Dal rito greco al latino in due casali della diocesi di Santa Severina. Il casale di Cotronei
La chiesa di Santo Nicolò dei Greci di Cotronei
Tra coloro che dovevano presentarsi per assolvere il cattedratico nel sinodo diocesano del 1564 al tempo dell’arcivescovo Giovan Battista Ursini troviamo il “Presbiter grecus Crotoneor(um)”. Il prete greco del casale doveva consegnare come censo 25 pollastri ma ottenne di portarli nel mese di agosto come era stata sempre la consuetudine, comunque fu condannato alla pena. Anche nei sinodi degli anni seguenti comparirà solamente il “preite greco delli Cotronei” gravato del censo di 25 pollastri;così nel sinodo del 1579 troviamo “Il prete greco deli Cotronei vocatus in synodo more solito cum censu pullorum viginti quinque secundum consuetudinem. Comparuit Petrus Dramis Arch(ipresbyter).
Le due chiese
La situazione religiosa cambiò con la nomina di Giulio Antonio Santoro ( 1566 – 1572) e del fratello Francesco Antonio Santoro ( 1573 – 1586) alla sedia arcivescovile di Santa Severina, i quali furono particolarmente attivi nel contrastare il rito greco.
E’ di questi anni la costruzione della chiesa di Santa Sofia di rito latino. La chiesa molto probabilmente fu edificata per volontà di Porzia de Beccuti, moglie del barone di Cotronei Giovanfrancesco Morano, la quale lasciò per testamento alla chiesa una casa; inoltre a spese del barone del casale un cappellano doveva celebrarvi una messa al giorno.
Così nel sinodo del 1582 troviamo per la prima volta oltre al “preite greco” anche il “rector latinus Crotoneorum”. Quest’ultimo però “vocatus non comparuit”. Il 9 giugno 1582 “Donno Antonio de Natale cappellano delli Cotronei” faceva fede di aver ricevuto un “monitorio” emesso dall’arcivescovo di Santa Severina Francesco Antonio Santoro e, dopo averne ritenuto copia, lo aveva subito inviato a Mesoraca. Nei sinodi seguenti del 1584 e del 1587 sarà chiamato a corrispondere il censo dei venticinque pollastri solo il prete greco.
Morto nel 1585 il barone di Cotronei Fabritio Morano, figlio ed erede di Giovanfrancesco e di Porzia de Beccuti, succede la sorella Aurea, la quale fu baronessa di Cotronei dal 1588 al 1630, anno della sua morte. La baronessa favorì il passaggio dal rito greco a quello latino come risulta dalla relazione del 1589 al tempo dell’arcivescovo di Santa Severina Alfonso Pisano (1587-1623): “Cotronei è casale habitato da Albanesi al numero di quattrocento anime, quali vivono al rito greco nel modo che si è detto di Scandale et perché il loro Barone è latino, vi stanno dui preti, un Greco col suo diacono, et un latino, ciascaduno con la sua chiesa. è discosto da S. Severina sei miglia”.
Nel sinodo del maggio1588 mentre il prete greco di Cotronei con venticinque pollastri “conforme l’antico solito comparse et offerse pagare”, il rettore latino “chiamato alla Synodo conforme al solito. Non comparse et però fu condennato alla terza parte di frutti di sua chiesa”.
Il 13 giugno dell’anno 1589 il vicario generale dell’arcivescovo di Santa Severina citò l’”arciprete” di Cotronei a comparire nella Curia arcivescovile assieme ai suoi chierici e diaconi, per non aver obbedito all’ordine che intimava a tutti gli arcipreti della diocesi, ai chierici ed ai diaconi di venire ad accompagnare la bandiera della fiera di Santa Anastasia. Il giorno dopo si presentò “Donno Rocco Spina arciprete di Cotronei”, il quale si scusò dicendo. “ Io non ci venni perche mi credea ch’era lo sabato seguente come li altri anni et per questo non ci venni”.
Nei sinodi degli anni seguenti a volte fu chiamato solo il prete greco, a volte sia il greco che il “Rector latinus”, anche se questo quasi sempre era assente. Dal sinodo del 1592 in poi troveremo sempre chiamati sia il prete latino, che doveva versare il cattedratico di tre carlini, ed il prete greco con i venticinque pollastri nel mese di agosto. Spesso però sia il prete latino che quello greco, non presenziando, incorreranno nella pena solita della terza parte dei frutti dei loro benefici, così come nel sinodo del 18 maggio 1597 quando il vicario generale Petro Antonio Thetis, preso atto dei molti assenti, emanò un decreto colpendo coloro che non avevano assolto, tra i quali figura: “ In casali Crotoneorum Presbiter Roccus Spina”.
Alla fine del Cinquecento quindi a Cotronei ci sono due curati, uno di rito greco ed uno latino: il prete greco Don Rocco Spina ha la cura della chiesa di S. Nicola de li Greci ed amministra i sacramenti ai Greci, o Albanesi, ed il rettore latino Minico Mauro è cappellano della chiesa di Santa Sofia, di iuspatronato della baronessa Aurea Morano.
Le quattro chiese di Cotronei
All’inizio del Seicento la situazione religiosa muta: nei sinodi di Santa Anastasia è chiamato solo il prete latino, il quale tuttavia oltre ai tre carlini deve anche portare i venticinque pollastri, di cui era gravato il prete greco; segno evidente che ormai egli ha tutta la cura delle anime ed è divenuto l’unico curato e parroco del casale, assumendo ed assorbendo le funzioni e gli oneri del prete greco.
In questi anni compare anche il cappellano del nuovo altare dedicato al Santissimo Rosario, eretto nel lato sinistro della chiesa di Santo Nicola e sede della confraternita omonima, ed il cappellano della chiesa di Santo Rocco, situata “prope castrum”, di iuspatronato della baronessa Aurea Morano; entrambi devono versare all’arcivescovo di Santa Severina: il primo due libbre di cera come cattedratico, il secondo una libbra di cera. La stessa baronessa, oltre la chiesa di Santo Rocco costruita nel casale, fa erigere ed edificare a sue spese fuori dell’abitato nelle sue terre feudali in località “Il Prato” una chiesetta dedicandola a Santo Marco.
Una relazione diretta all’arcivescovo di Santa Severina Alfonso Pisani (1586 – 1624) descrive la situazione delle quattro chiese di Santo Nicola, Santo Rocco, Santo Marco e Santa Sofia all’inizio del Seicento. L’elenco dettagliato delle suppellettili, nelle quali predomina il colore rosso, di cui è fornita la chiesa parrocchiale di Santo Nicola evidenzia l’opera e la devozione delle donne del casale ( Angiolina e Catarina Grisafo, Camilla Perlecta, Stella Gangale, Stella e Dalia Barbacci, Catarina Virga, Giovanna Letteri, Catarina Baffi) mentre per quanto riguarda le rendite troviamo soprattutto alcuni coloni e le loro mogli ( Pietro Pizzi dona una vigna piccola, Giorgio Baffi una casa, la moglie di Todaro Gangale due barili di mosto all’anno ecc.).
“Nota di robbe mobili e stabili della chiesa di Santo Nicolò delli Cotronei Diocesi de la Città di S.ta Severina scritta hoggi XX di Xbre 1606 per me D. Jacono Arcudi Parocho di detto luogo.
In p(rimi)s due campane una grande et una piccola uno campanello uno incensero di ferro, uno lenzolo che serve per cielo sopra l’altare ornato con zagarelle torchine qual lasciò per l’anima sua la q.m Angiolina Grisafo. L’imagine d’uno Crocifisso grande che sta sopra l’altare magg.re con la coverta di dopretta di seta verde che ci ha dato per l’anima sua Camilla Perlecta. Una custodia adorata dove sta un calice improntato d’altra chiesa dove sta il Sacratiss.mo Corpo di N. S. X.o Giesù sotto chiave e sovra detta custodia una coverta di dopretta di seta verde. Una croce di legno vecchia due candeleri di ottone due linterne. Uno paro di pionazzi di tela uno maiuto l’altro di raso nero Uno messale novo. Una tovaglia lavorata di filo rosso lasciata da Stella Gangale. Unaltra tovaglia lavorata di filo rosso che la diede per l’anima sua Navarese .Unaltra tovaglia lavorata di filo rosso lacerata. Uno camisci in greco uno avant’altare di dopretto bianco con la croce rossa una tovaglia con le cenze damaschine rosse che lascio per l’anima sua Stella Barbacci. Una tovaglia lavorata di seta rossa lasciata da Dalia Barbacci Una tovaglia lavorata di seta rossa lasciata da Andria Barbacci. Quattro stergitori di calci lavorati di seta rossa Uno Calice e patena di argento con il piede di ottone. Uno sopra calice lavorato di seta rossa dato da Catarina di Catraro Virga uno camisci con il suo ammitto una tovaglia di tela a occhiello con le frangie di maiuto rossa bianca lasciato da Stella Barbacci per l’anima sua.Una tovaglia lavorata di maiuto ampia et listiata. Uno avant’altare listiato di maiuto. Una avant’altare listicato di maiuto vecchio e lacerato Una casupra di damasco rossa nova con le sue stole e manipoli. Una stola e manipolo di raso rosso vecchia e lacera. Uno stendardo rosso di raso con le frangie di seta.. uno fonte battesimale dove ce una conca di rame con l’acqua benedetta et una pisside dove stanno ogli santi con dui maccatori sopra il fonte la tela celindrata con la crocetta Uno pulpito di legno per la predica. Item una vigna piccola di sertina data in affitto che rende alla chiesa carlini tre lasciata da Pietro Pizzi sita in loco ditto zingano confine a quella di Basili Sinasi. Uno pede di celso sito e posto dentro il giardino della signora Baronessa vicino lo palazzo dato da Catarina Grisafo. Una casa quale rende di allogherio alla chiesa carlini vinti lasciata da Giorgio Baffi. Item unaltra casa lasciata da Catarina Baffi quale rende alla chiesa carlini quindici. Item due barrili di musto anno quolibet de la vigna di Todaro Gangale lasciato da la moglie di detto Todaro Gangale quale vigna sta confine a quella di Vito La Porta Uno avant’altare rosso di damasco colla croce bianca. Una conca di rame di libre sette et mezza per fare le candile. In alia uno piomazzo con le cenze russe lavorato di seta lasciato dalla q.m Giovanna Letteri. In alia uno stergituro lavorato di filo bianco.
Robbe dell’altare del SS.mo Rosario sono queste: Uno campanello. Dui candileri di legno. Uno avant’altare di seta dato da Minichella Sanitate. Due tovaglie bianche. Due lavorate di seta rossa. Uno mandile lavorato di seta rossa. Tre tovaglie lavorate di nero. La casupra bianca di damasco con stola e manipolo”.
Inventari dei beni delle chiese
In una “Nota di robbe di santo rocco, santo marco, santa sofia di Cotronei” si legge:
“Inventaria bonorum ecclesiarum.
Illmo et R.mo Sig.re. Se fa fede per me donno Gesibillo Crescione cappellano delle sott.e chiesie delli Cotronei come nella chesia di Santo Rocho vi si trova uno calice, cinque tovagle lavorate de filo bianco uno vestimento con una cassupra di raso russo et stola del medesimo dui coscini dui innanzi altare uno di scotto nigro et laltro di pelle indorato et una cruce de ligno culurato.
Et in alia alla chiesia di Santa Sufia uno calice uno vestimento con una cassupra di raso bruno et stola et manipolo del medesimo uno inanti altaro di raso bruno et unaltro innanti altaro vechio et una cascia.
Et in alia alla chiesia di S.to Marco si ritrova uno calice uno vestimento con una cassupra de velluto verde con stola et manipolo et quattro tovagle una di seta et tre di filo et una cascia et dui coscini di velluto russo et uno innanti altaro di dobretto di siti russa”.
Il monastero degli Agostiniani Zumpani
L’ultimo giorno di luglio del 1608 in Cotronei per atto del notaio Horatio Scandale di Policastro fu stipulato una convenzione tra il Padre Daniele de Cosenza, vicario generale della congregazione di San Francesco dei Zumpani dell’ordine degli eremitani di Sant’Agostino di Calabria Citra da una parte ed Aurea Morana, baronessa di Cotronei e Carfizzi e vedova di Munzio Sersale, con l’assistenza del suo procuratore Gio. Angelo Cascitella dall’altra. L’oggetto riguardava la costruzione di un monastero e le necessità dei monaci che dovevano popolarlo. Preso atto della volontà e del desiderio della baronessa di costruire ed edificare un monastero e di concederlo agli eremiti della congregazione degli agostiniani Zumpani di Calabria Citra nella chiesa di Santo Marco, posta in territorio di Cotronei nel luogo detto “lo Prato”, previo l’assenso da richiedere all’arcivescovo di Santa Severina Fausto Caffarelli, furono stesi alcuni capitoli. La baronessa per facilitare la costruzione del monastero si impegnò a dare a titolo di donazione per una sola volta al Padre Daniele ducati cento ed inoltre per sovvenire alle necessità dei monaci che in futuro sarebbero andati ad abitare in detto monastero ducati venti annui in perpetuo, da versarsi nel mese di agosto di ogni anno. Inoltre per uso e servizio del monastero la baronessa concesse ai frati per due anni di poter utilizzare un paio di giovenchi, con l’obbligo di non poterli vendere ma di utilizzarli solo per uso del monastero. A queste donazioni la baronessa aggiunse circa quattro tomolate di terre feudali contigue alla chiesa di Santo Marco, previo prima l’assenso regio che la baronessa si impegnò a richiedere a sue spese. Da ultimo la baronessa, essendo vera signora e padrona di una continenza di vigne dell’estensione di cinque tomolate, posta in località Olivano in territorio di Policastro, per un maggiore aiuto concesse ai frati di poter utilizzarne i frutti, per tutto il tempo che sarà attivo il monastero.
Sempre l’ultimo giorno di luglio del 1608 l’arcivescovo Caffarelli accoglieva la richiesta della baronessa.
“Ill.mo R.mo Mons.re. Havendo D. Aurea Morano deliberato erigere nel suo territorio nel casale delli Cotronei Diocese di Santa Severina et proprio in loco detto il Prato un monasterio et quello dedicare alla Religione eremitana di Santo Agostino della Congregatione del Beato Francesco di Zompano de Calabria Citra dove al presente è eretta et edificata per essa D. Auria una chiesiola del titolo di San Marco et desiderando che quella sia servita dalli frati di detta religione supplica perciò V. S. Ill.ma et R.ma si degni concedere detta chiesa a detti religiosi una con tutte le sottoscritte robbe che vi si trovano pure dalla d.ta D. Auria in più volte donate, promettendo di più donarci le altre subsequenti robbe non ancora donate ne servite al culto divino che oltre le pare giusto l’haverà a gratia ut Deus.
Robbe che si trovano in Santo Marco et hanno servito al Culto Divino.
In primis uno calice con la patena. Uno corporale et una palla. Uno baldachino di rizza bianco. Sei purificaturi di diversi modi. Uno missale. Due tovaglie grandi per sopra l’altare. Uno avanti altare di damaschello. Dui cuscini di seta incarnata. Due tovaglie per l’altare. Uno velo. Dui angilini con candileri. Due candileri. Due vasi di fayenza con fiuri. Una pace. Uno campanello. Uno paro di cannatelli con la tuttatana. Uno muccaturo per li cannatelli. Uno cammiso con l’amitto. Dui candileri grandi et una cascia.
Robbe che donerà D. Auria Morano
In p.s uno corporale lavorato con palla , uno baldacchino incarnato. Una tovaglia grande per sopra l’altare. Uno avanti altare di coiro: Due tovaglie per l’altare. Uno velo. Due campre una di damasco con lamia d’oro et seta paunazza, et un’altra di seta bianca et altre robbe per serv.o di p.ti come dui letti tovaglie, salvietti et altri”.
Bisognerà attendere quasi quattro anni prima che il monastero possa aprire, come si legge da una relazione della metà del Seicento: “ Nella diocese di S. Severina situato fuori la Terra distante un tiro di scoppetta in strada pub(li)ca fu fondato l’anno 1612 cioè dato il luogo et elemosina per la fabrica a frati di S. Ag(usti)no della n(ost)ra Cong(regatio)ne dalla m.ca D. Auria Morano baronessa di d(ett)a terra et poi dotato d’entrata annua con patto che vi stessero tre sacerdoti religiosi, vi fu il consenso di mons. Vesc.o di S. Severina di quel tempo, ha la chiesa sotto il titolo di S. Marco è di struttura di fabrica, cioè chiuso di fabrica con tre camere per habitatione de frati una dispensa refettorio cucina et un cellaro, ha una camera che serve per granaro, sacristia non ve n’è ma vi e una lamiotta dietro il Sancta Sanctorum che serve per sacristia”.
La quinta chiesa dedicata a Santa Maria del Carmine
Bisognerà arrivare al 1618 per trovare oltre al curato latino ed ai due cappellani anche il rettore, o cappellano, della chiesa di Santa Maria del Carmine, chiesa situata presso e fuori l’abitato, di iuspatronato della famiglia Gangale, il quale dovrà anch’esso versare come cattedratico una libbra di cera. Sempre in questi anni oltre alla confraternita del Rosario appaiono altre due confraternite: quella del SS.mo Sacramento dentro la chiesa matrice di Santo Nicola e quella della Nunziata. Quest’ultima, che ha sede nella chiesa di Santa Sofia, situata fuori dell’abitato e di iuspatronato della baronessa Auria Morano, cambia anche il titolo della chiesa che da allora in poi si chiamerà della SS.ma Annunciazione. (“La chiesa della SS.ma Annunciata altrimenti detta Santa Sofia similmente iuspatronato dell’istessa Sig.ra”). A ricordo della vecchia titolare rimarrà alla parete una icona “depincta in tela cum imaginibus SS.mae Annuntiat(io)nis, Sanctorum Joannis Bap(tis)tae, Sophiae et Hiacinthi, altitudine quindecim pedum et latitudine octo, quae icona in aliquibus partibus est lacera”.
In questi primi anni del Seicento fu infatti fondata e dotata per volontà di Pietro Gangale una nuova chiesa dedicata a Santa Maria del Carmine. La chiesa di iuspatronato della famiglia Gangale sarà al centro di alcuni contrasti, in quanto dal testamento e soprattutto dal codicillo allegato traspare una manomissione della volontà del testatore da parte del cappellano Carlo Santoro e di alcune eredi, a favore soprattutto della cappella del Rosario, situata nella chiesa matrice, alla quale è assegnata anche l’amministrazione dello “spitale”. Tutto questo si ricava dalla copia del testamento di Pietro Gangale, che nel 1628 l’arciprete di Cotronei Marcello Monteleone manda all’arcivescovo di Santa Severina Fausto Caffarelli. Così l’arciprete esprime il dubbio sulla autenticità di alcune parti del documento “Et nella stessa chiesa si celebrano tre messe la settimana. Io non so se vi siano per obligo e per volunta loro come sempre mi hanno detto però mando a V.S. R.ma la particola del testamento del q.m Pietro Gangale fondatore di detta chiesa accio come persona saviissima conosca l’obligo et non obligo perché io da per me non posso discernere mentre il mondo è cossi intrigato qual obligo tengono che da quando venne qui, che saranno quattro anni sempre si sonno celebrate tre messe la settimana in detta chiesa”.
Copia del testamento di Pietro Gangale
“Item dice haver donato la vigna delo Catuso alla cappella del Santiss.mo Rosario, li celsi li ha dati alla chiesa del Carmino, e tutta la robba sua et onni altra actione che si trova supra la sua roba vole che sia del Carmino, et le due case che si trovano al presente siano del Carmino.
Item li cento docati che ha in potere Petro Paulo Serra siano del Carmino.
Item dice havere seminato tumula sei di grano.
Item dice che questo seminato lo lascia alla chiesa del Carmino.
Item dice che di tutte queste robe ne lascia herede la chiesa del Carmino.
Item lascia, che si Lupo o alcuno deli figlii de Vespetiano si fanno preite, che siano patroni di detta chiesa e di la roba, et non volendosi far preite alcuno de li detti, che habia cura Vespetiano Gangale ello suo herede di mitter cappellano alloro arbitrio allo Carmino.
Item dice che murendo al presente isso le dudichi bache che si ritrovano ne siano dui del Carmine et li dece siano dele figlii femine di Vespetiano.
Item lascia uno letto novo alla figlia di Vespetiano Laura Stilla et laltri panni si li spartino Vespetiano et Lupo e che li faccino honore, et Vespetiano habia cura di recoglire la massaria, e lasciare lo debito e quello che avansa si compra uno prorpio per lo Carmino cacciate tutte le spese.
Item dice che dele robe che ha lasciato allo Carmino se ne habino di pagare docati sessanta, che li deve allo presente e che si caccino delo seminato et non si tocheno li proprii e questo dice essere la sua ultima volunta.
Presenti li sottoscritti testimonii Santo Grasso, Giovan Dom.co Cammarati, Vincenso di Rosa, Minico de Mauro, Minico Covello.
Copia di Codicillo del detto.
Item dice che della intrata di questo anno si habia di pagare lo cappellano Fr. Carlo Santoro, per una edomada allo Rosario, e dui allo Carmino e che Vespetiano si trovi cappellano assuo gusto e del più ne facci beneficio alla chiesa, e facendosi preite Lupo, o lo figlio di Vespetiano sia tutta la intrata la loro, lascia lo spitale allo Rosario, che Vespetiano habia pensiero della intrada dello Rosario e che lo avanso ne facci beneficio alla cappella delo Rosario, e possa allogare lo spitale, et aplicare detto allogheri alla cappella, et assua morte, ne habiano pensero lo suo herede, e Lupo habia lo ius sopra lo Carmino tanto sisi fa preite quanto si non si ne fa, elli docati quatro di Cassandra si caccino di sopra lo Carmino, et li altri menozzerie si caccino del Carmino, che li faccino honore alla sua morte.
Presenti li sottoscritti testimoni.
Iacona Borrelllo, Cassandra Assamaro. Elisabetta Filipella. Elena Gangale. Bartola Cummariati.
Estratti dalli loro originali et concordati di verbo ad verbum da me fr. Carlo Santoro”.
Erezione dell’arcipretura di Cotronei
Nonostante che a volte si trovi che il curato, o il parroco, di Cotronei venga insignito del titolo di arciprete , bisognerà attendere il sinodo di Santa Anastasia del 1625 quando l’arcivescovo Fausto Caffarelli ( 1624 – 1651), da poco insediatosi, elevò la chiesa parrocchiale di Santo Nicola a chiesa arcipretale e nominò il curato cutrese Marcello Monteleone primo arciprete del casale.
“Don Marcello Monteleone della terra di Cutro con supp.ne fà intendere a V.S.Ill.ma come per spatio di sei mesi have continuamente atteso alla cura dell’anime della Parochiale del casale delli Cotronei sotto il titolo di Santo Nicola Diocesi di V. S. Ill.ma alla quale povero d’animo esso supplicante have atteso come economo instituito da V. S. Ill.ma. E s’anzidetta Parochiale da che fu detto casale edificato è stata in economia ne mai spedita Bolle in persona alcuna, nè dalla Sede Apostolica, nè anco dalla Mensa Arcivescovale; e perch’esso economo dubbita non esser molestato dalli comm(issa)rii Apostolici per la cerca di frutti di d(ett)a Parochiale, quale non have altra entrada che la Decima delli Citadini di detto Casale, supp.ca però a V. S. Ill.ma se degni spedire Bolle necessarie in persona di esso Supplicante, che l’haverà a gratia, ut Deus”. La supplica fu presentata all’arcivescovo nel sinodo diocesano del 1625 e l’arcivescovo, preso atto che il Monteleone nei sei mesi di amministrazione della chiesa matrice di Santo Nicola “animarum curam laudabiliter et fructuose gessit” e che “Populus p.tti casalis frequente et numerosus existit”, premiò il curato e, costituendo la chiesa di Cotronei in chiesa arcipretale rurale, lo nominò primo arciprete della stessa. Alla fine di maggio del 1632 l’arciprete Monteleone che, come si legge in una relazione dell’epoca, “vive di decime et elemosine”, lascerà la chiesa di Cotronei per quella di S. Giovanni Minagò, essendo morto l’arciprete Gio. Francesco Florillo; a lui seguirà l’arciprete Hiacinto Virga nativo di Cotronei.
Descrizione delle cinque chiese nel 1625
“In questo luogo ci sono cinque chiese la matrice sotto il titolo di S. Nicola, nella quale si ministrano li SS.mi Sacramenti si celebra messa ogni giorno, nelli giorni festivi oltre la dottrina christiana che si legge dopo il vespro nelle messe cantate si espone moralmente il sacro vangelo e si insegna il populo a viver cristianamente, Non tiene entrata ma solamente l’università dona al cappellano Arciprete per potersi sostentare docati cinquanta et è solamente una chiesa matrice et non più, del seminato al presente non si può dar conto, mentre l’arciprete non partecipa in cosa alcuna ma col tempo si darà.
(In quanto alle chiese sono cinque. La matrice dove si celebra messa ogni mattina, e si amministrano li SS.mi Sacramenti si canta le feste la messa s’espone moralmente l’Evangelo et l’ep.la et altre parole per il popolo. si publicano le feste di precetto e si fanno denuntie di matrimonii et alle volte si fanno monitioni di scomunica et sentenza di quella et dopo il vestro si legge la dottrina cristiana non tiene entrata alcuna ma solamente l’università dona all’arciprete docati 50 per sustentamento di sua vita nella quale chiesa c’è la confratanza del SS.mo Sacramento con docati 12 d’entrata vestita con habito azurro et la confratanza del SS.mo Rosario con habito bianco senza entrata, non hanno ne …)
La chiesa della Nunziata alias S. Sofia iurepatronato della Ill.ma Sig.ra Baronessa con docati trenta d’entrata.
S. Rocco similmente iurepatronato dell’istessa Sig.ra con altri docati trenta d’entrata.
La confratanza del SS.mo Sacramento con habiti di color azurro.
La Confratanza del SS.mo Rosario con habiti bianchi dentro la chiesa matrice.
La confratanza della SS.ma Nunziata dentro S.ta Sofia con habiti bianchi senza constitutione, o osservanza alcuna, solamente alcune volte vengono alla processione cioè il giorno del SS.mo Sacramento, e quella del Rosario alcune volte va ad accompagnare li morti.
Il numero di preti e clerici e l’arciprete et dui altri sacerdoti cappellani delli d.ti iurepatronati e sette clerici in minoribus, un commissario di feste et un jacono selvaggio e godono l’immunità di quelle robbe delle quali hanno donatione e sono loro proprie.
Monache vizoche non ce ne sono altro che una in casa della Sig.ra Baronessa dell’habito di S. Fran.co d’Assisi.
Non ci sono hospitali solo che nella Nuntiata c’è attaccata una casucciola che non ha forma di ospedale ne tampoco nelle confraternite c’è congregatione o esercitio alcuno ma stanno così per forma. Il Monasterio di S. Marco di frati agustiniani.
Ancora la chiesa di S. Maria del Carmine iurepatronato delli Gangali con docati trenta d’entrata, con una messa il giorno, e con ogni termine di riverenza le bacio le mani.
Dalli Cotronei a di 12 de Giugno 1625. D. Marcello Arciprete.”
Entrate e pesi delle chiese di Cotronei
L’invio della relazione sullo stato delle chiese di Cotronei inviata dall’arciprete non soddisfò l’arcivescovo, il quale ordinò una descrizione più dettagliata.
“Molto Ill.mo et R.mo Signor mio.
Mando a V. S. Ill.ma li notamenti dell’entrate, delli pesi, nomi di debitori et d’ogni altra cosa, che se possuta notare qui nelli Cotronei nel miglior modo che è stato necessario. Cotronei a di 10 di Ap(ri)le 1628, D. Marcello mons. arciprete.
Santo Rocco, chiesa fondata dalla Sig.ra Baronessa have uno orto di celsi dal quale le se ne riceve d’entrata anno quolibet docati cinque 5-0-0.
Et anco tiene una casa dove sta il cappellano di questa chiesa. La Sig.ra Baronessa fa celebrare due messe il di da due cappellani quali tene apposta per tale effetto et non vi sono legati pii ne nomi di debitori ma per l’anime de soi morti.
Nota di tutte l’entrate della cappella del Santissimo Sacramento della cappella del SS.mo Rosario et della cappella di Colella Gangale site et poste dentro la chiesa matrice delli Cotronei.
La cappella del Santissimo Sacramento tiene d’entrata docati dudici et un carlino in questo modo: In primis la Sig.ra Baronessa paga carlini venti 2-0-0. Salvatore Bua per una casa che tene a censo 1-2-10. Lucretia Cervino per censo di una vigna 1 -1 -10. Giovanni Cervino per una casa tene censo 2-2-10 e rimasto per l’anno passato carlini diece. Lionardo Grandinetto per censo d’una casa 1-4-0
resta debitore per l’anno passato car.ni dieci. Marcello Di Rose per censo di uno orticello paga 1-0-0 è rimasto debitore per l’anno passato car.ni sette. Fran.co Bua paga per censo di una vigna 2-0-0
resta a pagare per l’anno passato car.ni dudici.
Il procuratore di detta cappella ogni Domenica raccoglie per elemosina quando doi, o tre carlini et alle volte quattro.
Li conti si sonno visti ogni anno et solamente Fran.co Venuti per la amministratione sua dell’anno passato come procuratore e restato debitore alla cappella in docati tridici 13-0-0.
Il procuratore di detta cappella fa celebrare una messa la settimana et dona per elemosina docati quattro 4-0-0.
Fa la spesa per oglio et cera però non si po in questo esprimere prezzo certo, perchè mi dicono , che quando sonno anni ventosi consumano per oglio et cera et quando non regnano venti meno. Nella stessa cappella si celebra una messa la settimana lasciata dal q.m Andrea Virga con docati quattro d’elemosina. Dentro l’istessa chiesa matrice vi è la cappella del Santissimo Rosario la quale ha docati quattro dentrata cioe doi sopra una vigna detta il Catuso et doi sopra una stalla chiamata lo spitale li quali si donano per elemosina a quello che celebra la messa la settimana ancora vi è la cappella di Colella Gangale con docati quattro d’entrata assignati sopra certi celsi et fronde per li quali si celebra una messa la settimana tutti questi non hanno legati pii oltre li già detti et le messe si servono continuamente dal cappellano.
La chiesa del Carmine edificata et fondata dal q.m Pietro Gangale della quale hoggi ne ha pensiero Vespasiano Gangale suo figlio ha le prescritte entrate:
In primis tiene docati diece quali li paga per ciascheduno anno Pietro Paolo Serra di Policastro 10-0-0.
Have anco de intrate ferale et inferale per tante fronde docati cinque 5-0-0.
Tiene anco d’entrate docati sei per affitto di case 6-0-0.
have dippiù due bacche figliate un jencarone et dui vitellazzi.
Et nella stessa chiesa si celebrano tre messe la settimana. Io non so se vi siano per obligo e per volunta loro come sempre mi hanno detto però mando a V.S. R.ma la particola del testamento del q.m Pietro Gangale fondatore di detta chiesa accio come persona saviissima conosca l’obligo et non obligo perché io da per me non posso discernere mentre il mondo è cossi intrigato qual obligo tengono che da quando venne qui, che saranno quattro anni sempre si sonno celebrate tre messe la settimana in detta chiesa. Paga uno docato lanno a Santa Maria La Spina per legato di Giorgio Gangale et carrini sei per la comparitione di santa nastasia et carrini setti di censo alla Sig.ra Baronessa et carlini otto per cera.
La chiesa della SS.ma Nonciata teni dintrata carrini trenta cinque in questo modo:
carrini venti per ollog.rio duna casa et carrini quindici per unaltra.
Il procuratore di detta chiesa deductis oneribus et expensis ha in suo potere docati otto et tre altri ne ha di ricevere da particolari.
Il detto tene obligo di comprar oglio per le sante messe et cera per servitio di detta chiesa et in questa chiesa la Signora Baronessa tene uno cappellano che dice messa ogni giorno con trenta docati di salario et una casa lasciata nel lultimo testamento di sua madre.
Creato il 20 Febbraio 2015. Ultima modifica: 13 Luglio 2017.