La SS.ma Annunziata di Policastro
L’esistenza di una chiesa dedicata alla Vergine sotto il titolo della SS.ma Annunziata, si evidenzia a Policastro verso la fine del dominio angioino, quando la “ecclesiam Annuntiationis B. Mariae de Fratribus de Policastro” compare in un atto del 16 giugno 1425. A quel tempo essa si trovava “contigua” a quella sotto il titolo della “salviferae Crucis Domini”, come rileviamo in occasione della concessione dell’indulgenza ai visitatori delle due chiese nei giorni 25 marzo e 3 maggio, rispettivamente, giorno della Beata Maria e giorno della S. Croce.[i]
Secondo quanto apprendiamo dalla tradizione relativa alla presenza francescana nel territorio, possiamo ipotizzare che la sua erezione possa essere avvenuta agli inizi del sec. XIV. Questa tradizione riferisce infatti, che dopo la divisione dell’ordine tra osservanti e conventuali, la chiesa sarebbe rimasta in potere di questi ultimi: “Il primo titolo di questo Monastero fù di Santa Maria de’ Frati, perche circa l’anno mille trecento venti fù fabricato dà primi frati di San Francesco; e nelle divisioni dell’ordine restò in poter de’ Conventuali”.[ii]
La confraternita
Ritroviamo l’Annunziata alla metà del Cinquecento, quando comincia ad essere documentato l’obbligo da parte del rettore e del cappellano della chiesa della “divae nunctiatae t(er)rae policast.i”, di comparire personalmente in occasione del sinodo diocesano, pagando tre libre di cera a titolo di cattedratico.[iii] Obbligo che risulta documentato durante i sinodi di tutta la seconda metà del secolo.[iv]
Risale a questo periodo una descrizione della chiesa, che si trovava fuori le mura di Policastro ed era sede di una confraternita. L’otto di giugno del 1559, il cantore della chiesa di Mileto Giovanni Tommaso Cerasia, vicario dell’arcivescovo Giovanni Battista Ursini, trovandosi impegnato nella visita dei luoghi pii appartenenti alla diocesi di Santa Severina, discendendo dalla terra di Roccabernarda, pervenne a quella di Policastro.
All’indomani, dopo la celebrazione della messa, il vicario arcivescovile procedette alla visita della “ecc.am sub Invocatione glo(rio)sae Virginis Mariae de annuntiata, et est Confratria”, di cui erano cappellani D. Nicolao Misiano, D. Minico Melle o Mello e D. Cicco Appa. Egli trovò l’altare maggiore della chiesa “eum lapideum fabricatus non Consecratus”, corredato con tre tovaglie, mentre un’altra era posta sopra uno “scabellum”, ed un coperimento di tela lavorata di tela. Sopra l’altare era raffigurata l’immagine della Gloriosa Vergine Maria, che si asseriva essere quella di “s.tae Mariae de lo succurso”. L’altare era dotato di due candelabri di legno, un vestimento sacerdotale di tela completo con una “Casula” di raso giallo, un calice di peltro “Cum patena et Corporalibus”, un “Missalem” con sopra un “lintheamen” di tela mentre, nelle sue vicinanze, era posto un crocefisso a tutto tondo (“de relevo”).
Vicino all’altare si trovava una “arca”, al cui interno furono rinvenuti un “lintheamen”, una casula di velluto verde, un vestimento sacerdotale di tela completo, un “plumacium”, diversi “amictos”, stola e “manipulos”, tre tovaglie, un “Coperim.tum” di tela, un altare portatile, altre tovaglie ed un “mandile”. Dentro un’altra arca si ritrovarono, invece, una casula di tela vetusta, due coperimenti di tela vetusti ed un’altra casula di tela. A questo punto il vicario ammonì i cappellani, e minacciando la pena della scomunica e il pagamento di 25 once, ingiunse loro entro il giorno successivo, di esibire i documenti di concessione relativi alla confraternita, presentando tutti i vestimenti posseduti dai procuratori di quest’ultima. Egli inoltre, in questo frattempo, ordinò a tutti di astenersi dal celebrare la messa.
La visita proseguì presso l’altare “dicto Illorum de maurello” sotto l’invocazione di “s.ti Aug.ni”, sopra il quale esisteva una “copertura sive Cappellum de ligno”. Sotto pena della scomunica e della privazione dell’altare, fu ordinato a “Illorum de maurello” di ripristinare entro il termine di 4 mesi, tutto il necessario per la celebrazione della messa. Successivamente, il cantore rinvenne un altare con un arco sotto l’invocazione di “S.tae m.ae” appartenente alla famiglia Caracciolo, i quali furono ammoniti come sopra.
A seguire, egli visitò numerosi altri altari, cappelle ed oratori e, trovandoli tutti in condizioni simili, precettò i relativi cappellani e patroni, ammonendoli attraverso la minaccia della scomunica e di una sanzione pecuniaria ed ingiungendo loro di ripristinare condizioni adeguate per la celebrazione della messa. Nell’ordine, egli rinvenne l’altare sotto l’invocazione di “s.tae mariae” appartennte ad “Illorum de rizzo”, l’altare di “s.ti franc.ci de paula” della famiglia Cortese, un “altare ligneum” appartenente alla famiglia Monaco, un “oratorius” sotto l’invocazione di S.to Antonio della famiglia Ligname, un altare per “ornam.to dictae ecc.ae”, un altare “Cum imaginem glo(rio)sae virginis Mariae in muro et est Illorum de monecto” di cui era cappellano D. Minicus Mellus, un altare “fabricatum” sotto l’invocazione di “S.ti Ambrosi” della famiglia Foresta, di cui era cappellano D. Nicola Misiano, la “cap.lam” della confraternita sotto l’invocazione di “s.ti Rocchi” di cui era cappellano D. Nicola Misiano, un altare sotto l’invocazione di “glo(rio)sae virginis Mariae” della famiglia Coiella di cui era cappellano D. Thomasius Scandale, un altare sotto l’invocazione di “s.ti Ioseph” della famiglia “de Strongili”, un altro altare, una “cap.lam” sotto l’invocazione di “s.ti Rosarii et est de Consororibus ipsius cap.lae”, di cui era cappellano D. Minicus Mellus, un “altarem fabricatum” i cui cappellani furono ammoniti affinchè esibissero i documenti relativi alla “erectione altaris p.ti” ed un “altarem fabricatum” sotto l’invocazione di “s.tae Mariae de pietate” appartenente alla famiglia Natale.
A questa situazione che rilevava un generale scarso decoro degli altari, mettendo in rilievo evidenti abusi, faceva comunque riscontro il buono stato della chiesa, al cui interno si trovavano diverse travi e che si presentava “Intemplata per totum”, con tre campane nel campanile ed un campanello nella sacrestia, mentre una lampada ardeva davanti all’altare maggiore. Si evidenziava che “In medio ecc.iae est fons aquae” e che la chiesa “h(ab)et Thalamum”. Alla fine della sua vista, minacciando le solite pene, il vicario ingiunse ai confrati di provvedere entro otto giorni a rifare la serratura, ammonendo tutto il clero presente ed interdicendo a chiunque di celebrare nella chiesa, fino al completo adempimento di quanto disposto e, comunque, solo dietro espressa licenza.[v]
Santa Maria “la nova”
Proseguendo la sua visita dentro l’abitato di Policastro, il 9 di giugno il vicario visitò la “ecc.a diruta” “sub invocatione s.tae Mariae de la nova” dotata di un campanile, di cui era cappellano D. Sancto Sellicta, cui fu ordinato di esibire, nell’arco della stessa giornata, la “dote” ed i vestimenti di cui si trovava in possesso.[vi]
La chiesa, il cui titolo evidenziava la sua esistenza più recente, rispetto alle altre di Policastro poste sotto l’invocazione della Vergine, risultava, al tempo, nell’elenco dei benefici della diocesi di Santa Severina che dovevano pagare le decime alla Santa Sede,[vii] e tra quelle di Policastro che dovevano corrispondere all’arcivescovo di Santa Severina la quarta beneficiale, come risulta documentato nel “Libro de tutte l’intrate de lo arcivescovado de’ s(a)nta Anastasia”, durante il quadriennio 1545-1548 e nel 1566. Come si annotava però a margine del pagamento, dovuto a questo titolo per l’anno 1548 da D. Antonino Caldararo, rettore del beneficio, l’entrata segnata nell’elenco risultava “persa”, essendo la chiesa ormai priva di rendite.[viii] Durante la prima metà del secolo successivo, troviamo comunque, le annotazioni che registrano il pagamento della quarta beneficiale da parte del “Capellano di S.ta Maria la nova”.[ix]
La SS.ma Annunziata “nova”
In conseguenza del generale impoverimento che caratterizzò la vita del territorio negli ultimi decenni del Cinquecento, alla fine del secolo diverse chiese di Policastro furono unite tra di loro, così da costituire rendite adeguate a permettere una vita decorosa del clero. In tale frangente la confraternita dell’Annunziata[x] fu trasferita entro le mura, nella chiesa di Santa Maria “la nova” che, per tale motivo, fu detta la SS.ma Annunziata “nova”,[xi] la cui rinnovata importanza, risulta sottolineata dall’arcivescovo Alfonso Pisani, nella sua relazione prodotta per la Santa Sede nel 1589, dove definisce la “S.ma Annuntiata”, la “maggiore” tra le “confraternità” di Policastro, “ben servita di messe, e principalmente i giorni festivi con canto, et organo”.[xii]
Questo passaggio risulta evidenziato da atti notarili dei primi anni del Seicento, che identificano alcuni stabili posti nelle vicinanze della chiesa, attraverso l’indicazione: “in convicinio Ecclesie s.me Annuntiate nove ditte terre”, oppure “in convicinio s.te Marie Nove ditte terre”.
18 luglio 1606. Dianora Rizza, con il consenso del marito Minico Zetera, vendeva a Joannes Fran.co Schipano la “domum palatiatam et casalenum unum in eodem loco”, posti dentro la terra di Policastro “in convicinio Ecclesie s.me Annuntiate nove ditte terre”, confine, muro congiunto, la domus di Simuni Ritia, confine i beni degli eredi di Luca Furesta e la via pubblica da due lati.[xiii]
23 gennaio 1607. Joannes Fran.co Circhiono e sua moglie Virardina Cipparrone, assieme a Dianora Cipparone, madre di detta Virardina, vendevano a Joannes Fran.co Schipano, il “casalenum” posto dentro la terra di Policastro, “in convicinio s.te Marie Nove ditte terre”, confine il casaleno del detto Joannes Francesco Schipano, l’orto di Joannes Carcelli, la domus di Semune Rizza, la via pubblica ed altri fini.[xiv]
30 marzo 1607. Marco Rizza de Simune vendeva a Fran.co Schipano, la “domum terraneam” posta nella terra di Policastro, “in convicinio Ecclesie s.e Nuntiate nove”, confine la domus di Pompeo Rizza, il casaleno di detto Francesco, l’orto di Joannes Carcelli, la via pubblica ed altri fini.[xv]
14 settembre 1608. I coniugi Minico Gerardo e Dianora Rizza, avevano venduto ad annuo censo a Joannes Fran.co Schipano, la “domum terraneam cum Casaleno contiguo”, posta dentro la terra di Policastro nel loco detto “lo fumerello”, nel convicino della venerabile chiesa della SS.ma Annuntiata “nova”, confine la domus di Joannes Carcelli e la via pubblica da due lati. Essendo il detto Joannes Fran.co nell’impossibilità di pagare, per onorare il proprio debito, è costretto a vendere la propria “domum terraneam”, posta dentro la terra di Policastro, nello stesso loco della precedente.[xvi]
Primo maggio 1606. La domus nella quale al presente abitava il presbitero Joannes Liotta, era posta dentro la terra di Policastro, “in convicinio ecclesie s.me Annuntiate nove”, confine la domus di Joannes Petro de Aquila e Joannes Baptista Rizza, e la via pubblica da due lati.[xvii]
2 settembre 1607. Joannes Petro de Aquila e suo figlio Joannes And.a de Aquila, vendevano a Joannes Alfontio Cerasaro, una “domum palatiatam” posta dentro la terra di Policastro, “consistente in pluribus e diversis membris, et potica in convicinio Ecclesie santae Mariae la nova”, confine la domus del presbitero Joannes Leotta, Marco Antonio de Aquila, la via pubblica ed altri fini.[xviii]
5 febbraio 1608. Davanti al notaro si costituiscono Nicolao de Strongolo e Fran.co Commeriati de Scipione, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra il detto Fran.co e Gratiusa de Strongolo “virginis in capillo”, figlia del detto Nicolao. Gio. Thomaso Richetta, giudice a contratto e zio della futura sposa, le donava una “casa terrana” “in dui menbri”, posta dentro la terra di Policastro nel convicino di “s.ta Maria la nova”, confine la casa di Gioni Caccuri, vinella mediante “della parte di sopra”, la casa di Minico Pollizzi, l’orto degli eredi del quondam Andria Campitello, la via pubblica ed altri confini.[xix]
14 maggio 1604. Testamento di Minico Pollizzi, abitante “intus p(raedi)ttam Civitatem iusta Ecclesiam S.te Annuntiate la nova iusta domum Fran.ci Callea iusta domum sebastiani polla viam publicam, et alios fines”.[xx]
11 aprile 1609. Testamento di Nicolao de Strongoli, abitante nella “domum terraneam” posta nella terra di Policastro, nel convicino della chiesa della SS.ma Annunziata “nove”, confine la domus di Joannes Caccuri, vinella mediante, la domus di Joannes Fran.co Callea, la via pubblica ed altri fini.[xxi]
L’Annunnziata nuova e quella vecchia
A seguito del trasferimento della confraternita dell’Annunziata dentro le mura, esistettero in Policastro due chiese con questo titolo: una detta dell’Annunziata “nova”, ed un’altra detta “la vecchia”, o “de fora”.[xxii] Mentre la prima era posta entro le mura, la “V(enera)b(i)lem Ecc.m Sanctissimae Annunciatae vulgo dicta de fora”, era sita fuori le mura “in loco ubi dicitur lo ringo”, vicino le “ripas dictae Civitatis”, dove passava la via pubblica e predominava la coltivazione del gelso,[xxiii] e dove si trovavano i “sicomos” della stessa chiesa,[xxiv] lasciati dal quondam Joannes Berardino Petralia.[xxv] I terreni arborati con gelsi, olivi e noci, s’estendevano anche nei luoghi sottostanti la chiesa.[xxvi]
Durante la prima metà del Seicento, risulta che la chiesa fu amministrata da un procuratore eletto annualmente,[xxvii] carica che fu ricoperta da Hijeronimo Romano nel periodo 1626-1635.[xxviii] La sua amministrazione, comunque, non sembra essere stata esente da ombre. Il 14 agosto 1645, infatti, in occasione della stipula del suo testamento, Hijeronimo Romano, dichiarava di essere stato procuratore della SS.ma Annunziata “de fora”, ammettendo però, che i conti della sua amministrazione non erano stati “visti”. Disponeva, quindi, che nel caso detti conti fossero stati visti dopo la sua morte, e fosse stato condannato ad un qualche pagamento, voleva che i suoi eredi soddisfacessero subito i creditori.[xxix]
In seguito (1638) troviamo che ricoprì la carica il R.do D. Joannes Dom.co Fiorillo.[xxx] Come apprendiamo da un atto del 20 ottobre 1641, nel suo ultimo testamento, Ippolita de Luca, madre del detto procuratore, aveva legato ducati 50 alla chiesa della “Sanctissimae Annunciationis dictae de fore”, da investire nell’acquisto di un bene stabile, affinchè fosse celebrata una messa la settimana per la sua anima, da parte del detto suo figlio. Questi aveva prodotto la necessaria istanza presso la corte arcivescovile di Santa Severina, per il necessario assenso, ricevendo però parere negativo, perché la somma era stata ritenuta esigua. Volendo comunque adempiere alle volontà della madre, il richiedente, oltre al “terreno dell’umbro di marrari”, del valore di più di ducati 50, che cedeva alla detta chiesa, aggiungeva così anche il censo irredimibile di annui carlini 20, sopra il suo terreno detto “le limine” e sopra tutti i suoi beni, riservandosi l’usufrutto dei detti beni e la possibilità di eleggere il sacerdote che, dopo la sua morte, avrebbe dovuto continuare a celebrare l’ebdommada.[xxxi]
L’Annunziata “nova” agli inizi del Seicento
Agli inizi del Seicento, la chiesa dell’Annunziata “nova”, sita presso le rupi su cui era posto l’abitato di Policastro,[xxxii] nel luogo in cui passava “la istrada che scende dalla santiss.a nuntiata alla porta della terra detta la Judeca”,[xxxiii] e confinante, “vinella mediante”, con la casa di Andrea Caputo e Julia Ceraldo, figlia di Joannes Thoma Ceraldo,[xxxiv] fu interessata da lavori di ricostruzione. Lavori che, in primo luogo, riguardarono il rifacimento della “Intempiatura” dell’edificio sacro.
Il 5 ottobre 1625, Joannes Baptista Callea, in qualità di tutore degli eredi minorenni del quondam Joannes Alfonso Cerasari, cedeva per ducati 240 al dottore Mutio Giordano, una casa consistente in diversi membri. Quest’ultimo s’impegnava così a pagare alla “Confraternita” della chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, ducati 230 “per la fattura che si haverà da fare in detta chiesa della intempiatura”, in base a quello che era stato il precedente accordo fatto con il quondam Joannes Alfonso Cerasari, obbligandosi a corrispondere il denaro, nei tempi che sarebbero stati richiesti dal procuratore della detta chiesa.[xxxv]
Interventi riguardarono successivamente, anche il campanile della chiesa, impegnando “pro riparatione seu fabrica Campanili”, il denaro ricavato dalla vendita di una casa, donata alla chiesa per questo scopo, da Caterina Jerardo, “alias petua”, vedova del quondam Vangilistio Condo,[xxxvi] al quale si sommarono anche i 10 ducati lasciati da Joannes Paulo Cavarretta, “per agiuto della fabrica del Campanile di essa chiesa”.[xxxvii]
Il 7 febbraio 1636, il R.do D. Joannes Andrea Alemanno, procuratore della SS.ma Annunziata “nova”, vendeva a Gio. Dom.co Amannato di Zagarise, “abitante” da più anni in Policastro, la “Casetta palaziata” posta dentro la terra di Policastro nel convicino della SS.ma Annunziata “nova”, che era appartenuta alla quondam Caterina de Petua, e per ottemperare alle volontà testamentarie di quest’ultima, faceva fare “nella terra di Cutro li riscioli per detto Campanile”.[xxxviii]
Già agli inizi del secolo, invece, si era provveduto a dotare il campanile di una nuova campana. Il 13 aprile 1606, Joannes Dom.co Apa, procuratore della chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, aveva trovato l’accordo con il magister Nicolao Luciano della città di Messina. A quel tempo, quest’ultimo si era impegnato a giungere a Policastro alla metà del successivo mese di maggio, per realizzare una campana nuova, della grandezza che sarebbe venuta, utilizzando il metallo di una vecchia campana “rutta”, ed altro metallo detenuto dalla chiesa ascendente a circa cantara nove. Il prezzo pattuito per retribuire la sola mastria, era di ducati trenta, di cui quattro il mastro li aveva già ricevuti, mentre gli altri ventisei li avrebbe dovuti ricevere invece a completamento dell’opera.[xxxix]
A quel tempo la chiesa aveva già assunto una notevole importanza e pur non essendo parrocchiale, vi si celebravano alcuni sacramenti[xl] ma, soprattutto, era rapidamente divenuta il principale luogo pio di Policastro in cui si seppellivano i morti.
Le sepolture
A Policastro, come negli altri luoghi della diocesi di Santa Severina, in occasione di ogni “mortizzo seu funerale”,[xli] la chiesa arcivescovile esigeva per antico diritto, il pagamento in denaro dello “jus mortuorum”,[xlii] ovvero “la ragione chi li tocca”, mentre il cappellano percepiva “la ragione della stola”.[xliii] Oltre allo jus mortuorum, l’arcivescovo riceveva anche il pagamento dello “jus quarte”, o “quarta luminarium”, esigendo la quarta parte delle luminarie utilizzate durante i funerali.[xliv]
In queste occasioni, per “farli quell’honore che li convene”, a volte, alcuni disponevano che fosse presente un’apparato adeguato alla propria condizione, come nel caso di quelli che richiedevano di “farci andare tutte le confraternità et farci luminaria honorata conforme l’altre pare sue”,[xlv] in maniera da essere seppelliti con “honore”.[xlvi] Ai meno abienti, a volte, non rimaneva invece che invocare la carità, chiedendo di essere seppelliti “soper l’amor di dio”.[xlvii]
Accanto allo jus mortuorum ed alla quarta parte delle luminarie, la chiesa arcivescovile possedeva ancora, lo “jus sepolture”, esigendo sei tareni, tanto da quelli che si facevano seppellire nelle chiese della diocesi, legando per testamento, quanto da coloro che morivano “ab intestatis”.[xlviii]
Le entrate relative a questi diritti in Policastro, risultano documentate già alla metà del Cinquecento, nel “Libro de tutte le intrate de lo arcivescovado de s(a)nta Anastasia”,[xlix] ed alla metà del secolo successivo, come risulta il 18 maggio 1654, dall’entrate della Mensa Arcivescovile esatte da D. Tomaso Antonio Dardano, commissario apostolico.[l]
Risalgono agli inizi del Seicento i primi testamenti che documentano di sepolture nella chiesa dell’Annunziata “la nova”, o “nova” di Policastro. Tali sepolture continuano ad essere documentate durante tutta la prima metà del secolo, quando emerge come, a quel tempo, questa scelta fosse già ampiamente diffusa tra gli abitanti del luogo.[li] In alcuni casi, dopo aver ricevuto i divini uffici nella chiesa, la salma poteva essere spostata e tumulata altrove.[lii]
Attraverso quanto emerge dai testamenti contenuti nei protocolli notarili dei notari di Policastro della prima metà del Seicento, rileviamo che, all’interno della chiesa, le deposizioni potevano avvenire nella propria “Chiatra, seu sepoltura”,[liii] che poteva anche essere stata ricevuta in eredità,[liv] in quella dove si trovavano sepolti i propri familiari e parenti,[lv] o altri particolari,[lvi] oppure in un luogo particolare della chiesa.[lvii] In altri casi, il testatore non lasciava una precisa disposizione, ma si rimetteva alla volontà dei propri eredi[lviii] Altri, invece, ricorrevano alla sepoltura dei “Confrati”[lix] che, in ragione di questa loro appartenenza, a volte si facevano seppellire “con l’habito”,[lx] o nella cappella del SS.mo Rosario.
La cappella del SS.mo Rosario
Le sepolture maschili e femminili nella “Cappella del santiss.mo rosario”, eretta “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova”, sono documentate numerose già nei primi anni del Seicento, continuando ad esserlo durante tutta la prima metà del secolo.[lxi]
In alcuni casi, per farsi seppellire nelle sepolture di questa cappella, dove esisteva anche quella “delle Consoro del SS. Rosario”,[lxii] alcuni donavano una somma di denaro, oppure una tovaglia, o un altro capo di tessuto, di valore commisurato all’incombenza,[lxiii] disponendo, a volte, la celebrazione di un certo numero di messe per un particolare suffragio.[lxiv]
Una parte del denaro proveniente da questi lasciti, o dai pagamenti derivanti dalla concessione dei beni ricevuti in queste occasioni,[lxv] era destinato “pro riparatione ipsius Cappelle”.[lxvi]
Dalla rendita fondiaria al mercato creditizio
Rispetto all’epoca medievale, quando l’economia delle chiese si basò fondamentalmente sulla rendita fondiaria, essendo considerato peccato il prestito di denaro, a seguito soprattutto della crisi economica, durante la seconda metà del Cinquecento ed il secolo successivo, gli enti ecclesiastici spostarono i propri interessi verso il credito, investendo dei capitali sul mercato locale.
A questo scopo, il denaro necessario a tale attività, pur continuando a provenire, in parte, dalle antiche entrate,[lxvii] fu reperito, principalmente, attraverso i lasciti e le donazioni dei fedeli che, per ottenere dalla chiesa che un cappellano celebrasse, per un certo tempo, delle messe in suffragio della loro anima, le lasciavano una somma di denaro, o dei beni stabili, come risulta ampiamente documentato nel caso dell’Annunziata “nova” di Policastro[lxviii] che, allo scopo, risultava amministrata da un procuratore nominato annualmente con il beneplacito dell’arcivescovo.
Sappiamo che durante la prima metà del Seicento, ricoprirono questa carica: Stefano Capozza (1616),[lxix] Joannes Thoma Faraco (1621),[lxx] il R.do D. Petro Giraldo (1623),[lxxi] il clerico Blasio Capozza (1624),[lxxii] il presbitero Joannes Lanzo (1625),[lxxiii] D. Santo de Pace (1629),[lxxiv] D. Joannes And.a Alemanno o Lamanno (1630),[lxxv] (1632),[lxxvi] (1633),[lxxvii] (1635),[lxxviii] e (1636),[lxxix] il R.do D. Joannes Fran.co Gardo (1639),[lxxx] ed il R.do D. Joannes Dominico Fiorillo (1642).[lxxxi]
Previo l’assenso della corte arcivescovile, i beni ricevuti dalla chiesa attraverso i lasciti testamentari, erano posti all’incanto e venduti ad annuo censo sulla pubblica piazza.[lxxxii] Beni sui quali rimaneva infisso il censo determinato al momento della vendita.[lxxxiii] In altri casi, attraverso il lascito alla chiesa di beni, il cui valore doveva poter assicurare una rendita adeguata, i fedeli ottenevano da quest’ultima, l’impegno a che fossero celebrate in perpetuo, un certo numero di messe settimanali di suffragio (ebdommade).[lxxxiv] In relazione al denaro ricevuto per la celebrazione di queste messe, e considerato anche il diverso onere relativo alle messe “basse” ed a quelle “cantate”, il procuratore dell’Annunziata “nova” assegnava “per tabella” ad un cappellano, “tanto servim.to” “de edonmade in detta chiesa”. Sui beni oggetto di questi legati rimaneva il peso delle messe, che costituiva per la chiesa un onere perpetuo.[lxxxv]
La rinnovata vitalità dell’Annunziata verso la fine del Cinquecento, legata all’importanza della sua attività creditizia, che la poneva come principale riferimento locale,[lxxxvi] risulta evidenziata anche dalla costituzione al suo interno, di diversi altari o cappelle che, alcuni privati di condizione più agiata, edificarono allo scopo di ritagliarsi una posizione privilegiata. La soddisfazione di questa loro volontà non era comunque scontata, dovendo ricevere l’assenso della gerarchia ecclesiastica, incontrandone il favore.
Ne è un esempio, il testamento del frate Marco Mingaccio della terra di Caccuri, stipulato il giorno di Natale del 1604, nella sacrestia della chiesa di Santa Caterina di Policastro, dove si trovava infermo. In questa occasione, il frate disponeva di essere seppellito nella stessa chiesa, lasciandola erede dei suoi beni, con il patto però che, entro sei mesi dalla sua morte, il suo procuratore avrebbe dovuto far costruire una cappella. Per “fattura et accomodam.to di detta Cappella ci lascia docati dece”, mentre, altri quattro ducati li lasciava affinchè, in beneficio della sua anima, fosse detta una ebdommada la settimana in perpetuo, nella detta costruenda cappella. A garanzia delle proprie volontà, disponeva che, non facendosi la cappella entro i sei mesi, succedesse nel legato la chiesa dell’Annunziata Nova di Policastro, i cui procuratori avrebbero dovuto avere pensiero di costruire la cappella nella detta chiesa “dove alloro piacerà”.[lxxxvii]
L’oratorio dei Santi Innocenti
Il cappellano dell’oratorio “delli innocenti”, ovvero dei “Sanctorum Innocentium” della terra di Policastro, comincia ad essere chiamato in sinodo nel 1594, quando comparve pagando il “censo solito” di una libra di cera.[lxxxviii] Nei sinodi successivi della prima metà del Seicento, in alcuni casi comparve pagando il censo, in altri non comparve e non pagò.[lxxxix] Il 10 giugno 1662, in occasione del sinodo di quell’anno, il “Capp.nus SS. Innocentium” fu condannato, risultando tra coloro che non erano comparsi per il pagamento dello “Jus Cathedratici”. Qualche giorno dopo risultò che non esistevano né l’altare né il cappellano.[xc] In occasione dei sinodi successivi, fino alla metà del Settecento, il cappellano risulta sempre chiamato a comparire.[xci]
La cappella di San Giovanni Battista
Tra le cappelle più antiche presenti nell’Annunziata “nova” di Policastro di cui abbiamo notizia, troviamo la cappella o oratorio di San Giovanni Battista, la cui esistenza comincia ad essere documentata in occasione del sinodo diocesano del 1595, quando D. Gio. Dom.co Catanzaro, comparve offrendo “una lib. di cera” per “L’orat.o di S. Gio: bap(tis)ta”, a titolo di cattedratico. In seguito, il cappellano, o rettore, dell’oratorio di “S. Joannis Bapt(ist)ae” risulta chiamato in occasione dei sinodi convocati tra la fine del Cinquecento e gl’inizi del Seicento, periodo in cui, oltre al suo rettore (il “principale”), agiva anche un “procuratore”.[xcii]
Alcuni documenti evidenziano che lo juspatronato dell’oratorio apparteneva ai de Fiore. Il 15 agosto 1609, davanti al notaro, si costituivano il parroco D. Vincenso de Fiore e Joannes Dom.co Argise, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Joannes Dom.co e “soram” Dominica Massa. Tra i beni della dote promessa dal detto presbitero Vincenso, in parte gravati da censi, troviamo: “una continentia di vigne” poste nel territorio di Policastro loco detto “olivano”, confine le vigne della “Cappella di s.to Gio: Bapt(ist)a” che adesso possedeva il detto D. Vincenso. Si pattuiva che, morendo la detta futura sposa senza figli, la dote sarebbe dovuta tornare alla “Cappella di san Gioani battista ius patronato di detta promissione sita e posta dentro la venerabile chiesa della santiss.ma Nuntiata la nova di detta terra”.[xciii]
Dopo il rifacimento della chiesa a seguito del terremoto del 1638, l’altare non fu più ricostruito, anche se il beneficio rimase. La passata esitenza dell’“Alt.re di S. Gio: Batt(ist)a”, “nel corno manco dell’Altare Mag.re” della “nuova Chiesa della SS.ma Ann.ta”, dove si era incominciato a costruire una nuova cappella, risulta ricordata nel 1640[xciv] mentre, una provvista del luglio 1644, riferisce che il “patronatus laicorum” sotto l’invocazione di “S. Ioannis Baptistae”, vacante per la morte di Io. Nicolao de Flore, assieme al semplice beneficio sotto l’invocazione di “S. Ioseph”, vacante da più di un triennio, per la morte di Petro Pedace, ed entrambi esistenti “in ecclesia Annuntiationis B.M.V.” di Policastro, erano stati concessi al presbitero Luca Ant.o Fanele.[xcv]
Il giorno 19 giugno 1662, in occasione del sinodo di quell’anno, si annotava: “Facta quoque omni diligintia, fuit repertum nunc non adesse Altaria S. Jo: Baptistae et SS.rum Innocentium, neque Rectores, sive Cappellani nec fratres existentes seu rendentes eisdem altaribus, aut Cappellanis sive.”[xcvi] In seguito risulta documentato che il rettore di “Sancti Joannis Baptistae”, fu sempre chiamato in sinodo, fino a tutta la metà del Settecento.[xcvii]
L’altare di San Giuseppe
Anche l’esistenza dell’oratorio di San Giuseppe, juspatronato della famiglia Campitelli, comincia ad essere documentata in occasione del sinodo diocesano del 1595, quando risulta l’offerta del cattedratico di “una libra di cera” per “L’orat.o di S. Giuseppe”, da parte di D. Gio: Dom.co Catanzaro.
Il cappellano dell’oratorio di “S. Joseph”, compare anche nei sinodi successivi[xcviii] ma, a cominciare dal quello del 1612, fu dispensato dal pagamento dovuto, avendo ottenuto la grazia da parte dell’arcivecovo, essendo egli il suo “secretarius”. Troviamo così che, nei primi anni successivi, il cappellano non comparve, o lo fece per ottenere la grazia, mentre, in seguito, non risulta più chiamato in sinodo.[xcix] A quel tempo, D. Joannes Petro Pedace deteneva la cappellania perpetua di “S. Ioseph, in ecclesiae SS. Annuntiatae”, assieme ad altri benefici,[c] mentre sappiamo che “l’altare di sangioseppe”,[ci] possedeva terre in loco detto “la fiomara”.[cii]
Nel proprio testamento del 4 giugno 1630, Alfonso Campitello disponeva di essere sepolto nella SS.ma Annunziata “nova”, istituendo eredi i suoi figli: Caterinella, Ferrante, Michele Angelo e Laurella Campitello, assieme al figlio che avrebbe avuto Vittoria Coliccia sua moglie. Lasciava ducati 100 affinchè gli eredi comprassero un bene stabile sicuro nel territorio di Policastro, per la celebrazione di due ebdommade la settimana nell’altare maggiore della SS.ma Annunziata “nova”.[ciii]
Morto Gio. Petro Pedace nel mese di agosto del 1640, il semplice beneficio di San Giuseppe fu concesso al presbitero diocesano Martino Megali.[civ] Quest’ultimo però, non ne entrò in possesso. Una provvista del luglio 1644, riferisce infatti che, il beneficio ormai vacante da più di un triennio, assieme a quello di “S. Ioannis Baptistae”, erano stati concessi al presbitero Luca Ant.o Fanele.[cv]
La cappella di San Carlo
Nel suo testamento del 2 agosto 1611, Joannes Baptista Larosa di Catanzaro, ma abitante in Policastro, dichiarava di aver prodotto querela contro Fabio Rotundo a causa “della insulencia dello altare”.[cvi] L’esistenza di una cappella dedicata a San Carlo, dentro la chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, risulta documentata da un atto del 15 febbraio 1615. Quel giorno, Fabio Rotundo donava a Joannes Rotundo la “vineam arboratam ficis et quercum”, posta nel territorio di Policastro loco detto “la chianetta”, con il patto che, morendo il detto Gianni senza figli, la vigna sarebbe dovuta andare alla cappella di detto Fabio, intitolata alla “inmagine di san carlo”, posta dentro la chiesa della SS.ma Annunziata “nova”.[cvii]
La volontà di Fabio Rotundo di garantire la disponibilità dei propri beni ai suoi discendenti, attraverso l’erezione della cappella, risulta testimoniata da altri atti. Il 19 giugno 1616, davanti al notaro ed al cospetto del parroco, si costituivano Thomas Jerardo e Joannes Rotundo, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra il detto Joannes e Vittoria Jerardo, figlia del detto Thomas. In questa occasione, Fabio Rotundo prometteva al futuro sposo ducati 100, che questi avrebbe dovuto impiegare per l’acquisto di un bene stabile che, anche dopo il matrimono, sarebbe rimasto di suo esclusivo possesso. Nel caso, invece, che il detto Gianni fosse morto senza eredi, la detta somma sarebbe dovuta andare alla cappella del detto Fabio intitolata a “Sancarlo”, posta dentro la chiesa dell’Annunziata “nova”. In questa occasione, il detto Fabio ratificava al detto Gianni la donazione già fatta, della vigna posta nel loco detto “la chianetta”, e gli donava la propria parte del castagneto posto nel loco detto “le castagna di sacco”, che deteneva in comune ed indiviso con Margarita di Benigno e Laura di Alfonso Polla.[cviii]
L’otto settembre 1616, in occasione del matrimonio tra Fabio Rotundo e Dianora Coco, si pattuiva che, alla morte della detta Dianora, il dotario dovesse andare alla cappella del detto Fabio sotto il titolo di “Sancarlo” posta nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”.[cix]
Il 17 aprile 1636, dietro la richiesta di Dianora Coco, ormai vedova ed erede del quondam Fabio Rotundo, il notaro si portava nella domus palaziata consistente in più e diversi membri, dove aveva abitato il defunto, per redigere l’inventario “seu ripertorium” dei suoi beni. Tra questi risultava una continenza di terre arborate di “cerse” loco detto “attalione, et furesta”, che apparteneva alla cappella di San Carlo nella SS.ma Annunziata “nova” dove era stato seminato un tomolo di grano.[cx] Bene che risultò anche in occasione di un secondo inventario, l’otto luglio di quell’anno, fatto su richiesta di Gregorio Spinelli, erede con “benefitio legis, et Inventarii”, del quondam Fabio Rotundo, suo “advunculum”.[cxi] L’esistenza delle terre della “Cappella Santi Caroli”, poste presso il fiume Tacina, risulta documentata anche qualche anno dopo.[cxii]
Da questo periodo, il “Rector S. Caroli”, anche attraverso il suo procuratore, comincia ad essere chiamato in sinodo per offrire la libra di cera dovuta all’arcivescovo a titolo di cattedratico, come risulta documentato in occasione del sinodo del 1633.[cxiii] Nel prosieguo degli anni a cavallo della prima metà del Seicento, dopo alcune volte in cui egli comparve e pagò, o altri ecclesiastici lo fecero per lui, a cominciare dal sinodo del 1645, non comparve più.[cxiv]
Il 10 giugno 1662, in vigore del decreto della curia arcivescovile del 21 maggio di quell’anno, il “Rector Altaris S. Caroli pro libra Cerae”, figura nell’elenco di coloro che non erano comparsi per pagare lo “Jus Cathedratici”, e che furono condannati al pagamento della terza parte dei frutti, oppure a pagare ducati 3 per ciascuno, nel caso che non avessero avuto annuo reddito.
Il 19 giugno successivo, s’intimava a D. Jo. Andrea Alemanno, “Rector vero Altaris S. Caroli”, nonchè procuratore dell’Annunziata, affinchè comparisse nel giorno della dedicazione della cattedrale e pagasse il cattedratico dovuto, tanto per “dicto Altari S. Caroli quam p.o eadem Eccl.a SS.mae Annunt.nis”. Successivamente, non risulta più chiamato in sinodo.[cxv]
La cappella di Santa Maria del Carmine
Al fine di consentire al chierico Gio: Vicenso Riccio, suo figlio, di poter accedere agli ordini sacerdotali, il 5 maggio 1615, Joannes Fran.co Rizza gli donava “una mercantia di porci” di numero 140 “grossi”, alla condizione che questi pagasse ducati 150 al Barone dell’Amato, per il pascolo delle ghiande che i detti porci facevano nella difesa del barone, per il periodo in cui si era obbligato detto Joannes Fran.co, e pagasse, ancora, ducati 180 a Camilla di Vona, vedova del quondam Fabio Rizza, per ciò che gli doveva detto Joannes Fran.co, come erede del detto quondam Fabio. Il detto chierico Gio. Vicenso, rimaneva obbligato anche ad erigere “la cappella” secondo la volontà lasciate dal detto quondam Fabio nel suo testamento.[cxvi]
Il 20 maggio 1622, Gio. Fran.co Riccio, adempiendo alle volontà del quondam Fabio Riccio, suo fratello, che gli aveva lasciato di celebrare 2 ebdommade la settimana nella “Cappella Costruenda, et facienda per detto herede”, dentro la chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, “intitulata Santa maria dello Carmino”, costituiva e fondava le dette due messe per ducati 10 all’anno, sopra i frutti della possesione di “gorrufi” posta dentro il territorio di Policastro.[cxvii]
L’altare di San Gerolimo
Attraverso l’atto stipulato il 28 maggio 1627, Stefano Capozza asseriva che, il quondam Giannino Capozza, “suo avo”, aveva lasciato due ebdommade sopra “le terre dell’agrillo seu salito”, poste nel territorio di Policastro. Ebdommade che si dovevano servire nell’altare di “Sangerolimo” posto dentro la chiesa della SS.ma Annunziata “nova”.
Al presente, avendo ritrovato “uno instromento in Carta di Corio”, stipulato dal notaro Gioluise Scandale il 24 settembre 1582, mediante il quale, il quondam Blasio Capozza, suo padre, aveva comprato dette terre dal quondam Scipione Callea, ne faceva donazione al C. Blasio Capozza suo figlio, con il patto che, pervenuto questi agli ordini sacri e fattosi “preite”, avrebbe dovuto servire egli stesso le due ebdommade. Di più, in qualità di donatario del quondam Salvatore Traijna, cedeva al detto suo figlio, anche le terre che erano appartenute al detto quondam Salvatore, gravate dal servimento di una ebdommada la settimana nell’altare della menzionata cappella, come appariva dalla donazione delle “terre di Santo Cesario” di circa 9 tomolate, stipulata dal notaro Fran.co Accetta il 23 aprile 1618. In occasione di questa donazione, il detto Stefano aveva ricevuto la potestà di eleggere cappellani il detto Blasio, quando questi fosse giunto agli ordini sacri, ed il quondam C. Gio. Simune de Chiara. Essendo morto quest’ultimo, la nomina rimaneva quindi a suo figlio Blasio.[cxviii]
La cappella di San Francesco d’Assisi
Il 15 giugno 1626, Joannes Baptista Callea vendeva a D. Joanne Liotta, il vignale della capacità di 1 tumolo e ½, posto nel territorio di Policastro loco “Marrari”, per il prezzo di ducati 10 e ½. Il detto D. Gianni ne pagava a detto Joannes Baptista, ducati 5 che, brevi manu, li consegnava ai Reverendi D. Nardo Marchese e D. Scipione Callea, “Comoneri” del R.do Cl.o di Policastro, in parte di ciò che egli doveva a detto clero, in qualità di tutore dei figli ed eredi del quondam Gio. Alfonso Cerasaro, per il servimento delle messe celebrate “nell’oratorio di San Fran.co d’assisa fundato per detto q.m Cerasaro dentro la venerabile chiesa della Santiss.a nuntiata nova”.[cxix]
Come apprendiamo da un atto del primo giugno 1646, il quondam Francisco Cerasaro, nel suo testamento stipulato il 16 maggio 1640 dal notaro Leonardo de Pace, aveva lasciato ducati 100 alla SS.ma Annunziata “nova”, da impiegare nell’acquisto di uno stabile, della cui rendita: carlini 20 sarebbero dovuti andare alla detta chiesa ed il resto per celebrare tante messe nella cappella di detto testatore.[cxx]
La costruenda cappella “delli santi”
Come apprendiamo da un atto del 6 ottobre 1627, nei mesi precedenti, per atto stipulato dal notaro Horatio Scandale, D. Joannes Leotta, “Vicarius Foraneus” di Policastro, aveva fatto donazione, con effetto dopo la sua morte, delle sue terre, ovvero: “parte di Comito, Luchetta et Cersito”, alla “Cappella costruenda” “delli santi” dentro la chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, con il patto che il procuratore della detta chiesa avrebbe dovuto provvedere, entro un certo tempo, a far impetrare la donazione da parte dell’arcivescovo.
Poiché però, “il tempo è già elasso” e per evitare che la detta donazione risultasse nulla, al presente la convalidava e confermava “in ogni futuro tempo”. Anzi l’ampliava, aggiungendo alla donazione fatta a detto “Altare seu oratorio ò Cappella eligenda vel Costruenda”, i seguenti beni: la gabella detta “de marrari”, che era appartenuta a Sanzone Salerno, “il Cugno seu serra della monaca”, che aveva comprato da “soro” Caterina di Cola, Fran.co Ant.o di Cola e Cl.o Gio: Dom.co di Cola, e “parte delle manche di Zaccarella per quanto ferisce detto Cugno seu serra della monaca”. Di più donava le terre poste negli stessi luoghi, che erano appartenute a Gio. Dom.co Argise. Quali terre: “la gabelluzza, Cugno seu serra della monaca, parte di Zaccarella e rotundone di argise”, con la “Jurditione di terre grutti e quanto tocca”, erano assegnate con il peso di messe cantate per la sua anima. Disponeva ancora, che la costruzione futura dell’oratorio, dopo la sua morte, avvenisse con le entrate delle sue robbe. Si dichiarava che, negli anni passati, detto D. Gianni aveva fatto testamento lasciando a Santa Caterina di Policastro, una certa quantità di denari per servimento di messe e di altro. Al presente annullava la detta donazione.[cxxi]
La cappella di Sant’Antonio di Vienna
L’esistenza della cappella di Sant’Antonio di Vienna risulta documentata nei primi anni del Seicento. Il 30 dicembre 1614, Gregorio Commeriati donava alla venerabile chiesa della SS.ma Annunziata “nova” di Policastro, nelle mani del suo procuratore Stefano Capozza, la “continentia di vigne” con due “vignali” contigui, posta dentro il territorio di Policastro loco detto “olivano”, con il patto che il detto procuratore, in sua vita, gli facesse dire una messa all’anno nella “venerabile Cappella di Santo Antonio di venna posta dentro detta chiesa”, per la somma di un carlino all’anno.[cxxii]
Il 18 agosto 1625, Cesare Poerio vendeva al Cl.o Scipione Tronga, la continenza di terre della capacità di salmate 8 circa, consistente in più e diversi vignali, posta dentro il territorio di Policastro loco “galioti seu la colla dello petrone”, con il peso di pagare annui ducati 3 alla cappella di “Santo Ant.o” posta dentro la chiesa della SS.ma Annunziata “nova”.[cxxiii]
Alcuni documenti successivi evidenziano che in loco detto “Marrari”, presso il fiume Soleo, si trovavano le terre o “gabella” della cappella di “Santo Antonio di venna”, ovvero “S. Antonio de’ Vienna”, lasciate dal quondam presbitero Joannes Leotta,[cxxiv] contigue con due pezzi di terra volgarmente appellati “Gabellas”, che furono acquistati dai suoi eredi.[cxxv] Come riferiscono un atto del 15 febbraio 1645, ed un altro del 17 settembre di quell’anno, il beneficio che era stato del quondam presbitero Joannes Leotta, era “novam.te” pervenuto al Rev.s D. Salvatore Faragò, suo nipote.[cxxvi] Ancora nel marzo del 1647, questi possedeva il semplice beneficio “seu Jus Patronato di Santo Antonio”, posto dentro la chiesa della SS.ma Annunziata “nova”,[cxxvii] mentre un atto del 1741, documenta che la “Cabella dicta marrari”, confinava con le “terris d.tis Sant’Antonio”.[cxxviii]
La cappella della Natività
Nel suo testamento del 17 dicembre 1630, Portia Nicotera, moglie del quondam magister Filippo Schipano, lasciava ducati 5: metà alla cappella del SS.mo Sacramento e metà “alla Cappella della nativita di N. Signore Jesu Cristo altare privileggiato”, posta dentro la chiesa della SS.ma Annunziata “nova”.[cxxix]
La cappella di Sant’Antonio di Padova (“Santo Antonino”)
Il primo agosto 1634, Lucretia Corigliano, “sorore” dell’ordine di S. Francesco d’Assisi, vendeva al diacono Carlo Scuro di Crotone, la “Continentia di terre” della capacità di circa 5 salmate, posta nel territorio di Policastro loco “Andriuli seu lo Muscarello”. La detta Lucretia soleva pagare una ebdommada alla Cappella di “Santo Antonino”, posta dentro la SS.ma Annunziata “nova”, che era stata lasciata dai defunti Gio. Battista Collura e Maria Vallone.[cxxx]
Il 24 dicembre 1637, davanti al notaro comparivano, da una parte, il notaro Jacinto Richetta, procuratore ed esecutore testamentario dell’oratorio di “Santi Antoninii de Padua”, eretto dentro la chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, anche per parte della quondam “sororis” Lucretia de Corigliano, che possedeva i beni del quondam “D(omi)ni” Joannes Petro Corigliano. Dall’altra, comparivano i coniugi U.J.D. Mutio Giordano e Rosa Traijna, quest’ultima in qualità di erede del quondam Martino Traijna, mediante la persona di suo padre Sebastiano Traijna. Il detto procuratore asseriva che, negli anni passati, il detto quondam Joannes Petro aveva venduto a detto Martino Traijna, l’annuo censo di ducati 5 per un capitale di ducati 50. Al presente, il detto procuratore, come erede lasciato dalla detta Lucretia, procedeva ad affrancare tale censo nei confronti dei detti coniugi Traijna e Giordano, cui andavano ducati 55 per capitale ed interessi decorsi: ducati 27 per mano di Delia Furesta, ducati 25 per mano di Petro Paulo Serra e 3 ducati pagati dal detto procuratore.[cxxxi]
Il 18 febbraio 1644, Paulino Juliano della Roccabernarda, ma “incola” in Policastro, vendeva a Michaele Scandale la “vineam” posta nel “districtu” di Policastro loco detto “le Carita”, per la somma di ducati 17 da pagarsi alla prossima fiera di Molerà, da parte del chierico Carulo Richetta, procuratore del “V(enera)b(i)lis Oratorii subtitulo Sancti Antonini Paduani”.[cxxxii]
L’ospedale
Il 13 novembre 1633, Sanzone Salerno ed il Cl.o Onofrio Salerno, padre e figlio, vendevano per ducati 22 al presbitero D. Joannes And.a Alemanno, in qualità di procuratore della SS.ma Annunziata “nova”, la casa palaziata con un casalino contiguo, che era appartenuta al quondam D. Scipione Curto, posta dentro la terra di Policastro, nel convicino della SS.ma Annunziata “nova”, confine la casa degli eredi di Berardo Lomoijo, la casa di Francischina Cavarretta, e “lo casalino di detta chiesa”. Di tale somma, ducati 6 erano pagati per mano del presbitero D. Joannes Baptista Favari mentre, per i restanti ducati 16, s’impegnavano a pagare, nel giugno seguente, i detti de Salerno.
In questa occasione, il detto presbitero D. Joannes Baptista dichiarava che donava quanto aveva pagato “pro elemosina dittae Ecc.ae”, affinchè nella detta casa “Arbirgari possint onnes pelegrinos, et viandantes”. In relazione a ciò ed a maggiore cautela delle parti, il procuratore della chiesa aveva già provveduto ad impetrare l’assenso del vicario generale di Santa Severina, volendosi “dedicare” il bene “per ospitale di poveri de peregrini, e bisognosi forastieri”.[cxxxiii]
In seguito risulta documentata l’esistenza di un ospedale, nelle vicinanze della chiesa e delle rupi. Da un atto del 24 luglio 1654, rileviamo che la domus appartenuta all’olim Hyacintho Curto, era posta in convicino della chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, e confinava con la “domum hospitalis d.ttae E.ccae”, la domus di Andrea Lanzo via mediante, le “Ripas dittae Civ.tis” ed altri fini[cxxxiv] mentre, un atto del 5 settembre 1655 evidenzia che, tra i beni appartenenti alla dote di Cesare de Franco, vi era “la Casa ch’è sop.a la Chiesia della SS. Nunciata, confine le ripe di q.a Città, confine l’ospidale” ed altri fini.[cxxxv]
La “nova” chiesa dell’Annunziata “nova”
Gli eventi sismici che interessarono la Calabria centro-settentrionale a cominciare dal 27 marzo del 1638,[cxxxvi] proseguendo fino alle scosse verificatesi nella notte tra i giorni 8 e 9 del mese di giugno dello stesso anno, produssero danni ingenti a Policastro. In questa occasione, secondo quanto affermava Lucio de Urso, l’abitato fu distrutto “dalle fondamenta”,[cxxxvii] risultando il centro più colpito tra quelli vicini, con 353 edifici rimasti abbattuti.[cxxxviii]
Come appariva da una relazione prodotta al tempo dall’avvocato fiscale della regia udienza provinciale, il sisma causò a Policastro danni per più di quarantamila ducati d’oro “per li quali danni, e rovine furno concesse à Cittadini cinque anni di franchezze”.[cxxxix] A seguito di queste scosse la chiesa dell’Annunziata “nova” rovinò, ma fu presto ricostruita. Nel settembre 1639, D. Lupo Antonio Coschienti che, negli anni passati, aveva acquistato ad annuo censo, un casaleno lasciato alla chiesa della SS.ma Annunziata “nova” da Laura Zupo, chiedeva ed otteneva di potere affrancare il detto censo, per “opra di carità”, “perché la p(rede)tta chiesa è cascata”, pagando al procuratore D. Joannes And.a Alemanno, il capitale e le terze decorse, così che il denaro “si spenda in reparat.ne della fabrica di detta chiesa rovinata per li terrimoti”.[cxl]
In quegli anni, i lavori di ricostruzione stavano interessando anche i luoghi prossimi alla chiesa, dove questa possedeva “una quantità di Casalina”, che erano precedentemente appartenuti al quondam Berardo Caira. Il 24 maggio 1642, il R.do D. Joannes Dominico Fiorillo, procuratore della chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, considerato che “vicino detta Chiesia”, “della parte di sopra dette Casalina”, vi erano le case del magister Jo. Dominico Cavarretta e di Catherina Rizza, vedova del quondam Laurentio Caira, “nelle quali stanno in atto di fabricare intendendo fare le fuse pendenti dentro dentro dette Casalina, et finestre rustiche”, con grandissimo pregiudizio per la detta chiesa, intimava di rimuovere “le dette fuse, et finestre” da detto luogo.[cxli]
A seguito della ricostruzione della chiesa, alcuni atti del notaro Gio. Matteo Guidacciro del periodo 1645-1647, individuano le vicinanze del nuovo edificio sacro in qualità del “Convicinio novae Ecclesiae sub titulo Santissimae Annunciationis”[cxlii] mentre, in occasione dei sinodi successivi al sisma, il solito ed antico cattedratico di tre libre di cera, poi convertito nella somma di tre carlini, spettava ora al procuratore della “novae Ecc.ae Annunciat.nis”.[cxliii]
Il monte dei morti
Il 30 gennaio 1640, D. Gio. And.a Alemano, procuratore della “nova chiesa della Nunciata di Polic.o”, chiedeva alla corte arcivescovile di Santa Severina di ricevere il consenso per fondare un monte dei morti nella detta chiesa, al quale si erano iscritti “moltiss.mi devoti”,[cxliv] ricevendo l’assenso da parte del vicario generale. In questa occasione, fu allegato a tale richiesta, un atto prodotto il 12 gennaio di quell’anno, dai confrati della “confraternità della V(e)n(erabi)le Chiesa della SS.ma Nunciata nova di q(ue)sta Città di Polic.o”, nel quale si elencavano le condizioni che avrebbero dovuto regolare in futuro la vita del nuovo ente.
“Iesus maria. Noi sotto scritti Confrati della confraternità della V(e)n(erabi)le Chiesa della SS.ma Nunciata nova di q(ue)sta Città di Polic.o per la p(rese)nte si come fosse publico Inst.to ne obligamo e promettemo pagare alla d.a Venerabile chiesa e suo Proc.re una cinquina il mese per ciasc.o di noi sotto scritti confrati delli quali cinquine il d.o Proc.re l’habbia di dispensare in q(ue)sto modo videlicet.
Primo che ogni lunedì di ogni sett.a habbia di fare celebrare in d.a Venerabile chiesa una messa cantata Notturno ex spento per l’anime del santo Purgatorio.
2.o Che morendo qualche uno delli confrati sotto scritti il d.o Proc.re habbia da fare celebrare venti messe sop.a il Cadavero in d.a venerabile Chiesa ò in qualla della sepoltura et Una messa Cantata Notturno exspento e mancando qualche uno di noi di pagare per due mesi la d.a cinquina sia privo di d.o suffragio del che il d.o Proc.re habbi pensiero con farsi libro part.re tanto di Introito quanto di esito e perciò ne habbiamo fatto la p(rese)nte sottoscritta e Croce sig.ta di nostre p(ro)p.e mani in Polic.o li dudici de Gen.o 1640.
Item che il d.o Proc.re con il beneplacito del Rev.s ordinario possano eliggere una o due persone idonee per tale effetto cio’e possa d.o Proc.re intervenire nelle elett.e che faranno le sottoscritti o la magg.re parte di essi del Priore e Retore di d.o monte e la voce di d.o proc.re vaglia per tre Voci.”.[cxlv]
In seguito, risultano documentati i lasciti in favore del “Pii Montis Mortuorum Venerabilis Ecclesiae Sanctissimae Annunciationis novae”, di cui fu priore Joseph Ritia nel 1647.[cxlvi] Il 9 settembre 1653, in occasione della stipula del proprio testamento, il presbitero Joannes Andrea Alemanno disponeva di essere sepolto nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sua sepoltura. In questa occasione, dichiarava di essere debitore di ducati 50 nei confronti del monte dei morti eretto nella detta chiesa. Per estinguere tale debito, lasciava l’annuo censo di ducati 6 e grana 25, per un capitale di ducati 62 e ½, che pagava Gio. Jacovo Cervino sopra la possessione di “Gorrufi”. Disponeva, inoltre, che l’Annunziata “nova” rimanesse “speciale herede” delle sue vacche, per esserne egli stato tanti anni procuratore. Questa, assieme ad Alfonso Campitello “suo Comp.e”, avrebbe dovuto vendere le vacche ed investire il denaro in un bene stabile sicuro, con la cui rendita poter così celebrare 2 messe la settimana, per l’anima sua e per quella dei suoi benefattori.[cxlvii]
La cappella di San Giacomo
Risaliva già al gennaio del 1640, un primo atto con cui D. Gio. Iacobo de Aquila aveva costituito la dote per edificare una nuova cappella nella chiesa dell’Annunziata “nova”. Tale volontà aveva però trovato opposizione da parte del procuratore della chiesa. Il 20 ottobre 1641, in occasione della visita compiuta a Policastro dall’arcivescovo Fausto Caffarelli (1624-1651), il detto D. Gio. Iacobo presentava una supplica all’arcivescovo, chiedendo di ottenere allo scopo, nella medesima chiesa, la cappella in costruzione, che si trovava nel corno sinistro dell’altare maggiore dove, in passato, era esistito l’altare di San Giovanni Battista, impegnadosi a dotarla con 600 ducati, ad ornarla e provvederla di tutto il necessario, intitolandola così al “glorioso Ap(osto)lo S. Iacopo Magg.re”. Le condizioni poste dal richiedente, sono illustrate nella detta supplica.
“Ill.mo et R.mo Sig.re D. Gio: Iacopo Aquila per atti di Notar Gio: Leonardo de Pace il Gennaro / dell’anno 1640 fece obligat.ne di doti d’una Cappella che desiderava / edificare nella nuova Chiesa della SS.ma Ann.ta con alcuni pesi riser / ve et altrim.ti come stà espresso in detto instrum.to al q(ua)le si rifere. / E perchè non li fù poi concesso il luogo dà farci la Cappella sfondata / e men fù per il Proc.re della Chiesa consentito alle condit.ni dell’oblat.re / la quale però non hebbe effetto. Onde l’istesso D. Gio: Iacopo supp.ca / V. S. Ill.ma che con liberarlo espressam.te per abundanza di sua cau(te)la / dà detta p.a obligat.ne si degni concederle nella medesima Chiesa la / Cappella che è nel corno manco dell’Altare Mag.re dove fù già l’ / Alt.re di S. Gio: Batt(ist)a, e s’è incominciata à costruire, E si / propi.e à finire, e perfectionar.e la fabrica della Cappella pre(de)tta secon / do stà designata. / E provederla, et ornarla di tutte cose necess.rie alla E.a Messa, E dotarla di / seicento docati di sorte principale con che il titulo sia del glorioso / Ap(osto)lo S. Iacopo Magg.re. / Sia e resti Cappella di Patronato d’esso Oratore, e degli suoi heredi e success.ri / con l’autorità di presentare il Rettore, et in vita del supp.te sia esso / medesimo il Rettore Capp.no. / E con peso, et obligo, che si c’habbino di celebrare due messe basse ogni / settimana, cioè nella Dom.ca, ò in giorno altro di festa, ò feriale / se fra la settimana non ci fosse giorno festivo, e tre ogni mese in canto di requiem con il Notturno, et il Responsorio per l’anema / di tutti i defunti d’esso Orat.re, ò di Lunedi, ò di Venerdi ad / arbitrio del Capp.no mà che à detta messa in Canto Notturno, e / Responsorio habbino ad intervenire almeno dieci sacerdoti in / clusove il Celebrante. / E che l’Orat.re in sua vita, e poi li successori che saranno p(atro)ni pro tempore / habbino ancora à nominare, et eliggere li Sacerdoti, che dovranno / intervenire alla Messa cantata con il Notturno, e Responsorio. / A q(uel)li tutti Sacerdoti che dovranno intervenire alla Messa in Canto col / Notturno et Responsorio sia tenuto il Rettore delli renditi dotali / dodici docati l’anno dà distribuirsi tra di loro / E che li sia permesso entro l’istessa Cappella dui Sepolchri uno per se / e per d.i Sacerdoti del servitio come sop.a, et uno per sepoltura dei / suoi heredi, e successori. / E finalm.te con obbligo al Rettore, che delle rendite, e frutti della dote / assegnata come di sop.a debbia ogn’anno pagare, e consignare / otto d.ti alla medesima Chiesa dell’annunciata da spendersi / ad utilità, beneficio, e commodo d’essa Chiesa. / E l’oratore heredi consignando detti seicento ducati, ò veri beni / stabili fruttiferi di tanto valore siano liberi del peso et obligo / dell’istessa dote, e fra tanto che non consegneranno il / danaro, e non assegneranno li stabili siano tenu / ti corrispondere per cinquanta d.ti annui di censo delli q(ua)li siano / li trenta del Rettore, Dodici stipendio delle Messe designate in Canto /come sop.a et otto della Chiesa.”
Il 19 novembre 1641, considerata l’istanza prodotta dal richiedente, l’arcivescovo concedeva di potersi erigere la cappella, con gli oneri ed i diritti espressi nella supplica, rimanendo obbligato il rettore, a comparire nel giorno del sinodo diocesano con l’offerta di tre libre di cera. Considerato però che ancora non era stato seguito il pagamento reale della dote offerta, si subordinava il consenso esplicito della curia arcivescovile, all’effettiva assegnazione dei beni.[cxlviii]
15 maggio 1642, presso il notaro Gio. Matteo Guidacciro di Policastro, veniva stipulato l’atto, che dava finalmente concretezza alle pie volontà del R. D. Jacobo Aquila. In questa occasione, quest’ultimo asseriva che, nei mesi appena trascorsi, “à tempo della visita” effettuata in Policastro dall’arcivescovo di Santa Severina, era venuto all’accordo con il R. D. Joannes Dominico Fiorillo, procuratore della chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, per erigere dentro detta chiesa, una “Cappella” intitolata a “Santo Giacomo” “et pp.o nel luoco intitulato p.a il nome di Giesù”. In relazione a ciò, aumentando sensibilmente quella che era stata la sua precedente offerta, s’impegnava a corrispondere “per detto loco et fabrica fatta per detta Chiesa”, ai procuratori che si sarebbero succeduti nel tempo, il censo annuo di ducati 8 per un capitale di ducati 80, cominciando a pagare a partire dal primo di dicembre prossimo venturo. Volendo dare subito effetto a questa sua volontà, il detto reverendo assegnava alla detta chiesa, i detti annui ducati 8 sopra tutte le sue robbe, ovvero: il “territorio di scardiati”, posto nel territorio di Policastro. Contestualmente, il detto capitale di ducati 80 era trasferito in potere della detta chiesa.[cxlix]
Successivamente, in relazione alla fondazione della nuova cappella di San Jacobo Apostolo nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, il R. Joannes Jacobo Aquila, in qualità di rettore nonché fondatore della detta cappella, risulta chiamato a comparire in sinodo con l’offerta di tre libre di cera, a cominciare dal 1645.[cl] Nel proprio testamento stipulato il 23 aprile 1646, Lucretia Aquila, moglie del “Doct.ris Phisici” Salvatore de Rosis, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura “delli Aquili”, lasciando che fossero celebrate 200 messe nella “Cappella intitolata S. Giacomo”, posta nella stessa chiesa ed eretta dal R. D. Gio. Jacovo Aquila suo zio. Messe che avrebbero dovuto celebrare nei due anni dopo la sua morte, i cappellani scelti da suo marito e da suo zio.[cli]
La chiesa e l’ospedale di San Giacomo
Ottenuta l’erezione della cappella, il reverendo inoltrò all’arcivescovo una nuova richiesta d’assenso, questa volta per poter edificare vicino alla sua casa, “uno Hospitale consistente in più membri con una Chiesa conticua in detto Hospitale sotto il Titulo di S. Giacomo magg.re Apostolo”, dichiarando, comunque, di non aver in animo di trarre alcun vantaggio dall’immunità ecclesistica che avrebbe goduto in futuro il nuovo luogo sacro.
“Ill.mo et R.mo Sig.re D. Gio: Giacomo Aquila della Città di Polic[astro] / intende con la gr(ati)a di Dio dalle cui mani dipende ogni bene, e con / il favore e buona gr(ati)a di V. S. Ill.ma edificare uno Hospitale consis / tente in più membri con una Chiesa conticua in detto Hos / pitale sotto il Titulo di S. Giacomo magg.re Apostolo per / beneficio di poveri ammalati Cittadini, e Pellegrini foras / tieri, che continuam.te concorrono in d.a Città. Perciò la supp.ca / concederli il suo assenzo per poter metter in effetto questa / santa opera più che l’haverà a gr(ati)a ut Deus. E perche / intende appoggiare la fabrica di detto Hospitale alla / Casa propria d’esso Orat.re ma senz’animo di communicare / il proprio muro all’Hospitale p(rede)tto supp.ca per la concess.ne / et assenzo come sopra con questa riserba che l’espresso / muro, non commune, ma sia, e resti com’è tutto suo e / della sua Casa.”.
Il 14 ottobre 1647, l’arcivescovo concedeva la facoltà di costruire la “Ecclesiam, et Hospitale, de quibus in suo p(raese)nti supplici libello”, con la riserva che la sua parete non dovesse essere comunicante con la casa del richiedente.[clii]
I piani del reverendo
Approssimandosi il tempo della sua morte, Gio. Jacobo de Aquila decise di predisporre le proprie cose, cercando da garantirle ai suoi prescelti. In un nuovo testamento stipulato il 4 giugno 1653, egli cambiò una sua disposizione, contenuta in un suo precedente testamento fatto dal notaro Gio. Matteo Guidacciaro, secondo cui, “nella sua Chiesia” eretta sotto il titolo di “S. Jacomo”, posta dentro la terra di Policastro, e “pp.o nel loco dove si dice il Castello”, confine “lo suo Palazzo”, avrebbero dovuto servire solo “Preiti forastieri”, e come “Preiti” di Policastro solamente il R. D. Santo de Pace, disponendo, invece, che vi potessero servire anche i membri del clero di Policastro, tra cui il D.re Fran.co Rizzuto della terra di Mesoraca. Disponeva inoltre che, maritandosi qualche figlia di Michele Aquila suo fratello, dovesse avere per dote la metà dell’entrata di un anno della sua eredità. Disponeva ancora, che se qualcuno dei figli maschi di detto Michele, fosse voluto andare in Napoli per studiare, avrebbe ottenuto la metà delle sue entrate di un anno.[cliii]
Attraverso un atto del 2 agosto di quell’anno, invece, fece cessione di tutti i suoi beni alla nuova chiesa di San Giacomo che aveva eretto presso la sua casa. Beni costituiti da alcune terre e soprattutto, dai numerosi censi che gli corrispondevano diversi particolari, in relazione alla sua lunga attività, durante la quale si era dedicato soprattutto al prestito di denaro.
Quel giorno, davanti al notaro comparivano il R. D. Gio. Jacobo Aquila da una parte e, dall’altra, i reverendi D. Gio. Antonio Leuci, D. Santo de Pace e D. Gio. Battista Pollaci, in nome della “nova Chiesia” eretta dal detto D. Gio. Jacobo sotto il titolo di “S. Jacovo”. Quest’ultimo asseriva di aver edificato una “nova Chiesia” sotto il titolo di “S. Giacomo Maggiore”, che era posta dentro la terra di Policastro nel loco dove si dice “il Castello”, “contiqua” alle sue case e confinante con “lo largo di d.tto Castello” ed altri fini, mediante licenza ottenuta dalla corte arcivescovile di Santa Severina. Sempre secondo le sue affermazioni, nella “d.a Chiesia”, si trovava la cappella di “S. Giacomo maggiore Apostolo”, come dimostrava un atto della corte arcivescovile del 26 luglio 1653.
All’attualità, il detto D. Gio. Jacobo cedeva alla detta chiesa e, per essa, ai reverendi sacerdoti presenti, i seguenti beni: la gabella di circa 6 salmate arborata di “Cerse” ed altri alberi fruttiferi, posta dentro il territorio di Policastro loco detto “Scavino”; le terre dette di “S.to Elia dove si dice la manca de Vaijna”, di capacità di 12 tomolate, arborate di “Celsi, Cerse” ed altri alberi fruttiferi, poste dentro il territorio di Policastro; un pezzo di terra di capacità di circa 4 tomolate nominato “S.to Elia”, che il detto D. Gio. Jacobo aveva comprato da Jacinto Mesiano e moglie, “arborato di Cerse, olive, fico e sorba” ed altri alberi fruttiferi; un altro pezzo di terra della capacità di tomolate 7 circa, arborato di “Celsi, fico” ed altri alberi fruttiferi, posto nel medesimo loco di “S.to Elia” che il detto D. Gio. Jacobo aveva comprato dal procuratore della chiesa della SS.ma Annunziata “de fora”; un altro pezzo di terra della capacità di tomolate 5 circa, arborato di “Celsi, cerse” ed altri alberi fruttiferi, posto nel medesimo loco di “S.to Elia” che il detto D. Gio. Jacobo aveva comprato dal Mauritio Morano.
Di più il detto D. Jacobo rinunciava in favore della detta chiesa e, per essa, in favore dei detti “RR. Cappellani”, i seguenti censi: Elisabetta ed Isabella Rizza insolidum, dovevano annui ducati 5 e carlini 3 per un capitale di ducati 53; Marco Mazzuca doveva annui carlini 20 per un capitale di ducati 20; Oratio Rocciolillo doveva annui carlini 20 per un capitale di ducati 20; Fran.co Rocciolillo doveva annui carlini 10 per un capitale di ducati 10; gli eredi di Gio. Gregorio Cerasaro dovevano annui ducati 6 per un capitale di ducati 60; i coniugi Lupo de Frolio e Laura Faraco dovevano annui carlini 17 per un capitale di ducati 17; D. Oratio Strada doveva annui ducati 6 per un capitale di ducati 60; Minico Tavernise e Antonino Mazzuca in solidum, dovevano annui carlini 30 per un capitale di ducati 30; Gianni Jerardo e moglie dovevano annui carlini 20 per un capitale di ducati 20; gli eredi di Andrea Accetta dovevano annui carlini 25 per un capitale di ducati 25; Scipione Spinello e Jacinto Misiano, in solidum, dovevano annui ducati 3 per un capitale di ducati 30; Scipione Spinello doveva annui carlini 20 per un capitale di ducati 20; Fran.co Campana doveva annui carlini 15 per un capitale di ducati 15; Andrea Campana e And.a Rizza, in solidum, dovevano annui carlini 12 per un capitale di ducati 12; Marta Converiati e Cornelia Rotella, in solidum, dovevano annui carlini 25 per un capitale di ducati 25; gli eredi del quondam Gerolimo Tuscano e Cornelia Scoraci, in solidum, dovevano annui carlini 20 per un capitale di ducati 20; Masi e Fran.co Misiano, in solidum, dovevano annui carlini 22 per un capitale di ducati 22; Cassandra Fanele v.a di Marcello Cervino doveva annui carlini 20 per un capitale di ducati 20; Paulo Vallone doveva carlini 19 per un capitale di ducati 19; Reale Ammanito doveva annui carlini 10 per un capitale di ducati 10.
In questa occasione, il detto D. Gio. Jacobo oltre a sé stesso, eleggeva “Cappellani” della detta chiesa, i Reverendi: D. Gio. Antonio Leuci, D. Santo de Pace, D. Gio. Battista Pollaci, Diacono Fran.co Rizzuto di Mesuraca e D. Salvatore de Maijda.
Disponeva che la messa cantata che si celebrava nell’oratorio del detto D. Gio. Jacobo, eretto nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, sotto il titolo di “S. Giacomo”, si trasportasse dalla chiesa della SS.ma Annunziata, in quella eretta dal detto D. Gio. Jacobo “nel Castello”. Disponeva ancora, che i cappellani avrebbero potuto abitare nelle “Camere” fatte e da farsi “contique alla detta chiesa senza tenerci persone laiche, inquisite o parenti poveri”.[cliv]
L’eredità
Gio. Jacobo de Aquila morì sul finire del 1654[clv] e relativamente all’anno successivo, risulta documentato che la mensa arcivescovile percepì lo “Ius sepulturae”, “per le due rotture di sep.re nella Chiesia di S. Giacomo magg.e fundata da D. Gio: Giacono Aquila”.[clvi] Morto il reverendo, restò suo erede il R. D. Santo de Pace. Il 27 agosto 1655, essendo vacante la cappella, o semplice beneficio ecclesiastico, sotto l’invocazione di San Giacomo Apostolo, per la morte del suo fondatore ed ultimo rettore, l’arcivescovo Gio. Antonio Paravicino (1654-1659) provvedeva a fargli subentrare il R. D. Santo de Pace, come espressamente indicato nelle ultime volontà del defunto.[clvii]
In precedenza, con la mediazione della corte arcivescovile, erano state appianate alcune differenze tra i suoi discendenti. In particolare, quelle relative alla gestione del monte dei maritaggi, lasciato dal quondam Gio. Jacobo, in beneficio delle fanciulle della sua famiglia.
Il 21 giugno 1655, davanti al notaro comparivano, da una parte, il R. presbitero Sancto de Pace, procuratore della chiesa sotto il titolo di “S.ti Jacobi Apostoli”, erede universale dell’olim presbitero Jacobo de Aquila, dall’altra compariva Michaele Aquila, procuratore del “Pii montis nubendarum Puellarum de consanguinitate olim su(pradic)ti Presbyteri Jacobi de Aquila”, tanto in suo nome, quanto il qualità di tutore dei discendenti del defunto: D. Mariae Aquila, figlia del capitano Gio. Dom.co Aquila, il Cl.co Antonio Rocca, Vittoria Aquila, Maria ed Antonia Fanele, figlie della già Catarinella Rocca, Catharinella Aquila ed Elisabeth Rocca.
In questa occasione, le parti giunsero ad un accordo che trovò il consenso dell’arcivesco Joannes Antonio Paravicino, in merito alla lite mossa nella curia arcivescovile di Santa Severina, relativa ai frutti della detta eredità spettanti alle fanciulle di famiglia da maritare.[clviii]
Il 21 settembre 1655 Santo de Pace veniva immesso nel reale possesso del beneficio precedentemente appartenuto a Gio. Jacobo de Aquila. Quel giorno, alla presenza del R. presbitero Parisio Ganguzza, vicario foraneo di Policastro nonché delegato, del giudice e dei testimoni sottoscritti, il R. presbitero Sancto de Pace, avendo precedentemente ottenuto dall’Ill.mo e R.mo arcivescovo di Santa Severina Joannes Antonio Paravicino, la “bullam Cappellani nuncupati S.to Jacobi Apostoli”, prendeva possesso della “Cappella, seu Ecclesiastico Simplici beneficio sub invocat.ne S.ti Jacobi Apostoli”, di jure patronato dell’olim R. presbitero Joannes Jacobo de Aquila e della sua famiglia, per la morte dello stesso Joannes Jacobo ultimo rettore.[clix]
Entrato in possesso dell’eredità, Santo de Pace, assieme a Michaele Aquila, in qualità di procuratori della chiesa sotto il titolo di “S.ti Jacobi” e del pio monte dei maritaggi degli eredi dell’olim presbitero Jacobo de Aquila, avviarono la loro attività e, tra la fine di agosto ed il dicembre 1655, prestarono denaro all’interesse del 10 % per una somma complessiva di 959 ducati, quando la grave crisi economica di questo periodo, precludeva ormai totalmente la possibilità di ottenere un rendimento a tali condizioni, ed i capitali rimanevano in deposito perché “nelli Tempi correnti non si troverà giamai al diece per Cento”.[clx] Lo stesso Michaele otteneva così un capitale di ducati 100.
28 agosto 1655. Il chierico coniugato Joannes Baptista Zurlo, otteneva un capitale di ducati 50, impegnandosi a corrispondere l’annuo censo di ducati 5, che veniva infisso sopra la sua gabella posta nel territorio di Policastro, loco detto “l’acqua dello Giardino”.[clxi]
31 agosto 1655. Joannes Jacobo de Natale, otteneva un capitale di ducati 50, impegnandosi a corrispondere l’annuo censo di ducati 5, che veniva infisso sopra la sua possessione arborata con sicomori, fichi ed altri alberi fruttiferi, posta nel territorio di Policastro loco detto “Cimicicchio”, con l’onere di pagare annui ducati 25 all’U.J.D. Lutio Venturo, carlini 15 al monastero di Santa Maria “della Spina”, ed annui ducati 5 e carlini 6 al R. clero di Policastro.[clxii]
31 agosto 1655. Fausto Vecchio otteneva un capitale di ducati 15, impegnandosi a corrispondere l’annuo censo di carlini 15 che veniva infisso sopra un suo vignale posto nel territorio di Policastro loco detto “la fiumara” e sopra un suo vignale arborato con sicomori, posto nel territorio di Policastro loco detto “Paternise”.[clxiii]
20 settembre 1655. Il presbitero Antonio, Fran.co e Petro Tassitano, assieme alla vedova Camilla Grandello, insolidum, ottenevano un capitale di ducati 34, impegnandosi a corrispondere l’annuo censo di carlini 34, che veniva infisso sopra i seguenti loro beni: la possessione arborata con olive, sicomori, fichi ed altri alberi fruttiferi “cum Palatio intus dittam possess.nem”, posta “intus praedittam Terram Misuracae, seu in suo territ.o” loco detto “franco”, la possessione arborata con olive, sicomori, fichi ed altri alberi fruttiferi “cum Palatio intus dittam possessionem”, posta nel territorio di Mesuraca loco detto “Ciceraro”.[clxiv]
8 ottobre 1655. Il presbitero Ferdinando ed Alfonso Campitello, padre e figlio, ottenevano un capitale di ducati 660, impegnandosi a corrispondere l’annuo censo di ducati 66, infisso sopra i seguenti loro beni: la gabella di circa 15 salmate di capacità, posta nel territorio di Policastro loco detto “Marrari”, la gabella di circa 8 salmate di capacità, posta nel territorio di Policastro loco detto “la Caracciola”.[clxv]
25 novembre 1655. Joannes Thoma de Cola otteneva un capitale di ducati 50, impegnandosi a corrispondere l’annuo censo di ducati 5, che veniva infisso sopra i seguenti suoi beni: la gabella arborata di “quercuum” di circa 12 tomolate di capacità, posta nel territorio di Policastro loco detto “Scardiati”, la gabella di circa 5 tomolate di capacità, posta nel territorio di Policastro loco detto “lo Salito”.[clxvi]
17 dicembre 1655. Michaele Aquila otteneva un capitale di ducati 100 dal presbitero Santo de Pace, procuratore della chiesa sotto il titolo di “S.ti Jacobi”, ed erede del quondam presbitero Jacobo de Aquila, agente in nome e per parte della detta chiesa e del monte dei maritaggi lasciato dal detto quondam Jacobo, impegnandosi a corrispondere l’annuo censo di ducati 10, che veniva infisso sopra la sua continenza di terre della capacità di circa 2 salmate, posta nel territorio di Policastro loco detto “boturo”.[clxvii]
Gli affari al tempo della crisi
D. Santo de Pace e Michele Aquila, assieme a Fran.co La Rosa, ricoprirono la carica di procuratori della cappella sotto il titolo di San Jacobo posta nella chiesa dell’Annunziata “nova”, dal 1654 al 1660,[clxviii] periodo in cui, a cominciare dal 1658, oltre al rettore o procuratore della detta cappella, tenuto ad offrire il cattedratico di tre libre di cera, comincia ad essere chiamato in sinodo ed a comparire con venti carlini, anche il rettore o procuratore della “Novae Ecc.ae S.ti Jacobi Ap(osto)li”. Tali chiamate in occasione dei sinodi diocesani, risultano documentate anche in seguito, fino alla metà del secolo successivo.[clxix]
Al tempo della visita compiuta a Policastro dal nuovo arcivescovo Francesco Falabella (1660-1670), iniziata il 3 ottobre 1660, i procuratori del beneficio di San Giacomo era stati ormai già rimossi, per aver rapidamente dilapidato il cospicuo patrimonio degli enti ecclesiastici che avevano molto malamente amministrato. Una situazione che risultò subito evidente agli occhi del Falabella.
Il 5 di ottobre, infatti, dopo aver visitato la chiesa parrocchiale di Santa Maria la Magna, l’arcivescovo proseguì la sua visita, presso la chiesa sotto l’invocazione di “S. Jacobi”, posta “à parte superiori dicti oppidi”, fondata, edificata e dedicata, dal quondam Jacobo Aquila. L’edificio fu rinvenuto rovinato dal fumo e con l’altare “denudatum”, mentre si asseriva che la chiesa fosse stata interdetta dall’arcivescovo predecessore Joannes Antonio Paravicino.
Per lungo tempo vi avevano abitato alcuni delinquenti rifugiati, che l’avevano profanata trasformandola in “cochinam” ed abitazione comune. Ciò udito ed ispezionato il luogo, l’arcivescovo decretò che, tanto quelli che avevano trovato rifugio nella chiesa profanata ed interdetta, che quelli presenti nella “domus contiguas” alla detta chiesa, non avessero più potuto godere dell’immunità ecclesiastica. Considerato poi, che il predetto fondatore e dotatore della detta chiesa, aveva legato il suo ampio patrimonio, ascendente a circa sessanta ducati con l’“onere celebrandi Missas”, così da poter pagare i divini offici, nonché per dotare le giovani spose, l’arcivescovo ingiunse ai procuratori testamentari: il R. D. Sancto de Pace e Michaele de Aquila, sotto pena della scomunica “latae sententiae”, di esibire i documenti relativi agli adempimenti relativi al detto legato, nonché di esibire “in autentica for.a”, la copia del detto legato relativo alla donazione fatta da D. Jacobo de Aquila.[clxx]
Il rettore della “Cappellae S. Jacobi in Ecc.a SS.mae Annunciat.nis” ed il procuratore della “Novae Ecc.ae S. Jacobi Ap(osto)li”, risultano tra coloro che il 10 giugno 1662, in forza del decreto del 21 maggio trascorso, furono condannati al pagamento della terza parte dei frutti dei loro benefici, non essendo comparsi in sinodo, mentre, il 19 giugno dello stesso anno, considerato che “in Cappella S. Jacobi erecta in Ecc.a SS.mae Annunciat.nis” non vi era il rettore, né vi era procuratore “in Ecc.a nova S. Jacobi Apostoli”, l’arcivescovo ordinava a Marco Romeo, serviente ordinario della chiesa, di inibire Gregorio de Pace affinchè rendesse i pezzi di terra appartenenti alla stessa “Cappellae et Eccl.ae”, pagando il cattedratico dovuto, rispettivamente, di tre libre di cera e di venti carlini.[clxxi]
Il 26 giugno 1662, essendo vacante fin dall’agosto dell’anno precedente, il “simplex beneficium, seu Cappella sub Invocat.ne S. Jacobi Apos. de Jure Patronatus olim R. Presbijteri Jo(ann)is Jacobi de Aquila”, esistente “intra Ecclesiam SS.mae Annuciat.nis Policastri n(ost)rae Dioec. positum, et fundatum iuxta Altare maiores in parte dextera”, per la morte del presbitero Santo de Pace, ultimo rettore, l’arcivescovo Francesco Falabella lo concedeva al clerico Philippo Dulmeta.[clxxii]
Una procura del 5 ottobre 1662, scritta in Santa Severina dal notaro apostolico Filippo Dulmeta, descrive i provvedimenti successivi assunti dall’arcivescovo: “Havendo noi ritrovato nella p.ma Visita da noi fatta in Policastro del mese / d’8bre 1660, che l’heredità lasciata dal q.m D. Gio: Giacomo Aquila / alla Chiesa di S. Giacomo Apostolo per adempire alcuni Legati pii era / stata malam.te amministrata, e dilapidata da D. Santo de Pace, e Michele / Aquila Esequt.ri Testamentarii, che per tal causa erano stati remossi da / d.a aministrat.ne da n(ost)ri Predecess.ri, per li Legati pii, celebrat.ni di messe / et altre non adempite; Deliberassimo che s’eligesse uno Deposit.rio / per esigere l’Entrande di d.a heredità havendolo p.ma incaricato al Cl.co Con. Gio: Batt(ist)a Cerasaro, e poi al R. D. Oratio Cacuri il q.le al p(rese)nte si scusa / non potervi più attendere, e perche è necess.o d’eligere uno Procurat.re / ch’assista all’affitto delli stabili, et esigenze di d.e Entrade confidati / nella bontà et attitud.ne del R. D. Leonardo Rizza di Policastro con la / n(ost)ra auth(orit)a ord.ia, et Delegata, come Esequt.re di Legati pii l’elegiamo e / constituimo, e Deputiamo per Proc.re di d.a heredità dandogli ampia / potestà di poter affittare li beni stabili d’in anno in anno et anco ad / triennium, e farne instrum.ti, et Cautele Et esigere tutte le Rendite, Censi / e Debiti di d.a heredità e di poter astringere li Debit.ri renitenti / à pagare quel che devono in qualsivoglia foro, e Tribunale con la / potestà ampla ad lites, e di poter anco astringere tutti quelli che non / mostreranno ricevute legitime fatte da persone, che havessero / la facoltà d’esigere dattagli da noi, d’haver pagato dal mese / d’8bre 1660 in quà, con obligo di dar conto ogn’anno di / quel che haverà esato, con potestà di poter quietare, liberare / e far le ricevute à quelli che pagheranno, assignandoli per sua / provisione cinque docati per ogni centenaro, e vaglia la p(rese)nte Procura / per Epistolam, come se fusse Instrum.to publico, non solo in q.to macia / ogn’altro meglior modo, et in fede”.[clxxiii]
Il 5 giugno 1667, per atto del notaro Francesco Cerantonio, il presbitero Leonardo Riccio, procuratore della venerabile cappella di San Giacomo, concedeva a Gio. Battista Grosso un capitale di ducati 70 al 10%.[clxxiv]
L’Annunziata “nova” e l’Annunziata “veteram” alla metà del Seicento
Il 6 ottobre 1660, proseguendo la propria visita dei luoghi pii di Policastro, l’arcivescovo Francesco Falabella entrò nella “Ecc.m SS.mae Annunciat.nis positam a latere dextro à parte superiori dicti Oppidi sub regimine Confratruum”, recandosi a visitare l’altare maggiore che rinvenne coperto da un “pallio serico coloris albi”. Qui trovò anche tre tovaglie, quattro candelabri “et Cruce aeneis, et Aliis duobus statuis parvulis Angelorum ceroferaria gestantium et aliis ornam.tis necessariis”.
Sopra detto altare si trovavano la “statua marmorea B.M.V.”, oltre alle “Imagines” dei santi “Joannis Bapt(ist)ae Praecursoris” e “Joannis Evangelistae”. Nella parte superiore dell’altare, si trovava anche la “Imago” della “B.M.V. et Beatorum Franc.i et Antonii” mentre, alla sua sinistra, vi era la “Imago S. M. Pietatis S. Fran.ci in quibus cernuntur depictae imagines eorum, qui dictas Iconas fieri curaverunt”. Poiché ciò era proibito dalla “S. Congregat.e Rituum”, l’arcivescovo dette mandato “per Pictorem aliquem cassari et deleri, ita ut amplius non cernentur infra Mensem, alias amoveantur à d.o loco, et in Sacristia ponantur”.
La chiesa aveva un onere costituito da 120 messe all’anno per l’anima del q.m D. Joanne Dom.co Fiorillo, una ebdommada per l’anima del q.m Fabio Rotundo, una ebdommada per l’anima del q.m Salvatore de Cola, venti messe all’anno per l’anima del q.m Dom.co Zagaria, trenta messe all’anno per l’anima del q.m Antonio Curcio, due ebdommade per l’anima della q.m “Sororis” Lucrecia Corigliano ed una ebdommada per le anime del q.m Joanne Laurentio Coroliani e del q.m Joanne Baptista Collura.
L’arcivescovo, minacciando la “Suspensionis a divinis”, ordinò a D. Joanne Andrea Alemanno affinchè, entro sei giorni, compilasse una “tabellam veram, realem et distinctam” di tutte le messe che si dovevano celebrare nella chiesa, tanto nell’altare della SS.ma Annunziata che “in Aliis duobus Altaribus”, affichè dopo essere stata vagliata dallo stesso arcivescovo, fosse appesa in sacristia. La tabella fu effettivamente esibita due giorni dopo.
Quindi, l’arcivescovo passò alla visita dell’“Alt. SS.mi Rosarii positum à latere dextro Altaris Maioris in quadam Cap.a sub Fornice dealbata” che rinvenne ornato e munito di tutto il necessario. L’arcivescovo dispose che entro un mese, fosse sistemato nell’altare un “lapis sacratus”. La “Cappella” si trovava “sub rigimine Confratruum” che, nella prima domenica di ogni mese “post Vesperas”, preceduti dal clero e dalla croce, facevano una processione “circa Ambitum Ecc.ae”. L’altare aveva l’onere di celebrare la messa solenne cantata “ex devot.e” nel giorno della festa del SS.mo Rosario e nei singoli giorni festivi di ogni mese, nonché nelle quattro “Festivitatibus solemnibus B. M.”.
Successivamente, l’arcivescovo passò alla visita della “Capellam S. Jacobi positam à latere sinistro d.ae Ecc.ae sub Fornice dealbata de asserto Iure Patronatus de familia de Aquila”. L’arcivescovo ordinò che entro tre giorni, gli fossero presentati dal R.s D. Sanctus de Pace i documenti “de Fundat.e” e le “bullas suae Institut.ni”, cosa che avvenne “in Visitat.e personali”. L’altare fu trovato ornato e munito di tutto il necessario, ma mancante di una “nova Carta Secretorum”, per cui fu dato mandato al rettore di provvedere entro quindici giorni. Entro il termine di due mesi, fu disposto invece di provvedere a fare indorare la “pars Columnae ex lapide posita à parte dextra dicti Altaris”, sotto pena del pagamento di dieci libre di “cerae albae”.
Il predetto D. Sancto de Pace aveva l’onere di celebrare tre ebdommade nel detto altare per l’anima del fondatore. Considerato però che secondo quanto asseriva il rettore, a causa di un “morbo Nervorum” del cappellano, la celebrazione delle messe non aveva ancora avuto luogo, l’arcivescovo ordinò che entro tre giorni, fosse soddisfatto tale onere, sotto pena del pagamento di 25 libre di cera bianca “elaboratae”. Considerato, inoltre, che vi erano certamente altri oneri di messe oltre questi, l’arcivescovo ordinò ai RR.s Communeriis D. Joanne Baptista Pollaci e D. Julio Rizza i quali, “per turnum”, erano solitamente deputati a distribuire l’onere delle messe che, entro tre giorni, consegnassero nelle mani dell’arcivescovo una nota di tutte le messe con ogni singolo onere, tanto relativo alla cappella che alle altre chiese. La nota fu prodotta due giorni dopo.
La chiesa era dotata di una “Sacristiam positam à parte posteriori Altaris Maioris”, nella quale erano conservati i “Vasa Sacra” con vari ornamenti sacerdotali. L’arcivescovo vi rinvenne quattro calici, di cui uno dorato e quattro messali, due nuovi e due vetusti. Egli ordinò, entro due mesi, l’acquisto di un nuovo calice “cum Patena” e dispose la compilazione di un inventario relativo ai beni mobili della chiesa da produrre entro il termine di quattro giorni.
Da tale inventario apprendiamo che la chiesa possedeva una “Planeta cum Cappa et Dalmaticis”, un “Palleum albi coloris” di tela argentea, un’altra “Planeta” di seta “auro contexta”, due altre pianete di damasco di colore bianco, un’altra “Planeta” di raso rosso con “Cappa” e “dalmaticis” dello stesso colore, un’altra “Planeta” di colore ceruleo e di tela argentea, un’altra “Planeta” di damasco di colore verde, un’altra “Planeta” di damasco di colore violaceo, un’altra “Planeta” di velluto di colore nero ed altre sette bianche, un “Pallium Altaris” di damasco verde, un altro pallio rosso “vulgo d’imbroccato”, un pallio di seta violaceo, un “Vexillum” di damasco rosso “auro linitum cum imagine in medio SS.mae Annunciat.nis” ed un “Turribulum et Navicula” d’argento di sedici palmi detti volgarmente “d’Arprolino”.
I redditi della chiesa erano costituiti dal possesso di un “Molendinum in loco qui dicitur il Molinello”, confinante con i beni di Joanne Foresta e Joanne Dom.co Rizza, dal quale si percepivano, dedotte le spese, “modia” venti di frumento, e dalle elemosine che solevano fruttare ducati quindici all’anno che si spendevano per il necessario della chiesa. L’arcivescovo ordinò che il procuratore della chiesa consegnasse nelle sue mani entro otto giorni i conti dell’ultimo decennio. L’ordine fu eseguito. L’arcivescovo ordinò, inoltre, di rinnovare il pavimento della chiesa con “Calce, et cimentis” entro sei mesi. Come suo ultimo atto, egli visitò la “Turrim Sacram” nella quale si trovavano quattro campane.
Il 7 ottobre, dopo aver visitato le chiese di Santa Maria delle Grazie e di Santa Maria li Francesi, l’arcivescovo Falabella giunse a visitare la “Ecc.am S.tae Annunciationis veteram positam extra moenia dicti Oppidi à parte inferiori”, dove si inginocchiò e pregò. Quindi visitò l’altare “positum à parte occidentali” ornato con un pallio di seta bianco. Questo era corredato con tre tovaglie, “Lapide Sacrato”, “Carta Secretorum”, “Tabella In principiis”, quattro candelabri dorati vetusti, due altri “argentocelatis” vetusti ed un crocefisso. Nella parete sopra l’altare vi era la “statua ex stucco SS.mae Annunciat.nis cum icona lapidea, et duobus columnis depictis variis coloribus”, mentre, alla destra dell’altare, vi era la “statua lignea S. Fran.ci de Paola” e alla sinistra, la “statua ex stucco S. Leonardi”.
L’arcivescovo ordinò di realizzare ed apporre sopra l’altare un “Baldachinum ex tela depictum” entro il termine di due mesi, sotto pena del pagamento di dieci libre di cera bianca lavorata. Egli, inoltre, ordinò di accomodare i “Grados circa Altare” entro lo stesso termine. La chiesa aveva l’onere di celebrare sessanta messe per l’anima di Petri Elia, una ebdommada per l’anima del q.m D. Dom.ci Palaczo “et sororis”, una ebdommada per l’anima dei benefattori, una messa per l’anima della q.m Ippolita de Luca e dieci messe all’anno per l’anima del q.m Scipione Romano. I redditi della chiesa ascendevano alla somma di venti ducati all’incirca che provenivano dalle elemosine. La chiesa possedeva cinque vacche.
Nella sacristia furono rinvenute cinque pianete di seta di diversi colori: due bianche di cui una vetusta e lacera, un’altra nera, due altre di colore violaceo. Si trovarono anche due pianete bianche, un calice con patena con i suoi ornamenti e due messali. Alla fine della sua visita, l’arcivescovo ordinò di sistemare il pavimento della chiesa “effossum” e di accomodare il “Vas Acquae lustralis” “in Pariete inferiori à parte dextra Portae Maioris”. Fu annotato che il tetto della chiesa era coperto da tegole ed era dotato di un soffitto a cassettoni (“laqueare”) di legno mentre, nel campanile, si trovava una “Campanula”.[clxxv]
La riduzione degli oneri
La chiesa della “SS.mae Annunciationis”, costruita con magnifico e molto ampio edificio, con annessa una confraternita laicale, è menzionata nella relazione del 1675 prodotta dall’arcivescovo di Santa Severina Muzio Suriano (1674-1679).[clxxvi] Al suo interno, tra le diverse cappelle, si trovava quella di San Giacomo dove, qualche tempo dopo, fu trasferito l’altro beneficio eretto nella chiesa di San Giacomo.
Dopo la morte di Filippo Dulmeta, nel dicembre del 1673 la chiesa senza cura di “S. Iacobi” fu provvista al clerico Dominico Alessandro[clxxvii] mentre, successivamente, nel marzo del 1679, il semplice beneficio, o cappellania, di “S. Iacobi”, esistente nella chiesa dell’Annunziata, vacante per la morte di Filippo Dulmeta, fu provvisto al presbitero Vincentio de Alexandro.[clxxviii] Successivamente, entrò in possesso di questo beneficio il R. D. Dominico Rocca di Policastro. Il 12 giugno 1706, essendo vacante la “Cappellania, seu simplici Ecclesiastico Beneficio ad Altare sub invocatione S. Jacobi Majoris de familia de Aquila”, esistente dentro la chiesa dell’Annunziata “nova”, per la morte del quondam R. D. Vincentio de Alexandro, sacerdote della terra di Moliterno, diocesi Marsicana, ultimo rettore, ossia suo cappellano e possessore, nella corte arcivescovile di Santa Severina, comparivano il R. abbate D. Dominico Coco e D. Antonio Riccio, procuratori della detta cappella, assieme al R. D. Nutio Pancalli, procuratore del monte di maritaggio della stessa cappella, presentando il R. D. Dominico Rocca, parente prossimo in grado del fondatore D. Jacobo de Aquila, affinchè potesse essere provvisto del beneficio.[clxxix]
In questa ultima parte del secolo, al fine di arginare la perdurante difficile situazione economica, si ricorse alla riduzione degli oneri delle messe che gravavano le principali chiese di Policastro. Succedeva, infatti, che le rendite dei beni che i benefattori avevano legato al tempo dei loro lasciti testamentari, tra la fine del Cinquecento e la metà del Seicento, fossero ormai divenute insufficienti per soddisfare la retribuzione dei cappellani che celebravano le messe di suffraggio, mentre, sempre a causa della crisi, erano anche aumentati i casi degli insolventi.
Dalla documentazione prodotta in questa occasione, per poter ottenere dall’arcivescovo tale riduzione, raccolta in un volume intestato “Reductiones Missarum loci Policastri” (1681), sappiamo così qual’era al tempo l’onere principale delle messe che si celebravano nella “Chiesa della SS.ma Annunc.ta nova”, e qual’erano i beni che si trovavano nelle disponibilità della chiesa a tale scopo.
Per l’anima del diacono Matteo Rocca, messe 50 l’anno (1599), il clero possedeva un castegneto in loco detto “li Marrari”, per l’anima di Fran.co Ceraldo, messe 100 l’anno (1622), il clero possedeva un annuo censo di carlini 28, sopra una vigna ed un pezzo di terra in loco “li grandinetti”, per l’anima di Gio: Dom.co Rizza, messe 30 l’anno (1641), pagavano gli eredi carlini 30 sopra un pezzo di terra in loco detto “Agrillo”, per l’anima di Cornelia Strozza, messe 57 l’anno (1623), che si celebravano metà nella cappella del SS.mo Rosario e metà nella chiesa di Santa Caterina, onere per il quale detta chiesa possedeva un ortale di gelsi in loco detto “Il Ringo”, per l’anima di Gio: Tom.so Faraco messe 150 l’anno e per l’anima di Gio. Faraco messe 50 l’anno (1623), il clero possedeva un luogo detto “li grandinetti”, per l’anima del Rev.do cantore Salvatore Riccio, messe 250 annue (1600), il clero possedeva una possessione in loco detto “la Fiumara”, per l’anima di Giannino Capozza messe 100 l’anno (1603), il clero possedeva un pezzo di terra in loco “lo Salito, seu manca di Capozza”, e per l’anima di Salvatore Traijna, messe 50 l’anno (1604), il clero possedeva un vignale loco detto “S. Cesareo”.
In questa occasione, la riduzione dell’onere delle messe riguardò anche la chiesa dell’Annunziata vecchia. Nella “Ecc.a SS.mae Ann.s extra moenia”, per l’anima di soro Giovanna e D. Dom.co Palazzo, si celebravano 50 messe l’anno (1615 e 1620) e la chiesa possedeva un capitale di ducati 50, mentre altre 25 messe si celebravano per l’anima di Scipione Romano (1645), e la chiesa possedeva allo scopo una bottega, assieme ad altre due che però, erano state distrutte dai terremoti.[clxxx]
La chiesa dell’Annunziata “nova” agli inizi del Settecento
La chiesa dell’Annunziata Vecchia fu diroccata al tempo dell’arcivescovo Carlo Berlingieri (1679-1719), e trasferita dal suo sito che si trovava “sotto le mura della Città in bocca alla Porta della Città”, in quello dell’antica chiesa di “Santa Maria delli Francesi”.[clxxxi] Il luogo, alberato di gelsi neri, in cui rimanevano i resti della “Chiesa diruta” dell’Annunnziata Vecchia, continuò in seguito ad essere detto “l’Annunciata di fuori”.[clxxxii]
Risale agli inizi del Settecento, la descrizione della chiesa dell’Annunziata “nova” fatta dal Mannarino, che ne mette in luce la magnificenza della struttura, evidenziando le sue ricche cappelle e ricordando la presenza di tre confraternite: “Ma ritornando alla SS.ma Annunziata nuova, ben chiamasi la nuova, siccome à fronte di tutte l’altre chiese è la più bella, la più magnifica, e la più frequentata. Stà con frontespizio maestoso di Pietre, bianche, e quadre ligieramente lavorato, con tre Porte a simetria verso Aquilone e un’altra nel muro di sotto ad Oriente. Là pur di dietro un atrio assai vasto e vistoso, e tiene a destra, ed a filo di quel suo frontespizio un Campanile, il più magnifico, e spettabile di tutta la Comarca, nuovamente incatenato al di sotto con alcuni archi lavorati, che lasciano al mezzo, quanto egli è largo, una strada coverta, che conduce all’atrio, ed è lavorato, e fatto dell’istessa Pietra in guisa d’una Torre grande quadro fornito di cinque Campane, una grande di quatordici Cantara di Bronzo, e vi si sale per una scala fatt’à lumaca delle Pietre medesime ove la sua Cupola con artifizio composta ed’ornata di bellisimi Palchi con Palaustri, sicchè vi si potea sicuramente passegiar d’ogni lato. La quale nondimeno atterrata con buona parte della Chiesa, è stata l’una, e l’altra mediocremente restaurata. Sonovi pure tre Confraternite cioè dell’istesso mistero dell’Annunziata la prima, la seconda del SS.mo Nome di Gesù, e l’altra del SS.mo Rosario, di cui oltre alla Capella in oro sfondata che vi è al destro lato dentro la Chiesa si è fabricata con limosine de’ Benefattori anche una [dele]egazione dalla parte di fuora all’altro angolo nel fine […] grandi, e superbi Archi che sussiegono al Ca[mpanile] [q]uesta per li soli Uomini, restando per le femi[ne] […] di dentro ora però Ma dismessa e aperta […] Persone la frequentano ma finalmente […] il q.m D. Girolamo Caracciolo. (…) Hor in questa Chiesa della SS.ma Annunziata, ch’è così ammirabile per lavoro, riguardevole per ricchezza, ed inarrabile per designo, vi è a lato sinistro la Capella dell’apostolo San Giacomo lavorata in oro, assai ricca, perché D. Giacomo Aquila che la fondò con Chiesa a parte innanti il largo del diruto Castello, contigua al suo nobil Palazzo, da dove fù qui poi trasportata, oltre alla dote della Capella, vi è un benefizio di settanta scudi annui lasciato per tutti li suoi eredi e successori più intimi, dell’una, e dell’altra linea, che attualmente si possiede dal Sig.r D. Domenico Rocca, mio fratel Cugino e immediato Pronipote del Testatore e di più un Monte di Maritaggi di scudi Cinquanta per ciscuna donna sua Consanguinea ò sia del Mascolino, o del feminino, appresso à questa vi è la Capella Sfondata di S. Gioseppe col Jus Padronato della Famiglia Campitelli in legname nobilmente lavorata, e miniata d’oro, ed un’altra del Santo Padovano.”[clxxxiii]
Un nuovo oratorio
La recente erezione segnalataci dal Mannarino, di una “[dele]egazione” dell’oratorio del SS.mo Rosario, realizzata “dalla parte di fuora” della chiesa dell’Annunziata e destinata agli uomini del sodalizio, mentre per le donne rimaneva la cappella “di dentro”, risulta documentata da un atto del 31 agosto 1714. Quel giorno, il parroco D. Gio. Fran.co Bernardi, “Rec.re”, ed il Ch.o Tomaso Ant.o Scandale “Proc.re”, dell’oratorio dedicato alla “B.mae Virg.ni SS.mi Rosarii”, assieme a tutti i confrati del detto oratorio, rappresentavano all’arcivescovo, che questo si trovava “composto di tutta perfett.ne, ed ornato decentem.te l’Alt.e”. L’oratorio deteneva la somma di ducati 53, di cui ducati 41 depositati nella cassa del Pio Monte di S. Sebastiano del detto luogo, e ducati 12 impegnati in due capitali. Il primo di ducati 6, infisso sopra un vignale alberato di celsi nel luogo detto “lo Ringo”, che fruttava annui carlini 6, il secondo infisso sopra un vignale in loco detto “le Pianette”, dato al detto oratorio dal m.co Antonio Scandale, “fr(at)ello” di detto oratorio, che fruttava annui carlini 5 ½. Denaro e capitali che servivano per la dote del detto altare e riparo dell’oratorio.
I richiedenti chiedevano quindi all’arcivescovo, “di potersi celebrare nell’alt.e d’esso orat.rio il sacrificio della S. Messa per maggiorm.te aumentarsi la divot.e col divino Culto, e stabilirsi la solennità, che intendono fare ogn’anno nell’Ottava della B.ma Verg.e del Rosario”, impegnadosi ad offrire “di vantaggio”, alla chiesa metropolitana di Santa Severina, nel giorno della dedicazione di Santa Anastasia, una libra di cera bianca ogni anno, “in segno di Soggettione”. In questa direzione andava anche la relazione prodotta dal vicario foraneo di Policastro.[clxxxiv] La richiesta fu accolta. Tra coloro, infatti, che furono chiamati “Ex Policastro”, in occasione del sinodo diocesano del 1715, risulta, per la prima volta, anche il “Rector Oratorii SS.mi Rosarii cum libra cerae”, ovvero “cum lib. cerae albae elaboratae”, come continua ad essere documentato nei sinodi successivi, fino alla metà del secolo.[clxxxv]
L’esistenza della chiesa o oratorio del SS.mo Rosario, in cui si trovava eretta la “Confraternitas SS.mi Rosarii”, è evidenziata dalla relazione arcivescovile del 1765 prodotta dall’arcivescovo di Santa Severina Antonio Ganini (1763-1795), quando l’oratorio era retto dal reverendo D. Thoma Antonio Scandale.[clxxxvi]
In catasto
Tra le entrate della mensa arcivescovile in Policastro, al tempo della compilazione del catasto onciario (1742), risulta il pagamento del cattedratico da parte del “Proc.re dell’Ann.ta”, del chierico D. Scipione Tronca, del rettore di “S. Giacomo de Aquila”, dell’oratorio del “SS.mo Rosario” e del rettore di “S. Giacomo” (d. 0.6).[clxxxvii]
A quel tempo, la “Chiesa della SS.ma Annunciata” possedeva i seguenti beni: una continenza di terre dette “S.to Fran.co”, un vignale “in Comito”; un vignale “in Canino”, un vignale detto “La Destra di Callea”, un vignale nel luogo detto “Le Limine”, un vignale nel luogo detto “S. vito”, un vignale nel luogo detto “Le Scalille”, un vignale “in Paternise”, un vignale “nel Molinello”, possedeva ancora, lo “Jus quintae” sopra “la Difesa del Mon[acello]”, un vignale “nel olivano”, le castagne nel luogo detto “La …”, le terre “nel Pantano”, le terre “ad S. Cesario” e le terre “nella volta di Leuci”.
Esigeva inoltre diversi censi: duc. … da Leonardo e Gio. C…, duc. 0.24 dal Rev.do D. Leonardo Vallone, duc. 1,40 da Stefano Cavarretta, duc. 1,28 da Arzilia Conflenti, duc. 0,60 da Gio. Pietro Natale, duc. 0,70 da Innocenza Rizza, duc. 0,60 dagli eredi di Leonardo Carcea, duc. 2,10 dagli eredi di Tommaso Madia, duc. 1,98 da Matteo Berardi, duc. 1,05 dagli eredi del quondam Pompeo Mannarino, duc. 0,20 da Marco Pace e Titta Mauro, duc. 0,60 dagli eredi di Antonino Strongoli, duc. 4,61 dai mag.ci Antonio e D. Felice De Martino, duc. 5,39 sempre dai mag.ci Antonio e Felice De Martino, duc. 10 dal mag. Lorenzo De Martino. Si annotava che “Tutte le sud:te entrade restano assorbite da pesi di messe, ed utensili delle med:me, e perciò non si tirano l’oncie, non essendovi veruno frutto.”[clxxxviii]
Anche le cappelle della chiesa detenevano al tempo alcuni possessi. La “Cappella di S. Giacomo”, di cui era procuratore D. Vitaliano Giordano,[clxxxix] possedeva un vignale “in Gorrufi”, una chiusa “in Gorrufi”, le castagne “nel Monacello”, un altro castagneto in detto luogo, un vignale “nelle Scalille”, un vignale “nelle Canalette”, un vignale “nelle Manche”, la gabella detta “Il Cugno della vurga”, la gabella detta “Scavino”, il vignale “nelli Ien[i]”, la gabella di “Sca…”, la gabelluccia del …, la gabella di “Cere…”, il “Timpone delle …”, ed esigeva alcuni censi (dal rev.do D. …, da Lorenzo …, da Giuseppe Caccuri …).[cxc]
La “Congregaz.ne del SS.mo Rosario”, possedeva un vignale “in Gorrufi”, la chiusa “del Monacello” ed un vignale “nelle Scalille”. Esigeva duc. 0,70 da Tomaso Cavarretta e duc. 10,40 da D. Salvatore Madia. Sopportava pesi per le messe festive e domenicali, per il “Catredatico”, per il “Jus della visita” e per la celebrazione di messe.[cxci]
La “Cappella di S. Antonio dentro la Chiesa della SS.ma Ann.ta”, possedeva: un vignale “nel Pantano” ed un vignale “nell’Alfieri”, ma la loro rendita risultava assorbita dai pesi delle messe.[cxcii]
Annessa a San Nicola dei Greci
Secondo il Sisca, i registri parrochiali di San Nicola dei Greci, testimoniavano che questa chiesa “era ancora ufficiata nel 1747”, ma che nel 1764 “fu soppressa e trasferita” alla chiesa dell’Annunziata. L’autore riferisce di apprendere questa notizia da un manoscritto in suo possesso, nel quale il parroco D. Pietro Carvelli affermava: “Fu la mia (dell’Annunziata) dichiarata parrocchia fin dall’anno 1764.”.[cxciii]
La relazione arcivescovile del 1765 prodotta dall’arcivescovo di Santa Severina Antonio Ganini (1763-1795), invece, riferisce che la chiesa della Beata Vergine Maria “ab Angelo Annunciatae”, si trovava annessa alla parrocchiale di San Nicola dei Greci, di cui era parroco D. Nicola de Martino. Dotata di un ampio edificio adatto a riunire il popolo, la chiesa aveva cinque altari oltre il maggiore ed eccetto il battesimo, vi si amministravano tutti gli altri sacramenti.[cxciv] Al suo interno si trovava eretto il monte di pietà retto da un procuratore eletto dall’arcivescovo, per collocare in matrimonio le oneste fanciulle e, particolarmente, quelle affini al quondam Joannes Jacobo de Aquila, fondatore dello stesso.[cxcv] Nel 1751, il semplice beneficio di “S. Giacomo” era posseduto da D. Cesare Rocca.[cxcvi]
In seguito, fu procuratore della cappella Tommaso Scandale. Il 2 aprile 1768 Francesco Spinelli di anni 40, figlio del quondam Giovanni Pietro, “apprezz.re prattico in apprezzare alberi”, assieme a Carmine Caruso di anni 45, figlio di Giovanni, riferivano in merito all’apprezzo di un oliveto, sito nel luogo detto “Le Pianette”, appartenente al Mag.o regio notaro Michelangelo Rossi, eseguito per ordine del vicario foraneo di Policastro Giovanni Domenico Pace. La stima si rendeva necessaria per la concessione al detto Rossi, di un capitale di ducati 150 al 6 % da parte della cappella di S. Jacobo, di cui era procuratore Tommaso Scandale.[cxcvii]
Al tempo della “Cassa Sacra”
Dopo il terremoto del 1783 che interessò la Calabria centro-meridionale, quando Policastro “fu in gran parte distrutta, e nel resto conquassata”, risultando “parte distrutto, e parte cadente”[cxcviii] dopo le scosse del 28 marzo di quell’anno,[cxcix] per provvedere al riparo dei danni ingenti provocati dal sisma, il 4 giugno 1784 il governo borbonico istituì la “Cassa Sacra”, che incamerò i beni di numerosi enti ecclesiastici soppressi allo scopo nell’occasione. Attraverso le liste predisposte in questo periodo che, accanto a tutta una ricca documentazione, si conservano presso l’Archivio di Stato di Catanzaro, dove ebbe sede la Giunta di Cassa Sacra, possiamo conoscere qual era al tempo lo stato dei possessi di diverse chiese del territorio.
Dalla “Lista di Carico Luoghi Pii di Policastro”, sappiamo che appartenevano alla “Annunciata”: “S. Fran.co” (d. 12.00), “S. Cesaro” (d. 35.00), “Comito” (d. 29.30), “Manca di Comito” (d. 05.00), “Callea” (d. 1.10), “S. Vito” (d. 1.44), “Limine” (d. 7.00), “Lo Scavo” (d. 14.80), “Scalille” (d. 2.11), “Valle di Coppola” (d. 2.20), “Molinelli denaro pagato d. 30.50”, “Cersitelli” (d. 8.44), “Paternise” (d. 2.40), “Salito” (d. 7.00), “Monacello quinta” (d. 8.00), “Misianelle” (d. 4.80) e “Trentademoni” (d. 1.16.8). All’Annunziata appartenevano anche una “Casa” (d. 2.26), un “Magazeno” esistente sotto il palazzo di Policastro dell’Arcivescovo di Santa Severina (d. 6.75), ed alcuni “Censi” (d. 54.25), per il totale di una rendita di d. 205.01.8.
Alla “Congregaz.e” del SS.mo Rosario appartenevano invece i fondi: “Fossa di Natale” (d. 6.40), “Fossa di S. Giacomo” (d. 4.00) e “Petto del Ceraudo” (d. 21.24), alle cui rendite si sommavano d. 17.33 per censi e d. 12.00 “per l’espositi”, determinando un totale di d. 40.97.[cc]
Il 6 febbraio 1790, il “Prorazionale” Gian Fran.co Capurro asseriva che, “avendo riscontrato le liste di Carico de Luoghi Pii Soppressi, e sospesi del Diparto di Mesuraca, e Policastro”, aveva trovato le seguenti rendite relative alla “Chiesa della SS.ma Annunziata” di Policastro: d. 6.75 per affitti di case, d. 47.93 per censi bullari, d. 11.80 per censi enfiteutici e d. 145.04 per affitti di gabelle. Per quanto riguardava invece, la Congregazione del SS.mo Rosario, le sue rendite risultavano costituite da d. 12.23 per censi bullari, d. 5.10 per censi enfiteutici e d. 12.45 per affitti di gabelle.[cci]
I “Luoghi, e Terreni d’affittarsi, della SS.a Annunciata di d.a Città” alla data del 2 agosto 1790, risultavano: Mancha di Comito, Callea, Pantano, Scalille, Valle di Coppula, Molinello, Cersitello, Giardino di Paternise, Salito, vignali d.ti Olivano, Casa confinante con Leonardo Mancini, Giuseppe Cavarretta, Dom.co Caruso e via publica”.[ccii]
In seguito tali rendite furono sostituite da una “congrua”. Nel “Piano de’ Luoghi Pii, e loro rendita, formato per ordine di Sua Ecc.a Sig.r Marchese di Fuscaldo dal Sig.r Archid.no D. Diodato Ganini Vicario Generale Capitolare di questa Diocesi di S.ta Severina”, redatto il 7 agosto 1796, la congrua assegnata al curato della “Parrocchia della SS.ma Annunciata”, “siccome non possidea rendita veruna”, ovvero “non tiene rendite proprie”, risultava costituita da d. 46.74.6 “in tanti cenzi assegnati”,[cciii] a cui si sommavano d. 103.26.6 in contanti.
A quel tempo, Policastro risultava il “Paese più grande della Diocesi” con i suoi 3459 abitanti, dove esistevano tre parrocchie, tra cui quella di San Nicola dei Greci/l’Annunziata che aveva la cura di 1152 anime. In essa si facevano “le pubbliche preghiere” ed altre funzioni che riguardavano “l’intiero Comune”, come in occasione della Settimana Santa, quando “porzione del Clero è obbligato funzionare in d.a Chiesa la q[uale] per esser la più vasta, e nel centro del Paese ha maggior concer[to] di Popolo per cui dal defunto Arciv.o accanto alla stessa fu costru[ito] un Palazzo per commodo degl’Arciv.i che vogliono andar colà ad esti[va]re.”[cciv]
Vacante per la morte di Nicola de Martino, avvenuta nel mese di agosto del 1790, nel febbraio dell’anno successivo, la chiesa parrocchiale della “Annuntiationis B.M.V. et S. Nicolai Graecorum”, fu provvista al presbitero Francisco Pullano. Per dimissione di quest’ultimo, nell’ottobre 1795 gli subentrò Petro Carvelli, presbitero oriundo di anni 49.[ccv] Ai suoi tempi, in base alle disposizione del Marchese di Fuscaldo, che prevedevano di prelevare dalle rendite dei Luoghi Pii di Policastro, le somme necessarie ai lavori di riparo dei danni provocati dal recente sisma, “si assegnarono annui ducati 100 per la rifazione della Chiesa Parochiale dell’Annunziata”, in maniera che “quando saranno rifatti la Chiesa dell’Annunziata, ed il Campanile”, questa somma sarebbe potuta essere utilizzata “per la costruzione, e mantenimento dello Spedale”.[ccvi]
In una fede del cancelliere dell’università di Policastro Simone Mayda del 3 novembre 1798, si evidenziava che dal “Libro catastale” del corrente anno, risultava che, tra le altre cose, la mensa arcivescovile di Santa Severina esigeva in Policastro: d. 1.20 “per quarta beneficiale” dal parroco di “S. Nicola de Greci”, d. 2.00 dalla “Cappella di S. Giacomo” e d. 0.60 dal “Rettore della stessa Cappella”.[ccvii]
Affitti e vendite
Come rileviamo dall’inventario dei beni appartenenti ai luoghi pii del “Diparto di Policastro e Mesoraca”, compilato il 29 agosto 1796, oltre ad alcuni affitti che maturavano l’otto settembre, giorno della fiera di Mulerà, la “Chiesa dell’Annunciata” di Policastro esigeva le annualità relative ad alcuni fondi venduti ed alcuni censi enfiteutici.
“Chiesa dell’Annunciata
Corpi Stabili Affittati
S. Fran:co Gabella affittata a D. Gregorio Poerio, che matura ad 8 7mbre del corrente Anno d. 12.00
S. Cesario Gabella comune con la Chiesa Madre per la metà di q:o Luogo Pio, affittata a D. Leonardo Carvello per d. 75 che maturano in mulerà d. 37.50
Le Limine Vignale affittato a D. Muzio Scandale, che matura nel tempo come sop.a d. 07.00
Vignale d:o Pantano affitato a D. Gio: Battista Portiglia, che matura in d.o tempo d. 00.12
Vignale d.o Valle di Coppola Comune con la Cappella del Purgat.io per rata spettante a q:o Luogo Pio sull’affitto si paga dal Proc:re di d:a Cappella in ogni Agosto d. 02.00
Vignale Salito affittato a D. Nicola Scalise per D. 7 pagabili in mulerà d. 07.00
Annualità de’ Fondi venduti
D. Gaetano de Martino per annualità sul Fondo Comito venduto dalla C.S. per D. 732.50 come per Istrumento di N:r D. Fran:co Sgrò di Catanzaro a 3 di marzo 1792 deve in d.o di d. 29.30
D. Michele Ferraro per annualità sul Vignale Callea, venduto dalla C.S. per D. 28.82.6, come per Istrum:to di N:r Caliò di Catanz:ro de 9 Aprile 1792, deve in d:o di d. 01.15
Salvad.e Rizza per canone sul vignale d:o S. Vito come per Istrum:to di N.r Nicoletta di Belcastro de 15 Aprile 1795 deve in d.o di d. 01.44
D. Gio: Battista Portiglia per annualità sul Vignale Sbano, venduto dalla C.S. per D. 1370, come per Istrumento di N:r Sgrò de 22 Aprile 1792 deve in d.o di d. 14.80
Il Sud:o per annualità sop:a la Gabella d:a Volta di Leuci, venduta per ducati 1800, che tiene d:o Luogo Pio comune colla Chiesa Madre per rata spettante a q:o sud:o Luogo Pio deve nel venturo Aprile d. 36.00
D. Michele Ferraro per annualità sul Vignale Carditello venduto per docati 210.83.4, come per Istrumento di Not:r Marini di Catanzaro a 17 luglio 1794 deve in d.o di d. 08.44
Tomaso Ierardo per Annualità sul Giardino d:o Paternise venduto per D. 60 come per Istrum:to di Notar Lerose di Mesoraca a 16 Feb.o 1795 deve in d.o di d. 02.40
D. Bruno Martino per Capitale di D. 200 deve in Agosto d. 10.00
D. Giachino Ferraro di Catanz:ro per Capitale di D. 231, deve in Agosto d. 11.50.
Censi Enfiteutici
D. Nicola Scalise per canone sul Fondo d:o Manca di Camino come per Istrum.to di Notar Lerose di Mesoraca de 29 Maggio 1791 deve in Agosto d. 05.00
Vittoria Rotella sul Giardinello d:o Scalille come per Istrum:o di N.r Lerose a 26 Magg.o 1793, deve in Agosto d. 02.16
D. Bened:o Mancini per canone sul Castagneto d:o Misianelle come per Istrum:to di not:r Caliò a 2 Magg:o 1791, deve in Novembre d. 04.80
Dom:co Rocca per canone sulla Casa come per Istrum.o stipulato da Notar Lerose a 14 Luglio 1791 deve in Agosto d. 02.26.6
Salvad:e Ierardo per canone sul Castagneto d:o Trentademone come per Istrum:to di Notar Lerose a 14 Luglio 1791 deve come sop.a d. 01.06.8”.
La “Congregazione del Rosario” poteva contare invece, sulle seguenti rendite:
“Dal Proc:re di d.a Congregazione per il sussidio degli espositi imposto per la Ravvivaz.ne della med.a d. 12.00
Giusepp:e Castagnino, e per esso D. Nicola Rotella per canone sul Castagneto Fossa di S. Giacomo deve in’ogni 8bre d. 04.00
Gio: Battista Pilò, e per esso Fran:co Toscano per canone sul Castagneto d:o petto di Ceraudo, deve in d:o mese d. 01.24.9”.[ccviii]
Nel 1794, il “Semplce Eccl(esiasti)co Beneficio di S. Giacomo Ap(osto)lo di Iuspatronato della Famiglia Aquila fond.o nell’anno 1641”, possedeva invece una “Rend.a effettiva” di ducati 45, dovendo sopportare pesi per un totale di ducati 34.20, così ripartiti: “Messe 100” (d. 10), “più messe 36 Cant.e” (d. 06.60), “per il canto di d.e Messe Cant.e” (d. 12.00), “Cenzo all’Annunciata” (d. 08.00) e “Cattedratico alla Mensa” (d. 00.60).[ccix]
Verso l’attualità
Una relazione del 13 aprile 1807, fatta da D. Pietro Carvelli, parroco della SS.ma Annunziata, all’arcivescovo di Santa Severina, illustra “lo Stato attuale” della parrocchiale: “Da tempi a Noi incogniti fino al 1784 la Parrocchiale Chiesa era quella di S. Nicolò de’ Greci, in cui il Parroco esercitava i suoi offici. In occasione del Tremuoto del 1783 fù trasferita dalla Chiesa di S. Nicolò sudetto, luogo angusto in questa della SS.ma Annunciata, vaso più ampio, e comodo al Popolo. Furono abolite le Decime, ed altri Jussi ch’esigeva il Parroco, e li furono assegnati per Congrua sul principio annui docati cento cinquanta, che si pagavano dalla Giunta della Cassa Sagra: quale abolita e rimessi i beni de’ Luoghi Pii alla Communeria, questa contribuiva al Parroco cento venticinque. Finalm.te a ricorso di detto Parroco al Sig.r Marchese di Fuscaldo, ordinò lo stesso, che li fussero dati docati cento quaranta, che attualm.te esigge dalla sud.ta Communeria, …”.[ccx]
A quel tempo (1810), appartenevano ancora alla “Chiesa della SS. Annunziata”, i fondi: “Santo Francesco”, “Limina”, “Valle di Coppola”, “Pantano” e un magazzino, mentre, in precedenza, erano stati venduti quelli denominati: “Comito”, “Callea”, “S. Vito”, “Chiusa dello Scavo”, “Leuci”, “Cerzitello” e “Paternise.”. Appartenevano invece al SS.mo Rosario, le castagne dette “Fossa di Natale”.[ccxi]
In seguito la parrocchiale passò ad essere “succursale” della chiesa matrice. Nello “Stato de’ Sacerdoti, ed altri Ordinati in Sacris appartenenti all’Arcidiocesi di S. Severina”, compilato il 21 maggio 1826, tra i 18 ecclesiastici di Policastro, che “Sono incardinati tutti alla Chiesa Matrice, ch’è Chiesa parocchiale”, risultava anche Domenico Giordano di anni 54, economo curato dell’Annunziata, per essere la stessa divenuta Succursale della Chiesa Matrice”.[ccxii]
A quel tempo, i benefici semplici ancora esistenti nella “Parrocchiale Chiesa della SS.a Annunciata di questa Comune di Policastro”, sono riportati in uno “Stato de’ Benefici vacanti e Legati Pii”, compilato il 5 ottobre 1820. Questi erano: il beneficio semplice di “S. Giacomo Apostolo detto di Aquila”, fondato dal 12 gennaio 1640 ed attualmente posseduto dal Sig. D. Gaetano de Sesse di Catanzaro, a cui appartenevano i fondi “Cervellino” (d. 29.08), di cui il quinto apparteneva alla “Comuneria di questa Comune”, “Scardiali” (d. 51.28), “Schiavino” (d. 54.80), “Cugno di Vurga” (d. 22.77) e “Timpone di Rose” (d. 5.77) per metà, mentre l’altra metà apparteneva agli eredi Caccuri; la cappellania o legato pio di “S. Giuseppe”, attualmente posseduta dal Sig. D. Rafele Campitelli, a cui apparteneva “il Feudo di Urrico” (d. 16.00); il legato pio perpetuo “dell’Angelo Rafele”, posseduto dal Sig. D. Muzio Portiglia, a cui apparteneva il “Fondo Salinara” (d. 2.40).[ccxiii]
La chiesa fu gravemente danneggiata dal terremoto dell’otto marzo 1832, quando Policastro ebbe 29 morti. Nel 1846, al tempo in cui D. Domenico Rosa era parroco dell’Annunziata, gli “Ufficiali della Congrega del SS. Rosario”, “essendosi approssimato il tempo per la solennità della Vergine SS. del Rosario”, protestavano nei suoi confronti, affinchè si compiacesse “di rendere sgombro almeno l’altare maggiore per avere l’agio i confratelli di apparecchiare e solennizzare la festa nella chiesa dell’Annunziata come si era praticato in passato, fuorchè nell’anno precedente 1845 per causa che trovavasi diruta la chiesa dell’Annunziata talmente che l’oratorio del Rosario ebbe a sostituire la chiesa parrocchiale.”[ccxiv] Dopo la venuta a Policastro delle “Suore Francescane di Gesù Bambino” (1896), la “chiesetta del Rosario” fu trasformato in oratorio estivo.[ccxv]
Altri danni si registrarono alla “S.S. Annunziata” in occasione del terremoto dell’otto settembre 1905 quando, assieme alla “Chiesa Matrice” ed a “S. Maria Maggiore”, la chiesa era una delle tre parrocchie di “Petilia Policastro”, cui apparteneva un territorio definito da confini che abbracciavano anche lo spazio extraurbano.[ccxvi]
Il 28 marzo 1906, relativamente ai danni causati da questo nuovo sisma alla chiesa della “Parrocchia della SS. Annunziata”, il perito Tommaso Misaggi evidenziava che l’edificio aveva subito un “Ribassamento di suolo avvenuto nella Sagrestia” con “lesioni interne” e “soffitta pericolante in tutto”, che la “soffitta di gesso” della nave destra era per metà pericolante, che la “soffitta” della nave sinistra era interamente lesionata e prossima a cadere, che la “soffitta” del coro era “in parte pericolosa”, che la navata di mezzo era in parte lesionata gravemente, che si erano verificate “lesioni gravi nel Campanile, per il quale occorrono due grosse catene di ferro, e un completo restauro”, che la “Cappella di S. Giuseppe” era da restaurare interamente e che nella “Cappella di S. Filomena” il soffitto era completamente caduto. Per tutto il restauro necessario si prevedeva una spesa di L 2965.[ccxvii]
Note
[i] 16 giugno 1425: “Visitantibus ecclesiam Annuntiationis B. Mariae de Fratribus de Policastro, S. Severinae dioc., cui contigua est alia sub vocabulo salviferae Crucis Domini, diebus vigesimaquinta Martii, Beatae Mariae, et tertia Maii, mensium, S. Crucis, concedit indulgentiam duorum annuorum et totidem quadragenarum.” Russo F., Regesto II, 9672.
[ii] Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[iii] “Rector et Cappellanus divae nunctiatae t(er)rae policast.i tenetur Comparere personaliter Cum censu cerae librarum trium C. L. iij”. AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 18B.
[iv] Nel “Libro de tutte l’intrate de lo arcivescovado de’ s(a)nta Anastasia”: “Da la adnunciata libre due (sic) de cera” (17.05.1545), “Denari receputi ad lo sinido nello iorno de s.ta anastasia de lo ij.o anno de lo afficto 1546”: “Dala adnunciata de policastro per censo libre tre de cera”, “Dinari reciputi de lo sinido nello iorno de s.ta anastasia nello anno retro scripto 1547”: “Dala ad nunciata libre tre de cera”, AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A. 1564: “Rector dive annuntiate de pulicastro cum censu cere librarum trium” comparve e pagò le dette tre libre di cera. 1579: “Rector Divae Annuntiatae dictae T(er)rae Cum Censu Cere lib. Trium”, comparve D. Ant.o de Natale “pro capp.no”, pagando le tre libre di cera. 1581: “Rector Divae Annunciatae de Polic.o cum censu cerae librarum trium”, non comparve nè altri lo fecero per lui, quindi fu condannato. 1582: “Rector divae Annuntiatae de polic.o Cum Censu librarum Cere trium”, non comparve. 1584: “Rector Divae Annuntiatae de polic.o Cum Censu lib. cere Trium”. 1587: “Rector divae Annuntiatae dictae Terrae Cum Censu cere librarum trium”, non comparve, quindi fu condannato alla solita pena. 1588: “Rector et capp.s S. Ann.te”, chiamato in sinodo “more solito” non comparve, nè pagò il solito censo, quindi fu condannato al pagamento della terza parte dei frutti. 1590: Non risulta annotata la sua chiamata in sinodo. 1591: “Rector S.me Annuntiate de policast.i cum censu”, comparve e non pagò. 1593: “Il capp.no dell’Anuntiata di detta T(er)ra con tre libre di Cera”, comparve. 1594: “Il Capp.no dell’Annuntiata di d.ta t(er)ra con tre libre di Cera”. 1595: “Il Cappellano della S.ma Annuntiata di Policastro con tre libre di Cera”, pagò. 1596: “Il capp.no della S.ma Annuntiata di detta t(er)ra con tre libre di Cera”, fu condannato. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A.
[v] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 16B.
[vi] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 16B.
[vii] “R.to da D: Antonio Caldarani per S(an)ta Maria nova da Policastro per decima d. 0.1…”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2A.
[viii] “Denari de le carte” (1545): “De donno ant.no caldararo de pollicastro per s.ta m.a lanova d. 0.4.10”. “Conto de dinari de le quarte exacti in lo predicto anno 1546”: “De donno Antonino Caldararo per s.ta m.a lanova d. 0.4.10”. “Conto de quarte exacte per lo R.do quondam Don Jacobo rippa como appare per suo manuale q.ale sta in potire de notari mactia cirigiorgi et sonno de lo anno 1547”: “Da donno Antonino de policastro per s.ta m.a lanova d. 0.4.10”. “Dinari q.ali se haverano de exigere de le quarte de lo anno vj jnd(iction)is 1548”: “Da donno Antonino Caldararo per la quarta de S.ta maria lanova d. 0.4.10”, a margine : “persa per non havere Intrata”. “Denari delle quarte de tutti li benefitii della diocesa de s(an)cta s(everi)na” (1566): “S(an)cta Maria la Nova pagha de quarta ogne anno d. 0.4.10.” AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A.
[ix] “Introito di danari essatti dal Rev.do D. Marco Clarà delle rendite della Mensa Arciv.le” (16.10.1630): “Il Capellano di S.ta Maria la nova d. 0.4.10”. “1654 4.a de Benefici Policastro.” “Capell.o di S. M.a la nuova d. 0.4.10” (a margine: “sol.t”). “4.a de Benefici Policastro.” (1655): “Cap.o di S. M.a la nuova d. 0.4.10” (a margine: “sol.t”). AASS Fondo Arcivescovile, volume 35A.
[x] 1597: “Capp.nus seu Confratres S.mae Annunciatae Terrae Policastri cum Cathedratico cerae librarum trium”, comparve e pagò. 1598: “Capp.nus seu Confratres S.mae Annuntiatae Policastri cum Cathedratico cerae librarum trium”. 1600: “Cappellanus seu Confratres S.mae Annuntiatae terrae Policastri cum cathedratico cerae librarum trium”, comparve. 1601: “Cappellanus seu Confr(atr)es S.mae Annunciatae t(er)rae Policastri cum cathedratico lib. cerae trium”, comparve con la solita cera. 1602: “Cappellanus seu confratres S.mae Annunziatae t(er)rae Policastri cum cathedratico librarum cere trium”, non comparve. 1603: “Cappellanus seu Confratres s(anctissi)mae Annuntiatae terrae Policastri cum cathedratico librarum cere trium”, comparve. 1604: “Cappellanus seu Confratres S(anctissi)mae Annuntiatae terrae Polic.i cum cathedratico librarum trium Cerae”, pagò. 1605: “Cappellanus seu confratres s(anctissi)mae Annuntiatae terrae Policastri cum cathedratico cere librarum trium”, comparve. 1606: “Cappellanus seu Confratres s(anctissi)mae Annuntiatae t(er)rae Polic.i cum cathedratico cerae librarum trium”, comparve e pagò. 1607: “Cappellanus, seu Confratres Sanctissimae Annuntiatae terrae Policastri Cum Cathedratico Cerae librarum trium”, comparve e pagò. 1608: “Cappellanus seu Confratres S.mae Annunciatae T(er)rae Policastri cum Cathedratico Cerae librarum trium”, comparve e pagò. 1609: “Cappellanus, seu Confratres Sanctissimae Annuntiatae T(er)rae Policastri Cum Cathedratico cerae librarum trium”, comparve e pagò. 1610: “Cappellanus seu Confratres Sanctissimae Annuntiatae terrae Policastri Cum Cathedratico cerae librarum trium”, comparve e pagò. 1611: “Cappellanus, seu Confratres Sanctissimae Annuntiatae terrae Policastri Cum Cathedratico Cerae librarum trium”, comparve e pagò. 1612: “Cappellanus, seu Confratres Sanctissimae Annunciatae terrae Policastri cum cathedratico cerae librarum trium”, comparve e pagò. 1613: “Cappellanus, seu Confratres Sanctissimae Annunciatae terrae Policastri cum cathedratico cerae librarum trium”, comparve e pagò. 1614: “Cappellanus, seu Confratres Sanctissimae Annuntiatae terrae Policastri Cum Cathedratico cerae librarum trium”, comparve e pagò. 1615: “Cappellanus seu Confratres Sanctissimae Annunciatae terrae Policastri Cum Cathedratico Cerae librarum trium”, comparve e pagò. 1616: “Cappellanus, seu confratres Sanctissimae Annunciatae Terrae Policastri Cum Catredatico librarum Cerae trium”, comparve e pagò. 1617: “Rector, seu Confratres Sanctissimae Annunciatae Terrae Policastri Cum catredatico librarum trium Cerae”, comparve e pagò. 1618: “Rector seu Confratres Sanctissimae Annunciatae Terrae Policastri cum catredatico librarum trium Cerae Comp.t cum cera”. 1619: “Rector seu Confratres Sanctissimae Annunciatae Terrae Policastri cum catredatico cerae librarum trium”, comparve con la cera. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A.
1634: “Rector Annuntiationis cum tribus libris cerae – Salvator Venturinus procurator obtulit.” Scalise G. B., (a cura di), Siberene Cronaca del Passato, p. 30.
1635: “Rector Annunciationis cum trib. libris cerae obtulit”. 1636: “Rector Annunciationis cum tribus libris cerae Pro eo Alfonsius Campitellus obtulit tres libras cerae”. 1637: “Procurator Annunciat.nis cum tribus libris cerae”, comparve ed offrì le tre libre di cera. 1638: “Procurator Annunciat.nis cum tribus libris cerae”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 26A.
[xi] “Così parimenti le due restanti Parocchie suppresse di San Demetrio, e di Santa Maria la Nuova, la cui chiesa al certo è l’istessa che oggi la nuova Annunziata, unitasi alla quarta hodierna Parocchia con cui confina; ch’è la più ampia e numerosa di tutte alla stessa reggion di Borea ma nella parte più mezzana chiamata San Nicolò delli Greci ove di più è la Capella col Monte del Purgatorio, ed ogni lunedì si celebrano messe lette, e cantate con gli soliti Notturni per quelle Sante Anime.” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[xii] “Policastro è terra Regia, qual’essendo stata venduta dal Conte di S. Severina fù fatta di demanio con l’opra, e patrocinio del Cardinale di S. Severina, è habitata da tre milia anime incirca vi sono quattro chiese parocchiali, e nella matrice è l’Arciprete, e Cantore con venti altri preti, quali per il più vivono delloro patrimonio, et elemosine che ricevono dal servitio delle chiese, e confraternità, tra le quali la maggiore è quella della S.ma Annuntiata ben servita di messe, e principalmente i giorni festivi con canto, et organo, …”. ASV, Rel. Lim. 1589. “Policastro è terra Regia habitata da tre milia anime incirca. Vi sono quattro chiese Parocchiali, e nella Maggiore è l’Arciprete il Cantore e vinti altri Preti, quali p(er) il più vivono di loro patrimonio, et elemosine che ricevono dal serv.o delle chiese, e Confratie tra le quali la maggiore è quella dell’Annuntiata ben servita di Messe e principalm.te li giorni festivi con canto, et organo …”. AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 19B.
[xiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 170-171.
[xiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 007-007v.
[xv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 010v-011.
[xvi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro Busta 78, prot. 287 ff. 103-103v.
[xvii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 165v-166v.
[xviii] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 037v-039.
[xix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 058-059.
[xx] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 7-8.
[xxi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 163v-164.
[xxii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 45v-46v. ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81, ff. 31-32v e 37-40. ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 801, ff. 073-074; prot. 806, ff. 117v-119.
[xxiii] “… petii terre arboratum sicomorum in loco ubi dicitur lo ringo positum ante Ecclesiam s.me Nuntiate vecchie …” ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 288, ff. 098-099v. ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 806, ff. 049v-051.
[xxiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 288, ff. 107-108; Busta 80 prot. 303, ff. 056-057v.
[xxv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 300, ff. 002v-003. Il Mannarino pone “illis de Petralia” tra le “Famiglie nobili di Policastro descritte da Giacomo Vicedomini nell’anno 1538”, a cui riferisce l’appartenenza di “Ioannes Berardinus Petri filius Ecclesiam Sactissimae Annuntiatae extra muros ne dura ampliari, sed rinovari curavit, ut pose quia erat Jus Patronatus suae familiae”. Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[xxvi] 10.10.1616. Mutio Campana vendeva a Marco Amannito, la “Continentiam terrarum” di 7 tomolate circa, arborata con “sicomis, nucis, et olivae”, posta nel territorio di Policastro “et proprie sotto parte la nuntiata di fora et mangonise”, confine le terre di Sebastiano Traijna, “vallone mediante”, ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, ff. 141v-143). 22.09.1617. Il chierico Innocentio Accetta, con l’assenso di suo padre Joannes Paulo Accetta, retrovendeva a Marco Ammannito, un “vignale arborato di celsi” della capacità di circa una mezalorata, posto dentro il territorio di Policastro “loco ditto sotto la nutiata di fora”, confine le terre di detto Marco appartenute a Mutio Campana, i gelsi di Vespesiano Popaianni, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 291, ff. 046-050v). 22.02.1654. Vignale arborato di “Celsi” posto nel territorio di Policastro, loco detto “Sotto la Nunciata de fora”, confine i “Celsi” degli eredi del quondam Fran.co Converiati, i “Celsi” degli eredi del quondam Gorio Converiati, ed altri fini (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 016-017).
[xxvii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 300, ff. 002v-003. ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 043-047v.
[xxviii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. sciolti; Busta 79 prot. 296, f. 091v; Busta 79 prot. 300, ff. 002v-003; Busta 80 prot. 302, ff. 128v-129.
[xxix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 072v-074.
[xxx] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 305, ff. 089v-096.
[xxxi] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 801, ff. 049v-050v.
[xxxii] 16.09.1613: Il chierico Joannes Fran.co Arcomanno e Joannes Vincenso Callea, in qualità di eredi del quondam Michele Arcomanno, possedevano in comune ed indiviso alcuni beni, tra cui: la “continentiam domorum”, posta dentro la terra di Policastro, confine la domus che era appartenuta al quondam Franceschello Cortise, “et rupem affacciantem Ecc.e san.me nuntiate nove”. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 288, ff. 098-099v.
[xxxiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 301, ff. 098v-099v.
[xxxiv] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 78 prot. 292, ff. 069-070v; Busta 80 prot. 302, ff. 127v-128v.
[xxxv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 295, ff. 154v-155v.
[xxxvi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 091-091v.
[xxxvii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 095-096.
[xxxviii] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 80 prot. 303, ff. 016-017.
[xxxix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 163v-164.
[xl] Il 27 settembre 1629, D. Joannes Fran.co Rocca, “Vicarius foraneus et parocus” della chiesa di San Nicola “de grecis”, avendo fatto ricerca “in libris matrimoniorum” della detta chiesa, asseriva di aver rinvenuto l’atto, attraverso cui, il giorno 11 luglio 1623, il quondam parroco D. Joannes Leotta aveva unito in matrimonio “per verba de p(rese)nti”, “in clesie Santiss.e nuntiate nove”, Alfonso Mannarino “incola Cotroneorum” e Julia Fontana. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, f. 60v.
[xli] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 119v-120.
[xlii] “Prefata Archiep(iscopa)lis ecc.ia habet tam in Civi.te s(anc)tae s(everi)nae que in omnibus aliis t(er)ris et locis sue diocesis jus mortuorum tam denariorum que luminarium et candelarum”, AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 18B.
[xliii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 113v-115.
[xliv] “habet que dicta Archiep(iscopa)lis ecc.ia jus quarte in omnibus aliis ecc.iis et monasteriis quibus sepelliuntur mortui luminarium faciendorum super eis”, AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 18B.
[xlv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 288 ff. 014v-016.
[xlvi] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297 ff. 178v-179.
[xlvii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 180v.
[xlviii] “Et habet dicta archiep(iscopa)lis ecc.ia jus sepolture tam de legantibus in sepultures Archiep(iscopa)lis ecc.ie que de decedentibus ab intestatis tarenorum sex”, AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 18B.
[xlix] 17.05.1545: “Da donno Jacobo faraco vic.rio de policastro p(er) dicto Conto ducati cinque tari quatro et grana diece d. 5.4.10”, “Dalo Cap.lo de policastro d. 0.1.10”. 1545: “De donno tonno de pol.tro d. 1.3.0”, “Da lo vic.rio de policastro per iure mortuorum d. 2.0.0. Da lo Sup.a dicto vic.rio per iure mortuorum in alia d. 2.0.0”, “Da donno nicola coriglano de policastro per iure mortuorum d. 0.4.4 ½”. “Dinari reciputi de iure mortuorum de lo predicto anno 1546”: “17 maii Dalo vic.rio de policastro per iure mortuorum d. 2.0.0. 22 junii Da donno nicola curiglano per iure mortuorum d. 1.0.0. 25 sectembris Da donno fran.co curiglano per iure mortuorum et candile d. 1.3.0”. “De lo vic.rio de policastro per iure mortuorum d. 3.0.0”. “Dinari reciputi de iure mortuorum del retroscripto anno 1547”: “Da lo vic.rio de policastro d. 2.0.0”. 1566: “Lo Jus mortuorum de policastro si fa per la ec.a quanto frutta”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A.
[l] “1654 Ius mortuorum Policastro sol(vit) per l’Arcip.e carl. 10, per d. Callea carl. 9, per li Communeri carl. 23, e per d. Parisi”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 35A.
[li] 11.08.1604: Lucretia Carcelli dispone di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286, ff. 39-39v). 28.08.1604: Laurentio Palatio dispone di essere seppellito “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286, ff. 45-45v). 19.09.1604: Cornelia de Simmari dispone di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286 ff. 53-53v). 26.09.1604: Lucretia Rocca dispone di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 55-56). 12.11.1604: Joannes Turchi Valente del casale di S. Giovanni in Fiore, ma al presente abitante dentro la terra di Policastro, dispone di essere seppellito “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 221-221v). 27.12.1604: Feliciana Catanzario dispone di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 225-225v). 31.12.1604: Joannes Angilo Rotella di Taverna, ma abitante in Policastro, dispone di essere seppellito “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 225v-226). 20.01.1605: Scipione Stratioti della città di Catanzaro, ma abitante in Policastro, dispone di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata la Nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 227-227v). 22.01.1605: Isabella Scandale dispone di essere seppellita nella chiesa della “nuntiata la nova”, “di detta terra” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286, ff. 228-228v). 28.02.1605: Franciscina de Iordano dispone di essere seppellita nella chiesa della “nuntiata la nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 229v-230v). 13.10.1605: Salvatore Blasci dispone di essere seppellito dentro la venerabile chiesa della “nuntiata” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 240v-241v). 03.12.1605: Minica Cavarretta dispone di essere seppellita “nella chiesa della nuntiata la nova di detta terra” (ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81 ff. 1-1v). 07.01.1606: Isabella Schipana dispone di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova di detta terra” (ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81 ff. 8-8v). 10.02.1606. Isabella Coco dispone di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova” (ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81 ff. 9-10). 21.06.1606: Castiglia de Vono dispone di essere seppellita “nella venerabile chiesa della ss.ma Annuntiata la nova di detta terra” (ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81 ff. 23-23v). 24.09.1606: Ottavio de Pace disponeva di essere seppellito “nella venerabile chiesa della nunciata la nova di detta terra” (ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81 ff. 31-32v). 26.11.1606: Leonardo Curto disponeva di essere seppellito “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova di detta terra” (ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81 ff. 35-36). 02.01.1609: Joannella Campagna disponeva di essere seppellita “dentro la venerabile chiesa della nuntiata la nova di detta terra” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 158-158v). 13.03.1609: Laura Furesta moglie di Lutio Faraci, disponeva di essere sepolta nella “venerabile chiesa della s.ma nuntiata la nova di detta terra” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 163-163v). 11.04.1609: Nicolao de Strongoli disponeva di essere sepolto “venerabile chiesa della nuntiata nova di detta terra” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 163v-164). 24.02.1610: Paulo Curto disponeva di essere seppellito nella “chiesa della s.ma Nuntiata nova di detta terra” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 203). 16.12.1610: Salvatore Fasoli disponeva di essere seppellito nella “venerabile chiesa della s.ma Nuntiata la nova di detta terra” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 168-168v). 07.12.1611: Julia Castelliti disponeva di essere seppellita nella “chiesa della venerabile s.ma nuntiata nova di detta terra” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 213-213v). 25.04.1630: Il Clerico Joannes Fran.co Capozza disponeva di essere sepolto “nella santissima nuntiata” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 105). 16.06.1630: Su richiesta di Joannes Ventorini disponeva di essere sepolto nella SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 116-117). 11.07.1630: Jannino de Parise del “Casalis Cuti”, pertinenza della città di Cosenza, disponeva di essere sepolto nella SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 119v-120). 18.09.1630: Fiore Palmeri disponeva di essere sepolta nella SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 162v-163). 08.10.1630: Cornelia Rotella, moglie di Antonio Ligname, disponeva di essere sepolta nella SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 175-175v). 18.10.1630: Donna Aluise de Angilo del casale di “Vici”, pertinenza di Cosenza, ma “habitante” in Policastro, disponeva di essere sepolta nella SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 179-179v). 19.12.1640: Joannes Barone disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 005-006). 05.06.1643: La vedova Isabella Jerardo disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 032-033). 06.05.1644: Vittoria Ligname, moglie di Vincentio Tuscano, disponeva che il suo corpo fosse seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 051-052). 24.07.1645: Dianora Scuraci, moglie di Fran.co Campana, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 070v-071). 25.08.1645: Francisco Ceraudo disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 074-075v). 03.09.1645: Feliciana Cavarretta, vedova dell’olim Nicolao Joannes Lamedaglia, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 076-076v). 07.08.1646: Claritia Caccurio de Paulo, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 095v-096v). 27.09.1646: Michaele Angelo Curcio disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 102-102v). 27.12.1652: Feliciana Cavarretta, vedova di Nicolao Joannes La Medaglia, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 877, ff. 008-009). 01.02.1653: Lucretia Serra “alias La bicenda”, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 011v-012). 08.04.1654: Catharinella Campagna disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 040-040v). 16.09.1654: Minicella Converiati, moglie di Joseph Carvello, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 114v-115). 18.10.1654: Il presbitero Luca Antonio Fanele disponeva che il suo corpo fosse seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 135v-136v). 09.02.1655: Elisabeth Venturino, moglie di Leonardo Tuscano, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 023-024). 08.03.1655: Sancto Poleo, disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 058-059). 13.03.1655: Minico Pinello disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 060-061). 25.04.1655: Martio Galluzzi del casale di Albi, al presente “incola” in Policastro, disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 069v-070). 25.06.1655: Fabritio Cirisani, disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 088v-089v). 14.07.1655: Francisco Tavernise disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 094-095). 01.08.1655: La vedova Elisabeth Tassitano disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 102v-103). 09.08.1655: Maria Dardano, moglie di Alfonsi Galluzzi, delli Albi casale di Taverna, al presente “incola” in Policastro, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 103-104). 13.08.1655: Alfonso Pagano disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 111-111v). 28.08.1655: Francisco Luchetta disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 118v-119). 06.09.1655: Agostina Jerardo, moglie di Blasio Ritia, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 131v-132v; foto 343-344). 10.09.1655: Vittoria Polla disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 137-138). 01.10.1655: La vedova Elisabeth Jerardo disponeva di essere seppellita nella chiesa dellla SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 166-167). 29.10.1655: Hyacintho Palmeri disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 178-179).
[lii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 296, ff. 103-103v.
[liii] 20.07.1624: Precedentemente a questa data, il quondam U.J.D. Joannes Agostino de Cola era stato sepolto “in una sua sepultura” nella chiesa della “ss.ma Annonciata nova de q.ta Città” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 295, ff. 040v-054). 29.09.1630: Marina Alemanno, vedova del quondam Petro Alemanno, disponeva di essere sepolta nella SS.ma Annunziata “nova” nella “loro sepoltura” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 168v-169). 29.09.1630: Joannes Dom.co Lamanno disponeva di essere sepolto nella SS.ma Annunziata “nova” nella “sua sepoltura” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 169-169v). 29.09.1630: Marcello Alamanno disponeva di essere sepolto nella SS.ma Annunziata “nova” nella “sepoltura loro” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 169v-170). 08.01.1643: Stephano Capotia, disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella propria sepoltura (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 026v-027). 10.04.1654: Michaele Curto disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sua sepoltura (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 040v-042). 23.07.1654: La vedova Dominica de Fiore disponeva di essere sepolta nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sua sepoltura (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 067-068). 29.10.1654: Elisabeth Bruno, moglie di Horatio Ritia, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sua sepoltura (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 141-142v).
[liv] 12.07.1655: Hyeronimo Poerio, disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, “nella sepoltura delli Cansoneri per esser herede di d.a Chiatra, seu sepoltura lasciatali d’Antonina Cansoneri P(at)rona di d.a sepoltura, ed Antonio Cansonieri” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880).
[lv] 14.03.1606. Carmosina Cavarretta disponeva di essere seppellita nella “venerabile chiesa della nuntiata di detta terra nella sepoltura dove si seppelli suo frate” (ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81 ff. 15-15v). 20.02.1609: Auleria Apa, moglie di Joannes Thoma Carise, disponeva di essere seppellita “dentro la venerabile chiesa della sant.ma Nuntiata nova eiusdem terre”, dove si trovava sepolto suo fratello (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 160-161). 10.07.1609: Romano Autimari disponeva di essere sepolto “nella chiesa della santiss.ma nuntiata nova di detta terra”, nella sepoltura dove era stata seppellita sua madre (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 164-165v). 18.01.1630: Fabritio Alemanno disponeva di essere sepolto nella “venerabile chiesa della Santissima nuntiata nova”, nella sepoltura del presbitero D. Gio: And.a Alemanno “eius avuncoli” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 078-078v). 24.03.1630: Joannes Zagaria disponeva di essere seppellito nella SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del quondam Gio: Dom.co Zagaria (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 094-095). 25.11.1630: Caterina Bruna, moglie del magister Luca Cavallo, disponeva di essere sepolta nella SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura del quondam Mutio Bruna suo padre (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 184v-185). 23.04.1643: La vedova Cassandra Foresta disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura “di Casa furesta” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 028v-030). 05.05.1643. Vittoria Cavarretta, moglie di Fran.co Catanzaro, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura di Marc’Ant.o Cavarretta. Nel caso però che questi avesse rifutato, disponeva di essere sepolta in quella del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 031-032). 09.07.1643: Diana de Martino, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del quondam Ottavio de Pace (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 034v-035v). 04.02.1644: Livia Caccurio, vedova del quondam Jo: Vincentio Ritia, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura dove era sepolto suo marito (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 043-044v). 27.08.1654: Maria Ritia, moglie di Romulo Ettore, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura di suo padre (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 096-097).
[lvi] 06.03.1609: Fran.co Amannito disponeva di essere seppellito nella “venerabile chiesa della s.ma nuntiata la nova di detta terra” nella sepoltura del quondam Antonio Cansoneri. Nel caso però, che si fossero opposti gli eredi di quest’ultimo, disponeva di essere seppellito nel monastero di “santa Maria della spina” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 161-162v). 23.02.1630: Julia Giliverto della città di Catanzaro, commorante in Policastro, vedova del quondam Vitaliano Pollaci, disponeva di essere sepolta nella “venerabile chiesa della santiss.a nuntiata nova”, nella sepoltura del quondam Mattio Fasolo (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297 ff. 086v-087). 22.07.1654: Il magister Carulo Caccurio “de Magistro Joanne”, disponeva di essere sepolto nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura del R. D. Santo de Pace (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 063v-065). 05.11.1655: Francisco Antonio de Mauro disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura che avrebbe costruito Fabritio Rattà (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 180v-181v).
[lvii] 24.08.1606: Marco Inbriaco dispone di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata la Nova “nella sepoltura del fonte” (ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81 ff. 29-30). 25.05.1630. Laura Virardo, vedova del quondam Crucetto Tuscano, disponeva di essere sepolta nella “venerabile chiesa della santiss.a nuntiata nova nella sepoltura de inansi l’altare di sangioseppe” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297 ff. 113-113v).
[lviii] 27.02.1630: Antonio Lanso di Policastro, disponeva di essere sepolto nella “venerabile chiesa della santiss.a nuntiata nova”, nella sepoltura che avrebbero scelto gli eredi. (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 089-090; foto 091-092). 09.06.1641: Fran.co Nigro disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura che avrebbero scelto gli eredi (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 013v-014v). 09.01.1643: Livia Cepale, moglie di Andrea Ritia, disponeva di essere sepolta nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura che avrebbero scelto i suoi eredi (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 027v-028). 07.07.1643: Elina Vecchio, moglie di Jo: Dom.co Schipano, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura che avrebbe scelto suo marito (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 033-034). 10.08.1644: La vedova Vittoria Tuscano disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura che avrebbero scelto gli eredi (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 054v-055v). 08.02.1653: Faustina Zurlo, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura scelta dai suoi eredi (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 019-020). 08.08.1654: La vedova Laurella Aquila disponeva di essere sepolta nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, dove fosse piaciuto al suo erede (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 080-081).
[lix] 25.03.1630: Joannes Paulo Cavarretta disponeva di essere sepolto nella SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura dei “Confrati” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 095-096). 11.08.1630: Francisco Rizza de Petro, disponeva di essere sepolto nella SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura dei confrati (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 131v-132). 23.08.1630: Hijeronimo Santella della città di Napoli, ma commorante in Policastro, disponeva di essere sepolto nella SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura dei “Confrati” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 137v-138). 29.04.1641: Octavio Accetta, disponeva di essere sepolto nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura “delli Confrati” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 009v-010v). 04.09.1642: Joannes Dom.co de Natale disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura “delli Confrati” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 023-024). 06.08.1643: Martino Vecchio, disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura “delli Confrati” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 036-037v). 10.09.1643: Lelio Panevino disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura “delli Confrati” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 037v-038v). 28.07.1644: Andrea Campana disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” “nella sepoltura delli Confrati” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 053v-054v). 09.01.1645: Andrea Tronga disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepolura “delli Confrati” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 061-061v). 01.01.1646: Salvatore Lamanno disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura “delli Confrati” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 082-082v). 02.09.1654: Marco Antonio Converiati de Gorio disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura delli “Confrati” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 099v-100v). 09.09.1654: Paulo Ritia disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura “delli Confrati” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 107-108v).
[lx] 29.11.1643: Paulo Venturi, disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura “delli Confrati che l’habbino da sepellire con l’habito” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 040v-041v).
[lxi] 13.05.1604: Laura Carise disponeva di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova nella Cappella del santiss.mo rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 6-6v). 05.06.1604: Petro Antonio Popaianni disponeva di essere seppellito nel “venerabile chiesa di la nuntiata la nova nella Cappella del santissimo rosario”(ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 19-19v). 05.07.1604: Laura Carise disponeva di essere seppellita “nella chiesa della santiss.ma nuntiata nella Cappella del santissimo rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 20-20v). 22.07.1604: Isabella Popaianni disponeva di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova nella Cappella del s.mo rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 22-22v). 08.08.1604: Dianora de Diano disponeva di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntiata nova nella Cappella del santiss.mo rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 33-33v). 19.08.1604: Caterina Berardi dispone di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova nella Cappella del santiss.mo rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 43-43v). 02.09.1604: Polita Misiani disponeva di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova nella Cappella del s.mo rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 47v-48v). 04.09.1604: Polita Misiani disponeva di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova nella Cappella del santiss.mo rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 49-50v). 18.09.1604: Camilla de Scalise di Cutro, ma abitante in Policastro disponeva di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova nella Cappella del s.mo rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 52v-53). 06.10.1604: Julia Gerardi disponeva di essere seppellita “nella venerabile chiesa della santiss.ma Nuntiata nella Cappella del santiss.mo rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 58v-59). 14.11.1604: Mariella Cortise disponeva di essere seppellita “nella chiesa della nuntiata la nova nella cappella del santiss.mo rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 221v-222). 11.08.1605: Marina Polla disponeva di essere seppellita nella chiesa della “nuntiata nella Capp.la del s.mo rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 236-237). 03.11.1605: Camilla Liveri disponeva di essere seppellita dentro la venerabile chiesa della “nuntiata la nova nella cappella del santiss.mo rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 242v-242v). 10.11.1605: Lucretia Glimaldis disponeva di essere seppellita dentro la venerabile chiesa della “nuntiata la nova nella Cappella del santiss.mo rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 243-243v). 03.06.1606: Portia Girardone disponeva di essere seppellita nella cappella del SS.mo Rosario della chiesa della SS.ma Annunziata la Nova (ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81 ff. 21v-22v). 03.02.1630: Caterina Jerardo “seu petua”, vedova del quondam Vangelistri Condo, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 081v-082). 05.11.1630: Vittoria Faraco, moglie di Lupantonio Rotella, disponeva di essere sepolta nella SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 182-182v). 04.01.1641: Francischa d’Ascanio disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 006v-007v). 08.08.1642: Andrea Scoraci disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario. (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 022-023). 03.05.1643: Joannes Dom.co Caccurio de Paulo disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 030-030v). …07.1645: Isabella de Martino disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 068-068v). 07.10.1644: Didaco Montaleone disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 057-057v). 21.10.1645: Giulia Piccolo, moglie di Cesare Franco, disponeva di essere sepolta nella SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. s.n.). 28.03.1646: Victoria Curto, moglie di Antonio de Vona, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura “delle Consoro del SS. Rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 087v-088). 23.07.1646: Sancto Misiani disponeva di essere seppellito nella chiesa parrocchiale di San Nicola “delli Greci”, nella sepoltura di “Mastro” Fran.co Converiati. Nel caso invece che questi non avesse voluto, disponeva di essere sepolto nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 090v-092).
03.08.1646: Feliciana Ritia, moglie di Nutio Carvello, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 092v-093). 05.08.1646: Feliciana Mazzuca, moglie di Joseph Ammannato, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 094v-095v). 24.08.1646: Beatrice Juliano, moglie di Joannes Dom.co Cavallo, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 099v-100v). 04.10.1646: Gasparo Misiano disponeva di essere seppellito a scelta del suo erede, o nella chiesa del monastero della Madonna delle Manche, oppure nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 102v-103v).
01.01.1653: Joannes Dom.co Valente de Salvatore, disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annuziata “nova” nella sepoltura del “SS. Rosario” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 001v-002). 15.05.1653: Jacobo Cavarretta disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 036v-037). 05.09.1653: Paulo Converiati disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 062v-063). 07.09.1653: Cesare Ritia disponeva di essere seppellito nella chiesa dell SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 065-065v). 16.09.1653: Philippo Lamanno disponeva di essere sepolto nella chiesa della SS.ma Annunziata nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 073v-074). 19.06.1654: Bartulo Vaccaro disponeva di essere sepolto nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 058v-060v). 08.09.1654: Lucretia Pettinato, vedova del quondam Joannes Dom.co Ritia de Mundo, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 103v-104v). 21.09.1654: La vedova Lucretia Cavarretta, disponeva di essere seppellita nella chiesa del SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 118-119v). 28.09.1654: La “Sororis” Dianora Ritia, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura del SS.mo Rosario, ovvero dove avessero voluto i suoi eredi (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 127-128).
[lxii] 28.03.1646: Victoria Curto, moglie di Antonio de Vona, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura “delle Consoro del SS. Rosario” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 087v-088).
[lxiii] 07.08.1604: Isabella Grano disponeva di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntiata la nova nella Cappella del santiss.mo rosario”, alla quale lasciva una tovaglia di seta (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 44-44v). 26.02.1606: Polita Coiello disponeva di essere seppellita “nella venerabile chiesa della nuntia la nova di detta terra nella Cappella del s.mo rosario”, a cui lascia 5 carlini. Lasciato poi annullato (ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81 ff. 13-14). 06.08.1606: Dianora de Ceraudo disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata. Lasciava carlini 5 alla cappella del SS.mo Rosario, per essere seppellita nella “sepultura di detto rosario” (ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81 ff. 27-28). 30.06.1630: Francischina Cavarretta, moglie di Minico Launetti, disponeva di essere sepolta nella SS.ma Annunziata nella sepoltura del SS.mo Rosario, alla quale lasciava una tovaglia di tela e un “Cambra con pizzilli” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 118-119). 27.07.1641: Lucretia Cavarretta disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura del SS.mo Rosario, cui lasciava una tovaglia di “tela accattatizza pinta con punti curti” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 016-017). 21.06.1642: Berardina Vallone disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” nella sepoltura del SS.mo Rosario, alla quale lasciava “uno Cambrà pinto torniato di Pizzi”. Nel caso però, che il procuratore di detta cappella avesse negato il suo consenso, la testatrice disponeva che il suo corpo fosse seppellito dove avrebbe deciso suo marito Gio: Thomaso Gatto. Disponeva che il R. D. Gio: Battista Favari, facesse celebrare sette messe in lode della Vergine dove ad esso piacerà, ed altre 5 “nell’Altare del SS. Rosario di d.ta Chiesia, e che p(er) elemosina habbia d’avere un carlino per ciasched’una”. Disponeva che il R. D. Blasio Capozza facesse celebrare 33 messe “di S. Gregorio” per la sua anima, in una chiesa scelta dal detto reverendo (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 020-021v). 09.01.1645: La vedova Massentia Marsica, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”. Lasciava carlini 5 alla cappella del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 062-062v). 28.11.1654: Lucretia Cavarretta, disponeva di essere seppellita nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura del SS.mo Rosario alla quale lasciava una tovaglia (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 153v-155).
[lxiv] 08.08.1642: Andrea Scoraci disponeva di essere seppellito nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura del SS.mo Rosario. Disponeva che fossero celebrate 40 messe “nella chiesia del SS. Rosario dico nella Cappella del SS. Rosario”, eretta nella SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 022-023). 17.10.1654: Maria Levato, moglie di Joseph Ammannato, disponeva di essere seppellita nella chiesa dellla SS.ma Annunziata “nova”, nella sepoltura del SS.mo Rosario. Disponeva che “la sua Gonnella de Rascia” fosse venduta e con il ricavato, fossero celebrate tante messe nell’altare maggiore della detta chiesa (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 134v-135).
[lxv] 03.12.1623: Il notaro Fran.co Accetta vendeva al R.do D. Petro Giraldis, procuratore del SS.mo Rosario nel presente anno, un “ortale di Celsi” posto nel territorio di Policastro loco “lo ringo”, precedentemente appartenuto alla quondam Cornelia Strozza, che a detto notaro era stato concesso dalla chiesa di Santa Caterina e dalla cappella del SS.mo Rosario. In relazione a tale concessione, il detto notaro pagava annui carlini 28 a Santa Caterina, ed altrettanti alla cappella del SS.mo Rosario eretta dentro la SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294 ff. 119-120). 30.09.1635: Joannes Thoma Scandale vendeva ad Aloisio Lovallone, un vignale o ortale arborato di “sicomorum” che, negli anni passati, aveva acquistato dalla quondam Isabella Giorlandino, posto nel “tenimento” di Policastro loco detto “lo ringo”, con l’onere di annui ducati 5 e carlini 7, di cui metà alla chiesa di Santa Caterina e metà alla cappella del SS.mo Rosario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 302, ff. 104v-105).
[lxvi] 21.05.1633: Lucretia Vaccaro, vedova del quondam Fran.co Lavigna, vendeva al presbitero D. Joannes Paulo Mannarino, la “Continentiam terrarrum” posta nel territorio di Policastro loco “la salinara”, per la somma di ducati 28. Si pattuiva che alla scadenza, il denaro della vendita, sarebbe stato consegnato a D. Joannes Andrea Alemanno, procuratore della cappella del SS.mo Rosario “pro riparatione ipsius Cappelle”. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 300, ff. 030-030v.
[lxvii] Durante la prima metà del Seicento, è documentato che l’Annunziata “nova”, possedeva un castagneto in loco detto “li marrazzi”, ovvero nella “montagna” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 024-024v e 155-155v; Busta 80 prot. 305, ff. 017v-020), un vignale in loco detto “gorrufi” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 306, ff. 038v-039v), e vignali in loco detto “la Valle” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 874, ff. 044v-046).
[lxviii] ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81, ff. 37-40. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro Policastro, Busta 78 prot. 286 ff. sciolti; Busta 78 prot. 288, ff. 014v-016; Busta 78 prot. 290, ff. 133-134; Busta 79 prot. 293, ff. 043v-044; Busta 79 prot. 294, ff. 027v-028v, 120-121v, 121v-123; Busta 79 prot. 295, ff. 032-033v, 105, 107v-108v; Busta 79 prot. 297, ff. 009-009v, 012v-013v, 036-037v, 125v-126, 137v-138, 178v-179; Busta 79 prot. 299, ff. 068v-069; Busta 79 prot. 300, ff. 081-081v; Busta 80 prot. 301, ff. 130-130v; Busta 80 prot. 302, ff. 128v-129; Busta 80 prot. 303, ff. 030v, 031-031v, 073v-076; Busta 80 prot. 306, ff. 073v-076v; Busta 80 prot. 307, ff. 009v-010v; 037v-038v, 061-061v, 093-094v. ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 805, ff. 046-053; ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 080-081, 157v-159; prot. 880, ff. 138-142, 180v-181v.
[lxix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, ff. 133-134; Busta 79 prot. 297, ff. 012v-013v.
[lxx] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 293, ff. 043v-044.
[lxxi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294, ff. 120-121v.
[lxxii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 295, ff. 032-033v.
[lxxiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 295, ff. 135-135v.
[lxxiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 009-009v e 012v-013v.
[lxxv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 092v.
[lxxvi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 299 ff. 068v-069.
[lxxvii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 300 ff. 081-081v.
[lxxviii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286 ff. Sciolti; Busta 80 prot. 302, ff. 128v-129.
[lxxix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 303, ff. 030v e 031-031v.
[lxxx] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 306, ff. 073v-076v.
[lxxxi] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 801, ff. 093v-094v e 096-097.
[lxxxii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 293, ff. 044-045; Busta 80 prot. 302, ff. 041v-043, 065v-067, 068-068v, 108-109v, 109v-111; Busta 80 prot. 303, ff. 010-011, 017-018.
[lxxxiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 013v-014v, 034-034v; Busta 79 prot. 299, ff. 076-077; Busta 80 prot. 303, ff. 007-007v. ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 875, ff. 066-067.
[lxxxiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro Policastro, Busta 78 prot. 286, ff. 6-6v; Busta 79 prot. 295, ff. 127-128v e 135-135v; Busta 79 prot. 297, ff. 092v e 113v-115; Busta 80 prot. 302, ff. 111-112; Busta 80 prot. 307, ff. 061-061v. ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 040v-042 e 134v-135.
[lxxxv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 153-154v.
[lxxxvi] Il 15 settembre 1636, Horatio Gervino della città di Napoli, dovendo conseguire ducati 78 dall’università di Policastro, per commissione del regio tesoriere provinciale, li donava alla chiesa della SS.ma Annunziata Nova e, per essa, al suo procuratore il R. D. Joannes Andria Alemanno, che così li avrebbe potuti esigere dall’università. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 303, ff. 116v-117.
[lxxxvii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 223-224v.
[lxxxviii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A.
[lxxxix] AASS, Fondo Arcivescovile, volumi 6A e 26A.
[xc] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 26A. A margine della chiamata relativa al sinodo del 1735, si annotava che non vi era “cappella”.
[xci] AASS, Fondo Arcivescovile, volumi 25A e 26A.
[xcii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A.
[xciii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 149-151.
[xciv] AASS, Fondo Capitolare, cartella 4D fasc. 3.
[xcv] Luglio 1644: “De uno, asserti patronatus laicorum, sub invocatione S. Ioannis Baptistae, per ob. Io. Nicolai de Flore, et altero, sub invocatione S. Ioseph, in ecclesia Annuntiationis B.M.V., civ. Policastri, S. Severinae dioc., simplicibus beneficiis, quorum fructum insimul XX duc., vac. per ob. Petri Pedace, a triennio et ultra def., providetur Lucae Ant. Fanello, (sic) pbro oriundo.” Russo F., Regesto VII, 34507.
[xcvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 26A.
[xcvii] AASS, Fondo Arcivescovile, volumi 6A, 25A, 26A.
[xcviii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A.
[xcix] AASS, Fondo Arcivescovile, volumi 6A, 25A, 26A.
[c] 10 maggio 1623: “Io. Petro Pedacchio, (sic) canonico S. Severinae, in Utroque seut alteri Iure Doct., providetur de canonicatu S. Andreae, nuncupato praebenda, in ecclesia S. Severinae, vac. per ob. Marci Sancti de Abbatibus, exr. de Ro. Cu. de mense Augusti anni praeteriti def., cum retentione ecclesiae seu cappellae S. Mariae de Flumine, prope et extra muros terrae Roccae Bernardae, S. Severinae dioc., et perpetuae cappellaniae S. Ioseph, in ecclesiae SS. Annuntiatae, terrae Policastri eiusdem dioc.” Russo F., Regesto VI, 28759.
[ci] Nel suo testamento del 25 maggio 1630, Laura Virardo, vedova del quondam Crucetto Tuscano, disponeva di essere sepolta nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova nella sepoltura de inansi l’altare di sangioseppe”. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297 ff. 113-113v.
[cii] Il 12 agosto 1632, Joannes Ant.o Campana vendeva al presbitero D. Joannes Baptista Favari, il “vinealem parvum” di una quartucciata circa, arborato con un “pede” di noce, uno di olivo ed uno di fico, posto nel territorio di Policastro loco “la fiomara”, confine la vigna di Fabritio Piccolo, la possessione di “Santi Joseffi”, appartenuta al presbitero D. Scipione Rizza “Cantoris”, i “vinealia” del detto compratore ed altri fini. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 299, ff. 057v-058.
[ciii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 113v-115.
[civ] Ottobre 1640: “De beneficio simplici in parochiali (sic) ecclesia S. Ioseph, terrae Policastri, S. Severinae dioc., cuius fructus VI duc., vac. per ob. Iosephi (sic) Pedace, de mense Augusti def., providetur Martino Megali, pbro diocesano, praesentato a decennio.” Russo F., Regesto VII, 33673.
[cv] Luglio 1644: “De uno, asserti patronatus laicorum, sub invocatione S. Ioannis Baptistae, per ob. Io. Nicolai de Flore, et altero, sub invocatione S. Ioseph, in ecclesia Annuntiationis B.M.V., civ. Policastri, S. Severinae dioc., simplicibus beneficiis, quorum fructum insimul XX duc., vac. per ob. Petri Pedace, a triennio et ultra def., providetur Lucae Ant. Fanello, (sic) pbro oriundo.” Russo F., Regesto VII, 34507.
[cvi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 205-207.
[cvii] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, ff. 011v-012.
[cviii] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, ff. 103v-105v.
[cix] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, ff. 127-128v.
[cx] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 80 prot. 303, ff. 031v-035v.
[cxi] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 80 prot. 303, ff. 073v-076.
[cxii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 306, ff. 020v-021v.
[cxiii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 25A.
[cxiv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 26A.
[cxv] AASS, Fondo Arcivescovile, volumi 26A, 25A.
[cxvi] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, f. 010v.
[cxvii] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294, f. 026.
[cxviii] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 79 prot. 296, ff. 131-131v.
[cxix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 296, ff. 043v-044v.
[cxx] ASCZ, Notaio G.M. Guidacciro, Busta 182 prot. 805, ff. 046-053.
[cxxi] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 79 prot. 296, ff. 158-159v.
[cxxii] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 78 prot. 289, ff. 042v-043.
[cxxiii] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 79 prot. 295, ff. 133v-135.
[cxxiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 303, ff. 140-142v; Busta 80 prot. 306, ff. 005-008. ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 802, ff. 059v-060v. ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 168-170. AASS, Fondo Capitolare, cartella 10D.
[cxxv] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 803, ff. 131-133.
[cxxvi] ASCZ, Notaio G.M. Guidacciro, Busta 182 prot. 804, ff. 026-031, 126v-132v.
[cxxvii] ASCZ, Notaio G.M. Guidacciro, Busta 182 prot. 806, ff. 042v-045.
[cxxviii] AASS, Fondo Capitolare, cartella 10D.
[cxxix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297 ff. 188v-189v.
[cxxx] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 80 prot. 301, ff. 117-119v.
[cxxxi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 304, ff. 113-118v.
[cxxxii] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 803 primo, ff. 017v-019.
[cxxxiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 300, ff. 099v-109v.
[cxxxiv] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 068-071v.
[cxxxv] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 129v-130v.
[cxxxvi] “… nell’anno trent’otto del caduto centinaio che successe la sua rovina per quel terribil Terrimoto di tutta la Calabria, accaduto à 27 Marzo nella Domenica delle palme à 21 ora.” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[cxxxvii] “… la notte seguente, verso le cinque in sei ore, da più orribile terremoto furono abbatute alcune Città, Terre e Castelli (…) Policastro città fu abbattuta dalle fondamenta”. Boca G., Luoghi sismici di Calabria, 1981, p. 220.
[cxxxviii] “… che Policastro per essere d’alto sito, ed arenoso, fosse il più danneggiato nella Comarca in trecento cinquanta tre tra Templi, Palaggi, e Case atterrati, secondo il Conto di Luzio Orsi.” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[cxxxix] “… nell’anno mille seicento trent’otto sol nelle fabriche fu daneggiata in più di quaranta mila docati d’oro, il che appare dalla Relazione che nè fà l’Avvocato Fiscale della Regg.a Provinciale Audienza, delegato della Camera per tall’effetto, e da Sua Eccellenza di Napoli; per li quali danni, e rovine furno concesse à Cittadini cinque anni di franchezze …” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[cxl] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 306, ff. 086-089.
[cxli] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 801, ff. 096-097.
[cxlii] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 804, ff. 011v-013, 015-016v, 103-105, 144-146, 201-203; Busta 182 prot. 806, ff. 079v-080v.
[cxliii] 1639: “Procurator novae Ecc.ae Annunciat.nis cum tribus libris cerae”, non comparve. 1640: “Procurator novae Ecc.ae Annunciat.nis cum tribus libris cerae”, non comparve. 1642: “Procurator novae Ecc.ae SS.mae Annunciationis cum Tribus libris Cerae”, il presbytero Fran.co Gardo offrì per se stesso. 1643: “Procurator Ecclesiae nove S.mae Annunciationis cum Tribus libris Cerae”, il R.do Salvator Desiderio comparve ed offrì per se stesso. 1644: “Procurator novae Ecc.ae Annunciat.nis cum tribus libris cerae”, lo stesso procuratore offrì per se stesso. 1645: “Procurator novae Ecc.ae Annunciat.nis cum tribus libris cerae”, non comparve. 1646: “Procurator novae Ecc.ae Sanctissimae Annunciationis cum tribus libris cerae”. 1647: “Procurator novae Ecc.ae SS.mae Annunciat.nis cum tribus libris cerae”. 1648: “Proc.r novae Ecclesiae SS.mae Annunciat.nis cum tribus libris Cerae”. 1649: “Procurator novae Ecc.ae SS.mae Annunciat.nis cum tribus libris Cerae”, non comparve. 1651: “Procurator novae Ecc.ae SS.mae Annunciat.nis cum tribus libris Cerae”, non comparve. 1653: “Procurator novae Ecc.ae Sanctiss.mae Annunciat.nis cum tribus libris cerae”, lo stesso Rev.o Salvatore offrì per se stesso. 1655: “Proc.r novae Ecc.ae SS.mae Annunciat.nis cum tribus libris cerae”, comparve ed offrì. 1656: “Proc.r novae Ecc.ae SS.mae Annunciat.nis cum tribus libris cerae”, comparve ed offrì. 1658: “Proc.r novae Ecc.ae SS.mae Annunciat.nis cum tribus libris cerae”, comparve ed offrì tre libre di cera. 1661: “Proc.r SS.mae Annunciat.nis cum tribus libris cerae” comparve ed offrì d. 0.3.0. 1662: “Procurator novae Ecc.ae SS.mae Annunciat.nis cum tribus lib. cerae”, che sarebbe dovuto comparire, offrendo sei carlini (d. 0.3.0), non comparve. 1663: “Proc.r novae Ecc.ae SS.mae Annunciat.nis cum tribus libris Cerae”, comparve ed offrì d. 0.3.0. 1664: “Proc.r novae Ecc.ae SS.mae Annunciat.nis cum tribus libris cerae”, comparve e pagò d. 0.3.0. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 26A.
[cxliv] “D. Gio And.a Alemano Proc.re della nova chiesa della Nunciata di Polic.o espone alla R.ma Corte Archivescovale di S.ta S(everi)na che moltiss.mi devoti di d.a Città si sono scritti alla Confraternità del Pio monte de morti che intendano fondare nella sud.a chiesa con il consenso et autorità di essa Corte qual si supp.ca che si compiaccia promovere tal devot.ne con il suo assenso et con la volontà sua reverendi.a che si haverà a gr(ati)a.” AASS, Fondo Capitolare, cartella 4D fasc. 3.
[cxlv] AASS, Fondo Capitolare, cartella 4D fasc. 3.
[cxlvi] Nel suo testamento del 6 marzo 1646, Blasio Ritia lasciava ducati 3 al Pio Monte dei Morti eretto nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova”, di cui carlini 20 per “elemosina” e carlini 10 per tante messe (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 084v-087). Anche Agostina Jerardo, moglie di Blasio Ritia, nel suo testamento del 5 agosto 1646, lasciava al detto monte ducati 3 (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 093-094v). Il 28 gennaio 1647, Catharina Schipano, vedova dell’olim Francisco Cavarretta, donava al Monte dei Morti posto nella chiesa della SS.ma Annunziata “nova” e per esso, a Joseph Ritia “hodierno Priore Pii Montis Mortuorum Venerabilis Ecclesiae Sanctissime Annunciationis novae”, la domus terranea posta dentro la terra di Policastro, nel convicino della chiesa parrocchiale di San Nicola “Grecorum” (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 806, ff. 016-017). Nel suo testamento del 4 agosto 1654, Michaele de Aquila lasciava ducati 3 al Pio Monte dei Morti eretto dentro la chiesa della SS.ma Annunziata “nova” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 077v-079).
[cxlvii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 066-067.
[cxlviii] AASS, Fondo Capitolare, cartella 4D fasc. 3.
[cxlix] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 801, ff. 093v-094v.
[cl] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 26A.
[cli] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 088v-089.
[clii] AASS, Fondo Capitolare, cartella 4D fasc. 3.
[cliii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 038v-039v.
[cliv] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 043-047v.
[clv] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 002v-003.
[clvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 35A.
[clvii] AASS, Fondo Capitolare, cartella 4D fasc. 3.
[clviii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 085v-088v.
[clix] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 156v-158.
[clx] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 29A.
[clxi] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 119-121.
[clxii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 124-126.
[clxiii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 126-128.
[clxiv] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 153v-156.
[clxv] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 168-170.
[clxvi] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 195v-197v.
[clxvii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 204-205v.
[clxviii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 29A.
[clxix] AASS, Fondo Arcivescovile, volumi 25A e 26A.
[clxx] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A.
[clxxi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 26A.
[clxxii] AASS, Fondo Capitolare, cartella 4D fasc. 3.
[clxxiii] AASS, Fondo Capitolare, cartella 4D fasc. 3.
[clxxiv] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 1.
[clxxv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A.
[clxxvi] “Praeter Eccl(e)sias p(raedi)ctas Parochiales Curatas extant aliae Ecc.ae sex, inter quas Ecc.a sub titulo SS.mae Annunciationis magnificis, et valde amplis aedificiis constructa cui annexa est Confraternitas Laicalis.” ASV, Rel. Lim. Santa Severina, 1675.
[clxxvii] Dicembre 1673: De s.c. ecclesia S. Iacobi terrae Policastri, S. Severinae dioc., cuius fructus 12 duc., de iurepatronatus laicorum, vac. per ob. Philippi Dulmese, (sic) providetur Dominico Alessandri clerico.” Russo F., Regesto VIII, 42987.
[clxxviii] Marzo 1679: “De beneficio simplici seu s.c. cappellania ad altare S. Iacobi, in ecclesia SS. Annuntiatae, oppidi Policastri, S. Severinae dioc., de iurepatronatus laicorum, vac. per ob. Philippi Dolmete, a 4 annis def., providetur Vincentio de Alexandro, pbro.” Russo F., Regesto VIII, 44210.
[clxxix] AASS, Fondo Capitolare, cartella 11D fasc. 6.
[clxxx] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 29A.
[clxxxi] “È questa chiesa appunto situata dentro il Circulo della stessa Parocchia immediatamente Posta à mezzo giorno, à differenza dell’altra chiesa dell’Annunziata detta di Fuora, che diroccatasi l’anni passati proprio nel fine del caduto secolo con tutte le sue pertinenze per ordini di Monsig.r Berlingieri è stata mutata di sito, e dà sotto le mura della Città in bocca alla Porta della Città è stata trasportata nell’antica di Santa Maria delli Francesi, che smantellata tutta la vecchia, con nuovo è più bel modello refabricatasi da fondamenti, apparisce più vasta.” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723. La “SS.ma Nunz.ta di Fuori oggi chiesa di S. Fran.co di Paula” (1742). ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, f. 139.
[clxxxii] In una fede del 10 ottobre 1742, leggiamo che, il 4 maggio 1724, il Rev.o D. Vincenzo Grossi aveva comprato da Marzio Cerantonio una continenza di celsi neri posta nel luogo detto “sotto le rupi di d.ta Città di Policastro vicino la Chiesa diruta della SS.ma Annunciata di fuori” (AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 1). Nel 1742, il mastro sartore Nicola Rotella di anni 63, possedeva un vignale di ¼ di moggio, alberato con gelsi neri, “nella Nunz.ta di fuora”, confinante con il vignale di Salvatore Licciardo (ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 47 e 197v), mentre il massaro Francesco Lepera, possedeva un vignale “nell’Ann.ta di fuori” (ASN, Catasto cit., f. 21). In un atto del 28 settembre 1743, che elenca i beni appartenenti alla “Cappellania Manuale” sotto il titolo di S.to Vincenzo Ferreri, si menziona: “un V(i)g(na)le alborato di Celzi neri sotto le Rupi di q.ta Città nel luogo detto l’Annunciata di fuori” (AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 1).
[clxxxiii] Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[clxxxiv] AASS, Fondo Capitolare, cartella 11D fasc. 6.
[clxxxv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 25A.
[clxxxvi] “Ecclesiae, sive Oratorium SS.mi Rosarii regitur per R(everen)dum D. Thoma Antonium Scandale. (…) Confraternitas SS.mi Rosarii erecta in Suprad.o Oratorio cum suis Sacris insignibus et ministris.”. ASV, Rel. Lim. Santa Severina, 1765.
[clxxxvii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, f. 76.
[clxxxviii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 68-68v.
[clxxxix] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 1.
[cxc] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, f. 71v.
[cxci] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, f. 72.
[cxcii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, f. 73.
[cxciii] Sisca D., Petilia Policastro, 1964, pp. 202-203 e nota n. 1.
[cxciv] “Parochialis Ecclesia S(an)cti Nicolai Graecorum regitur per R(everen)dum D. Nicolaum de Martino eius Parochum curatum; habet suum fontem Baptismalem cum Sacris Oleis, et praeter Altare majus alterum tantum eidem Ecclesiae adnexum, Eucharistiae vero Specias asservantur in Ecclesia B. M. V.s ab Angelo Annunciatae quae adnexa reperitur supradictae Parochiali, et magis ampla, et apta videtur Populo, cui in ea praeter Baptismi Sacramentum caetera administrantur, et Parochialia exercitia persolvuntur, et quinque habet Altaria praeter majus.” ASV, Santa Severina, Rel. Lim. 1765.
[cxcv] “Mons pietatis pro honestis puellis etiam in Matrimonium collocandis, et praecipue Sanguine propinquioribus q.m R.do D. Joanni Jacobo de Aquila fundatori, regitur per Proc(urato)rem à me eligendum.” ASV, Rel Lim. Santa Severina, 1765.
[cxcvi] “Collat.e del Semplice Beneficio di S. Giacomo della fam.a de Aquila in persona del Can.e D. Cesare Rocca.” AASS, Fondo Arcivescovile, volume 72A.
[cxcvii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 3.
[cxcviii] Vivenzio G., Istoria e Teoria de Tremuoti in generale ed in particolare di quelli della Calabria e di Messina del 1783, Napoli 1783, p. 326.
[cxcix] “Policastro, che fu in gran parte distrutta dal temuoto del dì 28 e il restante fu fracassato, ma non morì alcun cittadino”. De Leone A., Giornale e Notizie dè Tremuoti accaduti l’anno 1783 nella provincia di Catanzaro, 1783.
[cc] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 3.
[cci] ASCZ, Cassa Sacra, Segreteria Pagana, Busta 50, fascicolo 784. I censi bullari ed enfiteutici, dovuti alla chiesa della SS.ma Annunziata di Policastro, risultavano: D. Gio: Battista Portiglia per canone sul vignale “Pantano”, annui d. 8.00, D. Michelangelo Ferrari per canone sopra le terre dette “S. Ligorio”, annui d. 7.50, Cesare Curto Mantisto per canone sul castagneto detto “La Fossa”, annui d. 1.50, D. Carlo Tronca per canone sulle terre dette “Manconise”, annui d. 0.80, D. Gaetano Maratea per capitale di d. 86.70, d. 5.00, D. Nicola Scalise per capitale di d. 30.50, d. 2.44, D. Gio: Gregorio Tronca per capitale di d. 48, d. 2.40, D. Pietro Carvello per capitale di d. 9, d. 0.45. AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 3. La particolare importanza dell’Annunziata come ente finanziario, nel panorama dei luoghi pii del “Distretto di Policastro (comuni di Policastro e Mesoraca)”, è messa in evidenza dal Placanica: “… mette qui conto ricordare la Chiesa dell’Annunziata di Policastro che vantava 14 censi bollari per duc. 38.14 (capitale presunto duc. 762.80 al 5 per cento), tra i quali ne troviamo uno dovuto dal ricco catanzarese Gioacchino Ferrari (capitale di duc. 240).” Placanica A., Il Patrimonio Ecclesiastico Calabrese nell’Età Moderna, Vol. I, 1972, p. 351. Tra i censi enfiteutici e bullari, assegnati dalla Cassa Sacra in conto della congrua, al parroco di Santa Maria Maggiore di Policastro, troviamo anche quelli che alcuni particolari, pagavano all’oratorio del SS.mo Rosario: Salvatore Anania per annuo canone sopra il vignale detto “Paterniso” (d. 1.60), Vito Rizza sopra il vignale detto “la Grossi” (d. 00.50), Andrea Catanzaro sopra il vignale detto “Paterniso” (d. 3.00), Fran.co Rizza per capitale di d. 40 (d. 3.20), Dom.co Cavarretta per capitale di d. 12.00 (d. 01.43), Francesco Castagnino per capitale di d. 15.00 (d. 00.90), D. Gregorio Poerio per capitale di d. 100 (d. 6.00) e Fran.co Ant.o Poerio per capitale di d. 10 (d. 00.70), per il totale di una rendita di ducati 59.05. AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 3.
[ccii] ASCZ, Cassa Sacra, Atti Vari 308/3.
[cciii] I “Censi assegnati al parroco della SS.ma Annunciata”, risultavano: dal rettore della “Cappella di San Giacomo Ap(osto)lo” d. 3.20, dal procuratore della cappella suddetta d. 3.00, dal procuratore del Monte Frumentario d. 6.75, dal Sig. D. Michele Ferrari d. 7.90, dal Sig. D. Carlo Tronca d. 0.80, dal Sig. D. Gio: Portiglia d. 2.00, dagli eredi di Pasquale Parise d. 5.00, dagli eredi di D. Nicolò Scalise d. 2.44, da Santa Parise d. 2.00, da Carmine Toscano per Leonardo Mancino d. 3.10, dagli eredi di Francesco Valente d. 0.45, dagli eredi di Cesare Curto d. 1.50, dal Sig. Giangregorio Tronca d. 2.40, da Gio: Paolo e Antonio Rizza “Zingarello” d. 0.72, da Giuseppello Greco d. 1.98, dagli eredi di Bruno Carvello d. 0.70, dagli eredi del Sig. Gio: Battista Carvelli d. 0.63, da Vito Carvelli di Luca d. 1.12 ½, da Rosario Carvelli di Nicola d. 1.00, “Dal n.o R.do D. Pietro Par.co Carvelli” d. 0.45. AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 3.
[cciv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 86A.
[ccv] Febbraio 1791. De parochiali Annuntiationis B.M.V. et S. Nicolai Graecorum oppidi Policastri, S. Severinae dioc., cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Nicolai de Martino, de mense Augusti praeteriti anni def., providetur Francisco Pollano, pbro, in concursu approbato.”. Russo F., Regesto XII, 68273. Ottobre 1795: “De parochiali SS. Annuntiatae e S. Nicolai oppidi Policastri, S. Severinae dioc., cuius fructus 24 duc., vac. per dimissionem Francisci Pullano, in manibus Ordinarii de mense iunii factam et admissam, providetur Petro Covelli (sic), pbro oriundo 49 an., Theol. Moralis Prof., concionatori oeconomo curato, in concursu, unico comparente, approbato et a Vicario Capitulari commendato.”. Russo F., Regesto XIII, 68876.
[ccvi] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B fasc. 3, e volume 86A.
[ccvii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 3.
[ccviii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B fasc. 3.
[ccix] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 72A.
[ccx] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 92A.
[ccxi] Sisca D., Petilia Policastro, 1964, p. 257.
[ccxii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 2.
[ccxiii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 2.
[ccxiv] Sisca D., Petilia Policastro, 1964, pp. 247-248.
[ccxv] Sisca D., Petilia Policastro, 1964 rist. 1996, p. 251-252.
[ccxvi] “S.S. Annunziata. Il suo territorio è compreso nella parte sud-est, partendo dal ponte di ferro sul Soleo a salire lungo la rotabile Cutro tutta la destra, o di sopra sino al territorio di Mesoraca da una parte, e da questa andando verso sopra si estende fino al ponte della S. Spina.” AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 34B.
[ccxvii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 34B.
Creato il 13 Giugno 2017. Ultima modifica: 9 Settembre 2024.
PINO RENDE grazie per il brillante lavoro sulla Chiesa Dell’Annunziata e sul lavoro che hai fatto e farai per i beni culturali di Petilia Policastro. Francesco Cosco
Anch’io devo ringraziarti, per la tua gentilezza e per il tuo supporto sempre disinteressato, generoso e competente. Un caro saluto Pino Rende
Buon giorno sig; Rende io studio la storia del mio cognome da anni, ho trovato nella sua ricerca il cognome de Strongili, sono interessato a saperne di più, nello stesso periodo a Monteleone ora Vibo Valenzia, vi era Strongili Marino procuratore e nel 1300 Dianora Strongili, questo ha dato origine l mio cognome all’incirca nel 1604, ho un documento che lo prova, la mia mail è strongoligiuseppe@libero.it e il sito web della storia di famiglia è http://www.famigliastrongoli.it/, la ringrazio per la sua ricerca, buona giornata Giuseppe
Il suo cognome ricorre in numerosi atti dei protocolli dei notai di Petilia Policastro durante la prima metà del Seicento (Archivio di Stato Catanzaro, ed è ampiamente diffuso in tutta l’area del Crotonese essendo legato alla località di Strongoli. Saluti Pino Rende.