Il monastero dei Francescani Riformati di Santa Maria delle Manche di Policastro
Secondo il Fiore il monastero di Santa Maria delle Manche fu fondato nell’anno 1600: “Policastro. S. Maria delle Manche. Poco distante dalla città in un certo bosco fu ritrovata un immagine della Vergine, la quale oprando molti miracoli dié motivo alla fabrica di questo monasterio l’anno 1600.”[i] Concordano sostanzialmente con le affermazioni del Fiore quelle del Mannarino che, ricordando anch’egli la presenza della “Cona delle manche”, descrive le circostanze relative all’erezione del nuovo monastero, ponendone la fondazione nell’anno 1610:
“Fuora la Città dalla parte superiore del Castello son due Monasteri dell’ordine del P. San Francesco. Il più moderno è dè Padri Riformati. Lontano un mezzo miglio verso settentrione à lato manco; e perciò detto di Santa Maria delle Manche; fù egli fondato nell’anno mille seicento, e diece coll’occasione d’una Iconella, ò Imagine di Maria Regina del Soccorso dipinta sul Muro, è nell’atto di difendere un fanciullo dall’insidie d’un serpente, con una mazza in mano; la quale siccome in quella positura, ed’atto fù miracolosamente rinvenuta; così si serba con tenerissima, ed’imparegiabil divozione, è concorzo di tutta la Padria, e Paesi vicini. Un’altro più efficace motivo obligò un particolare all’erezion della Chiesa, fra questi Gio: Batt.a Rosa Gentiluomo di Catanzaro, che nel principio del caduto secolo si portò in Policastro per esser Città assai commoda, è sicura per negozianti. Portò il caso, che un giorno cimentatosi con un Capitano de una Compagnia Spagnuola per certo interesse, è quelli ò per proprio capriccio, per esser di una nazione altiera, e superba, ò che fomentato da suoi emoli, dico meglio dà Carvelli Nobili, e Importanti, ordinò à certi pochi soldati che si trovano con esso appunto nella Chiesa di Santa Lucia, un tiro di scoppio per dietro à Ponente lontana dal Castello, che l’uccidessero. Si diè lui per tanto alla fuga, e corse per quasi mezzo miglio sino al luogo dov’era la detta Imagine dentro quella Iconetta lunga à guisa d’una Groticella, tutta imboscata di Spine, ed’altre Piante Selvaggie; e li riuscì mirabilmente di occultarvisi, come che non eran prattici i Spagnuoli di quel luogo, ond’è che lo persero di vista, ma dir’vero, fù un prodigio di quella divina Imagine. Mentre al Sud. Gio: Battista, gli crepò una vena dal Petto per la violenza di fretta del Camino, e timor della vita. A questi estremi pericoli ritrovandosi, votossi alla Miracolosa Reina, ed’instantemente fù liberato dal doppio periglio di Vita, onde per sciogliere il suo Voto, ed’adempiere la Promessa, che gli fece; fundò la Chiesa del ditto Convento, siccome appare dalle Scritture autentiche, che conserva il di lui Pronipote D.r Leonardo Rosa, e soprattutto dalla sepoltura laterale alla Porta di detta Chiesa, che secondo la legge de Iure Pontificio e Canonico alli Ca… dè sepoltura … la fondazione e Titulazione di … ed’io pur mi ricordo aver sentito raccontare alla fù Sig.ra Cassandra Fanele morta d’anni Cento, e più, ch’ella fù presente quando il Gio: Battista nella struttura della nuova Chiesa, e né primi fondamenti per dimostrare il suo possesso pose la prima Pietra; e gittò un branco di monete all’artefice, e maestri, essendo tale il costume nell’edifizio di qualche Tempio.”[ii]
La Cona delle Manche
Il primo accenno ad nuova chiesa, definita in costruzione e nominata “la cona delle manche”, o “Conicellae delle manche”, si rinviene in un atto del 18 luglio 1608, dove compare anche il suo procuratore: Joannes Baptista Larosa di Catanzaro abitante in Policastro. In quella occasione, Fabio Baccario di Policastro donava per tre anni, a Joannes Baptista Larosa, procuratore della “Ecclesiae Costruendae nominatae la cona delle manche terrae p(raedi)ttae”, ovvero “Conam seu Ecclesiam”, la sua possessione posta nel territorio di Policastro, nel loco detto “le manche”, arborata con diversi alberi domestici e confinante con i beni di Baptista Cavarretta.[iii] Un altro atto del 2 gennaio 1609, registra la donazione da parte di Joannella Campagna di Policastro, che lasciò per testamento, un “mandile” ed una tovaglia alla “madonna delle manche”.[iv]
L’apporto determinate dei Larosa è ricordato anche dal Mannarino: “Ond’e non può controvertesi alla nostra Patrizia Famiglia Rosa l’insigne onore di essere stata la fondatrice di detta Chiesa; e per la fresca tradizione, e per le scritture; e per l’uso della sepoltura. Per esser poi meglio servita questa Chiesa, ed’Imagine della divina Signora penzorno di fabricarvi un’Monastero, e di fatto die loro il Consenzo i nostri Padri osservanti, e permesso à loro Riformati, che ancora viveano sotto la di loro Ubbidienza, di pigliare in questo luogo un nuovo Convento, negandolo però per la Terra di Rende vicino Cosenza, siccome al tutto appare dalle Scritture che si Conservano nell’archivio di detto Convento, che fù con sollecitudine perfezionato mentre concorsero infiniti Benefattori con publico Istrumento all’erezzione e tra esse si segnalorno, e distinsero due Case; cioè la nobil famiglia Salerno, che donò gratuitamente il luogo per il Convento, e Giardino, e la nobil famiglia Girifalco Tronca, che si fondò la Capella dell’istessa Vergine del Soccorzo tutto in oro col suo sepolcro à piedi, e lasciò Tomaso Seniore ventiquatro Giovenchi à Padri, per aiuto della fabrica.”[v]
I Salerno ed i Tronca
Le informazioni forniteci dal Mannarino trovano riscontro negli atti dei notari policastresi, attraverso i quali, in particolare, possiamo rilevare il contributo di Sansone Salerno, che si segnalerà per la sua munificenza nei riguardi del monastero anche in seguito.
16 dicembre 1608. Sansone Salerno di Policastro donava alla venerabile Conicella delle manche, attraverso Joannes Baptista de Rosa procuratore “ditt(a)e Conicell(a)e”, il “vinealem” alberato con “sicomis” ed altri alberi, posto nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, confine i beni di Fabio Vaccaro, i beni di Mundo Ritia ed altri fini.[vi]
La presenza dei beni di Sansone Salerno nelle vicinanze del luogo dove sarà eretto il nuovo monastero, è indicata anche da altri documenti.
10 dicembre 1617. Paulo Luchetta di Policastro, serviente ordinario della regia curia di Policastro, incantava a Joannes Dom.co Monaco di Policastro, la possessione di Dianora Curto posta nel territorio di Policastro, loco detto “le manche”, confine la possessione di Joannes Fran.co Schipani, la possessione di Sansone Salerno ed altri fini.[vii]
4 settembre 1621. Negli anni passati, Joannes Fran.co Schipano di Policastro, aveva comprato dagli eredi del quondam Salvatore Curto, la possessione arborata con diversi alberi domestici, posta nel territorio di Policastro loco “le manche”, confine i beni di Marcello de Mauro e i beni di Sansone Salerno.[viii]
5 marzo 1624. Citazione nella regia corte di Policastro di Marc’Ant.o Marchise, dietro querela di Sansone Salerno, il quale asseriva di essere stato danneggiato, per il taglio di alcuni alberi nelle sue terre nel luogo detto “le manche”. Nella disputa interveniva anche il clerico Dom.co Jacinto Salerno, figlio di Sansone, asserendo di essere egli il danneggiato.[ix]
Il monastero
Quantunque questi primi atti evidenzino l’esistenza della nuova chiesa, allo stesso tempo, testimoniano che il monastero attendeva ancora l’apertura.
Il 2 agosto 1611 Joannes Baptista Larosa di Catanzaro, che era stato amministratore della “venerabile madonna della manche”, disponeva nel suo testamento di essere seppellito nella chiesa della “madonna delle manche et proprio in tirsere nella porta grande”. Per il bene della sua anima, “fabricandosi il monasterio della venerabile chiesa delle manche delli riformati”, lasciava ducati 100 per la “fabrica” mentre, nel caso il monastero non fosse stato eretto, lasciava tale somma alla chiesa di S.ta Caterina di Catanzaro. Lasciava alla detta chiesa anche altro denaro, panni, animali, argento, etc.[x]
Agli inizi del 1613, comunque, l’erezione del monastero era già cosa fatta. In tale frangente i documenti evidenziano che i lasciti e le donazioni in suo favore andarono intensificandosi.
29 febbraio 1613. Nel suo testamento, Joannes Faraco di Policastro lasciava al “venerabile monasterio delle manche di detta terra, et alla s.ma nuntiata nova di detta terra”, il capitale e gl’interessi relativi ad una lite riguardante certo grano.[xi]
10 ottobre 1613. Il notaro Joannes Baptista Montelione della terra di Cutro, ma abitante in Policastro, padre del dottore Joannes Vittorio Montelione, “ante Ianuam venerabilis Monasteri div(a)e Mari(a)e ut dicitur le manche”, dichiarava di voler fare seppellire il corpo di suo figlio nella detta chiesa, “cum onnimodam potestatem estraendi in alium locum”.[xii]
25 settembre 1616. In occasione della stipula dei capitoli matrimoniali tra Cassandra Virardo, vedova del quondam Antonio Commeriati, e Joannes Dom.co Caira di Policastro, appartenevano alla dote un “mezo pastino” posto dentro il territorio di Policastro loco detto “santo dimitri”, confine la vigna di Fabio Vucchi Infuso, mentre l’altra metà era stata donata dal detto quondam Antonio al monastero di “santa maria della manche”.[xiii]
4 aprile 1617. I coniugi Gio: Dom.co Caira e Cassandra Virardo di Policastro, avendo fatto stimare il bene da due arbitri esperti convenuti tra le parti, acquistavano dal monastero della “Madonna delle manche”, la metà del “pastino seu vigna” loco detto “santo dimitri”, donato al detto monastero dal quondam Antonio Commeriati, primo marito della detta Cassandra.[xiv]
I benefattori
In questo primo scorcio della sua esistenza, il nuovo monastero si giovò di altre donazioni da parte di Sansone Salerno il quale, al tempo in cui ne erano procuratori Hieronimo Larosa, poi Vitaliano Larosa e, successivamente, Ottavio Vitetta, fece ad esso donazione di altre terre poste nelle vicinanze dell’orto del monastero, dove passava la via pubblica detta la “via vecchia”, ovvero “la via publica vecchia che si va alla serra di cosenza”, la quale si dirigeva verso il fiume Cropa “che si va ad allegnare”.
29 novembre 1613. Sanson Salerno di Policastro che, già precedentemente, aveva fatto donazione di un vignale al venerabile monastero della “santiss.mae Mariae delle manche” di Policastro, oltre a ratificare tale donazione, donava allo stesso monastero, nelle mani del suo procuratore Hieronimo Larosa, un altro “vignale seu Costa” posto nel loco detto “le manche”, confine la possessione di detto Sansone, dalla parte inferiore, dove si trovavano i “Celsi” ed i fichi del detto donatore, e le terre di Joannes Dom.co Scalise che, al presente, possedeva detto venerabile monastero, incluso “lorto di detta Chiesa della via vecchia abascio”. Vignale che doveva intendersi “per lo agromolo tagliato picciolo per derittura alla possess.ne superiore di petro lamanno verso tramontana per fia la via publica vecchia che si va alla serra di cosenza, et similm.te per derittura di detto agromolo verso mezogiorno confine le terre foro di detto Gio: Dom.co scalise”.[xv]
18 aprile 1616. Sansone Salerno che, nel passato, aveva già fatto due diverse donazione al venerabile monastero di “Santa Maria delle manche” riaguardanti alcune terre, ovvero due vignali, di cui uno alberato di “Celsi”, posti nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, per la devozione che aveva verso detto monastero, ed “acciò più comodam.te si possa attendere alla fabrica di esso”, affinchè il detto monastero potesse servirsene per “la fabrica”, o per altro, donava a quest’ultimo, nelle mani del suo procuratore Vitaliano Larosa, un altro vignale posto nel medesimo loco “delle manche dove si dice la manca Cioè tutta la manca che confina Con l’orto dello detto Monasterio, et confina la via via verso il fiumme di Cropa che si va ad allegnare”, confine i “vignali piani” di Petro Lamanno, confine “la manca fu di Crucetta”, che al presente possedeva il detto monastero, “et perfina lo piro acitolo di esso sanzone sopra parte le sorva di esso sanzone cioè li dui pedi grandi”.[xvi]
25 agosto 1621. Sanson Salerno di Policastro donava ad Ottavio Vitetta, procuratore del monastero di Santa Maria “delle manche”, il pezzo di terra arborato di “quercuum, et pirorum”, posto nel territorio di Policastro, loco detto “le manche”. Nella confinazione si citano “due pedi di sorva”, l’orto del monastero, “lo galaco galaco che fù di Cavarretta”, e “lo piano con li celsi, et fico” del clerico Jacinto Salerno.[xvii]
Le affermazioni del Mannarino in merito ai principali benefattori del monastero, trovano puntuale conferma anche nel caso di Gio. Thomaso Tronga.
5 settembre 1639. Su istanza dei cl.co Scipione e Marcello Tronga, figli ed eredi del quondam Gio. Thomaso Tronga, il notaro si portava nel loco detto “fora la porta del Castello di detta Città di Policastro”, dove i detti de Tronga, dando seguito alla volontà testamentarie del loro padre, consegnavano al Re.ndo fra Bartolo “di longo vucco”, “guardiano” del venerabile “monasterio di nostra donna delle manche” dei riformati, 28 “Iovenchi” di anni 3 in 4, ed altri 8 di anni 2 in 3.[xviii] Tale donazione fu però contrastata. Il 23 ottobre 1639, davanti al notaro, comparivano il “Reverendo patre” fra Bartolo di “longo vucco”, guardiano dei minori osservanti riformati del venerabile monastero della “nostra donna delle manche”, ed il notaro Fran.co Accetta di Policastro. In relazione alla pie disposizioni del quondam Gio. Thomaso Tronga, il monastero aveva ricevuto 28 giovenchi. A seguito dell’opposizione del detto notaro presso la corte arcivescovile di Santa Severina, al detto notaro andavano 5 dei detti giovenchi valutati 15 ducati l’uno.[xix]
20 settembre 1643. Davanti al notaro comparivano Scipione Tronga, tutore testamentario di Didaco Tronga “sui fratris Pupilli”, e l’altro fratello chierico Marcello Tronga, per dividere tra loro i beni che possedevano in comune ed indiviso, tra cui una “quantità di Terre” poste nel territorio di Policastro loco detto “le manche”.[xx]
Alcuni atti fanno luce sulle motivazioni che sostenevano i due benefattori, e sui loro rapporti d’affari che coinvolgevano il monastero ed altri.
8 agosto 1630. In presenza del mag.co Don Didaco de Funes, regio capitano di Policastro, Sansone Salerno emancipava dalla patria potestà il figlio Jacinto, donandogli la possessione posta nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, confine i beni del presbitero Joannes And.a Lamanno, i beni di Stefano Capozza e l’orto del monastero detto “le manche”.[xxi] Le finalità di questa donazione, tesa ad ottenere la concessione di un prestito di denaro in favore del detto Jacinto, sono evidenziate da tre atti stipulati lo stesso giorno.
8 ottobre 1630. Jacinto Salerno di Policastro, alla presenza di Sansone suo padre, che si obbligava in solido con lui, vendeva a Joannes Thoma Tronga di Policastro, la possessione arborata con più e diversi alberi domestici, posta nel territorio di Policastro loco “le manche”, confine l’orto del monastero di “santa maria le manche”, i beni di Joannes Dom.co Lamanno, i beni di Joannes Fran.co Schipani ed altri fini, per la somma di ducati 72, il cui pagamento avveniva attraverso 4 “iovencos” di due anni in tre. Il detto Joannes Thoma s’impegnava a restituire la detta possessione acquistata, qualora però avesse ricevuto in denaro contante la somma pagata[xxii]
Lo stesso giorno, Joannes Thoma Tronga ed il U.J.D. Mutio Giordano facevano testamento. Il primo disponeva di essere sepolto nel monastero “delle manche”, nella sepoltura dove stava sepolta la q.m Giulia Millella sua madre, lasciando a detto monastero uno “ienco”, tra quelli “più grossi” che si fossero ritrovati al tempo della sua morte, ed un altro a quello di Santa Maria della Spina.[xxiii] Mutio Giordano disponeva, invece, di essere sepolto nel monastero di S.ta Maria “la spina”, lasciando uno “ienco” di due anni in tre a detto monastero ed un altro a quello delle “manche”.[xxiv]
Luogo di sepoltura
Quantunque vi sia ricordata la sepoltura del corpo del suo fondatore, le deposizioni all’interno della chiesa delle Manche risultano rare nei primi periodi di vita del monastero, mentre andarono aumentando con il tempo, in particolare attorno alla metà del secolo.[xxv] Come nel caso di altri luoghi pii di Policastro che accoglievano la sepoltura dei cadaveri, la volontà dei testatori espressa nei testamenti, risulta per lo più generica anche se, accanto alla menzione di una “sepoltura commune”,[xxvi] non mancano riferimenti a particolari tombe erette in ambito familiare. Come nel caso del cl.co Josepho Berardo della città di Taverna, il quale dispose affinchè il proprio corpo fosse seppellito nel monastero “delle manche”, “nella sepoltura erecta per li Cochi”.[xxvii]
A volte ciò veniva espresso attraverso la volontà ad essere sepolti dove già riposavano gli “antepassati”,[xxviii] o i familiari,[xxix] rimettendosi alla volontà dei superstiti.[xxx] Altre volte si optava per quella propria,[xxxi] come fece Giovannella Gabriele di Policastro, vedova del quondam Giulio Maccarrone, che dispose di essere seppellita nel monastero di “S.ta Maria delle Manche nella sepoltura d’essa, et prop.o dov’è la loro chiatra”.[xxxii] Oppure, come nel caso di Joannes Fran.co de Mauro di Policastro, che dispose affinchè il suo corpo fosse seppellito nel monastero della Madonna “delle manche”, “nella sepoltura, e chiatra d’esso Testatore”.[xxxiii]
La “fabrica”
Attraverso le continue donazioni, ormai completata l’edificazione della chiesa (sopra la porta si legge la data “1619”), i lavori di costruzione del monastero proseguirono per tutta la prima metà del Seicento.
24 giugno 1623. Nutia Cavarretta di Policastro, donava al monastero di S.ta Maria “dele manche” e per esso, a Donno Ottavio Vitetta procuratore del detto monastero, la casa palaziata posta dentro la terra di Policastro, nel convicino di S.to Angelo “lo melillo”, in maniera che dal ricavato della vendita, “sine possa riparare la fabrica che giornalm.te si fa in detto Monasterio”.[xxxiv]
2 maggio 1625. Joannes Thoma Riccio de And.a di Policastro, donava per due anni al monastero di S.ta Maria “dele manche” e, per esso, a D. Ottavio Vitetta procuratore del detto monastero, i frutti della sua possessione arborata con alberi domestici, posta nel territorio di Policastro loco “le manche”, confine la possessione di Fran.co Conmeriati, la possessione di Marco Lomoiio ed altri fini, che detto D. Ottavio s’impegnava a “spendere, et destribuire in fabrica Construenda ditti monasteri”.[xxxv]
21 novembre 1629. Daria Marchise di Policastro, vedova del q.m Marco Antonio Pettinato, donava “pro riparatione fabrica” al monastero di S.ta Maria “delle manche” e, per esso, al suo procuratore Ottavio Vitetta, la vigna posta nel territorio di Policastro loco “Santo dimitri”.[xxxvi]
25 marzo 1630. In occasione della stipula del suo testamento, Joannes Paulo Cavarretta di Policastro, lasciava al monastero delle “manche” 4 carlini. ed altri 4 al monastero di S.ta Maria “della spina”.[xxxvii]
30 settembre 1630. In occasione della stipula del suo testamento, Stefano de Martino di Policastro, disponeva di essere sepolto nel monastero della “madonna delle manche”, nella sepoltura di detta chiesa. Lasciava a detta chiesa uno “Castagnito nominato le manche”, confine i beni di Jacinto de Cola e la possessione di Gio. Dom.co de Strongolo, con la facoltà di poterlo vendere liberamente, spendendo il denaro “per riparatione della fabrica di detto venerabile monasterio”. Dovendo ricevere da Masi Cavarretta “alias tignarella” ducati 10, e da Gio. Battista Scoro ducati 15, lasciava questi crediti a detta chiesa.[xxxviii]
10 marzo 1631. Il cl.o Ottavio Vitetta di Policastro, “proCuratore fabric(a)e venerabilis monasterii sant(a)e Mariae le manche”, vendeva a nome della detta fabbrica a Caterina Truscia di Policastro, vedova del quondam Joannes Pettinato, la vigna con “uno pede piri” appartenuta al quondam Cesare Galasso, posta nel territorio di Policastro loco “santo dimitri”.[xxxix]
21 maggio 1633. Negli anni passati, Lucretia Vaccaro di Policastro aveva venduto ad annuo censo a Vincentio Leune, la vigna posta nel territorio di Policastro loco detto “Cucolli” per ducati 20. Al presente, la detta Lucretia cedeva il credito vantato nei confronti dell’acquirente al chierico Ottavio Vitetta, procuratore del venerabile monastero di “Santa Maria le manche”, “pro riparatione fabrica ipsius monasterii”.[xl]
18 dicembre 1635. In relazione al legato lasciato dal quondam Fran.co Valasco nel suo testamento, il chierico Ottavio Vitetta, procuratore del venerabile monastero di Santa Maria detta “le manche”, riceveva il denaro assegnato al monastero.[xli]
6 luglio 1645. Nel suo testamento, Francisco Mannarino lasciava ducati 3 al monastero delle Manche per tante messe. Morendo gli eredi designati, avrebbe ereditato il monastero “della Madonna delle manche”, che avrebbe dovuto usare l’eredità “per reparat.ne della d. Chiesia, e per la fabrica”.[xlii]
6 marzo 1646. In occasione della stipula del testamento di Blasio Ritia, il testatore disponeva che il suo corpo fosse seppellito nella chiesa del monastero delle Manche, nella sepoltura che avrebbe scelto “P. frà leone” suo fratello. Lasciava alla “fabrica” del monastero di S.ta Maria delle Manche un “paro di bovi” nominati “marino, e faiillo”.[xliii]
5 agosto 1646. In occasione della stipula del testamento di Agostina Jerardo, moglie di Blasio Ritia, la testatrice disponeva che il suo corpo fosse seppellito nella chiesa del monastero della Madonna delle Manche, nella sepoltura dove era stata sepolta sua figlia. Lasciava ducati 10 alla “fabrica”del monastero della Madonna delle Manche.[xliv]
19 giugno 1654. Nel suo testamento, Bartulo Vaccaro lasciava ducati 5 per tante messe ai padri riformati della Madonna della Manche.[xlv]
29 agosto 1654. Nel suo testamento, il mag.co Horatio Martire della terra di Figline, governatore e capitano di Policastro, lasciava del denaro al monastero di S.ta Maria della Spina ed a quello delle Manche.[xlvi]
5 novembre 1655. Nel suo testamento, Francisco Antonio de Mauro, dichiarava di avere 3 “bovi” ed una vacca. Lasciava la vacca a S.ta Maria della Spina, ed un bove a S.ta Maria delle Manche “per la fabrica di d.to Convento”.[xlvii]
Il luogo
Il toponimo che identificava il “loco” detto “le manche”, esteso anche “di quella parte del fiumme di cropa”, si rileva già nei primi anni del Seicento.[xlviii] A quel tempo, oltre che dalla presenza del castagno,[xlix] esteso a monte del monastero, il luogo era caratterizzato, soprattutto, dalla presenza di “terre”, di vignali, vigne e possessioni arborate, divise mediante moragli di pietre, confinate dalla via pubblica e da quelle convicinali, dove si coltivavano numerose piante arboree: “fico”, “celsi”, “viti”, “pira”, “puma”, “sorva”, “olive”, “cerasa”, “agromola”, “noci” e “cerse”, che caratterizzavano i possedimenti di famiglie quali i Rizza, gli Spinelli, i de Strongolo e altre.
10 agosto 1604. Nel suo testamento, Andreana Riccio di Policastro stabiliva che, morendo le figlie senza eredi, le sue robbe sarebbero andate al marito Fran.co Commeriati, esclusa la possessione delle “manche”, che voleva ritornasse a Fran.co Turturella ed alle sue sorelle Vittoria e Laura.[l]
10 settembre 1605. Nicolao de Strongolo di Policastro, asseriva di aver comprato lo stabile posto nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, confine la possessione di Joannes And.a Ritia, la possessione di Leone de Spinelli, la via convicinale ed altri fini.[li]
15 agosto 1607. In occasione della stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra Andrea Gauteri di Policastro ed Isabella Rizza, sorella di Joannes Dom.co Rizza e figlia di Mundo Rizza, nella dote figurava la metà della “possessione” che era stata donata a detto Joannes Dom.co dal padre Mundo, posta nel loco detto “le manche”, confine i beni di Petro Carvelli ed i beni di detto Joannes Dom.co.[lii]
23 ottobre 1607. Petro Carvello di Policastro che, circa tredici anni prima, aveva preso ad annuo censo dal presbiter Scipio Curto, la “possessionem cum vinea arboratam” con più e diversi alberi, posta nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, confine la possessione di Luca Grosso, la possessione di Joannes Andrea Grosso, la via pubblica ed altri fini, in accordo con il detto Scipio, ritornava il bene a quest’ultimo.[liii]
23 ottobre 1607. Petro Carvello che aveva preso ad annuo censo da Joannes Andrea Grosso di Policastro, la “possessionem” arborata “cum uno vineale”, posta nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, confine la possessione di Mundo Rizza, i beni del quondam Fran.co Bruna, un’altra possessione che il detto Petro possedeva pagando l’annuo censo al presbitero Scipione Curto, la via pubblica ed altri fini, a causa della sua infermità, la ritornava al detto Joannes Andrea.[liv]
5 febbraio 1608. In occasione della stipula dei capitoli matrimoniali tra Fran.co Commeriati de Scipione di Policastro e Gratiusa de Strongolo, figlia di Nicolao de Strongolo di Policastro, apparteneva alla dote: una vigna alberata di gelsi, “fico” ed altri alberi, posta nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, confine la possessione di Andria Rizza da una parte e dall’altra, quella di detto Cola, cioè la vigna che era stata di Cesare di Strongulo suo fratello “et va di sopra la fico per la taglia cioè sotto le visciglie di cerse di modo che due troppe de fico siano di esso Cola della parte di sotto via convicinale”.[lv]
Nel 1611 Alfonso Caccuri possedeva 500 piedi di viti “alle Manche”.[lvi]
14 marzo 1615. Davanti al notaro si costituivano da una parte, Lucretia Richetta, vedova del quondam Nicolao de Strongulo, insieme con Joannes Dom.co de Strongulo suo figlio e, dall’altra, Marco Lomoiio, figlio del quondam Alfonso Lomoiio, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra il detto Marco e Caterina de Strongulo, figlia della detta Lucretia e sorella del detto Joannes Dom.co. Alla dote apparteneva una possessione posta nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, confine Fran.co Commeriati, Nardo Spinello “della parte di sopra”, la possessione del chierico Ottavio Vitetta ed altri fini. La possessione fu divisa in due parti, sopra e sotto “lo moraglio”. Gio. Thomaso Richetta, zio e creditore di Joannes Dom.co de Strongulo, per un capitale di ducati 11, quale erede del quondam Cola di Strongulo, rinunciava ad ogni pretesa.[lvii]
28 gennaio 1620. Davanti al notaro comparivano Vittoria Rizza di Policastro, figlia del quondam Mundo Rizza e Federico Castagnino di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al loro matrimonio. Appartenevano alla dote: la possessione posta nel loco detto “le manche” alberata di “fico, pira, puma, et Castagne”, confinante con i beni di Battista Cavarretta, i beni di Tiberio Vucchi Infuso ed altri fini.[lviii]
12 marzo 1623. Davanti al notaro comparivano Andria Rizza assieme a suo figlio Joannes Thoma Rizza, e Joannes Thoma Cavarretta di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Joannes Thoma e Minicha Rizza, figlia del detto Andrea e sorella del detto Joannes Thoma. Apparteneva alla dote il frutto della possessione delle “manche”, confine Nardo Spinello e Fran.co Conmeriati, per anni 3 di Natale in Natale, con il patto di pagare le imposizioni fiscali, collette ed altro.[lix]
25 marzo 1634. Davanti al notaro comparivano Vittoria Rizza di Policastro, vedova del q.m Foderici Castagnino e Fran.co Scalise di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Fran.co e Cassandra Castagnino, figlia di detta Vittoria. Apparteneva alla dote la possessione arborata con diversi alberi loco “le manche”, territorio di Policastro, confine Gio. Dom.co Rizza suo fratello ed altri fini.[lx]
29 marzo 1634. Davanti al notaro comparivano la “soror” Innocentia Vitetta assieme a Cornelia Vitetta, vedova del q.m Joannes Berardino Fruntera, e Leonardo Boerio di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Leonardo e Maria Fruntera figlia di detta Cornelia. Appartenevano alla dote, la metà della possessione loco “le manche” territorio di Policastro, confine la vigna di Ant.o di Strongolo, Fabritio Mazzuca ed altri fini, mentre l’altra metà la detta Cornelia la prometteva dopo la sua morte.[lxi]
31 marzo 1634. I coniugi Leonardo Boerio e Maria Frontera, in relazione al fatto che Cornelia Vitetta, madre della detta Maria, aveva donato loro post mortem, l’altra metà della possessione loco “le manche”, per farle cosa gradita, ricedevano detta possessione a detta Cornelia.[lxii]
1 aprile 1634. Davanti al notaro comparivano Innocentia Mannarino, vedova del q.m Joannes Thoma Curto, assieme al cl.o Fran.co Curto suo figlio, entrambi di Policastro, e Scipione Spinello di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Scipione e Lisabetta Curto, figlia di detta Innocentia e sorella del detto cl.o Fran.co. Apparteneva alla dote lo “stabile” loco “le manche” territorio di Policastro, confine Gio. Dom.co Rizza di Mundo, Antonio Faraco, proprio dove adesso si trovava la vigna arborata di “celsi, fico, cerasa” ed altri alberi fruttiferi.[lxiii]
19 giugno 1634. Per consentirgli di ascendere all’ordine sacerdotale, Antonio de Strongoli di Policastro donava al chierico Carolo Richetta, figlio del notaro Jacinto Richetta, alcuni beni tra cui la possessione arborata con diversi alberi domestici posta nel territorio di Policastro loco “le manche”, confine i beni di Minico de Strongolo ed altri fini.[lxiv]
26 giugno 1634. In occasione della compilazione dell’inventario dei beni del q.m Paulo Varveri, si menziona un vignale loco “le manche”, confine Gio. Dom.co de Mundo.[lxv]
18 luglio 1647. Nella “Platea publica” di Policastro, Dom.co Valente ordinario serviente della regia corte, per la somma di ducati 18, aveva incantato per persona nominanda a Joannes Thoma de Cola, la possessione del quondam Minico de Strongoli, posta dentro il territorio di Policastro loco detto “le Manche”, confine i beni di Ottavio Frontera.[lxvi]
1 ottobre 1647. Jo. Gregorio Catanzaro ed Elisabeth Ritia sua moglie, in solido con i loro figli Andrea e Jo. Antonio Catanzaro, e con Isabella Ritia di Policastro, vedova del quondam Minico de Strongolo, vendevano al Reverendo D. Jacobo de Aquila di Policastro, l’annuo censo di ducati 4 sopra alcuni beni della detta Isabella, tra cui la possessione “ubi dicitur le manche”, “arboratam arboribus pirorum, sicomorum, et Vitatam”, confine i beni di Marco Lomoio, i beni di Antonio de Strongolo, i beni di Portia Popaianni ed altri fini.[lxvii]
25 novembre 1647. Davanti al notaro comparivano Julia Ritia di Policastro, vedova dell’olim Hyacintho Cavalli, e Vincentio Casalino del casale di Albi, pertinenza di Taverna, ma “incola” in Policastro da molti anni, per la stipula dei capitoli relativi al loro matrimonio. Tra i beni appartenenti alla dote troviamo: una mezza vigna “arborata di diversi arbori come puma, Cerasa et Celsi”, posta nel distretto di Policastro loco detto “le manche”, confine i beni di Scipione Spinello, la vigna di Ferrante Rizza suo fratello, Camillo Renda ed altri fini.[lxviii]
8 agosto 1648. Joannes Baptista Campa, ordinario serviente della corte di Policastro, su richiesta di Petro Curto contro Salvatore Lomoio, che gli doveva ducati 5 e grana 15, incantava nella “Platea publica”, la possessione di quest’ultimo posta nel territorio di Policastro nel loco detto “le manche”, confine i beni di Antonio Strongoli, i beni degli eredi di Hyacintho de Cola, i beni degli eredi di Dom.co de Strongoli ed altri fini, assegnandola a Salvatore Curto nominato da Ottavio Accetta.[lxix]
7 gennaio 1652. Lucretia Pettinato vedova del quondam Gio. Dom.co Rizza de Mundo, donava ai fratelli Ferrante e Marc’Antonio Rizza de Mundo, figli della detta Lucretia, alcuni beni da dividersi tra loro in parti uguali, tra cui: la possessione posta nel territorio di Policastro loco “le Manche”, confine la possessione di Fran.co Converiati, la possessione del quondam Battista Cavarretta ed altri fini; un pezzo di terra loco detto “le Manche”, confine la possessione di Scipione Spinello, la possessione di Gorio Spinello, la possessione di Minica Rizza ed altri fini. Rimaneva escluso dalla divisione il vignale arborato di olive, celsi ed altri alberi fruttiferi, loco detto “le Manche”, confine la possessione di Marta Converiati e la possessione di Fran.co Cavarretta de Battista che, alla morte della detta Lucretia, sarebbe stato del detto Marc’Antonio, come per testamento di suo padre.[lxx]
23 luglio 1652. Davanti al notaro comparivano Isabella Perri, vedova del quondam Salvat.e Lomoio, e Tomaso Cavarretta figlio di And.a, per la stipula dei capitoli relativi al loro matrimonio. Apparteneva alla dote la possessione posta nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, confine i beni di Antonio de Strongoli e i beni di Ottavio Frontera, nello stato che gli era stata promessa dal suo primo marito.[lxxi]
8 settembre 1654. Nel suo testamento, Lucretia Pettinato, vedova del quondam Joannes Dom.co Ritia de Mundo, lasciava il vignale de “le Manche” a Marc’Ant.o Rizza.[lxxii]
26 agosto 1655. Scipione Spinello di Policastro vendeva a Cesare de Franco di Policastro, un “hortale di Celsi” posto dentro il territorio di Policastro, loco detto “le Manche”, confine altri “Celsi” di detto Scipione, i “Celsi” di Jacovo Rocciolillo ed altri fini ch negli anni passati, gli erano stati venduti dagli eredi di Maso Curto.[lxxiii]
La fontana dei monaci
Nei pressi del monastero esisteva il luogo detto “le manche seu le conche”, caratterizzato dalla presenza di una fonte utilizzata dai monaci, i quali avevano provveduto a realizzare uno sbarramento per l’utilizzo dell’acqua a fini irrigui.
7 dicembre 1617. Fran.co Spinello di Policastro vendeva a Francisco Franco di Castello Vetere, figlio di Cesare Franco, la possessione arborata “Castanearum sicomorum pirorum et aliorum arborum fruttiferorum”, posta nel territorio di Policastro nel loco detto “le manche”, confine la possessione di Nardo Rizza, le terre di Andrea Rizza, le terre di Nardo Spinelli ed altri fini, “cum introito et esito ordinario, et consueto vulgarmente ditto della funtana che pigliano l’acqua li monaci della Madonna delle manche”.[lxxiv]
26 febbraio 1631. Caterina Fezza di Policastro, vedova del quondam Fran.co de Franco, madre, tutrice ed ususfruttuaria di Cesare e Margarita de Franco, figli ed eredi del detto quondam Fran.co, vendeva a Joannes Dom.co Rizza de Mundo, la vigna posta nel territorio di Policastro loco “le manche seu le conche”, confine la possessione di Vittoria Rizza, confine la “Conserva aque che ni coglie la santiss.a madonna delle manche”, le terre di Fran.co Carcea vallone mediante, la possessione del quondam donno Scipione Curto ed altri fini.[lxxv]
27 dicembre 1643. Joannes Dominico Ritia di Policastro che, negli anni passati, aveva prommesso in dote ai coniugi Camillo Renda e Francisca Ritia di Policastro ducati 90, come appariva in una “semplice scrittura seu albarano” scritto da Gio. Vicenso Girivasio e firmato dai testimoni, provvedeva alla stipula di un atto pubblico dove si elencavano i beni mobili e stabili consegnati. Tra questi figurava: la metà di una possessione posta nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, confine i beni di Scipione Spinello, Francesco Scalise, “la funtana, che và al Monasterio delle Manche” e l’altra metà della detta possessione di detto Gio. Dom.co che rimaneva separata dalla prima mediante un “moraglio di mezzo”.[lxxvi]
Il toponimo “conche” ricorre anche in atto del 11 dicembre 1649, dove si riferisce l’incanto dei beni di Giulia Rizza olim moglie di Giacinto Cavallo, tra cui figura una vigna loco “le manche seu conche”.[lxxvii]
Le vie
Il toponimo “la conicella”, riferito all’icona che caratterizzava il luogo prima della fondazione del monastero, ricorre anche in atti successivi alla sua erezione, continuando, in seguito, ad identificare la località, posta vicino a “le gorficelle”, dove passava la “via publica che si va in santa maria la spina”, e nelle vicinanze de “il Canale” e delle “Timpe” omonime, nonchè “della via, che si va al monasterio delle manche”, la quale, a sua volta, passava vicino alle località “le scalille” e “la petra insellata”.
29 aprile 1615. In occasione della stipula dei capitoli matrimoniali tra Matteo de Dattolo del casale di Pedace, pertinenza di Cosenza, e Berardina Caccurio, figlia di Alfontio Caccurio, apparteneva alla dote la metà della vigna di detto Alfontio, posta nel territorio di Policastro loco detto “le scalille”, confine la possessione di Fabio Caccurio, la vigna di Paulo Barveri, “la via publica che si va alla madonna delle manche” ed altri fini.[lxxviii]
14 giugno 1618. Hieronimo Scandale di Policastro, procuratore della cappella del SS.mo Sacramento di Policastro, cautelava il notaro Joannes Fran.co Accetta di Policastro al quale, “in platea publica”, aveva incantato, mediante l’atto del vicario generale di Santa Severina del 5 marzo 1618, i beni costituiti dalla “possesionem seu vineam et vinealem” della detta cappella lasciati dalla quondam Laura Condopoli, posti in territorio di Policastro nel loco detto “la petra insellata”, confine i beni di Petro Lamanni, un’altra vigna del detto notaro Fran.co, la via pubblica ed altri fini, per il prezzo di ducati 30, che il detto notaro avrebbe corrisposto alla detta cappella pagando un censo annuo di carlini 30.[lxxix]
20 gennaio 1623. Julia Campana di Policastro, vedova ed erede del quondam Fabio Caccuri, rinunciava in favore di Gio. Dom.co, Gio. Vittorio e Gio. Fran.co Caccurio, ad alcuni beni, tra cui la “vignula” posta dentro il territorio di Policastro loco “sopra santa maria dello soccorso seu chiusella”, confine la vigna di Alfonso Caccurio, “la via publica che si va alla montagna et la via del venerabile monasterio di santa maria le manche”, ed altri fini.[lxxx]
20 maggio 1624. Si citano i diritti posseduti dal chierico Blasio Capozza, procuratore della SS.ma Annunziata “nova”, sopra la possessione detta “le gorficelle” territorio di Policastro, come appariva dallo strumento di Zanfina Sanasi, confine “la conicella” e la “via publica che si va in santa maria la spina”.[lxxxi]
18 marzo 1634. Davanti al notaro comparivano Angilella Caccuri, vedova del q.m Paulo Mazzuca e Diegho, o Didaco, Ventorino di Policastro, figlio di Joannes Ventorino, per la stipula dei capitoli relativi al loro matrimonio. Apparteneva alla dote la vigna loco “le scalille” territorio di Policastro, confine la vigna di Mattio Dattolo, la vigna di Paulo Varveri, “la via che si va alla Madonna delle Manche” ed altri fini.[lxxxii]
18 gennaio 1637. In occasione della stipula dei capitoli relativi al matrimonio celebrato qualche giorno prima, tra le persone del S.r Mattio Curto di Policastro e la Sig.ra Caterina Alemanno, “nepote Carnale” di D. Gio. And.a Alemanno di Policastro, il detto D. Gio. And.a, assieme a Gio. Vittorio, cl.o Gio. Simone, Fran.co e Petro Alimanni, zio e fratelli della sposa, gli donavano le terre delle “manche” divise in 3 membri. Il primo membro era posto “sopra parte della via, che si va al monasterio delle manche della parte di tramontana”, confine gli eredi di Paulo Varveri dalla parte di oriente e dalla parte d’occidente, la possessione degli eredi del quondam Fabritio Mazzuca e l’orto di detto monastero. Il secondo membro si trovava “sotto parte la detta via, fino le timpe ditte del Canale lo viarolo viarolo, il quale non è via publica ma uno viarolo che si va a quello fu di sanzone salerno”, che al presente possedeva Gio. Thomaso Tronga “dalla parte di sotto cioè verso il Canale”. Per migliore comprensione e chiarezza si dichiarava che detta possessione doveva intendersi da “detto viarolo in su verso il monasterio”, confine la vigna del notaro Fran.co Accetta “insieme con la Conicella”, dalla parte in cui confinava con il detto terreno di Gio. Thomaso Tronga. Il terzo membro si trovava “di quella parte il monasterio” ed era quello che il quondam Petro Lamanno aveva lasciato al quondam Gio. Thomaso Lamanno padre della detta sposa, confine il vignale del quondam Salvatore Traiina che al presente possedeva Stefano Capozza. Membro che promettevano Gio. Vittorio, cl.o Giansimune, Gio. Fran.co e Pietro Allemani, fratelli della sposa.[lxxxiii]
22 novembre 1644. Joannes Bernardino Accetta di Policastro, figlio del notaro Francesco Accetta, vendeva a Marcello Cervino di Policastro, la possessione che era appartenuta a suo padre, posta nel “districtu” di Policastro loco detto volgarmente “la petra insellata”, “arboratam quercuum ficuum, sicomorum, pirorum” ed altri alberi, confine la “Viam publicam quae itur ad V(enera)b(i)lem Monasterium Divae Mariae de Manchis”, i beni dell’olim Petro Lamanno, i beni di Francisco Antonio Mauro ed altri fini.[lxxxiv]
6 settembre 1645. In occasione della stipula del suo testamento, Joannes Dom.co Cavarretta de Petro lasciava alla chiesa di S.ta Maria “la grande”, annui carlini 25 in perpetuo per la celebrazione di tante messe per l’anima sua e quella dei suoi “ante pass.ti”, da pagarsi con le entrate della sua possessione della “Conicella” territorio di Policastro, confine “la Conicella di q.a parte lo fiume, che si và a S. Maria dela spina”, confine li beni di And.a Cavarretta, la via pubblica, i beni del C. Vittorio Lanzo “dalla parte di sotto” ed altri fini.[lxxxv]
1 dicembre 1645. Joannes Dominico Valente, ordinario serviente della curia di Policastro, a cautela di Joannes Bernardino Accetta di Policastro, stipulava l’atto attraverso il quale quest’ultimo riceveva la “continentiam terrarum”, ossia “li vignali”, dell’olim Joannes Dominico Cavarretta appartenuti a Faustina Cavarretta e Virgilio Caccurio, posti nel “districto” di Policastro nel loco detto “Paternise”, “seu le Corfficelle”, confine la via pubblica, altre terre del detto olim Jo. Dominico “à parte inferiori”, la “Vineam seu Possessionem” di Andrea Cavarretta, le “rupas dictas della Conicella” ed altri fini.[lxxxvi]
1 dicembre 1645. Joannes Bernardino Accetta di Policastro, per saldare il debito che l’obbligava nei confronti del Rev.s presbitero Prospero Meo di S.to Mauro, ma “incola Beneficiato” in Policastro, gli vendeva la “continentia di Terre” di circa 10 tomolate, arborata con “sorba, fico, Celsi” ed altri alberi fruttiferi, posta nel “distretto” di Policastro loco detto “Paternise seu Corfficelle”, confine la “via publica che si anda nel V(enera)b(i)le Monasterio di Santa Maria la spina”, la possessione di Andrea Cavarretta, “le timpe della Conicella” ed altri fini.[lxxxvii]
11 gennaio 1652. Davanti al notaro comparivano Giovanni Rizza de Marco di Policastro e Dieco Venturino, padre di Maria Venturino, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra i detti Giovanni e Maria. Apparteneva alla dote la vigna arborata di “fico, cerasa” ed altri alberi fruttiferi con terreno “contiquo”, posta nel territorio di Policastro loco detto “le Scalille”, confine i beni di Berardina Caccurio, la possessione di Giando Barbiero, la possessione di Fran.co Maria Cavar.ta, la “via publica, che si và al Monasterio della Madonna delle Manche”, “la via publica che si và alla montagna” ed altri fini.[lxxxviii]
18 maggio 1654. A seguito di un accordo, la vedova Vittoria Richetta erede del quondam Gio. Dom.co Caccurio, cedeva al R. D. Oratio e Carlo Caccuri, la possessione arborata con diversi alberi fruttiferi, posta nel territorio di Policastro dove si dice “sop.a lo soccorso detto la Vignula”, confine i beni che erano stati del quondam Alfonso Caccuri, che possedevano Dieco Venturino ed altri, e “le vie publiche l’una, che si và alle Manche, e l’altra alla montagna”.[lxxxix]
Il luogo detto Dietro la Madonna delle Manche
Nell’attuale stradario di Petilia Policastro si evidenziano i toponimi: “Via Manche” e “Località Dietro Manche”. Negli atti notarili della prima metà del Seicento, troviamo che quest’ultimo identificava il luogo posto alle spalle del monastero, dove passava la via pubblica.
7 ottobre 1625. In ragione della dote promessa, Andriana Rizza di Policastro, vedova del q.m Fran.co Conmeriati, consegnava ai coniugi Michaele Piccolo e Marta Conmeriati di Policastro, la possessione arborata di “tutte sorte di arbori”, posta nel territorio di Policastro loco “le manche di reto il venerabile monasterio della santiss.ma madonna delle manche”, confine i beni di Fran.co Tavernise, i beni di Gorio Caria e la via pubblica.[xc]
8 marzo 1633. Jacinto de Cola di Policastro vendeva a Stefano Apa di Policastro, il “Castanetum” posto nel tenimento di Policastro loco detto “de reto la madonna delle manche”, confine il “Castanetum” del q.m Stefano de Martino, Joannes Dom.co Rizza, Joannes Dom.co de Strongolo ed altri fini.[xci]
25 luglio 1635. Stefano Apa di Policastro vendeva al R.do D. Santo de Pace di Policastro, nel “modo, et forma” che detto Stefano aveva acquistato dal cl.co Jacinto de Cola, la possessione arborata di “Castanearum” ed altri alberi, posta nel territorio di Policastro loco “le manche”, confine la possessione di Marco Lomoiio, i beni di Vittoria Cepale ed altri fini.[xcii]
28 maggio 1638. Jacinto de Cola di Policastro, negli anni passati, aveva venduto a Stefano Apa una possessione arborata di “Castagne, sorva, celsi” ed altri alberi fruttiferi, loco detto “le manche”. Successivamente, il detto Stefano l’aveva ceduta a D. Santo de Pace di Policastro. All’attualità il bene ritornava al detto Jacinto.[xciii]
7 maggio 1645. Il chierico Joannes Andrea e suo fratello Joannes Thoma de Cola di Policastro, figli ed eredi dell’olim Jacintho de Cola, possedevano due “Castaneta”, uno nella “Montagna” e l’altro nel loco detto “le manche”.[xciv]
Le grotte
Alcuni documenti evidenziano che nel loco detto “le manche”, presso il fiume Cropa, esistevano delle grotte.
23 luglio 1623. In occasione della stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra Fran.co Carcea di Policastro e Antonella Grosso figlia di Lucretia Blasca, vedova del quondam Joannes Andrea Grosso, appartenevano alla dote “le terre et grutti et arbori che sono in detto loco delle manche”, confine le terre di Petro Carvello ed altri fini.[xcv]
2 giugno 1626. Il chierico Lutio Venturio di Policastro, figlio ed erede del q.m dottore Joannes Dom.co Venturi, vendeva a Joannes Thoma Curto di Policastro, la possessione arborata di “sicomorum” ed altri alberi fruttiferi, posta nel territorio di Policastro loco “le manche”, confine i beni del q.m Nicolai Fegatale, i beni di Joannes Thoma Cepale, la possessione di Fran.co Carcea che era appartenuta al q.m Joannes Andrea Grosso ed altri fini.[xcvi]
Presso il fiume
Il paesaggio esistente durante la prima metà del Seicento, presso il fiume Cropa nel loco detto “le manche”, è ben evidenziato da alcuni atti notarili di questo periodo, attraverso i quali ripercorriamo le vicende riguardanti i beni di Francesco Tavernise.
24 aprile 1629. Davanti al notaro comparivano Fran.co Tavernise di Policastro e Nicolao Galati della terra di Filogaso, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Nicolao e Feliciana Tavernise, figlia di detto Fran.co. Appartenevano alla dote, la metà delle terre possedute dal detto Fran.co loco “le manche” territorio di Policastro, confine i beni di Camillo Rizza, i beni di Michele Piccolo ed altri fini.[xcvii]
16 aprile 1634. Davanti al notaro comparivano Fran.co Tavernise di Policastro e Joannes Ant.o Altomare di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Joannes Ant.o, figlio di Petro Altomare, e Lucretia Tavernise, figlia di detto Fran.co. Apparteneva alla dote, un pezzo di terra di circa 3 tomolate, arborato di “Cerse, pira, celsi” ed altri alberi fruttiferi, posto nel territorio di Policastro loco “le manche”, confine i beni di Marta Conm.ti, Michele Parente e la via pubblica, mentre l’altra metà la possedeva Michele Parente.[xcviii]
3 maggio 1634. Davanti al notaro comparivano Marta Conmeriati di Policastro, vedova del q.m Horatio Piccolo, e Salvatore Rotella, per la stipula dei capitoli relativi al loro matrimonio. Apparteneva alla dote la possessione arborata con diversi alberi fruttiferi, posta nel territorio di Policastro loco “le manche”, confine i beni di Gorio Caria e Fran.co Tavernise, la via pubblica ed altri fini.[xcix]
16 luglio 1637. Davanti al notaro comparivano Fran.co Tavernise di Policastro e Salvatore Spinello de Fran.co di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Salvatore ed Elisabetta Tavernise, figlia di detto Fran.co. In tale occasione, Feliciana Tavernise, vedova del quondam Cola Galati, cedeva alla futura sposa sua sorella, il mezzo vignale che gli era stato promesso in occasione del suo matrimonio, posto nel territorio di Policastro loco “le manche”, confine i beni di Camillo Rizza e Salvatore Rotella.[c]
29 gennaio 1638. Per pagare i propri debiti, Fran.co Tavernise di Policastro e Feliciana Tavernise sua figlia vedova, vendevano a Fran.co Antonio de Mauro di Policastro, il pezzo di terra della capacità di circa 4 tomolate “Culte, et inculte”, arborate con “quercuum, et boschi” con una “grutta, et gruttiglio”, poste nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, confine il “flumen Cropa”, i beni di detto Fran.co Antonio acquirente, i beni di Camillo Rizza ed altri fini.[ci]
26 agosto 1648. Davanti al notaro comparivano la vedova Marta Converiati, madre di Lucretia Piccolo e Nicolao Lomoio di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detti Nicolao e Lucretia. Apparteneva alla dote un vignale posto nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, “cioè dalla parte d’abasso”, confine l’altro vignale di detta Marta “dalla parte di sop.a”, i beni di Fran.co Tavernise ed altri fini.[cii]
19 ottobre 1654. Davanti al notaro comparivano la vedova Marta Converiati, madre di Elisabeth Rotella, e Stephano Ven’incasa della terra di Cutro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detti Elisabeth e Stephano. Apparteneva alla dote un pezzo di terra arborato con diversi alberi fruttiferi posto nel territorio di Policastro loco detto “le Manche”, confine le terre di Gregorio Caira, le terre di Santo Luchetta, le terre di Cola Lomoio ed altri fini.[ciii]
30 gennaio 1655. Davanti al notaro comparivano i coniugi Fran.co Tavernise e Vittoria Polla, anche per parte di Laura Galati loro nipote, e Petro Gangale di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detti Laura e Petro. Apparteneva alla dote un pezzo di terra arborato di “Cerse, pira” ed altri alberi fruttiferi, posto nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, confine le terre di Marta Converiati, le terre di Elisabetta Grosso ed altri fini.[civ]
14 luglio 1655. Nel suo testamento, Francisco Tavernise dichiarava di aver ricevuto tutta la dote promessa, tra cui le terre loco detto “le manche”.[cv]
Le Scalille
Vicino al luogo detto “le manche” esisteva quello detto “le Scalille”.
15 febbraio 1638. Davanti al notaro comparivano, da una parte, Berardino e Joannes de Franco di Policastro e, dall’altra, Santo Luchetta di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra Fracischina de Franco, sorella dei detti Berardino e Joannes ed il detto Santo. In tale occasione, Caterina Polla madre della futura sposa, prometteva alcuni beni tra cui, un pezzo di terreno arborato con diversi alberi, posto nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, confine Goro Caira, Camillo Rizza ed altri fini.[cvi]
2 febbraio 1639. Davanti al notaro comparivano Gregorio Caira di Policastro e Fabio Rocca di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Fabio e Maria Caira, figlia del detto Gregorio. Si pattuiva che i futuri sposi avrebbero potuto disporre, fino a che non avessero ricevuto il denaro della dote, della possessione delle “manche”.[cvii]
10 settembre 1654. Davanti al notaro comparivano Jacovo Rizza di Policastro e Paulo Rizza di Policastro. Entrambi, assieme ai loro fratelli Blasio, Camillo, Antonio e Gio. Dom.co Rizza, possedevano in comune ed indiviso, una casa palaziata dentro la terra di Policastro, nel convicino della chiesa parrocchiale di S.to Nicola “delli greci”. Detta casa era andata a Paulo Rizza per ducati 80. I detti fratelli possedevano in comune ed indiviso anche la possessione posta dentro il territorio di Policastro loco detto “le Scalille”, confine la possessione di Gorio Spinello, la possessione di Gio. Dom.co Cavarretta, “la via che si và alla montagna” ed altri fini, che era stata “racattata” da detto Paulo il quale ne aveva pagato il prezzo al R. D. Jacinto Virga e ad altri particolari. Considerato che detto Jacovo doveva ricevere da detto Paulo ducati 13 e ½ per la sua porzione di casa, si conveniva tra le parti che detto Paulo prendesse la detta porzione di casa, mentre a detto Jacovo andava la detta possessione loco “le Manche”.[cviii]
13 settembre 1654. Davanti al notaro comparivano il cl.co Santoro Sagaci di Policastro e Marco Mazzuca si Policastro. Nei mesi passati, detto Marco aveva venduto a detto cl.co Santoro, la metà di una possessione loco detto “le manche seu scalille”, per il prezzo di ducati 30
I beni dei Venturi vicino al fiume ed alla via pubblica
24 luglio 1637. Il diacono Joannes Fran.co e Marcello Venturi della città di Napoli, al presente commoranti in Policastro, vendevano per ducati 200 al R.do donno Parise Ganguzza di Policastro, l’annuo censo di carlini 24 per un capitale di ducati 25, sopra le terre o possessione loco “le manche”.[cix]
9 ottobre 1647. Jo. Aloisio Luchetta vendeva a Francisco Mannarino di Policastro, la possessione posta nel territorio di Policastro loco detto “le manche”, confine la possessione di Fran.co Caccurio, “la fiumara di Cropa”, la via pubblica ed altri fini. Negli anni passati, il detto Jo. Aloisio aveva comprato detta possessione dai fratelli quondam subdiacono Fran.co e Marcello Venturi. per il prezzo di ducati 30 di cui, all’atto della stipula del contratto, aveva pagato 5 ducati, obbligandosi a pagare in seguito l’annuo censo di carlini 24. Un ducato gli era stato abbonato. Dopo qualche tempo, i detti de Venturi avevano delegato “et girorno” detto censo al Rev.s D. Parisio Ganguzza che successivamente, l’aveva girato al quondam Gio. Domenico Aquila. All’attualità, il detto Jo. Aloisio vendeva la detta possessione al detto Francisco, alle stesse condizioni della transazione effettuata con detti Venturi per il prezzo di ducati 31 e tari 1, comprese le terze non pagate che l’acquirente s’impegnava a pagare nelle mani di Michele Aquila, erede del detto quondam Gio. Dom.co Aquila suo fratello.[cx]
10 novembre 1647. Marcello Venturi di Policastro vendeva ai coniugi Jacobo Rocciolillo e Julia Cancello di Policastro, la possessione “arboratam sicomorum, ficuum et castanearum” ed altri alberi, posta nel “districtu” di Policastro nel loco detto “le manche”, confine la possessione di Scipione Spinello, Andrea Rocciolillo, Gregorio Spinello ed altri fini.[cxi]
I beni dei De Mauro
Durante la prima metà del Seicento i De Mauro possedettero beni nel luogo detto “le manche”, tanto da questa parte del Cropa, dove ricorrono i toponimi “Carrara vecchia”, “petraro” e “la Casella”, che dall’altra parte del fiume.
16 febbraio 1608. Davanti al notaro comparivano Julia Cansoneri di Policastro, vedova del quondam Salvatore de Mauro ed Andrea Grano, per la stipula dei capitoli relativi al loro matrimonio. Nella dote figurava la possessione posta nel territorio di Policastro loco detto delle “manche tanto di quella parte del fiumme di cropa come da questa parte”, confine Fabio de Mauro ed altri fini.[cxii]
30 agosto 1611. Joannes Vincentio de Mauro di Policastro vendeva a Salvator Curto di Policastro, il “petium terrae” loco detto “le manche”, confine la possessione del detto Salvatore ed altri fini, “dello piro della Carrara vecchia, et esce per derittura al moraglio del petraro, et Ceraso”.[cxiii]
4 settembre 1621. Negli anni passati, Joannes Fran.co Schipano di Policastro, aveva comprato dagli eredi del quondam Salvatore Curto, la possessione arborata con diversi alberi domestici, posta nel territorio di Policastro loco “le manche”, confine i beni di Marcello de Mauro e i beni di Sansone Salerno.[cxiv]
11 gennaio 1641. In occasione della stipula del suo testamento, Joannes Fran.co de Mauro di Policastro, lasciava a “soro” Anastasia ed alle altre sue figlie che si fossero fatte monache, “li celsi inansi la Casella” nel loco detto “le manche di q.a parte Cropa”. Dichiarava di aver pagato ai coniugi Camillo Rizza e Anastasia de Mauro, ducati 12 per la vendita di un pezzo di terra loco “le manche”, vendutogli da Gio. Berardino de Mauro padre di detta Anastasia.[cxv]
23 febbraio 1646. Davanti al notaro comparivano Victoria Poerio “Virgine in Capillo” di Policastro ed il chierico Hyeronimo Coco di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al loro matrimonio. Apparteneva alla dote l’annuo censo di carlini 15 che pagavano gli eredi della quondam Laura Polla, sopra la possessione loco detto “le manche” territorio di Policastro.[cxvi]
11 marzo 1647. Gio. Berardino Poerio di Policastro “cessionario” di Vittoria Poerio sua sorella ed erede della quondam Chiaritia Caccurio, loro comune madre, era creditore per la somma di ducati 35, costituita da ducati 20 di capitale e ducati 15 di terze decorse, nei confronti del quondam R. D. Vincenso de Fiore e, conseguentemente, nei confronti dei possessori dei beni di quest’ultimo, tra cui Stefano Capozza, Gio. Dominico Sagaci ed Isabella de Martino. All’attualià, si giungeva ad un accordo con i debitori. Stefano Capozza cedeva al detto Gio. Berardino, fino ad estinzione del debito, l’annuo censo di carlini 35, per un capitale di ducati 35 sopra le entrate della sua possessione loco detto “le manche”, territorio di Policastro, confine i beni di Scipione Tronga, i beni degli eredi di Gio. Fran.co de Mauro ed altri fini, mentre il detto Gio. Berardino s’impegnava a “liberare” dal debito tanto il detto Stefano che gli altri debitori.[cxvii]
3 novembre 1648. Su richiesta di Gio. Pietro, Innocentio, Antonino, Ursula, “Soro” Anastasia e “Soro” Rosa de Mauro, figli ed eredi dei coniugi Gio. Fran.co de Mauro e Vittoria Furesta, il notaro si portava nella casa della detta quondam Vittoria, per redigere l’inventario dei beni dei loro genitori. Tra questi figuravano: la possessione loco detto “le manche” arborata con diversi alberi fruttiferi e vigna, confine il vignale di Stefano Capozza, il vignale di Paulo Prata, la possessione di Fran.co Mannarino ed altri fini, ed un’altra possessione arborata “di quella parte Cropa”, confine le terre di Maso Rotundo, la vigna di Gio. Jacovo Cervino ed altri fini.[cxviii]
26 luglio 1649. Davanti al notaro comparivano, da una parte, Gerolimo, Laura, Maria ed Elisabetta Lazzaro, figlie ed eredi di Gio. Andrea e Portia Scandale di Policastro mentre, dall’altra, comparivano Gio. Pietro, Antonino, Innocentio, soro Anastasia, soro Maria e Francesco de Mauro marito di Ursula de Mauro. Tra le parti vi era stata una lite nella Gran Corte della Vicaria relativamente al pagamento di ducati 50, oltre gl’interessi che i predetti Gerolimo e sorelle de Lazzaro, pretendevano come eredi della detta Portia, creditrice delle detta somma per “l’antefato” che gli era stato costituito dal già Gio. Antonio de Mauro e che detta Portia, si era guadagnata alla morte del marito. A seguito del processo del 17 aprile 1646 nella detta Gran Corte, era stato emanato decreto di condanna dei detti De Mauro, consentendo ai De Lazzaro di rivalersi sopra alcuni beni, tra cui la possessione nominata “le manche” posta nel territorio di Policastro, confine la possessione di Fran.co Mannarino, la possessione di Fran.co Antonio de Mauro, le terre di Stefano Capozza, “le destre nominate dello Zagarogno” ed altri fini. Venute le parti ad un accordo, si stabiliva che i De Mauro pagassero a De Lazzaro ducati 88 e che questi ultimi cedessero loro ogni altro diritto nel merito.[cxix]
28 maggio 1652. Giovannella Camarda del Castello di S.to Mauro, vedova del quondam Gio. Tomaso de Mauro, madre e tutrice di Gio. Vittorio, Maria e Margarita de Mauro, figli ed eredi del detto Gio. Tomaso, vendeva ad Innocentio de Mauro di Policastro, fratello del detto Gio. Tomaso, la possessione posta nel territorio di Policastro loco “le Manche”, “et prop.o li dui parti che toccorno ad esso Gio. Tomaso”, una parte “da questa parte la fiumara”, confinante con la possessione di Fran.co Mannarino e la possessione di Gianne Nigro e l’altra parte “da quella parte la fiumara”, confine i beni di Antonino de Mauro, i beni di detto Innocentio ed altri fni. La detta Giannella vendeva al detto Innocentio anche “l’altra parte dello stazzo, e cerse” di sua pertinenza che non era stata divisa, ma che si possedeva in comune ed indiviso tanto dal detto quondam Gio. Tomaso e dal detto Innocentio che dagli altri fratelli e sorelle.[cxx]
29 luglio 1654. Per consentirgli di ascendere all’ordine sacerdotale, la vedova Elisabecta Capozza donava alcuni beni al suo figlio cl.co Gio. Dom.co Girvasio di Policastro, tra cui il vignale posto nel territorio di Policastro loco detto “Cropa”, confine le terre del R. D. Parise Ganguzza ed altri fini, ed un altro vignale loco detto “le Manche”, confine le terre di Gianni Nigro, le terre di Fran.co Mannarino ed altri fini.[cxxi]
Le Destre dello Zagarogno
I documenti riguardanti i beni dei De Mauro posti dall’altra parte del fiume Cropa, nel luogo detto “lo Zagarogno”, o “le destre dello Zagarogno”, arborato con olivi, querce, peri, fichi, noci, etc., evidenziano che qui esistevano alcune grotte ed uno “stazzo Crapis”.
31 luglio 1611. I fratelli Gio. Ant.o […], Gio. Vicenso […] e la “soro” Maria […], vendevano a Gio Fran.co […] la possessione costituita da uno “stazzo” ed alberi nel loco detto “le destre dello Zagarogno”, confinante con Gio. Berardino de Mauro, dove sono menzionate alcune grotte, un orticello, un piede di noce, piedi di olive ed piede di pero.[cxxii]
6 settembre 1613. Marcello de Mauro di Policastro vendeva a Joannes Fran.co de Mauro suo fratello, il pezzo di terra arborato di fichi, querce ed olivi, posto nel “tenimento” di Policastro, nel loco detto “lo Zagarogno”, confine i beni di Joannes Bernardino de Mauro, i beni di Joannes Bernardino Mannarino, i beni di Joannes Andrea Grano appartenuti al quondam Salvatore de Mauro ed altri fini.[cxxiii]
29 dicembre 1613. Al fine di poter pervenire all’ordine sacerdotale, Joannes Fran.co de Mauro di Policastro donava alcuni beni al chierico Joannes Petrus de Mauro suo figlio, tra cui la possessione arborata posta nel territorio di Policastro nel loco detto “lo Zagarogno”, “cum stazzo Crapis”, confine la possessione di Andrea Grano, la possessione di Joannes Bernardino de Mauro ed altri fini.[cxxiv]
14 aprile 1630. Laurentio Larosa di Policastro vendeva a Joannes Fran.co de Mauro di Policastro, la “Continentiam terrarum” arborata con “quercuum, olivarum” ed altri alberi fruttiferi, che deteneva come erede di Antonina Cansoneri sua madre, a sua volta erede di Julia Cansoneri sua sorella, posta nel territorio di Policastro “di quella parte il fiunme di Cropa”, “et proprio ubi dicitur di quella parte Cropa ditto lo Zagarogno” che era appartenuta al q.m Salvatore de Mauro, confine i beni del detto Joannes Fran.co de Mauro, i beni di Joannes Berardino de Mauro, i beni di Horatio Rocca ed altri fini.[cxxv]
9 febbraio 1632. Negli anni passati, Joannes Bernardino de Mauro di Policastro aveva venduto a Joannes Fran.co de Mauro di Policastro, il vignale di circa mezza tomolata posto nel territorio di Policastro loco “le destre delo Zagarogno”, confine le terre di Horatio Rocca, la possessione del detto Joannes Fran.co ed altri fini.[cxxvi]
Una descrizione degli inizi del Settecento
Agli inizi del Settecento il Mannarino provvede a fornirci una descrizione del monastero delle Manche, uno dei due conventi francescani esistenti a Policastro,[cxxvii] ponendo l’accento sulle sue strutture e sulle figure dei padri guardiani che ne avevano retto le sorti nel passato.
“I sudetti Padri che lo godono servono la lor Chiesa di notte, e di giorno con molta edificazione, con gran decoro, è con esemplarissimo portamento alla Padria, e Paesi confinanti però è assai differente dalla prima fondazione; mentre prima era vaga si, e grande, colla Porta all’oriente, e con una sola Nave con tre Altari, e la soffitta con riguardevoli Sfondi, e Pitture, adesso vi sono stati tre cospicui Padri, che colla di loro applicazione l’anno reso questo Monastero spettabile, e magnifico; il primo fù il Padre Antonio Tacina di Belcastro nuovo Tullio del Vangelo e nuovo Santo della Scolastica; che per le sue insigni virtudi, peregrine qualitadi, ed’attrattive singolari era amato dà Principi, dà Prelati, dà Nobili, e da ogni qualità di Persone, e le di lui Saggie Consulte erano tenute per oracoli, bello assai di Corpo, manieroso, lepidissimo così nel Conversare, ch’era la Calamita attrattiva dè Cuori, aveva un Carette meglio di stampa, e una voce e costume d’Angelo. tutte queste doti furno così bene considerate dalli Padri della Riformata Provincia, che lo mantenean sempre in Posti riguardevoli, mentre egli fù Guardiano più, e più volte in diversi Conventi, due volte Difinitore, sei anni Secretario, una volta Custode, e finalmente Provinciale, e con esso si chiusero, e terminorno le glorie personali, e della sua nobil famiglia, morto l’anno 1712 in detto Convento dà lui grandemente col dominio beneficiato, ond’è che, sé colla sua amarissima perdita restò non men il Convento, che la Città adolorata, come Torturella gemente, veggendosi vidovata di questo che comunemente dicevan Padre, Padrizio, e Consultore; ci sollevassimo però per esservi rimasto il Padre Pietro Mazzaccari pura di Belcastro; Religioso ancor egli riguardevole per il singolar Talento, come buon filosofo, ottimo Teologo, meglior Poeta, e massimo per integrità di vita, e poi economico così grande nel Governo, che dà trenta anni volte che in qua, che da degnissimo Superiore goregge il nostro Convento, à fatto dà tre mila scudi di benefizii, tanto che dà misero per dir così ospizio, ch’egli era, oggi è abitato da venti cinque frati, destinato ancora Luogho di Studio. (…) Egli à modernizzato la Chiesa, e Convento; Poiché in questa à fabricato cinque Capelle Sfondate lavorate con finissimi stucci, e con quadri d’eccellenti Pitture, à rinovati, ed’altari, e Custodia, e Cancelli, e Soffitta, e due nuovi Cori chori per officiare di notte, e di giorno, nuova Sacrestia, nuovo Pulpito, cotanto magnifico, che io lo stimo delli megliori, che vi sono in Calabria. Nel Convento poi oltre all’abbellimenti alle nuove Lamie di stucco, nuove, Porte, finestre, e Suppellettili Religiose per tutte le Celle; nuovi stigli per tutte l’officine; à fatto ancor nuove fabriche e sopra tutto nel Giardino tutto che porta in giro per Mezzo giorno, per Ponente, per Settentrione una Corona di gor mura alte, e magnifiche, e coll’eminenza del Sito che da sin dà Cotrone si vede (…) ond’è che chi à veduto questo Giardino diviso in tre parti, e ciascuno custodita con Porta distinta, che tutte comunicano dentro il Monastero, l’à paragonato à i descritti Giardini di Ciro” (…) Gli miracoli poi che si e degnato oprare La Regina della Clemenza in questa sua Pretiosa immagine sono infiniti (…) A tanta premura il Cielo di Conservarsi detta Celeste Imagine, che dipinta in fabrica; e trasportata tre volte dà un luogo all’altro, secondo che si è megliorata la Chiesa; non ostante la Contradizione dè Cittadini, e le proteste dell’artefici; pure quella Tonica, ove sta à tratti di Pinello dipinta, non à mai patito minima lesione”.[cxxviii]
In catasto
Attraverso le rivele del catasto onciario di Policastro conservato all’Archivio di Stato di Napoli,[cxxix] possiamo evidenziare che, alla metà del Settecento, il luogo detto “Le Manche” era caratterizzato dalla presenza di numerosi giardini e da vignali alberati con quercie, olivi, castagni, ed altri alberi fruttiferi.
Il sacerdote D. Domenico Cavarretta possedeva un giardino e vignali nelle Manche.[cxxx] La cappella di S.to Giacomo possedeva un vignale nelle Manche.[cxxxi] Il bracciale Antonio, o Antonino, Caruso di anni 40, possedeva un vignale nel luogo detto le Manche, che confinava con il vignale del Rev.do D. Nicola Comberiati.[cxxxii] Il bracciale Antonio Castagnino di anni 40, possedeva un pezzo di terra nel luogo detto le Manche, che confinava con il vignale di Stefano Cavarretta.[cxxxiii] Il magnifico D. Antonio Rocca possedeva un giardino nelle Manche.[cxxxiv] Il bovaro, o massaro, Francesco Parise di anni 40, possedeva un vignale alberato di quercie di 1 tt.a nel luogo detto Le Manche, confinante con il vignale del Rev.do D. Giuseppe Carvello e quello di Silvestro Vecchio.[cxxxv] Il mastro sartore Francesco Minardelli di anni 56, possedeva un giardinello di tt.e 2 nel luogo detto Le Manche che confinava con Matteo Berardo.[cxxxvi] Il bracciale Francesco Mele di anni 60, possedeva un vignale alberato di quercie e 2 olivi nel luogo detto Le Manche, che confinava con Gennaro De Vona ed altri fini.[cxxxvii] Il chierico celibe Luca Francesco Poerio di anni 20, possedeva un vignale “ove dicesi Le Manche”, confinante con le terre del magnifico Fortunato de Lucro.[cxxxviii]
Il custode di vacche, o bracciale, Leonardo Giacco di anni 42, possedeva un vignale nel luogo detto Le Manche che confinava con le terre del magnifico Giambattista Scandale.[cxxxix] Il bracciale Matteo Berardi di anni 53, possedeva un vignale di tt.e 3 alberato di quercie ed altri alberi fruttiferi nel luogo detto Le Manche, confinante con Francesco Minardelli.[cxl] Il sartore Nicola Rotella Nicola di anni 63, possedeva 3 vignali alberati di quercie e castagne nel luogo detto Le Manche, che confinavano con il vignale del Rev.do D. Domenico Rocca.[cxli] Il magnifico Nicola Scandale, nobile vivente di anni 60, possedeva un giardino di tt.e 4 alberato di molte specie di alberi fruttiferi nel luogo detto Le Manche, che confinava con le terre del dottor fisico Fortunato de Lucro, quelle del Rev.do D. Giuseppe Carvello ed il giardino dotale di Tommaso Grosso.[cxlii] Tale giardino era detenuto in fitto dal bracciale Antonio Leotta di anni 40.[cxliii] Il bracciale Silvestro Vecchio di anni 40, possedeva un vignale di 1 tt.a nel luogo detto Le Manche, alberato di quercie che confinava con quello di Francesco Parise.[cxliv] Il bracciale Tommaso Grosso di anni 25, possedeva un giardino dotale di sua moglie di tt.e 3 e ½ alberato di alberi fruttiferi nel luogo detto Le Manche, che confinava con le terre del dottore fisico Fortunato de Lucro.[cxlv]
Le conseguenze del terremoto
La relazione arcivescovile del 1765 ribadisce che “In Terra Policastri”, esisteva il “Conventus Patrum Reformatorum S(an)cti Francisci” posto “extra moenia”, con circa quattordici religiosi.[cxlvi] Numero sostanzialmente inalterato rispetto ai quindici che contava quarant’anni prima.[cxlvii]
In occasione del terremoto del 1783 “La città di Policastro, che giace presso alla Sila, fu in gran parte distrutta, e nel resto conquassata.” A quel tempo, il monastero che contava 16 religiosi, fu gravemente danneggiato ed abbandonato.[cxlviii]
Sul finire del secolo il monastero della Santa Spina risultava già riaperto, mentre quello delle Manche attendeva ancora. Nel “Piano dè Luoghi Pii, e loro rendita, formato per ordine di Sua Ecc.a Sig.r Marchese di Fuscaldo dal Sig.r Archid.no D. Diodato Ganini Vicario Generale Capitolare di questa Diocesi di S.ta Severina” redatto il 7 agosto 1796, si evidenziava, infatti, il desiderio di pervenire alla riapertura di uno solo dei due monasteri, caldeggiando la riapertura di quello delle Manche. Qui si sarebbero dovuti trasferire i frati del monastero della Santa Spina già riaperto, che risultava possedere una rendita di gran lunga maggiore rispetto a quello dei riformati[cxlix] la quale, come si rinviene nella “Lista di Carico” dei Luoghi Pii di Policastro, si riduceva al solo orto del convento: “Orto della riforma 50.00”.[cl]
Dall’inventario dei beni e delle entrate appartenenti ai Luoghi Pii del “Diparto di Policastro e Mesoraca” che reca la data del 29 agosto 1796, apprendiamo che il monastero riscuoteva i seguenti affitti: “D. Carmine Portiglia per l’affitto del Giardino di d.o Con / vento, che matura in S. Ianni, e Mulerà d. 50.02.6 / D. Giusep.e Rosa, e per esso da Gio. Battista Parise per l’affit / to della Chiesa di S. Nicola de Greci deve in Agosto d. 04.10.”[cli]
Il cimitero
Dopo il ripristino del 1822,[clii] il monastero delle Manche, danneggiato dal terremoto del 1832, fu restaurato, e nel 1860 risultava ancora abitato da tre sacerdoti e da tre laici.[cliii] In seguito fu destinato a luogo di sepoltura, prima di essere definitivamente abbandonato dai frati.
Nella seduta del 4 febbraio 1876, l’amministrazione comunale rinunciava ad una lite intentata contro D. Vincenzo Tronca per il possesso della sua cappella nella “chiesa di Manche”, in quanto il Tronca l’aveva restaurata dalle rovine del terremoto del 1832 e come padrone, gli si riconosceva il diritto di sepoltura per sé e per i suoi nella medesima cappella.[cliv]
Il 23 aprile 1876 il padre provinciale degli osservanti “prega perché il generale dia assenso per l’orto del convento dei Minori Riformati di Petilia che vorrebbe convertire in Camposanto”.[clv] Una deliberazione comunale del 2 dicembre1876, stabiliva che il cittadino che non intendesse essere seppellito nella fossa comune, dovesse pagare L. 10 per un loculo nella sagrestia delle Manche e L. 20 per essere tumulato sotto il pavimento della chiesa. Il cimitero fu costruito attorno al convento pochi anni dopo, essendo sindaco Giuseppe Giordano.[clvi] Per procedere al suo allargamento, nel 1930, il podestà Domenico Madia faceva abbattere i resti del convento ormai cadenti, lasciando la sola chiesa ad ergersi solitaria fra le tombe.[clvii]
Il toponimo “Ex Conv.o le Manche” che si rileva nella Carta dell’ing. Giorgio de Vincentiis del 1889, come quelli attuali di “via Manche” e di “località Dietro Manche”, evidenziano il luogo in cui è esistito il monastero dei riformati di Policastro.
Note
[i] Fiore G., Della Calabria Illustrata II, p. 648.
[ii] Mannarino F.A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[iii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 287, ff. 77-77v.
[iv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 287, ff. 158-158v.
[v] Mannarino F.A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[vi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 287, ff. 117-117v.
[vii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 291, ff. 68-73.
[viii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 293, ff. 52v-53.
[ix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78, prot. 286, ff. sciolti s.n.
[x] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 287, ff. 205-207.
[xi] ASCZ, Notaio Ignoto, Busta 81 ff. 37-40.
[xii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 288, ff. 103-103v.
[xiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 290, ff. 134v-135v.
[xiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 291, ff. 18-18v.
[xv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 288, ff. 109-109v.
[xvi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 290, ff. 98v-99.
[xvii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 293, ff. 49v-50.
[xviii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 306, ff. 94-94v.
[xix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 306, ff. 117v-118v.
[xx] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciaro, Busta 182 prot. 802, ff. 76v-78v.
[xxi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 297, ff. 130v-131v.
[xxii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 297, ff. 177v-178.
[xxiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 297, ff. 176v-177v.
[xxiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 297, ff. 175v-176v.
[xxv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 297, ff. 172v-174 e ff. 176v-177v; Busta 80 prot. 305, ff. 96-102; prot. 307, ff. 14v-15v, ff. 69-70 e ff. 102v-103v. Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 877, ff. 1v-2 e ff. 5v-7; prot. 878, ff. 26-27 e ff. 83-84; prot. 879, ff. 102v-103v, ff. 116v-118, ff. 123-124, ff. 126-127, ff. 129v-130v e ff. 151v-152v; prot. 880, ff. 10-11, ff. 22-23 e ff. 109-109v.
[xxvi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 307, ff. 17-18v.
[xxvii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 307 ff. 38v-40.
[xxviii] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciaro, Busta 182 prot. 801, ff. 131v-132; Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 307, ff. 93-94v.
[xxix] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 877, ff. 7-8; prot. 879, ff. 15-16.
[xxx] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 307, ff. 84v-87.
[xxxi] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 66-66v.
[xxxii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 307, ff. 3-4.
[xxxiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 307, ff. 7v-9.
[xxxiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 294, ff. 95-95v.
[xxxv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 295, ff. 111-111v.
[xxxvi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 297, ff. 67v-68.
[xxxvii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 297, ff. 95-96.
[xxxviii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 297, ff. 172v-174.
[xxxix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 298, ff. 28v-29v.
[xl] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 300, ff. 30v-31.
[xli] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro Policastro, Busta 78, prot. 286 ff. sciolti; Busta 80 prot. 302, ff. 128v-129.
[xlii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 307, ff. 69-70.
[xliii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 307, ff. 84v-87.
[xliv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 307, ff. 93-94v.
[xlv] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 58v-60v.
[xlvi] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 97-098v.
[xlvii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 180v-181v.
[xlviii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 287, ff. 60-60v; Busta 80 prot. 307 ff. 7v-9; Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 877, ff. 30v-32v.
[xlix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 297, ff. 172v-174.
[l] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78, prot. 286, ff. 33v-34v.
[li] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78, prot. 286, ff. 128v-129v.
[lii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 287, ff. 30-31v.
[liii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 287, ff. 46-46v.
[liv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 287, ff. 46v-47.
[lv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 287, ff. 58-59.
[lvi] AAASS, Fondo Arcivescovile, volume 16A.
[lvii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 290, ff. 13v-15.
[lviii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 292, ff. 5v-7.
[lix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 294, ff. 81-82v.
[lx] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 301, ff. 39v-41.
[lxi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 301, ff. 49v-50v.
[lxii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 301, ff. 50v-51.
[lxiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 301, ff. 52v-54.
[lxiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 301, ff. 112-112v.
[lxv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 301, ff. 112v-114v.
[lxvi] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 874, ff. 59-60v.
[lxvii] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciaro, Busta 182 prot. 806, ff. 98v-102v.
[lxviii] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 806, ff. 127v-129v.
[lxix] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 875, ff. 43-45.
[lxx] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 877, ff. 1v-3.
[lxxi] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 877, ff. 43v-45.
[lxxii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 103v-104v.
[lxxiii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 115v-116v.
[lxxiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 291, ff. 65-66.
[lxxv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 298, ff. 26v-27v.
[lxxvi] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciaro, Busta 182 prot. 802, ff. 109v-111.
[lxxvii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 876, ff. 80-81.
[lxxviii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 290, ff. 20-21.
[lxxix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 291, ff. 97v-98.
[lxxx] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 294, ff. 67v-69.
[lxxxi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 295, ff. 32-33v.
[lxxxii] ASCZ, Notaio G.B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 301, ff. 34-35.
[lxxxiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 304, ff. 120-122v.
[lxxxiv] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciaro, Busta 182 prot. 803, ff. 120v-124.
[lxxxv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 307, ff. 76v-78.
[lxxxvi] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciaro, Busta 182 prot. 804, ff. 175v-179.
[lxxxvii] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciaro, Busta 182 prot. 804, ff. 179-180v.
[lxxxviii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 877, ff. 3v-5v.
[lxxxix] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 52-54v.
[xc] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 295, ff. 157v-158.
[xci] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 300, ff. 16v-17v.
[xcii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 302, ff. 70-71.
[xciii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 305, ff. 53v-54.
[xciv] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciaro, Busta 182 prot. 804, ff. 66-69v.
[xcv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 294, ff. 97v-98v.
[xcvi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 296, ff. 42v-43v.
[xcvii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 297, ff. 17-18.
[xcviii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 301, ff. 75v-77.
[xcix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 301, ff. 89-90.
[c] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 304, ff. 53v-54v.
[ci] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 305, ff. 12-14.
[cii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 875, ff. 49v-51.
[ciii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 139-141.
[civ] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 15v-17v.
[cv] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 94-95.
[cvi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 305, ff. 20-21v.
[cvii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 306, ff. 23v-25.
[cviii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 108v-109v.
[cix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 304, ff. 60-61.
[cx] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciaro, Busta 182 prot. 806, ff. 104v-106.
[cxi] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciaro, Busta 182 prot. 806, ff. 124v-126.
[cxii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 287, ff. 60-60v.
[cxiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 288, ff. 2v-3.
[cxiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 293, ff. 52v-53.
[cxv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 307 ff. 7v-9.
[cxvi] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 805, ff. 23v-26.
[cxvii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 874, ff. 22v-25v.
[cxviii] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 875, ff. 96-98.
[cxix] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 876, ff. 45v-48v.
[cxx] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 877, ff. 30v-32v.
[cxxi] ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 71v-73v.
[cxxii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 288, ff. 1v-2.
[cxxiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 288, ff. 97-97v.
[cxxiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 78 prot. 288, ff. 113-113v.
[cxxv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 297, ff. 99v-100.
[cxxvi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 79 prot. 299, ff. 20-20v.
[cxxvii] “In essa vi sono due conventi di Francescani mendicanti”. ASN, Fondo Notai del Seicento, Notaio Giuseppe de Vivo, scheda 714 prot. 18.
[cxxviii] Mannarino F.A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[cxxix] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991.
[cxxx] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, f. 65.
[cxxxi] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, f. 71v.
[cxxxii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 1v e 82-82v.
[cxxxiii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 5 e 95-95v.
[cxxxiv] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, f. 11.
[cxxxv] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 18v e 127-127v.
[cxxxvi] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 22-22v e 132v-133v.
[cxxxvii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 20 e 134.
[cxxxviii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 36-36v e ff. 174-174v.
[cxxxix] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 37v e 178.
[cxl] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 44-44v e 195v-196.
[cxli] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 47 e 197-197v.
[cxlii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 48 e 201v-202.
[cxliii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 4 e 89-89v.
[cxliv] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 57v e 218-218v.
[cxlv] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 61 e 227-227v.
[cxlvi] ASV, Rel. Lim. Santa Severina, 1765.
[cxlvii] ASV, Rel. Lim. Santa Severina, 1725.
[cxlviii] Vivenzio G., Istoria e Teoria de Tremuoti in generale ed in particolare di quelli della Calabria e di Messina del 1783, Napoli 1783.
[cxlix] AAASS, Fondo Arcivescovile, volume 86A.
[cl] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B fasc. 3.
[cli] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B fasc. 3.
[clii] ASN, Commissione Esecutrice del Concordato Pandetta 374.
[cliii] Sisca D., Petilia Policastro, 1964, pp. 248-249.
[cliv] Sisca D., Petilia Policastro, 1964, p. 335.
[clv] Piperno G., Tesi di Laurea: I conventi dei Frati Minori in Calabria, Messina 1971-72, p. 120.
[clvi] Sisca D., Petilia Policastro, 1964, p. 332.
[clvii] Sisca D., Petilia Policastro, 1964, pp. 248-249.
Creato il 26 Febbraio 2015. Ultima modifica: 2 Settembre 2024.