Da Tacina a “Turris Tacinae” a Steccato di Cutro
Anticamente una vasta parte dell’odierno territorio di Cutro, compreso tra l’altopiano, il fiume Tacina ed il mare, era conosciuta come il “tenimento di Tacina”, ed era parte della diocesi di Isola. Ancora oggi in località “S. Luca”, sul timpone dominante la foce del fiume Tacina, avanzi di robuste muraglie e considerevoli resti di materiale vario, testimoniano l’esistenza di Tacina: un abitato scomparso di antica fondazione, già indicata come “statio” presso il “Targines”[i] in età romana.
Nuove vie
Nella viabilità costiera del periodo romano, come è indicata nell’“Itinerarium Antonini” e nella “Tabula Peutingeriana” (circa sec. V d. C.), troviamo nel primo la successione Meto – Tacina – Scylacio[ii] e, nella seconda, Crontona – Lacenium – Annibali – Scilatio. Entrambi questi percorsi sono sovrapponibili e complementari, e ci indicano che, almeno fino al secolo V dopo Cristo, esisteva una via che collegava i centri costieri tra Crotone e Squillace.
Il “Libro del re Ruggero” del geografo arabo Edrisi della metà del secolo Dodicesimo (1154), documenta l’abbandono di questo itinerario e lo spostamento dell’asse viario a monte verso i nuovi abitati. In questa nuova realtà maturata tra la dominazione bizantina e quella normanna, si inserisce l’importanza delle nuove vie che collegano Isola, Le Castella e Tacina, con Cropani, Belcastro e Mesoraca. Così, anche se l’Edrisi ci indica l’esistenza di un percorso che “entro terra”, collega i due centri costieri di Crotone e di Tacina (tâǵinah); quest’ultima “città piccola, ma popolata, posta su di una punta di terra che sporge in mare”, situata presso la foce a sinistra del fiume, dove si apre il golfo di Squillace,[iii] la via non va oltre, ma si interrompe senza passare il fiume.[iv]
Altri documenti medievali ci indicano questi nuovi collegamenti: “Vadit per viam que solent ire homines Mesorace ad terras Castellorum et ad Turris Tacine”,[v] “La via Traversa viene da Isola va alle Castella e va verso Cropani”,[vi] “Viam publicam quae venit de tacino et vadit ad turrim de Insula, et limitantur cum terris Sanctae Efemiae”.[vii]
Beni della chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena di Tacina
Dai privilegi del vescovo di Isola, che si facevano risalire ai regnanti normanni, sappiamo che la sua diocesi era compresa tra la diocesi di Crotone, quella di Santa Severina e quella di Belcastro, con quest’ultima il confine era rappresentato dal fiume Tacina, dove presso la foce era situata la chiesa di Santa Maria Maddalena “de Castro Prebetrum”, con le sue case, vigne e possedimenti: “ecclesiam Sanctae Mariae Magdalenae de Castro Prebetrum, quod quidem est prope finem fluminis Tachinae de diocesi praeditti Episcopatus, cum omnibus domibus, vineis, terris et aliis pertinentiis suis”.[viii]
Troviamo un riferimento alla chiesa di Tacina all’inizio del Trecento; nelle decime per la Santa Sede del 1308-1310, compare “In Episcopatu Insularum provincie Sancte Severine, … Jaconus Johannes de Tacina eo iure gr. X.” La stessa somma “Iaconus Ioh.es Calochiri” verserà nel 1325.[ix]
Per quanto riguarda i beni posseduti dalla chiesa parrocchiale di Tacina, sappiamo che, al tempo dell’abbandono dell’abitato, avvenuto poco dopo la metà del Cinquecento, il vescovo di Isola Annibale Caracciolo aveva unito al capitolo della chiesa Isolana le rendite di alcuni benefici, tra i quali quello della chiesa della Maddalena di Tacina: “Questa chiesa non have havuto mai distributioni cotidiane, si bene detto Mons. Ill.mo Vesc. Da alcuni anni in qua ha unite aggregato perpetuamente alla comunità del Capitolo il beneficio di S.to Andrea e quello di S.to Nicola deli Castella e la Magdalena de Tacina”.[x]
All’atto dell’unione, il beneficio de “la Magdalena de Tacina” consisteva in: “Un territorio de tumulate 20 confine la detta chiesa dela Magdalena nel territorio di Tacina, confine lo casale, lo magazeno et la via publica. Uno vignale di tt.a tre confine S.to Luca. Uno altro vignale di tt.a 4 confine il vignale dell’Annuntiata et le terre di Rinaldo de Diano. Un altro vignale nell’Arceri loco ditto la valle delo Piro di tt.1 e mezo. Dai quali si ricava tt.27 di grano”.[xi]
Beni del vescovo di Isola
Un elenco parziale delle vaste proprietà vescovili in territorio di Tacina, si ritrova in un contratto della fine del Cinquecento. Il 6 settembre 1590, il vescovo di Isola Annibale Caracciolo concedeva in enfiteusi perpetua, all’abazia di S. Leonardo dei Gesuiti di Catanzaro, le seguenti gabelle situate nel territorio di “Turris Tacinae”: la gabella Colascinto “campesem et seminatoriam iuxta bona dicta la Caputa, Le Lenze quae fuerunt de Crescente et vallonem de Dragone”, la gabella L’Acqua de lo Judio “campensem et seminatoriam juxta bona S. Leonardi et de la Caputa”, la gabella Reitano “campensem et seminatoriam juxta bona S.ti Leonardi, terras de Cicco Sanasi et terras dell’Acqua della Petra et Scazzurro”, la gabella Santo Andrea “campensem et seminatoriam juxta bona Cisaudi Cersa muzza, Santi Leonardi et vallonem de Dragone”.[xii]
Beni del Priorato di Tacina
La gabella di “Tacina, o sia Priorato di Tacina”, faceva parte della Seconda Commenda di Belcastro (1795). Essa era costituita da un “Terreno seminatorio vicino al Fiume Tacina, accanto la Gabella delle Valli appartenente alla Baronia detta di Tacina, e beni del Vescovo d’Isola, in qual Corpo si pretende dal Barone di Tacina averci il jus pascolandi, e quella Camera Baronale ne paga annui Docati trenta d. 30.”[xiii]
Nel Territorio di Cutro: “Tacina, o sia Priorato”. Questa Gabella, che volgarmente si chiama Prelati e di cui neppur si fà menzione nell’Antico Cabreo, è sita nel Territorio di Cutro, e da quella Uni(versi)tà sene corrisponde la Bonat.a Confina da Tramontana colla Gabella Vocisano da Levante colle Valli di Tacina del la Camera Baronale, come anche da mezzogiorno, e con i beni del Vescovo d’Isola, e da Ponente con i beni med.i. La sua estensio ne è di tumolate cinquanta in piano, e semipiano, atte a grano bianco, e soggette al Corso, come la preced.e, per cui ne deriva lo stesso inconveniente, onde suole darsi in affitto alli stessi fittuari delle Terre della Camera, ed attualm.te se ne ha la rendita di annui Docati Trenta.”[xiv]
Così è descritta la gabella nel catasto onciario di Cutro del 1741: “La Commenda di Malta possiede. La Cabella d.a il Prelato sita entro il corso delle Valli dentro la Baronia di Tacina confinante a questa di Cutro di capacità di tt.e 60.”[xv]
Beni della chiesa di Santa Maria de Castellis
La chiesa era situata nell’abitato di Le Castella nel luogo detto “Lo Castello vecchio”, essa possedeva numerosi terreni in tenimento di Tacina, come risulta dalla “Reintegra” di Andrea Carrafa del 1518. I possedimenti erano situati in località “Buccisano seu la Valle”, a “L’Acqua delo Judeo”, a” Terrastro”, a” Valle de Paladino”, a” Pucio Fetido”, a “Lo Piano de S.to Luca” ed a “Elissa”.
“Terrae quas tenet d.ta ecc.ia in tenimento Tachinae sunt.
In p.s Petiumculum t.rar. salmatar. Unius vel circa situm et positum in tenimento Turris Tacinae in loco dicto Buccisano seu La Valle jux.a terras Prioratus jux.a t.ras dotales Nobilis Petri Argisii de S.ta Sev.na et vallonum dictum de Dragone et alios fines.
Item continentia alia t.rar. salmatarum quinque vel circa sitam et positam in ditto tenimento tacinae in loco ditto lacqua delo judeo jux.a t.ras Alberici Inprove viam publicam t.ras Sancti Lionardi viam veteram usq. Ad t.ram planitiei et iux.a t.ras Stephani Sarago.
Petium aliud t.rar. salmatarum decem vel circa situm et positum in tenimento p.to Tacinae in loco ditto terrastro jux.a vallonum Dragonis iux.a littus maris jux.a vallonum dictum terrastrum jux.a termines et viam qua itur mensuracam et jux.a passum ubi dicitur lo Pirillo et jux.a airas veteras. Intus quas t.ras est queddam via nova qua itur ad casale ditto Turris Tacinae.
Item Petium unum terrar. Salmatar. Duarum vel circa situm et positum in tenimento p.to Tacine in loco ubi dicitur La Valle de Paladino jux.a terras heredum Lamberti de Marsico terras Curiae dittae turris Tacinae et alios fines.
Item aliud petium terrae salmatar. Duar. In seminae situm et positum in tenimento Tacinae in loco ditto Pucio Fetido juux.a t.ras Cur. Dittae Tacinae via pub.ca mediante et jux.a terras heredis q.o mag.ri marchetti blondi de mensuraca mediante vallono ditto de terrastro.
Item territorio p.to Tacina in loco ditto lo piano de S.to Luca est quodam petium terrae capacitatis salmatae unius vel circa jux.a terras Curie Tacinae jux.a t.ras Sancti Nicolai et t.ras Russi Cusentini t.ras D.ni Bartholomei de Archieriis et alios fines.
Item aliud petium terrar. In tenimento predicto Tacine in loco dicto Elissa tumulator. Duodecim vel circa jux.a t.ras q,o Andreae Maniardi et t.ras q.o D.ni Bertutii de Arceriis et t.ras Cur. P.tae Tacinae”.[xvi]
Altre presenze
Attorno vi erano i ricercati terreni dove d’inverno pascolavano le copiose greggi delle potenti abbazie greche e latine che, con i loro toponimi agiografici, segnano ancora questa contrada. Esse vantavano diritti e privilegi concessi durante il periodo normanno-svevo, che conserveranno ancora nel Settecento.
Ricordiamo tra le greche quelle di S. Nicola di Bucisano (gabella “Vocisano”), di S. Nicola di Jaciano (“Il Franzojero” e “Piano del re”) e di S. Leonardo (“Il Vallone delle Lenze”, “Rumbolò”, “Piscione”, “Criscente”, “Ganguzza”, e “Marrella”). Tra le benedettine e cistercensi, quelle di Sant’Eufemia, di S. Maria di Corazzo, di S. Maria della Sambucina e di Sant’Angelo de Frigillo (tenimento di “Sancta Rosalia”).
Beni feudali
Il feudo di Tacina, dai Ruffo, era passato al marchese di Crotone Antonio Centelles, confiscato dapprima dal re Alfonso, era poi stato riconsegnato al Centelles. In seguito, nuovamente sequestrato dal re Ferdinando, fu poi riconsegnato al marchese. Risale a quest’ultima riconsegna, una lista dei beni feudali di Tacina. Lista eseguita il 20 ottobre 1465 da Marino Marincola, magistro razionale del principe di Santa Severina, marchese di Crotone e conte di Catanzaro (Antonio Centelles).
“In terra Tacina sunt infr.a Jura modo infrascripto:
In primis est in terra ipsa baiulatio que ordinatur per quatuor baiulos qui exigunt jus dohane jus passagii jus Palagii jus jornalis jus carnagior. Jus juvaticor. Et modica censualia qua omnia suprad.ta jura ascendunt in summa untiarum quatuor quando plus et quando minus que jura nunc tenet mag.cus Antonius de Caivano miles sunt unc. IIII.
Item in eadem terra est quoddam tenimentum nominatum de frailuso quod vendit solet anno quolibet de fertili ad infertilem in untiis decem sunt unc. X.
Item in eadem terra est tenimentum unum nominatum le valle quod vendit solet anno quolibet de fertili ad infertilem in untiis sex sunt unc. VI.
Item in eadem terra sunt duo tenimentella unam nominatam Lo Steccato et alium Lo Pantano qua comuniter venduntur anno quolibet in untiis duabus sunt unc. II.
Item in eadem terra est medietas tenimenti de rosito quod vendi solet totum tenimentum in untiis sex et tarenis viginti de quibus competunt eidem mag.co domino Antonello unc. Tres et tar. Decem sunt unc. III tar. X.
Item in eadem terra sunt certa terragia que declarari non possunt propter depopulationem ipsius terrae et guerras”.[xvii]
Pascolo e semina
Il territorio, situato presso la marina e sulla sponda sinistra del fiume Tacina, era ricco di torrenti e pantani tra i quali: l’“Umbro de Dragoni”, l’“Umbro de Terrastro”, la “vurga de Groya”, “Puzzofetido”, “lo Pantano” e “li Pantanelli”. Questa sua caratteristica lo rendeva particolarmente adatto sia al pascolo che alla semina.
Il “Cunto dele intrate dela citta delisola le castelle et di tacina loro pertinentie et districto administrate per me jacobo de florentia”,[xviii] ci informa sulle entrate e le uscite della baronia di Tacina durante gli anni della IV e V indizione (1 settembre 1485 – 31 agosto 1487) e, precisamente, dal 29 dicembre 1486 al 31 agosto 1487. I feudi erano appartenuti allo spagnolo Giovanni Pou, ma poiché il feudatario era stato implicato nella “Congiura dei baroni” contro re Ferdinando, essi erano stati confiscati. Il Pou, infatti, nell’agosto 1486 era stato catturato e rinchiuso in Castelnuovo, dove rimase per molti anni. I feudi, che erano appartenuti al Pou, erano allora amministrati dal De Florentia, il quale era stato nominato dal principe di Taranto esattore delle entrate del Pou di Isola e Tacina, con lettera del 2 ottobre 1486 del notaio Micho Cimpano, “regio commissario et factore de messer pou”. Nel 1487 re Ferdinando emanava delle istruzioni per coloro che dovevano amministrare i beni sequestrati ai ribelli, passati in potere della regia corte. Al regio percettore e commissario nelle province di Calabria Domenico Lettere, fu affidato il compito di amministrare i feudi di Isola e di Le Castella, confiscati al Pou, mentre la terra di Torre di Tacina fu venduta a Paolo Siscar.
Tra le entrate segnalate dal De Florentia troviamo la “bagliva de Tacina”, che dava un introito annuo di un ducato ed era riscossa dal baglivo Loyse Salvo de Stilo. La fida del bestiame del tenimento di “Rosito”, che si riscuoteva dai proprietari delle vacche, dei buoi e delle giumente (per ogni animale grana 10 o 15), mentre i cittadini di Le Castella pagavano solo grana 5. Tra i possessori di vacche sono ricordati: Carlo e Johanni Piricto, Richardo Xuxa, Bellino e Adusso Cocza, donno Petro de Ruglano, ed i Castellesi Carlo Michese, Petro Paulo de Nastase, Johanni de Yofali, Nuntiato Gangucza, Fran.co Spagnolo e Jacono Joanne. Nel periodo estivo il prezzo della fida (“fida de astati”) calava a 3 o 4 grana per animale, per la minore quantità di erba a disposizione degli animali, e a grana uno per porco.
Maggiori entrate apportavano i contratti di erbaggio e di terraggio. Essi di solito, erano della durata di una o più indizioni, con pagamento ogni anno alla fine dell’indizione (31 agosto). Allora erano state affittate a pascolo (erbaggio), a società di mandriani del luogo (Cola dele Castella, Juliano, Thomaso, Antonio, Petro e Joanni Greco, Fran.co Lo Spagnolo, Chorneo de Costa, Petro de Renczo e Macteo de Marco), di Petra Fitta (Primasso Greco), di Donnici (Johanni de Piro), di Aprigliano (Johanni Andrea de Simoni), e di Taverna (Marczucco Stefano e Jacono Piperi), con pagamento in denaro e con aggiunta di “jornale”, “montone”, “taurello”, “pecze de caso” e ricotte, per ragione di “finaita” e “jornali”, il tenimento “deli Valli”, il tenimento “de Ferulusello”, il “Tertio de Feruluso grande”, “lo Rumburo”, il tenimento di “Rosito”, “li Pantanelli”, “la volta de Palmeri”, il tenimento di “Santa Chyara”, “lo Spitale”, “lo Steccato”, “lo masoniczo” e “lo Pantano” (alcune di queste gabelle appartenevano al monastero di Santa Chiara di Catanzaro).
Risultavano affittate a semina a coloni del luogo (Nardo de Fiore, Garecto de Simmeri, Johanni Gangucza, Salvo Godano, Petro Yoculano, Galasso de Longara e Ant.o de Maczeo), con pagamento in grano e orzo, le “terri di madamma panti” nel tenimento di “Santo Leonardo”, la “cabella dela petra irta”, la “cabella de vurga de groya” nel tenimento di “Ferulusello”, e le gabelle di “Feruluso grande” (“cabella della serra chiana”, “deli casalini”, “valli dela mortilla”). Il grano riscosso era portato con carri nei magazzini di Isola, di Le Castella e di Crotone, dove era venduto e da dove prendeva la via del mare per Napoli.
Altre entrate riguardavano il diritto di passaggio del fiume Tacina (“scafa” e “la chiusa de Tacina”, affittate a Salvo de Stilo per ducati cinque), “lo piscare dela fiumara de Tacina” (affittato a Donno Troylo de Cropani per ducati quattro), la “spica de Feruluso grande” affittata a Fran.co Foresta per ducati quattro, la “bagliva de li palagii” del tenimento di Ferulusello (Nardo de Fiore), la “finaita di Tacina”, che consisteva nella “finaita deli Valli” e di “Campolongo” (ducati tre da Grabio deli Pira) e “de Santo Leonardo” (ducati 2 e tari 2 da Crisaudo de Jorno e Johanni de Piro).
Parte del denaro riscosso era utilizzato per il pagamento degli stipendi al castellano ed ai soldati di guardia del castello di Le Castella, al suo vettovagliamento ed ai ripari. Altre spese riguardavano l’amministrazione, il pagamento di “homini” e “famigli”, il fitto di magazzini per conservare il grano, il suo trasporto, ecc.
Nella contea di Catanzaro
La presenza dei conti di Catanzaro, nell’ambito delle terre poste oltre il corso del fiume Tacina, cominciò a rafforzarsi già durante il dominio degli Svevi. Dominio che si incrementò con gli Angioini per l’ascesa della casata dei Ruffo. “Tacyna” ed il suo legame con la contea di Catanzaro, sono evidenziati da alcuni documenti dell’epoca.
Nelle tavole nuziali del 1214, tra Nicola Balduino e Clemenza de Carmada, Roberto, padre di Clemenza, dà al genero il feudo che possiede in Catanzaro e nei territori di “Roccae Phallucae, Terioli, Badulati et Tacyna, una cum cunctis hominibus dicti feudi, liberis et villanis, praediis cultis et incultis, arboribus fructiferis et infructuosis et pascuo mandriae de Lumbulo”.[xix] Nel 1222 Anselmo de Iustigen, marescalco imperiale e conte di Catanzaro, concede al monastero di S. Angelo de Frigillo il territorio di Roseto, esente da ogni imposta, come lo ebbe ai tempi di Guglielmo II, Goffredo di Carbonara, signore di Rocca Bernarda, nipote di Goffredo Loritello, conte di Catanzaro.[xx]
All’inizio del periodo angioino, “Tachina” appartiene al giustizierato di Val di Crati e Terra Giordana[xxi] e, nel 1276, conta quasi cinquecento abitanti;[xxii].quattro anni dopo essa è aggregata al giustizierato di Calabria. Il 13 febbraio 1280, re Carlo d’Angiò, notificava a Goffrido de Sumesot, giustiziere di Valle Crati e Terra Giordana, l’aggregazione al giustizierato di Calabria, delle seguenti terre precedentemente appartenute alla sua giurisdizione: “Catensarium, Taberna, Scilla (sic, ma Sellia), Symerus, Barbarum, Genico castrum, Mausurica cum casalibus ipsarum terrarum, Policastrum, Tracina (sic), Castella, Rocca Bernarda, Sancta Severina cum casalibus suis, Sanctus Iohannes de Monacho, Cotronum cum casalibus suis.”.[xxiii] Si fa riferimento a tale provvedimento anche il 17 aprile di quell’anno, quando re Carlo rimosse dall’ufficio di giustiziere di Calabria Roberto di Richeville, nominando in sua vece Geberto de Herville, e “aggiungendo all’antico Giustizierato tutto quel tratto di paese che sta dal fiume Neto al fiume Gattino”.[xxiv]
Soggetta dapprima a Pietro Ruffo, Tacina, come luogo appartenente alla contea di Catanzaro, passò poi al figlio Giovanni. Agli inizi del Trecento, il conte di Catanzaro Giovanni Ruffo otteneva il permesso di poter alienare alcuni possedimenti, che non facevano parte integrante della contea, comprendente Mesoraca, Policastro, Rocca Bernarda, Li Castelli e Tacina,[xxv] mentre siamo informati di un intervento di re Roberto del 1332, quando il sovrano prescrisse a Tommaso de Aquino, conte di Belcastro, “che distinguesse bene i confini di essa città da quelli delle terre di Tacina e di Mesuraca, le quali si appartenevano a Giovanni Ruffo di Calabria, conte di Catanzaro.”[xxvi] Tale appartenenza si registra anche in occasione di un pagamento dell’adoha nell’anno 1378, quando il castello di “Tagine” risulta appartenente alla contea di Catanzaro.[xxvii]
Seguì quindi le vicende dei Ruffo, che donarono le terre di “Marina grande” e “Marinella” alle clarisse di Catanzaro, le quali le amministrarono fino ad epoca recente. Fu terra tra le molte, del marchese di Crotone e conte di Catanzaro, Nicolò Ruffo, confermatagli nel 1426,[xxviii] poi delle figlie Giovannella ed Errichetta. Quest’ultima la portò in dote ad Antonio Centelles. Con la sconfitta del marchese di Crotone, ribelle al re Alfonso d’Aragona, “La torri de Taçina” fu confiscata e posta in regio demanio.[xxix]
Un casale “Antiquo”
Nella conferma data il 4 gennaio 1445, “in castris n(ost)ris felicibus Contra castrum civitatis n(ost)re Cutroni”, dei capitoli della “Terrae Castellorum”, dati “in castris n(ost)ris felicibus contra castrum civitatis n(ost)re cutroni” il 27 dicembre 1444, l’università e gli uomini di Le Castella chiedevano, “Inprimis”, al sovrano: “che la d(i)cta t(er)ra deli castella et Tacina lo casale suo Antiquo sempre et in perpetuum sia in demanio de la ma.ta v(ost)ra Et che non li possa donare la ma.ta v. ad nullo barone non conte non marchese ne ad altro signore excepto como e dicto de supra che sempre sia in demanio Et in caso che la ma.ta v. lle donasse ipsi boni ho(min)i non fossero tenuti allo homagio”. Richiesta alla quale il re appose il proprio beneplacito.
Considerato che Tacina era stato anticamente loro casale, attraverso lo stesso atto essi chiedevano che così continuasse ad essere, e che fosse loro concesso di pascolare e lavorare liberamente nel suo tenimento: “Item peteno che como Anticamente fo Tacina e stato casale deli Castella, che ancora sia in perpetuo Et li citadini delle castelle possano pascere lo d(i)cto Tenimento de tacina et laborare liberamente senza nullo impedim.to ne ad fida ne ad disfida como in cosa loro ne iuvatico ne duhana Et che li ho(min)i delle castella et h(ab)itaturi in essa possano gire ad pascere con lo bestiame loro et fare lignya allisola franchi et liberi senza nulla paga Et quelli che accectaranno et anderanno in lo tenimento del Ysola et de Tacina non pagheno nulla dohana Et eg.o che quelli dela t(er)ra gaudano questo privilegio alle castelle”. A riguardo di ciò il re appose il suo beneplacito, fatti salvi i diritti della regia corte e di altri.[xxx]
L’antica comunità di pascolo e legnatico di Tacina con i territori vicini, è richiamata anche nella “Confirmatio Capitulorum Terre Mesurache” data “in n(ost)ris felicibus castris apud Civitatem sancte severine” il 20 novembre 1444,[xxxi] e nella conferma dei capitoli della città di Belcastro data “in castris n(ost)ris felicibus prope dictam Civitatem bellicastri” il 21 novembre 1444.[xxxii]
Pochi giorni dopo, re Alfonso concedeva a Jacobo de Carioso di Mesoraca, la continenza di terre detta “de Carnelevare”, posta “in territorio sive tenimento Thachine”[xxxiii] mentre, successivamente, il 3 dicembre di quell’anno, concedeva al nobile “Adexio de Comato de Liparo”, il “Tenim.tum seu herbagium” detto “lo brochuso”, sito e posto nelle pertinenze della terra di Mesoraca, e confinante con il “territorium turris tacine”.[xxxiv]
Il 25 febbraio 1445, dall’accampamento regio presso Catanzaro, il sovrano confermava al monastero di San Leonardo di Catanzaro, in persona del venerabile “frate joacobus de rainerio Archimandrita sive Abbas monasterii Sancti leonardi in Civitate cathanzarii constructi”, il privilegio un tempo concesso alla sua abbazia “per quondam comitem goffredum dela rotella”, riguardante il possesso del “tenimentum seu herbagium” detto “lo Erbagio de s(anc)to leonardo”, sito e posto “in tenimento tacine seu t(er)ra Castellorum confinatum cum tenimento campi longi, vallone rigitano”, che, in passato, era stato usurpato da Nicola Ruffo di Calabria marchese di Crotone.[xxxv]
Il passo
Il 2 gennaio 1445, dall’accampamento regio contro il castello di Crotone, re Alfonso d’Aragona nominava il nobile Alonso o “Alfonso de Vargas militi Armorum conductori”, “Castellanum turris nostre tacine de provincia Calabrie ultra”, con i diritti di erbaggio e di passo e con l’obbligo di ripararla e fortificarla.[xxxvi]
Riguarda la condotta di questo castellano di Tacina, che riuniva anche l’ufficio di governatore di Le Castella e della baronia di Barbaro, una richiesta contenuta nei capitoli concessi all’università e agli uomini della città di Catanzaro, dati “in Castro novo Civitate n(ost)re Neapolis” il 15 luglio 1445, attraverso cui si evidenziava che, il detto castellano, tra le altre cose, usando la violenza e a mano armata, aveva fatto pagare ai catanzaresi il diritto di passo alla “Turris Tachine”.[xxxvii] A riguardo di ciò, il sovrano concedeva: “Che non paghino i Catanzaresi al Marchese d’Arena Ius di passaggio, ne al Governadore di Cropani, delle Castelle, e della Motta di Tacina.”[xxxviii]
L’importanza del passo di Tacina, che risalta già da un provvedimento della regia corte del 7 agosto 1284, quando, durante la guerra del Vespro, se ne ordinava espressamente la custodia per perseguire i disertori,[xxxix] è testimoniata anche in seguito. Il 18 novembre 1471, re Ferdinando I disponeva affinchè “l’esazione de’ passi fatta si fosse a dovere”, e detto ordine, tra gli altri, fu notificato a “Gulielmo de Monacis per lo passo della Torre tacina”, “per aversi la notizia di quei passi, che fuor di ragione esigevansi”.[xl] Dopo lo scambio con la regia corte da parte di “messer Gugliermo lo Monaco” (1487),[xli] tra le entrate feudali di Tacina dell’annata 1486-87, troviamo quella relativa al diritto di traghettamento sul fiume (“Scafa e chiusa de Tacina”), affittata a Salvo de Stilo,[xlii] mentre sono documentate alcune spese per la manutenzione dell’imbarcazione necessaria.[xliii]
Un abitato ancora fiorente
A metà Quattrocento, col nome di “turris Tachine” (evidentemente per la costruzione di una torre nell’abitato) che, nel 1447, il sovrano concedeva a Gabrielis Curialis di Sorrento,[xliv] Tacina conserva una fiorente economia agro-pastorale e vi risulta attiva una “Iudayca” di ebrei[xlv] (1451). Accanto alle terre delle abbazie,[xlvi] ormai in mano ai commendatari, ci sono quelle feudali, confiscate ed amministrate dalla regia corte, quelle delle chiese di Santa Maria Maddalena e di Santa Maria de Castellis, alcune terre del feudo di “Ypato”, ancora posseduto da Margherita di Poitiers,[xlvii] madre di Errichetta Ruffo, ed altre nelle mani di pochi piccoli proprietari.
Ritornata per breve tempo in potere del Centelles (1462), con la definitiva caduta del marchese di Crotone (1466), fu di nuovo confiscata da re Ferdinando che la rimise in demanio e la fece amministrare da capitani regi, finché nel 1483, la vendette allo spagnolo Giovanni Pou, al quale pochi anni dopo, la confiscò per fellonia avendo costui partecipato alla “Congiura dei baroni”.[xlviii] Nel novembre 1487, per pagare la gente in arme e provvedere alla sicurezza e difesa del regno, il re rivendette “turrim Tacinae et casale cum castro seu fortellitio”, ed altre terre vicine, a Paolo Siscar, conte di Ayello.[xlix]
All’inizio del Cinquecento nel “tenimento di Tacina”, dove c’è il “casale Turris Tacine” e domina la grande proprietà feudale ed ecclesiastica, troviamo alcuni piccoli appezzamenti di proprietari locali: il nobile Petro Argisio di S. Severina, Alberico Improve, Stefano Saragò, Lamberto de Marsico, il massaro Marchetto Blondo di Mesoraca, Russo Cosentino, Bartolomeo de Archieris, Andrea Maniardi, Arturo de Arterio. Il tenimento è attraversato dalla “via publica per terras S.ti Leonardi”, dalla” via vetera”, e dalla” via nova quae itur ad casalem turris tacinae”.[l]
Durante la prima metà del Cinquecento, la baronia di Tacina, feudo dei conti di Ayello, grazie all’attività della sua “marina”, è luogo d’immagazzinamento ed imbarco di grani, nell’ambito degli affari condotti dai suoi feudatari con alcuni nobili e mercanti di Cosenza. L’11 marzo 1530, in Cosenza, davanti al notaro, al giudice e ai testi sottoscritti, si costituiva “lo mag.co m(sesser) bart.mio delo forise de fiorencza mercatante conmorante in la Cita de Cosencza”, in ragione di “una protesta” fatta da parte dell’Ex.ma s.ra Mannuchia contessa di Ayello, relativa ai “grani” comperati dalla predetta contessa, da detto Bartolomeo, assieme a messer Salvature Cavalcante e messer Ponpio de Matera, ascendenti alla somma di salme quattrocento, alla ragione di ducati 2 la salma, da consegnarsi loro “boni et receptibili in lo magaczeno de tachina”. Del detto grano, i predetti messer Salvature e messer Ponpio dovevano conseguire salme 250, in relazione ad un credito di ducati 500 vantato nei confronti della detta contessa, ma non avevano ancora provveduto a mandare nessuno per prelevarli, mentre nel frattempo, il detto Bartolomeo doveva mantenere sul posto un proprio uomo con il suo cavallo.[li]
Avvenuto evidentementemente l’accordo, due giorni dopo, davanti allo stesso notaro, si costituiva il nobile “bart.meus delo forise p(er) se et socijs mercator florentinus”, commorante in Cosenza, anche per parte dei magnifici Salvatore de Cavalcantibus e Ponpey de Matera, da una parte, mentre, dall’altra, si costituiva Jac.o de Arriordo della città di Amantea.
Allo scopo di caricare 280 tomoli di grano “alla misura napulitana”, dovuti dalla baronessa di Ayello, il detto Jacobo “D(omi)ne et patronus sui bergantini”, “nolicza et colloga lo suo bergantino no(m)i(na)to san joanne allo p.to m(esser) bart.o et compagni p.ti q.le al presente se trova in la marina dela mantia q.ale li lo nolicza per andare ad Carricare in la baronia dela marina de tacina stag.o Curredato acto ad navigare per tucte le quactro parti delo mundo Con septe ho(mi)ni acti allo navigare de dicto bergantino q.ale dicto Jac.o habea da andare ad Carricare in dicto loco de tachina et partere da dicta marina dela mantia subito sera bontempo et fare vela per dicto loco”.
Rimaneva stabilito che il prezzo del “nolo” da pagare dal detto Bartolomeo fosse di grana 12 per tumolo di grano, mentre la quantità prevista sarebbe stata trasportata mediante quattro viaggi (“quactro navilii”). Per quanto riguarda le altre condizioni, si stabiliva che “subito arrivato sera ad salvam.to in lo dicto loco de tachina Con lo dicto suo bergantino”, il detto Jacobo avrebbe dovuto ricevere il carico entro il termine di “octo di utili”, impegnandosi a fare vela verso La Mantia appena le condizioni l’avessero permesso, senza fare nessun “scaro”, “senza Caso de necessita”.[lii]
Risale invece, al 20 settembre 1542, un atto stipulato in Cosenza, sempre davanti al notaro Napoli di Macchia, tra il mag.co domino Laurencio de Cavalcanti u.j.d. di Cosenza, assieme a Vincilao Russo e Jac.o de Butonto di Petrafitta, da una parte, e il nobile Joannes Fran.co de Butonto di Petrafitta dall’altra. Quest’ultimo aveva acquistato per 5 anni, “ad incantum Candela in Civ.te Insulae accensa”, ogni frutto, entrata e rendita del feudo nominato “rosito menbrum feudi seu baroniae terre tacine” appartenente all’Ex.te conte de Ayello, ovvero dal suo procuratore il nobile Camillo Crescente della città di Crotone, iniziando dal presente anno p.ma indizione 1542, e per tutto l’anno V indizione 1547, per il prezzo di 440 ducati con pagamento ogni anno nel mese di agosto, come appariva per istrumento del notaro Joannes Paulo Sculeri di Crotone. Si pattuiva che il frumento, l’orzo e le altre vettovaglie provenienti dal detto feudo, sarebbero state conservate per tutto il mese di luglio, “in magaczenum terre tacine vel Casalis Cutri vel in terra Castellorum”.[liii]
Spopolamento e abbandono
Nella tassazione del febbraio 1277 troviamo: “Tachina” unc. 9 tar. 3 gr. 12, “Castellum ad Mare” (Le Castella) unc. 18 tar. 13 gr. 16, “Cutrum” unc. 27, e “Genitocastrum” (Belcastro) unc. 120 tar. 4 gr. 4.[liv] Alla metà del Quattrocento, mentre Tacina non si trova elencata, “Le Castelle” risulta tassata per fuochi 139, “Cultrum” (sic) per 123 e “Bellicastrum” per 476.[lv] Alla fine del secolo, invece, a causa delle guerre e della peste, l’abitato risulta quasi spopolato. Nella tassazione focatica del 1490: “Turris Tacine” è tassata per ducati 17, “Castelle” per ducati 190, “Cutrum” per duc. 130, e “Belcastrum” per duc. 400.[lvi]
Se alla fine del Duecento la sua popolazione era circa la metà di quella di Le Castella ed un terzo di quella di Cutro, alla fine del Quattrocento questa si era ridotta a circa un decimo di quelle di Le Castella e di Cutro. Situazione che peggiorò col passare degli anni. Nel foculario del 1521: “Torre de Tacina” è tassata per 5 fuochi, “Castelle” per 202, “Cutro” per 231 e “Belcastro” per 293.[lvii] Ancora pochi anni e, alla metà del Cinquecento, “Torre di tacina” è data per “Dishabitata” (1564-65).[lviii] Contribuirono all’abbandono dell’abitato la rapacità e la violenza del barone, ed i saccheggi dei Turchi. Proprio mentre Tacina si spegneva, i cavalieri di San Giovanni, avendo perso Rodi, progettavano di costruire nelle sue vicinanze una grande città, ed i Gesuiti, impossessatisi delle terre dell’antica abbazia di San Leonardo, vi edificarono su una vicina collina, un villaggio, o atrio, con chiesa e torre per coltivare le loro terre.[lix]
Come “baronia di Tacina”, il feudo spopolato di Tacina tornò all’amministrazione della regia corte,[lx] che cedetette le sue entrate feudali ad Antonio Gesualdo,[lxi] .poi fu acquistata dal duca di Nocera (1583),[lxii] quindi, nel 1595, fu rivenduta ai Doria, che ebbero il titolo di baroni di Tacina e Massanova (un altro casale scomparso ai confini di Cutro con Crotone ed Isola).[lxiii]
La scomparsa del casale
Il 5 dicembre 1594 il decano di Catanzaro Nicolaus Tirolus, vicario del vescovo di Isola Annibale Caracciolo, lasciò la distrutta terra di Castrorum Maris, e proseguì la visita ai luoghi della diocesi, spingendosi fino al territorio di Tacina. Egli incontrò numerose chiese rurali abbandonate a causa delle incursioni dei Turchi e, per un po’ di tempo, sostò dove sorgeva l’antico abitato di Tacina, per affermare la giurisdizione del vescovo di Isola sul luogo: “Deinde proseguendo dittam visitationem, discendendo à pp.a t.ra invenit in itinere plures ecclesias rurales in distrittu ipsius, quae pp.r continuam turcor. invasionem reparari non possunt, et pp.ea fuerunt relictae in eodem statu quo reperte fuerunt. Successive accessit ad ocularem inspectionem territorii Targinae et pro manutenda Iurisditionem moram aliquantulum ibidem cum sup.tis faticando, ex quo territorium ipsum non habet ecc.am quae visitari possit, cum sit iam penitus destructu, discendit inde et reddit ad Civitatem.”[lxiv]
Il nome di Tacina ritorna all’inizio del Seicento, quando l’ingegnere Vincenzo de Rosa, per difendere il litorale del Marchesato dalle incursioni turche, progetta la costruzione di alcune torri regie di guardia, tra le quali appunto una a Tacina, ed una sul vicino promontorio di Posteriore, oggi detto Torrazzo. Le torri furono iniziate ma non completate.[lxv]
I ruderi del casale, possesso dei Doria,[lxvi] detto anche di Santa Maddalena di Tacina, con la sua chiesa, esistevano ancora alla metà del Seicento. Al tempo del vescovo di Isola Io. Battista Morra (1647-1649), sappiamo che: “Prope flumen Tacinae adest quodam aliud casalem dictum Sanctae Mariae Magdalenae sed nunc dirutum … in istis locis non adsunt aliqua aedificia, nisi quaedam Turris Baronis in qua nequidem ab aliquo habitatur”.[lxvii] Pochi anni dopo, il vescovo di Isola Io. Francesco Ferrari (1650-1657), riferisce che a Tacina erano rimasti solamente due o tre soldati in una torre, per segnalare col fuoco l’avvicinarsi delle fuste turchesche: “aderant tria rura, seu casalia, appellata de Massanova, S. Petri de Tripano et S. Mariae Magdalenae de Tacina, cura propriorum parochum, quae ad presens non existunt”.[lxviii]
Nel 1745 la baronia di Tacina era detenuta dal barone Gio. Francesco Doria, e comprendeva le gabelle di “Carnovale”, “Puzzofetido”, “Arcieri”, “Pantanella”, “Palmieri”, “Lo Steccato”, “S. Luca”, “S. Nicola”, “La Mortilla”, “Le Comuni”, “Catinazzello”, “Scino dell’Azzone”, “Patirta”, “Piano del Rè”, “Le Valli”, “Roseti”, ed “il corso di Feroluso”, per un totale di circa 9500 tomolate.[lxix]
L’abitato di Steccato
Bisognerà attendere questo periodo della metà del Settecento, per trovare il villaggio “de lo Steccato”, o “Torre dello Steccato”, con la sua chiesa e la torre, dove abitava il governatore della baronia. L’undici aprile 1762, domenica di Pasqua, il vescovo di Isola Giuseppe Lancellotti si recò a Le Castella ed a San Leonardo, dove visitò la chiesa in costruzione, ma poi, per urgenti necessità, ritornò in sede, incaricando l’arciprete di Le Castella, il reverendo D. Arcangelo Affittante, di proseguire la visita a “Turris Steccati”. L’arciprete visitò la chiesa, l’altare ed ogni altra cosa ad essa necessaria.[lxx]
Nel 1808 “Steccato” ha 37 abitanti e nel 1818 ne conta 34. Nel riordino amministrativo operato dai Francesi nel 1807, “Torre dello Steccato” è un luogo nel governo di Scandale e, nel 1811, diviene comune del circondario di Cotrone. Con il ritorno dei Borboni, nel 1816 è retrocesso a frazione di Cutro. Nel censimento del 1951 Steccato ha 203 abitanti, dei quali 118 a “Steccato” e 85 nelle case sparse. Dieci anni dopo Steccato ha 682 abitanti, dei quali 20 a “Steccato”, 58 a “Marinella”, 108 a “Votapozzo” e 496 nelle case sparse.
Note
[i] “Amnes navigabiles sunt, Cecinus, Crotalus, Semiris, Arocha, Targines.” Fiore G., Della Calabria Illustrata I, p. 520.
[ii] “Turios” mpm XX, “Roscianum” mpm XII, “Paternum” mpm XXVII, “Meto” mpm XXXII, “Tacina” mpm XXIIII, “Scylacio” mpm XXII. Parthey G. e Pinder M., Itinerarium Antonini Augusti et Hierosolymitanum, 1848, pp. 52-53.
[iii] “Inde ad Tacina .lv., habens in aquilone insulam, et ab africo volvitur sinus Squillacis habens a capite Tacine ad aliud caput ubi est Squillace Scylaceum ab Athenensibus dictum, ml. .xlv. In fundo vero sinus est villa que dicitur Cathentana.” Gautier Dalchè P., Carte Marine et Portulan au XII ͤ Siècle, Collection de l’École Franҫaise de Rome n. 203, 1995, p. 157.
[iv] Amari M. L’Italia e Schiapparelli C., descritta nel “Libro di Re Ruggero”compilato da Edrisi, in Atti della Reale Accademia dei Lincei anno CCLXXIV, 1876-77, serie II – volume VIII, Roma 1883, pp. 111 e 131.
[v] Pratesi A., Carte latine di abbazie calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, pp. 337-338.
[vi] AVC, Processo grosso di fogli cinq.cento settanta due della lite, che Mons. Ill.mo Caracciolo ha col S.r Duca di Nocera per il Vescovato, f. 98.
[vii] AVC, Processo grosso di fogli cinq.cento settanta due della lite, che Mons. Ill.mo Caracciolo ha col S.r Duca di Nocera per il Vescovato, f. 420.
[viii] AVC, Privilegio dello Sacro Episcopato della citta dell’Isula, in Processo grosso di fogli cinq.cento settanta due della lite, che Mons. Ill.mo Caracciolo ha col S.r Duca di Nocera per il Vescovato, f. 429v. ASV, Reg. Avin. 303, ff. 557v-558.
[ix] Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, 1999, p. 287. Russo F., Regesto, I, 5010.
[x] AVC, Visita del vicario Nicolao Tiriolo, 1594, f. 94v.
[xi] AVC, Visita del vicario Nicolao Tiriolo, 1594, f. 85.
[xii] “Instrum.to di concess.ne fatta per l’Ill.mo, e R.mo Vesc.o dell’Isola, et Rev.mo Tesoriero del Capitolo al Colleggio del Giesus di Catanzaro di cenzi stabili nel territorio della Torre di Tacina Provincia di Calabria di cenzo di d.ti 30 et tumuli 55 di grano imperpetuum anno 1590, in Inventario et Nota delle scritture pertinentino al Sacro Vescovato della Città dell’Isola et al suo Capitolo quali si conservano dentro un baulo per ordine de Mons. Il.mo Caracciolo vescovo di detta Città.”
[xiii] ASCZ, Notaio Larussa L., busta 1912, prot. 12.382, f. 652.
[xiv] ASCZ, Notaio L. Larussa, Busta 1912, prot. 12.382 ff. 687v.
[xv] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, Busta 6959, f. 175v.
[xvi] AVC, Reintegra dei feudi del conte Andrea Carrafa, 1518. Documento senza segnatura.
[xvii] AVC, Processo grosso di fogli cinq.cento settanta due della lite, che Mons. Ill.mo Caracciolo ha col S.r Duca di Nocera per il Vescovato, ff. 64v-65.
[xviii] ASN, Dip. Som. Fs. 552, I Serie, F.lo 1.
[xix] Trinchera F., Syllabus Graecarum membranarum, 1865, p. 366.
[xx] Pratesi A., Carte latine di abbazie calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, p. 309.
[xxi] “Tachina” risulta nell’elenco delle terre appartenenti al giustizierato di Val di Crati e Terra Giordana. Reg. Ang. XIII (1275-1277), p. 267. Reg. Ang. XVII (1275-1277), pp. 57-58.
[xxii] Pardi G., I registri angioini e la popolazione calabrese del 1276, in Archivio storico per le provincie napoletane, Ser. NS, vol 7 (1921), p. 27 sgg.
[xxiii] “Nel 1280 (13 Febbraio) Carlo d’Angiò, volendo correggere la sproporzione trà due Giustizierati, notificava a Goffredo de Sumesot, Maestro Giustiziere di Valle del Crati e Terra Giordana, l’aggregazione al Giustizierato di Calabria delle seguenti terre appartenenti al primo: (…) Genicocastrum, Mausirica, Policastrum, Tracina, Castella, Rocca Bernarda, S. Severina cum casalibus, S. Iohannes de Monacho, Cotronum cum casalibus.” Dito O., La Storia Calabrese e la Dimora degli Ebrei in Calabria p. 110.
13 febbraio 1280 VIII ind., Napoli. “Re Carlo scrive a Goffredo de Summesot, Giustiziero di Val di Crati e Terra Giordana, che per una più comoda amministrazione decide di staccare da quel Giustizierato ed aggregare a quello di Calabria le terre di Catanzaro, Taverna, Scellia, Simeri, Barbaro, Genitocastro, Mansurita coi casali di Policastro, Tracina Castella, Rocca Bernarda, S. Severina coi casali, S. Giovanni del Monaco e Cotrone con casali.” Reg. Ang. XXII (1279-1280), p. 89.
13 febbraio 1280, Napoli. “Pro Curia. Scriptum est Goffrido de Sumesot Iustitiario Vallis Gratis etc. Provisione habita diligenti quod Iustitiariatus Vallis Gratis et Terre Iordane ultra quem Iustitiaratus Calabrie sibi conterminus est diffusus terris subscriptis in ipso Iustitiariatu Vallis Gratis et Terre Iordane hactenus deputatas ex nunc in antea usque ad beneplacitum nostrum ab ipso Iustitiaratu Calabrie deputari, ut in utroque Iustitiaratu possint melius et commodius servitia nostra per Iustitiarios singulos regionis cuiuslibet exerceri, propter quod f. t. p. q. Robertum de Riccavilla Iustitiarium ipsarum partium Calabrie fid. nostrum de tota quantitate pecunie et aliorum residuorum quorumlibet debitorum Curie nostre et restantium ad recolligendum in terris ipsis, exclusis ab ipso Iustitiariatu Vallis Gratis et Terre Iordane et ipsi Iustitiariatui Calabrie superaiundis, que inferius exprimuntur, cum declarationibus et distinctionibus oportunis debeas distincte et lucide per tuas licteras informare ad recolligendum ea et exercendum in ipsis terris aliam iurisdictionem quamlibet ad officium suum spectantem procedere debeat prout sibi datur per nostras licteras in mandatis, apodixam ydoneam de hiis que sibi ad recolligendum commiseris recepturus et significaturus nichilominus hec omnia celsitudini nostre et Magistris Rationalibus Magne Curie nostre sub sigillo tuo seriatim particulariter et distincte. Terre vero ad ipso Iustitiariatu Vallis Gratis excluse et ipsi Iustitiariatui Calabrie superaddite sunt hec videlicet: Catensarium, Taberna, Scilla, Symerus, Barbarum, Genico castrum, Mausurica cum casalibus ipsarum terrarum, Policastrum, Tracina, Castella, Rocca Bernarda, Sancta Severina cum casalibus suis, Sanctus Iohannes de Monacho, Cotronum cum casalibus suis.” Reg. Ang. XXXVI (1290-1292), p. 81.
[xxiv] Reg. Ang. XXIII (1279-1280), pp. 269-270.
[xxv] Ventura P., Maone P., Isola Capo Rizzuto nella scia della grande Crotone, 1981, pp. 257-258; che cita ASN, C. De Lellis (MS), Notamenta, ecc. cit., Pars I, Vol. II, f. 1308.
[xxvi] Camera M., Annali delle Due Sicilie, volume II, Napoli 1860, p. 363 e note 4 e 5, che cita: “Ex. reg. Reg. Rob. an. 1333-1334 lit. B. fol. 242 v.°”.
[xxvii] “Comes Catanzarii. Pro Comitatu Catanzarii, consistente in ipsa Civitate Catanzarii, Castris Pollicastris Mersurace, Castro Maris, Castellorum Tagine, Badulati et Turri Bruczani milites octo uncias octuagintaquatuor.” Biblioteca comunale di Bitonto, Fondo Rogadeo, Ms. A 23, p. 103 (ASNA, ex Reg. ang. 373, f. 84v).
[xxviii] 11 luglio 1426. Papa Martino V conferma al nobile Nicola Ruffo, marchese di Crotone e conte di Catanzaro, i seguenti possessi: “… Cotroni cum marchionatus ac Catanzarii civitatis, cum comitatus dignitate / titulo et honore huiusmodi quae marchionatus et comitatus dignitatis titulos et honores, necnon Cotroni marchionatum et catanzarii comitatum / intregros ipsiusque et cotroni Civitatem predictarum Casalia districtus jura / jurisditiones et pertinentias universa ac ypsigro cum pertinentiis Aligii melixe / feudi s(an)cti stephani et policastri Rochebernardi mesurace castellorum / maris Tacine et s(an)cti mauri de Caraba Roche s(an)cti Juliani Gimiliani / Tirioli et Rosauni terras (cum Cutri s(an)cti Johannis de monacho papanichifori Cromiti Apriliani mabrocoli misicelli lachani Crepa / coris massanove et turisinsula Casalibus) necnon castri maynardi / Barbari cum Cropano ac sancti niceti Baronias cum pertinentiis / et fortellitiis earumdem. Item quoque Castrivetus cum membro / tenimento placanice Et cultura s(an)cti fili ac favato et pellacano Ad / terram roccelle s(an)cti victoris di provincia calabria citra et ultra nec / non Cabellam sete predicte civitatis Catanzarii et aliorum locorum / eidem marchioni iam dudum per Carolum iij Bonamemorie concessas et / Concessa Ac ladizlaum eiusdem regine germanum sucessive Jherusalem et / sicilie dive memorie reges confirmatas et confirmata, … necnon / eadem marchioni terram que dicitur taberna Catacen(sis) dioc(esis) …”. ASV, Reg. Vat. Vol. 355, ff. 287-288.
[xxix] “La torri de Taçina co li tenimenti teni Gratulecto, vale l’anno D. CCCLX.” Pontieri E., La Calabria a metà del secolo XV e le rivolte di Antonio Centelles, Napoli, 1962, p. 281.
[xxx] ACA, Cancillería, Reg. 2907, f. 36.
[xxxi] “Item pete la dicta uni.ta possa passere loro bestiame francha alo Tenim.to de Tachina de policastro et dela roccha de bellicastro § placet Regie maie.ti quatenus sue curie interesse concernat.” ACA, Cancillería, Reg. 2904, f. 190.
[xxxii] “Item supplicamo la v. sere.ma m. se degne graciose et benignamente concedere che ha bellocastro mesurata Tacina et Cropani sia acqua herba et legna in comuni et che non sene paghe accordio ne fida ne pagamento alcuno. § placet Regie mai.ti .” ACA, Cancillería, Reg. 2903, ff. 188.
[xxxiii] Il 25 novembre 1444, dall’accampamento regio presso Belcastro, re Alfonso d’Aragona concede a Jacobo de Carioso di Mesoraca, la “continenciam una terrarum” detta “de Carnelevare”, sita e posta in territorio o tenimento di “Tachine juxta terras illorum de micaelis et juxta terras heredum Nicolay staipari et terras Cicci de agello et flumine Tachine et alios quamplures confines”, devoluta alla regia corte a seguito della rivolta di Antonio Centelles ed Enrichetta Ruffo di Calabria, dietro pagamento del censo di un tareno annuo da pagarsi il giorno di Natale. ACA, Cancillería, Reg. 2907, ff. 22-22v.
[xxxiv] Il 3 dicembre 1444, nell’accampamento regio presso e contro Crotone, re Alfonso d’Aragona concede al nobile “Adexio de Comato de Liparo”, il “Tenim.tum seu herbagium” detto “lo brochuso”, sito e posto nelle pertinenze della terra di Mesoraca, “iuxta territorium belcastri iuxta territorium turris tacine iuxta flumen tacine iuxta flumen Avergari et alios confines”, devoluto alla regia curia a causa della rivolta di Antonio Centelles ed Enrichetta Ruffo di Calabria. ACA, Cancillería, Reg. 2906, ff. 134-134v.
[xxxv] ACA, Cancillería, Reg. 2909, ff. 114v-115.
[xxxvi] ACA, Cancillería, Reg. 2907, ff. 66v-67v.
[xxxvii] “Item exponunt ut supra quod dominus Alonsus de Vargas Gubernator Terre Castellorum Tacine et baronie barbari similiter de novo cogit Cives praedictos ad passagia Turris Tachine et Mocte Cropani violenter et armata manu que magis solvere consueverunt Cives praedicti esse a tempore in cuius contrarium memoria hominum non exsistit fuerunt liberi et exempti a passagiis praedictis Necnon pheuda herbagia et alia bona tam ecclesiastica quod secularia ipsorum civium ecclesiasticorum et secularium quam privilegia facta per magestatem praedictam e essendo non habere aliquid agere et facere cum M. V. et oficialibus vestris ducatum praedicti tirranice et contra deum et iusticiam ac mentem M. V. destituhit et spoliavit non nullos cives praedictos ab antiqua et antiquorum possessione ac nova confirmacione seu concessione facta per mag.te v(ost)ram tempore reductionis civitatis praedicte dicendo Civitatis palam et publice fructus ipsorum Bonorum velle pro se retinere et habere pro custodia fortaliciorum non obstantibus quibuscumque privilegiis et mandatis per v. m. factis et de cetero faciendis Quare pro ipsius universitatis et hominum parte flexis ornibus supplicatur v. clementissime m. quod dignetur ab huiusmodi violencia per prefatos cives et personas ecclesiasticas clipeo iusticie defendere et tuheri a violencia supradicta Eosque conservare et conservari facere in pacifica possessione bonorum ipsorum pheudalium et burgensatiquorum ac erbagiorum iux.a tenorem priviligiorum m. v. mandando prefato domino Alonso eiusque suboficialibus ac confirmando eisdem sub certa et formidabili pena ac gravi pecuniaris quod ab ocupacione praedicta desistat et iura ac fructus reditus et proventus bonorum et iurium praedictarum per eos capta et captos restituant privilegiatis personis praedictis Et ut deinde novum pasagium quae praedictos Cives iniurius exerceat sive exerceri faciat placet Regie Maiestati.” ACA, Cancillería, Reg. 2908, ff. 67r-67v.
[xxxviii] D’Amato V., Memorie Historiche di Catanzaro, 1670, p. 103.
[xxxix] “Per custodire per causa dei disertori i passi di Cotrone, Sanseverino, Tatina, (sic) Rocca Bernarda e vicinanze”. Reg. Ang. XXVII, p. 479.
[xl] Grimaldi G., Istoria delle Leggi e Magistrati del Regno di Napoli continuata da Ginesio Grimaldi, tomo 5, 1767, pp. 232-233.
[xli] “Magnifico messer Gugliermo lo Monaco, nostro dilectissimo, concessione in escambio di Tacina, Monesterace, et la bagliva di Cosenza, et si fà anco mentione che li cittadini di Cosenza non esserno franchi nelli tre di fiera in detta città.” ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.
[xlii] ASN, Dipendenze della Sommaria, Fs. 552 I serie. “Salvo de stilo de dare per la scafa et chusa de tacina duc.ti cinque per lo presente anno iiij indictione” (f. 14v). “Salvo de stilo resta a dare per la scafa duc.to uno” (f. 26v). “Salvo de stilo de dare duc.ti cinque sono per la scafa et chiusa de tacina” (f. 39v). “Salvo de stilo resta a dare per la scafa duc.ti dui” (f. 46v).
[xliii] ASN, Dipendenze della Sommaria, Fs. 552 I serie. “Et a di dicto tari dui a dicto mast.o ant.o sono per avire acconczato et calafatato la scafa de tacina” (f. 43). “Et a di xxiij.o may tari uno a mastro pirro sono per rotula dui de chiova per Acconczare la scafa”, “Et tari uno sono per uno barili de pici per inpicare la dicta scafa” (f. 43v).
[xliv] Il 21 giugno 1447, in Tivoli, re Alfonso d’Aragona concedeva al suo paggio “Gabrielis curialis” di Sorrento, la “Turrim Tachine” sita e posta “in provincia ulterioris Calabrie”. ACA, Cancillería, Reg. 2912, ff. 56-57.
[xlv] Fonti Aragonesi, II, p. 53.
[xlvi] Nel 1452 re Alfonso ordinava a Francesco Siscar di restituire al monastero di S. Angelo de Frigillo alcune terre usurpate in Santa Severina ed a Torre di Tacina. Sposato P., Attività commerciali calabresi in un registro di lettere di Alfonso I, in «Calabria Nobilissima», VIII, 1954, n. 23.
[xlvii] Il primo giugno 1447, da Tivoli, re Alfonso d’Aragona confermava a “Margarita de pictavia”, vedova di Nicolò Ruffo di Calabria, marchese di Crotone, il feudo detto “de ypato”. ACA, Cancillería, Reg. 2908, ff. 218-219. Il 4 giugno 1453, la “illustris domine Margarite de Pictavia Marchionisse Cutroni”, possedeva il “pheudum nominatum de Ypato situm et positum in tenimento Tacine et aliorum locorum provincie Calabrie”. Fonti Aragonesi, II, p. 207.
[xlviii] AVC, Processo grosso di fogli cinq.cento settanta due della lite, che Mons. Ill.mo Caracciolo ha col S.r Duca di Nocera per il Vescovato, ff. 74-96.
[xlix] Fonti Aragonesi, II, p. 53. AVC, Processo grosso di fogli cinq.cento settanta due della lite, che Mons. Ill.mo Caracciolo ha col S.r Duca di Nocera per il Vescovato, ff. 68-76v.
[l] AVC, Reintegra dei feudi del conte Andrea Carrafa, 1518. Documento senza segnatura.
[li] ASCS, notaio Napoli di Macchia vol. 4-5, 1529-1530, ff. 102-102v.
[lii] ASCS, notaio Napoli di Macchia vol. 4-5, 1529-1530, ff. 103-104.
[liii] ASCS, notaio Napoli di Macchia vol. 14-15, 1541-42, ff. 165-166.
[liv] Reg. Ang. XLVI (1276-1294), pp. 203-205.
[lv] Biblioteca Civica Berio di Genova, Liber Focorum Regni Neapolis, IX, 3, 20, ff. 86-86v.
[lvi] Fonti Aragonesi, XIII, pp. 230 e 232.
[lvii] Pedio T., Un foculario del Regno di Napoli del 1521 e la tassazione focatica dal 1447 al 1595, in Studi Storici Meridionali, 2/1991.
[lviii] ASN, Tesorieri e Percettori, Vol. 4087, a. 1564/1565, f. 236.
[lix] Pesavento A., San Leonardo di Cutro da grangia a villaggio, www.archiviostoricocrotone.it
[lx] 28 dicembre 1578. Petro e Berardo de Montelione di Cutro, prendono in affitto la gabella dell’abbazia di Sant’Angelo de Frigillo nominata “lo piano dela menta”, posta “In territorio regie baronie tacine”. ASCZ, Notaio Ignoto, Cutro, busta 12, prot. 32 ff. 102v-103.
[lxi] “Cornelia Carrafa per le sue dote et antefato sopre l’intrate del feudo di Tacena, assegnateli per lo quondam Antonio Giesualdo suo marito” (1574-1575). “Cornelia Carrafa relitta del quondam Antonio Giesualdo olim signore del feudo di Tacina in Calabria Ultra per li ducati 41196.2.9 per le sue dote et XX, se li assegnano dalla Regia Corte annui ducati 2935.3.12 1/10 sopra l’intrate di detto feudo” (1576-1577). ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.
[lxii] AVC, Processo grosso di fogli cinq.cento settanta due della lite, che Mons. Ill.mo Caracciolo ha col S.r Duca di Nocera per il Vescovato. 1586: “Illustre duca di Nucera, per la compra di Tacina seu baronia. Detto illustre duca don Ferrante Carrafa, per detta compra per morte senza heredi del quondam Don Antonio Giesualdo. Don Carlo e Don Cesaro Siscara, figli del quondam Don Diego per li annui sopra la baronia di Tacina.” 1586-1588: “Illustre duca di Nucera per la compra del feudo di Tacina seu baronia vaXXato alla Regia Corte per la morte di Don Antonio Giesualdo senza heredi. Alvina Piccolomini per il suo credito sopra la baronia di Tacina, venduta al duca di No(cer)aXX. Giovanni Tomaso Carrafa per il suo credito sopra la baronia di Tacena, venduta al duca di Nocera. Antonio di Bologna per lo credito sopra la baronia di Tacena venduta ut supra. Don Antonio di Gaeta figlio di Fabio per lo credito sopra la baronia di Taceno, venduta al duca di Nocera. Marc’Antonio Spinola per lo credito ut supra.” ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.
[lxiii] Pellicano Castagna M., Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, III, 1999, pp. 123-126.
[lxiv] AVC, Visita del vicario Nicolao Tiriolo, 1594, f. 37v.
[lxv] Pesavento A., Vincenzo De Rosa e le torri regie tra il Tacina ed il Neto, www.archiviostoricocrotone.it
[lxvi] 1601-1603: “Illustre Agostino d’Oria, utile patrone del feudo de Tacina in Calabria, per l’esercitio della iuresditione in detto feudo.” 1633-1634: “Marc’Antonio d’Oria, possessore della baronia di Sarcina (sic) et Massanova in Calabria comprate dalla Regia Corte dal quondam Agostino suo padre con la promissione dell’evittioneXX in forma et signiter con la fida et diffida, benchè dal reverendo collegio del Giesù di Catanzaro, università di Belcastro, Cutri pretengono non havere detta attione di fida et diffida nelli loro territorii et signiter nel territorio di santo Lonardo di detto collegio, s’ordina mandarsino l’atti in Camera.” ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.
[lxvii] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1648.
[lxviii] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1651.
[lxix] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, Busta 6959, ff. 229v-230.
[lxx] AVC, Visitatio Giuseppe Lancellotti, 1762.
Creato il 22 Febbraio 2015. Ultima modifica: 5 Agosto 2024.