Il ripristino dell’abbazia di Santa Maria di Altilia (1570–1580)

Altilia di Santa Severina (KR), altare della chiesa di Santa Maria.

Dopo il Concilio di Trento (1545–1563) vi fu un tentativo di ripristinare i monasteri cisterciensi, tra i quali quello di Santa Maria di Altilia. In poco più di un decennio tre papi, Pio IV nel 1563, Pio V nel 1569 e Gregorio XIII nel 1574, emanarono delle disposizioni, obbligando gli abbati commendatari a riedificare i monasteri assegnando la terza parte delle rendite ai monaci, in modo da ripopolarli rintroducendovi il culto.

L’abbazia di Santa Maria di Altilia

Paolo III il 7 maggio 1544 approvava la cessione della commenda del monastero di Santa Maria de Altilia detto anche di Calabro Maria “ordinis sancti Benedicti”, fatta nei giorni precedenti dal cardinale Rodolfo de Carpo, in favore di Mario Barracco di Cosenza. Il cardinale cedeva la commenda ma si riservava una pensione annua di sessantasei fiorini d’oro sulle sue rendite.[i]

Al tempo dell’arcivescovo di Santa Severina Gio. Battista Ursino (1554-1566) Mario Barracco è ancora abate commendatario; egli paga le decime per la Santa Sede: “R.to. Dal Rev. Mario Varracca abate di S.ta maria de Calabrò de S.ta Sev.na per X.ma D. 15 – 2 – 0.” Il monastero non è completamente abbandonato, in esso è segnalata la presenza di un frate. Infatti, nel sinodo celebrato nella cattedrale di Santa Anastasia il 14 maggio 1564 in presenza dell’arcivescovo, secondo l’usanza fu chiamato l’abbate di Santa Maria di Altilia, per assolvere il censo di due salme di grano, che l’abbazia doveva alla mensa arcivescovile. L’abbate non comparve ma si presentò per lui il venerabile frate Augustinus, il quale tuttavia non fu ammesso e quindi l’abbate fu condannato alla terza parte delle rendite dell’abbazia. Poi il vicario generale D. Nicola Gerardino gli fece grazia.[ii]

Nel 1565 il commendatario dell’abbazia di Altilia, il cosentino Mario Barracco, ed il barone di Lattarico Alfonso Barracco, sospettati di eresia, sono inquisiti dalla Santa Inquisizione. Il tribunale decise che il primo abiuri e sia sospeso per un triennio, mentre il secondo abiuri e si dimetta, ma sia anche multato “quia suos operarios fecit diebus festivis in agris operam dare”.[iii]

Poco dopo per morte dell’arcivescovo Ursino subentrava sul soglio di Santa Severina, il 6 marzo 1566, Giulio Antonio Santoro. L’anno dopo Mario ed Alfonso Barracco sono condannati per definitiva sentenza emessa da due cardinali della Santa Inquisizione. Essi devono abiurare e per un triennio l’abate è sospeso dal comando e dall’amministrazione dell’abbazia: “Sententiae et abiurationes Dominor. Marii et Alfonsi Barracchis in anno 1567”, in “Sententiae et abiurationes ac instructiones in crimine heresis”.[iv]

Il 9 maggio 1567 un Breve di Pio V concedeva in amministrazione per un triennio l’abbazia all’arcivescovo di Santa Severina Giulio Antonio Santoro, assegnando tuttavia al Barracco una congrua parte delle rendite “pro eiusdem substentatione”. Poco dopo l’arcivescovo, in qualità di nuovo abate commendatario, procede subito, tramite il suo vicario generale, a prenderne possesso.[v] Di solito le entrate, i diritti e le rendite dell’abbazia erano date in fitto per tre anni[vi] e fu incaricato ad amministrare il vicario generale dell’arcivescovo, l’arcidiacono di Santa Severina Giovanni Francesco Modio, il quale aveva il compito di assegnare una certa parte delle entrate al commendatario, all’inquisizione ed ai poveri, mentre il rimanente doveva utilizzarlo sia per il sostentamento ed il vestiario dei monaci, sia per riparare gli edifici.

Molto probabilmente risale a questi anni, nei quali l’abbazia era in commenda all’arcivescovo di Santa Severina, un tentativo di falsificazione con il quale si cercava di dimostrare che il papa Urbano VI (1378-1389), nel suo settimo anno di pontificato, aveva concesso l’abbazia agli arcivescovi di Santa Severina: “Bulla S.tissimi Urbani sexti per quam sup.ta Abbatia Sanctae Mariae de Calabro commendatur R.mo Archiepiscopo S.tae Severinae”.[vii]

Sigillo di Santa Maria di Altilia.

La relazione del 1569

Da una relazione sullo stato dell’ordine dei monasteri cisterciensi, che erano situati nello stato della Chiesa e nei regni di Napoli e di Sicilia, visitati nel 1569 dai frati Nicola Boucherat, procuratore generale dell’ordine, e dal vicario Dionisio de Laceronis, si evidenzia che, dopo due anni di amministrazione, il Modio non aveva proceduto ad alcun intervento: il chiostro era distrutto, il dormitorio ed il capitolo rovinavano, mentre la chiesa era scoperchiata in più parti. Inoltre, i due visitatori facevano presente che le rendite dichiarate erano quasi la metà di quelle effettive; la qual cosa si sarebbe poi rilevata di grave danno per i monaci, ai quali doveva essere assegnata la terza parte.

“Quintum decimum monasterium est sancta maria de Altilia cuius redditus fuerunt sequestrati et commendati honorando Vicario R.mi Archiep.i Sanctae Severinae ea conditione quod certam partem daret Commendatario certam partem rinquisitioni et certam partem pauperibus et quod restaret esset pro monachis nutriendis et vestiendis et pro aedificiis reparandis. Sunt duo anni aut circa quod dictus vicarius h.modi fructus nihilominus nihil applicavit reparationibus quamvis claustra sint destructa, dormitorium et capitulum corruerint et ecclesia in plerisq. locis sit discoperta non est custodia pro sacrosancto sacramento. In eo est tantum unus monachus verum quidem est quod sunt aliqui sacerdotes seculares a quibus una tantum missa singulis diebus celebratur. Interrogati quare non celebrant divinum officium responderunt se non obligari nisi ad celebrandam missam. Annui redditus sunt affituati ad octingentos ducatos sed dictum est visitatoribus quod valent plus quam mille ducentos.”[viii]

San Giovanni in Laterano, monumento funebre del cardinale Giulio Antonio Santoro, detto il cardinale di Santa Severina, opera di Giuliano Finelli del 1634 (da Wikipedia).

Primi Interventi

Evidentemente sotto la spinta della relazione, il Modio fu sollecitato a procedere ad impiegare del denaro per ripristinare gli edifici. Nel luglio dell’anno dopo (1570) l’arcidiacono, in quanto procuratore dell’arcivescovo Giulio Antonio Santoro, abbate di Santa Maria di Altilia, stipulò un contratto con il mastro Joanne de Natale per la costruzione della sacrestia. Il prezzo convenuto, comprensivo delle spese per il materiale da costruzione e del salario dei manipoli, fu di ducati 45, da consegnarsi in due rate, una all’inizio ed una entro la fine dell’opera.

“… esso sig. arcidiacono volesse ponerci sop.a dicta lamia et astraco li ciaramili che dandoli li ciaramili debbia donarcili et conbogliar la dicta lamia ispese di m.s joanne tanto di ligname quanto d’ognaltra fatica. Item è convenuto che esso m.s joanne debbia fare una o’ doi finestre in dicta sacristia ad arbitrum di esso sig. Abbate et in sua absentia di esso S.r Arcidiacono et che esso S.r Arcidiacono et sig. Abbate non sia tenuto paghare altro che dicti d.ti vinti cinq. ut s.a a compim.to deli d.ti 45 che son convenuti tanto per le cose p.te secondo son convenuti q.to per lo magisterio di dicta opra verum esso m.o joanne vole essere tenuto ad ogni danno spese et interesse quando tanto dicta fabrica come la lamia facesse qualche motivo periculoso, et de piu è convenuto tra esse parti che si ben di sopra è dicto che lo sig. Arcidiacono non sia tenuto a darli piu denari che d.ti 25 allo fine de dicta fabrica non di meno se contentano che lo sig. Arcidiacono habia de corrispondere al detto m.s joanne de dinari fabricando conrespondendo, finche fenita la fabrica siano feniti li d.ti vinticinq. Ut s.a venghi a compimento deli d.ti quarantacinq. Accio possa pagare piu comodam.te li manipoli che faticheranno. Presenti il no. Benigno rucciolillo de policastro regio giudice, m.co vinc.o de nola U.J.D., m.co lucant.o de modio, m.co gulielmo infosino, R. donno fran.co caruso, donno martino fattiza, no. Ant. no dele pira, marcant.o mare.”[ix]

Ancora oggi è visibile una iscrizione a ricordo dei lavori compiuti dall’arcidiacono su una campana della chiesa: “+ VICARII GENERALIS, SANCTE MARIA AR ALTILIA FRANCISCI MODII ARCHIDIACONI EIUSSR M. S.A.D. + IULIUS ANTONIUS SANTORIUS ARCHIEPISCOPUS SANCTE SEVERINE.”[x]

Arme dell’arcivescovo Giulio Antonio Santoro, detto “il Cardinale di Santa Severina”, 1566-1573 (Ughelli F., Italia Sacra, VIII, 486).

L’assegnazione dei beni

L’anno seguente l’abbazia di Altilia ritorna in potere del commendatario Mario Barracco, mentre il cardinale di Santa Severina, Giulio Antonio Santoro, lascia la commenda di Santa Maria di Altilia, ed il 24 gennaio 1571 (“nona calenda februarii”), ottiene dal papa Pio V quella dell’abbazia di S. Giovanni in Fiore.

Il 19 febbraio 1571 il reverendo Giovanni Antonio Grignetta U.J.D. di Napoli, procuratore dell’arcivescovo Giulio Antonio Santoro, perpetuo amministratore e commendatario dell’abbazia di S. Giovanni in Fiore, prende possesso dell’abbazia di S. Giovanni in Fiore (sono presenti i frati dell’abbazia: il priore Matteo Ursetta, Benedicto Valente, Augustino Perito e Marco de Policastrello), e tre giorni dopo anche della chiesa di S. Giacomo delo Virdò in territorio di Caccuri, e della chiesa di Santa Maria de Terrata in territorio di Rocca di Neto.[xi]

Il 2 giugno 1571 il Grignetta a nome dell’arcivescovo, assegna al frate Justo Gaspare Bonivannelli “florentino”, visitatore dell’ordine cisterciense e procuratore del cardinale di Claravalle generale dello stesso ordine (“Frater Hieronymus Sanctae Romanae ecclesiae tituli Sancti Matthei presbyter Cardinalis de Claravalle nuncupatus Cister. Abbas et Sanctae theologiae professor”), “pro victu vestitu et aliis rebus necessariis dictis fra.bus assistentibus ser.o dictae ecc.ae et abbatiae s.ti Jo.is de flore”, beni che danno rendite per ducati 220 annui, rispettando così la convenzione fatta in precedenza tra il cardinale di Claravalle e Bernardino Rota, procuratore dell’abbate commendatario di S. Giovanni in Fiore Ferdinando Rota. Le rendite sono così ripartite: ducati 60 sulle entrate di Santo Martino de Canale, altri 60 sulla salina di Neto, ed i rimanenti 100 su alcuni terreni della grancia di Santo Jacobo delo Virdo.[xii]

Anche il commendatario Mario Barracco, ritornato in possesso delle rendite dell’abbazia di Santa Maria di Altilia, per ubbidire alle disposizioni papali, inizia ad assegnare al monastero alcuni beni. Dopo una prima assegnazione avvenuta il 17 maggio (“Istrum(en)to scritto in carta comune relativam(en)te all’assegnaz(io)ne di alcuni corpi alla mensa monacale, o sia conventuale, de 17 maggio dell’anno 1571”), ne segue dopo pochi giorni un’altra.

Il 5 giugno 1571, con atto notarile rogato per mano dell’apostolico notaio Nicola Gullo, il R.do D. Mario Barracco mediante il suo procuratore, in quanto abbate di Santa Maria di Altilia, per ubbidire al decreto del papa e del “cardinale di Claravalle”, superiore dell’ordine cisterciense, assegnò la terza parte dei frutti di detta abbazia per vitto e sostentamento ed altre necessità della mensa conventuale dei monaci, allora da scegliersi per detto cardinale e permanenti nell’abbazia per servizio e culto divino.

Le entrate dell’abbazia furono stimate per 780 ducati, perciò alla mensa conventuale furono assegnati beni per una rendita annua di ducati 260. In questi erano inclusi gli annui ducati 50 e tari 2 di difficile riscossione, che dovevano consegnare i doganieri, o i credenzieri, della regia salina di Neto.[xiii]

Altilia di Santa Severina (KR), ingresso della chiesa di Santa Maria.

La consegna di alcuni oggetti sacri

Segue la restituzione di alcuni oggetti sacri appartenenti al monastero, detenuti dall’arcivescovo di Santa Severina. Il 28 marzo 1572 in Santa Severina, il Reverendo D. Joanne Antonio Grignetta U.J.D., procuratore dell’Ill.mo e R.mo D. no Julio Antonio Sanctoro, detto il cardinale di Santa Severina, come si evidenzia da un pubblico istromento in carta membrana rogato in Roma dall’egregio notaio Cesare Galeocto il giorno 30 gennaio 1571, consegna alcuni oggetti sacri al frate Hieronimo Cappella “hispano”, priore dell’abbazia di Santa Maria di Altilia, situata in diocesi di Santa Severina, ed al frate Macteo Ursetto, procuratore di detta abbazia, in presenza del magnifico Blanditio delo Patrono, procuratore del Rev. D. Mario Barraccha, abbate seu commendatario di detta abbazia, come da istromento rogato in Cosenza per mano del notaio Jo. Laurentio Greco in data 20 marzo 1572.

Sono presenti alla consegna l’arcidiacono Jo. Francesco Modio, Donno Battista Tramonte, D. Nicolo Gulli, D. Salvatore Fucuso, donno Jo. Bernardino Infosino, D. Jo. Antonio Caruso, il magnifico Jo. Martino Veza, il magnifico Jo. Bartolo Liveri ed il regio giudice Jo. Carlo li Piro.

I beni consegnati furono: “Im p.s uno piviale di damasco bianco con la frangia intorno di raso carmosino con passamani di seta carmosina et oro inferrata di tela bianca.

Item una capitella sive scudo di detto piviale di raso carmosino con la frangia intorno dela medesima seta et oro et una madona in mezo inforata di tela russa.

Item uno avante altare di damasco bianco con una croce di carm.o in mezo sopra li monti con lo passamano di oro dale bande ed ad alto con laste grande di raso carm.o con frangia grande di seta car.na et oro inforrato di tela bianca quale e longo di palmi undici.

Item una cassupra seu pianeta di damasco bianco con la cruce di raso car. no dentro et denanse la lista circondata tutta di passa mani di seta et oro inferrata di tela bianca. Uno cestirino di damasco bianco di palmi dece et mezo lungo con li medesimi passamani et frangitelle intorno et alli pedi le frangie grande del medesimo inforrata di tela bianca.

Item una mitria di armosino bianco con lo passamano del medesimo con le sue pendenti del medesimo adornati del medesimo passamani con le frangie di seta car. no et oro abascio.

Item doi tonicelle di damasco bianco con li fenibria dinanse e dietro di raso car. no et alle maniche una lista grande di raso carmosino con lo passamano di seta et oro per tutto et liste alto et bascio et intorno per tutto del medesimo passamano largo inferrato di tela bianca.

Item uno fiocco grande per lo piviale et quattro per li tonicelle et sono di seta c ar.na torta et oro et li lacci di seta car.na.

Item tre cammisi grandi di tela sottile con le fribie in naschunduno di raso intorniato tutte di passamani di seta et oro.

Item tre amicti di tela bianca sottile con lo capo amicto di raso car.no circondate di passamano di seta et oro con la cruce del medesimo con le loro zagharelle per tutte tre.

Item tre cing.li di filo bianco sottile con li fiocchi del medesimo di filo.

Item tre stole di damasco bianco con le passa mano abascio di seta car.na et oro con la cruce del medesimo passamano tanto a bascio come nel mezo inforrate di tela bianca.

Item tre manipoli del medesimo damasco del medesimo mo. Doi facce di coscini del medesimo damasco con le passamano di seta car.na et oro con quattro pumi per ogni coscino di seta et oro et con la frangia del medesimo et sono inforrate tutti doi di tela verde.

Tali beni che erano stati dati in amministrazione al cardinale di Santa Severina, il quale era stato economo di detta abbazia, furono consegnati e presi in consegna dal priore.”[xiv]

Altilia di Santa Severina (KR), ingresso della chiesa di Santa Maria.

Da Barracco a Barracco

I due Barracco sono già presenti in un atto del notaio Gio. Lorenzo Greco del 28 maggio 1572, riguardante la vendita di alcuni mulini sul fiume Neto. In quel giorno Mario Barracca di Cosenza abbate dell’abbazia di S. Maria di Altilia, ed il nob. Blanditio de Petrono de Aprigliano, procuratore di Tiberio Barracca, figlio di Alfonso e di Lucrezia Lucifero, e feudatario di Lattarico, vendono senza licenza dell’arcivescovo per ducati 200 ad Antonino Longo di Taverna, abitante in Santa Severina, quattro mulini per macinare, esistenti in una casa con un certo prato e giardino, con acquedotto contiguo sulla riva del fiume Neto in località Ardavuri. I mulini sono gravati solo da un censo annuo di tre tomoli di frumento, che devono essere consegnati all’abbazia, e di tomoli due e mezzo all’arcivescovo di Santa Severina. Mario Barracco è ancora abate nel giugno del 1573.[xv]

È dell’anno dopo una sentenza a favore del monastero riguardante la difesa di San Duca: “Sentenza scritta in carta pergamena della Regia Corte di Cosenza per la spettanza della difesa S. Duca, proferita a 23 dicembre 1574 e riassunta in forma publica a 26 giugno 1581.” Passata l’abbazia in commenda a Tiberio Barracco, va avanti la lite con gli arrendatori della salina di Neto, per la riscossione dei ducati 50 e tari 2 annui, che essi devono consegnare al monastero. Così in una provisione della Regia Camera della Sommaria, diretta all’arrendatore della regia salina di Neto, si legge: “Mag.co Vir. Tra l’altre partite conseg.te a pagare sopra questa R.ia Salina de netho sono annui d.ti cinq(uan)ta et tari doi che la ven. abbatia di s.ta maria di altilia dela pr.a di Cal.a Ultra tene per gra. e concessione antiqua sopra detta R.ia salina le quali per lettere di questa R.ia Cam.ra exp.te a 18 di Iugno 1576 … fo ex.to pagarsi al R. cl. Tiberio Barracco sua vita durante per lo reger et gover.re del monast.o di detta abbatia.”[xvi] Se per un verso c’è da parte del nuovo abate il tentativo di riprendersi alcune rendite, dall’altro egli procede a concedere alcuni beni dell’abazia, dietro il pagamento di un censo enfiteutico.

L’otto agosto 1577 in Santa Severina, il R.do Joanne Vincenzo Padula, cantore di Santa Severina e procuratore del R.do D. no Tiberio Barracca, abbate di S. Maria di Altilia, come da istrumento notarile rogato il 16 novembre 1575, nella chiesa di Santa Maria di Altilia, afferma che, per devoluzione per censo non pagato, la detta chiesa, o abbazia, possiede un casaleno dentro la città di Santa Severina in parrocchia di S. Nicola. Egli concede il casaleno al diacono Jo. Vincentio Novellisio, per il pagamento di un censo perpetuo di annui grana dieci da pagarsi ogni agosto all’abate.[xvii] Segue la concessione di un “boschetto” appartenente al monastero, dal quale, secondo l’abbate, niente si percepisce, a Io. Iacobo de Florio per l’annuo canone di ducati due.[xviii]

Si deve a Tiberio Barracco, abate commendatario dell’abbazia di Santa Maria di Altilia (1575-1604), la fondazione ed il popolamento del casale, entro i confini del territorio e presso l’abbazia. La nascita del nuovo villaggio avvenne nei primi anni di commenda, con Greci, Albanesi e Schiavoni. Di questo ne siamo certi, in quanto “S. Maria d’Altilia suo casale”, compare tra i luoghi della diocesi di Santa Severina, in una lettera inviata dalla curia arcivescovile di Santa Severina, l’ultimo giorno d’Aprile del 1578, per avvisare del prossimo inizio della fiera di Santa Anastasia.

Arme della famiglia Barracco.

La dotazione del monastero

Con Tiberio Barracco avviene il ripristino economico della mensa conventuale. Nel 1577 si ha la reintroduzione dei monaci, il cui numero è fissato dal Barracco in 4 sacerdoti ed un converso. Sempre in quell’anno furono consegnati ai monaci: il monastero, la chiesa ed i pochi ornamenti che ancora vi erano, mentre furono dati alcuni beni per loro “vitto, vestito et sustentatione”. Si stabilì, inoltre, che le spese di riparazione della chiesa e della sacrestia sarebbero state sempre a carico dell’abbate commendatario. I beni che Tiberio Barracco assegnò al monastero in quell’anno, sono così descritti in una relazione successiva:

“Sopra la regia Salina di Neto dalli Credentieri della d.a Reg.a Salina per concessione antichissima delli sop.a detti antichissimi Re annui docati cinquanta, tari due di moneta del Regno di Napoli li q.li sempre si vanno dilatando dalli pre.tti regii Ministri, et non si pagano intieram.te, et quel poco, che si riceve con molte spese e travagli, di modo che li pre.tti docati 50 – 2 – 0 per sei anni intieramente sommano docati 302 – 1 – e solamente si ne sono ricevuti per tutti li medemi sei anni docati 143 – 3 – et havendosi anco riguardo all’altri anni precedenti computati dalli fallimenti delli Regi Arrendatori, et la retinenza delli Regi ministri a non pagare si fa conto, che lun’anno per l’altro se ne possa ricevere dal sud.o assignamento per docati cinquanta, due tari annui doc. 35

Item la Gabella d’Ardavuri, ch’è membro di terreni per pascoli, et per sementare assignato dal pre.tto Comendatario per annui docati 28 raguagliandosi alli sei anni l’uno per l’altro doc. 40

Item una continenza di terreni che confinano con il Giardino di Monaci e con listessa Gabella d’Ardavuri, che si nominano Le Serre, la Canetia et con altri nomi assignati per il pre.tto comendatario per annui docati cinquanta rauguagliandosi alli med.i anni sei inclusovi anco li censi delle vigne piantate in d.i terreni, et donati a particolari con assenso apostolico l’un’anno per l’altro doc. 49

Item dalla Gabella d’Alimati che sono terreni per pascoli et per sementare assignati da esso Comendatario per docati dicennove rauguagliandosi alli pre.tti sei anni l’uno per l’altro duc.40

Item dall’Auliveto contiguo al pre.tto Casale assignato come di sop.a annui docati otto et il d.o oliveto è stato concesso per utile e commodo delli Vassalli e Cittadini del pre.tto Casale d’Altilia sono doc. 8

Item le fu concesso il portello, cioè un luogo dove si rimettono gli animali che dannificano li territorii dell’Abbadia senza espressione di lucro per esser poco emolumento rauguagliandosi alli pre.tti anni sei l’un per l’altro doc. 2

Item le fu concesso la Carnata la quale è, che per ogni morra di animali piccoli spetta al Monast.o un animale di essa morra, et perche è cosa di pochissimo emolum.to, e quando succede il caso suole mangiarse pero non si tira ad introito di denari.

Item le fu concesso un giardino e vigna chiamato S.to Ang.lo per sustentatione di essi monaci, et per che il vino non si vende, ma si racchiude per il vitto della fameglia perciò non se tira ad introito.

Dal Giardino contiguo alla pre.tta vigna, che sono terreni vacui per pascoli et per sementare, rauguagliandosi alli pre.tti sei anni l’uno per l’altro sono doc. 5

Item le fu concesso il giardino contiguo al pre.tto Monast.o per uso di detti Religiosi, et fameglia, dal quale non si riceve altro utile che le fogliami nell’Inverno per uso della d.a fameglia contigui al pre.tto Giardino vi sono certi terreni li quali si soglono sementarsi dalli pre.tti Monaci per commodo d’essi, e quando vacano l’herbagio si pascola dall’animali del pre.tto Monasterio.”[xix]

Sempre in quell’anno, il 5 novembre 1577, Tiberio Barracco affermò in presenza del Reverendo D. patre Justo Gaspare de Bonivannelli, florentino dell’ordine cisterciense, che nei ducati 260, che costituivano la terza parte dei frutti dell’abbazia ed erano stati destinati per vitto e sostentamento ed altre necessità della mensa conventuale, vi erano inclusi anche i ducati 50 e tari 2 che dovevano versare annualmente gli arrendatori della salina di Neto.

Sigillo dell’università di Santa Maria di Altilia.

Inventario della chiesa e del monastero

Due anni dopo è compilato un inventario di tutti gli oggetti presenti nel monastero e consegnati al priore ed ai monaci. Dall’inventario compilato nel novembre 1579, era priore Benedetto Valente, si rileva che la chiesa aveva il campanile con una campana, e vi era all’altare maggiore una Madonna con un tabernacolo. La chiesa era fornita di avanti altare, altaretto, quattro candelieri, due di ottone e due di legno, un incensiere d’ottone, un campanello, dei quadretti (con le figure della Madonna, di S. Francesco e di S. Antonio), due calici d’argento, alcune pianete, dei corporali, delle tuniche, una mitra dorata, delle tovaglie, ecc. Davanti all’altare maggiore vi era un sepolcro ed a sinistra una porta.

“Inventario delle robbe del ven.le Monasterio di Santa Maria de Altilia delor.ne cisterniensis consig.te al R. P.re Don beneditto valente priore del detto monasterio

Adi 12 denovembre 1579

In p.s All’ecclesia all’altare magiore una madonna con uno tabernaculo che sta detta figura.

Uno avante altare de pelli usato unaltro avante altare de raso bianco con l’arme de casa moyo uno altaretto con tre tovaglie de altare quattro coscini dui de seta verde usati unaltro de tila bianca unaltro de banbace listiato vecchi dui candileri piccoli d’attoni dui altri de ligno de diversi colori intorno lo tabernaculo della madonna uno chiviale de raso vecchio et una tiletta di sopra di sita de diversi colori uno campanello uno incenserio de attoni uno paro de inpolletti de vino una carta de gloria uno scabello sotta li piedi avante altare unaltro scabello d’orare uno lamparo sop. Indorato due banchette de sedere per dire l’uffitio.

Ad laltro altare uno quatretto cola figura dela madonna una quantita de travi di numero tre tavole sopra la sepultura innanti l’altare magiore. Alla sacristia una porta senza fermatura, una banca con uno quatretto indorato con la figura de sanfran.co et S.to Antonio unaltro quattro vecchio de tila et una cascia dui calici de argento con li pateni tre purificaturi uno bianco uno lavorato di sita verde unaltro di sita russa con la croce inmenzo de diversi colori. Dui para de corporali una bossida per conservar li hostii con forficetti dui vestimenti forniti dui altri cammisi una pianeta di tela bianca una pianeta di damasco bianco con la cruce russa con l’arme di casa barracca una pianeta di raso giallo unaltra de zambellotto con la cruce de velluto nigro unaltra de velluto de diversi colori tre altre pianete de diversi colori de menza mina una pianeta nigra di tela uno innanti altare de zambellotto guarnito de frangi de velluto nigro dui graduali romani uno missale delordine uno innanti altare nigro di raso con la cruce gialla una mitria indorata una cappa de raso bianco usata con lo scuto de velluto russo uno avante altare de velluto de piu sorte de menza mina una pianeta di damasco russo con la cruce verde uno avanti altare di damasco russo con la croce verde uno scuto de cappa racamato tre tonicelle una bianca et dui russe due tovaglie de altare con lo filo arruzato lavorato li frangi laltra lavorata de sita de diversi colori una pace con la piata sop. Indorata una testera de admitto due stole dui manipuli una campana al campanile uno innanti altare de tiletta nigra con la cruce gialla una cruce de argento ad una banda il crucifisso et à laltra banda uno agnus dei uno paro di ferri d’ostii uno altaretto una tovaglia de diversi colori quattro tavole de serra una cappella de seta bianca guarnita di seta russa et oro tutta fornita con uno calice de argento patena con la sua cascia.

Alla dispensa et cellaro

Cinque butte. unaltra de acito. una tinella. unaltra conga. due ciarle da tener oglio. tre cascie menzi vecchie. una tina. uno quatro de nuce con lo suo pede. due segie di coiro vecchi. tre accette et dui zappe. uno zappune à picone. uno serracchio. una runca. Uno pezzo de metallo de rotula sessanta incirca uno sitazzo de farina et uno vecchiolo intempiato del cellaro de tavole serrarizze una banga et una pala de ferro.

Alle camere delli monaci

Quattro saccuni tre para de linzola tre coperte et due altre de quelli de scigliano che forno comperate per fra gio: bap.ta due mante nove quale sono state comperate per fra beneditto in cosenza et custorno docati otto due tovaglie de tavola uno paio de bertole de lana dui sacchi de molino uno caldarotto una tovaglia de mani listiata de velluto una frissura uno spito una cucchiara grupata de ferro una gratta caso una menza pala de ferro uno mortale di petra uno tagleri de ligno uno crivo usato due altre banchette de sedere due tavole di magnare una cascia vecchia alla camera de do: angilo et uno banchetto de sedere dui catinazzi torta bucchi pezzi quattro una cascia da tenere panni tre piatti cannati et lancella de tenere acqua dui barili et dui menzi tumula una salera de crita.

Io fra benedetto Valente preore de la Abatia de Altilia declaro essere in mio potere tutte le retroscritte robbe et ad fede me ho subscritto de mia ppa mano.

Io Do. Gio vincenzo la padula cantore di S.ta Severina s.o

Io Agatio rauso s.o

Io branditio cimino s.o.”

Santa Severina (KR), “La badia di Altilia” (14) e “La timpa di Altilia” (15), nel particolare di una carta conservata all’Archivio Arcivescovile di Santa Severina.

Tiberio Barracco

Tiberio Barracco, residente quasi sempre in Lattarico, ebbe come procuratore in Santa Severina, il cantore D. Gio. Vincenzo la Padula, al quale dette anche a censo alcune case dell’abbazia situate in Santa Severina, nel luogo detto “sotto la piazza”. Così troviamo che il cantore è incaricato a comparire per l’abate nei vari sinodi annuali ed a svolgere alcuni incarichi. Nel sinodo celebrato il 31 maggio 1579 “R.dus D. abbas S.tae Mariae de Altilia vocatus in Synodo more solito. Vocatus comp.t R. Cantor S.tae S.nae et dixit habere mandatum g.rale ad comparendum et illud p.ntasse anno p.to et hoc anno habuisse l.ras a p.to R. Abbate et illas presentavit”. La lettera che il cantore presentò era stata inviata da Lattarico ed era firmata da Scipione Nicolai, un uomo di fiducia della corte dell’abbate.

“Molto R.do mio et p.rone oss.o

Credea dare una vista lloco ma come me retrovo inbarazzato in molti servicii del S. mio quali non posso lassar et percio ho hatto pensiero fra puochi di mandare uno decqua intelligente per complire alcuni servicii che s’haveranno de far loco fratanto prego V. S. habia memoria di queste cose del S. Abb. et de V.S. et la priego non se scorde il di di S.ta Anastasia conparere da parte detto S. Abbate poiche la procura lha del anno pax.to et complire cossi come in V.S. se confida ben che detto S. sta con proposito di darce una vista et come presto spero scriverli ad longo non dirro altro eccetto che li bascio le mani et cossi a tutti di casa certificandola che sempre li tengo in memoria per le tante cortesie ricevute da latt.co li 13 di maggio 1579. Si faccia intendere al S.r do: cola fran.co vicedomine che voglia far opera ad vendere quelli puochi grani dell’abatia alli preci che corrino et s’haveranno ad pagare ad do: gregorio come sa V. S.

D. V. S. S.or aff.mo. Scipione Nicolai.”[xx]

Nel sinodo dell’anno dopo fu chiamato il “R.dus Abbas S. Mariae de Calabrò seu de Altilia qui non comparuit, sed pro eo ad illum excusandum comparuit R.s Vincentius de Padula cantor Archiepiscopatus S. S.nae, et quia non habebat mandatum non fuit admissus”.

Nel sinodo del maggio 1583, troviamo: “Ill.mo et R.mo Sig.or mio oss.mo. Estremam.te havi desiderato veniri nella festa di S.ta Anastasia si per complire il debito mio et si ancora per far il medesmo con V.S. tanto mio particolar padrone per lo che havi comprato tale occasione havendo inteso che V. S. R.ma si trova in S.ta Sev.na per l’assenza dell’ Arc.o mio Padrone, ma per mia disaventura non posso poiche gia son posto sotto la insegna della madamma podagra la quale mi da molto fastidio onde son forzato mancare al debito et desiderio mio et per far almeno quel che posso servio al Rev. Cantore (Vincentius de Padula) che compara in nome mio supp.co V. S. R.ma a remaner servita di ammetter questa mia degna iscusa et per farmi somma gratia si ricordi comandarmi perche sa quanto le sono ser.e aff.mo et per tale basciando a V. S. Ill.ma et R.ma le mani prego n.ro sig.r a darle anni lunghi e feliciss.i. Di Lattarico li XV di magio 83.

D. V. S. Ill.ma R.ma oss.mo. Tiberio Barracco”.

La sua assenza dai sinodi gli procurò anche il sequestro di una parte delle rendite dell’abbazia. Cosa che avvenne essendo arcivescovo Alfonso Pisano nel sinodo del 1591, quando l’arcivescovo, nonostante la supplica, si trattenne dal grano sequestrato 40 tomoli per il fisco arcivescovile. “Tiberio Barracco Abbate di S.ta Maria di Altilia sup.do le fa intender come, retrovandosi, occupato in certi sui negotii non possette venir di persona, come era obbligato il di di S.ta Anastasia per la qual cosa fu condennato alle terze parti delle sue entrate, et fu per questo sequestrato certo grano in S.to Mauro, percio sup.ca V.S. Ill.ma et R.ma a farli gratia di detta pena che lo rimettera a favore di V. S. Ill.ma ut Deus.”

Altilia di Santa Severina (KR).

Beni e privilegi dell’abbazia

Si deve a Tiberio Barracco la formazione della platea dei possedimenti dell’abbazia e la trascrizione dei suoi privilegi. Il 15 luglio 1581 nella terra di Lattarico, Tiberio Barracco di Cosenza presenta dei privilegi scritti in carta pergamena dell’abbazia di Calabro Maria, incaricando il pubblico notaio Joanne Lucitino della terra di Luzz,i di trascriverli in pubblica forma. Sono presenti il regio giudice Petro de Petrone della terra di Lattarico, Scipione Nicolai, Cesare Pisani di Napoli, Marcello Nic.o ed altri.

Nel maggio 1582 nel casale di San Mauro in diocesi di Santa Severina, in presenza di numerose persone, Tiberio Barracco, abbate del monastero di Santa Maria di Altilia, “declaravit habuisse et habere in animum conficiendi plateam omnium redditum censualium et introitum omnium bonorum spectantium et comodolibet pertinentium ad eius ecclesiae”. Sono presenti: il regio giudice Camillo de Ventura della città di Crotone, il pubblico notaio Joanne Lucitino della terra di Luzzi, ed i testimoni il Rev. D. Alfonso de Rasis, Orazio Pancali, Scipione Santoro, Marco Barbaro e Fabiano Longo, tutti di Santo Mauro, e Scipione Rinaldo, D. Joanne Andrea de Simone e Scipione Castagnello della terra di Lattarico.

Dalla platea risulta che il commendatario aveva dato ai monaci, “per lor comodità et subsidio insieme con l’habitatione et edifitii et fabriche”, alcune proprietà vicino all’abbazia, costituite da “una possessione de vigna et altri arbori et giardino pergulati et fontana”, confinante con l’abbazia, da metà del bosco che circondava l’abbazia, dal vicino oliveto, dalla sottostante gabella di Ardavuri vicino al fiume Neto, e dalla gabella a grano e pascolo di Alimati, in territorio di Rocca Bernarda. Rimanevano al commendatario le vaste tenute collinari e pianeggianti, situate in diocesi di Santa Severina e di Crotone, sulle quali grano e pascolo si alternavano, di Neto, La Menta, Caria, Mugunà, Caledusa, Santa Marinella, Brasimati, Santa Marina, Altiliella, e Manca di Cane, ed inoltre, la vasta baronia silana, adatta soprattutto per il pascolo, di Sanduca.

Anche se le entrate annue che il commendatario del monastero incamerava, erano stimate ben oltre i mille ducati, e si era stabilito che ai monaci spettavano beni per una rendita annua di 260 ducati, dalla “Platea” risulta che il commendatario aveva poi concesso ai monaci beni per solo cento sessanta ducati, cioè circa un decimo delle rendite effettive, e di questi facevano parte i ducati cinquanta e tari due della salina di Neto di difficile riscossione.

“Platea delle Robbe stabili tiene et possede l’Abbatia de santa Maria de Altilia sita et posta nel territorio et diocese de Santa Severina

In p.s tiene et Possede uno bosco circum circa detta Abbatia. La metà del quale tenino li R.di Monaci di detta Abatia in conto di lor menssa conputato loro per ducati cinquanta. D. 50

et l’altra metà si è dato per comune alli habitanti del casale in ditto loco dali quali sene puo exigere docati cinquanta.

et piu tiene et possede un’olivito posto in dicto loco quale si è dato alli ditti R.di Monaci per conto di lor mensa conputatoli per ducati otto. D. 8

et piu tiene et possede una cabella in detto territorio confine detto bosco detto ardavuri quale è assignata alli ditti R.di Monaci per ducati annui vinti novi per conto di lor mensa. D. 29

et piu tiene et possede una cabella detta alimati nell territorio della rocca bernarda quale è assignata alli detti R. Monaci per docati decenove per ditta mensa. D. 19

et piu tiene et possede annui sopra la R.ia salena di neto docati cinquanta et tari doi quali sono assignati alli detti R.di Monaci ut supra. D. 50. 2

et piu tiene et possede un giardino posto ut supra quale è assignato alli ditti R.di Monaci per conplimento di docati cento sessanta per d.ti tre et tari tre. D. 3 . 3

et piu tiene et possede una possessione de vigna et altri arbori et giardino pergulati et fontana confine detta Abatia quali sono assignati alli ditti R.di Monaci per lor commodita et subsidio insieme con l’Abitatione et edifitii de fabriche

et piu tiene et possede una cabella detta nieto posta al territorio della Rocca bernarda confine detta fiumara et lo vallone che separa il detto bosco et altri fini quale si sole affittare l’anno in herbagio per d.ti ducento quaranta et quando si affitta in massaria sene ha de grano tumola quattrocento incirca.

et piu tiene et possede unaltra cabella nel detto territorio detto la menta confine detta cabella di neto et il territorio delli cotronei et della rocca et la fiumara di neto quale se sole affittare per massaria per tumula novanta di grano lanno et quando si vende in herbagio senne ha da circa trenta cinquo docati l’anno

et piu tiene unaltra cabella in detto territorio della rocca bernarda detta caria confine il bosco di detta abatia et la cabella de alimati et altri fini quali si sole affittare in massaria per tumula 90 di grano l’anno et quando se vende in herbagio per docati quaranta l’anno.

et piu tiene et possede una cabella posta nel territorio di santo mauro detta mugana quale se sole affittare in massaria per tumula centosessanta incirca l’anno et quando vene per erbagio per d.ti quaranta per non essere tutta unita

et piu tiene in detto territorio una cabella detta caledusa della quale sene ha anno quolibet una salma de grano

et piu tiene et possede una cabella s.ta marinella ad scandale quale si affitta in massaria per alcuni anni per tumula di grano trenta et sei de orgio

et piu tiene nel territorio de cotroni una cabella detta blasimati quale se sole affittare in massaria per tumula de grano quattrocento ottanta et de orgio tumula sei et quando sta in herbagio si sole vendere per docati tricento in circa insieme con la cabella contigua detta S.ta marina

et piu tiene et possede una cabella nel ditto territorio contigua detta cabella de blasimati detta S.ta Marina quale se sole affittare anno quolibet in massaria cioè per tre anni per tumula cento novanta in circa

et piu tiene et possede una cabella nel ditto territorio detta paraposino quale se sole affittare in massaria per tumula de grano ottanta et di orgio tumula sei et quando in herbagio per docati trenta cinquo

et piu tiene et possede unaltra cabella nel detto territorio detta la manca di cane dant.o alex.dro quale se sole affittare in massaria per tumula de grano settanta otto et de orgio tumula sei et quando in erbagio per docati quaranta

et piu tiene et possede annui sopra li molina dardavuri quali si possedino per lo m.co Antonino Longo tumula de grano deceotto per perpetuo censo

et piu tiene et possede alla sila al territorio de apollino ditto San duca tripido anglara burga siccagna la baglia quale se sole affittare docati cinquanta l’anno ultra la nova pretendenza che se litiga

Censi perpetui

M.s Gio. Matteo Veneincasa per uno pezo diterra detto travaglio anno quolibet deve d. – 2 – 10

Santo Mauro

Miccaro Politi di santo mauro per uno pezo di terra anno quolibet d. – 1 – 10

Mano Politi per uno pezo di terra in detto territorio anno quolibet d. – 1 – 10

Minico bonazo per unaltro pezo di terra in detto territorio anno quolibet D. – 3 –

Santa Severina

Lo R. Do. Gio Vincenzo la padula per censo de sue case sotto la piazza D –

Do. Gio. Thomasi Livieri per una casa ad scarpunara anno quolibet D. – 7 ½

S.r Sartorio di lauro per una casa alla piaza che fu de pietro dammino anno quolibet D. – 11

Fran.co Masso per una casa alla piaza confine sivilella anno quolibet D. – 6

Do. Pietro Capuzo per una vigna alli scinetta che fu di ricona misciascio anno quolibet D. – 2

Do. Fran.co forminola per una vigna ad porfino D. – 5

Do. Fran.co cosentino per uno vignale allo giardino delli dattoli anno quolibet D. – 5

Joseppe aversa per una casa alla valle confine luca de aversa D. – 5

Antonino cappa per uno vignale ad galla D. – 3

M.s Jo. paulo de pedace per unaltro vignale allo scinetto confine do. Bartholomeo misciascio D. – 3

Vincenzo terzigno alias scaramella per una casa ad papa mortoro confine lorto anno quolibet D. – 5

Gio. mario fanele per una casa confine minico tercigno ad scarpunara D. – 2 ½

Deco per una casa ad scarpunara che fu de minico tercigno confine mastro cianni scoleri D. – 2 ½

Minico scimuzza per uno casalino ad scarpunara confini catalano D. – 6

Joseppe tassitano per l’her. di d.nico tassitano D. – 6

Stefano cappa per le terre alla marina che furno de altobello guercio anno quolibet D. – 11

Pietro masso per le terre cavalari D. – 12 ½

Her,de perbelli nico pro eo jo. bap.ta scigliano per una vigna alli dattoli D. – 2 ½

Jo. bap.ta scigliano per unaltra vigna al medesmo loco che fu de Antoni maffio anno quolibet D. – 2 ½

Et sic concludit dicta platea.”

“Le Saline” di Neto presso Altilia di Santa Severina (KR), in un particolare della tavola N° 29 (1789) della carta di G. A. Rizzi Zannoni.

I monaci e la salina di Neto

Il 24 ottobre 1581 in Santa Severina, D. Petro Antonio de Sindico, arrendatore della salina di Neto consegna ai frati e monaci presenti nell’abbazia di Santa Maria di Altilia: il priore Frate Nicola Accepta di Caccuri, il frate Silvestro Delapiscopia, il frate Clemente di Corogliano ed il frate Temperato de Scigliano, in quanto accessionari del R.do abbate Barracco, ducati 10 a complemento della integra soddisfazione dei ducati 50 e tari due che spettano annualmente all’abbazia.

Il pagamento avviene dopo l’invio all’arrendatore della salina, di una provisione della Regia Camera della Sommaria, spedita da Napoli il 6 giugno 1581, con la quale “in executione de detta cautela vi dicemo et com(anda)mo che alli monaci che dimorano in la detta abbatia di S.a M.a de altilia o alloro legitimo procuratore debiate respondere et pagare li sup.ti annui ducati cinq. et tar. doi che detta abbatia tene per concessione antiqua et se li pagano sopra questa R.a salina di Netho ad dicti monaci ut s.a cessi per loro sustentamento iux.a la preiserta fede terzo per terzo la rata tanto per quello restano ad haver per le terze passate che non fossero state pagate come per le future a recuperatione cautele de recepto che vi verranno fatte bene.”[xxi]

Note

[i] Reg.Vat. 1899, ff. 98-101v.

[ii] AASS, Fondo Arcivescovile, volumi 2A e 6A.

[iii] Russo, Regesto, IV, 21494, 21495.

[iv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2A, f. 14v.

[v] “Visitatio fatta in Abatia S. Mariae de Altilia 1567.” AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2A.

[vi] “Concessio Abbatiae S. Mariae de Calabro in personam Antonii Pagani.” AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2A, f.87

[vii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2A, f. 68.

[viii] ASV, Status monasteriorum Cist. Ord. ex Visitatione an. 1569 – Conc. Trid. 2, f. 113.

[ix] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. I, ff. 68 -69.

[x] Barone P., Santa Severina: la storia e le sue campane, 1991, p. 116.

[xi] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. II, ff. 52-55.

[xii] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. II, ff. 91-93.

[xiii] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. IX, ff. 58-60.

[xiv] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. III, ff. 76-77.

[xv] Russo F., Regesto, IV, 22519.

[xvi] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. IX, ff. 58-60.

[xvii] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. VI, f. 266.

[xviii] Russo F., Regesto, V, 23097.

[xix] ASV, S.C. Stat. Regul. Relationes, 16, ff. 68 -74.

[xx] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A, f. 20.

[xxi] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. IX, ff. 58-60.


Creato il 4 Marzo 2015. Ultima modifica: 8 Agosto 2024.

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