Baluardi, mura, torri e torrette della città di Crotone: il Cavaliero e altre torri

Crotone, cortile della scuola Principe di Piemonte, fortificazioni pertinenti alla cortina della Capperrina, risalenti alla fine del dominio aragonese (sec. XV).

Le nuove strutture difensive cinquecentesche sostituirono in larga parte quelle medievali. Tuttavia, all’interno della città, per un certo periodo di tempo, sopravvissero anche alcune testimonianze delle vecchie fortificazioni che, per la loro particolare posizione, ci indicano il percorso delle antiche mura cittadine.

Torretta in parrocchia di Santa Margarita

Nel 1620 Claudio Caparra possedeva in parrocchia di Santa Margarita, “una continentia palatiata cum una turri et cum duobus aliis membris contiguis et uno casaleno iuxta dictas domos versus la piaczetta”. La torre con i due edifici contigui era situata “versus domos quae fuerunt q.m Jois Puglisi”.[i] L’edificio di proprietà poi di Giuseppe Gerace, posto tra il monastero di Santa Chiara e la piazza Lorda, poiché era più alto del monastero ed era perciò di impedimento all’osservanza della clausura, fu acquistato nel 1677 dalle clarisse e la parte superiore fu fatta demolire.[ii]

Crotone, il “Belvedere” del monastero di Santa Chiara.

Torretta in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis

Il 23 marzo 1670 i coniugi Gasparo Russo e Julia Thesoriera cedevano per il prezzo di ducati 55 la casa dotale alla confinante Antonina Squeri. La vendita della casa dotale di Julia Thesoriera era determinata dal fatto che il marito Gasparo Russo, a causa dei debiti, contratti a causa delle cattive annate era stato imprigionato, lasciando moglie ammalata e figli a patire la fame. Per poter risolvere la situazione la moglie richiese il regio assenso per poter vendere la casa, facendo presente che con la somma avrebbe da una parte, liberato il marito dal carcere e sfamato la famiglia.

Il bene immobile venduto è così descritto: “Una casa seu torre disfatta senza tavole trava et altri reparamenti, che minaccia ruina … consistente in un basso, et dui alti, sita et posta dentro questa città nella Parocchia di S. Maria Prothospatariis confine la casa d’essa Antonina et le case che furno del q.m Cola Tirimbo facci fronte lo rebellino di questa città”.[iii] All’inizio del Settecento Antonio D’Amico possedeva una casa in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis, che confinava con le case di Antonio Quercia, di Cecilia d’Allegro e le case dette “La Torretta”.[iv]

Da documenti successivi si viene a conoscenza che “La Torretta” era divenuta di proprietà di Beatrice Gerace. Nel 1721 Beatrice detta Cici Gerace, vedova del magazziniere e conservatore di grani Antonio d’Amico, possedeva come bene dotale, una casa consistente “in basso, mezzano et alto con scala di cantoni, vignanello di fabrica, pozzo e pila”. L’edificio era situato in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis, e confinava con le case che erano appartenute del fu Antonio Quercia, ma ora erano di Giuseppe Coccari, ed un’altra casa della stessa vedova Gerace detta “La Torretta”. Poiché sia la casa che la Torretta sono gravati da diversi censi annui, alcuni dei quali da tempo non pagati, la Gerace vende la casa ad Ignazio Costantino e con il ricavato oltre a riscattare le annualità e le rate non pagate, consegna a Francesco Cirillo ducati 100 estinguendo il capitale infisso che grava sopra la Torretta.[v]

“La Torretta è richiamata anche in un atto notarile della metà del Settecento. Nel gennaio 1764 i novelli sposi Teresa Suppa, figlia di Angela Rizzo, e Leonardo Giglio, obbligano a favore del monte di Silvestro Misciascio la loro casa consistente “in una camera superiore ed un basso e questo diviso in due cioè una per catojo e l’altro cameretta”. La casa, stimata del valore di ducati 160, è situata in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis nel luogo detto “Li Rivellini”, e confina da una parte, col palazzo del fu Giuseppe Coccari Seniore e dall’altra, con la casa detta “La Torretta”, che è di proprietà dell’ava Beatrice d’Allegro, di Angela Rizzo, Teresa Suppa e Leonardo Giglio.[vi]

Crotone, piazza Umberto I, luogo un tempo detto “Li Rivellini”.

Torretta in parrocchia di Santa Veneranda

La torretta posseduta da “madama Perna” a causa di un muro pericolante, poiché la proprietaria non aveva i mezzi sufficienti per ripararlo, fu abbassata. Alla morte di Madama Perna la costruzione divenne di proprietà di Diego di Bona, il quale nel 1714 era intento a ripararla e ad ingrandirla, come risulta da una dichiarazione rilasciata da alcune donne il 28 giugno 1714, al notaio di Crotone Stefano Lipari.

Esse dichiararono che “la casa hoggi posseduta dal M.co Diego di Bona e che à principiato a complirla di fabriche sita e posta dentro q(uest)a città nella Parocchia di S.ta Veneranda confine la casa dell’heredi del q.m Gio. Fran.co Morello e la casa dell’heredi del q.m Antonio Rugeri, si possedeva dalla q.m Madama Perna, e per esser assai più alta delle case delli d(ett)i heredi di d(ett)o q.m Gio. Fran.co, e per la d(ett)a altezza dico si chiamava la torretta di madama Perna, per la quale altezza havendo fatto motivo un muro della med(esi)ma, fecero istanza li convicini che si accomodasse, o che si derupasse il muro sud(ett)o come seguì, che non avendo modo d(ett)a q.m Perna a repararla fu costretta sbassare la casa pre(ditt)a”.[vii]

I nuovi lavori modificarono la torretta, ingrandendola ed innalzandola. In tale maniera veniva preclusa la vista del mare al palazzo di Gio. Luise Soda, suscitando ben presto la protesta di quest’ultimo, il quale si era attivato due anni prima per fare abbassare le case vicine di Francesco Partale, perché troppo alte e pericolanti. Il 4 agosto 1714 i mastri muratori di Crotone Omobono Messina e Francesco Partale assieme al notaio Pelio Tirioli si recavano sulla loggetta del palazzo del Soda “per osservare l’impedimento che darà al prospetto del mare da detta loggetta la casa erigenda del chirurgo Diego di Bona”. I mastri dichiararono che “se verranno alzate le case del di Bona resteranno liberi per godersi il prospetto del mare solo palmi due circa da un lato di detta loggetta, quali palmi due verrebbero occupati da detta vista di mare se alzasse le sue case, mastro Fran.co Partale, quale per esserno troppo alte, che occupavano detta vista furno dal padrone bassate per timore di non rovinare due anni sono”.[viii]

Crotone, via Risorgimento, il palazzo Soda-Zurlo.

Torrione dell’orologio

La presenza di un orologio della città, detto anche universale, è segnalata fin dall’inizio del Settecento. Esso era inserito in un torrione situato in parrocchia di Santa Margarita, a destra entrando dalla porta principale, vicino all’ospedale e convento dei Fatebenefratelli.[ix]

Nel catasto onciario di Crotone compilato nel 1743, troviamo che il mastro ferraro Dionisio D’Oppido possedeva una bottega sotto l’orologio universale, dove esercitava il suo mestiere.[x] Da un atto del 10 settembre 1759, si viene a conoscenza che il padre vicario del convento Gio. Fedele in quel giorno aveva fatto radunare, nel luogo solito al suono della campana, gli altri frati del convento, per discutere e prendere in esame una richiesta, che era stata avanzata al convento dal mastro Martino di Sole. Il mastro, dopo aver messo a conoscenza i frati di aver ottenuto dal re la concessione di poter fare una bottega sotto il Torrione dell’orologio della città, chiedeva il permesso di costruire una nuova porta, per poter accedere ed abitare nel torrione. Pertanto, avanzava ai frati la richiesta di utilizzare ed occupare “un picciolo suolo, e luogo diruto, che prima era coverto”, di proprietà del convento. I frati considerarono che il luogo richiesto era stato utilizzato in passato “per commodo di alloggiare li pellegrini”, ma ora da tempo era “diruto e inutile” per il convento, né vi era da parte loro alcuna intenzione di utilizzarlo, per costruirvi una bottega da affittare. Ottenuto perciò il consenso dei frati, il Di Sole si impegnò a versare al convento carlini otto annui, per tutto il tempo che avrebbe avuto dal re la concessione di poter abitare nel torrione, ottenendo così di avervi libera entrata.[xi]

Crotone, corso Vittorio Emanuele, il torrione dell’orologio universale.

Il “Cavaliero”

Nel descrivere la fortezza di Crotone l’ingegnere militare Ambrosio Attendolo nel maggio 1573 così si esprime: “Dietro lo detto belguardo (Don Pedro) et non molto distante dal lenzo dela muraglia vechia che casca: c’è un cavalliero più alto dela ditta muraglia palmi undece dove hora tengono una colobrina: pero questo non è piu che palmi cinquanta largo et sexant’otto longo con tutte le mura sue et dette mura son tutte rotte et fracassate. Qual cavalliero non fa altro effetto che discoprire da la banda del mare et parte dela campagna verso li detti monti se poterria si bene allargare verso il corpo dela citta con terrapienare certe case convicine di non molto prezzo e cosi discopreria piu de detta campagna: ma non poterria agiutare parte nesciuna de ditta fortezza per che sta tirato troppo dentro”.[xii]

La descrizione evidenzia che la struttura difensiva il “Cavalliero” faceva parte delle fortificazioni della città, che esistevano prima della costruzione ordinata da Carlo V. La posizione di questo edificio militare è indicata in alcuni atti notarili dell’inizio del Seicento. Così è descritto il luogo: “Ad moenia civitatis ubi dicitur lo cavaliero ex parte ponentis et prope supra moenia vetera, quae sunt supra novum spontonem nominatum de Miranda”,[xiii] e “loco dicto lo Cavaliero in par. S.tae Vennerae”.[xiv] Alcuni anni dopo il Nola Molise annotava la distruzione del Cavaliero, avvenuta molto probabilmente a causa del terremoto del 1638. “Cavaliero, che soprastava alla campagna … il Cavaliero, che li moderni haveano fatto, come un forte dentro la città, pochi anni sono si deroccasse, vi si vedeva una bellissima cisterna, et molti altri edificii, et muri sotterranei, che sino al castello di hoggi si stendevano …”.[xv]

In seguito si indicò con “il cavaliero” una vasta area vicina al baluardo “Don Pedro”, addossata alle sue mura. Il toponimo col tempo si estese non solo a tutta una zona della città all’interno delle mura, posta in parrocchia di Santa Veneranda,[xvi] ai confini con quella di Santa Margherita, soprastante e dirimpetto alla nuova chiesa di San Giuseppe,[xvii] ma anche all’area sottostante. Così troviamo scritto: “loco detto Milino sotto le muraglie del cavaliero della città”,[xviii] “luogo detto il Cavaliere vicino alla venerabile chiesa di S. Giuseppe”,[xix]  e “palazzotto sito e posto vicino il Cavaliere”,[xx] ma anche: “fossi e ristretto della città nel luogo detto il Cavaliero”.[xxi]

A ricordo del Cavaliero ancora nella seconda metà del Settecento, “sopra le reali muraglie dalla parte di dentro”, e propriamente dirimpetto al palazzo di Tommaso Soda, nel luogo detto “sopra la Croce di San Giuseppe”,[xxii] vi era “uno spiazzo di terreno con alcune fabriche antiche dirute”.[xxiii] Su di esse e nelle vicinanze “dalla parte di dentro di q(uest)a città, nel luogo ove dicesi il Cavaliere, o sia il Monte di San Giuseppe …  dove prima essendo un luogo inutile e solitario e lontano dalle case della città e che altro non è servito finora che per luogo di mondezze ed altre sporchizie”, cominciarono a sorgere sul suolo reale alcuni fabbricati.[xxiv]

Crotone, il luogo detto Cavaliere.

La torre di Santa Maria nel castello di Crotone

Tra gli interventi iniziati al tempo di Carlo V per fortificare il castello di Crotone, vi fu la costruzione di un nuovo spontone soprastante il molo. Il nuovo spontone, i cui lavori iniziarono nella primavera del 1541, ma che si prolungheranno per molti anni, ingloberà la vecchia torre “muza” detta Santa Maria, costruita sul finire del Quattrocento. A ricordo della torre il nuovo spontone, o bastione, assumerà il nome della torre inglobata di Santa Maria.[xxv]

All’inizio di novembre del 1544 veniva fatto “lo scandaglio delo spontone delo castello” per misurare quanto era stato costruito direttamente dalla Regia Corte e quanto doveva essere dato in appalto ad alcuni mastri, ai quali veniva assegnata la continuazione dell’opera. Da esso risulta che i lavori per la costruzione del nuovo spontone del castello erano andati a rilento, ed erano proseguiti a seconda delle parti in maniera ineguale, infatti: “In primis et sup.to torrione se trova una cruchi seu signo in lo angulo maiore et laltra cruchi in lo angulo del fianco affaccianti verso lo cotraco che se dona ad staglo/ et ditti cruchi stanno ad livello de cantonera ad cantonera et da quelli segni abascio se intendera opera fatta per la regia corte et perche lo sup.to turrione se retrova ineguale dove alto dove bascio/ se fa clara memoria dele infra peze imperfette et bascii quali le porteranno in altitudine dili ditti cruchi per li ditti mastri delo partito”.

Dalla elencazione delle parti mancanti, che dovevano essere completate dai mastri appaltatori per giungere tutta la costruzione al livello delle croci, si ricava una sommaria descrizione della nuova opera: “Et p(rim)a in la cortina che se parti dal fianco del ditto turrion verso lo cotraco et va ad conferirse alla turri muza delo castello detta S.ta maria se retrova bascia (…) In lo brazo del ditto sponton che guarda verso strongulo manca per andar livello (…) Seguita lo fianco delo ditto spontoni che guarda verso la torre delo casicavallo delo castello (…) In la cortina che va a iuntarse con lo casi cavallo (…) Seguita un altro pezo iunto al capo dela ditta cortina (…)”.

Nel febbraio 1545 i mastri partitari proseguivano nei lavori allo “sponton delo castello” e precisamente alla “turri muza che se havera de coprire la cortina che core verso la turri delo castello detta S.ta Maria (…)”, e ad “una parte de cavamento de retro lo muro vecchio dela cortina quali abisogna pervenire adirittura detta cortina quali sera alla turri detta S.ta maria affaccianti allo molo et lo critazo delo castello (…)”.

La torre di Santa Maria sarà richiamata anche in seguito. Nel dicembre 1546 si lavora allo spontone del castello “in lo assettar dela tronera dela cortina che tira verso la torre ditta S.ta maria”. Nel 1550 si procede “al cavamento delo naso dela cortina del cretazo che se va ad juntar ad lo mezo dela torre ditta S.ta maria”, “al principio del cavamento deli monti del cretazo del castello dove se havera de venir lo turrione ditto S.ta Maria”.[xxvi] ASN, Dip. Della Somm., Fs. 196, fs. 4,5 e 6; Fs. 197 fs. 1, 2, 3, 7 e 8.

Crotone, il baluardo del castello detto Santa Maria.

Note

[i] ASCZ, Busta 49, anno 1620, ff. 52-55.

[ii] ASCZ, Busta 334, anno 1677, ff. 34-37.

[iii] ASCZ, Busta 253, anno 1670, ff. 20v-21, 70.

[iv] ASCZ, Busta 611, 1714, 205.

[v] ASCZ, Busta 663, anno 1731, ff. 245-246.

[vi] ASCZ, Busta 916, anno 1764, ff. 2-6.

[vii] ASCZ, Busta 611, anno 1714, ff. 118-119.

[viii] ASCZ, Busta 659, anno 1714, ff. 63v-64.

[ix] ASCZ, Busta 497, anno 1710, ff. 123-125.

[x] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, f. 55v.

[xi] ASCZ, Busta 1267, anno 1759, f. 256.

[xii] AGS, Relation de la fortezza de la citta di Cotrone de Ambrosio Attendolo, E. 1065 -62.

[xiii] ASCZ, Busta 108, anno 1613, f. 92.

[xiv] Il 30 agosto 1632 veniva messa all’asta la casa palaziata di Giovanni Francesco Tiriolo, situata dentro la città nel luogo detto “lo cavaliero”, in parrocchia di Santa Vennere, e confinante, vinella mediante, con la casa di Vincenzo de Garetto e di Desiderio Cropalati. ASCZ, Busta 118, anno 1632, ff. 84-85.

[xv] Nola Molise G. B., Cronica dell’antichissima e nobilissima città di Crotone, Napoli 1649, p. 47.

[xvi] Il seminario possedeva “quattro case a filo nel luogo detto il Cavaliero nella parocchia di S. Veneranda”, ed esigeva un annuo censo “sopra le case di Gio. Quenqua nel luogo d.o il cavaliero”. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, ff. 129v, 131v.

[xvii] Il primo maggio 1719 il vicario generale Felice Suriano accoglieva la supplica dei mastri falegnami. “R.mo Sig.re = Onofrio di Sanda, Gio. Battista Villaroya, Mattia Asturi, Sabestiano Foggia, Gio. Batt.a di Sanda, Tomaso Franco, Antonio Russo, Dom.co Strina, Sabbatello Macri, e Nicodemo Puglise mastri di ascia, seu fa’legname di q.a città di Cotrone, supp.ndo espongono a V. S. R.ma com’essendo l’unico Protettore della diloro arte il Glorioso Patriarca S. Giuseppe sicome si è in tutte le parti di q.o Regno, hanno risoluto detti oratori di principiare la fundatione d’una chiesa, e quella eriggere sotto il tit.o, e nome di d.o santo, nella quale vi concorre la devotione di più altre persone di q.a predetta città, e fatta diligenza per il luogo, hanno essi oratori ottenuto dal Regimento di detta città per publica conclusione quello sito, e posto sotto il cavaliero dentro la parocchia di S. Margarita che riguarda, via mediante, l’angolo del magazeno, e vaglio de SS.ri Gallucci d’una parte, e le muraglie di detta città verso ponente dall’altra, senza che sia sottoposto a soggezzione, ò servitù veruna, essendo d.o luogo libero d’ogni lato, et esposto alla devotione de fedeli, in qual luogo detti oratori hanno già principiato a disponere i pedamenti, dove i medemi, non solamente faranno eriggere l’altare col quadro di d.o Glorioso Santo, colle suppellettili sufficienti, e necessarii per la celebratione della S. Messa, assieme col sovenimento di d.i devoti., ma anche una, ò due, ò più sepolture, secondo li sarà facile, tanto per se med.i, quanto per li mastri fa’legname discendenti del di loro sangue in perpetuum, e per li Benefattori Devoti, secondo meglio stabilleranno costrutta, che sarà d.a nuova chiesa; che perciò si compiacerà V. S. R.ma concedere ad essi oratori la dovuta licenza per principiare le fabriche  di d.a nuova chiesa e quella eriggere nel luogo come s.a, e colle conditioni espresse, che il tutto lo riceveranno a gra. quam Deus.” ASCZ, Busta 660, anno 1719, ff. 101-102.

[xviii] Il beneficio di S. Maria del Mare e S. Leonardo possiede un vignale loco detto Milino. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 157v.

[xix] Nel maggio 1751 Domenico Tirioli chiede un pezzo di terreno universale accanto alla sua abitazione situata nel luogo detto il Cavaliero in parrocchia di Santa Veneranda, confinante da una parte, con la casa dotale di Isabella Cirusello e via pubblica. La casa si trova vicino e dirimpetto alla chiesa di San Giuseppe. ASCZ, Busta 913, anno 1751, ff. 88-91.

[xx] Il 29 aprile 1768 Pietro Maria Barricellis vende alle sorelle Suriano un palazzotto “consistente in quattro camere, cioè due superiori ed altre tante inferiori, ed un solo basso”. Il palazzotto è situato vicino il Cavaliere ed è attaccato al giardinello del palazzo delle sorelle Suriano. ASCZ, Busta 1129, anno 1768, ff. 175-177.

[xxi] Il 6 ottobre 1719 Francesco Cesare Berlingieri protesta perché il vicario capitolare “col suo mastrodatti, corte e famigli”, aveva sequestrato del bestiame appartenente a Domenico Suriano e lo aveva condotto carcerato “nelli fossi, e ristretto di q.a città nel luogo detto il Cavaliero”. ASCZ, Busta 660, anno 1719, ff. 157-158.

[xxii] ASCZ, Busta 1330, anno 1783, ff. 72v-73.

[xxiii] Il 4 ottobre 1775 Tomaso Soda ottenne in concessione dal real fondo “uno spiazzo di terreno inutile dirimpetto al suo palazzo, anzi poco distante dallo stesso”. Due anni dopo ebbe anche un altro terreno attaccato al primo, e formato da “una lingua di terra che va verso il castello”. ASCZ, Busta 1327, anno 1772, ff. 109-112.

[xxiv] Nel 1776 Gesuè Sersale di Sorrento, abitante a Crotone, ottiene dal Fondo Reale in concessione, un suolo nel luogo detto “Il Cavaliere”. Nel suolo, che è vicino a quello concesso in precedenza a Tommaso Soda, il Sersale vuole costruire “una casa per uso di abbitaz(ion)e”, che sarà larga palmi 18, lunga palmi 40 ed alta palmi 16. Attaccata alla stessa, egli ottiene anche una striscia di terra di ottanta palmi di lunghezza e ventiquattro di larghezza “per uso di giardinello”. Per la concessione il Sersale si impegna a versare un censo annuo di carlini 32 e mezzo al Fondo Reale. ASCZ, Busta 1327, anno 1776, f. 152.

[xxv] Il baluardo del castello è indicato S. Maria nella “Pianta della città di Cotrone” d’Emanuele Giovine Ing.ro, e come “Baluardo detto S. Giacomo olim S. M.” nella “Pianta della città e castello di Cotrone”, fatta da Michele Cristiani nel 1778.

[xxvi] ASN, Dip. Della Somm., Fs. 196, fs. 4,5 e 6; Fs. 197 fs. 1, 2, 3, 7 e 8.


Creato il 4 Marzo 2015. Ultima modifica: 21 Novembre 2022.

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