La chiesa di Santa Maria della Scala in territorio di Belvedere Spinello
La natura del luogo per la sua posizione geografica ci indica l’antichità dell’edificio sacro, resa evidente anche dal titolo della chiesa detta Santa Maria della Scala e dai toponomi: “le Ripe di Santa Maria” e “le Timpe di Santa Maria”. È posto sulla sommità del timpone, un vero e proprio passo e valico, che mette in comunicazione la bassa con la media vallata del Neto. Sul luogo dove è situata la chiesa si incrociano le vie provenienti dalla marina con quelle dalla Sila. Alla fine della “Scala” si unisce quella che risale a destra la vallata e per Santa Severina, passato il fiume, sale sul timpone, con quella che sale al timpone venendo da sinistra del fiume. Dal luogo sacro poi si diparte una via che per gli abitati di Monte Spinello e di Belvedere discende il timpone per la Sila.
Possiamo quindi ipotizzare che su questo antico luogo di culto dopo che Ferrante Spinelli (1523-1547) aveva ripopolato con gente albanese il casale, che da lui prese il nome di Montespinello, come in altre situazioni simili, il feudatario o i suoi successori, favorirono la venuta degli Agostiniani, che attorno alla preesistente chiesa costruirono il loro convento.
Il vescovo di Cerenzia Maurizio Ricci (1619-1626) all’inizio del Seicento, in una sua relazione, trattando delle due terre di Belvedere e Montespinello, casali ripopolati da Albanesi, così si esprime: “Queste due terre l’una dall’altra circa meczo miglio, nel meczo delle q(ua)li vi è un principio di Monasterio della Congreg(atio)ne di S.to August(in)o … Haveva detta Relig(io)ne un altro Monasterio buono discosto un miglio. L’hanno lasciato rovinare, et credo che p(rim)a fosse recetto di ladri”.[i]
Il monastero situato tra Belvedere e Montespinello sotto il titolo di Santa Venera detto di Belvedere di Levante, in quanto situato nel territorio del casale di Belvedere, sarà soppresso nel 1652 per bolla di papa Innocenzo X. Dell’altro monastero sempre degli Agostiniani, posto nel territorio di Montespinello, sappiamo che, secondo quanto scrive il vescovo Ricci, esso fu abbandonato perché era divenuto rifugio di ricercati dalla giustizia.
Da queste considerazioni possiamo affermare che durante il Cinquecento, la chiesa di Santa Maria della Scala è stata parte del monastero degli Eremitani agostiniani. Ordine che si sviluppò in Calabria durante quel secolo e che fu particolarmente presente nei paesi abitati da gente albanese. Andato in rovina il convento, rimase la chiesa con le sue rendite, che troviamo citata nel conferimento di un beneficio a favore del prete di Isola Gio. Michele (o Vincenzo) Stazzi o Stozzi. Il Papa Paolo V nell’agosto 1616, prendendo atto che fin dal 1614 era morto il prete Gregorio Miele, possessore della chiesa senza cura di anime di Santa Maria della Scala del casale di Montespinello, nominava lo Stozzi. La chiesa poteva contare su una rendita annua di dodici ducati.[ii] Pochi giorni dopo tuttavia il Papa, ritornando sulle sue decisioni, conferirà il beneficio a Gio. Antonio Livani, un prete della diocesi di Cerenzia.[iii] Da allora in poi la chiesa, ormai ridotta a chiesa rurale ed eremitorio, con le sue rendite verrà aggregata ad uno dei canonicati della cattedrale di Cerenzia.
Canonicato della Chiesa di Cerenzia
Alla metà del Seicento la chiesa senza cura di Santa Maria della Scala è ormai uno dei canonicati della chiesa di Cerenzia. Il papa Innocenzo X nel giugno 1654, essendo il canonicato con i beni della chiesa di Santa Maria delle Scala rimasto vacante per morte di Marcello Baiani (o Baucci), conferisce il beneficio, che ha una rendita di 12 ducati annui, al chierico di Cerenzia Leonardo Menza.[iv] Non passano molti anni che il 19 aprile 1663 il Papa Alessandro VII concede il decanato della cattedrale di Cerenzia a Cesare Benincasa, il quale per assumere la dignità lascia il canonicato di Santa Maria della Scala.[v] Pochi mesi dopo lo stesso Papa lo concede al prete di Cerenzia Georgio Drammis.[vi]
Passano diversi anni e ritroviamo il canonicato all’inizio del Settecento. Sappiamo che nell’ottobre 1716 il prete Donato Quattromani aveva lasciato il canonicato di San Lorenzo della cattedrale di Cerenzia per assumere il nuovo canonicato.[vii]
Il canonicato alla metà del Settecento
“Io D. Donato Quattromani Canonico della Chiesa Catedrale di questa Città di Cerenzia[viii] sotto il titolo di Santa Maria della Scala in esecuzione del Concordato fatto tra Sua Beatitudine e la Maestà del Re N.ro Sig.re Dio Guardi con giuramento e sotto le pene in quelle contenuta, rivelo che detto Canonico possiede le seguenti rendite ed esser d’anni 62”. Inizia così la Rivela fatta in Montespinello il 9 agosto 1742 dal canonico per la compilazione del Catasto Onciario di Montespinello.
Dalla testimonianza del prete secolare di Cerenzia sappiamo che la rendita del canonicato stimata in circa dodici ducati annui proveniva dall’affitto per due anni a semina e tre a pascolo, del vignale di Laino, situato in territorio di Montespinello in località Sorriace, confinante con una proprietà feudale, e da quasi una decina di piccoli censi che annualmente pagavano alcuni abitanti di Montespinello su case e chiuse; beni che erano appartenuti alla chiesa e che erano stati poi concessi in enfiteusi ad abitanti di Montespinello.[ix]
I censuari di Santa Maria della Scala riportati dal catasto sono il mastro calzolaio Antonio Gabriele (grana 45 sopra la sua casa), il bracciante Aloisio Grippa (carlini 16), il nobile Domenico Tornicchia (d.ti 1.20 sopra la Chiusa del Molino), la vedova Domenica Caputo (grana 40 sopra la vigna), la vedova Lucrezia Basile (grana 46 sopra la casa), il bracciante Francesco Antonio Russo (sopra la vigna nel luogo detto Chiatretto grana 40).
Dalla descrizione degli obblighi che deve assolvere il canonico di Santa Maria della Scala risulta che annualmente la rendita netta oscillava attorno ai cinque ducati. Oltre a pagare ogni anno quattordici carlini al barone per il vignale di Laino, deve far celebrare numerose messe nella chiesa di Santa Maria della Scala: “Tiene obligo detto Canonico di celebrare due messe nella Chiesa prescritta di S. Maria delle Scala 0.40. Deve fare celebrare una eddomada di messe e di celebrasino nei giorni di mercordì e sabbato in detta chiesa quali messe fanno al numero di 50, che si pagano à grana dodeci, e mezzo lasciate da devoti, che fanno la somma di D.ti 6.25.[x]
L’eremitorio di Santa Maria della Scala
Alla morte di Donato Quattromani il canonicato fu concesso a Gennaro Quattromani e morto costui nel gennaio 1802, il beneficio fu concesso al prete di Cerenzia Bernardo de Fazio, “pbr oriundo 50 an., in cantu gregoriano versato”.[xi] Per dimissione del Fazio nel marzo 1822 il canonicato pervenne al prete di 42 anni Agostino Pugliese. La rendita del canonicato era allora valutata in 24 ducati annui, ai quali, a seconda delle annate, potevano essere aggiunti altri 30 ducati.[xii] In seguito al Pugliese fu concessa la dignità di arcidiacono ed il canonicato di Santa Maria della Scala passò al chierico di Santa Severina Marco Antonio Rossi.[xiii]
Francesco Adilardi trattando nel 1847 delle chiese di Montespinello così le descrive: “Colà si noverano le chiese della Trasfigurazione del Signore, arcipretale curata e della Vergine della Scala rurale, amministrata dal capitolo di Gerenzia. A quest’ultima chiesa si unisce un eremitorio il cui titolare vive di elemosina.[xiv]
Note
[i] ASV, Rel. Lim. Cariati e Cerenzia, Vescovo Maurizio Ricci, 1621.
[ii] Paolo V. Agosto 1616 (27799) De s.c. ecclesia seu cappella, sub invocatione S. Mariae della Scala, loci casalis Montispinelli, Cariaten. dioc., cuius fructus XII duc., vac. per ob. Gregorii Miele, de an. 1614 def., providetur Io. Michaeli Stazzi (o Stozzi), pbro Insulan. Paolo V. Settembre 1616. (27814) De s.c. ecclesia seu cappella, sub invocatione S. Mariae della Scala, loci casalis Montispinelli, Cariaten. dioc., cuius fructus XII duc., vac. per ob. Gregorii Mida (o Miele), de an. 1614 def., providetur Io. Vincenti Stazzi Insulan.
[iii] Paolo V. Settembre 1616. (27817) De ecclesia, sub invocatione B. Mariae della Scala, loci Montispinelli, Gerentin. dioc., vac. per ob. ultimi possessoris de an. 1614, cuius fructus X duc., providetur Io. Antonio Livari, diacono dictae dioc.; Antonio Livani, parroco di Belvedere Malapezza morirà nel maggio 1637 ed a lui seguirà nel luglio dello stesso anno Gio. Battista Bruno (Russo F., Regesto, 32433).
[iv] Russo F., Regesto, 37322.
[v] Russo F., Regesto, 39852.
[vi] Russo F., Regesto, 39914.
[vii] Russo F., Regesto, 53126.
[viii] D. Donato Quattromani prete secolare di Cerenzia tra i pesi aveva “Alla Ven.le Cappella di S. Agostino di detta Città per censo carlini undici l’anno”. ASN, Catasto Onciario di Cerenzia 1753, n. 6964, f. 58.
[ix] Possede un pezzetto di terre in territorio della Terra di M(ont)e Spinelli, nom.to il Vignale di Laino (in Sorriace), confine li Beni della Cam.ra P(rincipa)le, d’una parte el Vallone dell’altra parte d’estenz.ne di tum.te quattro, q.le dogni cinqu’anni, è solito sementarsi dui,, che coarcerbati l’anni pieni colli vacui, rende annui 1. 64. Sopra alcune case di d.a Terra di M.e Spinelli ne percepisce a d.o Can.co di cenzi annui 5. Sopra alcune chiuse di d.a Terra di M.e Spinelli d.o Can.co ne percipisce annui di cenzo 5.50.
[x] ASN, Catasto Onciario Montespinello 1743, n. 6010. f. 75.
[xi] Russo F., Regesto, 69629.
[xii] Russo F., Regesto, 71878.
[xiii] Russo F., Regesto, 75542.
[xiv] Adilardi F. Del già vescovado di Gerenzia, in Siberene p. 306.
Creato il 5 Settembre 2018. Ultima modifica: 5 Settembre 2018.