Le chiese di Santa Maria delle Grazie e di Santa Maria del Soccorso di Policastro
Nel pomeriggio del 9 giugno 1559, il cantore della chiesa di Mileto Giovanni Tommaso Cerasia, vicario dell’arcivescovo di Santa Severina Giovanni Battista Ursini, impegnato nella visita delle chiese di Policastro, dopo essersi recato alla chiesa di Santo Dimitri, e prima di giungere alla chiesa parrocchiale sotto l’invocazione dei “s.ti Pet.i et pauli”, visitò la “ecc.ae s.tae Mariae de gr(ati)a” della quale era cappellano D. Battista Canzonerio.
Qui trovò l’altare di fabbrica ed alcuni beni custoditi in un’arca: tre tovaglie, un coperimento d’altare di tela, due candelabri di creta, una “Cona in tela” davanti l’altare, un “plumacium”, un calice di peltro con patena, un messale, un vestimento sacerdotale di tela completo, tre “amictos”, due “planetas” di tela, due “lintheamina” di tela mentre, dentro un cuscino, erano conservati diversi altri beni vecchissimi e laceri. Una “lampas” era solitamente accesa davanti l’altare, ma al momento si trovava spenta. Nella chiesa esisteva anche un altro altare di fabbrica coperto da un “lintheamen”, mentre nel campanile pendeva una campana mezzana.[i]
La vicinanza della chiesa di Santa Maria delle Grazie alla parrocchiale di San Pietro, che ricaviamo dalla visita del vicario dell’arcivescovo Ursini,[ii] appare evidenziata anche successivamente, mentre, dai documenti della prima metà del Seicento, apprendiamo che tra le case poste nel “convicino” della chiesa,[iii] confinavano con il suo edificio: la casa palaziata di Polita de Simmari,[iv] la domus terranea di Dianora de Maijda, figlia di Hijeronimo de Maijda, che confinava con “le mura di Santa maria la gratia”,[v] e la casa di Blasio Ritia, che confinava con la chiesa di Santa Maria della Grazia, vinella mediante, e si trovava in prossimità delle rupi dette “delle Catarrate”,[vi] dove giungeva un antico fosso, che i documenti di questo periodo chiamano il “valonnem magnum dittum la iudeca”.[vii]
In relazione a tale vicinanza, ed a seguito dei danni riportati dalla chiesa di San Pietro in occasione del terremoto del 1638, le funzioni parrocchiali della parrocchiale diruta, furono temporaneamente trasferite nella chiesa di Santa Maria delle Grazie.[viii] A quel tempo, nel convicino della stessa chiesa, lungo “la via che si và alla Porta della Giudeca”, questa possedeva la casa che era stata di Joannes Laurentio Cervino, il quale era stato costretto a cederla a causa dei suoi debiti,[ix] durante la lunga amministrazione del procuratore Ottavio Vitetta. Periodo in cui quest’ultimo si occupò della gestione di alcuni prestiti di denaro, in relazione ai beni ricevuti dalla chiesa per la celebrazione di messe di suffragio.[x]
Oltre alla “Giudeca”, un altro luogo caratteristico posto nelle vicinanze delle chiese di “s.ta maria la gr(ati)a” e di Santa Caterina, spesso richiamato negli atti della prima metà del Seicento, era “la timpa delli Napoli”,[xi] o “rupa ditta delli napoli”.[xii] Le “timpas de Napoli, de Sancta Catharina” (1644) confinavano con la località detta di “Cimicicchio”[xiii] e con le “ripe di questa Città” (1647).[xiv]
Dalla chiesa del SS.mo Salvatore a quella di Santa Maria del Soccorso
L’esistenza a Policastro di una chiesa dedicata al SS.mo Salvatore, risulta documentata già da un atto del 29 aprile 1615, che menziona un vignale appartenente alla dote di Berardina Caccurio, figlia di Alfontio Caccurio, redditizio per grana due e mezzo “alla chiesa dell’salvatore di detta terra”.[xv] Alcuni documenti successivi, che ci forniscono notizia di un legato in favore del “santiss.mo Salvatore” di Policastro da parte di Isabella Rizza, evidenziano che questa chiesa esistente nel luogo detto “Lo Salvatore”, cominciò successivamente ad essere chiamata la chiesa di Santa Maria del Soccorso, titolo ricordato in questo periodo, anche riguardo alla fondazione del vicino monastero di Santa Maria delle Manche.[xvi]
Attraverso un atto del 3 settembre 1617, apprendiamo che Sansone Salerno, in qualità di erede del quondam Serafino e di Isabella Rizza, si trovava ad essere creditore nei confronti di Livio Zurlo, nipote ed erede del quondam Gio. Vittorio Monaco, per la somma di ducati 100 di capitale più annui ducati 10 d’interesse, e che la quondam Isabella Rizza, nel suo ultimo testamento, aveva lasciato tale censo alla chiesa del “santiss.mo Salvatore”.[xvii]
Il 20 aprile 1630, nel proprio testamento, Sanzone Salerno disponeva che fosse celebrata una ebdommada a S.ta Maria “del succorso al titolo et nome del S.mo Salvatore”. Disponeva che i ducati 15 che deteneva Stefano Capozza, pagati da Livio Zurlo, andassero in riparazione della detta chiesa “col titolo del S.mo Salvatore”. Disponeva che il censo di carlini 18 che pagavano gli eredi del quondam Juzzolino con le terze decorse, fossero convertite in beneficio di detta “chiesia del Salvatore unita nella visita p(er) n(ost)ro signore ArciV.o nella chiesa del soccorso col titolo delaltare del S.mo Salvatore”, secondo le volontà di sua zia Isabella Riccia. Disponeva ai suoi eredi che, con il denaro del credito che vantava nei confronti dell’università di Policastro sopra la “gabella della farina”, ammontante per capitale e terze decorse a ducati 8000, si edificasse “uno ospidale di poveri contico con d.a chiesia del Salvatore”.[xviii]
Troviamo in seguito che la chiesa di Santa Maria del Soccorso, posta mezzo miglio fuori l’abitato di Policastro,[xix] nel luogo detto anche “lo soccurso”,[xx] lungo la via che conduceva alla “montagna”,[xxi] possedeva un capitale di 50 ducati, che fu detenuto da Vitaliano Larosa, pagando un interesse del 10 % e successivamente, dallo stesso Stefano Capozza procuratore della detta chiesa.[xxii] A quel tempo risultano documentati altri lasciti di denaro[xxiii] e di beni.[xxiv]
La visita del Falabella
Dopo aver visitato la chiesa della SS.ma Annunziata Nova nel corso della giornata precedente, e prima di dirigersi alla parrocchiale di Santa Maria li Francesi, il 7 ottobre 1660 l’arcivescovo Francesco Falabella visitò la chiesa di “S. Mariae Gratiarum” dove, dopo aver ascoltato la messa, visitò l’altare posto dalla parte occidentale dell’edificio, che trovò ornato con un “pallio laneo” di colore rosso, tre tovaglie, “Carta secretorum”, due candelabri di legno e croce.
Considerato che l’altare era troppo basso, l’arcivescovo comandò che vi fosse sistemato un “lapidem”, in maniera che l’altare raggiungesse, perlomeno, la misura di “unius pedis” “ad basem Columnarum”, ed ordinò che vi fosse infisso un “Lapis Sacratus” entro il termine di un mese. La disposizione risultava impartita nei confronti del chierico Francesco Cavarretta “Cui commendavit curam p(raedi)ctae Ecc.ae”, il cui nome però appare cancellato nel documento con una riga. L’arcivescovo, inoltre, comandò di dorare il calice e la patena entro e non oltre il termine di 15 giorni. Sopra l’altare vi era la icona dipinta su tela “cum Imaginibus B. M. Gratiarum Sanctorum Petri, Blasii, et Atanasii”.
La chiesa aveva l’obbligo di celebrare la messa alla domenica e nei singoli giorni festivi, mentre le elemosine necessarie erano pagate usando le sue rendite, che ascendevano a circa ducati undici e mezzo annui. Di questa somma, ducati cinque si percepivano dalla locazione di una casa, altri ducati cinque da un censo che pagavano gli eredi del quondam Joannes Berardino Accetta, mentre altri quindici carlini li pagava Joannes Cervino per un censo.
Poiché la chiesa si trovava debitrice nei confronti di Joannes Guarano per la somma di ducati dieci a causa di un “censu decurso”, e di altri ducati sette “in circa” nei confronti di Joannes Dom.co Cervino per un altro “censo decurso”, l’arcivesco comandò, sotto la pena della scomunica “maioris”, che tali somme fossero pagate ai creditori entro tre giorni da parte del procuratore della detta chiesa che, per i poteri di Joannes Baptista Cerasaro, fu eletto il chierico Fran.co Cavarretta.
In un’arca di legno conservata nella chiesa furono trovati: una casula o pianeta di seta bianca, due “Albae”, un messale vetusto che l’arcivescovo ordinò di sostituire con uno nuovo entro il termine di un anno e cinque tovaglie per uso dell’altare. Per quanto riguardava l’edificio, l’arcivescovo comandò che entro un mese, si riparasse il tetto “in medio” e nelle altre parti dove ciò si rendeva necessario, per evitare che ci piovesse, e di costruire una nuova porta sul lato sinistro “in medio d.ae Ecc.ae”.[xxv]
L’indomani, otto ottobre, l’arcivescovo si recò a visitare la chiesa chiamata “S. M. del Succurso” posta fuori dalle mura di Policastro “per statium medii miliarii”, dove ascoltò la messa e visitò l’altare posto nella parte occidentale dell’edificio, che rinvenne coperto con un pallio di seta di diversi colori, corredato con tre tovaglie, “Carta Secretorum”, croce, sei candelabri di legno e “Lapide Sacrato”. L’arcivescovo ordinò di uniformare il piano dell’altare in maniera tale che non eccedesse nel mezzo ed inoltre, ordinò che vi fosse infissa una “tabula Lapidea”.
Qui, l’arcivescovo trovo la “Icona devote depicta in tela cum Imagine B. M. vulgo detta del Succurso, ac Imaginibus S. Blasii Martiris, et S. Apolloniae Virginis”, mentre sopra l’altare si trovava un baldacchino di legno dipinto. La chiesa non aveva alcun onere di messe, ma vi si celebrava alla domenica per devozione, grazie alle elemosine dei fedeli che erano raccolte dal suo procuratore Dom.co Ammannato. Attraverso la vendita di alcune vacche che erano state ricevute in dono dalla chiesa, il detto procuratore si trovava in possesso della somma di ottanta ducati, che l’arcivescovo dispose fosse impiegata ad un annuo censo.
Le sue “Supellectile” erano costituite da un “Calicem carentem auro à parte interiore”, similmente alla sua patena, che l’arcivescovo comandò di non usare più e di dorare entro il termine di un mese, mentre dispose che fossero puliti ogni mese le “Mappas vulgo detti purificatori”. Per quanto atteneva invece all’edificio, comandò che fosse rifatta la finestra posta sopra la porta, che fosse sistemato il pavimento “effossum” e che fosse riparato il tetto nelle parti che ne avevano bisogno.[xxvi]
Una nuova rendita
La natura di semplice beneficio ecclesiatico su cui si fondava la chiesa di Santa Maria della Grazia, risulta evidente attorno alla metà del Seicento, quando, al fine di costituire una rendita adeguata, fu unito all’altro simile su cui era fondata la chiesa di Santa Maria del Soccorso, posta fuori le mura di Policastro. Risale al 1667, la supplica presentata dal chierico Gio. Angelo Gallotti della città di Lagonegro, diocesi di Policastro Bussentino, all’arcivescovo di Santa Severina Francesco Falabella, affinchè potesse essere promosso al quarto ordine minore, avendo servito il detto presule per tre anni come suo mastro di casa.
Dato che, in questo caso, secondo le disposizioni del Concilio di Trento, gli doveva essere subito conferito un beneficio, e siccome nella sua città non ne esisteva nessuno che gli potesse essere assegnato, chiedeva che i venti ducati di rendita senza peso alcuno, che come legati piii ed elemosine, detenevano le chiese di Santa Maria del Soccorso e Santa Maria delle Grazie di Policastro, fossero eretti in beneficio semplice e che quest’ultimo gli fosse assegnato.[xxvii]
Le notizie successive evidenziano che tale supplica fu accolta, avviando così il consueto passaggio di mano tra ecclesiastici, della nuova rendita creata in questo modo, a tutto discapito di un’aministrazione “fedele” dei beni delle due chiese. Il 15 luglio 1675, l’arcivescovo Mutio Suriano, essendo vacante il “Simplici Beneficio, seu Cappelaniam sub invocat.nem S. Mariae de Succursu, et S. Mariae Gratiarum in Oppido Policastri”, per rassegnazione fatta in Roma il 26 giugno 1675 dal chierico Gio: Battista Martinucci Palermi, ultimo “Beneficiato sive Cappellano, et Possessore”, “Considerando che per la mia assenza da q.elle parti et per non havere in esse ministro fedele, le Chiese di d.o Beneficio vanno in collasso”, lo assegnava al crotonese Carlo Berlingieri commorante in altra città. Per rassegnare il beneficio nelle mani dell’arcivescovo, il Martinucci Palermi costituiva suo “P(at)ronem” il P. Cl. Carlo Infosino, con la clausola che tutti i frutti già maturati e non incassati o che fossero risultati già maturati al giorno della rassegnazione, sarebbero rimasti in suo favore.[xxviii]
In platea
I beni appartenenti ai due benefici uniti nel 1667, compaiono in una “Platea delli Beneficii della Grazia, e Soccorso di Policastro” compilata il primo di gennaio 1728:
“Platea, seu Inventario fatto da me D. Dom.co Rocca del Beneficio sotto / il titolo di S.a M.a delle Grazie, e Soccorso di q.a Città di Policastro oggi 1 G.aio 1728.
(…) Prim.te la sud.a Chiesa di S. M.a delle Grazie al p(rese)nte si ritrova situata dentro q.a / Città di Policastro giusta li suoi notorii Confini per dentro la quale vi sta l’Alta / re col quadro coll’Imag.e di S.a M.a delle Grazie pittata sopra tela; il sud.o / Altare si trova al p(rese)nte guarnito coll’infra(scri)tti Suppellettili
In p(ri)mis Un Calice con patena d’argento indorati, ed il piede d’ottone, due / Corporali d’orletto, una borsa di più colori, tre veli, seu supracalici di co / lore, un missale Romano, uno Campanello, Sei candelieri di legno / indorati, due fioretti, uno Crocefisso di legno indorato, Carta di Gloria, / In principio, e lavabo, tre tovaglie d’Altare, Un innanzi Altare / di damasco bianco colla sua Cap.a di pietra di tufi lavorati, col suo / … … di tavole pittato, un Camiso di tela fina, Amitto, e / Cingolo, due pianete di damasco colorate, con una Camp.a sopra d.a Chiesa.
Item tiene l’infratte annue Rend.e
Un Capitale di d. 150 affrancandi quandocumque alla Rag.e del Sei / per Cento ipotegato sopra la Gabella d.a Cucoli sita in q.o territorio, / alborata di quercie, e d’altri alberi fruttiferi di capacità di tt.e 70 / in circa confine la terra d.a li Campanari del dominio della Chiesa / M(ad)re di Mesoraca, la foresta piana delli Mag.i Carlo Tronca, Gio: B.a, e Barto / lo Scandale, li Beni di Franc.o Cavarretta, ed altri fini.
Nec non sopra una Continenza di terre di Capacità di tt.e 5 in circa / alberate di quercie sita in q.o territ.o di Policastro nel luogo di Catrivari / confine le terre degl’eredi del q.m Paulo Giordano li Beni della q.m Auria / Mannarino, ed altri fini per come il tutto apparisce dall’Istrum.to censua / rio rogato per il Sig. Notaro Tomaso Nigro di q.a pred.a Città sotto il dì / 13 mag. 1717, cui per se ne percipe ogn’anno d. nove d. 09 : 00.
Item un altro Capitale di d. 50 alla Rag.e del Sette per Cento affrancandi quan / documque debbito dal cl. d. Vitaliano Giordano, e della annualità suddetta / se ne celebrano tante messe al n. di 35 alla Rag.e di Un carlino l’una / come app.e per istrum.to stip.o da M.r Ruggero nell’anno 1713.
Sono l’infratti pesi
Nel giorno della festa per la Celebra.e della Messa Cant.a d. 50
per il jus visitae d. 25
per il quinquennale d. 20
La sud.a Chiesa del Soccorso sta situata fuori q.a Città di Policastro, sotto li / Molini di q.a Camera Principale; vi è l’Altare coll’Imag.e di S. Maria / del Soccorso colla Capp.a di legname pittata con sei Candelieri, Croce, / Carta di Gloria. Solam.e si canta la messa nel giorno della Festa. / Possiede un Ortale vicino d.a Chiesa alborato di Celzi, ed altri alberi fruttiferi.
Pesi
Messa Cant.a nel giorno della Festa d. 50
per il Jus visitae d. 25
per il Jus quinquennale d. 20
D. Dom.o Rocca Rett.e ho fatto scriv.e la p(rese)nte Platea / per mano dell’infratto Reg. Not.o Ant.o Fanele, ed in fede p.a Policastro / la prima Gennaio 1728.”.[xxix]
Ultimi documenti
La relazione vescovile del 1765 ribadisce che, la chiesa di “Sanctae Mariae Gratiarum”, con un solo altare, dove si trovava eretto un beneficio sotto lo stesso titolo, era retta da D. Cesare Rocca che la possedeva.[xxx] Lo stesso D. Cesare reggeva e possedeva anche la “Ecclesia Santae Mariae de Succursu” posta “Extra moenia”, dove, similmente alla precedente, si trovava eretto un beneficio sotto lo stesso titolo.[xxxi]
Ritroviamo i due benefici nella “Platea di tutti i Benefici Semplici, tanto Eccl(esiasti)ci quanto di Juspatronato laicale fondati in questa Città, e Diocesi di S.a Sev.a” (1788), dove, elencati tra quelli di “Policastro”, risultano “Il Semplice Eccl(esiasti)co Beneficio sotto il tit.o di S.a M.a delle Grazie” ed “Il Semplice Eccl(esiasti)co Beneficio sotto il tit.o di S.a M.a del Soccorso”.[xxxii] Sulla base della platea del 1728, conservata presso l’archivio arcivescovile di Santa Severina, la documentazione successiva (1794), elenca le rendite ed i pesi relativi ai due benefici.[xxxiii]
Successivamente non troviamo altre notizie, segnale che entrambe le chiese andarono dirute a seguito del sisma del 1783,[xxxiv] mentre, sempre al tempo della Cassa Sacra, un atto del 2 agosto 1790 menziona i “Luoghi e Terreni d’affittarsi del vacante Benef.o di S. M.a del Soccorso”, ovvero solo “un ortale circondato di armacero attaccato all’istessa Chiesa”.[xxxv]
Note
[i] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 16B.
[ii] Tale vicinanza è evidenzia anche dal Mannarino agli inizi del Seicento: “La seconda Parocchia alla parte più infine, ed’orientale, è l’abbadia di Santo Pietro, à cui van congionte l’altre due contigue della Sinagoga, e di Santa Maria delle Grazie, situate nella Chiesa di Santa Caterina non più la vecchia diruta, ma la nuova redificata dà fondamenti …”. Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[iii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro Policastro, Busta 78 prot. 286, ff. 53-53v, 103-104, 130-130v, 139v-140, 205v-206v, 217-217v, 227-227v; Busta 78 prot. 287, ff. 118v-119, 119v-120, 160-161, 146v-147, 168-168v, 185-185v; Busta 78 prot. 288, ff. 016-017, 050v-051v, 071v-072, 073-074, 086v-087v; Busta 78 prot. 289, ff. 020-020v; Busta 78 prot. 291, ff. 006v-007; ff. 086-086v; Busta 79 prot. 294, ff. 055v-056v; Busta 79 prot. 296, ff. 166v-168; Busta 79 prot. 297, ff. s.n., 020v-021, 042-042v, 042v-043v, 046-046v, 090v-091, 156v-157, 160-161, 161-161v, 174-175, 175-175v; Busta 80 prot. 301, ff. 003-003v, 038-039v, 140v-142; Busta 80 prot. 302, ff. 034v-036; Busta 80 prot. 304, ff. 063-064, 066v-068; Busta 80 prot. 305, ff. 007-008; 008-009, 105v-106v; ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81 ff. 9-10. ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 801, ff. 017-018v, 036-036v, 074-075v, 078-079v, 115-117, 121v-123; Busta 182 prot. 802, ff. 032v-034v, 072v-073v, 102-104; Busta 182 prot. 803, ff. 079v-080v; Busta 182 prot. 804, ff. 016v-018v, 155v-158; ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 874, ff. 058-059; Busta 196 prot. 875, ff. 080v-082; Busta 196 prot. 876, ff. 007v-009; Busta 196 prot. 878, ff. 084v-085.
[iv] 19.05.1605. Tra i beni della dote di Polita de Simmari che andava sposa a Prospero Grigoraci della terra di Stilo, ma al presente abitante in Policastro, si menziona una casa palaziata posta dentro la terra di Policastro “Confine la chiesa di santa maria della gr(azi)a” la casa di Gio: Baptista Natale e la via pubblica da due lati. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 103-104. 15.01.1617. Davanti al notaro si costituivano Polita de Simmari, vedova del quondam Prospero Grigoraci, assieme a Berardo Vecchio, per la stipula dei capitoli relativi al loro matrimonio. Apparteneva alla dote una casa palaziata posta dentro la terra di Policastro, nel convicino della chiesa di “santa maria della gr(ati)a”, confine la casa di Gio: Battista Natale, la via pubblica da due parti ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 291, ff. 006v-007). 16.11.1642. Alla dote di Beatrice Juliano “Virginis in capillo”, figlia di Paulino Juliano, che andava sposa a Jo: Dominico Cavallo, apparteneva la casa palaziata posta dentro la terra di Policastro, nel convicino di “Santa Maria la gratia”, confine le case di Cola Prospero, la casa di Ippolita de Sinbari ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 801, ff. 115-117). 16.01.1643. Tra i beni che erano appartenuti al quondam Jo: Baptista Natale, troviamo una casa che attualmente possedeva Gio: Domenico Natale e nella quale abitava Paulino Juliano, posta nel convicino di “Santo Pietro”, confine Polita de Simbari, Cola Prospero e Gio: Gregorio Cerasario, via mediante (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 802, ff. 011v-021v). 14.11.1655. Davanti al notaro comparivano Andrea Juliano e la vedova Vittoria de Pace, per la stipula dei capitoli relativi al loro matrimonio. Paulino Juliano, padre del futuro sposo, gli donava la casa posta nella terra di Policastro nel convicino della chiesa parrocchiale di “S.to Pietro”, confine la casa degli eredi di Fabritio Piccolo, la casa degli eredi di Ippolita de Simbari, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 191-193v).
[v] 13.09.1605. Hijeronimo de Maijda e sua figlia Dianora de Maijda, vendono con il patto di retrovendita a Joannes Ber.no Petralia, una “domum terranam” posta dentro la terra di Policastro “in convicino ecclesie s.te Mariae gratiae iusta Casalenum mediante ditte ecclesie viam publicam duobus lateribus” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 130-130v). 06.10.1605. Joannes Ber.no Petralia, avendo acquistato con il patto di retrovendita da Hijeronimo de Maijda “alias lo mantuto” e da sua figlia Dianora de Maijda, una “domum terranam” posta dentro la terra di Policastro, “in Convicino ecclesie sante Marie gratie”, confinante da due lati con la via pubblica ed altri fini, per il prezzo di ducati quindici, riceve la restituzione di detta somma e restituisce la casa ai de Maijda (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 139v-140). 24.06.1613. Davanti al notaro ed al cospetto del parroco, compaiono Hijeronimo de Maijda “alias lo mantuto” e Joannes Andrea delo Moijo, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra il detto Joannes Andrea e Dianora de Maijda, figlia del detto Hijeronimo. Della dote faceva parte una “casa terranea con Camera Contigua”, posta dentro la terra di Policastro nel convicino della chiesa di “santa Maria della gr(ati)a”, confine il casalino novo che al presente fabbricava il detto Gerolimo, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 288, ff. 086v-087v). 23.01.1622. Negli anni passati, in contemplazione del loro matrimonio, Hijeronimo de Maijda “alias lo mantuto”, aveva promesso ai coniugi Andria Lomoijo e Dianora di Maijda, figlia del detto Gerolimo, 12 onze in monete d’argento. Al presente, il detto Gerolimo assegnava ai detti coniugi, tra l’altro: la casa con camera terranea posta dentro la terra di Policastro nel convicino di “Santo Pietro”, confine “lo casalino novo” di detto Gerolimo “et le mura di Santa maria la gratia”, la via pubblica da due parti ed altri fini. Il detto Andrea concedeva al detto Gerolimo ed a Paulo de Maijda suo figlio, di fabbricare sopra il muro e la camera predetti, alzandoli a loro piacere cosi da fare “fundere le fusa di detto casalino novo”, “purchè non venghi corsune seu Canaletta allo muro di detta Casa, et Camera” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294, ff. 007v-008v).
[vi] 08.10.1623. Davanti al notaro comparivano Caterina Popaianni, vedova del quondam Vespesiano Pantisano, assieme a Joannes Fran.co Callea, per la stipula dei capitoli relativi al loro matrimonio. Appartenevano alla dote una casa palaziata con casalino contiguo, posta dentro la terra di Policastro nella parrocchia di “santo Petro”, confine i casalini del quondam Ferrante Cerasaro, la via pubblica ed altri fini, assieme alla metà del “trapito” che essa deteneva in comune con suo fratello Vespesiano Popaianni, posto dentro la terra di Policastro confine Blasio Rizza ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294, ff. 110-111). 26.05.1634 Davanti al notaro comparivano Caterina Popaijanni, vedova del quondam Fran.co Callea, assieme a Nardo Arenda, figlio di Joannes Simone Arenda, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Leonardo e Joannella Callea, figlia di detta Caterina. Appartenevano alla dote la meta della “Casa, et trappito” posta dentro la terra di Policastro nel convicino di “santo petro”, confine la casa di Blasio Rizza, Gerolimo Amannito ed altri fini, mentre l’altra metà di detto “trappito” restava per i figli del quondam Vespesiano Popaijanni (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 301, ff. 078v-080v). 02.01.1637. Davanti al notaro comparivano il Cl.co Leonardo Arenda, marito di Joannella Callea, assieme a Caterina Popaijanni. Negli anni passati, detta Caterina, madre di detta Joannella, aveva promesso in dote ai detti coniugi diversi beni. All’attualità, adempiando alla sua promessa, consegnava loro, tra l’altro, la metà di una casa terranea “con trappito”, di cui l’altra metà rimaneva ai figli ed eredi del quondam Vespesiano Popaijanni, posta dentro la terra di Policastro nel convicino di “santo Petro”, confine la casa di Blasio Rizza, le “[rip]e ditte delle Catarrate” e la via convicinale (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 304, ff. 001-002). 06.03.1646. Su richiesta di Blasio Ritia, il notaro si porta nella sua casa posta dentro la terra di Policastro, nel convicino della chiesa parrocchiale di “S.ti Petri”, “iusta Ecc.am S.tae Mariae de gratiae”, vinella mediante, la via pubblica ed altri fini, per stipulare il suo testamento. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 084v-087. 25.11.1647. Davanti al notaro comparivano Gio: Dom.co Lomoio, con il consenso di suo padre Andrea Lomoio, assieme a Paulo e Laura de Maijda, padre e figlia, anche per parte di Gio: Dom.co Scandale, marito di detta Laura. I detti Paulo e Laura asserivano che, negli anni passati, Santo Lomoio, fratello di detto Gio: Dom.co e figlio di detto Andrea, aveva donato a detta Laura la metà di una casa posta dentro la terra di Policastro, nella parrocchia di “S.to Pietro”, confine la casa di Blasio Rizza, “muro coniuncto”, la casa di Antonio Caputo, via pubblica mediante, la casa di S.ta Maria “la gratia”, “dalla parte di sop.a”, vinella mediante, la via pubblica, “dalla parte di sop.a” ed altri fini, assieme ad altri beni. Tali beni spettavano a Santo Faraco, come figlio ed erede della quondam Dianora de Maijda, mentre il detto Andrea Lomoio ne aveva l’usufrutto vita natural durante. La situazione aveva generato lite tra le parti che, all’attualità erano giunte ad un accordo. La detta Laura ed il detto Paulo, cedevano in feneficio di detto Gio: Dom.co la detta donazione dei detti beni, mentre il detto Gio: Dom.co s’impegnava a pagare ducati 13 e ½ al detto Paulo (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 874, ff. 103-106v). 06.09.1655. Testamento di Agostina Jerardo, moglie di Blasio Ritia, rogato nella sua domus posta dentro la terra di Policastro, nel convicino della chiesa parrocchiale di “S.ti Petri” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 131v-132v).
[vii] 15.09.1630. Antonino Gatto vendeva a Francisco Marchise la “Cameram palatiatam” muro congiunto con un’altra domus “magna” di detto Antonino, posta dentro la terra di Policastro nel convicino di S.ta Maria “gratiarum”, confine i “Casalenos” appartenuti al quondam Joannes Dom.co Sacco “et valonnem magnum dittum la iudeca” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 160-161).
[viii] 09 agosto 1644. Catharina, Julia e Feliciana Caruso, vendevano a Simione Lomoio il “Casalenum” che gli era pervenuto dall’eredità di Hijeronimo Ammannito loro padre, posto nella terra di Policastro “in Convicinio Sanctae Mariae Gratiarum Ecclesiae ad p(raese)ns Parochialis in loco Sancti Petri deruti in loco ubi dicitur la timpa delli Napoli”, confine la domus di Marco Maltise “muro coniuncto”, la domus di detto Simionis via mediante ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 803, ff. 079v-080v).
[ix] 10.01.1618. Joannes Laurentio Cervino, essendo debitore nei confronti della chiesa di “sante Marie gratie”, per un annuo censo di carlini 15 infisso sopra la sua vigna di “gorrufi” “ditta la fossa”, lasciato dal quondam D. Gio: Battista Cansoneri per la celebrazione di una ebdommada, mentre erano decorsi circa nove anni senza che fossero effettuati i relativi pagamenti che assommavano a ducati 13 e ½, e non avendo modo di pagare, cedeva alla detta chiesa, nelle mani del suo procuratore D. Ottavio Vitetta, “uno palazzetto” posto dentro la terra di Policastro, confine la casa di Gio: Petro Legname e le altre case di detto Gio: Laurenzo, la via pubblica ed altri fini, che si intendeva “l’airo di sopra et sotto con la scala fabricatizza”, con il patto di poterlo riscattare alla scadenza d’agosto e non in altro tempo (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 291, ff. 077v-078v).
18.10.1621. Joannes Laurentio Cervino vendeva al presbitero D. Joannes Baptista Favari, la casa palaziata consistente in due membri e un casalino dalla parte di sotto, confine le case di Gio: Thomaso Lamanno, il casalino di detto Gio: Thomaso, la casa di Gio: Petro Spinello, la via convicinale ed altri fini, esclusa la “Camera nova” che detto Joannes Laurentio aveva fabbricato dalla parte di sopra e che aveva venduto alla chiesa della Madonna della Gratia (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 293, ff. 073-074v).
13.11.1622. Oratio, il Cl.o Marcello e Jacobo Cervino, asserivano che, negli anni passati, il quondam Joannes Fran.cus Cervino, loro padre, aveva acquistato ad annuo censo da Joannes Dom.co Sacco, la “Continentiam Casalenorum cun orto” posta dentro la terra di Policastro nel convicino di S.ta Maria “la gratia”, confina la domus di detta chiesa, la via pubblica ed altri fini. Avendo rinunciato all’eredità paterna, i detti de Cervino dichiaravano di non volere pagare il detto censo. Il detto Joanne Dom.co, rientrato così in possesso del bene, lo vendeva ad annuo censo ad Antonino Gatto. (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294, ff. 055v-056v).
04.05.1629. Thoma Lamanno “alias ucciuccarello”, vendeva al C. Ottavio Vitetta, procuratore della chiesa di S.ta Maria “gratiarum”, 2 “Casalenos” “sine signo muri”, posti dentro la terra di Policastro nel convicino della detta chiesa, confine un’altra domus della detta chiesa, i “casalenos” del quondam Joannes Dom.co Sacco che al presente possedeva Antonino Gatto, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 020v-021).
25.11.1647. Attraverso una donazione fatta negli anni passati, Laura de Maijda possedeva la metà di una casa posta dentro la terra di Policastro nella parrocchia di “S.to Pietro”, confine la casa di Blasio Rizza “muro coniuncto”, la casa di Antonio Caputo, via pubblica mediante, la casa di S.ta Maria “la gratia” “dalla parte di sop.a,” vinella mediante, la via pubblica “dalla parte di sop.a” ed altri fini (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 874, ff. 103-106v).
01.12.1653. Gio: Andrea Sacco, al presente “habitante” nella terra di Mesuraca, vendeva a Gianne Jerardo, padre di Lucretia di Policastro nipote del detto Gio : Andrea, “due Casalena dirute cum uno horticello” posti dentro la terra di Policastro, nel convicno della chiesa di S.ta Maria “la gratia”, confine le case di detta chiesa, le case di Fran.co Papaianni, “la via che si và alla Porta della Giudeca” ed altri fini, mentre l’orto confinava con la casa di Andrea Rocciolillo, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 084v-085).
[x] 20.12.1625. Pre consentirgli di prendere gli ordini sacri, D. Joannes Baptista Favari donava al C. Joannes Baptista Pollaci, un “vignale arborato di celsi” o “ortale di celsi”, loco detto “lo ringo”, con il patto che, dopo la morte del Favari, il detto Pollaci avrebbe dovuto far celebrare una messa la settimana nella chiesa di S.ta Maria “la gratia”. Rimaneva pattuito che, dopo la morte del Pollaci, l’ortale sarebbe rimasto alla detta chiesa in ragione dei ducati 50 che gli erano stati prestati dal C. Ottavio Vitetta, procuratore di detta chiesa (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 295, ff. 186-186v).
12.10.1634. Gio: Berardino e Gio: Fran.co Accetta, pagavano annui ducati 5 per il servimento di 1 “edonmada” la settimana nella “Clesia” di “Santa Maria la gratia”, che era assegnato dal Cl.o Ottavio Vitetta, procuratore di detta chiesa (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 301, ff. 151-152).
[xi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 185-185v; prot. 289 ff. 020-020v; Busta 182 prot. 803, ff. 079v-080v.
[xii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 042v-043v.
[xiii] ASCZ, Notaio G.M. Guidacciro, Busta 182 prot. 803, ff. 117-118v.
[xiv] ASCZ, Notaio G.M. Guidacciro, Busta 182 prot. 806, ff. 051-052.
[xv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, ff. 020-021.
[xvi] Rende P., Il monastero dei Francescani Riformati di Santa Maria delle Manche di Policastro, in www.archiviostoricocrotone.it
[xvii] Nell’atto si menziona Scipione Curto, procuratore della chiesa del SS.mo Salvatore di Policastro (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 291, ff. 037v-039).
[xviii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 101-102v.
[xix] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37 A.
[xx] 15.11.1647. Negli anni passati, Gio: Thomaso Scandale aveva comprato da Vittoria Rizza, un vignale posto nel loco detto “lo soccurso” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 874, ff. 092-094). 25.09.1654. Gio: Tomas Scandale vendeva al D.r Lutio Venturi, l’annuo censo di carlini 25 per un capitale di ducati 25 sopra alcuni suoi beni, tra cui un vignale loco detto “lo soccurso”. (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 124-126).
[xxi] 20.01.1623. Julia Campana, vedova ed erede del quondam Fabio Caccuri, rinunciava in favore di Gio: Dom.co, Gio: Vittorio e Gio: Fran.co Caccurio, alcuni beni appartenuti al quondam Horatio Caccuri, tra cui la “vignula” posta dentro il territorio di Policastro, loco “sopra santa maria dello soccorso seu chiusella”, confine la vigna di Alfonso Caccurio, “la via publica che si va alla montagna et la via del venerabile monasterio di santa maria le manche”, ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294, ff. 067v-069). 24.07.1623. Joannes Dom.co Caccurio lasciava una ebdomada in perpetuo nell’altare maggiore della chiesa di “Santa maria della olivella”, nominando cappellano D. Gegnacovo de Aquila, fintanto che il chierico Ferrante de Vito non si fosse fatto prete. Per soddisfare tale ebdomada, assegnava la possessione della “la vignola”, confine i beni di Alfonso Caccuri, “et due vie publiche” ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294, ff. 099-099v). 11.01.1624. Davanti al notaro comparivano Joannes Baptista Lanzo e Battista Mazzuca, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Battista e Lucretia Lanzo, figlia di detto Joannes Baptista. Apparteneva alla dote un pezzo di terra loco detto “la fico di luca” “seu chiusella”, territorio di Policastro, confine i beni del quondam Minico Cavarretta, i beni degli eredi del quondam Vespesiano Zupo, “la via che si va alla montagna et la via che si va in santa maria la spina”, ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 295, ff. 005-005v). 18.05.1654. A seguito di un accordo, la vedova Vittoria Richetta, erede del quondam Gio: Dom.co Caccurio, cedeva al R. D. Oratio ed a Carlo Caccuri, la possessione arborata con diversi alberi fruttiferi, posta nel territorio di Policastro dove si dice “sop.a lo soccorso detto la Vignula”, confine i beni che erano stati del quondam Alfonso Caccuri che possedevano Dieco Venturino ed altri, e “le vie publiche l’una, che si và alle Manche, e l’altra alla montagna” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 052-054v).
[xxii] 19.08.1632. Trovandosi indebitato, Vitaliano Larosa, abitante in Policastro, ipotecava le sue terre già gravate di “Camino”, nei confronti di Alfonso Campitello (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 299, ff. 059v-064). 19.08.1632. Con il denaro ricevuto da Alfonso Campitello, Vitaliano Larosa provvedeva ad affrancare l’annuo censo di ducati 5 per un capitale di ducati 50 sopra la sua gabella posta nel territorio di Policastro loco “Camino”, che pagava alla chiesa di S.ta Maria “dello soccurso” in relazione alla celebrazione di 1 ebdommada (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 299, ff. 065v-066v). 20.08.1636. Stefano Capotia asseriva che, negli anni passati, al tempo in cui era e come anche al presente si trovava ad essere, procuratore della venerabile chiesa di Santa Maria “dello soccorso” di Policastro, aveva dato a censo ducati 50 a Vitaliano Larosa al 10 %, sopra le terre di quest’ultimo dette “di Camino”. Successivamente il detto Vitaliano aveva affrancato il censo con una parte del denaro ricevuto da Alfonso Campitello. Non essendosi trovati altri che volessero prendere il detto censo, lo aveva preso lo stesso Stefano, in maniera da provvedere a pagare i cappellani che celebravano le messe. Tale censo era stato infisso sopra le terre di “Santo Cesario”, che detto Stefano deteneva in comune ed indiviso con il dottor Mutio Giordano (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 303, ff. 102v-103v).
[xxiii] 01.06.1629. Nel proprio testamento, il C. Gio: Thomaso Campana lasciava alla “madonna del soccurso” ducati 5 “p(er) riparare detta chiesa” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 036-037v).
[xxiv] 15.05.1642. Anibal Bello donava alla “Venerabilis Ecclesiae Sanctae Mariae nuncupatae dello soccurso” di Policastro e, per essa, al suo procuratore Stefano Capotia, la “vineam” posta “in districtu” di Policastro, loco detto “le chianetta”, nonché la “Domum constructam foris dictam Civitatem in Loco ubi dicitur Lo Salvatore, et proprie secus dictam Ecclesiam”. Si pattuiva che il detto Anibal avrebbe abitato vita natural durante nella casa donata, ricevendo il vitto dal detto procuratore ed impegnadosi in servizi per la detta chiesa (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 801, ff. 094v-096).
[xxv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37 A.
[xxvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37 A.
[xxvii] AASS, Fondo Capitolare, cartella 4D, fasc 3.
[xxviii] AASS, Fondo Capitolare, cartella 4D, fasc 3.
[xxix] AASS, Fondo Capitolare, cartella 4D fasc. 3.
[xxx] “Ecclesia Sanctae Mariae Gratiarum cum unico pariter Altari regitur per R(everen)dum D. Caesarem Rocca, qui possidet. Beneficium sub eodem titulo in ea erectum, et missas ei adnexas celebrat.” ASV, Rel. Lim. Santa Severina, 1765.
[xxxi] “Ecclesia Santae Mariae de Succursu regitur per praed.m D. Caesarem Rocca, qui possidet. Beneficium sub eodem titulo in ea erectum, et de necessariis providet.” ASV, Rel. Lim. Santa Severina, 1765.
[xxxii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 72A.
[xxxiii] “Il Semplice Eccl(esiasti)co Beneficio di S.a M.a delle Grazie possiede un capitale di d. 150 sopra la Gabella di Cucoli confine li Campanari, e Foresta, e sopra Catrivari. Item un altro capitale di d. 50 sopra il q.m D. Vito Giordano. Quale Beneficio fu fondato nell’anno 1667 e d.e Rendite si trovano annotate nella Platea dell’anno 1728. Sistente nella Scansia di Policastro situata in q.o Archivio.” “Il Semplice Eccl(esiasti)co Beneficio di S.a Maria del Soccorso fondato nell’anno stesso 1667 tiene solam.te d.a Rendita. Un Ortalizio attaccato a d.a Chiesa Campestre alborato di Celsi, et altri albori fruttiferi, che s’affitta per quanto si può affittare. Tiene il peso di 4 messe l’anno nelli giorni delli Titulari di S. Biaggio e S.a Appollonia. Come pure il peso della Visita, e Cattedratico. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 72A.
[xxxiv] Per quanto riguarda Santa Maria del Soccorso ne rimane testimonianza esplicita attraverso un atto del 5 febbraio 1791. “Rimase l’affitto dell’Orticello della Chiesa del Soccorso di Policastro inclusa la Chiesetta diruta …”. ASCZ, Cassa Sacra, Atti Vari, Policastro 272/16.
[xxxv] ASCZ, Cassa Sacra, Atti Vari 308/3.
Creato il 23 Ottobre 2017. Ultima modifica: 14 Settembre 2024.