Dalla chiesa di Santa Maria “Francorum” a quella di San Francesco di Paola di Policastro
L’esistenza di una chiesa dedicata alla Vergine, all’interno delle mura dell’abitato medievale di Policastro, risulta documentata verso la fine del dominio normanno, da un “Instrume(n)tum Grecor(um) abatia Santi A(n)g(e)li de Fringillo” del luglio 1187 (a.m. 6695), quando “Nicolas Charbatos”, morta sua moglie “Marotta”, per la somma di un nomismata e quattro tari, vendette a “Nicolas”, figlio del defunto “Thèrsos Kampellènos”, la casa ricevuta in eredità da suo padre, con il legname, le piccole pietre ed il terreno edificabile. La casa era posta nella “terra” (χώρας) di Policastro, in “convicino” (ένορίαν) della chiesa dedicata alla “Théotokos de Thrakèsès” (Θεοτόκον τοϋ Θρακήση), e risultava così confinata: a est la casa di “Nicolas Phétzarès”, a ovest la via e la detta chiesa, a nord la casa di Johannes, genero di Pietro, ed a sud la casa acquistata da “Théodore Xantos” e la casa di “Bonos Kannoulos”.[i]
Durante il Medioevo, l’abbazia di Sant’Angelo de Frigillo ebbe diversi possedimenti in Policastro e, ancora agli inizi del Seicento, come si poteva riscontrare in una “platea veteri”, deteneva alcuni antichi censi “in Terra Policastri” e nel suo “Territorio”, anche “alla Par.a di S.ta Maria” ed “in loco d.o Strata nova, iuxtam la porta nova di d.a Terra”,[ii] luogo dove si trovava al tempo la chiesa parrocchiale di Santa Maria dei Francesi.
Santa Maria “delli francesi”
La chiesa parrocchiale di “S. Mariae de Francis” compare alla metà del Quattrocento, quando, essendo vacante per libera rassegnazione fatta da Nicolao Cappa, rettore della chiesa di “S. Nicolai de Plateis”, la Santa Sede la conferì a Johannes Bovario, presbitero della diocesi di Santa Severina.[iii] Ritroviamo “S(an)ta Maria delli francesi” alla metà del secolo successivo, in un elenco relativo al pagamento della decima dovuta alla Santa Sede, da parte dei membri del clero della diocesi di Santa Severina, quando era un benefecio “Curato”: “R.to da D: Gio: Batt(i)sta Cansoneri per S(an)ta Maria delli francesi per x.a d. 0.1.0”.[iv] Periodo in cui “Donno bap.ta classidonte” ed il cappellano “donno bap.ta Canzoneri”, pagavano annualmente all’arcivescovo di Santa Severina, 2 tari a titolo di quarta beneficiale “per s.ta m.a de li francisi”, come appare documentato nel “Libro de tutte l’intrate de lo arcivescovado de’ s(a)nta Anastasia”, durante il quadriennio 1545-1548 e nel 1566.[v]
La chiesa alla metà del Cinquecento
Il 9 di giugno del 1559, a conclusione della sua visita alle chiese esistenti nell’abitato di Policastro, il cantore della chiesa di Mileto Giovanni Tommaso Cerasia, vicario dell’arcivescovo di Santa Severina Giovanni Battista Ursini, dopo essere stato nella chiesa di Santa Caterina, andò alla chiesa parrocchiale di “s.tae Mariae deli francesi” di cui era cappellano D. Battista Conzonerio. Qui, entrato nell’edificio e pronunciata l’orazione davanti all’altare, il vicario cominciò la visita. La chiesa possedeva un altare maggiore di fabbrica con altare portatile con tre tovaglie, un “coperimento” d’altare di “piczo”, tre vestimenti sacerdotali di tela completi, tre “plumacios”, un messale, un paio di candelabri di ottone, una “pacem” ed una “Conam” in tela, con sopra un “lintheamen” di tela. Dentro un’arca furono rinvenuti: un “plumacium piczum”, sei tovaglie ed un’altra vecchissima, lacera e consunta, un mandile, tre altre tovaglie, una casula di tela, un calice di peltro con patena d’argento e corporali. Vi era una campana piccola che “stantae paupertatae ecc.ae p.tae”, fu comunque detto di riparare mentre, oltre l’altare maggiore, vi erano altri tre altari che bisognavano di tutto il necessario.[vi]
Il luogo agli inizi del Seicento
Alla fine del Cinquecento, a seguito dello stato generale di povertà, il numero delle parrocchie di Policastro fu ridotto, come riferisce la relazione del 1589 prodotta dall’arcivescovo di Santa Severina Alfonso Pisani per la Santa Sede.[vii] In questa occasione, tra le quattro chiese parrocchiali rimaste, non troviamo più quella di Santa Maria dei Francesi che, in seguito, comparirà tra i benefici uniti a quello della chiesa matrice di San Nicola della Piazza.
Alcuni atti notarili della prima metà del Seicento, evidenziano che, il luogo caratterizzato dalla presenza della chiesa di Santa Maria delli Francesi, individuato in questi documenti, in qualità di “convicinio”, o “convicino”, della detta chiesa[viii], si estendeva fino ai limiti dell’abitato di Policastro rappresentati dalla “porta nova”: un accesso di più recente costruzione, che muniva la sommità della timpa, o “rupam oleastri”. Qui, all’interno dell’abitato, confinante con le “rupas oleastri, et viam quod escitur fories dittam terram”, si trovava la casa terranea posta “in Convicinio Ecclesie s.te Marie de Frangisi”, che Isabella Misiano, vedova del quondam Joannes Dom.co Priolo, assieme con i figli Horatio e Joannes Baptista Priolo, vendette ad Angelo Cropanese.[ix] Quest’ultimo, in seguito, acquisì anche altri stabili vicini dei detti de Priolo, beni confinanti con l’orto e la domus del dottore Hyeronimo Poeri,[x] che si trovavano in prossimità di orti ed altre possessioni poste fuori le mura, nei luoghi detti “santo aloe” e “la timpa dell’ogliastro”,[xi] presso “la porta nova di detta Citta”.[xii]
Per quanto riguarda, invece, il luogo interno alle mura prossimo alla “porta nova”, altri documenti evidenziano che la casa di Angelo Cropanese sorgeva vicino a quella di Joannes Francesco Mendolara.[xiii] Dopo che il detto Joannes Francesco ebbe venduto al Cl.co Joannes Hyeronimo Mendolara, la propria parte di detta domus che i due possedevano in comune,[xiv] troviamo che la domus di quest’ultimo, risultava individuata presso la porta Nova.[xv]
Un beneficio senza rendita
Alla metà del Seicento, la chiesa di “S. M.a de Francesi” risultava ancora uno dei benefici di Policastro che, come nel passato, pagavano la “4.a” all’arcivescovo di Santa Severina,[xvi] anche se perdurava il suo stato di poverta già evidente alla metà del secolo precedente, e la chiesa si trovava priva di qualsiasi rendita, come si riferisce in occasione della visita ai luoghi della diocesi, compiuta dall’arcivescovo Francesco Falabella nel 1660.
Il 7 ottobre di quell’anno, dopo aver visitato la chiesa di Santa Maria delle Grazie, e prima di proseguire il suo itinerario che lo avrebbe condotto alla chiesa dell’Annunziata Vecchia, posta fuori le mura, la visita dell’arcivescovo continuò presso la chiesa di “S. Maria vulgo Li Francesi”, dove egli visitò l’altare posto nella parte orientale dell’edificio, coperto da un pallio di seta di colore rosso con tre tovaglie, comandando che venisse infisso e fabbricato un “Lapide Sacrato”. Qui egli riscontrò la presenza di “Carta Secretorum”, “Tabella Inprincipii”, croce e quattro candelabri di legno. Sopra l’altare vi era una “Icona in tela depicta cum Imaginibus B.M.V. S. Elisabeth, et Sanctorum Joachim, et Joseph” mentre, sopra questa, si trovava un baldacchino di legno. In una arca di legno conservata all’interno della chiesa, furono trovati: una pianeta di seta rossa, una “Alba”, un calice con patena e con i suoi ornamenti ed un messale.
La chiesa, che non possedeva alcuna rendita, aveva l’onere di celebrare due ebdommade, una per l’anima del quondam Joannes Baptista Zurlo seniore e l’altra, per l’anima del quondam Livio Zurlo, mentre le elemosine relative a dette messe, erano pagate annualmente da Joannes Baptista Zurlo iuniore.[xvii] L’esistenza di questi legati, si rileva in un atto del 25 settembre 1630. Quel giorno, il notaro si portava nella domus palaziata di Livio Zurlo di Policastro, consistente in più e diversi membri, posta dentro la terra di Policastro nel convicino di Santa Maria “delli fransisi”, confine la domus di Franceschina Callea, le vie pubbliche da tre lati ed altri fini, per stipulare il suo testamento. In questa occasione, il testatore istituì erede suo figlio Gio. Battista Zurlo, e fra le altre sue disposizioni, legò annui ducati 5 a Santa Maria “delli Fransesi” per una ebdommada, che avrebbe dovuto servire D. Blasio Capozza, così come avveniva già per l’altra lasciata dal quondam Gio. Baptista Zurlo suo padre.[xviii]
La cappella della Visitazione, ovvero di Santa Maria “Francorum”
Secondo quanto riferisce il Mannarino, al tempo dell’arcivescovo Carlo Berlingieri (1679-1719), negli ultimi anni del Seicento, la chiesa “dell’Annunziata detta di Fuora” fu diroccata, e dal suo sito che si trovava “sotto le mura della Città in bocca alla Porta della Città”, fu trasferita in quello dell’antica chiesa di “Santa Maria delli Francesi”. Sempre secondo le affermazioni del Mannarino, quest’ultima fu completamente “smantellata”, così da poter essere rifabbricata “da fondamenti” in forma più vasta.[xix]
Confermano le parole del Mannarino, le informazioni che ci fornisce una epigrafe fatta alla fine del Seicento dal cantore D. Michel’Angelo Coco,[xx] che oggi ritroviamo sopra la porta laterale della chiesa di San Francesco di Paola. Questo testo, che riassume le vicende dell’antica chiesa di Santa Maria “FRANCORUM”, titolo che si riteneva discendesse da una famiglia oriunda della Francia, riferisce che, quella che era stata la parrocchiale cinquecentesca (1521), era ormai “COLLAP.A” nel 1690, e che, al tempo in cui fu diroccata la chiesa dell’Annunziata (1697), posta fuori la porta della Piazza, il suo beneficio fu trasferito nella chiesa matrice, dove fu eretta la relativa cappella (1704). Su luogo dove era esistita l’antica parrocchiale, fu invece trasferita la chiesa dell’Annunziata, la cui prima pietra fu posta il 19 aprile 1698. In questo luogo detto la Rupe dell’Oleastro, furono così eretti i sacelli di San Francesco di Paola, dove fu posta l’antica statua del santo, e di Santo Aloe.
L’erezione nella chiesa matrice, della cappella relativa all’antica parrocchiale, risulta testimoniata da alcuni documenti. Il primo gennaio 1705, infatti, dietro la richiesta dei fratelli D. Ant.o Ferrari, arcidiacono della cattedrale di Santa Severina, e Francesco Ferrari, chierico coniugato, l’arcivescovo Carlo Berlingieri approvava l’erezione di “un perpetuo Semplice Beneficio Eccl(esiati)co all’Altare della S.ma Vis.e sotto l’invocaz.ne di S. M.e delli Francesi posto dentro la V(enera)b(i)le Chiesa Matrice”, ovvero “ad Altare S.mae Visit.e, seu S. M. Francorum positum intus V(enera)b(i)lem Ecclesiam Matricem in loco Policastri”, compreso di una messa cantata nel giorno della S.ma Visitazione della Vergine.
Come appariva dallo strumento di dotazione fatto in Policastro il 12 settembre 1704, il beneficio risultava dotato in annui ducati 25, provenienti da alcuni stabili posti nel distretto di Policastro: una continenza di terre in loco detto “la Valle delli Cancelli”, confine i beni della cappella di San Gregorio, del vignale di Santa Caterina, ed altri fini, dalla quale si percepiva la somma di d. 10, un’altra continenza di terre dette “S. Marco”, arborata di olive, dalla quale si percepiva la somma di d. 10, un orto posto “dentro d.o luogo di Policastro”, dal quale si esigevano annualmente d. 3, ed un annuo canone di carlini 28 per un capitale di ducati 40 alla ragione del 7 %, dovuto dal clerico Antonino Carcello.
Il 21 giugno 1705, nel palazzo arcivescovile di Santa Severina, lo stesso arcivescovo firmava l’atto mediante il quale, il clerico Joannes Dominico Ferrari di Policastro, in qualità di cappellano, era immesso nel reale possesso della “Cappellaniam, seu Beneficio in Altare, seu ad Altare sub invocatione Sanctiss.mae Visitationis inctus Ecclesiam Matricem loci Policastri”, fondato “per Rev.m D. Antonium, et Clericum Coniugatum Franciscum fratres de Ferrariis cum reservatione Juris patronatus, et praesentandi Rectorem”. Al sacerdote Joannes Dominico, il 10 giugno 1717, succederà, in qualità di cappellano, il clerico Nicolao Ferrari,[xxi] mentre, alla metà del Settecento, il semplice beneficio di “S. Maria de Francesi”, juspatronato della famiglia Ferrari, risultava provvisto al clerico Giuseppe Faraldi.[xxii]
La cappellania di San Carlo Borromeo
Anche le vicende della cappella di San Carlo Borromeo evidenziano la transizione che, agli inizi del Settecento, dall’antica chiesa della SS.ma Annunziata “di fuora”, condusse all’erezione della nuova chiesa di San Francesco di Paola. Il 23 luglio 1717, Carlo e Dom.co Tronca di Policastro, anche in esecuzione di una “pia esposit.ne” del quondam D. Gio. Tomaso Tronca, presentavano alla curia arcivescovile, un memoriale relativo all’erezione e fondazione di un semplice beneficio ecclesistico di juspatronato perpetuo della loro famiglia “Tronga”, sotto l’invocazione di “S. Carlo Borromeo” e con l’altare dentro la venerabile chiesa della “SS.a Annunziata di fuora d.a Terra di Policastro”.
Lo strumento di fondazione, stipulato il 26 maggio 1717, prevedeva che, nel caso il rettore fosse stato della famiglia Tronca, quest’ultimo avrebbe avuto il peso perpetuo di celebrare, o far celebrare, 50 messe basse ogni anno “in altare ad sua lib.a”, oltre l’onere giornaliero del “notturno de morti”. Qual’ora invece, il rettore non fosse stato di famiglia, le dette funzioni, si sarebbero dovute celebrare “nell’altare erigendo” dentro la detta chiesa. In questo caso, frattanto che non fosse stato costruito il detto altare, le messe si sarebbero dovute celebrare in quello del glorioso S. Francesco di Paola dentro la medesima chiesa, con il di più di una messa cantantata ogni anno in perpetuo, “nel giorno di S. Carlo Borromeo”. Allo scopo, i detti de Tronca avevano assegnato al beneficio annui ducati 25, riservandosi lo “jus praesentandi, e nominandi” ed obbligandosi a pagare il cattedratico nel giorno del sinodo di Santa Anastasia, nella misura di una libra di cera. Il 9 aprile 1718, l’arcivescovo Carlo Berlingieri concedeva il beneficio al clerico Dom.co Tronca.[xxiii] Gli atti del sinodo diocesano di quell’anno, testimoniano che fu chiamato in sinodo il “Rector et fund.r Simplicis Beneficii sub tit.o S. Caroli Borromei cum lib. Cerae albae elaboratae”, come continua ad essere documentato anche successivamente.[xxiv]
I documenti testimoniano che anche in seguito, questo beneficio rimase ai discendenti di casa Tronca. Nel gennaio del 1738, morto ormai Dominico Tronca da più di quattro mesi, il semplice beneficio di “S. Caroli Borromei”, esistente nella chiesa di “S. Francisci de Paula”, fu provvisto al clerico Scipione Tronca, suo unico figlio.[xxv] Nel 1756, ne era rettore il cantore D. Tomaso Tronca, mentre sappiamo che, verso la fine del secolo, “La Semplice laical Cappellania sotto il tit.o di S. Carlo Borromeo di Juspatronato della famiglia di Tronca”, possedeva una gabella detta “la Caracciolella” di circa 5 tt.e che rendeva d. 5, un pezzetto di terra chiamata “il Ringo” che, dedotta la cultura, rendeva d. 00.50, due piedi d’olive nel luogo detto “Basilea”, che rendevano d. 00.80, ed un pezzo di terra detto “la Volta di Tacina”, confinante con “Serra rossa”, che rendeva d. 5.00. I pesi che sopportava, erano rappresentati dall’originario onere di 50 messe e dal pagamento di “Cattedratico, e fiscali”.[xxvi]
La chiesa di San Francesco di Paola
Al tempo in cui il Mannarino scrisse la sua cronaca (1721-1723), quando “Santa Maria delli Francesi” si trovava unita alla chiesa matrice,[xxvii] l’edificio di una nuova chiesa era già stato costruito presso il luogo in cui era esistita l’antica parrocchiale. Questo, però, non era stato eretto sotto l’antico titolo dell’Annunziata ma, in ragione della fama del “gran Tamaturgo”, che ne faceva al tempo il “primo ornamento di Calavria”, in luogo della Vergine, era stato dedicato a San Francesco di Paola, come “vien chiamata dal volgo la nuova Chiesa”, in ragione delle innumerevoli grazie ricevute dalla popolazione. In ragione di ciò, “nel destro fianco della chiesa”, erano state realizzate “due Capelle sfondate”, una per la Vergine, ed una per il Santo con la sua statua che, in precedenza, quando si trovava nell’antica chiesa dell’Annunziata, era invece posta in una “Nicchia” alla destra della Madonna, che teneva alla sua sinistra San Leonardo.
Accanto a queste opere, la vitalità della nuova chiesa in questi anni risultava testimoniata anche dalla presenza della confraternita del SS.mo Sacramento che, dalla matrice di San Nicola della Piazza, era stata trasferita nella nuova chiesa dove, rispetto allo spopolamento che affliggeva la matrice, poteva ora godere di nuovi apporti, essendo “numerata di fratelli del primo Ceto, e dà loro insignemente beneficiata.”[xxviii]
Essa risultava anche discretamente dotata. Al tempo della compilazione del catasto onciario (1742), la “SS.ma Nunz.ta di Fuori oggi chiesa di S. Fran.co di Paula”,[xxix] poteva infatti contare, tra l’altro, sulle rendite derivanti dai seguenti beni: le terre dette “la destra della SS.ma Ann.ta” (d. 4), la gabella detta “L’umbro di Fiorillo (d. 4), un vignale “nel Ringo” (d. 3), un vignale “in S. Aloe” (d. 0.30), un vignale “in Cannarozza” (d. 0.10), un vignale “nel Pantano” (d. 0.30), le terre “in Pellecchia” (d. 3.), il vignale detto “Il Molino di Iuso” (d. 1), le “Castagne nel Monacello” (d. 0.60) ed un altro vignale “nel Pantano” (d. 0.10).[xxx]
A quel tempo, pur essendo sorta vicino al luogo in cui nel passato, era esistita la parrocchiale di Santa Maria dei Francesi, che era posta immediatamente all’interno delle mura di Policastro, in ragione dell’ampliamento dell’edificio preesistente, essa ora si trovava invece “Extra moenia”, in un luogo aperto detto “il largo della V(enerabi)le Chiesa di S. Fran:co di Paula”, che confinava con orti e vignali dove si trovavo gelsi neri,[xxxi] appezzamenti che caratterizzavano anche la limitrofa località fuori mura detta “S.to Aloi”, ovvero “la Conicella di S. Aloe” che, in un passato più remoto, aveva dovuto ospitare un luogo sacro dedicato a questo santo.[xxxii] Tale situazione è posta in evidenza anche dalla relazione arcivescovile del 1765, prodotta dall’arcivescovo di Santa Severina Antonio Ganini (1763-1795), il quale riferisce che, la chiesa di “Sancti Francisci de Paula”, posta “Extra moenia”, aveva due altari oltre il maggiore, ed era retta da un procuratore ecclesiastico confermato dall’arcivescovo. In essa era eretta la confraternita del SS.mo Sacramento, ossia del Corpo di Cristo[xxxiii] che, il 10 settembre 1777, fu elevata alla dignità di arciconfraternita, come risulta da un un breve di papa Pio VI, riportato nei regesti vaticani.[xxxiv]
La Cassa Sacra
Come possiamo rilevare nella Lista di Carico relativa ai luoghi pii di Policastro, alla fine del Settecento, la chiesa di “S. Fran.co di Paula”, possedeva le seguenti rendite: “Marrari seu Fiorillo” (d. 12.00), “Ringo” (d. 2.88), “S. Aloi venduto”, “Pantano” (d. 0.50) “piu 7.27 ½”, “Destre di Pellicchia” (10.52), “Blaschi” (d. 2.41), “Cannarozza” (d. 0.69), “Monacello” (d. 9.00), le case di Pietro Sottile (d. 3.00), le case di Bruno Berardi (d. 0.38), il censo enfiteutico che pagava la cappella di “S. Giacomo” (d. 3.00)[xxxv] ed altri censi (d. 5.44), per un totale di ducati 57.20.[xxxvi] Rendita che, per dimensioni, si situava al quarto posto tra quelle appartenenti ai luoghi pii di Policastro.[xxxvii] Il 6 febbraio 1790, il “Prorazionale” Gian Fran.co Capurro asseriva “che avendo riscontrato le liste di Carico de Luoghi Pii Soppressi, e sospesi del Diparto di Mesuraca, e Policastro”, aveva trovato le seguenti rendite relative alla “Chiesa di S. Francesco di Paola” di Policastro: d. 2.40 per affitti di case, d. 11.55 per censi bullari e d. 49.65 per affitti di gabelle.[xxxviii]
A quel tempo, evidentemente a seguito delle ricostruzioni operate dopo il terremoto del 1783, quando Policastro “fu in gran parte distrutta, e nel resto conquassata”, risultando “parte distrutto, e parte cadente”[xxxix] dopo le scosse del 28 marzo di quell’anno,[xl] la chiesa di San Francesco di Paola passò ad essere inclusa nell’abitato di Policastro. Se infatti, nell’elenco che menziona i “Luoghi e Terreni d’affittarsi della abbolita Chiesa di S. Fran.co di Paola”, compilato il 2 agosto 1790, risultava ancora un “vignale attaccato a d.a Chiesa”,[xli] in seguito, l’area circostante l’edificio sacro divenne edificabile. Alla fine del Settecento, infatti, tra i censi assegnati all’arciprete di Policastro, risultavano quello che spettava a Bruno Donato, e per esso ad Antonino Caccuri, per canone “sopra li casaleni contigui alla Chiesa di S. Fran.co” (d. 3.50), che all’attualità pagava Antonino Pace, e quello che pagavano D. Ant.o Coco ed Elisab.a Pasquale, per canone “sopra altri casaleni in d.o Luogo” (d. 1.50).[xlii] Successivamente, nell’inventario dei beni appartenenti ai luoghi pii del “Diparto di Policastro e Mesoraca”, compilato il 29 agosto 1796, troviamo questi censi enfiteutici, tra quelli appartenenti al “Convento dei PP. Osservanti”.[xliii]
Affitti e vendite
Dopo l’abolizione della Cassa Sacra, le rendite della chiesa di San Francesco di Paola, derivanti da alcuni affitti e dalle somme che si percepivano relativamente al pagamento delle annualità dei “Fondi venduti”, sono elencate nell’inventario dei beni appartenenti ai Luoghi Pii del “Diparto di Policastro e Mesoraca”, compilato il 29 agosto 1796:
“Chiesa di S. Fran:co di Paola
D. Michele Ferraro per l’affitto del vignale Umbro di Marraro deve nel di 8 7mbre d. 12.00.
D. Gio: Battista Portiglia per l’affitto del vignale Pantano deve nel Sud:o di d. 00.50.
Pier Angelo Naturile per Sacco 1 di Fronda del Vignale dietro la Chiesa di d:o Luogo Pio d. 00.20.
Annualità de Fondi venduti
D. Michele Ferraro per annualità sul Fondo d:o Ringo venduto per D. 72, come per Istrum.to di N:r Larosa a 5 Feb:o 1793 deve d. 02.88.
Dom:co Piccolo per annualità sul Fondo Prosparello venduto per D. 181.87.6, come per Istrum:to di N:r Lerose a 14 Luglio 1791, deve in ogni Agosto d. 07.28.
D. Michele Ferraro per annualità sul Fondo Pellecchia venduto per D. 263, come per Istrum:to di N:r Caliò a 9 Aprile 1792 deve in d:o di d. 10.52.
D. Dom:co Venturo per canone sul Castagneto cedutoli da Giovanne Catalano, come per Istrum:to di N:r Lerose a 4 Luglio 1794 deve in 8bre d. 03.41.10.
D. Michele Ferraro per annualità sul Fondo Candarozzo venduto per D. 17.89.7, come per Istrum:to di N:r Caliò de 9 Aprile 1792, deve in d:o di d. 00.72.
M.o Gaetano Cota per canone sul Castagneto d.o Monacello, come per Istrum:to di N:r Lerose de 4 luglio 1794 deve in 8bre d. 09.00.
Pietro Sottile per annualità sulli D. 50 prezzo della casa vendutali dalla Giunta, deve in ogni Agosto come per Istrum:to di N:r Larosa de 28 Agosto 1796 d. 02.00.
Bruno Berardi per canone sulla casa censuitoli come per Istrum:to di Notar Lerose de 5 Feb.o 1793, deve in ogni Agosto d. 00.38.8.
Censi Enfitautici
La Cappella di S. Giacomo, e per essa il dilei Rett:re D. Pietro Paroco Grano per canone deve in ogni Agosto d. 03.00.”[xliv]
Il “Protettore”
Il Sisca riferisce che tra i fondi che appartenevano ancora al clero nel 1810, la chiesa di San Francesco di Paola, possedeva quello denominato Umbro di Fiorillo e porzione di “Pantano” mentre, in precedenza, erano stati venduti quelli denominati “Ringo”, “Annunziata di fuori”, “Prosperello”, “Peddicchia”, “Cannarozzo” ed “una casa”.[xlv] A quel tempo, la chiesa fu ampliata nelle forme attuali, andando a formare “tutt’un plesso col presbiterio di S. Francesco”.[xlvi] Il 16 maggio 1946, San Francesco di Paola fu proclamato “Protettore di Petilia Policastro, ugualmente principale con S. Sebastiano”.[xlvii]
Note
[i] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, pp. 60-62.
[ii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 124B.
[iii] 30 aprile 1455: “Alexandrinen. et Umbriaticen. Episcopis ac Officiali Sanctae Severinae mandat ut parochialem ecclesiam S. Mariae de Francis, S. Severinae dioc., vac. per liberam resignationem factam coram Mattheo de Parisio, laico Cusentin. dioc., Notario, a Nicolao Coppa, Rectore ecclesiae S. Nicolai de Plateis de Policastro conferant Johanni Bovario, dictae dioc. S. Severinae presbytero.”. Russo F., Regesto II, 11377.
[iv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2A.
[v] “Denari de le carte” (1545): “Donno bap.ta classidonte per la 4.a de santa m.a de li francesi d. 0.2.10” (sic). “Conto de dinari de le quarte exacti in lo predicto anno 1546”: “Da donno bactista clasidonti per s.ta m.a de li francisi d. 0.2.0”. “Conto de quarte exacte per lo R.do quondam Don jacobo rippa como appare per suo manuale q.ale sta in potire de notari mactia cirigiorgi et sonno de lo anno 1547”: “Da donno bap.ta Canzoneri da policastro per s.ta m.a de li francisi d. 0.2.0”. “Dinari q.ali se haverano de exigere de le quarte de lo anno vi ind(iction)is 1548”: “Da donno bactista clasidonti per la quarta de maria de li francisi d. 0.2.0”. “Denari delle quarte de tutti li benefitii della diocesa de s(a)ncta s(everi)na” (1566): “S(an)ta Maria delli francesi paga de quarta ongne anno d. 0.2.0.” AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A.
[vi] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 16B.
[vii] “Policastro è terra Regia, qual’essendo stata venduta dal Conte di S. Severina fù fatta di demanio con l’opra, e patrocinio del Cardinale di S. Severina, è habitata da tre milia anime incirca vi sono quattro chiese parocchiali, e nella matrice è l’Arciprete, e Cantore con venti altri preti, quali per il più vivono delloro patrimonio, et elemosine che ricevono dal servitio delle chiese, e confraternità, …”. ASV, Rel. Lim. 1589. “Policastro è terra Regia habitata da tre milia anime incirca. Vi sono quattro chiese Parocchiali, e nella Maggiore è l’Arciprete il Cantore e vinti altri Preti, quali p(er) il più vivono di loro patrimonio, et elemosine che ricevono dal serv.o delle chiese, e Confratie …”. AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 19B.
[viii] ASCZ, Notaio Ignoto, Policastro, Busta 81, ff. 2-3, 17-18. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286, ff. 161v-162v, 195-196, 196-196v, 208-208v, 232v-233v, 243-243v; Busta 78 prot. 287, ff. 032v-033v, 041v-042, 053-054, 086v-087v, 166-166v; Busta 78 prot. 290, ff. 145-146; Busta 78 prot. 292 ff. 058v-059v, 061v-062v; Busta 79 prot. 293, ff. 037v-038v; Busta 79 prot. 294, ff. s.n., 012v-013, 048v-049v, 058-059; Busta 79 prot. 295, ff. 040v-054, 070-071; Busta 79 prot. 296, ff. 108v-109v, 143-144, 172v-173v; Busta 79 prot. 297, ff. 166-167v; Busta 79 prot. 299, ff. 081-081v; Busta 79 prot. 300, ff. 042v-043v; Busta 80 prot. 301, ff. 144v-146; Busta 80 prot. 302, ff. 031-032, 036-037, 080v-081v; Busta 80 prot. 304, ff. 024-025v; Busta 80 prot. 305, ff. 031-031v, 039v-040v; Busta 80 prot. 306, ff. 028-029. ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 801, ff. 105-106v; Busta 182 prot. 803, ff. 112v-113.
[ix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro Policastro, Busta 78 prot. 286, ff. 161v-162v.
[x] 27.10.1606. In forza della lettera esecutoria emessa dalla curia su istanza di Joannes Laurensio Cervino, contro Isabella, Oratio e Joannes Baptista de Priolo, Angelo Cropanese acquistava all’incanto un “ortum arboratum sicomis, et gisterna et medium Casalenum”, posto dentro la terra di Policastro “in Convicinio Ecclesie sante Marie de Frangisi”, confinante con l’orto e la domus del dottore Hijeronimo Poeri, “iusta rupam oleastri” ed altri fini. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro Policastro, Busta 78 prot. 286, ff. 208-208v.
[xi] 01.02.1615. Al fine di poter accedere agli ordini sacerdotali, Vergilio Caccurio, donava al chierico Joannes Fran.co Caccurio suo figlio, un “ortalem arboribus sicomorum arboratum”, posto nel territorio di Policastro loco detto “santo aloe”, confine i sicomori degli eredi della quondam Laura Coco, “ubi dicitur la timpa dell’ogliastro”, confine la possessione del chierico Joannes Marco Guidatciri e “iusta ripas orti U.J.D. Hijeronimi Poeri” ed altri fini. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, ff. 010-010v.
[xii] 16.09.1613. Il chierico Joannes Fran.co Arcomanno e Joannes Vincenso Callea, in qualità di eredi del quondam Michele Arcomanno, possedevano in comune alcuni beni, tra cui: il “petium terre arboratum sicomorum situm, et positum ante Januam Nove seu timpam oleastri viam publicam ex duobus lateribus et vinealem quod fuit q.m laure coco”, ossia “lo vignalicchio arborato di Celsi posto loco ditto porta nova” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 288, ff. 098-099v). 13.09.1633. Davanti al notaro comparivano il Cl.o Micaele Callea ed il presbitero D. Joannes Andrea Romano. Il q.m Joannes Vincensio Callea, padre del detto Cl.o Micaele, aveva pignorato al detto D. Joannes Andrea un “ortalem arboribus sicomorum arboratum”, posto nel tenimento di Policastro “ubi dicitur fora la porta nova di detta Citta”, confine i beni di Joannes Matteo Guidacciro, la “ripam oleastri” le vie pubbliche da due lati ed altri fini. Al presente, venuti ad un accordo, detto Cl.co Micaele lo vendeva a detto D. Joannes Andrea (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 300, ff. 063v-064v).
[xiii] 08.12.1622. Joannes Dom.cus Truscia di Policastro, permutava due “Casalenos”, di cui uno era suo proprio e l’altro l’aveva acquistato da Joannes Dom.co Campana, posti dentro la terra di Policastro, nel convicino di S.ta Maria “delli fransisi”, confine la domus del quondam Angelo Cropanise, la domus di Joannes Fran.co Mendolara, la via pubblica ed altri fini, con la domus palaziata di Joannes Pettinato di Policastro, posta dentro la terra di Policastro, nel detto convicino, confine la domus di detto Joannes Dom.co, la domus del Cl.o Scipione Callea, la domus della quondam Isabella de Fran.co ed altri fini. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294, ff. 058-059.
[xiv] 11.10.1632. Joannes Fran.co Mendolara di Policastro, vendeva al Cl.o Joannes Hijeronimo Mendolara di Policastro, la propria metà della domus palaziata che i due detenevano in comune ed indiviso, posta nella terra di Policastro nel convicino di Santa Maria “delli fransisi”, confine i beni di Caterinella Truscia, l’orto di Livio Zurlo, la via convicinale ed altri fini. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 299, ff. 081-081v.
[xv] 28.04.1635. Davanti al notaro comparivano Caterinella Truscia, vedova del quondam Joannes Petro Nati e Joannes Dom.co Campana di Policastro, per stipulare i capitoli relativi al loro matrimonio. Tra i beni che apparteneva alla dote, troviamo: la casa palaziata posta dentro la terra di Policastro nel convicino di Santa Maria “li fransisi”, confine la casa del Cl.o Gio: Gerolimo Mendolara, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 302, ff. 036-037). 16.03.1638. Joannes Dom.co Campana vendeva al Cl.co Hyeronimo Mendolara, il “Casalino scoverto”, “et pp.o lo casalino, che vi e la porta al p(rese)nte”, posto dentro la terra di Policastro nel convicino della venerabile chiesa di Santa Maria “delli fransisi”, confine la domus di detto Hyeronimo, un altro casaleno di detto Joannes Dom.co dalla parte superiore, e la via pubblica (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 305, ff. 031-031v).
[xvi] “Introito di danari essatti dal Rev.do D. Marco Clarà delle rendite della Mensa Arciv.le” (16.10.1630): “Il Capellano di S.ta Maria delli Francesi d. 0.2.0”. “1654 4.a de Benefici Policastro” (…) “Capell.o di S. M.a de Francesi d. 0.2.” a margine: “sol.t”. “4.a de Benefici Policastro” (1655), “Cap.o di S. M.a de Francesi d. 0.2.” a margine: “sol.t”. AASS Fondo Arcivescovile, volume 35A.
[xvii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A.
[xviii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 166-167v.
[xix] “È questa chiesa appunto situata dentro il Circulo della stessa Parocchia immediatamente Posta à mezzo giorno, à differenza dell’altra chiesa dell’Annunziata detta di Fuora, che diroccatasi l’anni passati proprio nel fine del caduto secolo con tutte le sue pertinenze per ordini di Monsig.r Berlingieri è stata mutata di sito, e dà sotto le mura della Città in bocca alla Porta della Città è stata trasportata nell’antica di Santa Maria delli Francesi, che smantellata tutta la vecchia, con nuovo è più bel modello refabricatasi da fondamenti, apparisce più vasta.” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[xx] “Die 11 m.s Augusti 1695 Misuracae. Relaxatae fuerunt l(icte)rae Patentales in for.a Cantoris in personam Rev.s D. Michaelis Angeli Coco loci Policastri”. AASS, Fondo Capitolare, cartella 4D, fasc. 3.
[xxi] AASS, Fondo Capitolare, cartella 11D fasc. 6.
[xxii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 72A.
[xxiii] AASS, Fondo Capitolare, cartella 11D fasc. 6.
[xxiv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 25A.
[xxv] Gennaio 1738: “De beneficio simplici S. Caroli Borromei in parochiali seu alia ecclesia S. Francisci de Paula, loci Policastri, S. Severinae dioc., cuius fructus 5 duc., de iurepatronatus laicorum, vac. per ob. Dominici Tronca, a 4 mensibus et ultra def., providetur Scipioni Tronca, clerico oriundo, unici patroni filio.” Russo F., Regesto XI, 59231.
[xxvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 72A.
[xxvii] “Quattro son oggi le Chiese Parocchiali. La prima è l’Arcipretale di San Nicolò Maggiore delli Latini fra la Tramontana, e Levante, alla quale stanno unite le Parocchie contermini antiche di Sant’Angelo alla Piazza, e di Santa Maria delli Francesi;” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[xxviii] “Se bene d’alcuni moderni nemici capitali della venerand’antichità è stata pregiudicata nel titolo, e la dove l’Altare Maggiore era eretto col la statua di detta Vergine Annunziata, adesso vi anno collocato quella del gran Tamaturgo della Santità e primo ornamento di Calavria San Francesco di Paola quale steva in una Nicchia nell’antica Chiesa à lato destro, con quella di San Leonardo nella sinistra, ed ora per questo Santo, e per detta Regina de’ Santi si sono perfezzionate due Capelle sfondate nel destro fianco ond’è, che per le continue e massime grazie che si ricevono dal Santo Paolano de’ Minimi, vien chiamata dal volgo la nuova Chiesa di San Francesco di Paola. In questa chiesa si è posta in piedi una arciconfraternità, cioè l’istessa antica del SS.mo Sacramento eretta nell’anno mille settecento, e quattordici in tempo del mio primo Corso Quaresimale, contribuendovi io le Patern’esortazioni dal Pulpito, à congregarsino con bella unione, e ferverosa Carità sotto il vesillo dell’altissimo umiliato nell’azzomi; e loro l’opra, mentre fur bastevole dette insinuazioni a movere gli animi de’ nobili inclinatissimi ad’opre di splendida Pietà; sicchè con felicissimo riuscimento si trova numerata di fratelli del primo Ceto, e dà loro insignemente beneficiata.” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723. Un atto del 15 novembre 1743, evidenzia che la confraternita del SS.mo Sacramento si radunava nella chiesa di San Francesco di Paola. AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 1.
[xxix] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, f. 139.
[xxx] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, f. 72v.
[xxxi] Dai dati del catasto onciario del 1742, apprendiamo che il massaro quarantenne Matteo Naturile, possedeva un orticello di ½ tt.a, alberato di gelsi neri, nel luogo detto “S.to Fran.co”, ovvero “avanti la chiesa di S. Fran.co”, confinante con la “chiesa di S. Fran.co” e la via pubblica, nel quale si trovavano 2 piedi di gelso nero appartenenti al bracciale trentaduenne Giuseppe Salviati, che ne godeva l’usufrutto vita natural durante. ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, ff. 42v e 189. Antonino Floro o Florio di anni 50, custode di vacche, ovvero “Bestiamaro”, possedeva “un vignale nel luogo detto S. Fran:co alberato di Celzi neri Confine il largo della V(enerabi)le Chiesa di S. Fran:co di Paula”. ASN, Catasto cit., ff. 2v e 84-84v. La “Piazza San Francesco” si rileva nell’attuale stradario di Petilia Policastro.
[xxxii] La chiesa di San Francesco di Paola possedeva un vignale “in S. Aloe” (ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, f. 72v). Il chierico celibe Luca Francesco Poerio di anni 20, possedeva un vignale “in S.to Aloi”, ovvero in loco detto “la Conicella di S. Aloe” (ASN, Catasto cit., ff. 36 e 174v).
[xxxiii] “Extra moenia”, la “Ecclesia Sancti Francisci de Paula cum duobus Altaribus praeter majus, regitur per suum Procuratorem Eccl(esiasti)cum à me confirmandum.” “Confraternitas SS.mi Sacram.ti, seu Corporis Xpti erecta in dicta Ecclesia S(an)cti Francisci de Paula cum suis Sacris, insignibus, et ministris.” ASV, Rel. Lim. 1765.
[xxxiv] “Confraternitas SS. Sacramenti de anno MD in matrici ecclesia S. Nicolai de Platea oppidi Policastri, S. Severinae dioc., canonice, ut asseritur, erecta et subinde in ecclesia S. Francisci de Paula, eiusdem oppidi, translata, ob eius antiquitatem et bonorum operum exercitium, titulo Archiconfraternitas cum omnibus gratiis et privilegiis, decoratur.”. Russo F., Regesto XII, 67117.
[xxxv] Nella nota dei censi che furono assegnati a D. Antonio De Martino, defunto parroco di S.to Nicola dei Greci, e che ora si assegnavano al suo successore D. Francesco Pullano, tra i censi enfiteutici e bullari dovuti alla chiesa di San Francesco di Paola, risultava quello dovuto dal parroco “D: Pietro grani”, rettore della “Cappella di S. Giacomo”, “per canone in Agosto annui d. 3.00”. AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B fasc. 3.
[xxxvi] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B fasc. 3.
[xxxvii] 1796-1797: “Chiesa di S. Francesco di Paola duc.ti 57.94”, AASS, Fondo Arcivescovile, volume 86A.
[xxxviii] ASCZ, Cassa Sacra, Segreteria Pagana, Busta 50, fascicolo 784.
[xxxix] Vivenzio G., Istoria e Teoria de Tremuoti in generale ed in particolare di quelli della Calabria e di Messina del 1783, Napoli 1783, p. 326.
[xl] “Policastro, che fu in gran parte distrutta dal temuoto del dì 28 e il restante fu fracassato, ma non morì alcun cittadino”. De Leone A., Giornale e Notizie dè Tremuoti accaduti l’anno 1783 nella provincia di Catanzaro, 1783.
[xli] “Luoghi e Terreni d’affittarsi della abbolita Chiesa di S. Fran.co di Paola” risultavano: “Ringo”, “S. Aloe”, “Pantano”, “Prosperello”, “Destre di Pellecchia”, un “vignale attaccato a d.a Chiesa”, “Cannarozza”, ed una “Casa sita nella Contrada della Piazza”. ASCZ, Cassa Sacra, Atti Vari, 308/3.
[xlii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B fasc. 3.
[xliii] “Bruno Donato, e per esso D. Antonino Caccuri, ed Eredi del med:o per canone sop:a alcuni casaleni contigui alla Chiesa di S. Fran:co, devono in ogni Agosto d. 03.50. D. Antonio Coco ed Elisabetta Pascquale per canone sop:a altri casaleni in d:o Luogo, devono in d:o tempo d. 01.50.” AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B fasc. 3.
[xliv] AASS, 24B fasc. 3. “Il 9 aprile 1792, per rogito del notaro Caliò di Catanzaro, D. Michelangelo Ferrari comprò dalla Cassa Sacra i seguenti fondi: Pellicchia di Calderari (della cappella di S. Francesco di Paola) per 263 ducati, vignale di Calderari (Cappella delle Pianette) per ducati 17.89, Callea (vignale dell’Annunziata) per ducati 25.92, Cannarozza (porzione della Chiesa matrice) per ducati 17.29.” Sisca D., Petilia Policastro, 1964 rist. 1996, p. 286.
[xlv] Sisca D., Petilia Policastro, 1964, p. 257. I fondi “Umbro di Fiorello” e “Pantano”, risultavano amministrati dalla Civica Comuneria di Policastro ancora alla metà degli anni Sessanta. Sisca D., Petilia Policastro, 1964 rist. 1996, p. 290.
[xlvi] “Un altro edificio sacro, che pure è finito in breve lasso di tempo, è il Ritiro, attiguo alla chiesa di S. Francesco; in esso il rev. D. Giuseppe Vallone fondò un collegio di Missioni, quasi ad emulare il vicino Ritiro di Mesoraca. Nell’archivio dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento si conserva una copia del R. Assenso di Ferdinando IV di Borbone, il quale sotto la data del 7 gennaio 1803 concedeva si ampliasse la chiesa, che adesso forma tutt’un plesso col presbiterio di S. Francesco.” Sisca D., Petilia Policastro, 1964, p. 221.
[xlvii] Sisca D., Petilia Policastro, 1964, p. 204.
Creato il 29 Aprile 2017. Ultima modifica: 11 Settembre 2024.