Urbanistica di Crotone tra il Basso Medioevo e gli inizi dell’Età Moderna (sec. XIII-XVI)
La realizzazione di questo lavoro, prodotto circa vent’anni dopo una mia prima pubblicazione riguardante l’argomento, consente di correggere alcune mie errate valutazioni del passato e di apportare qualche nuova conoscenza, circa le dinamiche che hanno condotto alla formazione della Crotone che oggi conosciamo.
Ciò in particolare nella fase finale del Medioevo, quando si sono creati i presupposti affinché la città s’irrigidisse sempre più tra le sue mura, acquisendo quella ferrea dimensione militare, che le avrebbe rapidamente fatto perdere il suo antico ruolo commerciale, legato alla sua favorevole posizione marittima di collegamento con il Medioriente, che la “civitas” medievale aveva ereditato dalla πόλις achea.[i]
Un nuovo porto e un nuovo castello
Il passaggio di Crotone in demanio regio, al tempo dell’imperatore Federico II, comportò importanti adeguamenti urbanistici, in ragione del ruolo che i dominatori svevi avevano individuato per la città.
Risalgono a verso la metà del sec. XIII, le notizie circa l’esistenza “In Cotrona” di un “novus portus”,[ii] che risulta nell’elenco dei nuovi porti del regno, sottoposto all’autorità degli ufficiali imperiali,[iii] mentre può essere ricondotta a questa fase la costruzione di un nuovo castello, che troviamo elencato tra i “Castra exempta”.[iv]
Rispetto al luogo occupato dall’“antico Castello” che, dalla sommità della timpa della Capperrina si estendeva all’attuale castello,[v] dove Tito Livio ricordata la presenza dell’antica “arx” dotata di mura dal sec. IV a.C.,[vi] e dove la “turri de santa panagia”[vii] (appellativo greco della Vergine), dominerà il tratto di litorale detto la “maryna de S(anc)ta panaya”[viii] fino alla metà del sec. XVI, le strutture di un nuovo castello, tutte invece contraddistinte da toponimi latini, compaiono già agli inizi della dominazione angioina,[ix] quando risultano a controllo del nuovo “porto” “seu maritime”,[x] o “plagiam”,[xi] come evidenzia il portolano medievale intitolato “Lo Compasso de navegare” (1296): “L’intrata enno porto: venite da mecço dì, va propo del castello de Cotrone iij prodesi e va entro <entro> che sie entre lo castello de Cotrone, (et) en quello loco sorgi, che sopre lo castello de Cotrone à I.a secca de xij palmi, (et) è lontano dal castello vj prodesi, (et) è en mare al castello p(er) greco. E se volete entrare da tramontana, va iij prodesi appresso de la terra.”[xii]
Il molo “antiquo”
Questa doppia possibilità d’ingresso nel porto di Crotone: da sud, ancorando in prossimità del castello, oppure giungendovi “da tramontana”, sfruttando il riparo offerto dall’insenatura della costa che, in maniera decisamente più pronunciata rispetto all’attualità, caratterizzava anticamente questo tratto di marina fino alla foce del fiume Esaro,[xiii] risulta evidenziato ancora durante la seconda metà del 1485 quando, in ragione di questa duplice opportunità di approdo offerta dal promontorio di Crotone, sfruttabile secondo le condizioni di vento più favorevoli, lo sbarco della pietra da costruzione necessaria alla “frabica” delle nuove mura della città, si realizzò prevalentemente “allo molo”[xiv] ma, in alcuni casi, anche alla “marina” o “porto” “de terczana”.[xv]
Questa località detta “la Terczana”, compare già in un atto del 29 novembre 1444, quando sappiamo che era caratterizzata dalla presenza di alcune abitazioni e che vi giungevano le mura cittadine.[xvi] Essa risulta menzionata ancora durante la prima metà del Cinquecento, quando risulta che alcuni suoli edificabili (“Casalini de terczana”) esistenti in quest’area, furono ceduti dall’università di Crotone a Berardo Lucifero[xvii] mentre, nell’aprile 1542, troviamo i lavoratori impegnati a piantare i pali nel mare per fare “la paliczata in terczana intitolata Villafranca”[xviii] e nel mese di luglio li troviamo qui togliere i pali della vecchia palizzata.[xix]
I resti dell’antico molo appartenente al porto “de terczana”, furono intercettati incidentalmente agli inizi del mese di ottobre del 1542, durante i lavori “allo sponton ditto de villa franca”, dove i mastri ed i lavoratori erano impegnati nel delicato lavoro di fondazione del nuovo baluardo.[xx]
All’interno di questo scavo i “Tagliamonti seu perratori” lavorarono “in tagliar le petre sono retrovati in lo cavam.to et muri antiqui” a tagliare “le pietre et lo molo antiquo sie retrovato in ditto cavamento” a “taglare la pet.a in ditto spontoni et sderropare le anticagle et rumpere le mole antique” ed a tagliare “lo molo antiquo et mura vecchi sono retrovati in la spica delo sponton verso mare”.[xxi]
Ancora nel mese di dicembre, troviamo i “perratori” impegnati al baluardo Villafranca “ad taglare li anticagla se trovano in ditto cavamento”[xxii] mentre, nei giorni prossimi al Natale, questi ultimi intervennero anche “al cavamento dela cortina delo sponton ditto petro nigro”, per rompere “li anticagla” ritrovate nello scavo,[xxiii] dove rimasero al lavoro fino agli ultimi giorni dell’anno.[xxiv]
La realizzazione di questo fronte bastionato determinerà una decisa accelerazione del processo d’insabbiamento del tratto costiero posto a nord del promontorio, già evidente in precedenza, e la scomparsa del toponimo “Terczana” sostituito da quelli correlati alle nuove strutture fortificate, mentre l’attività portuale si concentrerà alla “marina delo molo” posta lungo il versante opposto. Qui, la scogliera dove sorgeva la chiesa dedicata alla Vergine (Santa Maria del Mare), continuerà a proteggere l’approdo al “molo”,[xxv] insicuro per l’esistenza di un’ampia secca, fino alla metà del Settecento, quando il porto fu ricostruito per volere di re Carlo III.[xxvi]
Una città dimezzata
Secondo il racconto di Tito Livio, la città di Crotone (“Urbs Croto”) che, prima della venuta di Pirro in Italia, possedeva una cerchia di mura lunga 12.000 passi, dopo le devastazioni subite durante la campagna che il condottiero epirota condusse in Italia contro i Romani (280 a.C-275 a.C.), risultava abitata solo per metà, e il fiume Esaro che, in precedenza, le passava nel mezzo, ora scorreva al suo esterno, mentre l’acropoli (“arx”) era rimasta distante dall’abitato.[xxvii]
Agli inizi del basso Medioevo sappiamo che, rispetto a questo assetto, la parte della città posta oltre il fiume Esaro (secondo gli archeologi già urbanizzata nel sec. VI-V a.C.), era ormai disabitata e ridotta ad un acquitrino (“Pantanitzia”),[xxviii] mentre l’esistenza di un sobborgo, ossia di una parte abitata della “civitas” posta all’esterno del suo circuito murario, caratterizzava i pressi della foce del fiume. Le mura cittadine, invece, racchiudevano solo le sommità dominanti il suo promontorio da cui si aveva accesso al mare.
Città e castello
Le prime testimonianze relative a questa situazione che, accanto ad una acropoli in posizione dominante, documentano l’esistenza di un abitato sottostante ad essa, risalgono agli inizi del sec. XII, quando un atto del febbraio 1112, localizza l’ospedale (σπιτάλαιον) cittadino appartenente ai Benedettini di Santa Maria della Matina, con le sue terre (χωραφίων), le vigne (ἀμπελίων), le case (ὠσπιτίων) e i villani (ἀνϑρώπων), nella parte bassa della città di Crotone (ἄστη Kροτώνης),[xxix] fuori dalle sue mura.
Questo assetto di Crotone che seguì alla introduzione del feudo dopo la conquista normanna, trova confronto in diversi altri contesti, particolarmente attraverso alcuni documenti scritti in greco dei sec. XII-XIII, nei quali emerge chiaramente come l’avvento della residenza signorile del feudatario, posta in una posizione dominante sull’abitato, portò all’uso del termine “castello” in alternativa a quello di “asti”, secondo quella che era stata già l’antica partizione della città greca.
Analogamente al caso di Crotone, troviamo così le espressioni: ἄστεως ϰασσάνου (1129),[xxx] per indicare la città di Cassano, oppure ἄστι Nαίου Σασσωνίου (1195)[xxxi] e άστεως χώρας Пαλεοκάστρου (1196),[xxxii] per indicare la terra di Castrovillari o quella di Policastro (Petilia Policastro).
In relazione a questa dicotomia abitato-castello, i documenti evidenziano atti stipulati nell’asti (ἄστεως) di San Marco Argentano (1112),[xxxiii] oppure nel castello (καστελλήου) della stessa terra (1115),[xxxiv] mentre gli ecclesiastici e gli scribi che ne curarono la stesura, sono menzionati sempre con riferimento a quello che era il loro ambito di giurisdizione nella terra di appartenenza.
Troviamo così nel 1115-1116 (a.m. 6624), Leone protopapa dell’asti (ἄστι) di Roccabernarda ([καστελλί]ου Βερνάλδου),[xxxv] Leone, presbitero e tabulario dell’asti (ἀστέου) di San Marco Argentano (1135),[xxxvi] […], sacerdote e tabulario dell’asti (ἀστέου) di San Marco Argentano (1194),[xxxvii] Leone, notaro e tabulario dell’asti (ἄστι) di Nuova Sassonia (1218),[xxxviii] ovvero dell’asti (ἄστυ) di Castrovillari (1222),[xxxix] Giovanni, notaro e tabulario dell’asti (ἄστεως) di Castrovillari (1245),[xl] Solomon, notaro e tabulario imperiale della terra (χώρας) di Castrovillari (1248),[xli] ecc.
Considerando poi il carattere prettamente militare di alcuni insediamenti, in luogo di questi termini compare a volte il termine “kastron”, specifico in questo senso. Abbiamo così Sergio, turmarca del κάστρου di Brahalla (Altomonte, 1081),[xlii] mentre Urso, risulta notaro e tabellione del κάστρου di Malvito (1178).[xliii]
Il “suburbium” o “sub borgo”
Accanto alla testimonianza riguardante l’ospedale di Crotone, altre notizie circa la localizzazione e l’estensione della parte della città, posta fuori dal suo circuito murario agli inizi del dominio svevo, emergono in un atto del 1202 dove, tra i possedimenti confermati da papa Innocenzo III all’abbate Pietro del monastero benedettino di S. Giuliano di Rocca Falluca, è menzionata la chiesa di “sanctae Euphemiae” esistente nel feudo di Apriglianello, “quae est sita iuxta suburbium Cotroni cum pertinentiis suis”.[xliv]
In relazione alla prossimità con il confine orientale di questo feudo, alcune notizie risalenti al 1240, riferiscono che una “gran lapide” appartenente a questi confini, si trovava “al piede” del monticello “che dicesi “Mercodito”,[xlv] alla sommità del quale oggi si trovano le vasche di decantazione dell’acquedotto industriale, nelle immediate vicinanze di un’area che sappiamo ricadente nell’abitato della πόλις.
Riguardo a questa parte abitata della Crotone medievale posta fuori le mura cittadine e ricadente nell’area urbana di età classica, ci informa un atto del dicembre 1233 (a.m 6742), il quale mette in evidenza che alcune abitazioni appartenenti a questo sobborgo, erano poste alla destra del corso del fiume Esaro, adibito a porto canale, nel luogo detto San Pantaleone.
In questo documento troviamo Constantino, figlio del quondam Leone Cuccia, permutare un terreno (χοράφιον) in cui potevano essere piantate 1000 viti, posto nelle pertinenze di Crotone, nel luogo detto “ad Lampisim” (torrente Lampos o Papaniciaro), con una mezza casa di sua moglie domina Aluisa Murruni, posta “in suburbio Crotonis [τῶ ἐξωπύλω ϰροτώνης] in ditione Sancti Pantelemonis”, insieme con alcune viti esistenti nelle pertinenze di Crotone, nel luogo detto “ad dominum Amatum”. I confini di questa mezza casa risultavano i seguenti: “ab oriente sunt via et domus quondam uxoris Basili Matzuci, et neptis ipius; ab occidente reliqua dimidia domus magistri Ioannis Cucciae; a septentrione angiportus, et domus filiorum notarii Theophanii; a meridie domus filiorum domini Ioannis Russi”.[xlvi]
L’esistenza di abitazioni identificate in “Maritima di Cotrone”, si evidenzia successivamente agli inizi della dominazione angioina, attraverso un atto dell’11 agosto 1284[xlvii] mentre, tra i beni concessi dal re Carlo II d’Angiò all’arcivescovo di Santa Severina Rogerio l’11 aprile 1293, troviamo: “habeat in perpetuum culturas quae dicuntur de puteo ante Cotronum prope valonem Ysari ex una parte et suburbium Cotroni ac montem de bliga ex altera et prope terram Carbonari. Item terra quae dicitur de Apotheca ex alia parte Ysari.”[xlviii]
Le concessioni feudali fatte all’arcivescovo Rogerio tanto alla destra, quanto alla sinistra del corso dell’Esaro, consentono di mettere in evidenza l’esistenza di un attraversamento del fiume presso la sua foce, da porre in relazione all’esistenza di una “viam regiam” costiera, detta anche maggiore (“maior via”), documentata da alcuni atti dei sec. XII-XIII che, costeggiando il mare, da “Pantanitzia” andava verso Armira (“via, quae ex Pantanitzia ad Armiram vadit”), dove scorreva il torrente omonimo (“torrens venae de Armira”),[xlix] il cui nome si conserva in quello attuale della località.
Ricordano ancora oggi il luogo in cui esisteva questo antico attraversamento, i toponimi “Acquabona”, legato all’esistenza della fonte pubblica da cui si approvvigionava d’acqua la città,[l] e “Botteghelle” mentre, l’allineamento degli isolati, conserva traccia della via costiera che superava il fiume Esaro presso la sua foce.
Agli inizi del Cinquecento qui è documentata l’esistenza del “passo delo ponti dela nunciata”, ovvero del “passo delo ponti de isari”,[li] dove si lavorava a gettare “petra intro lo passo delo ponti dela nunciata”[lii] che, a quel tempo, fu munito di nuovi pali infissi nel letto del fiume, usando il legname tagliato nel territorio di Santa Severina.[liii]
La toponomastica che si è conservata, inoltre, ci consente di evidenziare l’esistenza di un’area mercantile della città medievale, nella parte più centrale precedentemente appartenuta alla città classica, come documenta il toponimo “Apotheca”, mentre notizie riferite a quest’attività in quest’area, sono documentate alla metà del Quattrocento, quando risale la richiesta dell’università e degli uomini della città di Crotone, accolta dal sovrano, di spostare la fiera dal primo di agosto, festa di San Pietro in Vincoli, al 25 aprile, festa di San Marco: “Item peteno la fera de cotroni sia anno quolibet in lo iorno dela festa de sancto marco delo mese de Abrili et duri iorni quindichi franco perche laltri fiati lo dicto mercato solia essere lo primo iorno de ag.to § Placet Regie Maie.ti.”[liv]
Dopo la fondazione del convento dell’ordine dei Minimi di San Francesco di Paola con chiesa di Gesù Maria, avvenuta nel 1460, la fiera prese a svolgersi davanti alla nuova chiesa, assumendone anche il titolo.[lv] La chiesa di San Marco Evangelista è ancora segnalata alla metà del Cinquecento, dal toponimo “marina de San marco”,[lvi] che compare lungo il litorale a sud dell’Esaro, mentre sappiamo che, successivamente, la chiesa fu unita a quella vicina di Sant’Antonio Abbate.[lvii]
Il “sub burgo” detto “la piscaria”
Avvicinandoci ulteriormente alla cinta muraria della “civitas”, possiamo evidenziare altre aree abitate che, alla metà del Quattrocento, erano ancora esterne alle mura cittadine. Risalgono infatti a questo periodo le prime notizie che ci informano circa l’esistenza “in piscaria”, della chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo: il guerriero che aveva il compito di proteggere uno degli importanti accessi alla città proveniente dal mare.
L’esistenza di questa parrocchiale cittadina, di cui sopravvive ancora il toponimo nel centro storico (“Piazza Sant’Angelo”), è già documentata in un privilegio del 20 dicembre del 1440 concesso dalla marchesa di Crotone Errichetta Ruffo de Calabria a Giovanni de Marino di Le Castella, riguardante i beni precedentemente appartenuti al quondam Andrea Corbo di Crotone, tra cui risulta: “domus una Terranea sita et posita intus dictam Civitatem in parrochia sancti Angeli In piscaria juxta domus presbiteri leonis de galatina Cantoris Eccl(es)ie Cutronensi vias publicas ex duobus lateribus et alios fines Item Casalenum situm et positum intus dictam Civitatem in dicta parochia sancti Angeli in piscaria juxta domum scurculli Casalenum Archiepiscopi et alios fines”.[lviii]
L’esistenza del “sub burgo” della “piscaria” fuori dal circuito murario cittadino, è testimoniata anche da un atto ricopiato in maniera incompleta e conservato senza data, tra quelli della cancelleria aragonese dei tempi di re Alfonso, in cui si menziona un “ortum” “arboratum cum palma et aliis arboribus situm et positum in sub burgo dite civitatis cutroni”,[lix] appartenente a “johannis bonoli” o “boloni” di Crotone che, assieme ad altri beni posti “in civitate predicta et eius tenimento”, lo possedeva in qualità di legittimo amministratore dei suoi figli e di usufruttuario dei beni stabili della “quondam alene” sua moglie.[lx]
In riferimento alla presenza caratteristica di questa particolare e inusuale essenza arborea, riferibile alla presenza della sinagoga esistente nella Giudecca, il toponimo “la Palma” risulta documentato nella Piscaria ancora durante la prima metà del Settecento nelle vicinanze della chiesa di Santa Maria de Prothospatariis,[lxi] mentre in merito alla posizione esterna alle mura cittadine, occupata dalla parrocchiale di Sant’Angelo, testimonia ancora un provvedimento della curia vaticana del primo giugno 1530, in cui Guglielmo de Nigris risulta “perpetuo cappellano ad altare S. Ambrosi, situm in ecclesia S. Michaelis, prope et extra muros Crotonen.”[lxii]
La parrocchiale è richiamata “intus crotonem” anche in documenti successivi, ma comunque precedenti alla costruzione delle nuove fortificazioni della città avviate nel 1541.[lxiii]
La “judeca”
Anche se le notizie circa la presenza di una numerosa comunità ebraica nella città sono abbastanza antiche,[lxiv] quelle relative alla localizzazione della “judeca”: il luogo o strada esterni alle mura cittadine, dove erano raggruppate le abitazioni degli ebrei, risalgono solo alla metà del sec. XV, quando si fa menzione delle “domos jacuelli de procia judey de cutrono”, esistenti nelle vicinanze (“prope”) di alcune abitazioni poste “intus eandem civitatem cutroni in parochia s(anc)te narchine”,[lxv] mentre in un atto del 16 novembre 1444, riguardante le concessioni di re Alfonso al nobile Stephano Sacco di Policastro, troviamo: le “domos sitas et positas in ditta Civitatis Cutroni in judeca ipsius Civitatis iuxta domos curie iuxta vias publicas iuxta domos Archiepiscopi Sante Severine mediante vinella et alios confines”, beni devoluti alla regia Curia per la ribellione di Antonio Centelles e di sua moglie.[lxvi]
La prossimità di queste case di pertinenza regia poste “in ditta Civitatis Cutroni in judeca ipsius Civitatis” con quella, sempre di pertinenza regia, posta “intus dictam Civitatem Cutroni in parrochia vulgariter no(mi)nata delu Ep(iscop)atu”, risulta evidente attraverso un atto del 18 gennaio 1445, con cui re Alfonso concesse a Bellucia, figlia di Dominico Barbarussa di Crotone, “quandam domum sitam et positam intus dictam Civitatem Cutroni in parrochia vulgariter no(mi)nata delu Ep(iscop)atu confinantem cum domibus Archiep(iscop)i s(an)cte severine vinella quadam mediante et cum domo magistri Albrat et via puplica et aliis confinibus”, anche questa devoluta alla regia Curia a seguito della ribellione di Antonio Centelles ed Enrichetta Ruffo di Calabria.[lxvii]
Altre notizie ci provengono in seguito da due atti della seconda metà del Cinquecento, successivi alla cacciata degli ebrei dal regno ed alla ricostruzione delle mura, ma precedenti alla riorganizzazione delle parrocchie fatta dal vescovo Lopez (1595-1598), che identificano il luogo detto “la giudeca” e la “strata dela judeca”, nell’ambito dei confini della parrocchia di San Nicola de Cropis.[lxviii] Sia quest’ultima che quella di Santa Narghina risulteranno tra le parrocchie soppresse alla fine del Cinquecento, quando il loro ambito fu unito a quella di San Pietro.[lxix] Troviamo così in diversi atti seicenteschi che il luogo detto “la giudeca”,[lxx] ovvero la “strata nuncupata della Iudeca”, risultava nelle vicinanze della cattedrale,[lxxi] e si estendeva tra la parrocchia di San Pietro[lxxii] e quella di Santa Maria de Prothospatariis,[lxxiii] la cui “ecclesiam” risulta già esistente nel 1448.[lxxiv]
Dentro le mura
La ricerca di elementi appartenuti alla struttura urbana di Crotone durante il Medioevo, deve affrontare problematiche all’apparenza insormontabili, dettate dalle profonde trasformazioni che hanno interessato i luoghi nel tempo e alla loro sempre scarsa documentazione. Sopperiscono in parte a ciò, una metodologia d’indagine basata su diversi criteri di sistematizzazione delle informazioni e l’apporto di altre discipline.
Nel nostro caso importanti informazioni che ci consentono di risalire a contesti anche molto antichi, ci sono offerte dall’uso della fotografia aerea che, spesso in maniera sorprendente, conserva per molto tempo le tracce lasciate dall’intervento dell’uomo, in particolare quando si tratta delle cinte murarie di una città che, come l’esoscheletro di un insetto, hanno costituito per essa un limite invalicabile per molti secoli, segnando le tappe del suo sviluppo urbano in epoche precise.
Individuare e datare l’impronta lasciata dalle mura ormai scomparse di una città, quando queste riproducono modelli facilmente riconoscibili (ad es. il quadrilatero di un castrum romano) ed è possibile trovare riscontri attraverso l’indagine archeologica, risulta abbastanza agevole. Più arduo è invece, risalire a quelle realtà che si sono sovrapposte nell’edificato dei centri urbani lasciando segni meno riconoscibili, in quanto questi segnali ci riconducono a contesti di cui abbiamo un’idea ancora poco definita, oppure ci sono del tutto ignoti.
È quest’ultimo il nostro caso, che è stato possibile indagare grazie all’intuizione di Andrea Pesavento, attraverso uno studio allargato a tutti i centri abitati del Crotonese dove, a riguardo, non sono emersi elementi riconducibili ad un perimetro murario del periodo classico o tardoantico, mentre, invece, in tutti questi contesti urbani, è stato possibile evidenziare l’esistenza di una impronta ovale riconducibile all’esistenza di una cinta muraria medievale.
In merito alla possibilità di datare questo nuovo modello che risulterà duraturo per tutta l’età medievale e oltre, offrono un termine che possiamo considerare antequam, i resti del castrum romano di “Lacino” a Capo Colonna, che non continuò ad esistere durante il Medioevo.
Sembrano confortare l’ipotesi secondo cui questo nuovo modello sarebbe comparso già in epoca altomedievale, anche alcuni riferimenti rappresentativi: il mosaico esistente nella chiesa di S. Giorgio a Madaba in Giordania (sec. VI d.C.), dove la città di Gerusalemme è rappresentata con una cerchia di mura ovale, in cui si aprono le sue porte, da cui transitano le strade principali dotate di portici che l’attraversano, e la famosa leggenda della città di Napoli legata alla figura di Virgilio, secondo cui, l’integrità della città e quella del suo castello detto dell’Ovo, in ragione di questo fatto, ovvero della sua antica forma, sarebbero rimaste preservate fino a quando si fosse mantenuto integro un uovo magico, che il poeta aveva riposto nel luogo più remoto del castello, secondo la metafora che attribuisce al suo guscio la qualità di protezione per eccellenza.
A tale riguardo, l’indagine aerofotografica consente di far emergere che, in età medievale, la città di Crotone era dotata di un circuito murario posto a munire il suo promontorio, che si sviluppava lungo un perimetro ovale di circa 770 m, racchiudendo un’area di oltre quattro ettari e mezzo, strutturata in relazione alla sua viabilità principale. In questo spazio, la cattedrale e altre chiese, risultano orientate analogamente agli isolati che la ricerca archeologica ha evidenziato nel settore centrale dell’antica πόλις (+30°).
Per quanto riguarda l’organizzazione ecclesiastica cittadina all’interno di queste mura, agli inizi del Trecento, epoca in cui a Crotone persistevano ancora la lingua e il rito greco, sappiamo che, nell’ambito della giurisdizione vescovile (“In Episcopatu Cutronensi”), oltre alla cattedrale, esistevano la chiesa di S. Pietro, quella di S. Nicola e quella di S. Silvestro.[lxxv]
In occasione del pagamento alla Santa Sede delle decime nell’anno 1310, risultano infatti le contribuzioni del “Presbiter Pandulfus pro ecclesia S. Petri tar. I”, del “Presbiter Martinus capellanus ecclesie S. Nicolai pro secunda tar. III gr. II.”, e del “Presbiter Philippus capellanus ecclesie S. Silvestri pro secunda tar. II.”[lxxvi]
A quel tempo l’area urbana compresa dalle mura, si estendeva tra il “cavalliero”[lxxvii] dove, ancora nella seconda metà del sec. XV, esisteva la “turri de santa panagia”[lxxviii] (Santa Maria), e i luoghi in cui, ancora agli inizi del Settecento, compare l’altro toponimo greco: quello relativo alla chiesa di Santa Narghina, che risulta documentata per la prima volta alla metà del secolo XV.[lxxix]
In questo periodo comincia a essere documentata anche l’esistenza della chiesa “parochialis S.ti Stephani”, che compare per la prima volta in un documento del 5 aprile 1424,[lxxx] mentre il suo titolo parrocchiale è ribadito da un atto successivo del 19 marzo 1448, relativo al testamento di Stephano Pantisano “de cutrono”, abitante “in convicinio et parrochia s(anc)ti stephani”.
Accanto a queste, altre testimonianze di questo periodo ci informano di abitazioni poste “intus Civitatem Cutroni in parrochie sancte d(omi)nice” (1440),[lxxxi] mentre altre, invece, risultano “in parochia s(an)cti domitrii”,[lxxxii] che vanno a sommarsi alle notizie già scorse, relative ad abitazioni esistenti “in parrochia vulgariter no(mi)nata delu Ep(iscop)atu” (1445),[lxxxiii] alla parrocchiale di Sant’Angelo (1440) posta nella Piscaria,[lxxxiv] e alla chiesa di “Sancte Marie de Prothospatariis” (1448).[lxxxv]
Le parrocchiali di “s.to pet.o”, “Sancto nicola”, “s.ta naryina”, “s(anto) stefano”, “s(an)ta d(omi)nica”, “Santo angelo” e “s(an)ta m.a”, assieme a quelle di “s(ant)to nicola de cropi”, “s.to joanne”, “s(anto) giorgio” e s(an)ta vennera”,[lxxxvi] risultano quelle esistenti all’interno delle mura della città durante la prima metà del Cinquecento.
La piazza
Accanto alle notizie riguardanti la suddivisione dello spazio urbano dentro le mura cittadine, secondo confini parrocchiali definiti, alla metà del sec. XV troviamo anche le prime notizie circa l’esistenza di una piazza, ovvero di uno spazio pubblico destinato all’attività commerciale identificabile nelle vicinanze della cattedrale, realizzato sull’incrocio degli assi stradali principali provenienti dalle porte.
Qui sappiamo che si trovava un “hospicium” appartenente alla regia corte, ovvero un complesso di “domos” e “apothecas” consistente in diversi edifici divisi in più membri, posti “intus menia” e proprio “in plathea dictam civi.tem”.
L’11 gennaio 1445, nell’accampamento regio contro il castello di Crotone, oltre a confermargli le concessioni precedenti, il re concedeva in burgensatico al milite Bartolo Dominisari di Sorrento, le “domos seu hospicium et apothecas n(ost)re cur(ie) sitas et positas intus menia dictam civi.tem n(ost)re Cutroni et proprie in plathea dictam civi.tem consistens seu consistitis in diversis membris et hedificiis soloratas quidem et terraneas imbricibus copertas jux(ta) bona not.i jesualdi jux(ta) bona thomasii bonito jux(ta) bona thomasii de florio jux(ta) bona d(om)ine jacobe relicta quondam perri mani milite iux(ta) vias publicas a duabus partibus et alios confines.”[lxxxvii]
A causa delle turbolenze di questo periodo durante cui trovò la morte il detto Bartolo, quando la sua casa fu devastata dalle fiamme e si dispersero le scritture che vi erano conservate, il primo luglio 1445, da Castelnuovo in Napoli, re Alfonso riconfermava a Costancella, figlia del quondam Bartolo e alla vedova di questi Giovanna Macri di Crotone, quanto aveva precedentemente concesso al suo fedele milite l’11 gennaio precedente, compreso “quoddam hospicium n(ost)re curie consistens in diversis menbris apotecis domibus et edificis situm intus menia dicte Civitatem n(ost)re Cutroni suis finibus limitatum”.[lxxxviii]
I nuovi “rivellini et fossi” della città
L’epoca di costruzione di “rivellini” o “Rebellini”, ossia di mura basse e larghe capaci di resistere al tiro delle artiglierie e dotate di “fossi” per impedire l’avvicinamento delle macchine obsidionali, realizzate alla base delle alture su cui, precedentemente erano state edificate le difese medievali, può essere circoscritta a Crotone tra la fine del Quattrocento e gli inizi del secolo successivo.
Se in precedenza, infatti, notiamo che tra i capitoli concessi alla città di Crotone l’otto dicembre 1444 da re Alfonso, sono menzionati solo interventi di “reparacione”,[lxxxix] come risulta successivamente anche in quelli concessi dallo stesso sovrano alla città il 3 giugno seguente,[xc] più tardi, dopo i fatti che portarono alla presa di Otranto (11 agosto 1480), re Ferdinando I si affrettò a predisporre rapidamente nuove contromisure più efficaci.
Così il 3 marzo 1482 ordinò che si rifortificasse “subito” il castello di Crotone, dando allo stesso tempo, il via ai lavori della “fabbrica delli rivellini et fossi di quella Città.”[xci] Anche nelle istruzioni impartite al magnifico messer Iacobo Castracane, date in Castello Novo a Napoli il 7 maggio 1487, si evidenziano le premure del sovrano, affinché si pigliasse ogni “cura et sollicitudine della fabrica et repari che se fanno per fortificatione de decta Città”.[xcii]
Con l’avvio della “fabrica deli Rebellini et fossi Dela Regia citate De Cotrone”,[xciii] di cui c’informano alcuni manuali di fabbrica relativi al periodo 1484-1486, i lavori interessarono innanzi tutto, le difese poste nella parte alta della città, che munivano la timpa della “Capperrina” verso la marina e il castello – luogo strategico principale per l’assetto difensivo della città sin dall’antichità – che furono rinforzate adeguandole alle nuove esigenze militari, in ragione della sempre maggiore diffusione di armi da fuoco più progredite.
Da questa parte, le nuove opere iniziavano con il muro di controscarpa del fosso del castello,[xciv] realizzato per dividere quest’ultimo dalla città,[xcv] le cui case giungevano ancora nelle sue immediate vicinanze,[xcvi] avvolgendo la base della timpa attraverso la costruzione dei “rebellini” difesi dalla nuova “torre rotunda della Capperrina”.[xcvii]
Tali interventi appaiono tutti in relazione al rifacimento della porta di Milino, toponimo che permarrà ancora in seguito,[xcviii] legato all’esistenza di “un luogo paduloso” fin dall’antichità,[xcix] sfruttato in chiave difensiva, dimostrandosi pertinenti all’adeguamento delle opere di difesa di questo settore.
La “porta nova de milino”, ricostruita più avanti e più in basso rispetto all’ingresso precedente, fu raccordata al perimetro difensivo attraverso un nuovo tratto di cortina: il “muru de milino”,[c] mentre altri nuovi apprestamenti furono realizzati alla base dell’antica “turri de santa panagia”[ci] posta alla sommità della timpa. Tra questi, necessaria “per la securta de ditta cita”, la “Casa macta dela Capperrina”,[cii] realizzata sopra la chiesa di “santo nicola” della Capperrina,[ciii] che teneva sotto tiro un largo settore d’accesso alla nuova porta, evidentemente non coperto dalla nuova torre tonda.[civ]
Un nuovo circuito murario
I lavori di adeguamento che interessarono il castello e la Capperrina, dove transitava ancora la strada costiera, riguardarono in seguito anche la restante parte della città.
Dal lato rivolto verso la campagna, un nuovo rivellino fu realizzato tra il monastero di Santa Chiara e la nuova porta della piazza, mentre altre nuove mura andarono ad includere nel circuito cittadino le parti dell’abitato poste verso l’antico molo che, fino a quel tempo, erano rimaste invece extra moenia.
L’esistenza de “lo rebellino de santa clara”,[cv] di cui permangono alcuni resti presso la chiesa dell’Immacolata, risulta legata alle vicende della chiesa o monastero delle Clarisse di Crotone, che pur avendo avuto una storia precedente, riguardante un monastero femminile di un ordine diverso esistente “intra muros”,[cvi] fu fondato, o rifondato in città nel 1481.[cvii]
La localizzazione della nuova porta rivolta verso la campagna ci è nota invece, attraverso una pianta conservata alla Biblioteca Nazionale di Parigi, risalente ai lavori di rifortificazione della città e del castello avviati nel 1541, dove è ancora segnata.
Alcune notizie che c’informano a riguardo di questo settore delle mura, la cui realizzazione aveva determinato un deciso ampliamento dello spazio urbano con la formazione di una nuova piazza, emergono attraverso i conti erariali della città relativi all’annata 1516-17, quando sappiamo che l’università esigeva alcuni censi relativi a diverse botteghe “deli rebellini”,[cviii] poste nella “piacza”, dove si apriva “la porta dela piacza”,[cix] detta anche la “porta grandi dela cita”,[cx] nei pressi della quale esistevano “la torre dela piaza”[cxi] e l’orologio pubblico.[cxii]
Sopra questa porta che, agli inizi del Cinquecento, risultava “fragassata” e fu riparata[cxiii] (analogamente alle vicine mura dei “rebellini”),[cxiv] furono dipinte “le arme regali”,[cxv] mentre davanti ad essa esisteva una “logia” dove montavano “le guardie” disposte dal mastrogiurato, posta accanto a quella dove avveniva la riscossione del “dacio”.[cxvi]
Da questa parte, dirigendosi verso la marina di Terzana, i nuovi rivellini passavano vicino “le case del barone de melixa”, di fronte alle quali esisteva “la guardiola deli ribellini”,[cxvii] luogo dove, successivamente, fu costruito il monastero di S. Francesco di Assisi.
Sappiamo infatti che, verso la metà del Cinquecento, quando i Conventuali decisero di trasferirsi nella città, il loro nuovo monastero fu costruito presso il palazzo vescovile, su alcune case in rovina donate da Gio Battista Campitelli barone di Melissa.[cxviii] Agli inizi del Settecento, nel luogo detto “Li Rivellini” o “largo delli Rivellini”, sorgevano il palazzo di Annibale Suriano,[cxix] e quello appartenente ai Barricellis, poi dei Grimaldi.[cxx]
Informazioni riguardanti il percorso di questo settore della cinta muraria, ci provengono anche attraverso i documenti che illustrano i grandi lavori di fortificazione della città e del castello avviati nel 1541, quando troviamo numerosi riferimenti alle fortificazioni preesistenti, in considerazione del fatto che i nuovi baluardi, realizzati per munire il settore settentrionale del perimetro difensivo, furono edificati nei luoghi in cui erano precedentemente esistiti la torre “pignalosa”, quella “delo vento” e “lo muro vechio dela cortina detta de petro nigro”, nelle cui vicinanze esisteva “la portella”,[cxxi] ossia una porta di soccorso che consentiva di poter entrare e uscire dalla città quando le sue porte erano chiuse.
Sappiamo così che, agli inizi del mese di luglio del 1542, si lavorava “allo spontoni ditto villa franca”, “allo pedamento dela cortina deritto la pignalosa et allo spontoni detto de petro nig.o”, “alla cortina de terczana deritto la pignalosa” ed “alla Curtina de terczana affachiante la pignalosa”.[cxxii]
In tale frangente, nelle vicinanze del luogo dove si lavorava alla realizzazione del nuovo baluardo Villafranca, troviamo anche i “perraturi” che, in ragione della scarsa disponibilità di materiale da costruzione, furono impegnati a diroccare le vecchie mura della città, per fornire ai mastri la pietra necessaria. Qui si lavorò a “sfravicare et rumpere lo muro vechio dela cortina detta de petro nigro per forcza de spinnoli et macze de ferro”[cxxiii] e “ad cavare la pet.a delo muro vechio delo vicino de pet.o nig.o”,[cxxiv] mentre, alla metà di agosto, i “mastri frabbicatori manipoli et devastatori impegnati alla “Cortina de terczana” provvedevano “ad empire le casecti dela ad sderropare li mura vechi dela cortina la turri delo vento et santa sufia”.[cxxv]
Ai primi di settembre il lavoro dei devastatori proseguì “alla cortina mentionata de terczana”[cxxvi] dove furono impegnati “al cavamento et pedamento delo spontoni ditto de terczana ditto villa franca”,[cxxvii] “al cavamento et pedamento dela parte dent.o la retroscritta cortina”,[cxxviii] ed “ad sderropare la cortina dela parte dent.o in fare lo cortiglo troneri delo spontoni et porta de quello”.[cxxix]
Agli inizi del mese di ottobre, durante i lavori “allo sponton ditto de villa franca”, i mastri ed i lavoratori erano impegnati nel delicato lavoro di fondazione del nuovo baluardo.[cxxx] Questo lavoro funestato da frane e cedimenti del terreno che coinvolsero alcuni lavoratori, necessitando di opportuni puntelli dalla parte “delo fosso vecchio dove se cava ad far li traneri deritto la pignalosa”, si affiancò quello dei perratori di Mesoraca che lavorarono “ad taglare pet.a al ditto cavam.to” fino alla fine del mese.[cxxxi]
Ai primi di novembre i lavori risultavano concentrati “allo sponton ditto villa franca, et al cavam.to dela cortina de detto spontoni deritto la pignalosa” dove, per la fondazione del detto baluardo, si era “principiato ad pedamentare alla spica delo sponton ditto de villa franca”.[cxxxii]
Il percorso delle vecchie mura è confermato nell’ottobre del 1546, quando si lavorò a diroccare “le mura vechie delo fosso” poste nelle vicinanze del baluardo “detto marchese” e del nuovo monastero dei conventuali di San Francesco d’Assisi,[cxxxiii] e quelle “de lo rebellino de santa clara”.[cxxxiv] Smantellamento che continuerà negli anni successivi.[cxxxv]
Note
[i] Polibio (nato verso il 206 a.C. e morto circa il 124 a.C.) attribuisce la prosperità di Crotone alla sua favorevole posizione marittima che, a suo dire, avrebbe consentito alla città di accumulare grandi ricchezze. Paragonando la situazione di Crotone a quella del porto di Taranto, egli evidenziava però, che i crotoniati disponevano solo di rade utilizzabili in estate, mentre coloro che navigavano dalla Sicilia e dalla Grecia, verso le città greche della costa italiana, dovevano ormeggiare nel porto di Taranto e fare qui i loro affari. Polibio, Storie, framm. lib. X, 3-4-5-6. La città è descritta dal al Idrisi come “porto ampio dove si getta l’ancora al sicuro e città antichissima, di costruzione vetusta, in posizione ridente, prospera e popolata, con mura difendibili”. Pedio T., cit. p. 81-91. Il porto di Crotone è definito come “bono porto per tucti venti ma non bono per greco”. Schmiedt G., Antichi porti d’Italia, in l’Universo XLVII, 1967 n. 1.
[ii] 5 ottobre 1239. “In Cotrona novus portus. Custos Nicolaus Barbatus de Cotrona. Notarius Bencivinius de Cotrona.” Huillard-Bréholles J.L.A., Historia Diplomatica Friderici Secundi, Parigi 1857, Tomo V pars I, pp. 418-424.
[iii] 3 maggio 1240. Orte. Mandato diretto a Joannes Cioffo “magistrum camerarium a porta Roseti usque Farum”, relativo al “novos portus” “in Cotrona”. Huillard-Bréholles J.L.A., Historia Diplomatica Friderici Secundi, Parigi 1859, Tomo V pars II, pp. 953-955 e 955-956.
[iv] 5 ottobre 1239. Tra i mandati imperiali relativi a diversi castelli, figura quello a “Johannem Vulcanum de Neapoli statutum provisorem castrorum Siciliae citra flumen Salsum et totius Calabrie usque ad portam Roseti. Castra exempta in eisdem justitiariatibus sunt hec: … Cutronum, …”. Huillard-Bréholles J.L.A., Historia Diplomatica Friderici Secundi, Parigi 1857, Tomo V pars I pp. 411-414.
[v] “Per tornare al detto castello, e sapere quanto grande era, dall’istesse parole di detto Livio, dicendo, che da una parte soprastava al mare, e dall’altra parte alla campagna, chiaramente ci dimostra, che quello, ch’oggi è castello, che soprastà al mare, era unito con quello, che si chiamava Cavaliero, che soprastava alla campagna e tanto era grande l’antico castello, anzi prima, che detto luoco chiamato il Cavaliero, che li moderni haveano fatto, come un forte dentro la città, pochi anni sono si deroccasse, vi si vedeva una bellissima cisterna, e molti altri edifici, e muri sotterranei, che sino al castello di hoggi si stendevano …”. Nola Molise G. B., Cronica dell’Antichissima e Nobilissima città di Crotone e della Magna Grecia, 1649, p. 47.
[vi] “Sed arx Crotonis, una parte imminens mari, altera vergente in agrum, situ tantum naturali quondam munita, postea et muro cincta est qua per aversas rupes ab Dionysio Siciliae tyranno per dolum fuerat capta.” Livio, Ab Urbe Condita, lib. XXIV, 3, 8.
[vii] ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 26.
[viii] 10 giugno 1485: “Carriyaro pet.a dala maryna de S(anc)ta panaya alla fravica dela Capperrina” (ASN, Fs. 196 fslo 2, inc. 2, f. 30).
[ix] “Iustitiario Vallis Gratis mandat Rex ut reparari faciat infrascripta castra et turres, cum expensis unc. auri MDC, vid: castra Cassani, Laini et Roseti … (item) “turris castri Cutroni que vocatur la Mamunella debet reparari per casale S. Eufemie quod vocatur Complianum (sic, ma Aprilianum) prope Cutronum. Turris que vocatur Turris Palatii debet reparari per Boamundum de Cariato, dom. Margaritam f. qd. dom. Carnelevarii, Scaranum de Tarento de S. Iohanne de monacho, Henricum Cognetam de S. Iohanne monacho et dom. Artucullam. Item … turris que dicitur Barbacana debet reparari ab Episcopo de Insula. Turris que vocatur Triangula per dom. Iohannem f. qd. dom. Alexandri Bufoni. Turricella per dom. Iohanem de Cutrono pro pheodo Carbonarie. Quedam alia turricella … per Boamundum de Cariato. Quedam alia turris in eodem castro … per dom. Ypsigri. Turris que est ante hostium … per Episcopum Cutroni, iud. Gregorium de Comite Castro et heredes Stephani. Cisterne eiusdem castri Cutroni … per Episcopum Stronguli. Et turris que vocatur de Thesauro … per homines Comitatus Catanczarii … Datum Trani, IV iunii.” Reg. Ang. VI, 1270-1271, pp. 109-110. Lo stesso documento è riportato anche in Reg. Ang. Vol. L, 1267-1295 pp. 99-100.
[x] “de portu seu maritime dicte civitatis cutroni” (ACA, Cancillería, Reg. 2903, f. 170v). “Item quod duodecim galeae Brundusinorum venissent ad maritimam Cutroni ad partes Terrae Jordanae” (Jamsilla N., in Del Re G., Cronisti e Scrittori Sincroni Napoletani editi ed inediti 1868, vol II p. 181).
[xi] “portibus plagiis maritimis vel carricatoriis” (ACA, Cancillería, Reg. 2904, f. 181v). “apud plagiam Cutronensem” (Istoria delle Cose di Sicilia di Saba Malaspina, in Del Re G., Cronisti e Scrittori Sincroni Napoletani editi ed inediti 1868, vol II, p. 397).
[xii] Debanne A., Lo Compasso de navegare, 2011, p. 49.
[xiii] La localizzazione del porto alla foce dell’Esaro è riferita da Strabone in età augustea: “La prima di queste città è Crotone, a 150 stadî dal promontorio Lacinio; c’è poi il fiume Esaro con il porto e poi un altro fiume chiamato Neeto, che dicono abbia avuto questa denominazione da un fatto avvenuto là.” Strabone, VI, 1, 12.
[xiv] 8 maggio 1485: “pagam.to de Carrate trenta tre de petr.a vindio ad ipso marco allo molo de ipsa Cita” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 19v). 20 maggio 1485: “Carrate Cento et cinque de pet.a Conducta et assignata allo molo” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 20). 5 giugno 1485: “ad Carryare petra delo molo” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 22). 8 giugno 1485: “pagam.to de Carrate tre cento de pet.a (…) q.ali Conduxe cum sua barca sup.a lo molo dela dicta Cita” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 22). 12 giugno 1485: “hanno fatigato cum loro boi et Carra a portare pet.a delo molo alla frabica” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 22v). 14 giugno 1485: “a portare pet.a delo molo alla frabica” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 23). 24 giugno 1485: “barcate cinque de pet.a q.ali dicto victorino Conduxe cum sua barca allo molo” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 24). 17 luglio 1485: “ad portare pet.a de lo molo alla fabrica” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 25v). 20 novembre 1485: ad Carryare pet.a dela marina Con loro Carra in dicta frabica” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 31v). 7 gennaio 1486: “barcati vinti quat.o et menza de pet.a Conduxi fino allo molo” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 37v). 12 gennaio 1486. “con la sua barca in dicto molo barcate tre” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 38).
[xv] 21 luglio 1485: “per barcate xij de pet.a (…) q.ali petra giunxe parte allo molo et parte allo porto de tersana” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 25v). 1 novembre 1485: “barcate tridici de pet.a quali fece conducere cum suo bregantino alla marina de terczana” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 30).
[xvi] 29 novembre 1444, nell’accampamento regio presso Belcastro. Tra i beni reintegrati da re Alfonso d’Aragona al nobile “petrucio de caroso” di Mesoraca, troviamo due domos, una palaziata e l’altra terranea poste “in civi.tem Cotroni in loco detto la Terczana iuxta domos donne dyalte de malena casalenum heredum quondam Not.m freri de castellis menia civi.tem et alios confines”, precedentemente appartenute al quondam “Guilielmi de gaugerio vel eius uxoris”, e che erano state confiscate dal quondam Nicolao Ruffo marchese di Crotone. ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 193r-194r.
[xvii] 31 agosto 1516. “Item a di supradicto da m(esser) birardo locifero per la vendita deli Casalini de terczana s(econd)o appare per contracto facto per mano de not.o johancola de lichani ducati sexanta Correnti dico d. 60-0-0.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 1.
[xviii] ASN, Fs. 196 fslo 6, ff. 303, 312v, 316.
[xix] ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 348v.
[xx] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 162, 167, 174, 174v, 181. Fs. 196 fslo 5, ff. 155v, 156v, 158, 159v, 163v, 164v, 165, 169, 168v.
[xxi] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 176, 182, 182v, 188, 190, 195v, 205.
[xxii] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 220, 229.
[xxiii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 239.
[xxiv] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 248v.
[xxv] Nell’inverno del 1545 e durante quello dell’anno successivo, si lavorò alla “marina del molo” (ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 70v), a cavare pietra nel mare (ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 65, 68v, 99), “in cavare fora la pet.a de mare discoperta dela fortuna” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 39v), a “coglere la pet.a per lo littu del mare scoperta dela fortuna” (ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 233v, 240v), e a tagliare pietra “alli scogli de mare” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 53v). Attività che rileviamo anche durante la primavera del 1550, quando si scava “la pet.a cuperta per la for.na del mare in la spiaggia” (ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 97), alla “marina delo molo” (ASN, Fs. 197 fslo 8, f. 133).
[xxvi] Pesavento A., Il porto di Crotone dal Medioevo al Settecento, www.archiviostoricocrotone.it
[xxvii] “Urbs Croto murum in circuitu patentem duodecim milia passuum habuit ante Pyrrhi in Italiam adventum; post vastitatem eo bello factam vix pars dimidia habitabatur; flumen, quod medio oppido fluxerat, extra frequentia tectis loca praeter fluebat, (erat) et arx procul eis quae habitabantur.” Tito Livio, Ab Urbe Condita, lib. XXIV 3, 3-7.
[xxviii] Trinchera F., Syllabus Graecarum membranarum 1865, pp. 206-207 n. CLVI.
[xxix] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, pp. 141-144.
[xxx] “Nella anno VIM. DC. XXXVIII INDIZIONE VIII, io Giovanni umilissimo prete di Aorato divenni protopapa del castello di Cassano (ίωάννης ὲλάχιστος πρεσβύτερος ὁ τοῦ ἀοράτου προτοπαπα ἄστεως ϰασσάνου) nel mese di settembre, il dì quattro, feria IV.” Cozza-Luzi G., Documenti per Servire alla Storia di Sicilia pubblicati a cura della Società Siciliana per la Storia Patria, Quarta Serie, Volume II, Palermo 1890, pp. 87-88.
[xxxi] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 32.
[xxxii] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 66-70.
[xxxiii] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 147.
[xxxiv] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 153.
[xxxv] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 157. In questo caso il termine castello fa parte integrante del toponimo. Lo stesso documento che consente di documentare il toponimo “καστελλίου Βερνάλδου”, riporta sul verso le diciture latine riferibili al sec. XIII: “Carta de Rocca Bernardi” e “… in tenim(en)tis Roce B(er)nardi …”.
[xxxvi] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 196.
[xxxvii] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 221.
[xxxviii] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 243.
[xxxix] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 247.
[xl] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 251.
[xli] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 255.
[xlii] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 235.
[xliii] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, p. 214.
[xliv] Pometti F., Carte delle abbazie di S. Maria di Corazzo e di S. Giuliano di Rocca Fallucca in Calabria, in Studi e documenti di Storia e diritto, anno XXII, 1901, p. 284.
[xlv] Pesavento A., Paesaggi crotonesi: La collina e la pianura di Maccoditi, www.archiviostoricocrotone.it
[xlvi] Trinchera F., Syllabus Graecarum membranarum, 1865, pp. 400-402 n. CCLXXXIX.
[xlvii] 11 giugno 1267, ind. X, Cotrone. “Nicola de Altapenna e la moglie Zoy con altri parenti donano a Roberto de Saminiato di Cotrone, come dote della figlia Alvisa, una casa sita in Cotrone «prope domum Finarelli» ed una vigna, in località detta «Sinfona» mentre il suddetto Roberto costituisce come dodario alla moglie la somma di 500 tarì d’oro ed oggetti diversi. L’ist. è rogato per il notar Riccardo di Cotrone.” Mazzoleni J., Le Pergamene dell’Archivio della R. Camera della Sommaria e la loro Importanza per la Storia delle Puglie (1267-1458), in Japigia IX, 3 (1938), p. 284.
11 agosto 1284, indiz. XII, Cotrone. “Ventura de Altapenna di Cotrone vende a Roberto de Saminiato la sesta parte di una casa che ha in comune con lo stesso sita in «Maritima» di Cotrone, per il prezzo di 1 oncia d’oro.” Ibidem.
[xlviii] AASS, 084A, f. 39v
[xlix] Trinchera F., Syllabus Graecarum membranarum, 1865, pp. 206-207 n. CLVI; pp. 207-209 n. CLVII; pp. 209-210 n. CLVIII; pp. 210-211 n. CLIX; pp. 335-336 n. CCXLII. Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, pp. 81-84.
[l] Pesavento A., Paesaggi crotonesi: la sorgente di “Acquabona” ed il giardino detto “Il Giesù”, www.archiviostoricocrotone.it
[li] 30 settembre 1516. “Item a di ult(im)o septembris pono havere liberato ad uno no.e fra santo tassino de misuraca et compag.o per una parti del di ayutaro ad carricare pet.a in le carra del canto deli fossi dela cita de quella de mon S.re ep(iscop)o imprestata per sua S.ria per lo passo delo ponti dela nunciata grana septi et mezo dico d. 0-0-7 ½. Item ad th(omas)o schipano per lo di integro ayutao al dicto servire de petra ad sui dispise grana sei dico d. 0-0-6. Item ad Angelo rollo che ayutao lo supradicto di ad portare dela supradicta pet.a al supradicto passo delo ponti de isari Con suo Carro et bovi ad soi dispise grana quindici dico d. 0-0-15. Item pono havere liberato al retro scripto th(omas)o schipano con quactro altri compagni a di primo octubris per havere posta la petra al retroscripto passo delo ponti ad gr(ana) sei lo di ad loro dispise tari uno et grana dece dico d. 0-1-10. Item ad th(omas)o gactu per havere carriyato pet.a Con lo carro et bovi parte delo supradicto iorno al effectu supradicto grana septi dico d. 0-0-7. Item ad Angelo guarreri per havere portato Con suo Carro et bovi al passo predicto pet.a ut s(supra) grana Cinque dico d. 0-0-5. Item ad federico de cut.o per havere portato quact.o Carrati dela dicta pet.a al passo predicto ad muzo grana septi dico d. 0-0-7. Item ad Angelo per petra portata Con lo carro ut s(upra) hebe grana dece dico d. 0-0-10. Item ad Angelo guerreri a di ij octubris predicti per havere carriyato petra Con lo carro u(lt)ro hebe grana septi et mezo d. 0-0-7 ½. Et ad gocfreda de gunta al(ia)s Caputo per simili c(aus)a hebe grana septi et mezo d. 0-0-7 ½.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, ff. 12-12v.
[lii] 2 ottobre 1516. “Item a di ij octubris v.e ind(ictionis) 1516 pono havere liberato ad puczo de diano de cut.o per havere ayutato ad carricare li ret.oscripti carri de pet.a per lo effectu ret.o scripto uno di ad soi dispise grana sei dico d. 0-0-6. Item ad mundo de montelione per havere ayutato ad carricare certi Carri deli greci de papanicifore de pet.a per la c(aus)a supradicta a di v supradicti mese grana tre et mezo dico d. 0-0-3 ½. Item ad ber.no de rossano per parte del di per havere ayutato u(lt)ro hebe grana tre dico d. 0-0-3. Item et ad th(omas)o schipano per havere ayutato quase tucto di al supradicto servicio g(rana) 6 d. 0-0-6. Item pono havere liberato ad jo ant.o de solvello seryente dela corte de cotroni per havere andato in lo Casale de papanicifore ad conmandare li greci de venire Con li carri et bovi ad carriyare dela supradicta pet.a perche forono undici carri hebe grana Cinque dico d. 0-0-5. Item ad puczo de cutro con quact.o altri compagni per una tercza parti delo di perche pioppe quali iectaro petra intro lo passo delo ponti dela nunciata hebero tucti grana dece dico con jo trovato grana dudici d. 0-0-12.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 13.
Un lascito “pro reparatione ecclesie Sancte Nunciate” risulta in un atto del 19 marzo 1448. ASCS, Fondo Pergamene, n. 462 in ASMM, www.archividelmediterraneo.org. Russo G., Documenti Inediti di Archivi e Biblioteche Calabresi (sec. XII-XVII), Castrovillari 2006, pp. 361-364.
[liii] 13 maggio 1517. “Item ad Antonino vixiglo per esser andato Correro in s(an)ta severina et in la rocca ber.da con l(icte)re uni.le alla uni.ta de s(an)ta s(ever)ina et Ala S.ra Contessa de farence gr(aci)a se possa fare lo ligname per lo ponte de isari dove stecti doi di in andare et venire g.a 16 d. 0-0-16.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 24.
9 luglio 1517. “Item pono havere liberato ad hier.mo pantisano suprastanti in lo palaczare delo ponti delisari et jectare de pet.e intro dicto ponti et compagni tari octo et grano uno Come appare per polixa ex(tracta) in folio d. 1-3-1.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 28v.
[liv] ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 214v.
[lv] Pesavento A., La fiera di Crotone detta di Gesù Maria, www.archiviostoricocrotone.it
[lvi] 7 novembre 1546. Con uno “schifo” si traporta “arena dela marina de San marco a lo spontone petro nigro”. ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 211.
[lvii] Pesavento A., Le chiese di San Marco Evangelista e Sant’Antonio Abbate, www.archiviostoricocrotone.it
[lviii] ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 209r-211v.
[lix] ACA, Cancillería, Reg. 2904, f. 240r.
[lx] ACA, Cancillería, Reg. 2904, f. 240r.
[lxi] Il 25 marzo 1736, Michele del Castillo, erede del padre Antonio, vendeva per ducati venti a Leonardo di Cola, con la condizione di potervi solo costruire una chiesa, una striscia di terra di palmi 60 per palmi 30 del suo “abile seu casaleno” confinante con la chiesa di Santa Maria Prothospatariis, la casa detta La Palma e la casa del pio seminario e strada pubblica mediante il palazzo del decano Filippo Suriano. Questo terreno su cui sorgerà la chiesa di San Vincenzo Ferreri, è così descritto: di lunghezza “principiando dal pezzo di muro davanti la chiesa di Santa Maria e per dritto a correre verso il palazzo del seminario” e di larghezza “principiando dal pezzo del muro della strada pubblica confine il palazzo del decano Suriano a correre per dritto verso detta casa della Palma”. ASCZ, Busta 665, anno 1736, ff. 45-47.
Nel gennaio 1741 Agostino Beltrani di Strongoli, sacerdote e cappellano della reale cappella di San Dionisio nel regio castello, comprò da Michele del Castillo il rimanente delle terre, facenti parte del casaleno detto La Palma, situate tra la nuova chiesa di San Vincenzo Ferreri ed il palazzo appartenente al seminario. ASCZ, busta 911, anno 1743, ff. 133-140.
[lxii] Russo F., Regesto III, 16865.
[lxiii] 28 luglio 1498. Nicola e Francesco “Inconochator comunes fratres” di Cotrone, vendevano a “mag(ist)ro santo guzo” di Cotrone, “domum unam palatiatam” che era appartenuta al quondam Antonucio Inconochatoris, posta dentro la città di Cotrone “in parrochia santus Ang(e)li”, “et quoddam palazectum”, confine la “domum nicolay scavonii et domum alexandrii inconochatoris” ed altri fini. ASCS, Fondo Pergamene, in ASMM, www.archividelmediterraneo.org
21 agosto 1546. Le “domos” dove abitavano gli eredi del quondam notaro Hier.mo Apuli, erano poste “intus crotonem in parrochia in s(an)ti angeli”, confine le “domos guerrae caracosta” la via vicinale ed altri fini. ASCZ, Pergamena n. 44.
[lxiv] Rende P., Caratteristiche della presenza ebraica nel Crotonese durante il Medioevo, www.archiviostoricocrotone.it
[lxv] ACA, Cancillería, Reg. 2904, f. 240r.
[lxvi] ACA, Cancillería, Reg. 2906, ff. 149v-150v.
[lxvii] ACA, Cancillería, Reg. 2906, ff. 139v-140r.
[lxviii] 18 agosto 1564. Crotone. “accessimus ad domos m.ci violantis belcayte socius p.ti m.ci rafaelis intus dictam civ.tem positas in parrocchia sancti nicolai deli cropi in strata dela judeca”. ASCZ, notaio Ignoto, busta 15, anno 1578, f. 162.
[lxix] Pesavento A. Le parrocchie di Crotone tra il Cinquecento e il Seicento, www.archiviostoricocrotone.it
[lxx] 6 settembre 1629. I coniugi Petro Fenmi di Roccaforte ma commorante in Crotone e Vittoria Ventorino di Policastro, dichiaravano che in passato, avevano comprato da Gio. Gerolimo Jacomino una casa “posta dentro la citta di Cotroni loco ditto la giudeca confine l’altra casa di esso d. Gio: Gerolimo la via publica et altri fini”. ASCZ, notaio Guidacciaro G. B., busta 79, prot. 297, ff. 50v-51.
[lxxi] 24 ottobre 1684. Tra i beni di Fabritio Lucifero, pervenutigli attraverso l’eredità del padre Gio. Francesco Lucifero troviamo: “domum unam magnam quam asserit possidere in pluribus et diversis membris consistentem sitam et positam in dicta civitate Cutroni in strata nuncupata della Iudeca parum distante ab ecc.a Majiori”. ASCZ, busta 336, anno 1690, f. 99.
[lxxii] 27 settembre 1610. Ottavio Piterà, nobile di Catanzaro abitante a Crotone, marito di Livia Lucifero, in qualità di procuratore e marito di quest’ultima, prendeva in possesso le case “positas intus p.tam Civitatem loco dicto la judeca in parrochia s.ti Petri iux.a domos heredum q.m Hier.mi galatis viam pp.cam et alios fines”. ASCZ, notatio Rigitano G. F., busta 49, anno 1610, f. 104.
Nel febbraio 1618 sono poste all’incanto “le case di Cornelia Berricella posti dentro la Citta di Cotrone nella parrochia di Santo Pietro et proprio alla Judeca”. ASCZ, Fondo Miscellanea, busta 26, s.n..
15 febbraio 1657. Crotone. Josepho Piterà della città di Catanzaro, procuratore del chierico Antonio Piterà della stessa città, prendeva possesso dei beni lasciati dal chierico Luca Antonio Piterà al figlio Antonio. Tra questi le case dette “de Piterà consistentes in pluribus membris et cum casalenis retro, et ante positas in Parochia S. Petri, jux.a domos delli Galassi, loco d.o la Judeca et vias pub.cas et d.a casalena jux.a domum Dom.ci Zupo et domos Cap.nei Mutii Lucifero stricto med.te”. ASCZ, Fondo Miscellanea, busta 26, s.n..
[lxxiii] 6 settembre 1610. Crotone. Fabrizio Lucifero possedeva una “continentiam domorum positam intus dictam Civitatem in Parrocchia s.tae Mariae prothospataro jux.a domorum heredum q.m Jo(ann)is Thesei Syllani ex uno latere, et ex alia jux.a domos heredum q.m Lucae Indulcato, simul cum domibus positis loco dicto la judeca”. ASCZ, notaio Rigitano G. F., busta 49, anno 1610, f. 42.
12 maggio 1627. Crotone. Francesco Spina affermava di essere stato carcerato per due giorni continui in casa dei coniugi Ottavio Piterà e Livia Lucifero “posta dentro d.a Città di Cotrone loco d.o la Judeca nella Parocchia di s.ta Maria protospataris conf.e la casa di Jeronimo Galassa et via pp.ca”. ASCZ, notaio Protentino busta 118, f. 28v.
[lxxiv] In quell’anno è documentata una sepoltura “in ecclesia Sancte Marie de Prothospatariis”. ASCS, Fondo Pergamene, n. 462 in ASMM, www.archividelmediterraneo.org. Russo G., Documenti Inediti di Archivi e Biblioteche Calabresi (sec. XII-XVII), Castrovillari 2006, pp. 361-364.
[lxxv] Il canonicato sotto il “tit.o S. Silvestri” si ritrova in seguito nella cattedrale di Crotone. AVC, Acta della visita del vescovo Marco Rama, 1699, f. 18.
[lxxvi] Vendola D., Rationes Decimarum Italiae nei sec. XIII e XIV, 1939 p. 212.
[lxxvii] Archivio Generale de Simancas, E. 1065-62.
[lxxviii] ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 26.
[lxxix] ACA, Cancillería, Reg. 2904, f. 240r.
[lxxx] 5 aprile 1424. “«Die Veneris Quinta mensis Aprilis, II Ind., d.nus pbr Gerardus, Rector eccl.e parochialis S.ti Stephani Cotronen., tanquam principalis et privata persona obligatur pro ven. p.re fr. Nicolao de liocta, Abbate futuro mon.rii S.ti Angeli de frigidi, ordinis s.ti Benedicti (sic), Sancteseverine dioc., promisit Trigintatres fl. auri de camera et tertium alterius similis fl. et quinque minuta servitia». Russo F., Regesto II, 9634.
[lxxxi] ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 209r-211v.
[lxxxii] ACA, Cancillería, Reg. 2904, f. 240r.
[lxxxiii] ACA, Cancillería, Reg. 2906, ff. 139v-140r.
[lxxxiv] ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 209r-211v.
[lxxxv] ASCS, Fondo Pergamene, n. 462 in ASMM, www.archividelmediterraneo.org. Russo G., Documenti Inediti di Archivi e Biblioteche Calabresi (sec. XII-XVII), Castrovillari 2006, pp. 361-364.
[lxxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 64 e sgg.
[lxxxvii] ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 219r-220v.
[lxxxviii] ACA, Cancillería, Reg. 2907, ff. 119v-123r.
[lxxxix] “Item pete la dicta universitate tracte Cinchiacento per anno franchi in perpetuum per reparacione dela dicta Citate et furnirese de armi § Placet Regie Maie.ti.” ACA, Cancillería, Reg. 2904, f. 214v.
[xc] “In primis supplicano che considerato che la dita Cita de Cutrone ha necessario de reparacione et non ha potute vendere le tracte questo anno ne ha speranca del anno venente piacza ala ma.ta v(ost)ra concedere che la dita universita et homini de quella possa cazare le dite trate de luno anno al altro et che le possano cazare per tuta Calabria Placet Regie ma.ti.” ACA, Cancillería, Reg. 2907, f. 107r.
[xci] “Il 3 marzo 1482 Re Ferdinando aveva comandato al Tesoriere di Calabria, che subito si fortificasse il Castello di Cotrone, del quale era allora Castellano Galeotto Carafa. Il Re ordinò al Tesoriere generale che si prelevassero duecento ducati dai pagamenti fiscali di Cotrone per spenderli in la fabbrica delli rivellini et fossi di quella Città.” Capialbi H., Instructionum Regis Ferdinandi Primi Liber, in Archivio Storico della Calabria, 1916, p. 262 nota n. 1.
[xcii] “Ancora volimo et ve commandamo, che debbiate stare attento, et pigliare cura et sollicitudine della fabrica et repari che se fanno per fortificatione de decta Città, che la despesa et opera se ci farrà, sia utilmente et al proposito facta, commandamo ad chi ha da exequire la dicta opera, che alli consigli et parere vostri debbiano prestare indubitata fede, et fare quanto li ordinarite vui del modo di fortificare; chè, essendo vui persona experta, ne fidamo del vostro parere.” Volpicella S., Regis Ferdinandi Primi Instructionum Liber (1486-1487), Napoli 1861, pp. 224-225.
[xciii] ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 1.
[xciv] Nel novembre del 1484, si fabbricava “in lo muro dela cita de cotroni verso le casi de ant.i bagloni”. ASN, Fs. 196, fslo 2 inc. 1 f. 11.
[xcv] 19 giugno 1485: “ad Cavare lo pedam.to delo fosso” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 23v). 21 giugno 1485: “li homini che Cavano lo fosso dela Cita de Cot.oni” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 23v). 26 giugno 1485: “ad Cavare lo fosso dericto la casa de Cola fran.co verlingeri” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 24).
[xcvi] 29 gennaio 1445, nell’accampamento regio presso il fiume Simeri, Alfonso I concede a Matheo Vigliarola de “turri insule” due vigne site nel territorio di Isola e “domum una posita intus civitatem n(ost)ram Cotroni subtus et prope castrum civi.s ipsius iuxta domum Peri de foresta iuxta domum jacobi de cicco viam puplicam et alios fines”. ACA, Cancillería, Reg. 2904, f. 221r.
[xcvii] 8 maggio 1485. “la forma se principia allo fosso dela Capperrina dela torre rotunda”. ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 18v.
[xcviii] 25 maggio 1517. “Spesa facta alla uni.le Carcara dela colla de melino tanto per lo annectare de essa Come per petra et frasca mancanti come per lo cochere.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 25.
[xcix] “Vi era uno stagno detto Melimno, hoggi detto Melino sotto l’antico Castello dalla parte del Molo, il quale per il tempo, et per la fabrica delle nuove muraglie stà di terra pieno, dove hoggidi se ci fà orto, di questo stagno fà mentione Teocrito nella quarta Ecloga, introducendo Coridone à parlare.
Et quidem ad Melimnum impellitur, atque partes Phisci.
Sopra le quali parole dice l’interprete sopra detto di Teocrito, Melimno è un stagno nella città di Crotone, ve n’è un’altro dell’istesso nome in Troia, ancorche un altro interprete dice essere una bocca di palude in Crotone, ma tutti concludono questo Melimno essere un luogo paduloso, né in Crotone altro di questo nome si ritrova.” Nola Molise G. B., Cronica dell’antichissima e nobilissima città di Crotone e della Magna Grecia, Napoli 1649, p. 55.
[c] 11 settembre 1485: “frabicaro lo muro Coniunto cum la porta de milino”, “affaticare alla frabica de lu dicto muru de milino”. ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 26v.
[ci] 4 settembre 1485. “mast.i frabicaturi et manipuli che frabicaro li bonbarderi in pedi la turri de santa panagia”, ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 26.
[cii] 23 ottobre 1485: “frabicatori quali frabicao la porta seu bombardera dela Casa macta dela Capperrina” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 28v). 6 novembre 1485: “fatiga et mastrancza de una porta quali fice alla Casa macta de la capperrina” (ASN, Fs. 196 fslo 1, f. 30v).
[ciii] Pesavento A., Fortificazione della città e castello di Crotone negli ultimi anni aragonesi, La Provincia KR, n. 24, 25, 26 (1998).
[civ] Ancora esistente, analogamente ai resti della porta di Milino, la casamatta fu parzialmente interrata a seguito della costruzione dello spontone di Miranda. Larga palmi 50 e lunga palmi 68, si elevava sopra la muraglia di 11 palmi. Nel 1573 le sue mura erano tutte rotte e fracassate ed era armata con una “colombrina”. Successivamente appare indicata come “torre della guardiola” (1810). Pesavento A., Guida alle fortificazioni della città di Crotone, datt. 1985.
[cv] L’esistenza di questo rivellino è documentata durante i lavori di fortificazione alla metà del Cinquecento, quando sono menzionati i “Perratore che deroccano le mura vechie delo fosso de lo rebellino de santa clara et altri parti”. ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 206v.
[cvi] Le “Terras sancte Clare” sono menzionate in un atto del 20 dicembre del 1440 (ACA, Cancillería, Reg. 2904, f. 209v), mentre la chiesa risulta esistente prima del 1458: “… Ecclesia S. Clarae intra muros praedictos, quae alias Monasterium Monialium Ordinis eiusdem Sanctae fuerat …” (Taccone Gallucci D., Regesti dei Romani Pontefici per le chiese della Calabria, Roma 1902, pp. 240-241).
[cvii] Pesavento A., Nel silenzio del chiostro. La clarisse di Crotone, in www.archiviostoricocrotone.it.
[cviii] 12 novembre 1516. “Denari recip.ti deli infrascripti apoteghe deli rebellini / dela uni.ta v(idelicet) / a di 12 novembris v.e ind(ictionis) 1516. / Imprimis da mastro jo de stilo per la sua apotega tari dui dico d. 0-2-0. / Item da agacio delova per la potiga de m.ro victorio tari tre dico d. 0-3-0. / Item da mast.o fantaguczo per la sua apotega Carlini Cinque so d. 0-2-10 / Et in alia dal dicto Carlini Cinque altri dico d. 0-2-10. / Item da m.ro fran.co de Julio grana dece dico per la potiga de jo de stilo supradicto d. 0-0-10. / Item da georgi scavone dela potiga tari tre dico d. 0-3-00. / Item pono havere recip.to da fran.co guerczo in due volti per la potiga ad 17 aprilis / Carlini tre dico d. 0-1-10. / Item da mastro fantaguczo impiu partiti tari tre dico et gr(ana) sey d. 0-3-6. / Item da mariano vitello tari uno et grana Cinque et mezo dico d. 0-1-5 ½. / Item da mastro jo de stilo et fran.co de julio tari dui dico d. 0-2-0. / Item da georgi scavone tari quact.o et grana dui quact.o d. 0-4-4. / Item da mastro fran.co armeri per la potiga del supradicto georgi tari dui g(rana) sey d. 0-2-6. / Item dalo supradicto mariano vitello ad 26 aprilis per la potiga Carlini / Cinqui dico d. 0-2-10. / Item 5 maii da georgi scavone imparti dela potiga grana deci dico d. 0-0-10. / Et piu da fran.co guerczo per la sua apotiga ad 14 junii d. 0-0-10. / 6-1-11 ½.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 3.
[cix] 2 ottobre 1516. “Item ad uno che inbuctao la t(er)ra al muro novo deli rebellini in fronti la porta dela piacza per non andare intro le fosse hebe grana Cinque d. 0-0-5.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 13.
[cx] 26 agosto 1516. “Item ho liberato ad sansone valenti per chovi per chavare certe tabule sopra la porta grandi dela cita per dubio delarmata turchisca grana doi et mezo d. 0-0-2 ½.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 10.
[cxi] 3 settembre 1516. “Item a di iij septembris v.e ind(ictionis) pono havere liberato ad d(omi)nico de accurso Carreri per havere ayutato uno iorno Con lo suo Carro ad conzare la torre dela piaza se annectao grana dece ad soi dispise et grana dudichi ad minico ricitano et Ant.o nig.o che ayutaro manualm.te deli quali sendi hebero coronato uno deli potigari restano pagati per la uni.ta grana undici dico d. 0-0-11.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 11v.
[cxii] L’esistenza del “relogio” universale, destinato “de sonare lo parlam.to” per convocare i cittadini nella pubblica piazza, è documentata già nell’annata 1516-17, quando risulta che fu regolarmente manutenzionato. ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, ff. 12, 13v, 15, 15v, 16v, 28. Agli inizi del Settecento, questo orologio era inserito in un torrione sito in parrocchia di Santa Margarita, a destra entrando dalla porta principale, vicino all’ospedale e convento dei Fatebenefratelli (ASCZ, busta 497, anno 1710, ff. 123-125). Dal catasto onciario compilato nel 1743, risulta che il mastro ferraro Dionisio D’Oppido possedeva una bottega sotto l’orologio universale, dove esercitava il suo mestiere (ASN, Catasto Onciario, Cotrone 1743, f. 55v). Da un atto del 10 settembre 1759 sappiamo che il mastro Martino di Sole ottenne dal re la concessione di poter fare una bottega sotto il torrione dell’orologio della città (ASCZ, busta 1267, anno 1759, f. 256.). L’edificio che aveva ospitato il Pio civico ospedale di S. Giovanni di Dio, sormontato da una torretta con l’orologio pubblico, confina con la facciata principale sul corso Vittorio Emanuele e dagli altri lati con via Archita e Vico Municipio (Proprietà comunali, 1936).
[cxiii] 31 gennaio 1517. “Item ho liberato ad ambrose de xparo per dui rotuli de ferraczo per fare li anelli dela porta dela cita grana octo dico d. 0-0-8. Item ad mastro luca Calabrise ferraro per havereli facti li dui anelli g.ana dudici dico d. 0-0-12. Item ad mast.o jo schipano mastro de assa per havere posto li supradicti anelli alla porta supradicta et quella acconczata che era fragassata grana dece dico d. 0-0-10.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 16.
[cxiv] 29 marzo 1517. “Si declara per noi Not.o fran.co sciglano sin.co delo anno prox.o preterito Et Gugl(iel)mo deli pira herario in dicto anno Como per la rehedificacione del muro uni.le roynato havendona mancato la calce fra li alt.i citatini nde piglata no(min)e mutui da fran.no de pasq.a t.a 9cento q.ale lise dive rendere oy pagare alli precii de tari sey lo centinaro per dicta uni.ta Et perche alli impresto deli vini ad dicto fran.no lende forono scomputati car.ni tre che restiria de recipere dala uni.ta car.ni nove et questa e la verita Et per decla racione dela verita jo gugl(iel)mo supradicto ho scripta la p(rese)nte la quale fo subscripta de mano del supradicto fran.co Cotroni xxviiij marcii 1517.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 19.
7 aprile 1517. “Item pono havere liberato da francischino de pasca Carlini nove per resto de uno Centinaro de calce venduto seu imprestato nello t(em)po delo sindicato del nobile not.o fran.co xiglano q.ale fo fabricato allo muro se ruynao deli rebellini davanti la porta dela Cita Como appare per decla(rato)ria del dicto not.o fran.co ad 29 marcii 1517 dico d. 0-4-10.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 20.
7 aprile 1517. “Eodem die pono havere liberato ad m(esser) Dionise pipino ducati dui tari dui et grana undichi Correnti czo e li ducati dui et tari dui per lo prezo de doi Centinara de cauczi ad ragione de tari sei lo Centinaro q.ali la uni.ta piglao per nome de impresto et dapo non havendo la comodita renderela lila pagao Al supradicto prezo dela q.ale sende fe parte delo muro ruynato deli rebellini dela cita infronti la porta dela piacza et li g.ana undici per lo prezo de una Carrata de lig.i necessaria per lo I. S.re Vicere d. 2-2-11.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 20v.
5 giugno 1517. “Item pono havere liberato per recolere certi trabi quali forono posti in li rebellini posserencze fare anditi et in lo bisog.o possere socCorrere lante presenti per m(esser) ber.no protho.ro tari uno d. 0-1-0.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 25v.
18 giugno 1517. “Item pono havere liberato ad m(esser) jo ant.o susanna per lo preczo dodici trabi quali imprestao alla uni.ta per ponere in li anditi deli rebellini a tari uno lo uno et se perdero tari dodici d. 2-2-0.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 26v.
[cxv] 12 maggio 1517. “Spesa facta al pingere dele arme regali dipinti supra la porta dela piacza per mastro Angelo Agacio de s(an)to Angelo ordinato per lo I. S. Vicere provinciale Come appare per conmissione v(idelicet). Imprimis a di 12 maii v.e ind(ictionis) ad pet.o Circhonella : ad fran.co de sarulo et jo iaczocis per th(umu)la dudici de calci portata dali infrascripti hom(in)i czoe da loro case in lo loco dove se depinsero le supradicte arme impiu viagi czoe da m(esser) dionise pipino th(um)la quact.o et in alia dal dicto per tre altri th(um)la : da Carlo nigro th(um)la tre : da fran.co maleni th(um)la dui g.a tre d. 0-0-3. Item per uno viagio de arena grano uno d. 0-0-1. per aqua grana doe d. 0-0-2. Item per una lanchella de tenere aqua mentre che se depinsero dicte arme grano uno d. 0-0-1. Item ad dilecto de vinchi per chovi per chavare landito dove stavano li pinturi grano uno d. 0-0-1. Item Ad mastro Antonio stocza per havere facto la intonacatura Carlini tre dico d. 0-1-10. Item ad hier.mo gactu manipulo per uno di ad soi dispise grana sey d. 0-0-6. Item per octo tabule necessarie per farese lo andito dove stectero li maystri ad pingere dicte arme ad johanblase de vito carlini tre q.ale tabule deinde forono reposti in la monicione Et ad quello lo disforco dapo compliti dicte arme grana doi et mezo so tucti d. 0-1-17 ½. Item et al sopradicto Commisario no.e Agacio de s(an)to Angelo per factura de dicti arme stancia et strame ducati quact.o et tari quact.o Come appare per polixa ex(tracta) de soa mano dico d. 4-4-0. Et per herba in alia Carlini tre d. 0-1-10. Item ad ber.no gactu per havere disforcati li anditi dove stectero li supradicti maystri ad dipingere li supradicti armi grana doy et mezo dico d. 0-0-2 ½. Item ad simone bricti per una parichara per legare le anditi quale resta in la monicione grana undichi d. 0-0-11. Item per una menczanella de vino grana quact.o et mezo d. 0-0-4 ½. Item per fare portare le supradicte tabule dela casa delo supradicto johanblase et intinnole dela casa de m(esser) jo ant.o susanna allo loco de dicte arme per fare sende le supradicte andite grana tre et per acq.a grano uno d. 0-0-4. 6-0-13 ½.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 23v.
[cxvi] 15 dicembre 1516. “Item ho liberato ad m.ro urlando de altom.te per parte dela ligname posta alla logia nante la porta grandi dela cita Coniunta ad quella del dacio in la quale sendi serve la uni.ta in lo dare dele guardie grana quindici dico d. 0-0-15.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 15.
[cxvii] 8 ottobre 1516. “Item a di 8 octubris pono havere liberato ad Troyulo de nicotera et ad bardasino deloguraczo per havere discoperto la guardiola deli ribellini infronti le case del barone de melixa che Cascava per non se perdere la coperta deli czaramidi g.ana q.act.o d. 0-0-4.” ASN, Dip. Della Sommaria, Fs. 532, f.lo 10, f. 13v.
[cxviii] Pesavento A., I frati minori conventuali di Crotone con chiesa di S. Francesco d’Assisi, www.archiviostoricocrotone.it
[cxix] Pesavento A., Il palazzo dei Suriano poi degli Albani al “largo delli Rivellini”, www.archiviostoricocrotone.it
[cxx] Pesavento A., Il palazzo dei Barricellis, poi dei Grimaldi, al “largo delli Rivellini”, www.archiviostoricocrotone.it
[cxxi] L’esistenza di una “portella” si evidenzia nel luglio del 1541, al tempo in cui s’iniziò la realizzazione della nuova cortina “in loco ditto petro nigro” (17 luglio 1541: La regia Corte compra quattro “trava” “per fare li ponti et anditi dela palacciata dela portella dela intaccatura se fa in loco ditto petro nigro”. ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 31), in prossimità del mare (26 marzo 1542: “ad Jo(ann)e acedo spagnolo quali appugiando la vela supra la portella per impetu de venti se annego.” ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 228v), procedendo a estrarre i pali che costituivano la fondazione delle vecchie mura (16 luglio 1541: La regia Corte paga tari 3 per acquistare “uno travo per fare la leva per cavare li pali dela paliczata dela portella”. ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 27) e le pietre che davano ostacolo alla fondazione del nuovo fronte bastionato (27 novembre 1541: I devastatori lavorano “alla portella ad Cavare la petra”. ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 132. 14 gennaio 1543: Si lavora a “portare li cantoni per lo czocculo dela portella alla cortina”. ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 272).
[cxxii] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 81, 83, 88, 89, 93, 97, 98, 99. Fs. 196 fslo 5, ff. 104, 104v, 105, 105v, 107v, 108, 109, 111, 111v, 112, 113. Fs. 196 fslo 6, ff. 358v, 359, 361. Il toponimo sembra riconducibile alla famiglia cavese dei Pignalosa, già attiva agli inizi del Cinquecento. In merito ai legami con il Crotonese dove, nel Cinquecento, agirono numerosi mastri provenienti dalla Campania e soprattutto dalla città di Cava, il 7 luglio 1583 l’ingegnere militare Cafaro Pignalosa è a Crotone e fornisce “il disegno ad alcuni partitari che hanno fatto partito con la Regia Corte d’alcune turri s’hanno da fabricare in detta Provincia et a fare mesura di alcune turre sono incominciate”. ASN, Dip. Som. Fs. 197, f. 89.
[cxxiii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 100.
[cxxiv] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 100; fslo 6, f. 344v.
[cxxv] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 109, 110. Fs. 196 fslo 5, f. 119, 120v.
[cxxvi] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 138.
[cxxvii] ASN, Fs. 196 fslo 5, f. 142v.
[cxxviii] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 146, 146v, 147v, 148, 148v.
[cxxix] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 150.
[cxxx] ASN, Fs. 196 fslo 4, ff. 162, 167, 174, 174v, 181. Fs. 196 fslo 5, ff. 155v, 156v, 158, 159v, 163v, 164v, 165, 169, 168v.
[cxxxi] ASN, Fs. 196 fslo 4, f. 182.
[cxxxii] ASN, Fs. 196 fslo 5, ff. 174v, 175v, 180v, 187v, 196v, 198, 199v, 205, 206, 207v, 208.
[cxxxiii] “Perratore che deroccano le mura vechie delo fosso incommenczando dalo muro delo labro delo fosso che tera dalo spontoni detto marchese et veni suso verso la porta et lo muro dela creta avanti santo franc.o lo novo”. ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 202v.
[cxxxiv] “Perratore che deroccano le mura vechie delo fosso de lo rebellino de santa clara et altri parti”. ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 206v.
[cxxxv] 14.11.1546: “Perratore che hanno fatigato in deroccare le mura vechie delo fosso” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 218). 21.11.1546: “Perratori che hanno derocato le mura vechie delo fosso” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 226). 23.01.1547: Ad franc.o czupo de polic.o et leonardo conti de sessano per haver.o cavato et spetrato la pet.a delo fosso deroccata Quale era Coperta de ter.no” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 264v). 07.12.1550: “Ad Ant.no la batissa, battista de roperto et comp.i de mesuraca per havere fatig.to jor.ti sette in deroccare uno pezo de muro del fosso dela Citta d. 0.3.10”, a margine: “perraturi alli mura vechie” (ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 167).
Creato il 8 Luglio 2020. Ultima modifica: 25 Aprile 2024.