Un memoriale dei monaci del monastero di San Giovanni in Fiore

L’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore (Visioni di Calabria, Cinquanta disegni di Teodoro Brenson, Vallecchi 1929, da kos.aahvs.duke.edu).

Nell’autunno 1696 i monaci del monastero di San Giovanni in Fiore dell’ordine cisterciense della congregazione di Calabria inviavano alla Sacra Congregazione un memoriale. L’Abbate claustrale D. Hyeronimo, il Priore D. Pascale, il D. C. Pagl..a, il cellario D. Alano Aloe, D. Gen. Aversa, D. Em. Arnone ed il f. Dom. Arcuso, facevano presente che, per lascito dell’abate cisterciense D. Luca Ricciuto, erano pervenuti in potere del monastero alcuni beni situati nel territorio di Mesoraca, consistenti in una casa palaziata in due membri, con un largo in parrocchia di S. Nicolò ed alcuni piccoli terreni alberati con fichi, peri ed altri alberi da frutto.

Essendo questi beni situati lontano dal monastero “vanno giornalmente deteriorando”, poichè “per la coltura e per preservarli dall’incisioni ed incendi hanno bisogno della presenza del patrone”. Pertanto i monaci supplicavano la Sacra Congregazione di dar loro il permesso di alienarli ed il capitale ricavato darlo a censo per utile del monastero. Il 3 novembre 1696 la Sacra Congregazione inviava una lettera incaricando l’arcivescovo di Cosenza di prendere informazioni circa il memoriale.

Il 25 marzo 1701da Napoli, l’arcivescovo di Cosenza inviava una lettera all’arcivescovo di Santa Severina Carlo Berlingieri, comunicandogli che la Sacra Congregazione sopra la disciplina dei regolari, voleva essere informata sull’osservanza regolare dei monaci cisterciensi che abitavano nel monastero di San Giovanni in Fiore. L’arcivescovo di Santa Severina tramite persone degne di fede doveva prendere una segreta informazione, soprattutto su quanto “riguarda l’esatta vita commune con totale confusione del denaro de religiosi particolari con l’entrate del monasterio, l’esercitio dell’oratione mentale, frequenza del coro all’hore debite e la ritiratezza monastica”. Una volta avute le informazioni, l’arcivescovo di Cosenza le avrebbe poi inviate alla Sacra Congregazione.

Seguì una relazione da San Giovanni In Fiore del 20 aprile 1701, che descrive succintamente la vita nel convento: “… in ordine al numero che dimorano sono 7 sacerdoti dui chierici tre conversi ed uno oblato quale da molti anni in questa parte vivono con molta religiosità. Circa la vita commune già sono posti in una perfetta communita mentre haveno consignato ogni cosa in mano dell’Abate ne per quanto ho possuto trovare religioso veruno tiene danaro ma tutto deposito in mano del superiore. L’entrate del monasterio ascendono a scudi cinque cento tre all’industria (benche queste entrade sono con qualche peso di messe). Il choro sta frequentato con offitianti con tutto assistenza e con ogni decoro. L’oratione mentale ne fanno mezzhora in comune nel choro il giorno. Circa la risirvatezza ed esemplarità si vive religiosamente benche per le gare che corrono con li Preti secolari per la cura hanno questi puoveri religiosi degli equali.”

Successivamente fu incaricato a svolgere l’incarico il frate Berardino di Paterno, il quale inviava la sua relazione il 7 maggio 1701. Il frate giunse nel paese in un momento particolarmente critico in quanto la popolazione contestava il fatto che l’abbate commendatario Iacobo Caracciolo voleva imporre per parroco del paese un monaco.

Egli trovò “imbrogliato il Paese con factioni talmente incanite che non potevo pigliar lume con verità delle materie comandatemi mentre vanno facendo gente per potere annullar l’ordini del Sig.re Abb. Caraccioli, che omminamente vuole che sia Paroco un Religioso et al possesso vi fu quasi una mezza revulutione di Donne, che gridavano tutti volere il Preite e non il monaco, et a questa muntione si viddero molte scenofeggie. Onde si n’è dato parte al Vicerè, al Preside, et al Vicario Capitolare, che perciò s’aspettano di giorno in giorno le proviste esendo stati chiamati e il Sindaco e li Preiti in Cosenza, e cio m’have impedito a non poter cavarne un veridico informo e per far qualche cosa dopo d’alcuni giorni mi portai nel monasterio e sotto pretesto d’alloggio viddi con occhi proprii il numero dei Religiosi che vi erano da 12 o 13, sette Sacerdoti fra i quali dui soli confessori, cioè l’Abb. e il Priore, tre Cl.ci e l’altri servienti. La chiesa officiata solennissimamente in tutte l’ore. L’oratione mentale consisteva in andar visitando l’altari dopo compieta in cantar collecte. Nel Rifettorio viddi che s’osservava comunità. M’informai che non v’erano stabili o altro, o censi di Particolari, bensi non … haver notitia di denari particolari circa poi la ritiratezza loro secondo a costume delle religioni”.


Creato il 24 Febbraio 2015. Ultima modifica: 7 Dicembre 2021.

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