I due castelli di Le Castella e la chiesa di Santa Maria

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), il castello prima dei restauri.

Nel 1459 re Ferrante scese in Calabria per stroncare la ribellione del marchese Antonio Centelles ed assediò Crotone e Le Castella. A metà ottobre di quell’anno, bombardata da mare e da terra con l’artiglieria venuta da Napoli, dopo circa un mese di resistenza, Le Castella si arrese.[i] Confiscata e incamerata al regio demanio, la terra fu amministrata dalla regia corte finché il re non la concesse a Giovanni Pou, feudatario anche di Isola, che la mantenne fino alla “Congiura del baroni”, quando a causa della ribellione del Pou ritornò al re.[ii]

A quel tempo l’abitato di Le Castella era circondato da mura, la riparazione delle quali era a cura dell’università, e vi era un castello, proprietà feudale, passato per confisca in demanio regio. Infatti, nell’ottobre 1486, la castellania delle Castelle era stata concessa dal principe di Taranto a Francesco De Miro, che custodiva il castello con undici compagni. All’inizio dell’anno successivo un ordine del duca di Calabria comandava di munirlo, di approvvigionarlo e di farvi alcuni lavori, tra i quali quelli di “consar la porta dela torre et far lo astraco alla torre delo sperone delo castello”. Per tale scopo il duca ordinava al tesoriere Vinceslao Campitello, di utilizzare le entrate provenienti dalle terre confiscate di Isola, Le Castelle e Torre di Tacina. I lavori proseguivano nel giugno di quell’anno.[iii]

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), il castello prima dei restauri.

Pochi anni dopo, nell’aprile 1491, l’università delle Castelle chiedeva al re di poter riparare le proprie mura, continuamente rovinate dalle mareggiate, utilizzando il denaro proveniente dall’esenzione del pagamento di un carlino a fuoco, per le fabbriche del regno e da altre entrate.[iv] Re Federico d’Aragona nell’ottobre 1496, la vendette con altre terre ad Andrea Carrafa.[v] Il conte di Santa Severina però non riuscì ad entrarne in possesso per l’opposizione degli abitanti, nonostante l’aiuto promessogli da Paolo Siscar, conte di Ayello, governatore della provincia di Calabria.[vi]

Con l’arrivo degli Spagnoli, Consalvo Ferrante, gran capitano, consegnò al conte la terra delle Castelle e Santa Severina.[vii] Il Carrafa fu riconfermato nel possesso dal re Ferdinando il Cattolico,[viii] ma gli abitanti nel 1512/1513 gli si rivoltarono. Dopo la cruenta repressione condotta da Bernardo Villamarino, conte di Capaccio, il Carrafa nel 1517 ottenne dal re che, poiché per le “mala tempora” molti diritti e beni erano stati illecitamente sottratti, o occupati, da secolari ed ecclesiastici, si procedesse a fare la reintegra dei suoi feudi. L’anno dopo il viceré Raymondo de Cardona ordinava al giustiziere Francesco Iasio di Taverna, di procedere alla verifica dei beni e dei diritti feudali appartenenti al conte e alla compilazione di un inventario.[ix]

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), il castello prima dei restauri.

Nel 1520 il commissario regio consegnava due copie del documento: una per l’archivio pubblico di Napoli a cautela della regia corte, l’altra per la corte della terra di Le Castelle e del conte.[x] Dal manoscritto si possono rilevare importanti notizie sulla vita economica e sull’assetto urbanistico della terra, che allora era tassata per 202 fuochi.[xi] L’abitato circondato da mura, alcune di antica costruzione ed altre edificate di recente, era composto per la maggior parte da case palaziate, da alcune case terranee e da qualche “domuncula seu capanna”. Vi era la chiesa di Sant’Andrea, situata presso le mura nuove nei pressi del porto piccolo, il luogo detto “la Scarpa Grande” vicino al porto grande, una piazza pubblica, la chiesa parrocchiale di Santa Maria de Castellis con sacristia, cimitero e campanile, il luogo detto “Curtilio dela Corte” ed una “virdisca” presso le mura antiche.

Presso la riva del mare nelle località “la Porta de fora”, “la timpa dela porta de fora”, “le timpe delo casale” e “lo canalicchio”, sorgevano “magazeni”, “apoteghe” (spetiaria, calcinario, calemario, bucciaria, ecc.) ed alcuni “casaleni”; nelle vicinanze si trovavano anche l’ospedale e chiesa di San Nicola.

Dal documento si ricava che, nei primi anni del Cinquecento, le fortificazioni erano state rifatte. Parte della cinta muraria cittadina era stata rinnovata e mutata nella sua estensione.[xii] Il vecchio castello era stato dismesso e ne era stato costruito uno nuovo, facendolo circondare dal mare. A ricordo dell’antica fortificazione, la chiesa parrocchiale arcipretale di Santa Maria de Castellis è descritta come situata dentro le mura dell’abitato, “in loco ditto et pp.e nominato Lo Castello Vecchio ubi antiquitus erat Castrum vetus dittae Terrae”. La chiesa, che era di juspatronato del conte ed era la maggiore di Castellorum Maris, dalla parte della porta principale, confinava con la via pubblica, che andava verso il “curtilium dittum dela Corti” e, dalla parte della porta piccola e della “tripona”, con le case di Salvo Succurra e di Domenico De Pace, che erano poco distanti dalla riva del mare.[xiii]

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), il castello prima dei restauri.

Le nuove fortificazioni cinquecentesche davano sicurezza. “Quando vi era nova de Turchi li preti et gente dell’Isula salvavano la gente et robbe in la terra delle Castelle perchè nella città dell’Isula non ci era mura”, ma “nel 1536 i Turchi pigliarono tutte quelle persone che si ritrovavano dentro detta terra … (che) … fu saccheggiata et brusciata tutta di maniera che si abbrusciarono et si persero tutte scritture et protocolli de notarii”, tra i quali i privilegi originali del vescovato di Isola che erano in una cassa nella sacristia della chiesa di Santa Maria de Castellis.[xiv]

La città subì altri saccheggi e si spopolò.[xv] Durante il viceregno del duca d’Alba (1556-1558), dopo l’incursione turca su Cariati (27 luglio 1557), per paura e col pretesto che i turchi potessero farne base per le loro scorrerie, si decise di smantellarla.[xvi] Così le mura cittadine furono abbattute e gli abitanti superstiti se ne andarono, rimasero solamente una quindicina di famiglie all’interno del castello feudale.[xvii] Gli edifici rovinarono e nel 1564 la terra è data per “dishabitata”.[xviii] Dalla visita fatta nel 1568 dal vescovo Annibale Caracciolo,[xix] sappiamo che le tre chiese di Santa Maria, San Nicola e Sant’Andrea, godevano ancora di distinte e sufficienti proprietà e rendite. In seguito, i loro beni furono incorporati parte al capitolo e parte alla mensa vescovile di Isola.[xx] L’arciprete di Castellorum Maris passò allora per quinta dignità nel capitolo di Isola, fintanto che non si fosse ripopolata la distrutta terra.[xxi]

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), il castello prima dei restauri.

Poichè i terreni che erano stati posseduti dalle chiese erano situati in diverse parti del territorio della terra delle Castella, per evitare le liti che di continuo nascevano per la loro coltura, tra il vescovo di Isola ed il barone delle Castella, i due “si convennero di dover cedere il barone altri territori tutti in una continenza a favore della mensa vescovale, e del clero della città d’Isola per compenso delle terre delle chiese destrutte, che furno assignate, e date al barone”. Avendo stimato che le terre della chiesa di Santa Maria in territorio delle Castella, cedute dal vescovo al barone, rendevano annualmente tomoli sessanta di grano, il vescovo pose la condizione che se “la chiesa predetta di Santa Maria delle Castella, che adesso è deserta e senza clero, ritornasse al pristino stato. In tal caso esso Monsig. vole, dechiara et stabilisce, che dette tomole sessanta de grano siano et vadino in beneficio di detta chiesa”.[xxii]

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), il castello prima dei restauri.

A fine Cinquecento pur spopolata, Castellorum Maris conservava ancora parte delle sue fortificazioni. Il vescovo di Isola Annibale Caracciolo, nel dicembre 1594, entrò nel castello dalla sua porta, “ben inferriata doppia con quattro sbarre di ferro, doi all’una et doi all’altra porta con la serratura et masco grandi sotto una lamia”,[xxiii] e visitò la chiesa di Santa Maria che era “quasi in totum derelicta et despoliata”.[xxiv] Le quindici famiglie che abitavano nel castello, se ne erano quasi tutte andate a Cutro ed a Isola per paura dei Turchi. Nel castello dove, a ricordo del costruttore, c’era “una effigie di Andrea Carrafa guasta un poco al naso”, mentre nella torre erano riposti un falconetto e alcuni “smerigliotti, archibuscioni, alibardi e archibusci”,[xxv] rimanevano solo il castellano con i suoi aiutanti che d’estate, quasi sempre, se ne stavano a Cutro.

L’arciprete, che godeva di una decorosa prebenda non vi faceva residenza, ma vi si recava solo nei giorni festivi, per celebrare la messa e amministrare i sacramenti ai marinai che vi capitavano ed ai pochi abitanti che erano nel castello.[xxvi] La chiesa, spogliata di tutti gli apparati sacri ed in parte distrutta dai Turchi, fu ripristinata dall’arciprete Geronimo Zurlo.[xxvii] Così nel 1648, essa si presentava in ordine e con l’altare maggiore decentemente ornato.[xxviii] Poiché gli abitanti non erano in grado di difendersi, nel 1644 per ordine di re Filippo IV, la terra era stata dichiarata abbandonata.[xxix]

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), il castello prima dei restauri.

La chiesa, o piccola edicola, di Santa Maria de Castellis, o della Visitazione, continuò ad esistere fuori dal castello feudale. A ricordo del luogo “Castello vecchio” e delle mura della città, così annotarono i vescovi di Isola che la visitarono: “Eccl.a sub invocat. Sanctissime Visitationis est extra fortilium sub fornice quodam antiquor. muror. Castri”.[xxx]

Essa sorgeva ormai “in aperto”, “sub fornice antiquor. muror. oppidi extra arcem constructa rudis et angustae formae”.[xxxi] Il vescovo di Isola Francesco Megale nel 1680, così si esprime: “La chiesa è fuori del castello spero tuttavia di erigere una edicola dentro il castello, se mi asseconderà il principe di Cutro che ne ha il dominio.[xxxii] L’intento del presule non si realizzò e così il nuovo vescovo, Francesco Marino, alla fine del Seicento, poiché la terra cominciava a ripopolarsi,[xxxiii] cominciò a ricostruirla ampliandola.[xxxiv] La chiesa, che prima era una piccola edicola, ingrandita e finita, fu benedetta dal nuovo vescovo Domenico Botta (1717-1722).[xxxv]

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), il castello prima dei restauri.

Si verificavano così le condizioni a suo tempo poste per una nuova ridotazione e l’università delle Castella, richiamandosi alla convenzione stipulata nel 1578 tra il vescovo Caracciolo ed il Duca di Nocera, per le terre di Santa Maria delle Castella, si rivolse all’arcivescovo di Santa Severina perché intervenisse a favore della matrice, restituendole i sessanta tomoli di grano che ogni anno il barone dava alla mensa vescovile ed al clero di Isola, “perchè oggidì si è fatto il caso di essersi rimessa e ritornata in pristino stato la chiesa matrice con essersi aumentato il popolo in d.a terra sopra il numero di seicento anime”.[xxxvi] Verso la metà del Settecento “fuori del castello c’è la parrocchiale della B.V.M. che prima era una semplice edicola ora in verità è una nuova chiesa con tre altari”,[xxxvii] essa era decentemente ornata e provvista di paramenti sacri.[xxxviii]

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), il castello prima dei restauri.

Nel 1771 Le Castella conta 28 fuochi, “gente tutta campagnola, che miseramente vive”. La chiesa arcipretale è nell’imminente pericolo di rovinare, “situata sopra uno scoglio, che viene continuamente battuta dal mare, con un pontone, o sia pilastro a mano sinistra dalla porta che minaccia imminente rovina, giachè oltre di trovarsi il pedamento del tutto lesionato, perchè sta situata sopra un picciolo scoglio il quale comparisce fragolo, o sia aperto in guisa tale nel solo rimirarsi fa conoscere non solo il pericolo imminente della rovina ma anche quello de cittadini. Per tal causa le mura della chiesa sono lesionate ed aperte”.

Essendo morto nel febbraio di quell’anno, l’arciprete Arcangelo Affittante (1724-1771), i Castellesi, non essendo in grado di riparare la vecchia parrocchiale, poiché sarebbe stata necessaria una “esorbitante somma di danaro, colla quale s’edificarebbero più e più chiese”, supplicarono la Santa Sede di non nominare per alcuni anni l’arciprete, ma di usare le rendite dell’arcipretura vacante per costruire un nuovo edificio in un luogo più sicuro. La supplica fu accompagnata dall’assenso del vescovo di Isola Monticelli, a patto che, terminata la nuova chiesa, i cittadini di Le Castella avrebbero dovuto edificarne un’altra fuori dell’abitato a Ritani nelle sue terre, per favorire i suoi lavoranti ed affittuari.

Il progetto era di completare l’opera entro sette anni. Così per sette anni i Castellesi corrisposero alla mensa vescovile di Isola le decime in grano e, dopo la Real Determinazione, la congrua in denaro. A sua volta, per tutto il tempo, il vescovo di Isola mantenne a Le Castella un economo curato e si interessò al mantenimento della vecchia chiesa e alla costruzione della nuova. Passati i sette anni, nel giugno 1778, fu nominato il nuovo arciprete, Domenico Antonio Alessio, ma la nuova chiesa rimase incompleta. Il vescovo disse ai cittadini di Le Castella che, se avessero voluto completarla, avrebbero dovuto farlo a loro spese.

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), il castello prima dei restauri.

Nel 1780 la nuova piccola chiesa risultava “edificata di rustico con piccoli cornicetti” e ancora senza pavimento; dovevano essere terminati gli altari, la sacristia ed il campanile e bisognava stuccarla interamente. Si calcolava che per poter officiare, occorresse ancora spendere circa duecentottanta ducati. I Castellesi, “giache passano più li giorni digiuni, che sazi per la gran miseria”, si rivolsero al re. Essi fecero presente che la mensa vescovile di Isola, oltre a possedere vasti possedimenti nel loro territorio, si era a suo tempo impadronita delle entrate delle chiese di Le Castella e non le aveva mai più restituite, chiesero perciò che il vescovo completasse a sue spese la chiesa e restituisse i beni o, almeno, si impegnasse a pagare la congrua al parroco e mantenesse la nuova chiesa di tutto il bisognevole.[xxxix]

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), il castello prima dei restauri.

Durante l’arcipretura di Domenico Antonio Alessio[xl] la nuova chiesa fu completata e riprese vita. L’università di Le Castella continuò a rivendicare le rendite delle chiese, a suo tempo incamerate dal vescovo di Isola, e l’arciprete, dopo il terremoto del 1783, quelle dell’arcipretura delle Castelle, che erano state date in gestione alla Cassa Sacra.

Nel 1789 la chiesa arcipretale di Santa Maria della Visitazione risulta ben fornita di arredi sacri e vi sono, oltre all’altare maggiore, altri quattro altari dedicati a S. Antonio, S. Giuseppe, all’Assunta e del Rosario (gli ultimi due “diruti”) e la sacrestia.[xli] Nel 1808 a Le Castella vi è solo la chiesa parrocchiale di Santa Maria gestita da un economo.[xlii]

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), il castello prima dei restauri.

Note

[i] Giampietro D., Un registro aragonese della Biblioteca Nazionale di Parigi, A.S.P.N., 1884, pp. 284-285.

[ii] AVC, Processo grosso di fogli 572 della lite che Mons. Ill.mo Caracciolo ha fatto con il Duca di Nocera per il detto vescovato nell’anno 1564.

[iii] ASN, Cunto dele intrate dela cita dellisola le castelle et de tacina loro pertinentie et districto administrate per me Antonio de Jacobo de Florentia, Dip. Som. Fs. 552, I° Serie, f.lo 1, 1487, ff. 39-40.

[iv] Trinchera F., Codice aragonese, Napoli 1874, Vol. III, pp. 48-50.

[v] Nel 1496 Castellorum Maris era tassata per 190 fuochi e dava entrate per ducati 45. AVC, Processo grosso di fogli 572 della lite che Mons. Ill.mo Caracciolo ha fatto con il Duca di Nocera per il detto vescovato nell’anno 1564. f. 475.

[vi] Nel cedulario della provincia di Calabria Ultra dell’anno 1500 si tassò Andrea Carrafa solamente per la terra di Roccabernarda e per il feudo di Crepacore. ASN, Ref. Quint. Vol. 207, ff. 79 sgg.

[vii] AVC, Processo grosso di fogli 572 della lite che Mons. Ill.mo Caracciolo ha fatto con il Duca di Nocera per il detto vescovato nell’anno 1564, f. 452.

[viii] La conferma avvenne da Salamanca il 18.1.1506 e da Castello Novo il 20.5.1507. Nel cedulario del 1508 si tassò il conte anche per Santa Severina e casali e per la terra delle Castelle. ASN, Ref. Quint. Vol. 207, ff. 79 sgg.

[ix] AVC, Processo grosso di fogli 572 della lite che Mons. Ill.mo Caracciolo ha fatto con il Duca di Nocera per il detto vescovato nell’anno 1564, ff. 488-489.

[x] AVC, Processo grosso di fogli 572 della lite che Mons. Ill.mo Caracciolo ha fatto con il Duca di Nocera per il detto vescovato nell’anno 1564, ff. 488 sgg.

[xi] Pedio T., Un foculario del Regno di Napoli del 1521 e la tassazione focatica dal 1457 al 1595, in Studi Storici Meridionali, n. 3 1991, pp. 264-265.

[xii] La corte possedeva presso il mare un pezzo di terra “cum certa parte vestigior. et pedamentor. Domorum”, situato fuori mura nel luogo detto “la Porta de Fora”, confinante con la via pubblica che va dentro la terra di Castellorum Maris. AVC, Ista sunt bona demanialia ditti castri Cur. feudi di ditte terre castellorum maris (1520), f. 19v.

[xiii] AVC, Ista sunt bona demanialia ditti castri Cur. feudi di ditte terre castellorum maris (1520), f. 26.

[xiv] AVC, Processo grosso di fogli 572 della lite che Mons. Ill.mo Caracciolo ha fatto con il Duca di Nocera per il detto vescovato nell’anno 1564, ff. 413 sgg.

[xv] Particolarmente grave fu il saccheggio del Barbarossa che nel novembre 1545 portò via in schiavitù dalla cittadina numerosi abitanti. ASN, R. C. Som. Numerazione fuochi terre Castellorum, F.133, ff. 73-110 (1546).

[xvi] “Questa deshabitatione fu procurata dal Ill. Duca di Nocera loro padrone per farsi padrone delle loro terre et vigne, come chiaramente si vede esserli reuscito”. Galasso G., Economia e società nella Calabria del Cinquecento, Napoli 1967, p. 387.

[xvii] Guarino Pantisano di circa 80 anni, nel 1594 affermava: “Sono arciprete delle Castella con cura d’anime, si bene son pochissime anime perchè dopo che li turchi pigliaro detta terra e fo anco smantellata, tutti li cittadini sene partiro”. AVC, Visita di Annibale Caracciolo, vescovo di Isola, 1594, f. 88v.

[xviii] ASN, Tesorieri e percettori di Calabria Ultra, Vol. 4087, anno 1564-1565.

[xix] L’anno prima c’era stato un processo per lo juspatronato di Santa Maria delli Castella, tra il vescovo Caracciolo ed il Duca di Nocera. AVC, Processo per lo juspatronato di S.ta Maria delli Castella di carte settanta due nell’anno 1567.

[xx] Le distribuzioni quotidiane “quae in eccl.a pr.tta ante non erant modernus ep.s introduxit pro quarum augmento agregavit eis tria beneficia simplicia: S. Andreae, S. Nicolai terrae Castellorum Maris et Divae Mariae Magdalenae Baroniae Tacinae”. ASV, Rel. Lim. Insulan. ,1600, S. Congr. Conc.

[xxi] ASCZ, Regia Udienza di Catanzaro 479, fasc. I.

[xxii] AVC, Capitoli, patti et conventioni inhiti fra l’Ill.mo Don Alfonso Caraffa duca di Nocera et barone della terra delle Castella et l’Ill.mo R.mo Monsig. Aniballe Caracciolo vescovo dell’Isola, Neapoli die tertio m. Julii 1578.

[xxiii] ASCZ, Atti Notarili Busta 69, anno 1598, f. 56.

[xxiv] AVC, Visita di Annibale Caracciolo, vescovo di Isola, 1594, ff. 36-37.

[xxv] ASCZ, Inventarium Castrorum Maris et Castri. ASCZ, Busta 69, anno 1598, ff. 56-57.

[xxvi] Nel 1594 l’arciprete Guarino Pantisano, che era succeduto nel 1579 a Colella Loriyo, affermava che “al principio io facea residentia perche nello castello vi erano da circa quindici casati, ma da alcuni anni in qua che son quasi tutti sfrattati per lo pericolo et invasione deli turchi, io me retirai all’Isola e le feste andava a celebrare” e “al p.nte non sono piu che tre casati li quali habitano dentro il castello”. Il Pantisano nel 1545, mentre era arciprete di S. Pietro di Tripani, era stato catturato dai Turchi e liberato dopo un anno di schiavitù ed il pagamento di “cento scuti de oro”. Cessione dell’arcipretato delli Castella, anno 1579; Visita di Annibale Caracciolo, 1594, ff .40v, 88v. ASV, Rel. Lim. Insulan., 1615-1635.

[xxvii] All’arciprete Guarino Pantisano (1579-1595) seguì Domenico Conte (1603-1606), poi Fabrizio Melione (1612-1630) e quindi, nel 1630 Hieronimo Zurlo. Russo F., Regesto, IV, pp. 374, 419; V, p. 251.

[xxviii] “eccl.am illam esse sub titulo Visitationis B.tae Mariae Virginis cuius immagine ipse Archip. suis sumptibus fieri curavit cum annis retroelapsis fuisse invas. a turcis a quibus expoliatam omnibus apparatis et vestibus sacerdotalibus”. AVC, Visita del vescovo di Isola Gio. Batt.a Morra, 1648.

[xxix] ASV, Rel. Lim. Insulan. 1644.

[xxx] ASV, Rel. Lim. Insulan. 1673.

[xxxi] ASV, Rel. Lim. Insulan. 1667, 1670.

[xxxii] ASV, Rel. Lim. Insulan. 1680.

[xxxiii] Popolazione di Le Castella come si ricava dalle relazioni dei vescovi e dalle tassazioni: 275 fuochi (1532); 183 fuochi (1545); 11 fuochi (1561); 20 abitanti (1594); 3 fuochi (1595); 26 abitanti (1618); 50 abitanti (1633-1651); 6 fuochi (1669); 100 abitanti (1673-1701), 150 abitanti (1704-1714); 43 fuochi (1742); 270 abitanti (1808); 307 abitanti (1816); 268 abitanti (1858).

[xxxiv] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1694.

[xxxv] “Extra castrum ecclesiam habet Parochialem, Archipresbiteratus nuncupatam, sub invocatione B.M.V. qua potius Aedicula erat. Nunc vero novam detinet ecclesiam in ampliorem formam redactam, quam inceptam reperi, eamque iam absolui, et benedixi, et in ea tria extant altaria”. ASV, Rel. Lim. Insulan., 1721.

[xxxvi] AVC, Esposto dell’università della terra delle Castella a Mons. Arcivescovo di S. Severina Carlo Berlingieri, 11. 6. 1717.

[xxxvii] ASV, Rel. Lim. Insulan. 1741.

[xxxviii] Il vescovo Giuseppe Lancellotti che visitò la matrice nella Pasqua del 1762 trovò l’altare maggiore e la fonte battesimale decentemente ornati e la sacristia abbastanza provvista. AVC, Visitatio Giuseppe Lancellotti, 1762.

[xxxix] ASCZ, Regia Udienza, 479, fasc. I (1780).

[xl] Dat. Aplca. per obitum F. 200, f. 142v. Russo F., Regesto, XII, p. 367.

[xli] ASCZ, Cassa Sacra, Segreteria Ecclesiastica, Atti di revisione, e nuova liquidazione delle rendite dell’arcipretura delle Castelle, Vol. 52, 948 (1789).

[xlii] “La chiesa delle Castella dona per distribuzione all’arciprete e preti per un biennio tt.a 30 di grano ed il terzo anno Duc. 15 e tt.a 15 di grano che si contribuisce dalla Cam.a della sud.a terra. Arcipretura delle Castella: Tiene di rendita annui Duc. 40 per una gabella e Duc. 100 le si corrispondono dal R.do Capitolo di questa città (Isola) sopra i beni dei luoghi pii della med.a allo stesso capitolo aggregati”. AVC, Stato delle chiese di Isola, 1808.


Creato il 4 Marzo 2015. Ultima modifica: 5 Aprile 2024.

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