Gli Albani di Crotone ed il loro palazzo

Crotone, palazzo Albani.

La costruzione del palazzo

Alessandro Albani si unì con Lucretia Berlingieri, figlia di Annibale e di Laura Suriano,[i] la quale gli portò in dote terreni (la gabella Ancona ed una vigna) e case (di Mendicino e di Quinto Caparra). Sulle case dotali poste in parrocchia di Santa Margarita, che erano state del suocero Annibale Berlingieri, l’Albani costruì il suo palazzo, come si rileva da un documento del 1672. In quell’anno Felice Suriano Ralles, come figlio ed erede, assieme al fratello Diego, dei genitori Scipione e Caterina Geronda,[ii] possedeva un palazzo.

Esso confinava con la casa degli eredi di Pietro Abbate ed era posto di fronte ad un altro palazzo, che era stato di proprietà di Annibale Berlingieri, ma che proprio allora stava fabbricando Alessandro Albani. La nuova costruzione, prima ancora che venisse iniziata, era stata oggetto di un litigio tra i vicini proprietari. In seguito, i contendenti raggiunsero un accordo. Felice Suriano Ralles ed il fratello Diego, rappresentati dal canonico Gio. Battista Suriano, con atto del notaio Isidoro Galatio concessero all’Albani di poter procedere nella costruzione, ma di poter alzare e costruire in una limitata e ben definita maniera.

Crotone, palazzo Albani.

Tuttavia, poco dopo, trovandosi in gravi difficoltà finanziarie, i Suriano Ralles vennero a più miti consigli e decisero di vendere all’Albani il diritto “di poter fabricare in detto suo palazzo quanto vorrà alzare a suo libero arbitrio”, ponendo però, come unica condizione, che costruendo non “si confrontassero le finestre dell’uno all’altro” palazzo. Alessandro Albani sborsò a Felice Suriano Ralles il prezzo di questo diritto, stabilito in ducati sei, “consistentino in tre zicchini d’oro di giusto peso”, e potette così procedere senza alcun impedimento secondo i suoi desideri nella costruzione del palazzo di famiglia, alzando la fabrica a quell’altezza che più gli piacque, solo fece in maniera che le finestre non si “faccifrontassero” l’una all’altra con quelle dei Suriano Ralles.[iii]

La costruzione del palazzo, oltre ad incorporare le case dotali, aveva incluso anche altre piccole abitazioni. Sparirono le case che erano state di Quinto Caparra[iv] e del capitano Mendicino.[v] Poiché su di esse gravavano alcuni oneri dovuti ad enti ecclesiastici, il loro ricordo rimase nel tempo. I figli ed eredi discendenti da Alessandro Albani, pagheranno per tutto il Settecento gli annui canoni dovuti agli enti religiosi, canoni che con la costruzione del palazzo si erano trasferiti dalle case scomparse alla nuova costruzione, rimanendovi infissi.

Il palazzo di Alessandro Albano confinava allora anche con la casa palaziata dei Cimino, che era vicina a quella di Lucrezia Caivano,[vi] che era presso la cattedrale.

Crotone, palazzo Albani.

Crotone, palazzo Albani.

L’ascesa degli Albani

Il vedovo Alessandro Albani, alla fine del Seicento, possedeva il palazzo dove abitava, la gabella Ancona di tomolate 40, volgarmente detta la Mendolicchia di Albano,[vii] la gabella Lampamaro di tomolate 210, parte della quale apparteneva in comune e indivisa, col monastero di Santa Chiara di Crotone, una vigna di tomolate 26,[viii] un vignale di tomolate 50[ix] e due magazzini.[x] Parte di questi beni erano gravati da annui canoni. Doveva pagare alla mensa vescovile (grana 65), alla cappella del SS. Sacramento (carlini 15), all’arcidiaconato (grana 25), al canonicato di San Basilio Magno (carlini 16), ecc.

Dall’unione tra Alessandro Albani e Lucrezia Berlingieri, nacquero Annibale, Bonaventura ed il canonico Paulo Pietro, … .[xi] Morto Alessandro il 3 gennaio 1705,[xii] i beni con i loro oneri passarono ai figli. Sull’operato dei figli ed eredi di Alessandro, gettano luce alcuni documenti dell’epoca. Il canonico Paolo Pietro Albani, rettore del beneficio di iuspatronato della famiglia Berlingieri senza altare e cappella, intitolato a Santa Maria Maddalena, ebbe dapprima il primiceriato e poi fu promosso nel gennaio 1711, al cantorato della Chiesa di Crotone.

Crotone, palazzo Albani.

Ricoprì nello stesso anno anche la carica di vicario capitolare. Alcuni documenti denunciano la sua prepotenza contro coloro che coltivavano i territori vicini alle proprietà di famiglia. Ebbe perciò aspre liti con Gio. Luise Soda, proprietario del territorio di Carbonara.[xiii] Il chierico ed erede Annibale Albani ereditò i beni paterni. Egli si interessò principalmente alla gestione del patrimonio, ed alla valorizzazione ed alla coltivazione dei suoi fondi e di quelli che prendeva in affitto. Disboscò e “rese culto e dell’intutto fruttifero”, il vasto territorio di Lampamaro, tanto da farlo divenire tutto “aratorio”.[xiv]

Si dedicò anche all’allevamento del numeroso bestiame. Ben inserito nel commercio granario era proprietario di un mulino e nel 1717, ottenne dall’università di poter fabbricare un magazzino vicino alla chiesa della SS. Annunciata, fuori le mura della città.[xv] Agì in società con i Berlingieri, infatti nel 1711, per ordine della Regia Udienza di Cosenza, fu carcerato assieme con lo zio Annibale Berlingieri, per essersi opposto alle censure lanciate dal vescovo di Strongoli Tommaso Oliverio contro Nicolò Giunta, erario del feudatario di Strongoli Geronimo Pignatelli, duca di Tolve. Il feudatario era accusato di essersi appropriato della giurisdizione temporale e spirituale della città di Strongoli, usurpando anche alcuni beni della chiesa.[xvi]

Sempre Annibale nel 1720, risulta proprietario delle gabelle Mendolicchia e Lampamaro, del giardino, o vigna, detto Fiorino, del vignale.[xvii] Egli continuava ad abitare con la sua famiglia nel palazzo in parrocchia di Santa Margarita, che confinava con la casa di Mutio Manfredi, via pubblica mediante.[xviii] Maria Maddalena Albani prese il velo nel monastero di Santa Chiara. Fu cassiera (1703), maestra di educande e novizie (1720), e badessa (1721-1724). Clarissa fin dal 1691, morì nel 1737 in clausura.

Annibale Albani si unì con Teresa Ramires. Morto Annibale, nel 1737 il figlio Alessandro ed i suoi fratelli, vengono aggregati al seggio di San Dionisio, andando quindi a far parte dei nobili patrizi della città.

Crotone, palazzo Albani.

La famiglia di Carlo Albani

Dal catasto onciario del 1743, i beni degli Albani risultano intestati al ventitreenne nobile patrizio della città Carlo, figlio di Annibale e di Teresa Ramires. Egli abita nel palazzo in parrocchia di Santa Margarita con i fratelli Bonaventura, Pietro, la sorella Olimpia e la madre vedova Teresa Ramires. Assieme all’erede Carlo abitano il canonico Alessandro, uno dei maggiori mercanti di grano della città, e possessore del canonicato di San Basilio Magno, il canonico Gio. Francesco Albano, possessore del canonicato di San Marco Evangelista, due serve e due servi.

Carlo come erede del padre Annibale, possiede un mulino centimolo macinante, i due territori di Lampamaro e la Cerzulla, la chiusa con vigne ed alberi da frutto di Fiorino, una casa vicino al palazzo, il basso della quale serve per rimessa della sua carrozza. Ha poi due case sempre nella stessa parrocchia che affitta, tre magazzini per conservare il grano al Fosso, alcune vacche, dei buoi e dei vitelli.

Paga ancora i vecchi oneri alla mensa vescovile (grana 65), alla cappella del SS.mo Sacramento (carlini 15), al canonicato di S. Basilio Magno (carlini 16) e all’arcidiacono (grana 25). A questi se ne sono aggiunti altri: al beneficio dell’Epifania della famiglia Berlingieri (carlini 15), alla mensa vescovile (barili 61 di mosto), al monastero di S. Chiara (grana 30), alla parrocchia di S. Veneranda (carlini 10), al Monte dei Morti (ducati 50), al convento dell’ospedale (carlini 15), per due messe settimanali per legato di Teodora Albani (ducati 10 e grana 40), ecc.[xix]

Crotone, androne d’ingresso del palazzo Albani.

Il 26 febbraio 1750 l’arcidiacono Geronimo Suriano unì in matrimonio Carlo Albani e Angela Suriano. Furono testimoni il parroco di Santa Maria Benedetto Avarelli, il decano Filippo Suriano, il canonico Alessandro Albani e altri.[xx] Il 5 maggio dello stesso anno papa Benedetto XIV concedeva ai due sposi l’indulto di costruire un oratorio privato nel loro palazzo.[xxi] Il 15 agosto seguente Carlo Albani veniva eletto sindaco dei nobili per l’annata 1750/1751.[xxii] Carlo Albani con la sua famiglia continuò ad abitare nel palazzo degli Albani, che confinava stretto mediante, il palazzo dei Manfreda, che era situato vicino alla cattedrale.[xxiii]

Cinquanta anni dopo Carlo Albani conservava ancora gran parte dei suoi beni: il territorio la Cerzulla, la vigna di Fiorino, tre case che locava, tre magazzini al Fosso, alcuni buoi aratori e dei giovenchi.[xxiv]

Aveva tre figli maschi, il primogenito Bernardo, il sacerdote Vincenzo e Gioacchino. Il palazzo, i beni e gli oneri passarono al primogenito Bernardo o Bernardino (sindaco dei nobili nel 1800), e da questo a Filippo, il quale come erede di Bernardino, pagava ancora i vecchi annui canoni.[xxv] In seguito il palazzo appartenne a Carlo ed a Gioacchino, quest’ultimo conservava ancora alla fine dell’Ottocento la gabella Mendolicchia.

Arme della famiglia Albani di Crotone: “Spaccato di rosso e di azzurro, alla fascia indivisa d’oro, accompagnata da tre stelle dello stesso, due in capo ed una in punta”.

Note

[i] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 57.

[ii] ASCZ, Busta 253, anno 1671, f. 8.

[iii] ASCZ, Busta 253, anno 1672, f. 30.

[iv] La cappella del SS. Sacramento esigeva un annuo canone di carlini 15 da Alessandro Albani sopra la casa di Quinto Caparra, poi incorporata al palazzo dell’eredi della qm Lucrezia Berlingieri moglie di Alessandro Albani, in parrocchia di S. Margarita. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 88v.

[v] Il canonicato di San Basilio Magno esigeva un annuo canone di carlini 16 sopra le case, situate in parrocchia di Santa Margarita, che erano state del capitano Mendicino, poi di Lucretia Berlingieri d’Annibale e quindi dei figli Pietro, Annibale e Bonaventura. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 145.

[vi] I fratelli Michelangelo, Leonardo, Isidoro e Anna Maria Cimino, possiedono una casa palaziata in parrocchia S. Margarita in una camera, confine le case del Sig. Alessandro Albano, Lucrezia Caivano et altri. ASCZ, Busta 333, anno 1674, f. 83v.

[vii] La mensa vescovile esigeva dall’Albani un annuo canone di grana 15 sulla gabella La Mendolicchia, che era stata di Annibale Berlingieri. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 69.

[viii] La mensa vescovile esigeva dall’Albani un annuo canone di carlini 5 sulla vigna che era stata del fu Annibale Berlingieri. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 69v.

[ix] L’arcidiaconato esigeva un annuo canone di grana 25 sopra il vignale fu di Paolo Jannice oggi vigna dotale di Alessandro Albani. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 133.

[x] Nel 1696 Alessandro Albani fa un contratto con Pietro di Mazzeo che, per duc. 266, si impegna a costruirgli due magazzini. ASCZ, Busta 337, anno 1696, f. 11.

[xi] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 32.

[xii] AVC, Platea Capitolo 1704-1705, f. 15.

[xiii] F. Gonnella, ottiene dal Soda un terreno boscoso per coltivarlo e “si cacciò una cesina alla valle della Cannamasca”, nei pressi del confine tra Carbonara e Lampamaro, e pagava il terraggio a Gio. Luise Soda, padrone di Carbonara. Mentre sta seminando arriva il vicario Paulo Pietro Albani, padrone del confinante vallone di Lampamarello, il quale prende per i cappelli il malcapitato e gli ordina di non coltivare più la cesina. Inoltre, l’Albani manda le sue capre a pascolare dove non è suo, e vi fa fare un termine divisorio con gli zapponi, anzi vuol farvi anche due pilastri di fabbrica. L’Albani, inoltre, preda ed intimorisce i capimandra che pascolano nelle terre vicine. ASCZ, Busta 659, anno 1715, f. 107.

[xiv] Nel 1639 entrarono nel monastero di S. Chiara tre sorelle Susanna, e come dote portarono 12 salmate di terra nel tenimento di Lampamaro, confinante con Carbonara. A quel tempo il territorio di proprietà dei Susanna era “alquanto boscoso”. Passato poi Lampoamaro agli Albani, fu disboscato dai possessori, tanto da essere a metà Settecento reso tutto aratorio. ASCZ, Busta 860, anno 1760, ff. 47-59.

[xv] ASN, Prov. Caut. di Calabria Ultra, 349, ff. 7-8 (1718).

[xvi] Nel luglio 1711 come vicario capitolare della cattedrale di Crotone, Paulo Pietro Albani interviene con un esposto diretto a papa Clemente XI per scarcerare il fratello Annibale e lo zio Annibale Berlingieri. Nunz. Nap. 144, f. 456.

[xvii] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, ff. 37, 49,76 sgg.

[xviii] Il canonicato di S. Basilio esigeva un annuo canone di carlini 16 sulle casa di Annibale Albano. AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 52

[xix] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, f. 37.

[xx] AVC, Libro dei coniugati, par. S. Maria.

[xxi] Russo F., Regesto, XI, 62362.

[xxii] ASCZ, Busta 1063, anno 1751, ff. 65-66.

[xxiii] ASCZ, Busta 1063, anno 1750, f. 24.

[xxiv] AVC, Catasto Onciario Cotrone, 1793.

[xxv] Gli eredi di D. Bernardino Albani, oggi Filippo Albani, pagano a Pasqua sopra la casa del fu Giacinto Caparra in par. S. Margarita carlini 15. AVC, Platea della cappella del SS. Sacramento, 1824.


Creato il 5 Marzo 2015. Ultima modifica: 14 Ottobre 2022.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

*