Alcune chiese non parrocchiali di Santa Severina all’interno delle mura
SS.mo Salvatore
Nel 1532 Clemente VII confermava l’erezione di un convento in Santa Severina dell’ordine dei minori conventuali. Esso era stato fondato da Giovanni Francesco e Giovanni Maria di Sanctoseverino e da Antonio degli Infusini.[i] Il convento, uno dei due esistenti all’interno delle mura della città, era intitolato al Santo Salvatore ed era situato appena dentro la porta della città detta della Piazza e quasi sottostante alle muraglie del castello.
Alla fine del Cinquecento esso era abitato solo da due o tre frati, i quali vivevano di elemosina.[ii] A causa delle poche rendite e perché non aveva un numero di frati sufficiente, esso fa parte dell’elenco dei piccoli conventi da chiudere in seguito alla Costituzione di Innocenzo X.[iii] Fatto che secondo il Fiore, avvenne nel 1653.[iv] Dopo la soppressione nel convento e nella chiesa annessa del SS. Salvatore fu trasferito l’ospedale della città, che era amministrato dalla confraternita di Santa Caterina, utilizzando a tale scopo un edificio non consacrato. Così descrive il tutto l’arcivescovo Francesco Falabella in una sua relazione: “Si trova in detta città un ospedale per accogliere i pellegrini e per curare gli ammalati che è amministrato dalla confraternita di Santa Caterina, che per tale uso utilizzava un edificio non consacrato. Esso fu trasferito nel piccolo convento soppresso dell’ordine dei minori conventuali, annesso alla chiesa del SS. Salvatore nel quale vi erano tre stanze, che minacciavano rovina con un solo letto. Io curai di restaurarlo e di provvederlo di tre letti.[v] L’ospedale per gli infermi poveri e per i pellegrini, le cui rendite sono molto tenui e con le quali anche si devono pagare gli stipendi delle messe per i benefattori, che con tale onere lo dotarono, è al presente situato nella chiesa del SS.mo Salvatore, convento soppresso dell’ordine di S. Francesco dei conventuali posto all’ingresso della città. Esso fu trasferito da un altro edificio e la chiesa di Santa Caterina, la cui antica confraternita laicale fu anche annessa con l’ospedale a detta chiesa del SS.mo Salvatore”.[vi]
La chiesa del SS. Salvatore così appare in un apprezzo della fine del Seicento: “coperta a tetti con due altari, uno con l’immagine di S. Antonio, e l’altro con l’immagine della Concezione, ed accosto a detta Chiesa vi sono quattro stanze, che servono per uso dell’Ospedale, tanto per cittadini quanto per forestieri. In detta chiesa vi sono due campane, e avanti di essa vi è un piede d’olmo e Piazza”.[vii] Per tutto il Settecento l’ospedale rimase nel convento soppresso dei minori conventuali, al quale era annesso la chiesa del SS. Salvatore, nota anche come la chiesa dell’ospedale.[viii] La chiesa, in seguito, fu intitolata alla Immacolata Concezione di B. M. V. ed, alla metà del Settecento, aveva l’onere di celebrare quattro messe alla settimana ed era retta dal procuratore del seminario.
Unito aveva l’ospedale per gli ammalati ed i pellegrini, al quale si provvedeva dallo stesso procuratore. Vi erano due altri altari dedicati a Santa Lucia e a Sant’Antonio da Padova, entrambi erano senza oneri e rendite.[ix] Al tempo della Cassa Sacra, così si presentava: “Vicino la porta della città vi è la chiesa dell’ospedale in cui vi sono due porte, una picciola che si serra con chiave di ferro e l’altra grande che si serra con legno atraverso. Le stesse sono vecchie. Vi è l’altare con quadro dell’Immacolata ed una finestra con vetrata e senza vetri. Vicino la stessa vi è la sagrestia, in dove vi è uno stipo che serviva per gli arredi sacri. La portella mediante è fradicia ed aperta ed una finestra picciola. Lo suffitto di detta chiesa è buono.”[x] Attualmente la chiesa è conosciuta come la chiesa di Santa Lucia.
Santa Maria La Medica
La chiesa non parrocchiale era situata all’interno delle mura della città. Essa risulta già esistente poco dopo la metà del Seicento.[xi] Alla metà del Settecento aveva due altari; uno con lo stesso titolo e l’altro dedicato alla Madonna dei Sette Dolori; aveva l’onere di celebrare due messe alla settimana ed era retta da un procuratore eletto dall’arcivescovo.[xii] Soppressa al tempo della Cassa Sacra, andò in decadenza ed in abbandono. Alla fine del Settecento non vi si celebrava più,[xiii] ed è così descritta: “Vi è una piccola porta che si chiude con chiave, e un altare, detta chiesa è senza suffitto e vi è una piccola fenestra con le vetrate, ma senza vetri.”[xiv]
Sant’Anna
La chiesa non parrocchiale era situata all’interno delle mura. Essa risulta già esistente poco dopo la metà del Seicento.[xv] Alla metà del Settecento non ha alcun peso di messe e gode poche rendite; per tale motivo si celebra solamente il giorno della sua festa. Essa era curata per devozione dal canonico Francesco Antonio Godano.[xvi] La chiesa risulta ancora attiva alla fine del Settecento e si trovava vicino alla chiesa di San Nicola.[xvii]
Santa Caterina
La chiesa esiste già alla fine del Cinquecento. Essa era sede della confraternita omonima. L’arcivescovo Alfonso Pisani così la descrive nella sua prima relazione: “Nella chiesa di S. Catarina si celebra ogni dì messa, et in certi giorni due. I fratelli essercitano l’hospidalità à poveri peregrini, et infermi, e si trovano pronti a portare i defonti in chiesa. Ha di entrada diece docati, ma con l’elimosine si supplisce al tutto. È aggregata all’archiconfraternita della SS.ma Trinità di Roma, e vi si fa in certi tempi l’oratione delle quaranta hore. I detti fratelli cantano ogni Domenica matino l’ufficio della Beata Vergine, ogni venerdì di Quaresima la compieta, e litanie del nome di Giesù, et il venerdì santo andando a visitare i santi sepolchri, vanno con le discipline battendosi. Ivi Mons. Arcivescovo ha istituita la compagnia della Dottrina Christiana, la qual si insegna conforme alli libretti fatti dal S.r Cardinal sudetto (Giulio Antonio Santoro) per uso di quella chiesa, e Provincia e l’istesso si fa per tutta la Diocese non solo tra latini, ma anco tra Greci con li libretti pur stampati in lingua greca per ordine del detto S.r Cardinale”.[xviii]
La chiesa, che era di proprietà della confraternita, venne in seguito abbandonata dalla stessa e fu annessa dall’arcivescovo Francesco Falabella (1660-1670) al seminario, come lo stesso presule racconta: “È stata da me anche aggiunta la chiesa di Santa Caterina che è contigua al detto seminario.[xix] La chiesa era stata lasciata dai confratelli, i quali si trasferirono alla ricordata chiesa del SS. Salvatore con l’ospedale. Nella chiesa gli alunni del seminario recitano quotidianamente l’officio e la terza parte del rosario di Beata Maria”.[xx] La chiesa congiunta al seminario e come tale molto comoda per gli esercizi spirituali dei chierici,[xxi] è così descritta alla fine del Seicento: “attaccato a detto seminario vi è la chiesa di S. Caterina Vergine e Martire, della quale si servono i seminaristi per oratorio. Detta chiesa è coperta con l’intempiatura e vi è un altare con ornamento, e colonne di ordine composto, e cona con l’imagine di S. Caterina”.[xxii] La chiesa rimase unita al seminario ed era amministrata e mantenuta dal procuratore dello stesso. Essa aveva l’obbligo di celebrare due messe alla settimana.[xxiii] È ancora esistente alla fine del Settecento e si trovava vicino alla chiesa di San Giovanni Battista.[xxiv]
San Giuseppe
La chiesa compare poco dopo la metà del Seicento.[xxv] Essa è ancora esistente alla fine del Settecento e si trovava nelle vicinanze della chiesa di Santa Maria del Pozzo.[xxvi]
Santa Maria delle Grazie
La chiesa è già presente all’inizio del Seicento. Negli atti del sinodo di Santa Anastasia del 1634 troviamo che il rettore della cappella di Santa Maria del Carmelo, sita nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, doveva versare come diritto di cattedratico all’arcivescovo una libra di cera, ma in quell’occasione non comparve.[xxvii] La chiesa, una delle poche esistenti all’interno delle mura senza sufficiente dotazione, era mantenuta dall’interessamento e dalla pietà dei fedeli. Conosciuta anche con il titolo di Santa Maria delle Grazie e delle Cinque Piaghe, alla metà del Seicento era sede di una confraternita laicale.[xxviii] Così è descritta dall’arcivescovo Antonio Ganini (1763-1795): La chiesa delle Cinque Piaghe di Nostro Signor Gesù Cristo con la sua effigie mentre viene deposto dalla croce è retta da un procuratore designato dall’arcivescovo e che rende allo stesso conto dell’amministrazione. Vi era un sodalizio di confrati ora dismesso. Si celebra ogni sabato per i benefattori. Vi sono quattro altari. Uno è dedicato a Santa Maria delle Grazie nel quale è eretto un beneficio sotto il titolo di S. Lorenzo Protomartire con l’onere di messe a seconda delle rendite ed è retto per il beneficiato D. Nicola Riccio di Roccabernarda. L’altro beneficio di S. Maria di Monte Carmelo è retto dal beneficiato D. Marco Aversa e vi è l’onere di messe a seconda delle rendite. Il terzo è intitolato alle Anime Purganti è ha l’onere di una messa ogni lunedì. Il quarto è dedicato a S. Maria di Trapana ed è di pertinenza dell’università della città, ma essendo abbandonato è mantenuto dal procuratore della chiesa.[xxix] La chiesa era ancora esistente alla fine del Settecento e si trovava tra la chiesa di San Domenico e quella di Santa Maria Assunta.[xxx]
Chiesa del SS.mo Sacramento
L’arcivescovo Francesco Falabella (1660-1670) istituì la società del SS.mo Sacramento e fece costruire dalle fondamenta un ampio oratorio presso la chiesa cattedrale. A tale scopo utilizzò parte delle rendite della sua mensa arcivescovile ed i denari provenienti da alcune vendite e dal pagamento di certe pene. L’oratorio era lungo cinquanta piedi ed era di larghezza e altezza proporzionate. Aveva il soffitto con stucco e la porta e le finestre erano costruite con pietre squadrate. Sopra l’altare vi era una nuova icona nella quale era dipinta l’immagine del SS.mo Salvatore che cena assieme ai dodici apostoli ed istituisce il sacramento dell’eucarestia. Lo stesso arcivescovo dotò l’oratorio, provvide di ogni ornamento l’altare e fornì la confraternita di sacchi, croce e vessillo da portare nelle processioni.[xxxi]
Così l’arcivescovo Mutio Suriano alcuni anni dopo descriverà la confraternita: I “confrati si confessano, e si comunicano ogni terza domenica, et ogni domenica a sera si congregano nell’oratorio sotto il titolo del SS.mo vicino la chiesa cattedrale eretto dal fu Monsignor Francesco Falabella, arcivescovo di detta città, et ivi fanno l’esercitii spirituali”.[xxxii] Situata nel largo del piano detto “il Campo”, la chiesa era “coperta a lamia con un altare con l’immagine della Cena di Nostro Signore”. Essa si manteneva con le elemosine e vi erano cinquanta tra confratelli e fratelli. Poteva contare su un capitale di duecento ducati: cento erano impiegati in censi sopra beni stabili e cento sopra fondi, che venivano dati in fitto. Nella chiesa vi erano una piccola campana, una fonte di marmo, un’immagine della SS.ma Concezione e alcuni stipi per conservare le suppellettili sacre. C’erano anche delle “spaliere”, che servivano per la comodità dei confratelli.[xxxiii] La confraternita continuò ad aver sede nell’oratorio[xxxiv] dove, verso la metà del Settecento, fu costruito con le elemosine dei fedeli un elegante altare in opera plastica dedicato a San Michele Arcangelo.[xxxv] Al tempo dell’arcivescovo Antonio Ganini la “chiesa o oratorio pubblico del SS.mo Sacramento, aggregato all’arciconfraternita di Alma Urbe, è retto da un procuratore eletto dall’arcivescovo. Oltre all’altare maggiore vi è l’altare di S. Michele Arcangelo. Vi è pure la confraternita del SS.mo Sacramento”.[xxxvi]
Note
[i] Russo F., Regesto, III, 17161.
[ii] Visitatio Ap.ca Sanctae Severinae, 1586. Nel 1589 i frati sono quattro. ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1589.
[iii] Russo F., Regesto, VII 36846.
[iv] Fiore G. Della Calabria Illustrata, II, 1743, p. 400.
[v] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1666.
[vi] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1675.
[vii] Apprezzo della Città di Santa Severina, in Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, p. 98.
[viii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1725.
[ix] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.
[x] ASCZ, Cassa Sacra – Lista di carico n. 37, S. Severina (1790), p. 617.
[xi] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1678.
[xii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.
[xiii] Nel 1797 la chiesa non risulta nell’elenco delle Stazioni per i tre giorni delle rogazioni. Cose nostre, in Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, p. 199.
[xiv] ASCZ, Casa Sacra – Lista di Carico n. 37 – S. Severina (1790), p. 631.
[xv] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1678.
[xvi] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.
[xvii] Cose nostre, in Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, p. 199.
[xviii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1589.
[xix] “Il seminario fu eretto molti anni sono al tempo che il S. Cardinale di S. Severina allora arcivescovo di quella chiesa qual vi comprò un palazzo vicino alla chiesa arcivescovale e l’accrebbe di fabrica si che vi stanno comodamente 28 clerici”. ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1589.
[xx] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1666.
[xxi] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1675.
[xxii] Apprezzo della Città di Santa Severina, in Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, p. 104.
[xxiii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.
[xxiv] Cose nostre, in Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, p. 199.
[xxv] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1678.
[xxvi] Cose nostre, in Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, p. 199.
[xxvii] Varietà, in Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, p. 24.
[xxviii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1675.
[xxix] ASV, Rel. Lim. S. Severina.,1765
[xxx] Cose nostre, in Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, p. 199.
[xxxi] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1668.
[xxxii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1678.
[xxxiii] Apprezzo della Città di Santa Severina, in Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, p. 99.
[xxxiv] Così descrive la confraternita l’arcivescovo Carlo Berlingieri (1679-1719): “Sodalitium piorum virorum in sacello SS.mae Eucharistiae, archiconfraternitati de Urbe ad Minervam aggregatum, Dominici Corporis cultui, et venerationi, missis celebrandis, processionibus sacris, tumulandisque mortuis, aliisq. Piis exercitiis in oratorio prope Metropolitanam ecclesiam constructo assidue vacat, suos redditus separatos habens, admistratos per Procuratores, a quibus quotannis Archiepiscopus rationes exigit”. ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1685.
[xxxv] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1753.
[xxxvi] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.
Creato il 16 Marzo 2015. Ultima modifica: 10 Aprile 2023.