La chiesa di San Giacomo di Melissa
La chiesa di S. Giacomo a Melissa è situata su uno sperone roccioso nella parte superiore dell’abitato di origine alto medievale; si trova nei pressi del castello costruito in epoca successiva.
Essa è la chiesa più antica di Melissa e già esiste nel 1485 quando la famiglia Campitelli con Vinceslao compra per 3000 ducati il feudo melissese[i] dal re di Napoli Ferdinando e ne assume subito lo juspatronato, fondato dallo stesso Vinceslao o, al massimo, dal figlio Gio. Lorenzo[ii]. Infatti nel 1513, anno a cui risale il primo documento scritto riguardante la chiesa di S. Giacomo, essa già risulta di juspatronato della Casa Campitelli [iii]. Inoltre un documento giudiziario, di molto posteriore, afferma che con “la bolla Pontificia contenuta nella sentenza emanata nel 27 gennaio 1541 dalla curia diocesana di Umbriatico … fu riconosciuto nel conte di Melissa di quel tempo il patronato della Parrocchia ed il diritto di presentazione del Parroco”[iv]. La detta Casa, oltre a dotarla di un patrimonio fondiario (il più sostanzioso di tutti i benefici ecclesiastici della diocesi umbriaticense), “presenta “il suo parroco al vescovo che successivamente lo nomina ufficialmente (vedi Appendice A). La chiesa di S. Giacomo, così, diventa storicamente una dipendenza dei Campitelli (tra il popolo si narra di una galleria che partiva dal vicino castello feudale e sbucava nei pressi della chiesa se non direttamente nella stessa chiesa). Risalgono sempre all’inizio del Cinquecento altri documenti ecclesiastici che riguardano il beneficio semplice della chiesa parrocchiale di “S. Iacobo de Melsa”. Nel gennaio 1546 Iohannes Buzutus, chierico napoletano, provvisto del detto beneficio, acconsente di cederlo a Cristofero Cipriani, chierico capuanese, che a sua volta cede metà dei “frutti” al chierico rossanese Vincenzo Ferraro. Nel luglio successivo il Cipriani restituisce allo stesso Buzuto la metà della rendita del beneficio[v].
Il forte legame tra la chiesa di S. Giacomo e la famiglia Campitelli è confermato nel secolo XVII. La principessa donna Antonia Staiti d’Aragona, moglie di Annibale Campitelli, “lega” 2.000 ducati, dei 5000 che a lei è stato concesso di testare nei capitoli matrimoniali, alla costruzione di una cappella, con il “peso” di una messa giornaliera, da erigersi nella chiesa di S. Giacomo, di juspatronato della famiglia Campitelli[vi]. Nel 1624 il marito, conte di Melissa e principe di Strongoli, dettando il testamento nella sua casa napoletana, rispettando le disposizioni lasciate dalla defunta moglie, impone al suo erede di destinare alla chiesa di S. Giacomo duemila dei ducati ricavati dalla vendita del grano portato a Napoli dal primo vascello proveniente dai feudi crotonesi.
Essendo successo ad Annibale suo fratello Francesco Campitelli, conte di Melissa e principe di Strongoli dal 1624 al 1668, si va rinsaldando il legame tra la chiesa e i feudatari locali. Nel 1626, morto Io. Maria Rosa, il presbitero crotonese Antonio Bombino viene nominato parroco della chiesa di S. Iacobo, la cui rendita è di 24 ducati. L’anno dopo la curia episcopale di Umbriatico, senza rispettare il diritto di nomina del feudatario, indice un concorso per l’assegnazione della carica e risulta vincitore il subcantore della cattedrale umbriaticense, il presbitero melissese Leonardo Canzonio. Il conte Campitelli, forte dei suoi privilegi sulla chiesa di S. Giacomo, fa ricorso alla sacra Rota che sentenzia a favore del feudatario. Questi, nonostante l’appello vescovile, viene confermato nei suoi diritti[vii]. Negli stessi anni Francesco Campitelli, cavaliere di S. Giacomo, siccome il castello si trova “sulla sommità di detta terra, la quale in tempo di pioggie è tale che con grandissima difficoltà si puote andare nella Chiesa Parrocchiale, e per sovvenire ancora alle necessità della Principessa sua moglie, che spess’è gravida,e per questi et altri simili occasioni restaria quasi tutta la Casa impedita dal veder la messa”[viii] nella chiesa di S. Giacomo, ottiene dal papa Urbano VIII di far celebrare le messe nell’oratorio dedicato a S. Pietro, già eretto “nel suo Castello seu Palazzo” e dotato in modo conveniente, ma senza immunità ecclesiastica[ix].
Secondo una tradizione popolare lo stesso Francesco Campitelli, in base al suo diritto dello “jus primae noctis”, alla fine di ogni cerimonia matrimoniale tra Melissesi, aspettava nei pressi della chiesa di S. Giacomo la sposa per portarla attraverso una galleria nel suo castello e goderne la notte. Per impedire questa malsana usanza, un popolano uccise il conte. A ricordo dell’episodio cruento, nello stesso 1633 la comunità melissese avrebbe fatto erigere nella chiesa un monumento osceno ed una lapide esplicativa irridenti il conte. Secoli dopo, precisamente nel 1899, il monumento per la sua oscenità sarebbe stato frantumato e posto nel campanile della chiesa dal parroco locale[x].
Questa tradizione orale, così cara ai Melissesi (secondo un motto popolare “siamo tutti figli del conte”), è smentita dai documenti esistenti nell’Archivio di stato di Napoli. Innanzitutto Francesco Campitelli muore non nel 1633, ma nel 1668 e viene seppellito nel convento dei Padri Cappuccini di Strongoli[xi]. Inoltre da un altro documento risulta che l’11 agosto 1635, a soli trentanove anni, egli fa di suo pugno il primo di vari testamenti nel quale dispone che “quando a Dio piacerà separare l’anima dal corpo, in ogni loco che si facessi detta separazione, voglio che sia trasportato, e sepolto nella chiesa di S. Giacomo e proprio nel tumolo della mia famiglia costrutto da me a tal fine superiore. Il qual cupo voglio che si faccia l’offizio dalli sacerdoti tanto di Melissa quanto di Strongoli con dire ogniuno la sua messa per l’anima mia alli quali lascio per lo detto offizio e messa per ciascun sacerdote carlini diece, e tanti chierici che saranno in detto offizio carlini due ciascuno” e che l’erede dal giorno della sua morte “facci celebrare nell’altare maggiore di S. Giacomo, juspatronato della mia famiglia in Melissa, quattro messe di requie ogni mattina spatio d’uno anno continuato”[xii]. Negli stessi anni, tardando l’esecuzione delle disposizioni testamentarie della defunta donna Antonia Staiti, il vescovo di Umbriatico ne ordina l’attuazione a Francesco Campitelli, in quanto erede universale del fratello Annibale. Pertanto il nuovo conte, utilizzando i 2000 ducati della cognata, fa sfondare il muro meridionale e costruire nella chiesa di S. Giacomo una nuova cappella laterale (ornata di panni, vesti ed altro, con l’onere di una messa giornaliera) di juspatronato della famiglia Campitelli (cui spetta il diritto di presentare o nominare il cappellano o rettore del beneficio semplice), nella chiesa già di juspatronato della stessa Casa. Inoltre egli, per la celebrazione da parte del cappellano di una messa giornaliera, ai predetti 2000 ducati, “lega” altri 800 su tutti i suoi beni feudali e burgensatici di Melissa e Strongoli ereditati dal fratello Annibale. La rendita di censo ricavata, da esigersi ogni anno il 15 agosto sugli affitti dei propri fondi alla ragione del 7%, è di 56 ducati e serve per il sostentamento del cappellano e per la dote della cappella, eretta per l’adempimento del legato della defunta donna Antonia Staiti[xiii]. Inoltre lo stesso Francesco Campitelli “magnifica” la chiesa di S. Giacomo nella costruzione, nell’altare maggiore, negli ornamenti di seta e di argento; ribadisce i diritti della sua Famiglia sulla chiesa con due leoni in pietra (simboli della Casa, ora dispersi) posti sul muro di recinzione del rinnovato ingresso della chiesa e soprattutto con lo stemma in marmo dei Campitelli, ancora oggi esistente, apposto sul portale della chiesa. Infine, come detto nel suo testamento, egli erige il suo sepolcro, probabilmente nella stessa cappella, con la seguente epigrafe latina, opera di qualche erudito napoletano che si esprime con un retorico linguaggio barocco:
D.O.M.
DON FRANCISCO CAMPITELLO
PRINCIPI STRONGOLI ET COMITI MELISSAE
MORTIS JAM NOMEN, NUMENQUE NECARUNT
VEH VI MARS VIXIT, MORS MODO VEXAT ATROX
SIC TE, QUI CAMPI COMPOS, QUO SI ORBIS IS ORBAT,
LETHUM LETITIIS ORNAT ET URNA SATIS
ANNO MDCXXXIII
La traduzione è la seguente: A Dio Ottimo Massimo/ A Don Francesco Campitelli/ Principe di Strongoli e Conte di Melissa/ ormai la fama della morte di Marte e il fato (lo) uccisero/ Marte visse con la forza, ora la morte inesorabile abbatte/ così te, che (sei) padrone del campo (di battaglia) per cui se questo mondo è privo (di te),/ orna la morte con letizie ed una tomba (è) sufficiente/ Anno 1633.
In conclusione dalla disamina dei documenti citati non solo si evince che il legame tra la Casa Campitelli e la chiesa di S. Giacomo si è fatto più stretto, ma anche vengono smentite sia la morte violenta di Francesco Campitelli nel 1633 che l’erezione nella chiesa del monumento “osceno” nello stesso anno da parte dei Melissesi. D’altronde non è credibile che i feudatari locali permettessero l’esposizione, nella chiesa di loro juspatronato, di una statua oscena ed oltraggiosa verso un loro familiare. Il monumento funebre, che, al contrario di quanto narrano la tradizione ed alcuni storici locali, non ha nulla di osceno, fu fatto erigere non dal popolo melissese a ricordo della fine dell’odiato diritto, ma dallo stesso Francesco Campitelli, di cui si esaltano le virtù guerriere. Esso ribadisce il potere dei Campitelli sulla chiesa. Il desiderio di giustizia e libertà del popolo melissese non si realizza concretamente, ma in forma di leggenda.
Con il passare del tempo nel paese per quanto riguarda l’aspetto religioso e comunitario assume maggiore importanza la chiesa matrice di S. Nicola. Qui nel 1700 in una teca di legno dorato è custodita l’eucarestia ed in essa si trovano il fonte battesimale ed il sacrario; i parroci di S. Giacomo e di S. Maria Assunta da essa ricevono i sacramenti ed i sacramentali. Pur essendo la più importante, però, la chiesa matrice, come quella dell’Assunta, ha una rendita modesta. Solo la chiesa di S. Giacomo ha un ricco patrimonio formato dalle rendite parrocchiali e dai diversi benefici in essa presenti: “ditissimum prestat Patrimonio Parocho, cuius Institutio ad presentationem Comitis Melisse, utpote Patroni, ad episcopalem Curiam pertinet”[xiv]. Ai vecchi benefici si sono aggiunti quelli semplici presso gli altari di S. Bartolomeo (con una rendita di 24 ducati, retto prima da Carlo Campisalli e poi dal presbitero Domenico Forestiero) e della SS. Trinità, di juspatronato di laici (con una rendita prima di 8 e poi di 24 ducati, retto in successione dagli “oriundi” Francesco Cristofaro, da Domenico Scarcello, da Giovanni Cristofaro e da Fabio Bonavenia)[xv].
Gli abitanti della “Terra” e le rendite, queste ultime prima definite genericamente sostanziose nelle relazioni vescovili, vengono “fotografati” in tutti i particolari nello “Stato delle anime” parrocchiali e nelle “rivele” del Catasto onciario del 1742 presentate dal parroco D. Giacinto Curto e dai vari sacerdoti “beneficiati”[xvi]. Innanzitutto gli abitanti dichiarati dai parroci sono 988 distribuiti in 241 famiglie: 102 famiglie con 383 “anime” nella parrocchia di S. Giacomo (vedi Appendice B); 87 famiglie con 411 “anime” in quella arcipretale di S. Nicola; 52 famiglie con 194 “anime” in quella di S. Maria Assunta[xvii]. La matrice ha una rendita di ducati 67,90; la chiesa di S. Maria Assunta di 37,80; quella di S. Giacomo di 104,09 (vedi Appendice C). Quest’ultima, grazie alle 425,5 tomolate possedute, si pone al secondo posto, dopo il feudatario, tra i maggiori proprietari terrieri: tra i sedici fondi, in maggioranza “campesi” e col solo “jusso arandi”, spiccano quelli della Valle (170 t.e), di Pietropolito (90 t.e) di Archimanno (40 t.e), di Copria (35 t.e) e di Valle di Casa (25 t.e)[xviii]. Alle rendite fondiarie si aggiungono i proventi per censi enfiteutici e per decime dei bracciali e dei massari parrocchiali. Le spese, ammontanti a 39,97 ducati, riguardano il mantenimento della chiesa e dell’altare, la festività del santo, le decime vescovili ed il seminario. All’interno della chiesa si trovano diversi benefici tra i quali spicca quello sotto il titolo di S. Giacomo e S. Stefano Protomartire, di juspatronato dei Pignatelli, con una rendita di 56 ducati annui corrisposti dall’erario feudale e con un “peso” di 36 ducati per una messa al giorno per l’anima del fondatore e di due ducati al vescovo per “visita, chiamata, e spoglio”. Esso, oltre a quelli di S. Maria dell’Arco, di S. Domenico e S. Antonio, del SS. Rosario (anche essi di juspatronato del feudatario) eretti nella “Terra” di Melissa, sono assegnati in blocco al sacerdote Vincenzo Giunti di Strongoli, procuratore ed agente generale dello “Stato” dei Pignatelli[xix].
Nella seconda metà del Settecento il feudatario Salvatore Pignatelli, conte di Melissa dal 1767 al 1792, possiede nelle chiese melissesi sei benefici: quello di S. Pietro eretto nella cappella del castello; di S. Domenico e S. Antonio nella matrice; quattro nella chiesa di S. Giacomo. Di questi ultimi il più importante è quello sotto il titolo di S. Giacomo Apostolo, il cui parroco curato è il melissese Francesco Mazzei, con una rendita di 80 ducati annui ed il peso di una messa ogni domenica e feste dell’anno ed un legato di messe per l’anima di D. Giacomo Campitelli. Il secondo beneficio per importanza è quello di S. Stefano e Giacomo, beneficiato dal sacerdote D. Matteo Calabrese, naturale di Melissa ed arciprete a Casabona; la rendita è di ducati 55 con un peso di 350 messe per l’anima di donna Anna Staiti. Il terzo è quello di S. Maria dell’Arco, beneficiato dal reverendo D. Domenico Lucifero di Strongoli, con una rendita di 20 ducati. Infine c’è il beneficio di S. Francesco di Paola, posseduto dal reverendo D. Domenico canonico Arcuri di Strongoli con una rendita di 15,30 ducati ed un peso di 50 messe per l’anima di D. Domenico Pignatelli[xx].
Nei decenni successivi continua la politica regia volta a colpire i privilegi ecclesiastici. Una legge del 1772 abolisce per le parrocchie con rendita sufficiente la decima. Essa è pagata dai bracciali e dai massari ai rispettivi parroci ed al vescovo; consiste in un carlino per ogni capofamiglia nel giorno di Pasqua ed un tomolo e mezzo di grano per ogni paio di bovi aratori. Poiché nella diocesi di Umbriatico si continua ad esigerla, i cittadini di Cirò smettono di versarla e nel 1776 tentano di incendiare il vescovado[xxi]. La protesta investe anche i parroci di Melissa. Già nel 1770 gli amministratori “universali” di Melissa contestano il diritto di decima a favore dei tre parroci, i quali secondo gli accusatori mantengono “le di loro chiese come tanti porcili, nemici dei poveri, ma si abbelliscono le di loro case”; invece di celebrare la messa ogni giorno “si vedono celebrare con l’elemosina abbracciando l’oratori mediante stipendio, come l’altri sacerdoti del paese”[xxii]. La lite tra Università e parroci per il pagamento della decima si trascina ancora agli inizi dell’Ottocento. Nel 1803 gli amministratori “universali” sostengono che i tre parroci melissesi continuano ad esigere abusivamente la decima che, invece, tocca a quelli che non avessero rendite sufficienti, mentre le rendite dei beni parrocchiali melissesi superano la congrua conciliare. L’arciprete D. Vincenzo Calendini, il parroco di S. Giacomo, D. Fabrizio Cristofero, e quello di S. Maria Assunta, D. Raffaele Bevilacqua, ribattono che l’esazione della decima è “ab immemorabile” in quanto le “Parrocchie erano obbligate all’adempimento della celebrazione delle messe, di anniversari, di elemosine, e di mantenimento di chiese ed altre opere”[xxiii]. Inoltre “i beni, che ciascuna Parrocchia possedeva oltre ai pesi ai quali erano affetti per disposizione di tutti quei, che in tempo legittimo l’aveva lasciati, li si è fatto avvertire che niente vi era del Publico peculio, ma tutto era pervenuto dai particolari. In comprova di ciò si è dedotto, che tra le Parrocchie vi era quella di S. Giacomo di jus Patronato della Casa del Principe di Strongoli. Nella dotazione di quella li maggiori della Casa Pignatelli disposero molti ed infiniti obblighi, e pesi che si sono eseguiti e giornalmente si eseguono. Si conchiuse perciò, che non avendo il Publico del di lui Peculio nulla somministrato alle Parrocchie non aveva diritto in conseguenza lo stesso di esentarsi dalla Decima”[xxiv]. I tre parroci si dichiarano disposti a rinunciare alle decime solo se l’Università paga loro la congrua conciliare di 130 ducati a parrocchia. Viste le resistenze dei parroci locali, gli amministratori dell’Università ricorrono al tribunale napoletano che nel marzo 1804 incarica il “mastrodatti” di Rocca di Neto per dirimere la questione. Il successivo 22 aprile 87 abitanti, partecipanti al “Parlamento” convocato dal sindaco Vincenzo Amoruso per discutere il problema, decidono di non pagare le decime in quanto i parroci locali hanno rendite sufficienti e di continuare la lite davanti alla Regia Camera della Sommaria[xxv]. Due giorni dopo diversi testimoni melissesi davanti al mastrodatti incaricato dichiarano che la chiesa arcipretale ha una rendita netta di 260 ducati; quella di S. Maria Assunta di 131; quella di S.Giacomo di 535. Quest’ultima avrebbe 370 tomolate con diritto di semina per tre anni (il diritto triennale dell’erba appartiene al feudatario), 9,4 tomolate come camere chiuse e 223 tomolate demaniali col “jus arandi”. L’affitto ed il terratico delle dette terre rendono 256 tomoli di grano che, valutati a due ducati il tomolo, rendono 512 ducati cui aggiungerne 41 provenienti da altri cespiti, per un totale lordo di 553. Le spese parrocchiali ammonterebbero a soli 18 ducati per le 54 messe domenicali “pro populo”. I documenti esistenti tacciono sull’esito della vertenza, ma lasciano trasparire che i parroci ancora nel 1817 continueranno a pretendere le decime[xxvi].
L’azione antiecclesiastica prosegue durante il Decennio francese (1806-’15), quando sia le terre feudali che ecclesiastiche, considerate anche queste demaniali in quanto gravate da usi civici, vengono divise tra l’Università da una parte e il feudatario e la Chiesa dall’altra. A Melissa un quarto delle circa 300 tomolate demaniali ecclesiastiche è assegnato al Comune (ex-Università): quarto di Vituro, delle Carrere e di Archimanno ossia Fosse di S. Maria”[xxvii]. La divisione dei demani ecclesiastici, effettuata dall’agente demaniale cirotano Nicastri, però, viene contestata nel 1817 dal sindaco Cinefra che ne chiede la rettifica, con la restituzione al Comune dei fondi usurpati dall’arciprete di S. Nicola, Raffaele Bevilacqua, e dal parroco di S. Giacomo, Fabrizio Cristofero. La controversia raggiunge il culmine nel maggio 1823. Poiché il Cristofero rivendica alla sua chiesa il fondo Valle, ritenuto usurpato dal Comune fin dal 1811, i cittadini introducono il loro bestiame nei fondi controversi[xxviii].
Mentre è in corso l’anticurialismo prima borbonico e poi francese, nel 1795, essendo vacante la carica di parroco di S. Giacomo, il principe Ferdinando Pignatelli vi nomina Fabrizio Cristofero che viene “investito”, come era antichissimo uso praticarsi, con bolla diocesana di Umbriatico del 13 febbraio del detto anno. Il parroco, mantenendo la carica per quasi un quarantennio, cercherà di difendere ed ampliare i diritti ed i beni della chiesa. Innanzitutto egli cita in causa l’arciprete che pretende l’esclusiva di benedire il sabato santo le case, i trappeti, i mulini e le mandrie[xxix]. La causa giunge davanti al regio governatore locale che, grazie ad una “fede” del sindaco e alle testimonianze di sei anziani locali, sentenzia a favore del parroco. Ma l’azione del Cristofero a favore della chiesa si dispiega soprattutto nei confronti del feudatario. Infatti egli, dimenticando le sue obbligazioni verso il Principe e pur appartenendo ad una famiglia legata alla Casa, sfrutta le disavventure politiche dei Pignatelli. Poiché il nuovo e giovane feudatario Ferdinando Pignatelli ed il fratello Mario hanno partecipato ai moti giacobini del 1799, vengono decapitati a Napoli ed il loro feudi di Strongoli e Melissa confiscati. Approfittando di ciò e del fatto che i fondi della parrocchia sono tutti confinanti con quelli del Principe, il parroco Cristofero prende possesso di 568 tomolate feudali distribuite tra otto fondi (Ràina 95 t.e, Papanicola 20 t.e, Setto della Principessa 54 t.e, Pietropolito 98 t.e, Praticello 70t.e, Carrere 56 t.e, Melà 73 t.e, Mosea 102 t.e), godendone i frutti per molti anni. Ritornato l’ordine, i Pignatelli, essendo rientrati in possesso dei loro due feudi calabresi, reclamano il maltolto ancora in mano al parroco e trovano l’appoggio del Decurionato melissese che, redigendo nel 1809 il nuovo catasto fondiario, misconosce l’usurpazione e iscrive i suddetti terreni nel ruolo del feudatario. L’anno dopo questi, forte della sentenza della Commissione feudale del luglio precedente e della testimonianza di quattordici Melissesi che dichiarano burgensatiche le dette terre, avvia una lunga causa col parroco, chiedendone la restituzione ed iniziando a pagare la contribuzione fondiaria. Il Cristofero, oltre a contestare lo juspatronato del feudatario sulla chiesa di S. Giacomo, si difende dichiarando una sua dimenticanza all’epoca della formazione del nuovo catasto e nel 1814 ottiene dal Comune l’iscrizione dei fondi controversi al ruolo della parrocchia[xxx]. La causa è introdotta nel 1811 nel tribunale di prima istanza di Cosenza che sentenzia a favore del parroco; nel 1818 passa al tribunale di Catanzaro, in seguito alla nuova ripartizione delle Calabrie. Il Pignatelli fa eseguire perizie, presenta documenti, ma il tribunale non gli rende giustizia e pertanto ricorre in appello nella Gran Corte civile delle Calabrie. La causa si concluderà (come si vedrà) soltanto nel 1842.
La crisi della Chiesa locale, dovuta a diversi fattori, prosegue nei primi decenni dell’Ottocento ed emerge dalla lettura delle visite pastorali effettuate ai luoghi sacri melissesi dal vescovo di Cariati (dal 1818 la diocesi di Umbriatico è soppressa ed aggregata a quella di Cariati). Nel 1820 il vescovo Serao, visitando la chiesa di S. Giacomo, la trova priva degli arredi sacri, con il soffitto e le pareti umide e cadenti, le lapidi delle tombe (tra cui probabilmente anche quella del conte) rotte. Le cappelle ivi esistenti sono quelle della Madonna dell’Arco e di S. Francesco di Paola dei Pignatelli[xxxi], dello Spirito Santo della famiglia Cosentino di Casabona, di S. Giuseppe della famiglia Noli, della SS. Trinità della famiglia Amoruso[xxxii]. Alcune di esse, essendo in uno stato di totale abbandono, sono interdette al culto. Nelle successive visite pastorali la chiesa di S. Giacomo si presenta ulteriormente degradata. Essa viene definita “come una spelonca” e l’anziano parroco, D. Fabrizio Cristofero, per le gravi inadempienze liturgiche ed amministrative, è sospeso “a divinis” da ogni ufficio parrocchiale. Nel 1834, dopo aver retto la parrocchia per ben 39 anni, egli muore, lasciando vacante la carica per diversi anni[xxxiii]. Lo stato della chiesa peggiora; due anni dopo, desiderando i convisitatori visitarla si recano verso di essa, ma sulla porta trovano tale e tanto puzzo che è impossibile entrare e compiere la visita, anzi a uno di essi il puzzo turba lo stomaco e lo fa vomitare[xxxiv]. Il nuovo vescovo Golia nel 1840, per restaurare ed arredare la chiesa, viene autorizzato ad utilizzare i 165 ducati del beneficio vacante. Due anni dopo la parrocchia, composta da 600 persone, è ancora priva di parroco a causa della lite sul diritto di juspatronato tra il principe e la corona[xxxv]; l’edificio sacro è privo di arredi sacri ed i muri minacciano di crollare[xxxvi]. Nello stesso 1842 finalmente gli avvocati del vescovo di Cariati e dell’ex-feudatario arrivano ad una transazione secondo cui Francesco Pignatelli, che nel 1831 ha venduto ai fratelli strongolesi Giunti tutte le sue proprietà di Melissa e Strongoli[xxxvii], rinuncia allo juspatronato sulla chiesa di S. Giacomo e concede alla parrocchia parte dei terreni contesi. Rimangono alla parrocchia i fondi Papanicola, Setto della Principessa e Praticello per un totale di 144 tomolate; vanno al principe Ràina, Pietropolito, Mosea, Melà e Carrere per complessive 382 tomolate[xxxviii]. Si scioglie così il legame stretto, durato tre secoli e mezzo, tra la chiesa di San Giacomo ed i feudatari locali (prima i Campitelli e poi i Pignatelli).
Nei decenni successivi la chiesa subisce un processo di degrado che si cerca di arrestare con un intervento restaurativo a cura del parroco Giuseppe Basta nel 1899. Nella seconda metà del Novecento sono smantellati il pavimento di mattoni smaltati, il pulpito di destra e l’altare dedicato alla Madonna di Pompei[xxxix]; i registri parrocchiali dispersi; l’antica tela situata nella nicchia dietro l’altare centrale viene rubata. Il monumento funebre del conte Francesco Campitelli, che originariamente era situato forse nella cappella della Casa e successivamente spostato al piano terra interno del campanile, viene smembrato: il fastigio in marmo grigio con bassorilievi raffiguranti simboli cavallereschi e la lastra marmorea con l’epigrafe latina sono murati nella parete interna occidentale; i pezzi della statua funebre seicentesca, raffigurante il conte adagiato su una tavola di marmo, sono deposti nella sagrestia. Inoltre, sempre nella seconda metà del Novecento, le “rughe” componenti la parrocchia di S. Giacomo, come le altre del centro storico, a causa dell’emigrazione si svuotano degli abitanti. La stessa parrocchia è aggregata a quella della matrice che così assume il titolo di parrocchia di S. Nicola e S. Giacomo. Nonostante il degrado strutturale dell’edificio, S. Giacomo resta il maggior proprietario del patrimonio fondiario parrocchiale, frutto soprattutto dell’antica dotazione della Casa Campitelli. Infatti nel 1983, mentre alla “prebenda” della matrice di S. Nicola risultano intestate al catasto 337,56 tomolate, a quella di S. Maria 245,79, a quella della Madonna Monte del Carmelo 97,86, quella di S. Giacomo è ancora la prima con 46 fondi per un totale di 539,10 tomolate, superiori alle 426,50 dichiarate nel Catasto onciario del 1742, ma inferiori alle 602,4 stimate dai quattro testimoni melissesi nel 1804[xl].
Oggi (2016) la chiesa di S. Giacomo, il primo edificio religioso della comunità locale, è ormai da tanti anni chiusa al culto.
Appendice
A) Forma di presentazione del Cappellano di S. Giacomo.
Il seguente documento è stato da me reperito nell’Archivio di Stato di Napoli, precisamente nell’Archivio Pignatelli Ferrara. Nel fascicolo n. 1 del detto fondo si trova la pratica n. 48 formata da 55 fogli manoscritti e così intestata: “Ex libris D. Iohannis Dom.ci Sarraco Strongulensis Ecclesiae Thesaurarius”. Essa contiene le forme con cui il feudatario conferiva uffici ed incarichi melissesi di sua pertinenza, quasi tutti pubblicati recentemente su questo stesso sito da Andrea Pesavento e Pino Rende nell’articolo “Ufficiali e ‘huomini’ di Melissa del Cinquecento, attraverso alcuni atti conservati all’Archivio di Stato di Napoli”. La forma seguente, scritta in latino con molte abbreviazioni che ne rendono difficile la lettura, fu fatta redigere all’inizio del Seicento dal conte Annibale Campitelli, quando era papa Paolo V (1605-’21), entrambi citati nel documento, e riguarda il diritto del feudatario, derivante dal suo juspatronato sulla chiesa di S. Giacomo, di “presentarne” il cappellano, da lui beneficiato, al vescovo di Umbriatico. Questi dovrà poi procedere alla sua conferma. Nella forma l’espressione “T. de T.” (=Tal de Tali), spesso ripetuta, indica lo spazio dove inserire di volta in volta il nome della persona da indicare; i tre puntini sospensivi la data opportuna.
(F. 41r)
Comes Melissae habet Jus praesentandi beneficium Sancti Iacobi Terrae p.tae, cuius tenor talis est.
Die… In civitate Umbriatici sub Pont… Personaliter constitutus T. de T. procurator ut d.t Ill.mi D.ni Don Annibalis Campitelli Comitis Melissae necnon et R.dus T. de T. cappellanus praesentatus mediante pub.co instrumento per prae.ctum D. Comitem coram nobis not.rio et testibus infra.ptis, asseruerunt qualiter p.tus D.nus Comes, cum haberet Iuspatronatum sub vocabulo S.ti Iacobi in T.ra Melissae in dictum iuspatronatum infra leg.ma tempora p.ntavit et p.ntat coram ordinario e.po R.dum T.de T. propter vacationem, et mortem q.m Presbyteri T. de T. de d.a Terra cuius p.ntationis tenor per omnia talis est v.d. In. n.e D.ni N. J.Ch.sti Amen. Per hoc p.ns publicum instrum.tum cunctis pateat evidenter, et notum sit quod anno nativitatis ipsius D.ni N. .…Ind.ne… die vero… Pontificatus in Ch.sto P.ris et D.N.D. Pauli Div.a Prov.a Papae V. anno eius… In T.ra, vel Civ.te, locu… et m.ci notarii publici, testiumq. Infra.ptorum ad hoc vocatorum et rogatorum p.ntia p.ns et personaliter constitutus Ill.mus D.nus Don Annibal Campitellus Comes Melissae Umbriaticen. Dioc. p.nus q.ut d.t et iuspatronatus habens, et in pacifica, seu quasi possessione existens praesentandi cappellanum, et cappellanos in Parocchiale ecc.a S.ti Iacobi d.a T.ra Melissae toties quoties casus vacationis attigerit principalis principato per se ipsum, qui sponte coram nobis asseruit, dictam ecc.am S.ti Iacobi idoneo vacari cappellano, et beneficiato ppr obitum q.m R.i Presb.ri T. de T.
(F. 41v)
ultimi et immediati ipsius possessoris et beneficiati, et volens p.ttus Ill.mus D.nus Comes, et patronus ut sup.a indemnitate d.ae ecc.ae providere ad hoc, ut ne dicta parochialis ecc.a ob diuturnam vacationem aliquid detrimenti in suis divinis patiatur, sponte coram nobis p.ttus Ill.mus D.nus Comes ut sup.a p.ronus, non vi dolo vel metu coactus, sed sponte, et voluntarie et omnibus melioribus modo, via jure, causa, et forma, quibus melius potuit, et debuit, poter q. et debet infra leg.ma tempora a jure statuta in d.a parocchiale ecc.a in cappellanum, et beneficiatum ipsius praesentavit, nominavit, et elegit ac p.ntat et nominat R.dum T. de T. de T.ra T. absentem, tamq. p.ntem Sant.mo D.no N. Papae, seu R.mo D.no E.po Umb.ci vel eius in spiritualibus, et temporali bus Vic.o g.n.li, aut cuicumq. superiori ad id potestatem habenti instituendum, confirmandum cum honoribus, et oneri bus suis debitis, et consuetis in Cappellanum dictae Parocchialis Ecc.ae tanquam habilem, et idoneum ad regimen dictae parocchialis ecc.ae quam quidem p.ntationem et elett.nem dictae parocchialis ecc.ae promisit et convenit p.ttus D.nus p.ronus quo sup.a noe coram nobis per solemnem et leg.mam stipulationem habere, et tenere ratum gratum et firmum, eamq. non revocare, variare, retrattare accumulare sub poena detestabilis periurii in qua ipso facto incurrere voluit de et super quibus omnibus et eorum singulis sic pro actis. Idem D.nus p.ronus quo sup.a noe sibi à me not.rio p.tto infra.pta fieri, atq. Confici petiit publicum instrum.tum acta fuerunt haec ut sup.a et propre in domibus residentiae solitae… sub anno, die, mense Ind.ne et Pont. Quibus sup.a p.ntibus ibidem discretis viris T.de T.
Inserantur nomina testium ad praemissum vocatis
(F. 42r)
atq. Rogatis, et, ego T. de T. de t.ra T. publicus aplica, atq. Reg.a authoritatibus notarius qui praemissis omnibus, et eorum singulis una cum praenominatis testibus p.ns rogatus fui; Ideo hoc p.ns publicum instrumentum manu mea pp.a scriptum subscripsi, confeci, ac signo et noe meis solitis, et consuetis signavi in fidem veritatis rogatus, et requisitus. Propt.a hodie p.tto die coram nobis not.ro et testibus infra.ptis p.ttus procurator ut sup.a et dictus R.dus Presb.r Cappellanus p.ntatus in d.a Parochia, et jurepatronatus ut sup.a et quilibeteor. in solidum oi m.ti m… pntant dictum instrumentum p.ntationis sup.a nominatum, et descriptum R.mo D.no T. de T. E.po Umbriaticen. ord.rio Dioc. et t.rae p.ttae infra leg.ma temp.ra petendo, et requisendo eundem R.mum D.num epum p.ntem, et audientem q.stante p.ntatione dicti iurispatronatus velit eundem Presb.rum T. p.ntatum admittere ad dictam p.ntationem leg.me factam et instituere, et confirmare eundem presb.terum T. de T. p.ntem tanq. Idoneum et habilem ad dictum iuspatronatus et expedire bullas in forma magis valida, et consueta als protestatur de oibus licite protestandis et quod non currat terminus, exquo non defunti nec deest per p.ttum D.num Comitem T.rae Melissae nec per dictum Presbiterum D…… praesentatum in d.o iurepatronato ut s.a requirendo nos not.ro et testes, quod de p.cta prae.ntatione, requisitione, et p.testatione conficere deberemus publicum instrm.tum Unde
Quae p.ntatio mediante pub.co instrumento facta per dictum presb.terum T. de T. p.ntatum per dictum D.num Comitem fuit per eundem R.mum D.num E.pum si et in quantum admissa absq. preiud.o
(F. 42v)
jurium episcopalium, et cathe.lis Eccl.ae S.ti Donati, et S.ti Iacobi spectantium, et quomodo libet de Iure p. tendentium et fuit dictum p. dictum R.mum D.um E.pum quod habita diligenti inquisit.nem et infor.nem de idonietate, et qualitate dicti presb.ri T. p.ntati, ac de Iure ipsius D.ni Comitis super prae.tatione p.tta providebitur opportune, vel q. in ter.no non intelligatur currere, nec labi ter.nus d.o D.no Comiti neg.do Iure p.ntandi, ac ipsi p.ntato, donec, et quousq. et providi dictus D.nus E.pus requisivit nos… quod de p.ltis omnibus… conficere debeamus p. nte instr.m nos ante…Uunde…extracta est p.ns cop.a
p.ntibus signum
(Archivio Stato Napoli, Archivio Pignatelli Ferrara, f. 1, p. 48, 41r-42v).
B) “Stato delle anime” della Parrocchia di S. Giacomo
Elaborato dall’economo Francesco Mazzei negli ultimi mesi del 1741, il documento è allegato agli “Atti preliminari” del Catasto onciario di Melissa conservato nell’Archivio di stato di Napoli. Purtroppo (come si può notare dalla fotografia allegata) i fogli nel corso del tempo sono stati bucati, probabilmente dalle tarme, nella parte centrale per cui la loro lettura è monca. Laddove è stato possibile, le parti mancanti sono state ricostruite confrontando i dati dello “Stato delle anime” e le “Rivele” dei cittadini; pertanto i dati integrativi ricavati dalle “Rivele” sono stati segnalati tra parentesi tonde. Il confronto, che ha permesso di rendere meno lacunoso il testo, ha evidenziato i limiti di questo tipo di documento fiscale. Per esempio, è emerso che molte vedove della Parrocchia, dichiarate dal parroco, non hanno prodotto la “Rivela”; l’età dichiarata nello “Stato delle anime” molto spesso è discordante da quella delle “Rivele”, come talvolta accade anche per il numero ed il nome dei figli; alcuni “fuochi” di figli sposati, dichiarati indipendenti dal parroco, nelle “Rivele” sono raggruppati a quelli del padre per pagare meno tasse di “testatico”. Tuttavia si pubblica integralmente, conservandone la grafia originale, lo “Stato delle anime” quasi per “far rivivere in carne ed ossa” i parrocchiani di S. Giacomo di un lontano passato. Si tratta soprattutto di persone residenti nelle “rughe” adiacenti alla chiesa (Il Castello, La Porta i Garda, La Piana, La Manca, La Frischìa, I Bizzòli), ma anche di famiglie appartenenti territorialmente ad altre parrocchie.
(f. 69r)
I. M. I.
Status animarum Parocchialis Ecclesiae sub Titulo, et invocatione Sancti Iacobi Apostoli huius Terrae Melissae Provinciae Calabriae Citerioris, Diocesis Umbriaticensis, etiam praedictae Provinciae, factus, et exemplatus per me subscriptum aeconomum Curatum praefatae Ecclesiae Videlicet:
(Ianuarius) Ligori (bracciale) an. 38; (Anna Adamo) Uxor an. 26
……….. Vidua q.m Nicolai an. 48; ……….. an. 20; ……….. an. 16; ……….. an. 4
……….. an. 32; ………. an. 25; ………. an. 5; ………. n. 4; ………. filia an. 2
Ioannes Baptista Orlando (torriere alla Marina della Terra di Strongoli) an. 50; Isabella Novellisa Uxor an. 48; Isidorus eorum filius an. 26; Deodatus eorum filius an. 24; Fran:cus eorum filius an. 22, Theodora eorum filia an. 16
Ioseph Cannata (bracciale) an. 32; Isabella Cardilla Uxor an. 36; Antoninus Ferraro eius filius an. 20; Iacobus Ferraro an. 18
(f. 69v) Laura Ferraro Vidua q.m Fran.ci spanò an. 40; Thomas spanò eius filius an. 16; Leonardus eius filius an. 14; Antoninus eius filius an. 7; Sanctus eius filius an. 5; Catharina eius filius[?] an. 2
Ioffrida Manfreda (bracciale) an. 34; Teresia Caputo Uxor (an. 27); Natalis eorum filius (an. 9); Francisca eorum filia (an. 4); Lucas eorum filius (an. 2)
Victoria ……..; Andreas …………; Lucretia ………..
Vincentius (Branca an. 36); Virginea (Russana moglie an. 32); Donatus filius (scolaro an. 13); Dom:cus eorum (figlio an. 7); Benedictus eorum (figlio an. 3)
Anna Barbaro vidua q.m Luca ………. an. 50; Ioachim Calabrese eorum filius an. 24; Ioannes Antonius eius filius an. 16
Dom.cus Calabrese (bracciale) an. 30; Dom:ca Drago Uxor an. 20
Ioffrida Branca (bracciale) an. 23; Hyppolita Viola Uxor an. 21
(f. 70r) Dom:ca Satriano vidua q.m Antonini Guerra an. 50; Iacobus eius filius an. 25; Catharina eius filia muta an. 22; Laura eius filia etiam muta an. 20; Fran:cus eius filius an. 10; Victoria eius filia an. 7
Lucretia Ferraro vidua q.m Thomas spanò an. 70; ….. spanò eius filius an. 45; ………. 34; ……… an. 31; ……… an. 9; ……… an. 3
….…… an. 48; ….……. an. 40; …….….. an. 22; …….…. an. 8; …….….. an. 4
…………. an. 26; Dom……… Raymundo Uxor an. 17
Ianuarius Pettinato (bracciale) an. 26; Catharina Caputo Uxor an. 16
Thomas Filosa (forese) an. 65; Laura Bevacqua Uxor an. 52; Felix eorum filius an. 11
Ioannes Manfreda (forese) an. 25; Isabella Giorgio Uxor an. 24; Eleonora eorum filia an. 2
(f. 70v) Ioseph Manfreda (bracciale) an. 38; Angela Abbruzzise Uxor an. 30; Cajetanus filius an. 4
Ianuarius Manfreda (bracciale) an. 22; Marianna Vitale Uxor an. 20
Victoria Tavernisa an. 30; Martius filius an. 9, Lucretia eius filia an. 4; Dom:cus eius filius ……
Antonius Russo (massaro, an. 39); Hyppolita Quaraisima (moglie an. 42); Clericus Franciscus (figlio an. 20); Petrus (Paulo figlio applicato alla Massaria an. 14); Margarita (figlia in capillis an. 13); Dominica (figlia an. 10); Ianuarius (figlio scolaro an. 8); Bruno (figlio an. 4)
Fran:cus (Mazzei, bracciale, abitante a li bizoli, an. 54), Beatrix (Spina moglie) an. 49; Isabella filia an. 20; Laura Antonia eorum filia an. 16; Innocentia eorum filia an. 12; Victoria eorum filia an. 6
Natalis Russo [mestiere non dichiarato] an. 40; Isabella Greco Uxor an. 35; Iacobus eorum filius an. 15; Catharina eorum filia an. 12; Dom:ca filia an. 10; Victoria eorum filia an. 8; Anna eorum filia an. 7; Luca eorum filius an .5
(f. 71r) Eleonora Barbaro Vidua q.m Ambrosij Linao an. 48; Natalis eius filius an. 13; Lucia eius filia an. 15; Catharina eius filia an. 10; Ioseph eius filius an. 4
Ioachim Gatto (lavorante sartore) an. 46; Donatus eius filius an. 12; (Isabbella) eius filia an. 6
………… ex Rure S.Nicolai an. 50; ………… Uxor an…30; …………… an…9; …………… an…5; ……………. an.2
…………… an…30; …………… an…28; ………. an. 5
Giuseppe Russo (bracciale) an. 32; (Lucrezia Ferraro) an. 30; Dom:cus eorum filius an. 10; Nicolaus eorum filius an. 8; Paschalis eorum filius an. 2
Dom:cus Ferraro (forese) an. 39; Victoria Guerra Uxor an. 25; Fran:cus Antonius eorum filius Infans
Dom:cus Lamanna (di Pirillo, forese) an. 30; Dominica Lidonnici Uxor an. 27; Fran:cus Xaverius eorum filius an. 2
Dom:cus Viola a Cirò (abitante alla ruga della piazza, calzolaio) an. 58; Hyppolita di Fran:co uxor an. 53
(f. 71v) Rdus D. Salvator Viola a. 34
Nicolaus Viola (calzolaio e conciatore) an. 32; Francisca Filante Uxor an. 28; Dom:cus eorum filius (scolaro) an. 10; Bonaventura eorum filius (scolaro) an. 6, Dom:ca eorum filia an. 3;
Philippus Elena (abitante alla ruga della piazza, mastro sartore an. 45); Dom:ca Pudia Uxor (an. 44); Catharina eorum filia (an. 12); Teresia eorum filia (an. 9); Aloysius filius (an. 6); Ioseph (Antonio, an. 3); Lucretia (an…)
Vincentius (Rajmondo, massaro, an. 36), Lucia (Viola, moglie, an. 31); Victoria eorum (figlia, an. 4); Iacobus eorum (figlio an. 2)
Salvator (Tigano, abitante in un basso in fitto alla ruga della piazza, bracciale, an. 34); Rosa Murgia Uxor (an. 25)
Fabritius Vengia (abitante nella piazza, bracciale) an. 35; Victoria Pisano Uxor an. 26; Anna eorum filia an. 7; Rosalia eorum filia an. 4
Catharina Consoli Vidua q.m Hyacincti Vengia 56
Paulus Iardino (bracciale), an. 48; Lucia Lidonnici Uxor an. 44; Dom:ca eorum filia an. 20; Elisabect eorum filia an. 11; Catharina eorum filia an. 5; Ioseph eorum filius an. 14
(f. 72r) Antoninus Cappa (abitante a lo Critaccio, forese) an. 20; Laura Iardino Uxor an. 21
Simeon di Paula (bracciale) an. 30; Eleonora Leonetti Uxor an. 28; Lucretia eorum filia an. 10; Laura eorum filia an. 8; Teresia eorum filia an. 6; Dom:cus eorum filius an. 4; Catharina eorum filia Infans
…………… an. 34; ………….. Uxor an. 28; ………… an. 6; ………… an. 4
…………… an. 26; ………….. an. 25; ………… an. 4
…………… an. 50; …………. an. 34; ………….. an. 22; ……….. an. 13; ………… an. 16; Ioseph eorum filius an. 8; Lucretia eorum filia an. 9; Ioannes Dom:cus eorum filius an. 4
Horatius Ligori an. 65
Dom:cus Greco à Civitate Catanzari (abitante a il Portio, bracciale), an.45; Anastasia Ligori Uxor an. 32; Anna eorum filia an. 5; Teresia eorum filia an. 2
Anna Branca vidua q.m Antonij Rajmundo an. 46; Eleonora eius filia an. 14; Clarix eius filia an. 11; Fran:cus eius filius an. 7
Dom:cus Samà filius q.m Fran.ci (abita nella ruga detta lo Mondezzaro, bracciale) an. 23; Virginea Branca filia [sic] Fran.ci an. 21
(f. 72v) Hyacinthus Lidonnici (abitante alla fischia, massaro) an. 38; Catharina Sammarco Uxor an. 37; Ioseph filius an. 5; Franciscus eius filius an. 2
Andreas de Francisco (abitante alla fischia, massaro) an. 43; Anna Ligori Uxor an. 34; Dyonisius eorum filius an. 12; Felix eorum filius an. 8; Fran:cus Antonius eorum filius an. 7; Nicolaus eorum filius an. (3)
Nicolaus Carraro (bracciale, an. 27), Virginea di Fran:co Uxor (an. 14)
Marcus Branca (civile, an. 49); Victoria Ferro Uxor (an. 27); Fran:cus (Ant.o figlio an. 6)
Maria B ……………
Nicolaus …….; Salvator ……..; Caietanus ……..; Ignatius ……..; Dominic……..
Ioannes (Russo, frabicatore, an. 40);Dom:ca Greco Uxor (an. 35); Lucas eorum filius (scolaro) an. 14; Ianuarius eorum filius an. 12; Lucretia eorum filia an. 9; Franciscus eorum filius an. 5; Petrus eorum filius Infans
Dom:cus Lidonnici (bracciale) an. 42; Cornelia Ligori Uxor an. 36; Petrus eorum filius an. 14; Ioannes eorum filius gemellus an. 14; Lucretia eorum filia an. 10; Victoria eorum filia an. 8; Natalis eorum filius an. 4; Ioannes Baptista eorum filius, et gemellus an. 4; Franciscus eorum filius Infans
(f. 73r) MichaelAngelus Rigedi ex Rure Celici Consentiae an. 64; Teresia Curto Uxor an. 35; Felix eorum filius an. 6; Catharina eorum filia Infans
Hyeronimus Sammarco (bracciale) an. 84; Catharina Sessa Uxor an. 58; Hyacinthus eorum filius an. 6
Rdus D. Fran:cus Sammarco an. 33
(Tomaso) Gratiano(bracciale) ex Terra Verzini an. 56; (Francesca Spina) Uxor an. 46; (Angela figlia) an. 5
……….. Hyacinthi Azzaro an. 52; ………. an. 18; ……….. an. 14
……….. an. 48; ………. an. 19; ………. .an. 17; ………… an. 12
………… an. 28; ……….. an. 23; …………. an. 2
Antonius ……….. an. 42; …………. Victoria de Fran:co Uxor an. 22
Ambrosius Carraro (abitante a Monte fumiero, bracciale) an. 54; Hyppolita Leonetti Uxor an. 32; Ioseph fiulius [sic] an. 28; Ioannes Baptista filius an. 23; Antonius eorum filius an. 9; Dom;ca eorum filia an. 6; Faustina eorum filia an. 4; Margarita eorum filia an. 2
Natalis Samà (abitante a Monte fumiero, bracciale) an. 38; Anastasia Carraro Uxor an. 35; Sancta eorum filia an. 4
(f. 73v) Laura Adimari Vidua q.m Iacobi Parrotta an. 48; Thomas eius filius an. 17; Franciscus eius filius an. 15
Antonia Grillo virgo in capillis an. 20; Laura soror an. 16; Virginea soror an. 12; Antonius frater an. 10
Clara Virardi vidua q.m Laurentij Gratiano an. 20; Rosa eius filia …….
Gregorius Pettinato (barbiero, an. 38); Eleonora sammarco (moglie, an. 26); Nicolina eorum filia (an. 9); Dom:ca eorum filia (an. 7); Ioseph (antonius, figlio, an. 4); Nicolaus (figlio, an. 2)
Salvator (Mauro, soldato a cavallo del Battaglione, an. 31); Anna (Pettinato moglie, an. 24); Isabella eorum filia (an. 4); Iulius eorum (figlio an. 2)
Teresia ………..
Nicolaus Pettinato (bracciale, an. 43); Leonardus eius filius an. 19; Fran:cus eius filius an. 14; Ioannes eius filius an. 12
Christopharus Azzaro (abitante alla Porticella, bracciale) an. 30; Eleonora Minuri Uxor an. 28; Nicolaus eorum filius an. 3
Rdus D. Ioannes Christofaro Archipraesbyter an. 40
Nicolaus Christofaro (civile) an. 37; Maria Bisciglia Uxor an. 37; Antonius eorum filius an. 14; Victoria eorum filia an. 10; Ioseph eorum filius (scolaro) an. 5
(f. 74r) Dominica di Gratia Vidua q.m Ioannis Dom:ci Grillo an. 48; Sanctus Grillo eius filius an. 29; Ianuarius eius filius an. 24; Teresia eius filia an. 21; Lucretia eius filia an. 19
Elisabeth Mauro Vidua q.m Laurentij Pettinato an. 68;
Dom:cus Pettinato eius filius an. 30; Laura eius filia an. 20; ….. filius an. 16;
……… 43; …………. an. 37; ………… an. 13; ………… an. 8
………….. an. 42; ……….. an. 35; …………. an. 18; ……….. an. 10; ……….. an. 6
…………. an. 36; ………. Uxor an. 26
Io…………. an. 32; Dom.ca ………. Uxor an. 39; Ioannes Baptista eorum filius an. 7
Fabius Samà an. 21
Dominicus Benedicto (apprezzatore) an. 56; Ioannes Antonius eius filius an. 17
Oratius Benedicto (massaro) an. 26; Beatrix Quaraisima Uxor an. 20
Fran.cus Branca (abitante nel restretto di S.Maria, bracciale) an. 52; Diana Bevacqua Uxor an. 42; Cajetanus filius an. 16
(f. 74v) Ioannes Andreas orlando (bracciale) an. 43; Laura Antonia Madaro Uxor an. 40; Isabella eorum filia an. 14; Oratius eorum filius an. 10; Catharina eorum filia an. 4
Ioannes Augustinus Orlando (bracciale) an. 46
Teresia Tavernise an. 30
Ioseph Guerra (bracciale) (an. 36); Virginea Funaro Uxor (an. 28); Lucretia eorum filia (an. 4)
Rendus D. Ioannes (Sammarco, an. 50); Ioseph Sammarco (massaro, an. 31); Franciscus (bracciale, an. 32)
Hyppolita (Rossana, an. 48); Michael (Sammarco, calzolaio, an. 27); Nicolaus (massaro, an. 25); Petrus Paulus (bracciale, an. 24)
Octavius La………. Victoria ………..
Carolus Consoli (abitante al Mondizzaro, bracciale, an. 30); Anna Funaro Uxor (an. 28); Beatrix eorum filia an. 10; Laura eorum filia an. 7; Anastasia eorum filia an. 3
Victoria Tumeo Vidua q.m Andreas Bubba an.54; Nicolaus Bubba eius filius an. 25
Hyeronima Adimari Vidua q.m Michaelis dell’Aquila an. 48; Ianuarius eius filius an. 19
Antonius Viola a Cirò (bracciale) an. 50; Catharina de Francisco Uxor an. 49; Dom:ca eorum filia an. 11; Vicotira eorum filia an. 7
(f. 75r) Franciscus Viola (abitante alla Fischia, bracciale) an. 21; Catharina Candioti Uxor an. 17
Ioseph Azzaro (bracciale) an. 22; Anna Musca Uxor an. 26
Nicolaus Cappa (bracciale) an. 22; Catharina Lumbardo Uxor an. 28
Carolus Mascaro (delle Terra di Savella, abitante al Mondizzaro, forese) an. 35; (Rosa Pirillo di S.Giovanni in Fiore) Uxor an. 32; (Pietro figlio forese) an. 10; (Gennajo) filius an. 4
………… an.31; ……….. an. 26
…..…… an. 36, ……..…. an. 10; ………. an. 13; …
..……… an. 31; ………. an. 25
………. vergine in capillis an. 20
Franciscus Mazzei aecon Curatus Parochialis
(ASN, Catasto onciario n. 5755, ff.69r-75r)
C) Catasto onciario, Rivela della Parrocchia di S. Giacomo (1742)
(F. 350r)
Io Giacinto Curto Parocho della Chiesa Parocchiale sotto il titulo di S .Giacomo Apostolo, in questa Terra di Melissa esistente Diocesi di Umbriat.o in esecuzione degli ordini promorosi dati a Monsig. Nostro Illmo a tenore del Bando reale, rivelo, che la sud.a Chiesa possiede l’infrascritti Beni:
Possiede mogg.a 35 di T.rra campese dove dicesi Copria confine le t.rre di questa comitale Corte col pieno jusso q.le d’un anno per un altro circa d.ti 5:00
Mogg.a 3 di T.rra alborato di quercie dove si dice Danile confine con la chiusa di Marco Adamo, e Gennato Ligori q.le suol rendere d’un anno per altro circa 2:50
Un orticello d’un mezo moggio di T.rra incirca sotto li mura di questa stessa T.ra confine l’orto di S. Antonio, q.le suol rendere an. Incirca 0:30
Un pezzetto d’olive dove si dice S. Pietro confine q.lla di q.sta V. Cappella q.le dona la rendita un anno per l’altro, dedottane la spesa di coltura 0:30
Un altro pezzetto d’olive dove dicesi Parise confinante con q.lli del Mag.co Marco Branca, ed Antonio Russso q.le puonno rendere tra fertile ed infertile an 0:35
Un pezzetto d’olive nel medesimo luogo confinante q.lli di Dom.co Provenzano, e del Mag.co Nicolò Cristofaro che possono rendere an 1:80
Più possiede nel med.o luogo un pezzetto d’olive confine Angelo Arcuri q.li incirca ponno rendere an 0:40
Più possiede circa mog.a diecesette di T.ra campese nel Corso della Ponta, e proprio dove si dice il melà, confine le T.re della SS.ma Annunciata, e Camera Comitale, d.lle q.li che la sud.a Chiesa ne ha il iusso arandi, ne suol percepire annui incirca d.ti 5:00
Più d.a Chiesa altri venti mogg.a di Tra campese luogo d.o Le Carrere confine q.lli della Comital Camera col solo Iusso arandi che pero da un anno per l’altro ponno rendere annui 6:50
(F. 350v)
Più possiede moggia 170 incirca di T.ra culta, ed inculta dove si dice la Valla confine il Terretorio di Strongoli, ed il Cognale di Claudio col Iusso come sop.a che pero puonno rendere un anno per un anno d.ti 27:00
Mogg.a dieci incirca in Marcello confine le T.rre del Vbl Convento, e Natale Russo col jusso come sop.a q.le suol rendere un anno per l’altro 2:00
Altri Mog.a venti cinqui di T.ra campese dove si dice Valla di Casa col jusso come sop.a che pero d’un anno per l’altro dona la rendita 4:00
Più quaranta mog.a di T.ra campese in Archimanno, e proprio ove dicesi il Vuture confine le T.re di Giusep.e Casazzone, e Camera Comitale quale suole rendere un anno per l’altro 3:80
Più mogg.a di T.ra della md.a natura in Caratenuti confine q.lli si S. Maria e Camera Comitale che pero puo rendere an. Incirca 5:00
Mogg.a sei di T.ra Camera Chiusa alla Montagnella confine il Mag.co Marco Branca ed Antonio Russo q.le dona la rendita 1:80
Più possiede mog.a 90 di T.ra campese dove dicesi pietro pulito confine li Murani e la via via, che si và alla fiumara, e dona un’anno per l’altro d.ti 10:00
Più esigge da Più persone per raggione di cenzo enf. d.ti 10:74
Decima di Bracciali Annui d.ti 5:00
Decima di Massara d.ti 12:60
Pesi
Al Seminario paga annui 4:00
A Monsig.o Ill.mo per quarta decima di Bracciali 6:77
Mantenimento di Chiesa, ed Altare 20:00
Messa pro Populo 5:20
Festività di d.o Santo cera, ed altro 4:00
Io D. Giacinto Curto Paroco rivelo, come sop.
Discussa la p.nte rivela fù detto che sta bene rivelato
Melissa p.mo Giug. 1742
Alfonso Mazzaccari Dep.o
Antonio Russo depu.to
Gaetano Russo dep.
Dom.co Viola Depto
Marco Adamo Depu.to
Gaetano Inglese dep.to
+segno di croce di Nicolò Russo app.e
+segno di croce di Dom.co Benedetto app.e
+segno di croce di Carlo Iemma app.e
+segno di croce di Giulio Corrado app.e
Gio: Adimari C.re
(Archivio Stato Napoli, Catasto onciario n. 5755, f. 421r e v).
Note
[i] Per la storia del feudo melissese vedi Antonio Cosentino, Melissa medievale e moderna, Rossano, 2001; Ibidem, Melissa contemporanea, Rossano, 2003.
[ii] Lo “juspatronatus” era un diritto concesso ad una famiglia su un altare o, più raramente, su una chiesa (come nel caso di S. Giacomo). Tecnicamente era il diritto di “proteggere” nel senso di “mantenere” e veniva infatti concesso a chi si faceva carico di dotare l’altare o la chiesa, cioè donare soldi e beni immobili dai quali l’altare o la chiesa (e soprattutto chi li gestiva) traevano rendite. In genere lo “juspatronatus” era associato allo ”jus presentandi”, cioè il diritto da parte della famiglia di presentare il sacerdote o il chierico adatto ad essere “investito”, cioè a possedere il beneficio. Lo “jus presentandi” necessitava di approvazione del vescovo.
[iii] Il documento del 19 marzo 1513 così afferma: “Pro Iosepho de Paleaminuta, clerico Rossanen. Dioc., Archivii Ro. Cu. Scriptori ac Notario, nova provisio de ecclesia S. Iacobi, terrae Melissae, Umbriaticen. Dioc., de iurepatronatus domini temporalis, c.m. vac. Ut s. Rationi congruit. Reg. Lat. 1278, f. 72v-74” (F. Russo, Regesto vaticano per la Calabria, Roma 1974, v. 3, p. 254).
[iv] Archivio Stato Napoli, Archivio Pignatelli Ferrara (da ora in poi ASN, APF), b. 75bis, p. 97, f.2v; Ibidem, b. 72, p. 52, f.10r.
[v]F. Russo, cit, v. 4, pp. 131, 141 e 142.
[vi] ASN, APF, b. 77, p. 41, f. 3v e ASCZ, notaio Protentino, b.119, ff. 69r-71v (8-11-1637).
[vii] ASV, SCC, Relatio ad limina umbr., f. 144 (28/5/1630); F. Russo, cit., v. 6, pp.156, 165 e 205.
[viii] S.Gallo, Vecchio campanile, Cosenza 1989, p. 147.
[ix] F. Russo, cit., v. 6, pp. 309-310.
[x] F.Albo, Melissa un paese di gente povera, Napoli 1991, p.99. Su questa tradizione orale vedi G. F. Pugliese, Descrizione ed istorica narrazione di Cirò, Napoli 1849, v.II, pp. 266-268; A.Vaccaro, Fidelis Petilia, Palermo-Roma, 1933, pp.12-125; Idem, Nuova luce su la tragedia feudale di Melissa del 1633, Brutium, nn.7-8 (1945), pp.4-5. Vedi anche i tre romanzi: Murgi-Peverelli, Il duca pazzo, Milano 1954; G. Barberio, Il castello di Melissa, Soveria Mannelli 1989; C. Amoruso, Il conte di Melissa, Soveria Mannelli, 2000. Secondo A. Vaccaro la tragedia feudale sarebbe avvenuta a Melissa nel 1633, ma la vittima sarebbe stata non Francesco Campitelli, bensì il nipote Marcantonio Carafa. (A.Vaccaro, Nuova luce.., cit., p.5).
[xi] ASN, Relevi originali, v.362, p.8, f. 280.
[xii] ASN, APF, b.77, p.4, ff.2v e 5v.
[xiii] ASCZ, notaio Protentino, cit.
[xiv] ASV, SCC, Relatio ad limina umbr., (9/1/1724).
[xv]F. Russo, cit., v. 9, p. 190, v. 10 p. 132, v. 12 p. 148.
[xvi] ASN, Catasto onciario n.5755.
[xvii] Ibidem, ff. 30r-75r.
[xviii] Ibidem, f. 421r e v.
[xix] Ibidem, f. 357r e v.
[xx] ASN, APF, b. 1, p. 46, ff. 31r e v, 32r.
[xxi] G.F. Pugliese, cit, v. I, pp. 247-248.
[xxii] ASN, APF, b.51bis, p.116, f.1r.
[xxiii] ASN, Regia Camera Sommaria, Processi, v. 140, inc. 4, f .2v.
[xxiv] Ibidem, f. 3r.
[xxv] ASN, Dep. Real giurisdizione, v. 1967, inc. 234.439 e ASN, Regia Camera Sommaria, Processi, cit., ff. 1-36v.
[xxvi] Ministero di Grazia e Giustizia, Commissariato regionale usi civici di Catanzaro, b. 72/a, v. 8, f. 76v.
[xxvii]ASN, Ministero Interno, Stati discussi comunali, n. 521, ff. 301r e 302v.
[xxviii] ASCZ, Ufficio registro Cirò, b. 207, 1-5-1823 e 5-6-1823.
[xxix] ASN, Dep. Real Giurisdizione, v. 1953, inc. 233.737.
[xxx] ASN, APF, b. 75bis, p. 97, ff. 2-5v e Ibidem, b. 72, p. 52, ff. 10-12.
[xxxi] Nel 1822 la Casa Pignatelli ha due cappelle con rendita nel territorio di Melissa: quella di S. Pietro nel castello, prima beneficiata da D. Gennaro Palazzo ed poi da D. Domenico Milito di Strongoli, con una rendita di 90 ducati: quella della Madonna dell’Arco in S. Giacomo, prima beneficiata da D Fabrizio Cristofaro ed poi da D. Vincenzo Sammarco, con una rendita di 80 ducati. Secondo l’amministratore dei Pignatelli, i due sacerdoti “si chiamano Beneficiati ma il nome che loro compete è quello di Cappellani, perché sono in possesso non con altro titolo che un semplice rescritto del Principe di Strongoli senza minimo intervento di autorità ecclesiastica ed amovibili ad ogni cenno” (ASN, APF, b.1, p.30, f. 1r).
[xxxii] Archivio diocesano di Cariati, Atti di visita, 1820.
[xxxiii] Ibidem, 1826, 1829, e 1833. Archivio comunale Melissa, Atti di morte, 1834.
[xxxiv] Ibidem, 1836.
[xxxv] ASN, APF, b. 75bis, p. 98, ff. 49r e sgg.
[xxxvi] ASN, Ministero Affari ecclesiastici, v. 2431 I, inc. 80.
[xxxvii] Oltre ai terreni contesi “vengono esclusi dalla presente vendita il jus patronato, che esso Signor Principe rappresenta su i beni di San Giacomo, e dell’altro posseduto dall’Arciprete Melito nel Comune di Melissa. Tali diritti, ed i fondi che vi sono annessi, i quali pel beneficio di San Giacomo sono intestati nel Catasto provvisorio alla Parrocchia di San Giacomo, e per quelli di Melito in testa di esso Signor Principe … rimarranno pienamente presso il detto Signor Principe di Strongoli in tutta la sua integrità, non solo per quanto possa riguardare la nomina a medesimi; ma benanche per la dichiarazione della natura de’ Benefici sudetti”. ASN, APF, f. 75, inc. 83, f. 24r.
[xxxviii] ASN, APF, b. 72, p. 52, ff.1-12.
[xxxix] “Melissa, sono al restauro i ‘leoni’ di pietra” di P. Barletta, in “Il Crotonese”, n. 73, 1998, p.11.
[xl] Arcidiocesi di S. Severina e diocesi di Crotone, Catasto terreni, Comune di Melissa, dattiloscritto (s.d., ma 1983).
Creato il 28 Febbraio 2016. Ultima modifica: 3 Giugno 2023.
Bella chiesa e belle scritture….mi ci sono sposato qualche anno fá…un posto incantevole! Grazie !
Grazie a Lei per l’attenzione.