rispetto al suo compagno, durante tale periodo, il De Pachi ricevette il suo compenso anche “per chiamare” i lavoranti alla paga la domenica.[cdx]

Ai primi del mese di aprile “alli contraforti dela cor.na de detto spontoni”, oltre a Pet.o Greco, lavorò anche Gori de Lamanno[cdxi] mentre, nel proseguo del mese, troviamo “ad empire li Casetti deli contraforti dela cortina delo spontoni ditto don pedro”, Ces.o Trussa, Matteo Facellari, Ant.no Labatissa,[cdxii] Franc.o de Pachi, Ant.io Puglisi, Cruciano Grastello, Ces.o de Iuliano,[cdxiii] Laurentio Tuscano e Saladino de Foti.[cdxiv] Ai primi di marzo 1546, Cicco Molinaro fu pagato per aver fornito alla Regia Corte “c.a mecza” di pietra (d. 1.0.15).[cdxv]

I carpentieri riducono in travi i tronchi abbattuti (da i.pinimg.com).

Travi in appalto

Per reperire il legname da costruzione necessario alla realizzazione della grande volta che caratterizzava il baluardo Don Pedro, la Regia Corte si rivolse ai suoi fornitori di Mesoraca che, assieme ai loro colleghi di Policastro, Aprigliano e Taverna, furono quelli maggiormente chiamati in causa per approvigionare la fabbrica durante tutto il corso di esecuzione dei lavori.

In tale occasione, già il 6 febbraio 1544, la Corte aveva stipulato “partito” con Alfonso Maurichi “de mosoraca”, per la fornitura di 37 “travi” per un prezzo complessivo di ducati 50. Somma che sarà saldata al Maurichi “ad complim.to”, attraverso un ultimo pagamento di ducati 4.3.12 agli inizi di luglio del 1546. Data che segna, evidentemente, l’ultimazione della fornitura.[cdxvi] Il 2 agosto 1545 Alfonso Maurichi “et comp.o de mosoraca”, in ragione di aver “fatto partito” con la Regia Corte “de p.e n.o 35 de trava ad r.e de car.ni 6 lo peczo”, ricevevano la somma di ducati 21.0.0.[cdxvii] Nei primi giorni del 1546, però, il pagamento relativo a tale contratto non era stato ancora completamente onorato da parte della Corte, così il “monittionero” Aurelio de Ancona de Cotroni, accompagnato da un “famiglo”, si era dovuto recare a cavallo “in mosoraca ad sollicitare quello che fice lo partito dele trava et per fare venire più sorti de legname”, rimanendo lontano da Crotone tre giorni.[cdxviii] In tale occasione “lo dicto alfonso” aveva ricevuto la somma di ducati 10.4.0 relativa al saldo del vecchio “partito” delle 35 “trava”, mentre ne aveva stipulato uno nuovo “de p.e n.o 40 de trava de palmi 32 a ditta r.ne de car.ni sey lo peczo” per un totale di ducati 24, che si impegnava a portare alla “frabica” entro la prossima fine del mese di febbraio. Relativamente a ciò, riceveva ducati 12.0.0, mentre altrettanti li incasserà alla fine di marzo.[cdxix]

Carpentieri al lavoro (da pinterest.it).

La volta

La realizzazione delle volte (“lamie”) era una operazione che trovava impegnate diverse maestranze del cantiere di lavoro edile. Inizialmente agivano i “mastri de axia” che, utilizzando “le trava”, allestivano “le forme dele lamie”, in alcuni casi dette “forfichi”,[cdxx] aiutati dai manipoli che collaboravano “ad ponere ditti formi”.[cdxxi] Allestite queste centine, intervenivano i “mastri frabicaturi” che, utilizzando la creta come malta e le pietre o i “mattuni”, provvedevano a “voltare la lamia”.[cdxxii]

Nel giugno del 1550, si fa menzione dei lavoratori che prestarono la loro opera “in lo terrapieno dele lamiole et contraforti del tor.ne toleto” e dei carri che, in quell’occasione, avevano portato “creta et savurra per la incritata dele sop.te lamie”.[cdxxiii] Con riferimento alla realizzazione di queste volte, in alcuni casi, nei manuali di fabbrica si menziona il “yettito” e l’allestimento della relativa centina, indicata come “intravata del yettito”.[cdxxiv] Per tale allestimento, oltre all’uso delle travi, si cita l’uso di “perni” di ferro, “q.ali furo dela intravata del yettito”[cdxxv] e di “sivo”(grasso)[cdxxvi] con il quale, evidentemente, si ungeva il legname per favorire le operazioni di disarmo della centina a lavoro finito.

Sempre nei manuali troviamo annotate le spese relative all’acquisto ed alla manutenzione degli attrezzi utilizzati per i lavori di carpenteria da parte dei mastri d’ascia e dei loro aiutanti. Dai pagamenti effettuati dalla Regia Corte apprendiamo così che si era “aczariato” una “axia ad caczo”,[cdxxvii] che furono acquistati “dui squatri et dui Compasse de ferro”,[cdxxviii] “una scurbia” e “dui scarpelli grandi”[cdxxix] mentre, da un “mercharolo de Curtellami”, furono comprate due “limi” per limare “li ferri”.[cdxxx]

Per allestire le centine, i carpentieri foravano le travi con la “verrina”. Se ne menzionano di grandi,[cdxxxi] di mezzane[cdxxxii] e “verrinelle”,[cdxxxiii] forgiate con il ferro e l’acciaio.[cdxxxiv] Era specializzato nella loro realizzazione il mastro mesorachese Masi Mazuca che abitava in Cutro. Nell’aprile del 1543 si pagava quanto dovuto a “mastro masi mazuca de mosoraca sta in cutro per havere ad conzato seu fatto Cinque verrini grandi per accordio se haveno pagato d. 1.0.0”[cdxxxv] mentre ancora nel settembre del 1549 si pagavano grana 15 a “Masi chiapparo de mesoraca per lo acconso de una verrina”.[cdxxxvi]

Un mastro d’ascia che usa la “verrina” per forare le travi (da pinterest.it).

L’arme di sua maestà

Nell’aprile del 1546, la Corte stipulò un contratto con due “mastri scalpellini” di Catanzaro, per la realizzazione delle “arme” dell’imperatore e del vicerè da inserire nella parte del baluardo Don Pedro che guardava verso la porta di terra della città. In tale frangente, il mastro Iosep Molinaro, nell’ambito dei suoi ampi e molteplici impieghi, fu incaricato di provvedere a cavare la pietra necessaria, in quanto tale contratto prevedeva espressamente che “le dette arme se faranno dela pet.a che detti mast.i hanno ordinato che se tagli per mastro Iosep molinaro et comp.i de mosoraca”.[cdxxxvii]

Come prevedevano gli accordi, nel corso dell’estate del 1546, fu provveduto al taglio della pietra necessaria, materiale che fu estratto dalla cava di Mesoraca da parte del mastro Iosep Molinaro “et comp.i”. Relativamente al trasporto con i carri dalla cava fino a Crotone, nei mesi di luglio ed agosto risultano i pagamenti di “Io: ber.no lo morello et mastro ant.no pandolfo de cotroni”, che ricevettero “scuti 20 et sono in conto de scuti 70 deveno havere per conto delo partito fatto de portareno p.e n.o 25 de petra de lo tenim.to de mosoraca per le arme de Sua M.ta et de Sua ex.a”[cdxxxviii] mentre, ai primi di agosto, “marco malerba de cotroni” fu retribuito “per lo alloherio dela mula che ando donno Iac.o in mosoraca per videre li petre dove se haveranno de scolpire le arme de Sua M.ta per fare lo partito”.[cdxxxix]

Come evidenziano alcuni documenti cinquecenteschi e dell’inizio del Seicento, la cava dove fu estratto questo materiale si trovava nel luogo del territorio di Mesoraca detto “la perrera”, posto nelle vicinanze della gabella “Strappapede”, delle terre di “Cocozzito”, del fiume detto “Putamello” e della via pubblica che conduceva a Catanzaro. Nel 1574, il Principe della Scalea possedeva delle terre burgensatiche “à la perrera” che erano appartenute al quondam Baldasarro Caivano.[cdxl] Nel 1581 la gabella Strappapede confinava con “la perrera”, il fiume Putamello, la via pubblica che andava a Catanzaro ed altri confini. Nello stesso anno “le terre di Cocozzito che foro de Baldasarro Caivano”, confinavano con le terre di Cola Fran.co Caivano, il fiume di Putamello e le terre di S.to Angelo.[cdxli] Nel 1603 la “Gabella seu terreno dell’Abazia di S.to Angelo di Frigillo detto la Perrera”, confinava con le terre della Corte Marchesale, le terre di S.to Angelo della Piazza e la via pubblica.[cdxlii]

Per il lavoro prestato durante le operazioni di cavamento della pietra, la Corte provvedette a “fare boni al debito de mosoraca” la quota annuale che l’università doveva alla regia fabbrica, corrispondente alla somma di ducati 5.2.0 “per tanti iornati” prestate dai mesorachesi nell’esecuzione di questi lavori.[cdxliii] In seguito compaiono i pagamenti relativi. Ai primi di giugno “mastro Iosep molinaro de mosoraca mastro Ant.no grastello et paulo molinaro de mosoraca”, ricevettero d. 13.1.0 “et sono per haver.o taglato petra dove se havera de scolpire le arme de Sua M.ta Ces.a et de Sua ex.tia in lo tenim.to de mosoraca et sono haver.o taglato pet.a in detto tenim.to per quatt.o semanati per uno”, “ad r.e de dui carlini per uno lo iorno et lo detto perratore a grana 15 lo iorno sonno d. 13.1.0. Et in alia haveno receputo (…) d. 4.2.0.”[cdxliv]

Il 21.08.1546 “mastro Iosep molinaro, ad mastro ant.no grastello et paulo molinaro de mosoraca” ricevettero duc.ti 19.1.10, “et sono ad complimento de d. 23.3.10 per havereno fatigato in taglare la petra seu cantoni in lo tenimento de mosoraca per le arme de sua M.ta Ces.a et de sua ex.a, dali 14 de iunio per fia li 28 de aug.to 1546 et se haveno pagati li ditti mastri ad la mentionata r.ne de dui car.ni lo iorno et lo perratore ad grana 15 lo iorno, fatto conto sono d. 19.1.10. Ad recordo. Se haveranno de fare boni alla uni.ta de mosoraca d. 5.2.0. et sono per tanti homini seu giornati che hanno fatigato in lo cavare de ditti cantoni et pet.a, como appare per una lista nce ha dato li ditti mast.o iosep et comp.i.”[cdxlv]

Crotone, baluardo Don Pedro. Le armi dell’imperatore Carlo V e del vicerè D. Pedro de Toledo scolpite nella pietra di Mesoraca.

Al baluardo Marchese

Con il periodo di rallentamento dei lavori dovuto alla mancanza di denaro, che caratterizzò la primavera-estate del 1546, scarsa risulta la presenza dei lavoratori di Mesoraca nella fabbrica. Nella seconda metà del mese di maggio 1546, Franc.o de Pachi “et comp.o de mosoraca”, compaiono tra i “quatrari che coglino la savurra appresso le carra dela iornata”,[cdxlvi] attività, la loro, che proseguì durante l’estate,[cdxlvii] mentre “allo spontoni detto don pedro” lavorarono Pet.o Greco[cdxlviii] e Bifano Russo.[cdxlix]

Nel mese di settembre, però, con la ripresa dei lavori di scavo al baluardo Marchese, la presenza dei mesorachesi al lavoro divenne più rilevante. Nella seconda metà del mese si lavorò “allo cavam.to delo spontoni detto marchese”, e “in lo cavam.to se fa per la corte, in lo quale nce havera de venire la lamia dela tronera”, dove fu impegnato Iac.o Ferolito.[cdl] Qui, durante il corso del mese di ottobre, lavorarono anche Io: Grano,[cdli] Ferr.ti Schipano,[cdlii] Cicco Yannichi, Vinc.o de Giglo, Ces.o Cropanisi, Paulo Cropanisi, Ioanni Milioti e Leoni Santisi.[cdliii]

Durante la seconda metà di novembre e nella prima metà di quello di dicembre, “al Cavam.to dela lamia deli ditti dui troneri”, lavorarono Paulo Cropanisi, Ioanni Merlo, Io: Cola Gargano, Io: Vennere, Io: Battista de Roberto, Cicco Yannichi,[cdliv] Vano Cropanisi, Antoni Puglisi,[cdlv] Aurelio Trussa e Pelegrino Mellachi.[cdlvi]

Alla metà di ottobre, un gruppo di mesorachesi si ritrova anche “al terra pieno dela cortina delo spontoni detto don pedro Quali tera verso lo castello affaccianti ad mare”, dove lavorò Cicco Yannichi.[cdlvii] Agli inizi di novembre, qui furono al lavoro anche Leoni Santisi, Paulo Cropanisi, Vano Cropanisi, Antoni Puglisi, Minico Zagarisi, Paulo Molinaro e Ioanni Milioti.[cdlviii] Alla metà del mese vi ritroviamo anche Aurelio Trussa, Leoni Santisi, Nardo Zagarisi e Ioanni Milioti.[cdlix]

Il ponte d’accesso alla porta della città e i baluardi Marchese e Toledo, nel particolare di una veduta di Crotone di Thoma Dessoulavy (XIX sec), conservata alla Biblioteca Apostolica Vaticana.

L’abbattimento delle vecchie mura

A partire dalla metà del mese di ottobre, i “perratore” di Mesoraca furono impegnati a diroccare le vecchie mura della città. Tra coloro “che deroccano le mura vechie delo fosso incommenczando dalo muro delo labro delo fosso che tera dalo spontoni detto marchese et veni suso verso la porta et lo muro dela creta avanti santo franc.o lo novo”, troviamo Marco Greco, Gori de Lamanno, Ces.o Mazuca, Leoni Santisi, Franc.o de Giglo, Iac.o Admirato, Virgilio de Giglo, Io: Battista Camp.ro, Ioanni del Ungaro, Cicco Guczo alias Nig.o, Pet.o Cocza, Bar.lo Caputo, Marco Gattu e Franc.o Fancella.[cdlx]

Nelle settimane successive e continuando nel mese di dicembre,[cdlxi] si proseguì a diroccare “le mura vechie delo fosso de lo rebellino de santa clara et altri parti”, “in deroccare le mura vechie dela terra”, e “in deroccare le mura vechie delo fosso” dove, ai sopra menzionati perratori, si aggiunsero anche Ioanni de Natali, Salvatore del Ungaro, Ferr.ti Milito,[cdlxii] Ger.mo Milito, Minico Guczo,[cdlxiii] Ant.o de Amato e Vinc.o Grandello.[cdlxiv]

I primi mesi del 1547

Scarso è l’impiego dei lavoratori mesorachesi durante i primi mesi del 1547. Ai primi di gennaio troviamo Io: Battista de Roberto e Cesaro Cavallo impegnati “ad serrare uno pertuso delo muro vechio dela Citta in la Caperrina”,[cdlxv] mentre proseguì il “cavamento” “dela ala del sponton detto marchese et Cavalere de quello”, dove furono impegnati Franc.o Meczarola[cdlxvi] e Cola Guczo.[cdlxvii] Quest’ultimo, insieme a Gesimondo Varvere e Fer.ti Melito, fu impegnato anche “al terrapieno dele lamie et cont.a forti delo sponton detto marchese” fino ai primi di marzo.[cdlxviii]

Gli affari di Augustino Polliczi

Alla fine di febbraio del 1548, Aug.no Pollize o Pullicze “de mosor.ca” si impegnò a rifornire la Regia Corte con canne 65 “de pet.a per terra”. Relativamente a ciò fu pagato in diverse soluzioni, fino “ad Complim.to” il giorno 20 di maggio quando, complessivamente, incassò ducati 149.2.10 per tutta la fornitura. Ai primi di febbraio dell’anno dopo, lo stesso Pollize riforniva la Corte prima, con 50 canne di pietra e, alla metà di aprile, con una seconda fornitura di canne 29 ½ “de pet.a”, incassanto complessivamente ducati 182.4.5.[cdlxix] In questa seconda occasione, fu retribuito anche per 12 canne di pietra che “have Consig.to de piu delo sop.to partito”, incassando ulteriori 24 scudi.[cdlxx]

Ritroviamo ancora il Pollize ai primi di febbraio del 1550 quando, insieme a Rafael Prants “habitante in cotrone”, uno dei ufficiali regi più importanti della fabbrica, avendo costui ricoperto l’incarico di “regio pagatore” (1545-1546), si impegnava per un “partito de pet.a” di canne 100 con il quale doveva rifornire la “R.a fab.ca per tutto il mese de aprile px.o futuro”, ricevendo la metà dell’intera somma pattuita (d. 230.0.0),[cdlxxi] mentre, l’altra metà la incassava il 5 di aprile di quell’anno.[cdlxxii] Ai primi di giugno del 1550 Aug.no Polize era pagato “per lo prezo de canni n.o 73 ½ de pet.a condutta per terra incannata al fosso del Castello” (d. 169.0.5).[cdlxxiii] Lo ritroviamo ancora alla fine di settembre di quell’anno, quando si segnala tra coloro che portarono “Pet.a per terra portata dali 25 de aug. fino addi 27 de 7mbro sie pagata alla ragione solita de can.ni 23 la c.a.”, e fu retribuito con la somma di ducati 124.4.13 ½ per aver portato canne 54 ¼ di pietra.[cdlxxiv] Alla fine di novembre, “si come appare contratto de not.o ber.no de nola de Cotrone”, “Augustino pollize de mesuraca et rafael prants insolidum”, si impegnavano a rifornire la “rx.ia fabrica per tutto il mese de aprile p.e futuro” con “c.ne 100 di pet.a per terra” ricevendo ducati 210.0.0.[cdlxxv]

Il lavoro nella cava (da pierres-info.fr).

L’argano, il verricello e il paranco

La presenza delle macchine necessarie al sollevamento di grandi pesi nei diversi cantieri della fabbrica di Crotone, si registra già sul finire del 1485, quando è documentata l’opera del mastro d’ascia “pressano de mayencia” di Crotone che “fichi lo gargano novo”.[cdlxxvi] L’uso dell’ “argano” e del verricello (“manganello”) di legno,[cdlxxvii] dotato di “Cascia”,[cdlxxviii] di mozzo o “moyulo”[cdlxxix] e di “pedistalli” fatti con “li trave”,[cdlxxx] risulta documentato per “xippare” o “cavare” le pietre dal mare[cdlxxxi] e per “per salire la petra” necessaria all’edificazione delle nuove costruzioni.[cdlxxxii] Per compiere tali operazioni, l’uso dell’argano era abbinato a quello del paranco che, in funzione del numero di pulegge (“pilegii”) di cui era dotato, consentiva di moltiplicare la forza motrice prodotta.[cdlxxxiii] Nei manuali della fabbrica di Crotone, tra gli altri, si menziona l’uso di un paranco dotato di tre “pilegi”.[cdlxxxiv]

Il paranco era costituito da una “taglia” fissa sospesa e collegata con la corda ad un’altra mobile che reggeva il carico. Ciascuna delle due taglie era costituita da una cassa formata da due maschette di legno, dove si trovavano alloggiate le pulegge fermate con perni di ferro. Nei casi in cui si cita la lavorazione di “brunzini”[cdlxxxv] e l’acquisto di “bronczini per li pelegii del barconi”,[cdlxxxvi] si evidenzia che tali pulegge erano di bronzo. L’usura continua a cui erano sottoposti questi materiali, dovuta al costante impiego, è evidenziata dall’approvvigionamento continuo di taglie e pulegge da parte della Regia Corte.[cdlxxxvii]

Per tale bisogno, altrettanto continuo risulta l’approvvigionamento del cordame neccessario per allestire i paranchi e per imbracare i pesi, come “paromi”[cdlxxxviii] o “Capo paroma”,[cdlxxxix] “cannavo per fare paromi”,[cdxc] “parichiari”[cdxci] e “corda grossa per intagliare li argani”,[cdxcii] oltre al grasso (“sivo”) necessario ad ungere tale cordame, considerata la frizione e la tensione alla quale risultava sottoposto.[cdxciii]

L’uso del manganello a volte detto anche “rustico”,[cdxciv] risulta documentato anche per tirare l’acqua dai pozzi[cdxcv] e per eliminare l’acqua presente negli scavi di fondazione. In questo caso, lavorando “con lo manganello et con li barrilacze”, coloro che avevano il compito di azionare la macchina,[cdxcvi] agivano in collaborazione con colui “che sta ad bascio et empie li barrilacze”.[cdxcvii]

Uso del “manganello” durante i lavori di costruzione delle mura di una città.

Alla cortina del Critazzo

Ai primi di settembre del 1549, troviamo i devastatori di Mesoraca impegnati nel difficile e rischioso “Cavame.to dela Cor.na del Cretazo delo Castello”, cantiere che sarà funestato da incidenti e lutti dove, nel corso dei mesi di settembre, ottobre e novembre, lavorarono Pet.o Gallea,[cdxcviii] Minico Admerato, Franc.o Migale, Ant.no Labatissa, Paulo de Fini,[cdxcix] Thomaso Yordano, Agatio de Tristaino, Salvatore Filocramo,[d] Mario Rotella[di] che rimarrà ucciso alla fine di novembre,[dii] Luca Arango,[diii] Bap.ta Covello,[div] Ces.o Poglese o Puglese, Ber.no Caulo,[dv] Cola Taberna, Ant.no Borrello,[dvi] Scipio Doranti, Marco Lordino o Luttino e Nardo Mighale.[dvii]

Anche agli inizi del nuovo anno il lavoro dei mesorachesi risulta concentrato “al Cavam.to dela cor.na del Cretazo del castello” dove, nel corso del mese di gennaio, lavorarono Pinto Duranti, Cesaro Poglese,[dviii] Marco de Parisi,[dix] Bernabo de Caccuri, Ioanne Melioti, Franc.o Fancella, Cesaro deli Chiani, Ger.mo Scip.o, Ioanni Grano, Michele Infosino, Cola Poglese, Minico Admerato e Bar.lo Neap.no.[dx]

Il baluardo Santa Maria e la cortina del Critazzo del castello di Crotone.

La pietra

Il reperimento della pietra necessaria per la costruzione, fu sempre uno dei principali problemi da affrontare in occasione dei lavori di una fabbrica. Alla fine del periodo aragonese, la fornitura della pietra necessaria alla fabbrica, che rimase tutta a carico dell’università di Crotone, fu di “cinq.e milia Carrate de petra portano li citatini dela Cita de Cotroni”.[dxi] Questo materiale, oltre a provenire dal “vallone di sanda”,[dxii] da “lo bossco” o “li boscy” di Isola[dxiii] e dallo “prastio”,[dxiv] fu reperito principalmente “dali colonni”,[dxv] luogo da cui la pietra fu trasportata con le imbarcazioni “et discarricata allo molo de ipsa Cita”, per essere poi trasportata con i carri alla fabbrica.[dxvi]

Alla metà del Cinquecento, la quantità di materiale necessario ai lavori, di gran lunga maggiore, determinò lo sfruttamento sistematico di tutte le risorse presenti nei dintorni della città, con l’apertura di cave necessarie per l’approvvigionamento di cantoni tagliati a misura, di pietra “de calce” e di pietra “de fab.ca”.[dxvii] Tra le diverse cave che furono in esercizio in diverse località, tra cui Alfieri, Sanda, Alice,[dxviii] Le Castella,[dxix] Castellachi e Nao, notevole importanza ebbe “la perrera dela Corte” posta a “Sanbiasio”[dxx] dove, per portare la pietra “dal tenim.to de sanbiasi in la r.a fab.ca”, la Corte pagò la ragione di carlini 15 la canna.[dxxi] Qui fu “soprastante in le Carre che portano la pet.a del tenim.to de Sanbiasio” Io: Pietro de Pedace.[dxxii]

L’attività estrattiva in una cava (da e-codices.unifr.ch).

Perratori a San Biasio

A cominciare dai primi di ottobre del 1549, risultano i pagamenti “in conto” di alcuni gruppi di “perratori” di Mesoraca che “ad r.ne de Car.ni Cinque la c.a per accor.o fatto”, lavorarono al taglio della pietra per la Regia Corte “in lo tenim.to de sambiasio” dove, al tempo, esistevano ancora le antiche rovine della città greca.

Qui risulta che furono al lavoro “Masi Scipano et compagni de mesoraca”, “Gori Lamanno et comp.i de mesuraca”, oltre a “ Bap.ta de roperto” “et comp.i de mesoraca”.[dxxiii] Il loro lavoro proseguì nei mesi di ottobre,[dxxiv] novembre[dxxv] e dicembre, quando risulta che furono impegnati anche “pet.o Salcone et comp.i de mesoraca” e “Ioanne de natali et Comp.i”.[dxxvi] Alla metà di novembre, tra coloro che lavorarono “in fare una Casaza dent.o lo castello per starence dent.o la artigleria”, si ritrova Vinc.o Grandello di Mesoraca.[dxxvii]

I perratori di Mesoraca “che fanno pet.a in Sanbiasio per la Corte ad r.ne de Car.ni Cinque la c.a”, continuarono la loro attività nel corso del mese di gennaio, quando furono al lavoro “pet.o salcone et comp.i de mesoraca”, “battista de ruperto de mesuraca” e “masi Scipano et compagni de mesuraca”,[dxxviii] gruppi che ritroviamo impegnati fino al mese di agosto.[dxxix] Ad iniziare dalla fine di agosto si aggiunse loro anche un nuovo gruppo, costituito da Cicco Molinaro e Minico de Giglo[dxxx] mentre, alla fine di settembre si evidenziano al lavoro anche “Ioanne tropiano et Comp.i de mesoraca”,[dxxxi] e agli inizi di ottobre, “bar.lo Caputo et compagni de mesuraca”.[dxxxii] A cominciare dalla metà di settembre il loro lavoro si estese anche “in lo tenim.to de Cotrone loco detto Caramalli”, dove “bap.ta de roperto et compagni de mesuraca”, lavorarono a tagliare pietra alla solita “r.ne de car.ni Cinque la c.a”.[dxxxiii]

Il lavoro dei diversi gruppi di perratori continuò durante i mesi di ottobre, novembre e dicembre,[dxxxiv] quando si evidenziano i gruppi costituiti da “Ioanne tropiano et luca arango de mesuraca”, “Cicco molinaro laurenzo palazo et minico de giglo de mesuraca”,[dxxxv] e quello guidato da Masi Scipano di cui facevano parte anche “ber.no molinaro et ioanne de falco”,[dxxxvi] e “and.a greco de mesuraca”.[dxxxvii]

Oltre a tale attività, in questo periodo, i perratori di Mesoraca furono impegnati anche in altri luoghi della città dove necessitava il loro prezioso contributo. Ai primi di dicembre ne troviamo alcuni al lavoro “alli mura vechie” dove, “Ant.no la batissa, battista de roperto et comp.i de mesuraca”, lavorarono per sette giorni “in deroccare uno pezo de muro del fosso dela Citta”.[dxxxviii]

I lavoratori preparano e trasportano la pietra necessaria alla costruzione dell’edificio (da wikipedia).

Al baluardo Toledo

Alla fine del mese di agosto 1550, tra i lavoratori che furono impegnati “a levare et cacziare la terra Quali casco dent.o lo Cavam.o del torr.ne tol.o dent.o la frab.ca”, si segnalano i mesorachesi: Todaro Grastello, Micheli Infosino, Pet.o Capichiano, Alfonso Maczulla e Ces.o Denaro.[dxxxix]

Appendice

Collettiva Onomastica Mesoraca 1484-86

A) Dactilo de Arena. D) Cola de Dactolo. L) Iohanni Lice. M) Nucziato delo Massaro. P) Carlo de Paterno, Cola Pectinato. R) Ioanne de lo Russo, Fortino Rotella. S) Io: Nardo de Sorvello o Sarvello, Ant.o Salamone. T) Iohanni de Triolo o Tiriolo, Bamunti de Turi.

Collettiva Onomastica Mesoraca 1541-50

A) Santto delo Abbati “frati” del monastero di S.ta Maria delle Grazie di Crotone, Ant.no Labatissa (perratore), Ber.no Admerato, o Admirato, Minico Admirato o Admerato, Bar.lo de Alexio, Ant.o de Amato, Antonino de Amato, Ber.no Amoruso, Antonio d’Andali, Cola de Andalo, Minico d’Andali, Paulo d’Andalo o d’Andali, Rugeri d’Andali, Vinc.o d’Andoli o d’Andali, Antonino de Apriglano, Marco Antonio de Apriglano, Filippo de Apriglano, Iac.o de Apriglano, Luca Arango (perratore), Marco Arango, Cola de Arena, Minico de Arena, Pet.o de Arena, Agatio Automare, Ger.mo Automare “sta in mosoraca”.

B) Glorioso Barbaro, Battista Barberi, Gesimondo Varvere, Fer.ti Belloro, Nutio o Notio de Biasi (sindaco), Cicco Biscardo, Alexandro Buccuto, Ant.no Borrello, Cola Borrello, Ferranti de Burrello, Franc.o Borrello, Thiberio Bracali, Tadeo Brassco, Aristotile Briczi, Io: Ant.o dela Bruna, Cola o Colella Brundo/Brundello.

C) Bernabo de Caccuri, Ioannello de Cayvano, Io: Ber.no Cayvano “de mosoraca sta in cotroni”, Antoni o Ant.no Campagna, Antonello Campagna, Ambrosi Campanaro, Cola Campanaro, Franc.o Campanaro, Ioanni Camp.ro, Io: Battista Camp.ro, Marco Campanaro, Pet.o Angelo Campanaro, Petro Canzoneri, o Capichiano, Cola de Capua (sindaco), Bar.lo Caputo (perratore), Paulo Caputo, Agatio de Cara, Alex.o de Cara, Ioanne de Cara, Sarro Carcagno, Minico Carcello, Aniballi o Balli Carrano, Ioanni Casaczuni, Ant.no Catalano, Angelo Catan.ro, Minico Catanczaro, Ber.no Caulo, Antonino Cavallo, Cesaro Cavallo, Ioammarco Cavallo, Paulo Cherrello, Cesaro deli Chiani, mastro Masi Mazuca o Chiapparo “sta in cutro”, Vic.o Cicza, Iac.o Conti, Ber.do Cosentino, Bap.ta Covello, Ces.o Cropanisi, Cicco Cropanisi, Febbio Cropanisi, Minico Cropanisi, Nardo Cropanisi “sta in cotroni”, Pantalo Cropanisi, Paulo Cropanisi, Petro Cropanisi, Vano Cropanisi, Andrea Coyello, Angelo Cuyello, Antonino Coyello, Io: Battista Coyello, Io: Dominico Coyello, Minico Coyello, Thomasi Coyello, Alfonso Culosino o Colosimo, Pet.o Cocza, Ant.no Curchio, Ioanni Greco alias Curchio, Meriano Curto.

D) Luca Dardano, o Denaro, Loysio de Donato, Nisi de Donato, Cicco Duranti, Franc.o Doranti, Laurentio Duranti, Masi Duranti, Pinto Duranti, Scipio Doranti.

F) Matteo Facellari, Paulo Facellari, Ger.mo Facenti, Ioanni de Farco o de Falco (perratore), Cesaro de Farco, Bap.ta Fanchella, Franc.o Fancella, Iac.o Ferolito, Desiderio Ferraro, Franc.o Ferraro, Minico Ferraro, Petro Ferraro, Cruchetto Ferraro (quatraro), Paulo dela Ficu, Salvatore Filocramo, Cola Fixella, Paulo de Fini, Marco de Florio “quatraro”, Dalfino Focarello, Ger.mo Foresta, Matteo Fortino, Saladino de Foti, Napoli de Franc.o.

G) Ger.mo lo Galanti, Pet.o Gallea, Antoni Gargano, Ioancola Gargano, Antonino Gattu, Cicco Gattu, Marco Gattu, Sansoni Gattu, Marco Gautere, Cola Ioanne de Giglo, Franc.o de Giglo, Ioanne Ant.o de Giglo, Io: Iac.o de Giglo, Io: Marco de Giglo, Ioanpetro de Giglo (perratore), Minico de Giglo (perratore), Nicodemo de Giglo, Vinc.o de Giglo, Virgilio de Giglo (perratore), Minico de Granata, Vinc.o Grandello, Ber.no Grano, Ger.mo Grano, Grandonio o Grandimo Grano, Ioanni Grano, Ioanne Grano “piccolo”, Ioanni Grano de Santto, Luca Grano, Petro Grano, M.o Antonino Grastello, Cruciano Grastello, Todaro Grastello, And.a Greco (perratore), Ant.no Greco, Antonello Greco, Cicco Greco, Ioanthomasi Greco, Ioanni Greco alias Curchio, Marco Greco, Nisi Greco, Pet.o Greco, Cola Franc.o de Grimaldo, Franc.o de Grimaldo, Martino de Grimaldo, Cicco Guczo de Loysio, Cicco Guczo de Matteo, Cicco Guczo alias Nig.o, Cola Guczo, Fabbio Guczo, Minico Guczo, Cola Guerrere, Consalvo de Guglermello, Antoni de Guidocchio.

I) Cesaro Yannichi, Cicco Yannichi, Leuni Iannichi, Minico Yannichi, Antonino Yannino, Minico de Yasco, Paulo de Iarmella, Cola Yermanella, Micheli Infosino o Fusino, Vittorio de Ioannella, Cola Iordano, Thomasi Iordano, Minico Iuda, Ces.o de Iuliano, Cola Iurlandino.

L) Antoni de Lamanno, Bar.lo de Lamanno, Ber.no Lamanno, Cola de Lamanno, Gori de Lamanno (perratore), Vest.o de Lameria, Cola Lamposa, Antonio Licu o deli Cui, Antonello Licu, Bar.lo Licu, Cicco Licu o Lico o Lici, Ger.mo Licu, Martino de Liotta, Ces.o de Lisia, Antoni de Luca, Ber.no de Luca, Cola de Luca, Honorato de Luca “sta in la serra de mosoraca”, Marco Lordino o Luttino.

M) Ces.o Mazuca, Cola Maczuca, Ioanni Maczuca “sta in cotroni” (garczone), mastro Masi Mazuca o Chiapparo “sta in cutro”, Meriano Maczuca, Pomponio o Pompeo Maczuca, Alfonso Maczulla, Scipio Mancuso, Antoni Manguni, Augustino Manica, Ger.mo Marando, Io: Ant.o Marchisano, Alfonso Maurichi, Cola de Mauro, Io: Dominico de Mauro, Thomasi de Mauro, Ioanni Mautisi o Maltisi, Ger.mo de Mavilia, Franc.o Meczarola, Pelegrino Mellachi, Ces.o Merinaldo, Ioanni Merlo, Bar.lo de Mosoraca, Antonino Mighali “de mosoraca sta in cotroni” (garczone), Franc.o Migale, Ces.o Mighali, Paulo Mighali, Nardo Mighale, Ant.no Milea, Cola Ioanne Milea, Desiderio Milea, Marco Milea, Marco Antonio Milea, Antonello Milito o Meliti, Colangelo Militi, Ber.no Milito, Ferr.ti de Milito o Melito, Ger.mo Milito, Paulo Militi, Stephano Militi o Meliti, Angelo Milioti, Antonello Milioti, Ber.do Milioti, Ioanni Milioti o Melioti, Cicco Minico, Ioanni Miniscalco, Angelillo Molinaro, Ber.no Molinaro (perratore), Cicco Molinaro (perratore), Ioanni Molinaro, Io: Antonio Molinaro (sindaco), M.o Iosep Molinaro, Paulo Molinaro, Pet.o Angelo Molinaro, Vano delo Monaco, Rinaldo Morano, Cicco Muto o lo Muto.

N) Ber.no de Napoli, Ioanni de Natali (perratore), Bar.lo Neap.no, Gratio de Nicola, And.a de Nicoletta, Minico de Nicotera, Mase de Nicotera, Cicco Guczo alias Nig.o, Alfonso de Nola, Paulo Nusca.

P) Fran.co de Pachi (quatraro), Ant.no Pagano, Augustino Pagano, Laurenzo Palazo (perratore), Antonino Pandolfo, Nocentio Pandolfo, Marco de Parisi, Tadeo de Paterno, Minico de Piccolo, Alfonso Pifano, Fran.co Pinello, M.o Antonio Pixoni o Pixoneri alias de Aprigliano, M.o Nardo Pixoni o Pixoneri, Romano de Pictari “habitanti in mesuraca”, Salvo o Sarro de Polito, Ant.no de Ponczo, Antonio Possaessere, Bactimo o Vattimo delo Previti o delo Preyte “habitanti in mosuraca”, Luca de Priamo o de Priano, Angelo Puglise, Ant.io Puglisi, Cesaro Poglese o Puglese, Cola Poglese, Iac.o Puglisi, Matteo Puglisi, Ant.no Policzi, Aug.no Pollize, Carlo Puliczi, Colant.io Policzi, Filippo Policzi, Taviano Pulliczi, M.o Loise de Puchio o de Puccio, Marino de Puccio, Salvaturi Putrino.

R) Ant.no lo Ragaczo, Iosep de Rende, Colantonio Riccha, Iac.o Riccha, Andria delo Riczo, Cicco Riczuto, Indino Riczuto, Ioanne Riczuto, Vittorio Riczuto, Io: Battista de Roberto, de Roperto o de Ruperto (perratore), Ant.o Rotella, Cola Rotella, Ger.mo Rotella, Mario Rotella (quatraro), Paulo Rotella, Angelo de Rugeri, Bifano Russo, Caraczulo delo Russo, Iacopo Russo, Io: M.a delo Russo, Io: Matteo Russo, Luca Russo, Paulo delo Russo.

S) Ber.no Salamuni, Antoni Salernello, Antonello Salarnello, Pet.o Salcone (perratore), Battista de Salerno, Cola Salerno “quatraro”, Cola de Santta, Leoni Santisi, Cicco Schipano, Ferr.ti Schipano, Filippo Schipano, Ger.mo Schipano o Scipano, Masi Schipano o Scipano (perratore), Scipione Schipano, Felici de Sergi, Thodaro Soniti, Io: Ger.mo de Stefano, Demo Surraca, Ioanne Surraca “de mosoraca sta in cotroni” (garczone).

T) Cola Taberna, Costantino de Taberna, Franc.o Tabernisi, Antonino Taliano, Cicco Tassitano, Cola Tassitano o Taxitano, Cola de Pet.o de Tillari, Agatio de Tristaino, Andria de Tristaino, Antonino de Tristianico o de Tristaino, Cola Franc.o de Tristiano, Franc.o Tristiano o Tristianico, Gratio de Tristayno, Filomeno de Tristiano o Tristianico, Ioanne Tropiano (perratore), Antoni Trussa, Aurelio Trussa, o Truxa o Trussa, Paulo Truxa, Tusu Trussa, Io: Benvenuto Tudisco, Matteo Turturella, Cola Tuscano, Ioanne Tuscano, Io: Laurentio Tuschano, Nardo Tuscano.

U) Ioanni del Ungaro, Salvatore del Ungaro.

V) Io: Thomasi Valenti “de Cotroni sta in mosoraca”, Loysio delo Valloni, Thomasi de Vasilotta, Taviano Vecchio, Cicco Venincasa, Io: Vennere, Ferr.ti de Vennere, Ioanne Vermello, Ioanne Verticello o Verinello, Ioanni Vinchi, Siliveri Vinchi, Antonino Vitaliano, Matteo de Vuda.

Z) Minico Zagarisi, Nardo Zagarisi.

Note

[i] ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 6v; fslo 2, inc. 2, f. 4.

[ii] ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 31v; fslo 2, inc. 2, f. 43.

[iii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 9.

[iv] ASN, Fs. 196 fslo 3, f. 6v.

[v] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, pp. 399-403.

[vi] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 4.

[vii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 179v.

[viii] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 5; fslo 5, f. 179; fslo 6, ff. 4, 61, 279.

[ix] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 23v.

[x] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 26.

[xi] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 28, 29.

[xii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 47.

[xiii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 180; fslo 6, ff. 113; 229v.

[xiv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 83.

[xv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 136v.

[xvi] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 141v, 147.

[xvii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 147v.

[xviii] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 49v, 92.

[xix] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 163; Fs. 196 fslo 6, f. 17.

[xx] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 1, ff. 23, 35; inc. 2, f. 11.

[xxi] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 26.

[xxii] ASN, Fs. 197 fslo 6, f. 315v; fslo 7 ff. 130v, 133, 136v; fslo 8, ff. 45v, 64v, 94.

[xxiii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 54v; fslo 6, ff. 24v, 290.

[xxiv] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 86; fslo 6, f. 328v.

[xxv] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 1, f. 31v.

[xxvi] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 1, f. 7v.

[xxvii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 17.

[xxviii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 22v.

[xxix] Fonti Aragonesi, Fabrica Castri Cotroni, p. 21.

[xxx] Fonti Aragonesi, Fabrica Castri Cotroni, p. 21.

[xxxi] Fonti Aragonesi, Fabrica Castri Cotroni, pp. 21-22 e 28.

[xxxii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 1, f. 31v.

[xxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 33v.

[xxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 55v.

[xxxv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 201v.

[xxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 189.

[xxxvii] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 150, 201v.

[xxxviii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 182.

[xxxix] ASN, Fs. 187 II fslo 3, ff. 144v, 150.

[xl] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 172v.

[xli] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 20v.

[xlii] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 91v.

[xliii] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 172.

[xliv] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 1, f. 29v.

[xlv] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 5v.

[xlvi] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 140.

[xlvii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 280.

[xlviii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 180.

[xlix] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 140.

[l] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 1.

[li] ASN, Fs. 196 fslo 3, f. 13v.

[lii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 79v.

[liii] ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 33v.

[liv] ASN, Fs. 196 fslo 3, f. 2.

[lv] ASN, Fs. 196 fslo 3, f. 2v.

[lvi] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 1, f. 29v.

[lvii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 1, ff. 30, 31v.

[lviii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 19v.

[lix] ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 36v.

[lx] ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 87v, 98, 114, 193.

[lxi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 202v.

[lxii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 73v e 77v.

[lxiii] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 108.

[lxiv] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 222v.

[lxv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 229.

[lxvi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 202v.

[lxvii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 138, 152v.

[lxviii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 92.

[lxix] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 126, 131, 135v.

[lxx] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 85v.

[lxxi] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 102v.

[lxxii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 201.

[lxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 108.

[lxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 108; fslo 5, f. 119.

[lxxv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 97v.

[lxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 134v.

[lxxvii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 178v.

[lxxviii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 30.

[lxxix] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 13v.

[lxxx] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 23.

[lxxxi] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 134v.

[lxxxii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 150.

[lxxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 159v.

[lxxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 184.

[lxxxv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 201v.

[lxxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 17v.

[lxxxvii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 18v-19.

[lxxxviii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 21v e 23.

[lxxxix] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 100.

[xc] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 150.

[xci] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 2.

[xcii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 109v.

[xciii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 2v; fasc. 7 ff. 51v, 97v, 149.

[xciv] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 51v.

[xcv] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 51v.

[xcvi] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 263.

[xcvii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 73v.

[xcviii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 98.

[xcix] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 116.

[c] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 144.

[ci] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 147v.

[cii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 150v.

[ciii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 152.

[civ] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 154.

[cv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 157v-158.

[cvi] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 132.

[cvii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 251v; Fs. 197 fslo 8, f. 45.

[cviii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 234.

[cix] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 25.

[cx] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 28v.

[cxi] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 125-125v, 129v.

[cxii] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 134, 165, 179.

[cxiii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 144.

[cxiv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 159.

[cxv] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 162v.

[cxvi] ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 51v, 52.

[cxvii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 25.

[cxviii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 176.

[cxix] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 12v, 14, 15v.

[cxx] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 37.

[cxxi] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 31.

[cxxii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 28.

[cxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 280.

[cxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 13; fslo 2, inc. 3, f. 23.

[cxxv] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 36.

[cxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 3, f. 1.

[cxxvii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 26.

[cxxviii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 26.

[cxxix] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 25v.

[cxxx] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 36; inc. 3, f. 23v.

[cxxxi] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, ff. 23v. ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, ff. 23v.

[cxxxii] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 154v, 236.

[cxxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 251v; Fs. 197 fslo 8, f. 45.

[cxxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 28v.

[cxxxv] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, ff. 26, 27v.

[cxxxvi] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 94v.

[cxxxvii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 29.

[cxxxviii] ASN, Fs. 197 fslo 8, f. 9v.

[cxxxix] ASN, Fs. 197 fslo 8, f. 14.

[cxl] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 136v.

[cxli] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 126v.

[cxlii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 23.

[cxliii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 221v.

[cxliv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 221v; Fs. 197 fslo 8, f. 14.

[cxlv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 136v.

[cxlvi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 168.

[cxlvii] ASN, Fs. 197 fslo 7, ff. 71, 72v, 77v, 127v, 141, 160.

[cxlviii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 159v.

[cxlix] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 162-162v.

[cl] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 169, 173v.

[cli] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 169.

[clii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 169.

[cliii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 175.

[cliv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 176.

[clv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 186.

[clvi] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 198v.

[clvii] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 178v, 183, 188, 193, 194.

[clviii] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 203, 209, 222-222v.

[clix] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 209, 215v, 222-222v.

[clx] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 209v, 216.

[clxi] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 218.

[clxii] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 230, 237v, 244-244v, 254-254v, 264v-265, 274; fslo 5, ff. 13, 18v, 26v, 34v, 41v-42.

[clxiii] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 15, 20, 29v, 36v, 43; fslo 6, ff. 233v, 240, 247v, 249v, 255v, 258, 276.

[clxiv] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 206v-207, 213, 219v, 225v.

[clxv] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 234v, 241v, 260, 267v, 270; fslo 5, ff. 16v, 22v, 31, 39.

[clxvi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 40, fslo 6, f. 271v.

[clxvii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 40; fslo 6, f. 271v.

[clxviii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 236.

[clxix] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 279v-280.

[clxx] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 29.

[clxxi] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 89.

[clxxii] ASN, Fs. 197 fslo 7, ff. 26v, 42; fslo 8, ff. 45v, 65.

[clxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 3, ff. 2v, 6v.

[clxxiv] ASN, Fs. 1977, f. 84; fslo 8, f. 112.

[clxxv] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 158.

[clxxvi] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 169.

[clxxvii] Fonti Aragonesi, Fabrica Castri Cotroni, p. 22.

[clxxviii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 1, f. 29.

[clxxix] ASN, Fs. 196 fslo 3, f. 3v.

[clxxx] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 12v.

[clxxxi] ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 27v, 36v; fslo 3, f. 12.

[clxxxii] ASN, Fs. 196 fslo 3, f. 2v.

[clxxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 229v, 243; Fs. 197 fslo 2, f. 120; fasc. 7 f. 164.

[clxxxiv] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 161v.

[clxxxv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 126v.

[clxxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 3, f. 2v.

[clxxxvii] ASN, Fs. 196 fslo 3, f. 2v, 12, 14.

[clxxxviii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 3, f. 5.

[clxxxix] ASN, Fs. 196 fslo 3, f. 7.

[cxc] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 160.

[cxci] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 175v.

[cxcii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 156v.

[cxciii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 182; Fs. 196 fslo 5, f. 103v; fslo 6, f. 349.

[cxciv] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 44.

[cxcv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 214v; fslo 7, f. 121.

[cxcvi] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 2, 47; fslo 5, ff. 44, 76; fslo 6, ff. 277v, 315v.

[cxcvii] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 46, 55, 62v, 70v; fslo 6, ff. 280, 290v-291v, 299v, 308v-309.

[cxcviii] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 9, 20, 31, 42; fslo 5, ff. 47, 47v, 48v-49, 56, 57v, 64, 65, 72v, 78v; fslo 6, ff. 281v, 283-283v, 292, 294, 302v, 310, 311v, 319v.

[cxcix] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 51; fslo 6, f. 286.

[cc] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 12, 23, 34; fslo 5, ff. 51v, 60, 67v; fslo 6, ff. 286v-287, 296v, 305.

[cci] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 79v.

[ccii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 83v.

[cciii] Nola Molise G. B., Cronica dell’antichissima e nobilissima città di Crotone e della Magna Grecia, Napoli 1649, p. 63.

[cciv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 188v.

[ccv] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 55, 56; fslo 5, f. 82; fslo 6, f. 324.

[ccvi] ASN, Fs. 187 II, fslo 3, f. 149

[ccvii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 254.

[ccviii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 18v.

[ccix] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 47v.

[ccx] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 82v.

[ccxi] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 88v.

[ccxii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 175v.

[ccxiii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 191v.

[ccxiv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 209v.

[ccxv] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 128; fslo 5, f. 132v.

[ccxvi] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 118.

[ccxvii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 13.

[ccxviii] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 50, 59; fslo 5, f. 84v.

[ccxix] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 324.

[ccxx] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 82v.

[ccxxi] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 303, 312v, 316.

[ccxxii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 348v.

[ccxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 41.

[ccxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 64.

[ccxxv] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 70; fslo 6, f. 335v, 340.

[ccxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 58, 65; fslo 5, f. 87-89v; fslo 6, f. 330.

[ccxxvii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 333.

[ccxxviii] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 65.

[ccxxix] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 91-94, 95-98; fslo 6, ff. 334v, 337, 339, 340v, 342.

[ccxxx] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 71.

[ccxxxi] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 72.

[ccxxxii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 341v.

[ccxxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 107v, 111-111v; fslo 6, f. 358v.

[ccxxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 98; fslo 5, f. 111-111v; fslo 6, f. 359.

[ccxxxv] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 75, 99; fslo 5, f. 113; fslo 6, f. 361.

[ccxxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 75.

[ccxxxvii] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 76, 87, 92; fslo 5, ff. 101, 104v, 109; fslo 6, ff. 346, 350v.

[ccxxxviii] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 89.

[ccxxxix] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 87, 92, 97; fslo 5, ff. 100v, 104v, 108, 112; fslo 6, ff. 345, 350v.

[ccxl] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 83; fslo 5, f. 101v; fslo 6, f. 346v.

[ccxli] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 346.

[ccxlii] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 83; fslo 5, f. 102; fslo 6, f. 347.

[ccxliii] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 83; fslo 5, f. 102; fslo 6, f. 347.

[ccxliv] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 105; fslo 6, f. 351.

[ccxlv] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 87, 88; fslo 5, f. 105v.

[ccxlvi] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 76.

[ccxlvii] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 77, 83, 87, 88, 92, 93, 99; fslo 5, f. 101v, 105v, 108, 109, 113; fslo 6, ff. 346v, 361.

[ccxlviii] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 99; fslo 5, f. 113; fslo 6, f. 361.

[ccxlix] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 100; fslo 6, f. 344v.

[ccl] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 90, 95, 100; fslo 5, ff. 106v, 110v, 114; fslo 6, ff. 353, 358, 362.

[ccli] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 107, 111, 119, 126, 128; fslo 5, ff. 118v, 122v, 127, 132.

[cclii] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 140, 146, 152; fslo 5, ff. 141v, 145, 149v, 154v.

[ccliii] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 170; fslo 5, ff. 158, 162, 167.

[ccliv] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 177.

[cclv] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 115-115v.

[cclvi] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 105, 115, 117, 123; fslo 5, ff. 116v, 124, 125, 128-128v, 134.

[cclvii] ASN, Fs. 196 fslo 4 f. 117; fslo 5, ff. 125v, 134.

[cclviii] ASN, Fs. 196 fslo 4 f. 123; fslo 5, ff. 129v, 134.

[cclix] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 134.

[cclx] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 118.

[cclxi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 126v, 137.

[cclxii] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 119; fslo 5, f. 126v.

[cclxiii] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 110; fslo 5, ff. 119, 120v, 123, 128-128v.

[cclxiv] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 128; fslo 5, f. 132v.

[cclxv] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 168v.

[cclxvi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 180; fslo 6, ff. 113; 229v.

[cclxvii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 150v.

[cclxviii] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 131, 140; fslo 5, ff. 138-139, 143, 147v.

[cclxix] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 131.

[cclxx] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 138; fslo 5, f. 140.

[cclxxi] ASN, Fs. 196 fslo 4 f. 144; fslo 5, f. 144.

[cclxxii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 148.

[cclxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 152v.

[cclxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 144v-145.

[cclxxv] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 151; fslo 5, f. 149.

[cclxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 153v-154.

[cclxxvii] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 157v-158.

[cclxxviii] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 164; fslo 5, f. 157v.

[cclxxix] ASN, Fs. 196 fslo 4 f. 146, 159; fslo 5, ff. 141v, 145, 150, 154v.

[cclxxx] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 164; fslo 5, ff. 158, 162v, 167, 173v.

[cclxxxi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 179, 186v, 194, 203, 214.

[cclxxxii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 223, 233v, 243v.

[cclxxxiii] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 34.

[cclxxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 155v, 158, 163v, 169.

[cclxxxv] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 162, 174, 181; fslo 5, ff. 159v, 164v, 169v.

[cclxxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 162; fslo 5, f. 156v.

[cclxxxvii] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 167.

[cclxxxviii] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 174v; fslo 5, f. 165.

[cclxxxix] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 182.

[ccxc] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 174v, 180v, 187v, 205.

[ccxci] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 205.

[ccxcii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 180v.

[ccxciii] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 175v, 196v, 206.

[ccxciv] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 198.

[ccxcv] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 199v.

[ccxcvi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 207v-208.

[ccxcvii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 184v.

[ccxcviii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 191-192v.

[ccxcix] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 202.

[ccc] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 212v.

[ccci] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 176.

[cccii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 182-182v.

[ccciii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 188-190, 195v.

[ccciv] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 205.

[cccv] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 215v, 224, 236.

[cccvi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 217v-218.

[cccvii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 226v-227.

[cccviii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 227.

[cccix] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 237v-238.

[cccx] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 246v.

[cccxi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 222.

[cccxii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 231-231v.

[cccxiii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 232.

[cccxiv] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 250v.

[cccxv] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 220, 229.

[cccxvi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 239.

[cccxvii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 248v.

[cccxviii] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 254v, 267, 283.

[cccxix] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 258.

[cccxx] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 256.

[cccxxi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 268-268v.

[cccxxii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 284v-285.

[cccxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 285.

[cccxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 256-256v.

[cccxxv] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 268v.

[cccxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 259v, 273.

[cccxxvii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 288v.

[cccxxviii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 262v.

[cccxxix] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 276-276v.

[cccxxx] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 278-278v.

[cccxxxi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 291v-292.

[cccxxxii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 293v.

[cccxxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 281v.

[cccxxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 266.

[cccxxxv] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 129v.

[cccxxxvi] ASN, Fs. 187 II fslo 3, ff. 146, 167v, 196v.

[cccxxxvii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 199.

[cccxxxviii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 163.

[cccxxxix] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 183.

[cccxl] ASN, Fs. 187 II fslo 3, ff. 151, 196v.

[cccxli] ASN, Fs. 187 II fslo 3, ff. 124-125.

[cccxlii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 139v.

[cccxliii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 199.

[cccxliv] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 80, 91v.

[cccxlv] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 182; Fs. 196 fslo 6, ff. 103v, 289; Fs. 197 fslo 2, f. 175v.

[cccxlvi] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 245.

[cccxlvii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 289.

[cccxlviii] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 133, 145v.

[cccxlix] ASN, Fs. Fs. 187 II fslo 3, f. 144v; 197 fslo 2, ff. 2, 172v; fslo 7, ff. 20v, 91v.

[cccl] ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 15; fslo 2, inc. 2, f. 17.

[cccli] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 162v.

[ccclii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 55.

[cccliii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 150.

[cccliv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 201.

[ccclv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 243v.

[ccclvi] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 41.

[ccclvii] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 121v, 125, 208v.

[ccclviii] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, pp. 335-339.

[ccclix] ASCZ, Busta 158, anno 1634, f. 71.

[ccclx] Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.

[ccclxi] ASN, Fs. 197 fslo 1, f. 25.

[ccclxii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 7 e 8.

[ccclxiii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 76.

[ccclxiv] ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 86, 91, 96, 102, 106v, 112, 117v.

[ccclxv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 103.

[ccclxvi] ASN, Fs. 187 II fslo 3, ff. 152, 168.

[ccclxvii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, ff. 119-122.

[ccclxviii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, ff. 133-136.

[ccclxix] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 154.

[ccclxx] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 169.

[ccclxxi] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 169v-170.

[ccclxxii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 186v.

[ccclxxiii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 189v.

[ccclxxiv] ASN, Fs. 187 II fslo 3, ff. 122-123, 155v, 156.

[ccclxxv] ASN, Fs. 187 II fslo 3, ff. 137v.

[ccclxxvi] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 171v-172.

[ccclxxvii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 188.

[ccclxxviii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 189v.

[ccclxxix] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 138v.

[ccclxxx] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 157v.

[ccclxxxi] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 173v.

[ccclxxxii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 174.

[ccclxxxiii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 179v, 191v.

[ccclxxxiv] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 138v.

[ccclxxxv] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 156.

[ccclxxxvi] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 175.

[ccclxxxvii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 183v.

[ccclxxxviii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 184.

[ccclxxxix] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 185.

[cccxc] ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 33v, 38v.

[cccxci] ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 21v, 23v.

[cccxcii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 16.

[cccxciii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 49.

[cccxciv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 60v.

[cccxcv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 65v.

[cccxcvi] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 75v.

[cccxcvii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 55.

[cccxcviii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 56v.

[cccxcix] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 76v.

[cd] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 71v.

[cdi] ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 45v, 56, 61.

[cdii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 68v.

[cdiii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 58.

[cdiv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 102v.

[cdv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 107.

[cdvi] ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 80v, 86, 91, 106.

[cdvii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 86.

[cdviii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 96, 106.

[cdix] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 101.

[cdx] ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 98, 104, 109.

[cdxi] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 102v.

[cdxii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 107, 111v.

[cdxiii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 111v, 113.

[cdxiv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 117.

[cdxv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 79v.

[cdxvi] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 145v.

[cdxvii] ASN, Fs. 197 fslo 1, f. 27.

[cdxviii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 47.

[cdxix] ASN, Fs. 197 fslo 1, f. 27; fslo 2, ff. 52v, 99.

[cdxx] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 221v.

[cdxxi] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 86v.

[cdxxii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 189v.

[cdxxiii] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 112.

[cdxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 328v; Fs. 197 fslo 7, f. 91v.

[cdxxv] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 91v.

[cdxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 104.

[cdxxvii] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 145.

[cdxxviii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 144.

[cdxxix] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 189.

[cdxxx] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 221.

[cdxxxi] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 80v.

[cdxxxii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 91v.

[cdxxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 252v.

[cdxxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 189.

[cdxxxv] ASN, Fs. 187 II fslo 3, f. 132.

[cdxxxvi] ASN, Fs. 197 fslo 8, f. 1v.

[cdxxxvii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 114v.

[cdxxxviii] ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 145v, 153.

[cdxxxix] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 151v.

[cdxl] AASS, vol. 7A.

[cdxli] AASS, vol. 7A.

[cdxlii] AASS, vol. 124B.

[cdxliii] ASN, Fs. 197 fslo 1, f. 56v.

[cdxliv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 138.

[cdxlv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 157.

[cdxlvi] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 126v.

[cdxlvii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 148v.

[cdxlviii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 129v.

[cdxlix] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 133v.

[cdl] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 174.

[cdli] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 189v.

[cdlii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 194.

[cdliii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 207v.

[cdliv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 221.

[cdlv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 226v.

[cdlvi] ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 235, 238.

[cdlvii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 198.

[cdlviii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 212v.

[cdlix] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 220.

[cdlx] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 202v.

[cdlxi] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 233v.

[cdlxii] ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 206v, 214, 218.

[cdlxiii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 226.

[cdlxiv] ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 229-229v.

[cdlxv] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 248.

[cdlxvi] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 252v-253.

[cdlxvii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 281v.

[cdlxviii] ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 286v, 291.

[cdlxix] ASN, Fs. 197 fslo 3, f. 63v.

[cdlxx] ASN, Fs. 197 fslo 3, f. 66v.

[cdlxxi] ASN, Fs. 197 fslo 3, f. 76v; fslo 7, f. 69v; fslo 8, ff. 96, 112.

[cdlxxii] ASN, Fs. 197 fslo 3, f. 76v; fslo 7, f. 84.

[cdlxxiii] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 99v; fslo 8, f. 134.

[cdlxxiv] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 137.

[cdlxxv] ASN, Fs. 197 fslo 3, f. 80v; fasc. 7 f. 163.

[cdlxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 51.

[cdlxxvii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 24v.

[cdlxxviii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 46.

[cdlxxix] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 266v.

[cdlxxx] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 34v.

[cdlxxxi] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 31v.

[cdlxxxii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 214v.

[cdlxxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 298v.

[cdlxxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 298v.

[cdlxxxv] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 136v.

[cdlxxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 20v.

[cdlxxxvii] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 36, 61v; Fs. 197 fslo 7, ff. 94v, 113; fslo 8, ff. 1v, 158.

[cdlxxxviii] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 31v, 36.

[cdlxxxix] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 92.

[cdxc] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 54.

[cdxci] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 201.

[cdxcii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 31v; fslo 7, f. 94v.

[cdxciii] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 61; Fs. 197 fslo 7, f. 94v.

[cdxciv] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 118; fslo 8, ff. 134v, 142v, 160v.

[cdxcv] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 251v; Fs. 197 fslo 2, f. 264.

[cdxcvi] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 160.

[cdxcvii] ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 158.

[cdxcviii] ASN, Fs. 197 fslo 8, f. 7-8v.

[cdxcix] ASN, Fs. 197 fslo 8, ff. 10-11v, 13-13v.

[d] ASN, Fs. 197 fslo 8, f. 14v-16.

[di] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 3v-4.

[dii] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 34.

[diii] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 7v.

[div] ASN, Fs. 197 fslo 8, f. 26v-27v.

[dv] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 15v.

[dvi] ASN, Fs. 197 fslo 8, f. 33v-34.

[dvii] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 19v; fslo 8, f. 41-41v.

[dviii] ASN, Fs. 197 fslo 7, ff. 49, 62; fslo 8, f. 85

[dix] ASN, Fs. 197 fslo 8, f. 69v-70.

[dx] ASN, Fs. 197 fslo 7, ff. 54, 57v-58; fslo 8, ff. 79, 82.

[dxi] ASN, Fs. 196 fslo 3, ff. 7v, 16v.

[dxii] ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 14-14v; fslo 2, inc. 2, f. 18v.

[dxiii] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 21v e 23.

[dxiv] ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 16; fslo 2, inc. 2, f. 18v-19.

[dxv] ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 27v.

[dxvi] ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 22v.

[dxvii] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 172.

[dxviii] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 175, 179v, 189v.

[dxix] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 169.

[dxx] ASN, Fs. 197 fslo 8, f. 108v.

[dxxi] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 166v.

[dxxii] ASN, Fs. 197 fslo 7, ff. 81, 83, 86; fslo 8, f. 110, 111, 111v.

[dxxiii] ASN, Fs. 197 fslo 8, f. 22v.

[dxxiv] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 1v.

[dxxv] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 17; fslo 8, f. 40.

[dxxvi] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 31v; fslo 8, f. 49.

[dxxvii] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 25; fslo 8, f. 44v.

[dxxviii] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 59v; fslo 8, f. 83.

[dxxix] ASN, Fs. 197 fslo 7, ff. 64v, 73v, 88, 90v, 94v, 99, 124v; fslo 8, ff. 86v, 99, 121, 122v, 132, 134.

[dxxx] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 127v; fslo 8, f. 171.

[dxxxi] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 137.

[dxxxii] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 140.

[dxxxiii] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 133.

[dxxxiv] ASN, Fs. 197 fasc. 7 ff. 137, 140, 143, 145, 149, 151v; fslo 8, f. 173.

[dxxxv] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 158.

[dxxxvi] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 163v.

[dxxxvii] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 169v.

[dxxxviii] ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 167.

[dxxxix] ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 125v.


Creato il 24 Febbraio 2015. Ultima modifica: 17 Settembre 2024.

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