L’abbazia di San Giovanni dell’Isola

Isola di Capo Rizzuto (KR), località Pietra di Nastasi.

Il vescovo di Isola Annibale Caracciolo in una sua relazione all’inizio del Seicento, affermava che nel territorio della sua diocesi vi erano sette grange delle sette abbazie di Santa Maria del Patire, di Santa Maria di Corazzo, di Santa Maria del Carrà, di San Nicolò di Forgiano, di San Stefano, di San Nicola de Maglioli e di San Leonardo.[i] Per antico obbligo gli abbati dovevano comparire il 15 agosto di ogni anno, festa dell’Assunzione della Vergine, per pagare un censo al vescovo di Isola; censi che il vescovo Caracciolo aggregò alle entrate del seminario al momento della sua erezione.[ii]

Isola di Capo Rizzuto (KR), località Pietra di Nastasi, resti di tombe.

Santa Maria del Carrà

L’abbazia greca di Santa Maria del Carrà fu fondata al tempo dei Normanni, da un certo Nicola Eremita verso la metà del Dodicesimo secolo. Essa fu dotata e posta sotto la protezione del re di Sicilia e soggetta solo al pontefice. Nel 1160 e nel 1174, il papa Alessandro III concesse al suo abate Paolo il privilegio dell’esenzione.[iii] Situata presso il bosco omonimo, ai confini tra la diocesi di Nicastro e quella di Squillace, tra i vari possedimenti e privilegi, confermati nel 1219 da papa Onorio III a Nifo, abate di Santa Maria de Carra, vi era il “tenimentum de Insulis, cum hominibus, domibus, vineis, ecc.”.[iv] Il tenimento, o grancia, di Isola sarà anche denominata di San Giovanni, o S. Ianni, dell’Isola, dal nome del monastero greco che vi sorgeva e che compare in una bolla del papa Onorio III del 1221, avente per oggetto la riforma dei monasteri greci.[v] L’abbazia del Carrà seguì la sorte delle altre abbazie e durante il Quattrocento, cominciò ad essere data in commenda. Ciò determinò lo spopolamento dei monasteri ed il loro degrado.

Il “Bosco del Carrà” in un particolare della tavola N.° 28 (1789) della carta di G. A. Rizzi Zannoni.

Il monastero di San Giovanni

Alla metà del Cinquecento la grancia di Isola risulta spopolata ed in abbandono. Essa comprendeva la chiesa dedicata a San Giovanni Battista, situata in diocesi di Isola, ma in territorio di Le Castella, che era scoperchiata e deserta, e due territori per la maggior parte coperti da selve ed adatti solo al pascolo: il corso di S. Anastasio detto comunemente Nastasi ed il giardino il Puzzillo. A testimonianza del fatto che in antico il luogo era abitato, ancora oggi in località Pietra di Nastasi rimangono i resti di alcune tombe; segno evidente che anticamente sulla sommità era situato un luogo di culto, molto probabilmente dedicato a Sant’Anastasio.

Nell’agosto 1569 per morte dell’abbate commendatario Bartolo Siscar, la badia fu concessa in commenda da Pio V al vescovo di Squillace, il cardinale Guglielmo Sirleto.[vi] Le rendite dell’abbazia erano stimate del valore di oltre mille ducati annui ed inoltre, essa era fornita di “molte e belle scritture”, che però erano conservate dentro un forziere, custodito e tenuto nel palazzo del vescovo di Isola Annibale Caracciolo, il quale ne possedeva la chiave.[vii]

Le località “V. S. Janni”, “R. Anastasi”, “C. Anastasi” e “Ovile Anastasi”, evidenziate in un particolare del F. 243-IV “Isola di Capo Rizzuto”, della Carta d’Italia 1:50:000 (U.S. Army 1943, copiata da una mappa italiana del 1896).

Descrizione della grancia

In una relazione in data 26 ottobre 1569, Marcello Sirleto, nipote e vicario generale del cardinale Guglielmo Sirleto, di ritorno da Isola, dove era stato per quattro giorni per “veder minutamente tutte le cose de l’Abadia del Carrà le quali sono là”, si rivolgeva al cardinale mettendolo a conoscenza dello stato dei beni della grancia di San Giovanni dell’Isola, costituiti dal corso di “Nastasi” e dal giardino detto “Il Puzzillo”.

Così egli descrive la grangia di Isola: È un territorio formato da “boschi inutili, e boschi che col tempo si potrebbero domesticare e far olive”, da terre aratorie dette gabelle, da “campagna rozza la quale serve per herbagio e questa da più intrada e gadagno ch’ad danno le terre aratorie”. Aggiungendo però che, se “ci fussero homini che potessero aprire tutte le terre l’intrada saria piu, e piu certa ma perche son pochi habitatori et terre molte, mette più conto lasciarle per herba che aprir alcuna perche la quale poco frutto daria et impederia tutto il resto de l’erbaggio”. Infatti, i padroni del bestiame, vedendo seminati intorno, o in mezzo, “non accordariano” le bestie, per paura che facessero danni, “et havendo cosi ad pagar li interessi et che le bestie gli fussero menate prigioni a lisola”. Vi erano poi alcune “pezze di terre” dove si trovano giardini ed i padroni pagavano un censo alla chiesa. Parte di queste erano state concesse anticamente: erano terreni boscosi e coloro che li ebbero li migliorarono, altre invece erano “terre bone et arborati”, e risultavano essere state concesse illecitamente di recente “a complacentia et con detrimento dela chiesa”.

Isola di Capo Rizzuto (KR), località Pietra di Nastasi.

Trattando dell’“herbagio” il relatore affermava che “si suole affitare secondo li tempi et li anni et sicondo ci sonno bestiame nelli lochi convicini”. Al presente, poiché non aveva mai piovuto e “la terra sta più secca che uno astraco”, non erano state accordate terre che per cento capi di bestiame a due carlini l’uno ma, nel caso fosse piovuto, c’era la speranza “che ne calarano assai da li casali di Cosenza perche son dati li bandi”. Per quanto riguardava l’annata futura il relatore faceva presente che si potevano sia affittare tutte le entrate dell’Isola sia “farci stare uno assiduo là da settembro fino a febraro et da giugno per tutto luglio”. Qualora il cardinale avesse optato per questa seconda ipotesi, bisognava però che l’incaricato “stia a cavallo per queste quattro mese d’inverno per poter voltare ogni di e di notte a vedere si intrano altre bestie che l’accordate dentro l’herbagio perche il territorio gira più di otto a diece miglia che non potrebbe uno a piede”.[viii]

Isola di Capo Rizzuto (KR), località Pietra di Nastasi, resti di tombe.

A metà gennaio dell’anno dopo, il nuovo abbate commendatario scriveva al vescovo di Isola Annibale Caracciolo, raccomandandogli di vigilare e di gestire i beni dell’abbazia, finché non si fosse provveduto al loro affitto. Affitto che sarà stipulato alcuni mesi dopo con Siotto Ridolfini, il quale prenderà in fitto le proprietà del monastero di S. Maria del Carrà per la durata di quattro anni, per 800 ducati annui. Il nuovo affittuario ben presto, entrerà in conflitto con il vescovo di Isola, accusandolo di averne usurpato una parte durante la sua gestione, e cioè nel periodo intercorso tra la morte dell’abate Siscar fino al momento in cui egli l’aveva preso in fitto. È dell’inizi di ottobre di quell’anno 1570, una lettera di Siotto Ridolfini al cardinale, con la quale lo informava di essere stato malmenato e, chiedendo un breve di scomunica, lo pregava di scrivere al vescovo di Isola affinchè restituisca quel che ha preso dei beni della badia, dalla morte dell’abbate Siscar in poi.[ix]

Il conflitto, tra l’abbate commendatario e coloro che prendevano in fitto i beni dell’abbazia, da una parte, ed il vescovo Annibale Caracciolo dall’altra, proseguì anche negli anni seguenti. È del settembre 1577, una denuncia del vescovo di Isola contro gli agenti della Vicaria i quali, violando l’immunità ecclesiastica, erano penetrati con la forza nel suo palazzo e lo avevano costretto a consegnare le scritture che custodiva nel suo domicilio.[x]

Isola di Capo Rizzuto (KR), località Pietra di Nastasi, resti di tombe.

Note

[i] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1600.

[ii] Nel 1648 i censi pagati dalle abbazie ed aggregati al seminario erano: S. Maria di Corazzo duc. 9 tari 3 grana 0; S. Nicolò di Bucisano 4-4-0; S. Maria del Patire 11-1-0; S. Stefano 11-1-0; S. Nicolò di Forgiano 6-2-0; S. Maria del Carrà 28-0-0. AVC, Visita Vescovo Morra 1648, f. 9.

[iii] Russo F., Storia della chiesa in Calabria, Rubettino 1982, p. 374.

[iv] Parisi A. F., I monasteri basiliani del Carrà, Ed. Rivista Historica, Reggio C., 1953-1955, p. 101.

[v] Taccone-Gallucci D., Regesti dei Romani Pontefici per le Chiese della Calabria, Roma Tip. Vaticana, 1902, pp. 338, 341.

[vi] Russo F., Regesto, IV, 22154.

[vii] Russo F. Regesto, IV, 22170.

[viii] “Ill.mo e R.mo Mons.r Patrone mio Oss.mo. Dui di sono ritornai de l’isola dove son stato quattro di per veder minutamente tutte le cose de l’Abadia del Carrà le quali sono là. Il territorio consiste in quattro diversita, ci sono boschi inutili, e boschi che col tempo si potrebbero domesticare e fare olive, in terre aratorie et quelle chiamano gabelle de le quale se potra havere l’anno fertili et infertili da trecento tumula di grano. Consiste anche in campagna rozza la quale serve per herbagio e questa da più intrada e gadagno ch’ad danno le terre aratorie: quando ci fussero homini che potessero aprire tutte le terre l’intrada saria piu, e piu certa ma perche son pochi habitatori et terre molte, mette più conto lasciarle per herba che aprir alcuna perche la quale poco frutto daria et impederia tutto il resto de l’erbaggio perche li patroni dele bestiame vedendo seminati intorno o in mezo non accordariano le bestie dubitando che facessero demagio et havedi ogni di pagare linteressi et che le bestie gli fussero menate prigioni a lisola, altri pezze di terre sono tutte giardini et pagano un censo alla chiesa il quale era perso perche molti anni non hanno pagato et per gratia de Dio ne ho trovato da quattro ducati di censi chi un carlino et chi dui li quali erano occupati per tanti qui … l’ho voluto veder cogli ochi, e quelli … per esamino chi tre o quattro ho conosciuto che sono antiqui et che li patri o avi l’hanno havuti boschi et fatto miglioramento quelli l’ho lasciati quelli che ho conosciuto che da pochi anni in qua sono stati dati dali Abati terre bone et arborati a complacentia et con detrimento dela chiesa et senza banditioni l’ho suppresso et fatto stimare quanto potevano rendere  quando l’hanno havuto et quanto hanno a migliorato penso di farli bandir per la chiesa per quel tanto censo che sarà stimato chi vorra incantare piu darlo colla candela, se restara al midesimo possessore o si sara altro di piu che quello che sara incantato se altro che il possessor lincantado, et gli restasse che fusse obligato a pagar tutto l’emigliorato che quello havesse fatto da quel tempo che l’ha havuto. La chiesa è scoverta lasciai ordinato che si copri e mesi un cappellano che dicesse tre messe la simana. La chiesa e sotto lo titulo di S. Gio. battista e un poco distante de la citta. Mons.r R.mo de lisola saria di parer che queste messe se facessero dir nella citta in una chiesa la quale fu fabricata in tempo de la peste sotto il titulo di S. Rocco et poi l’hanno abandonata e per non haver le mura e mon.s la concederia io ho detto che non voleno avisar V. S. Ill.ma et R.ma. L’herbagio si suole affitare sicondo li tempi et li anni et sicondo ci sonno bestiame nelli lochi convicini. Questo anno perche non ha mai piovuto la terra sta più secca che uno astraco et fino adesso non erano accordate se non cento capi di bestie a dui carlini l’uno se piovara spero che ne calarano assai da li casali di Cosenza perche sono dati li bandi per tutto V. S. I.ma potra risolvere per lanno di avenire o di affittare tutte queste intrade de lisola overo di farci stare uno assiduo la da settembro fino a febraro et da giugno per tutto luglio et bisognara che stia a cavallo per queste quattro mese d’inverno per poter voltare ogni di e di notte a vedere si intrano altre bestie che l’accordate dentro l’herbagio perche il territorio gira più di otto a diece miglia che non potrebbe uno a piede bisognara che mandi il cavallo a quello che ho lasciato la il quale ha ordine di consultarsi et non fare cosa alcuna senza lintervento di detto mons.r il quale ha abracciato questo negotio con tanta affetione et amore che non si trova satio monstrar in tutte l’attioni esser affectionatiss.o di S. Ill.ma lascio da tanda le cortesie che ho intro a me in quelli giorni che son stato e complito cavaliere e sa  le cose de l’abadia meglio che le sapeva l’Abate istesso non mancara di favorire al possibile a lui e pure uno di quelli che seminano dentro le terre de l’abadia et da più utile lui solo che se salva perche fa massaria con sei para di bovi l’abate pure morto faceva massaria che se avanzava tutta la spesa et molto piu procurai di haver grano per portar a Squillace a riparare a tanta grande fame cresciuta doppo la pramatica, e non vi ordine ne lave in cotrone dove fui a baciar le mani di mons R.mo Minturno percorer … a otto miglia de lisola e stei una sera et me ha fatto mille accoglienze et bacia le mani di V. S. Ill.ma per infinite volte in effetto non poter far partito nissuno di grano Mons.r de lisola me ne vole accomodar del suo fin trenta a quaranta tumula la strada e longa di dui giornati di bestio e fiume assai per il mezo et pericolosi come piovi. Il comissario de lo spoglio ne ha sequestrato gia quattrocento tumula del Abate Siscara e certi denari di frutti pendenti, certa calce, scrittoio panni di letto lettere e certe altre bagaglie che … accadano tutto. Marcello Sirleto.” ASV, Vat. Lat. 6190, ff. 211-213v.

[ix] Russo F., Regesto, IV, 22196, 22290.

[x] Russo F., Regesto, V, 22893A.


Creato il 27 Febbraio 2015. Ultima modifica: 6 Giugno 2024.

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