Il monastero Tassitano in territorio di Cotronei
Del monastero Tassitano non si hanno molte notizie particolareggiate. Si sa soltanto che fu fondato dall’Abate Gioacchino e che sorgeva sull’altopiano silano. Grancia di S. Giovanni in Fiore, l’imperatrice Costanza con un privilegio del 1198, lo prese sotto la sua protezione, insieme col monastero di Bonoligno: “… Monasteria, quae de novo fundasti in loco qui olim dictus est Calosuber, nunc autem bonum lignum, et in loco qui dicitur Tassitanum, et monasterium Abbatis Marci …”.[i]
Attualmente se ne vedono ancora i ruderi in località detta “Politrea”, lungo un antico itinerario, percorso dalle mandrie transumanti che, dalle vallate del Neto e del Tacina, per Cotronei, saliva ed attraversava la Sila. Un ulteriore riferimento che ci attesta l’esistenza del monastero è il privilegio con il quale l’imperatore Federico II nell’aprile 1229 (?), accogliendo la supplica di Matteo, abate di S. Giovanni in Fiore, confermava le grance che il monastero florense aveva “in tenimento Cherentiae, Cusentiae et Cutroneorum”.[ii]
Fin dall’età sveva il monastero florense dovette far fronte alle pretese ed alle usurpazioni, dei signori della contea di Catanzaro, feudatari delle terre vicine. Il 24 gennaio 1240 l’imperatore Federico II ordinava a Pietro Ruffo (I) di Calabria, provvisore e maestro della maresciallia, di rivolgersi al monaco florense Ruggero, per provvedersi di buoni asini per migliorare la razza dei muli regi. Nel 1259, al tempo di Manfredi, veniva emanata una sentenza a favore del monastero florense avente per oggetto la tenuta dell’Ampollino, contro le pretese del conte di Catanzaro. La sentenza veniva ribadita successivamente nel 1264, al tempo di re Manfredi, sempre a favore del monastero florense, contro i tentativi di usurpazione del conte di Catanzaro.[iii] Le pretese ed il potere dei conti di Catanzaro aumenteranno durante la dominazione angioina. Pietro Ruffo (II) di Calabria, conte di Catanzaro, infatti, otteneva nel 1274 la conferma di alcune terre che già erano appartenute ai suoi avi, tra cui Cotronei, Policastro e Mesoraca.[iv]
La difesa Pollidrea
Sul finire del Settecento, la curia del cappellano maggiore del regno, essendo il monastero di San Giovanni in Fiore con i suoi beni situato nella regia Sila, rivendicò il regio patronato e chiese che tutti i suoi beni, sia allodiali che feudali, ritornassero alla corona, come erano in origine. Ciò avvenne con i due distinti decreti, del 28 aprile 1781 e quello definitivo del 6 giugno 1783.[v] Così la difesa detta Pollidrea, che apparteneva al monastero cistercense di S. Giovanni in Fiore, dopo il terremoto del 1783 ed il decreto definitivo, passò in regio demanio.
I documenti dell’epoca accennano all’esistenza della “fabbrica”, cioè del vecchio convento. Nel 1811, al tempo della ripartizione dei demani, “Pollidrea” aveva un’estensione di 1602 tomolate. Con la divisione dei demani. un terzo dell’estensione di 534 tomolate passò al comune di Cotronei. La parte assegnata al comune di Cotronei confinava “da scirocco con la fiumarella appellata del Zagarogno e da detta fiumarella tira per linea retta alla fabbrica di detta difesa, e dalla fabbrica a dirittura ferisce ad una pietra grande e dalla quale tirando avanti anche in linea retta esce ad un’altra pietra grande dalla quale passando avanti ferisce ad un faggio il quale si è pure segnato con le stesse note delle due lettere D.D. e tirando avanti va a finire e confinare con la difesa detta Caprara dalla parte di tramontana, da levante confina con la difesa Trepidò, vedendosi distintamente i suoi limiti per segni noti con rialzo di terra e da ponente limita con l’istesso fondo diviso rimasto al proprietario”.[vi] I due terzi rimasti, assieme ad altri fondi, con real decreto del 20 aprile 1820, Ferdinando I li donò allo stabilimento della Casa di S. Maria della Pace di Napoli.[vii]
In una memoria del periodo risulta che tra i “Beni appartenenti al Monastero della Pace di Napoli troviamo che a Cotronei possedeva Pollitrea di circa 1000 tomolate. La proprietà fu posta in Demanio regio (Articoli 136, sezione D, Numero 11, estensione 1975, Rendita in Lire 2876,50).”[viii]
Nel 1836 Nicola Gullo, e per esso il barone Luigi Barracco, chiese di acquistarla e, con il real decreto del 16 novembre del 1836, la vendita fu autorizzata. L’atto fu stipulato dal notaio certificatore Cav. Raffaele Bruno il 21 ottobre 1836. Il Barracco, così come aveva acquistato il fondo, lo cedeva poco dopo con atto del notaio Luigi de Meo di Cotrone del 15 aprile 1838, al marchese Anselmo Berlingieri di Cotrone.[ix]
Note
[i] Ughelli F., Italia Sacra, IX, 196.
[ii] Barletta P., Leggi e documenti antichi e nuovi relativi alla Sila di Calabria, Parte Prima, Torino 1864, pp. 189 sgg.
[iii] Russo F., Gioacchino da Fiore e le fondazioni florensi in Calabria, Fiorentino Napoli., pp. 105-106.
[iv] Reg. Ang., XII (1273-1274), p. 143.
[v] Napolitano R., S. Giovanni in Fiore monastica e civica, Napoli 1978, p. 98.
[vi] Oliveti L., Istruttoria demaniale per l’accertamento, la verifica e la sistemazione del demanio civico comunale di Cotronei, Quaderni di Cotroneinforma n. 2, 1999, p. 15.
[vii] Valente G., La Sila dalla trasformazione alla riforma (1687-1950), Studio Zeta Rossano 1990, p. 95.
[viii] Archivio privato della Fam. Piterà di Cutro, memoria.
[ix] Valente G., La Sila dalla trasformazione alla riforma (1687-1950), Studio Zeta Rossano 1990, p. 95.
Creato il 20 Febbraio 2015. Ultima modifica: 8 Luglio 2024.