Alcune lettere pastorali degli arcivescovi di Santa Severina Alfonso Pisani e Fausto Caffarelli e dei loro vicari generali

Arme dell’arcivescovo di Santa Severina Alfonso Pisani (Ughelli F., Italia Sacra, VIII, 488).

Pubblichiamo alcune lettere pastorali inedite degli arcivescovi di Santa Severina Alfonso Pisani e Fausto Caffarelli e dei loro vicari generali. Le lettere sono dirette ai vicari foranei ed ai parroci dei vari paesi della diocesi, e dovevano essere affisse alle porte delle chiese e lette durante la celebrazione delle messe, per renderle note al clero ed ai parrocchiani. Esse trattano questioni riguardanti la situazione religiosa e sociale della diocesi di Santa Severina, tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento. È questo un periodo caratterizzato dalla repressione da parte della gerarchia cattolica, di ogni forma religiosa eterodossa e pagana, e dal tentativo di rinvigorire, riorganizzando e riqualificando moralmente, un clero locale avulso e ribelle ad ogni autorità, sia ecclesiastica che statale, ed in gran parte squalificato civilmente e culturalmente.

I tentativi arcivescovili di portare la chiesa locale ad un livello decoroso sia nel culto che nel sociale, facendo acquisire ai suoi membri uno status ed un ruolo attivo ed egemone, attraverso la moralizzazione, il ripristino e la cura dei luoghi sacri, la separazione tra ambito civile ed ecclesiastico, ecc., si scontreranno con le “ingiurie dei tempi”, cioè i terremoti, le pestilenze e la siccità. Il ripetersi dei cattivi raccolti determina il fallimento dei coloni che lasciano i campi, che in breve diventano deserti e selvatici, dove il pascolo prende il posto della semina, e dove scorrazzano gli “uomini malvagi”. Le pestilenze dimezzano la popolazione ed il bestiame. La mancanza di braccia e di buoi acutizza la crisi delle campagne, dove si allargano i terreni non arati che favoriscono il ripetersi della carestia. Il terremoto, specie quello del 1638, distrugge gli edifici e fa fuggire gli abitanti dalle città. Molti luoghi di culto, specie quelli fuori mura, sono abbandonati e scompaiono; altri che hanno subito danni, rimangono in abbandono per molto tempo. La recessione economica ha impoverito tutti, ed ha diminuito le rendite anche al clero. Le Lettere si inseriscono e testimoniano questo tentativo e questo passaggio.

Molti e vari sono i temi trattati; da quelli strettamente attinenti all’ambito ecclesiastico ed al culto, a quelli di natura più squisitamente economico-sociale. Ne elenchiamo alcuni così come appaiono in ordine cronologico. Le direttive per un maggior controllo contabile e la trasparenza dell’amministrazione economica delle chiese, delle confraternite e degli ospedali. I richiami affinché i colpevoli non vengano protetti, ma siano processati celermente ed abbiano il giusto castigo. Le scomuniche minacciate ai testimoni che depongono il falso e contro gli eretici ed i blasfemi. L’invito ai responsabili delle chiese a tutelare il decoro ed il rispetto dei luoghi sacri. L’esigenza di ripristinare una maggiore disciplina nel clero e di colpire coloro che, utilizzando l’immunità fiscale, datagli dall’abito, frodano l’università ed i cittadini, facendosi intestare i beni dei congiunti e degli amici. Le invettive verso i debitori delle chiese, verso chi non rispetta il riposo festivo, gli usurai, i bestemmiatori, ecc. Gli editti emanati contro i rapporti prematrimoniali, i concubini, i mariti che abbandonano le mogli e le mogli che abbandonano i mariti. Il richiamo ai parroci perché mettano fine senza indugio all’abuso dei lutti e dei pianti nei funerali e non permettano l’uso di graffiarsi la faccia.

I due arcivescovi

L’arcivescovo Alfonso Pisano era nativo della terra di Morrone della diocesi di Caserta. Figlio secondogenito di Berardino Pisano e di Prospera Santoro, che si erano uniti in matrimonio nel 1551. Quest’ultima era sorella carnale del cardinale di Santa Severina Giulio Antonio Santoro. Fu dottore “in utroque iure”, cioè in legge e in canoni. Il titolo di dottorato lo conseguì a Napoli nel collegio pubblico di Dottori. Perpetuo commendatario del monastero di San Giovanni in Fiore, successe nella cattedra arcivescovile di Santa Severina a Francesco Antonio Santoro il 18 luglio 1587. Egli ebbe l’arcivescovado di Santa Severina per supplica che ne fece al Papa Sisto V lo stesso cardinale Giulio Antonio Santoro, il quale così narra la vicenda: “e soggiongendoli (al Papa) ch’in tal caso sia Beatitudine mi volesse far la gratia della chiesa di Santa Severina per Alfonso Pisano mio nipote, con una reservatione di pensione di ducati 800 per l’arcivescovo resignante … mi disse di si, e se ne contentò molto volentieri, e gli baciai i piedi per ringratiarla … Venuto l’anno 1586, ebbi la speditione gratis tanto di mio fratello per la chiesa di Matera, quanto di Alfonso Pisano per quella di Santa Severina.[i]

Alfonso Pisano morì il 31 ottobre 1623. Durante la sua lunga permanenza sulla cattedra di Santa Severina, la cattedrale fu quasi completamente rifatta, con nuove fabbriche e più ampia. Con scrupolosità ed ingente spesa e “con pensiero e diligenza grande”, egli vi attese fino agli ultimi anni della sua vita, quando fu costruita la cupola maggiore. Fu sepolto nella cattedrale nella cappella di Santa Maria degli Angeli, da lui stesso, assieme al fratello Giulio Cesare, costruita e dotata fin dal 1611.

Il chierico e patrizio romano Fausto Caffarelli fu designato alla cattedra arcivescovile di Santa Severina nel gennaio 1624, e fu consacrato il 12 marzo 1624 dal cardinale Scipione Borghese nella basilica di Santa Maria Maggiore. Resse la chiesa di Santa Severina fino alla morte avvenuta il 17 novembre 1651. Nel 1634 fu nominato prelato assistente alla Cappella Pontificia e due anni dopo fu nunzio apostolico nel ducato di Savoia, carica che ricoprì per sette anni. Appena insediato proseguì i lavori della cattedrale.

Il nuovo ed ampio edificio, decorato e portato a termine dal suo predecessore, fu elevato ad un aspetto ancor più maestoso e reso al massimo del suo splendore. In poco tempo egli rese perfette in fabbrica elegante quattro importanti cappelle dedicate a Santa Maria degli Angeli, al SS.mo Corpo di Cristo, a Sant’Anastasia Vergine e Martire ed a San Leone Pontefice. Continuò il completamento della fabbrica del tempio ed in pochi anni, sopportando grandi spese, portò a termine la copertura. Stava per intraprendere e completare altri lavori, ma ne fu impedito da una improvvisa lite sorta sui diritti della chiesa. Tuttavia, prima di partire come nunzio per la Savoia aveva portato a termine il soffitto a cassettoni ed il nuovo coro. Entrambi erano stati levigati e scolpiti in maniera molto elegante da un valente artefice germanico. Anche la sacrestia era stata completata e fornita di ogni genere di suppellettile sacra d’argento, così la porta principale della chiesa, rifatta in noce. Alla fine del suo arcivescovato aveva resa più decente la cappella dove si conservava il braccio della patrona, fornendolo di drappi e di una lampada sempre ardente. Il coro ed il soffitto a cassettoni erano stati completati. Aveva rifatto il pavimento, restaurato i sepolcri, costruita la sede pontificale, ed eretto in marmo il pulpito per le prediche.

Arme dell’arcivescovo di Santa Severina Fausto Caffarelli (Ughelli F., Italia Sacra, VIII, 489).

Lettere Pastorali

“Alli R.di mei Car.mi li vicarii foranei della nostra diocesi, Rocca Bernarda, Pulicastro, Misuraca, Cutro, San Gioanni Minagho, Santo Mauro, Scandale, Rocca di Neto et Cutronei che tenutane copia se mandi dalluna allaltra allultimo se mandi in S(an)ta S(everi)na.

R(everen)di mei Car(issi)mi

al ricever della p(rese)nte eligereti li rationali conforme al solito che vedano li cunti delladministratione delle chiesie confraternita hospitali, et altri lochi pii et fareti ordine alli mastri procuratori cascieri, et administratori di esse che debbiano fra tre di consegnare inpotere vostro et delli rationali per noi deputati li loro quinterni e conti attendendo che si vedano con diligenza et si faccino li significatorie fideli et senza fraudeo, malignita, et tanto quelle che si faranno quanto quelle che si son fatte delli anni pass(a)ti conforme li ordini havuti da me veli fareti dare, et li mandereti cqui da me quanto prima accio si possa exeg(ui)re quanto sara di dovere in benef(iti)o delle chiesie et lochi pii, non mancate con ogni prestezza et state sani. Da Santa S(everi)na il di 5 di 8bre 1593. Il vostro amorevole Alfonso arcivescovo di Santa S(everi)na.”

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“R(everen)di n(os)tri Car(issi)mi

advivinandosi il tempo del Sacro Advento del quale Idio ha voluto monstrare la sua clemenza infinita, et sviscerato amore al genere humano ricerca l’offitio n(os)tro pastorale recordarvi che con paterna carita habbiate di exortare l’anime alla vostra cura commesse che vogliano lasciare hormai la strittezza et affectione che li anno alle cose del mondo et debbiano svegliarsi et elevarsi a considerarre li doni et gratie che dio con la venuta del suo unigenito figliolo ci ha fatte et per potersi fare questo piamente et con assai frutto, li doveti advertire quanto grande è stata la carita de dio verso noi in darci questo tempo di riconciliatione di Pace et de salute che per conseguirlo bisogna che cotesti vostri parrocchiani exuant veterem hominem, et induant nova spogliarnosi della vanità della carnalità et de tanti altri peccatacci, vestirnosi de una veste salutare penitenza, per mezzo della quale possano essere renovati, et mutati in uno principio di vita tale che ogni uno di essi possa dire con il profeta nunc cepi hec mutatio dexfere excelsi, et voi non manchereti con sollecitudine, et vigilanza pascere coteste vostre Pecurelle di salutare pasculi con boni exempi, recordi et advertimenti spirituali, acciò possiate esser degni di dire d.ni quinque talenta tradidisti miehi, ecce alia quinque super lucratus sum et il S. vi dia spirito et forza che con la vostra viva parola possiati redurre cotesti vostri figlioli spirituali a celebrare la natività del n.tro redemptore, contrit. Confess. Et comunica. Pieni de monditie et purità, con fermo proposito de mai più tornare ad offendere sua divina Maestà che per sua misericordia lo conceda a voi, et ad essi et ad noi gratia di exercitare degnam.te in honor suo loffitio nostro. Di S(an)ta S(everi)na a di XX di 9bre 1593. Vostro amorevole Alfonso arcivescovo di Santa S(everi)na.”

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“Prosper Surianus Archidiaconus Crotoniensis U.J.D. protonotarius ap.cus Ill.mi Ec. R.mi domini Alfonsi Pisani Archiep.i Sancte S.ne et florensiis monasterii perpetui commendatarii in spiritualibus et temporalibus vic.s generalis.

Essendo comparsi da noi il R.do P(ro)curatore della R(everen)da M(en)sa archiepiscopale con instantia ci ha fatto intendere come nelle terre et lochi della diocesi de Santa S.na nelli anni adietro per insino al p(rese)nte per li R(everen)di Vicarii foranei et altri delegati per detta corte arcivescovale se trovano prese molti informationi et fabricato processi tanto civili come criminali spettanti alla Corte p(redi)tta senza haverne havuto pensiero mandarcili cossi come son il che è nato della complacentia et affectione pertanto alli inquisi(ti) per il che s’impedisce lo curso della giustitia non dandosi il debito castigo a chi merita esser punito in danno ancho et preiuditio de parti et de detta corte arcivescovale, perciò volendomo noi provedere a tal richiesta parendoci giusta ordinamo et c(omanda)mo da mo a tutti vicarii foranei et altri delegati suggetti a n(ost)ra jurisditione arcivescovale che fra termine de giorni tre immediate seguenti dopoi la notificatione del p(rese)nte debbiano et ciascheduno di essi debbia mandar da noi cautamente tutti li processi informationi, et altre scritture si trovano in loro potere tanto civili come criminali et misti di qualsivoglia sorte accio quelli havuti et visti si procederà conforme sarà di giustitia, et per conservarsi nello archivio ordinario conforme alla Constitutione di Pio Quinto de bona memoria, et non si faccia per nisciuno il contrario sotto pena de onze cinquanta da applicarsi alla detta Corte arcivescovale et di ex(omuni)ca ipso fatto incurrenda, et occorrendo per lo advenire darsi alcuna querela o pigliandosi infine ordinamo a tutti ut supra p(rese)nti et futuri et qualsivoglia di essi che subbito sotto li stesse pene debbia inviarli a questa Corte, ordinando che la p(rese)nte sia intimata personalmente a tutti a chi spetta in qualsivoglia modo commandando a tutti com(missa)rii de n(ost)ra Corte della diocesi che la debbiano far notificare et con la debbita referenda ritornarla da noi. Data in Santa Severina nello palazzo arcivescovale il di XXVIII di 8bre 1594. Prospero generale vicario. Locus sigilli.”

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“M. R.di Car.mi fr.lli

Desiderandono noi che con ogni diligenza si mettano in esecutione le costitutioni fatte in questa ult(im)a sinodo diocesana, la copia della quale credemo che ogn’uno de noi habbia come e obligato apresso di se et particulam(en)te per estirpar afatto per quanto si puo del canto n(ost)ro il detestabile peccato della falsità che in queste parti piu d’ogn’altra parte ci regna, ci e paruto mandar in copia translatata in volgar del capitulo sopra tal materia qui allegata accio ogni terza Dom(eni)ca del mese et nelle festività q(uan)do vi sara maggior concorso del populo inter missar. sollemnia la facciati pubblicare, afine et li contravenienti non possano alegar causa d’ignoranza et vengano astinersi da simile errore. La p(rese)nti retenendosine copia per ogn’uno li mandino del’uno all’altro et con la debita relata tornino a noi per conservarsi nell’atti accio si possa procedere contra li negligenti non mancate et il S.r Dio vi conceda la sua S.ta gra(tia). Di S.ta S.na a 7 d’agusto 1606. Prospero Leone V(icario) g(enera)le.

E cresciuto tanto in q(uest)e parti il grave delitto della falsità che fra li tristi et scelerati non puo stare securo l’innocente che molte volte la purità dell’innocentia va per t(er)ra et la sceleragine de delitti passa imponita, come habiamo visto per esperienza percio desiderandomo noi, che per quanto sia possibile del canto nostro questo grave peccato l’estirparsi della n(ost)ra diocesi accio che q(ue)lli, i quali per il divin timore et amore non si ritirano dal male, si ritenghino dal peccato per una medicina di più grave corretione escomunicamo li testimonii che in giuditio depongono il falso, et quelli anchora che a quello l’inducono.”

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“R.do mio Amatis.mo.

Già sapete, che s’è tanto adoprato il demonio in questi parti, che ci ha introdotto quasi per comune usanza da farsi chiamare santo, che questo peccato dopuo commesso si dice volgarmente ha fatto santo il nemico, peccato empio et essecrando et anco blasfemia hereticale che per obbligho nostro si deve usar da noi ogni diligenza et industria per discacciarlo dalla memoria di nostri subditi. Per ciò con questa ve ordiniamo ch’ogni prima Domenica del mese nella messa parocchiale dopo il sermone debbiate amonire gli vostri parocchiani, che sotto la pena constituta dalli sacri canoni et constitutioni Apostoliche contra quelli pessimi christiani, che dicono e proferiscono blasfemie hereticali non habbiano e ciascheduno di essi non habbia da fare santo il nemico cioè di chiamare il nemico santo, avertendoli anco, che ciaschiduno che incorrerà in tal biastemia sarà castigato con ogni rigore e senza respetto alcuno non si havrà riguardo ne a stato, ne a conditione di persona ne a sesso, ne a grandi, ne a piccoli, ne a maschio ne a femmina perché in tale biastemia si deveno alterare le leggi, et in ciascheduna prima domenica del mese, che lasciareti di fare questa monitione incorrerete alla pena di docati duoi. Forzatevi con tutto l’ingegno e spirto vostro estirpare questo abominevole peccato dalli vostri figlioli spirituali e starete vigilantis(si)mi contra di quelli che lo cometteranno publicam(en)te o vero in presenza di tre testimoni a pigliare informatione e v’attenderete che se non c’usarete quella diligenza, vigilanza e studio che si conviene eseti obligati si procedara contra di voi di maniera che sarete essempio dell’altri e farete bene di dire a ciascheduno padre e madre di famiglia che avertiscano et ricordino alli loro figlioli che non incorrano in cosi detestando peccato e li istesso fareti a tutti gli altri vostri figlioli spirituali d’ogni sesso et età e questo officio lo fareti spesso et ogni volta che vi parerà essere necessario, l’absolut(io)ne de questo caso la riservamo a noi, e ci darete spesso aviso dello frutto e non frutto che si fara, et il sig.re vi dia la sua gratia accio possiate sempre fare il suo santo servitio di S.ta Sev.na a 24 di gen.ro 1612. V.ro Amorevolis.mo Alfonso Arciv.o di S. S.na.”

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“Rev.do Nostro Car.mo.

Per essere questo tempo di quaresma tempo accettabile e tempo di salute dovete con carità, e spirito essortare li vostri figlioli spirituali all’emendatione della vita alla penitenza a lasciare fuggire et odiare il peccato come inimico dell’anima e frequentare santamente le chiese, le prediche, li divini ufficii e li santis(si)mi sacram(en)ti et a ricorrere a Dio per perdono dell’offese fatte a sua Divina maesta, et al prossimo, confermo proposito di non tornar più al peccato. Dovete anco sapere che l’offesi che si fanno a Dio nella casa sua, che è la chiesa movino grandim(en)ti a sdegno la sua divina misericordia, perciò e debito d’ogni fidele christiano quando entra e sta in chiesa entrare, e starci con ogni humiltà e devotione, come comandano li sacri canoni, e sacro consiglio tridentino. Perciò ammonereti gli vostri parocchiani e gli ricordereti, che la chiesa è casa di Dio, alla quale non si conviene altro che santità, per ciò devotamente e santamente si devono conversare etastinernosi delli infra.tte cose. Chi nesciuno e sia che si voglia passeggi in alcun tempo nelle chiese. Che nesciuno si appoggi nell’altare, o vaso dell’acqua santa, o al fonte del Battesimo. Che nesciuno seda irreverentemente con le spalle voltate al s.mo sacramento o in convenientemente mettersi in facce alle donne. Che nesciuno faccia strepido o rumore o cosa per la quale si disturbino li divinii ufficii che nesciuno faccia raggionamenti o tratti di cose oscene, vane profani, o di negotii seculari. Che nesciuno che sta ad ascoltar la messa ciarli con altri, ma scolti la messa con humilta riverenza e devotione si come si ricerca ad un tanto sacrificio et stia inginocchiato con ambe le genocchia fuorché quando si legge l’evangelio. Che nesciuno riponga nelle chiese o tenga riposto grani, ligumi et altre cose indecenti et profane.

Questi pochi avertimenti con quella diligenza e vigilanza che deve essere in voi farete che siano esseguite con ogni prontezza e timore di Dio dalli vostri figlioli spirituali e sua divina Maestà infonda a voi et ad essi abondanza della gratia. Santa Sev.na li X di marzo 1612. Il v.ro Amorevolis.mo Alfonso Arcivescovo di S.ta Sev.na.”

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“Fausto Caffarello Romano per la D. M. Arcivescovo di S.ta Sev.na

Perche intendemo, non senza grave n(ost)ro dispiacere che molti chierici di q(ue)sta n(ost)ra Diocesi scordatosi del loro debito e del decoro clericale non servano in Divinis, ne vadano in habito e tonsura clericale in disservitio di N. S. Iddio e Scandalo de’ Populi, portandosi come meri laici in tutti li loro affari solam(en)te ritenendo il nudo nome di clerici per godere l’esent(io)ne del foro secolare, et immunità di gabelle, e pagam(en)ti fiscali, in grave danno delle prop(ri)e Università, e pregiud(iti)o dell’una, e dell’altra giuriditt(io)ne.

Volendono donq(ue) dar rimedio a tanto dissordine, e toglier via cossi perverso abuso, ordinamo col tenor del p(rese)nte G(enera)le N(ostr)o Editto a tutti chierici della soprad(ett)a n(ostr)a Diocesi che per l’avenire debbiano conforme sono stati ascritti assistere al serv(iti)o Divino, et andar continuam(en)te in habito, e tonsura clericale sotto le pene contenute ne Sac(ro) Can(one), Sac(ro) Cons(ilio) di Trento, e n(ostr)e Costitut(io)ni Synodali ipso fatto incurrendo, et altre a n(ostr)o arbitrio riserbate. Acciò donq(ue) habbiamo not(iti)a de trasgressori per dar loro il condegno castigo. Ordiniamo all R.R. Vicarii de luoghi che sottopena di lib(bre) XXV di cera per ciascheduno persolvenda piis usibus debbiano fra term(in)e di giorni tre ogni volta ch’occorrerà darci not(iti)a di q(ue)lli. E perche ness(un)o possa allegare scusa d’ignoranza, volemo che li transunti di quello s’affiggano nelle Porte delle Chiese Matrici di qualsiv(ogli)a luogho dove stiano affissi per spatio di giorni tre, e dopo con la debita relata si conservino nelli atti del n(ostr)o Archivio et habbiano quell’efficacia come se fossero statio intimati a ciascheduno personalmente. Dato nel n(ostr)o Palazzo Arcivescovale di S. Severina a 15 di maggio 1627, Faustus Archipiscopus S.cte Sev.ne. Locus sigilli.”

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“Fausto Caffarello Romano per la Divina M.sta Arcivesc.o di S. Sev.na

Essendoci pervenuto a not(iti)a per querele dell’università di q(ue)sta n(ost)ra Diocesi che siano state fatte, e tuttavia si facciano ogni giorno diversi contratti di donat(io)ni vendit(io)ni e cessioni simulate da Persone Laiche di tutti loro beni, o parte di quelli a Chierici, e Preti loro parenti o amici in grave pregiud(iti)o e danno d’esse università, o carico delle conscientie di quanti li q(ua)li con simili fraudi vengono non solo a sottrahere, et usurparsi li Reggii contro ogni legge, ma anco ad interessare maggiorm(en)te il prossimo quello che essi fraudano son costretti pagarlo gl’altri ch’anco sopportano i propri pesi, Però volendono Noi per il N(ost)ro debito Pastorale dar efficace rimedio e procedere a simili fraudolenti eccessi, acciò le passate fraudi remangano a fatto estirpate, e non sene commettano dell’altre per l’avenire, ordinamo con questo n(ost)ro G(enera)le Editto che ciascheduna Persona Eccl(esiasti)ca della sodetta nostra Diocesi, di qualsivoglia stato, grado e condit(io)ne si sia a cui sia stata fatta qualsiv(ogli)a sorte di donat(io)ne, o vendit(io)ne di beni, o cessas(sio)ne da P(at)re, M(at)re fratti, sorelle, o da qualsiv(ogli)a altri suoi parenti, o altri sotto qualsiv(ogli)a Pretesto debba realm(en)te e con effetto esibire e consignare al R(everendo) Vic(ari)o for(ane)o del p(ro)prio luogho copia authentica di simili contratti per inviarla q(ua)nto p(rim)a a Noi per haverne da Noi l’approbat(ion)e e confirmat(ion)e fra term(in)e di giorni nove, tre de q(ua)li loro assegnamo per il p(rim)o, tre per il s(e)c(on)do, e tre per il 3° e perempt(ori)o term(in)e, altrim(en)ti elasso d(ett)o termine e non fatta d(ett)a p(resen)tatione, e consignati e, tutti li d(ett)i contratti s’intendano nulli, et invalidi, et ordinamo che per l’avvenire tutti li contratti che si faranno a favore di Persone eccle(siasti)che debbano produrre qui nella N(ostr)a Corte Arcivesc(ovi)le dentro il term(in)e di cinq(ue) giorni dopo che si sarà stipulato il contratto per haverne la conferma, et approbat(ion)e da Noi, senza la q(ua)le approbat(ion)e e conferma, d’adesso si dichiarano tutti li contratti che si faranno nulli, et invalidi, e di q(ue)lli non s’haverà considerat(ion)e alc(un)a, et acciò q(ue)sto n(ostr)o ord(in)e pervenga a not(iti)a di ciascheduno, e niuno possa p(re)tendere causa d’ignoranza, volemo ch’il transunto di q(ue)llo s’affigga nelle porte delle Chiese Matrici di qualsiv(ogli)a luogho della n(ost)ra Diocesi dove stia affisso p(er) spatio di 3 giorni, e dopo con la debita relata si conservi nelli atti del n(ost)ro Archivio et habbia q(ue)lla efficacia come si fosse stato intimato a ciascheduno personalm(en)te. Dato nel n(ost)ro Palazzo Arcivesc(ovi)le di S. Sev.na a 16 maggio 1627. Faustus Archie.pus S. Sev.ne. Locus Sigilli.”

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“Faustus Caffarellus Romanus Dei et Ap.licae Sedis gr.a Archie.pus

Per tenore de p(rese)nte Editto d’affiggersi alli porte dell’Arcivescovale Chiesa et delle matrici de’ luoghi di questa Diocesi s’ordina a tutti Curati e Rettori dell’a(ni)me che avvicinandosi il Natale di N. Signore debbano inter missar. soll.ia. alle loro plebi esplicare il misterio della Sant(iss)ma Incarnatione addattandosi alla capacità dell’auditori, conforme alla Dottrina del Cathechismo Romano, et con ogni studio cerchino inserire nelle menti de’ fideli soggetti alla loro cura l’Amore immenso ci ha mostrato sua Divina Maestà, con mandare dalla sua destra in questa bassa t(err)a l’Unigenito suo figliuolo Christo Signor N.ro per redurre l’homo al Regno del Cielo, donde il peccato era stato sbandito et privo et abbassandosi in pigliar forma di servo, vestendosi et pigliando carne humana, per patir poi morte, et passione et col suo pretiosissimo sangue redimere l’istesso homo, et liberarlo dalle mani di satanasso.

L’istessi curati inducano li fedeli dell’uno et l’altro sesso a loro soggetti, a prepararsi per quel giorno e sacratissima sollenità del Santo Natale con la confessione sacramentale per poter poi ricever degnam(en)te l’istesso Dio humano sotto quelle spetie sacramentali. Et perché più, non si deve simulare la negligenza di coloro, che sin qui hanno differito adempire il Precetto di S(ant)a Chiesa di confessarsi, et communicarsi nel p(rese)nte anno, li medesimi curati di nuovo, inter missar. soll.ia moniscano, sin come noi monimo col p(rese)nte publico editto sotto pena di scom(uni)ca, latae sententiae, che per il giorno della sacratissima Circuncisione di N. S. almeno, habbino sodisfatto a tal precetto, assignandoli detto tempo per ultimo peremptorio termine, et canonica monitione.

Et debbiano l’istessi curati sotto pena di sospentione, et altre più gravi, a n(ost)ro arbitrio, per tutto il giorno dell’Epifania prosima ventura, haverci data la nota dell’istessi, non haveranno adempito tal Precetto, acciò da noi si possano denunciare nomenatim scomunicati, et separati dal gremio di S.ta Chiesa, come effettualm(en)te saranno scom(unica)ti senza altra monitione.

Si moniscano parimente dalli medesimi curati, come per il p(rese)nte publico editto noi monimo tutti dell’uno e l’altro sesso, che si ritrovano in manifesto, et notorio concubinato, che fra termine di sei giorni, dui de’ quali assegnamo per il pr(im)o, altri due per il 2°, l’altri per ultimo, peremptorio termino et canonica monit(io)ne debbiano con effetto haver lasciata la prattica, et essersi effettualm(en)te separati, sotto pena di scom(uni)ca latae sententiae, quale adesso per all’hora contra di tali promulghiamo in questi scritti.

Et tanto alli medesimi curati, quanto alli confessori da noi approvati, vi diciamo a memoria quello devono, per loro officio fare nelle confessioni sacramentali con li simulati penitenti, come sono occulti concubinarii che, sotto diversi pretesti, vogliono ritener l’istesse concubine, et continuare l’istessa mala conversatione. Debitori di chiese, et lochi pii, et quelli ricusano di pagar le decime, et usurpano li beni, et raggioni delle chiese, et dell’istessi lochi pii, quali non doveranno da loro essere assoluti, se p(rim)a non haveranno sodisfatto a quanto devono. Passati li sei giorni, assegnati di sopra, alli manifesti e notorii concubinarii, ciaschedun curato, dovrà mandarci la lista fedele per denunciarli nominatim, come intendiamo fare, senza altra requisitoria.

Attenderanno li curati alla scuola della Dottrina Christiana nelle feste, Domeniche et altri giorni più solenni et a sermoneggiare, et esplicare la Parola di Dio, come già son tenuti, sotto pena di docati tre d’incorrersi ipso facto per ciascheduna volta che mancaranno, non essendo legitimam(en)te impediti, quali applichiamo al seminario.

Alli commisarii et M(aest)ri di feste, comandiamo in virtu di l’obedienza, et di docati diece, d’incorrersi ipso facto oltre la privatione dell’officio, debbiano invigilare nell’osservanza delle S.te feste, et fare in modo che quelle siano inviolabilmente osservate et prohibiamo alli curati et vicarii foranei, che in qualsivoglia modo, et sotto qualsivoglia pretesto, sotto pena di sospensione d’incorrere ipso facto, et altre riserbate a n(ost)ro arbitrio, etiam pecuniarie, non possano dar licenza d’oprarsi in tali giorni dedicati all’Altissimo, se non in caso di mera necessità et in tal caso, gratis, sotto la medesima censura e li medesimi curati et rettori delle chiese, et altri, a chi spetta, conforme altre volte è stato resoluto nelli concilii di questa Prov(inci)a et altre costitut(io)ni sinodali invigilino di rimuovere l’abuso delli lutti, et pianti immoderati, si fanno nelli morti, et funerali, et vietino espressam(en)te, sincome noi vietamo sottopena di scom(uni)ca, che l’homini et le donne, non si graffino le faccie, et che l’istesse donne lascino l’abuso di battersi i petti, et di fare reputi et di proseguir lo cadavero, alla chiesa, o entrar a fare simili lamenti, et pianti nelle chiese, quali i sacristani, et altri, a chi spetta, prohibiscano l’entrare in esse chiese, sottopena di privat(ion)e dell’officio et li medesimi curati, ci diano quanto p(rim)a nota di quelle donne che sotto pretesto della morte delli suoi, restano le Domeniche, et feste di precetto d’intervenire, et essere p(rese)nti al sacrificio della S.ta Messa, et d’andare a sentire la parola di Dio.

Et finalm(en)te l’istessi curati et vicarii foranei, sapendo che nelli luochi et Parocchie di questa diocesi vi siano manifesti et notorii usurarii publici biastematori, massime biastemie hereticali, persone che de fatto si siano separati dalle loro moglie, et quelle dalli mariti, che habbino più mogli, o mogli che habbino più mariti, o persone che habbino poco buono sentim(en)to della fede cattholica, et siano in qualsivoglia modo sospetti del peccato dell’heresia, debbano non solo subbito denuntiarlo a Noi, o al Vicario G(enera)le infrascritto, ma di più monire le loro plebi, che havendo notitia di tali persone sono tenuti a denuntiarle.

Data in Santa Severina nel Palazzo Arciv.le a 13 di Decembre 1630.

Bened. Clementino Vic. G.le. Locus Sigilli.”

***

“Fausto per gratia di Dio e della Santa sede Apostolica Arciv(escov)o di S. Sev(eri)na e Nunzio Ap(osto)lico in Savoia.

Ancorche per l’Arcivescoval Corte s’è altra volta providamente ordinato che gli sposi avanti d’essere secondo il rito di S.ta Chiesa congiunti in matrimonio si dovessero astenere d’havere commercio e prattica con le spose, tanto perché ordinariam(en)te non suole tal commercio essere senza peccato mortale per lo pericolo della consumat(io)ne, o della pollut(io)ne quanto per le discordie, che spesso nascono fra essi e loro parenti per le quali non s’effettuano gli matrimonii rimaneno diffamate le spose con la conseguenza delle nemicitie offese. Quanto ancora per l’impedim(en)ti che sogliono scoprirsi doppo gli sponsali e non solo impediscono, ma derimano il matrimonio onde se bene non vi nascesse alcuna discordia non ponno ancorche volendo solennizzare le nozze. Et inoltre con l’istessa providenza la medesima Arciv.le Corte habbia vietato agli D.di Curati senza espressa sua faculta l’assistenza agli matrimonii di coloro che con la prattica et il commercio han contravenuto a d(ett)e ordinat(io)ni nulladimeno s’è sperimentato che da qualche parocho e viceparocho si trascura l’osservanza dell’ordinat(io)ni predette et assai spesso gli sposi perseverano gli mesi et gli anni nel peccato della pratticat(io)ne con le spose con la consumat(io)ne de’ matrimoni, come severam(en)te fussero mariti e mogli. Acciò non vengano attribuite a nostra negligenza le loro colpe confirmando et innovando l’ordinat(io)ni mentionate di sopra aggiungiamo che gli curati, e vicecurati sotto censura di sospentione di lata sentenza e fulminanda adesso nelli presenti con la riserva dell’assolut(io)ne alla pred(ett)a Corte si debbiano astenere d’assistere agli matrimonii de’ loro Parochiani c’havranno insieme pratticato, e conversato doppo gli sponsali se non le produranno scritta commessione d’essa medesima Corte moderativa e assoluta della pena della pratica, e della conversatione. E sotto la medesima censura fulminata, e riservata come di sopra, che almeno una volta ogni mese debbano alla frequenza de’ Parochiani in giorno de festa sermoneggiando dall’altare avvertire gli commessi alla sua cura del peccato in che per le cause, o per le raggioni accennate sianno gli sposi praticando o conversando vicendevolm(en)te p(rim)a di sollennizzarsi il matrimonio in conformità del Rito della Santa Chiesa Romana. E sotto l’istessa censura fulminata e riservata come s’è detto debba havere denunciato alla medesima Corte Arciv(escova)le quelli sposi, e spose, della Parochia loro che pratticando e conversando insieme poiche li debbiano paternamente ammonire a desistere dalla pratica, et a solennizare il matrimonio non dedesisteranno ma continueranno in essa pratica possa opportunamenti provedere a fargli uscire dal peccato.

Ciascuno R.do Curato con la sua attestat(io)ne a piedi d’esserle state esibite ritorni con data li pre(se)nti. Data in Mesoraca 20 Settemb. 1639. Giuseppe Vic(ari)o di S. S.na.”

Note

[i] Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, pp. 9-10.


Creato il 10 Febbraio 2015. Ultima modifica: 4 Aprile 2023.

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