Dai Vezza ai Cavaliere. Storia di un palazzo di Crotone nel luogo detto Brianda
I Vezza o Viezza
Il “capitan Diego de Veza di nazion Spagnuola”, comandava poco dopo la metà del Cinquecento la compagnia di soldati acquartierata a Crotone. Il suo nome è legato alla repressione dei fuorusciti e del brigantaggio al tempo di Re Marcone.[i] Alcuni anni dopo Manilio Veza, figlio di Josepho e di Faustina Suriano, sposò Isabella Pelusio, figlia di Pietro. Egli possedeva dei terreni a Lo Frasso presso il Neto.[ii] Imparentati con gli aristocratici della città, fecero parte del sedile nobiliare di San Dionisio esercitando le cariche cittadine. Giuseppe Vezza fu più volte sindaco dei nobili (1621 e 1627/1628).
Gio. Geronimo Vezza sposò Hippolita Antinoro che gli portò in dote la gabella “La Pizzutella”, situata vicino al Neto.[iii] Pietro Francesco Vezza fu mastrogiurato (1638) e sindaco dei nobili (1642/1643). Tra i figli ricordiamo Gio. Thomaso, Theresia e Vittoria, quest’ultime educande nel monastero di Santa Chiara. Essi sono descritti come persone nobili ma poverissimi, tanto da chiedere di poter vendere alcuni beni ereditari, per potersi mantenere ed alimentare.[iv]
L’abbate Giacomo Vezza, “dottore dell’una e l’altra legge, gentil’huomo di detta città di Crotone, persona molto dotta e di molta autorità”, possedette l’abbazia di San Giovanni Calibita, che nel 1646 diede in pensione all’abbate Gio. Pietro Suriano, suo concittadino.[v] Veza Mutio fu confrate della confraternita del Rosario (1651). Alla fine del Seicento i Vezza assieme ai Gallucci possedevano il beneficio senza altare e cappella intitolato alla Immacolata Concezione di B. M. V., beneficio che in precedenza era stato di iuspatronato delle famiglie Lucifero Gio. Francesco e Consalvo.[vi] Prima della metà del Settecento la famiglia Vezza non esisteva più a Crotone.
Le case dell’arcidiacono Vezza
Giovanni Martino Vezza ricoprì la carica di arcidiacono della cattedrale di Crotone, che era la dignità maggiore dopo quella vescovile, e possedette il beneficio semplice della Natività di B.M.V., morì nell’ottobre 1654.[vii] Egli era stato proprietario di alcune case, divenute casalini, sulle quali il canonico Gio. Andrea Cavarrretta pagava un annuo censo di ducati 7 ed un tarì, per ducati 90 dovuti al seminario.[viii] Aveva inoltre una casa palaziata in parrocchia di Santa Maria Prothospathariis, vicino alle mura, nel luogo detto “le grotte dell’arcidiacono Vezza” che passò in eredità a Luccia Lucifero.[ix]
All’inizio del Settecento il primicerio della cattedrale di Crotone Geronimo Facente e Benedetto Arrighi, possedevano una casa palaziata con più e diversi membri superiori e inferiori, situata in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis “isolata vicino le mura della città e proprio della Guardiola seu garitta detta di Brianda”. La casa palaziata era stata anticamente di proprietà dell’arcidiacono Gio. Martino Vezza ed era stata da poco “nuovamente fabricata”.[x]
Il “palazzo nuovo”
Passata poi di proprietà del solo Benedetto Arrighi, alla sua morte pervenne al figlio ed erede Gregorio, il quale nel maggio 1728 la vendeva per ducati 840 a Laura Troncè o Truncè, vedova di Giuseppe Fallacca. Nell’atto di vendita il palazzo, chiamato “il palazzo nuovo”, era formato da “più e diverse camere portone di cantoni, cortile, scala di cantoni, loggetta, pozzo, tre magazenelli, uno con la porta di dentro detto cortiglio e l’altri due colla porta di fuori alla strada.”[xi] Esso era situato in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis nel luogo detto Brianda, vicino al “Largo delli Rivellini”, confinava con le mura della città ed era attaccato al magazzino di Santo Pasca e alla casa palaziata del canonico Andrea Quercio,[xii] era anche vicino la casa di Armellina Ricca. Nel catasto onciario del 1743 Laura Truncè, vedova di Giuseppe Fallacca, di 57 anni, abita in casa propria con le figlie Rosa di 20 anni e Anna di 18, e possiede una vigna a Lamposa. Lo stesso palazzo ospitava il fratello Giovanni Truncè, sacerdote di 45 anni[xiii] ed era attaccato a quello degli eredi di Santo Pasca, cioè alla moglie e vedova Isabella Manco di 24 anni, che viveva con le figlie Angela e Rosa.[xiv]
Descrizione del palazzo
Morta Laura Truncè, nel dicembre 1757 gli eredi facevano fare l’apprezzo del palazzo, o continenza di case, situato nel luogo detto Brianda, e confinante solamente da un lato alla casa nuova palaziata che era stata del fu Santo Pasca. Su richiesta di Gio. Domenico Siciliano, di Isidoro Cavalieri, dei massari Antonio Artesi e Dionisio Giaquinta, e del mastro Dionisio D’Oppido, in qualità di mariti e legittimi amministratori delle loro rispettive mogli, figlie ed eredi dei quondam Giuseppe Fallacca e Laura Truncè, furono incaricati i mastri muratori Francesco Partale e Geronimo Asturi ed i mastri falegnami Giuseppe Antonio Nigro e Dionisio Sacco.
Dopo averlo attentamente osservato e misurato, i mastri lo valutarono del valore di ducati 1587 e grana 22. Il palazzo era costituito da una prima camera attaccata a quella del Pasca di rimpetto le mura, da un’altra camera attaccata alla prima e a quella di Pasca di rimpetto la Pischeria, dalla camera di mezzo verso la Pischeria, da un’altra camera di mezzo rimpetto le mura, da una sala, da una camarella sotto la loggia, dalla loggia, da una camera sotto la sala, dalla scala, e dal pozzo e pila.[xv]
Dai Truncè ai Cavaliere
In seguito, il palazzo situato sul baluardo passò a Francesco Antonio Cavaliere, il quale nel catasto del 1793 risulta di anni 50 e vedovo di Isabella Manfredi, figlia di Marco e di Teresa Messina, e vivente con i figli Marco di 29 anni ed il sacerdote Filippo di 26.
Il Cavaliere che aveva ereditato alcuni beni della moglie, tra cui parte del palazzo Manfredi, che locava, aveva ampliato il palazzo dove abitava, situato sul baluardo, costruendo sul suolo pubblico. Perciò doveva pagare annualmente all’università di Crotone nel mese di luglio per ius soli “per aver fabricato due camere unite al suo palazzo d’abitatione ducati uno”.[xvi]
Durante l’Ottocento dal nome dei nuovi proprietari il baluardo, presso il quale era stato costruito il palazzo, che prima si chiamava Villafranca e poi Brianda, assunse la denominazione di bastione Cavaliere[xvii] ed il palazzo omonimo con lo smantellamento delle mura venne ad affacciarsi sul nuovo viale Regina Margherita.
Note
[i] Juzzolini P., Santuario di Maria SS. del Capo delle Colonne in Cotrone, Cotrone 1882, p. 25.
[ii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Illmo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama. A.D. 1699 confecta, p. 141v.
[iii] ASCZ, Busta 117, anno 1622, ff. 83-85.
[iv] ASCZ, Busta 253, anno 1671, ff. 81-82.
[v] Nola Molise G. B., Cronica dell’antichissima e nobilissima città di Crotone, 1649, p. 78.
[vi] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Illmo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama. A.D. 1699 confecta, f. 33.
[vii] Subentrò nella carica di arcidiacono il nobile Ottavio Vezza. Russo F., Regesto, VII (37507).
[viii] Sul finire del Seicento il censo era stato affrancato ed il capitale si trovava in deposito nella cassa del seminario in attesa di essere reinvestito. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Illmo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama. A.D. 1699 confecta, f. 131v.
[ix] ASCZ, Busta 310, anno 1664, f. 30 ?
[x] Il canonico Francesco de Oppido, rettore del seminario concede nell’agosto 1702 a Geronimo Facente e Benedetto Arrighi ducati 300 al 7%, impegnando i loro beni tra cui la casa. ASCZ Busta 497, anno 1702, ff. 49-51.
[xi] Il palazzo dell’Arrighi era gravato da duc. 21 per capitale di duc. 300 dovuti al seminario e da annui duc. 13 e mezzo per il capitale di duc. 225 dovuti all’ospedale (atto del notaio Pelio Tirioli del 15.4.1720). ASCZ, Busta 662, anno 1728, ff. 72-74.
[xii] Il canonico Andrea Quercio, figlio ed erede di Antonio, possedeva nel largo delli rivellini una casa palaziata attaccata alle case di Laura Troncè e di Beatrice d’Allegro. ASCZ, Busta 663, anno 1731, ff. 92–94.
[xiii] ASN, Catasto Onciario Cotrone, 1743, ff. 148, 199.
[xiv] La vedova Manco affittava un membro della casa con altre due casette dell’eredità del marito. ASN, Catasto Onciario Cotrone, 1743, f. 68.
[xv] ASCZ, Busta 859, anno 1757, ff. 475-477.
[xvi] AVC, Catasto Onciario Cotrone, 1793, ff. 67v-68r.
[xvii] Genio Militare. Piano dimostrativo della cinta e del Castello della Città di Cotrone, 1872.
Creato il 9 Marzo 2015. Ultima modifica: 31 Ottobre 2022.