La chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo e la confraternita di Santa Caterina di Policastro
L’esistenza di San Pietro, chiesa parrocchiale posta nella parte medievale dell’abitato di Policastro, il cui titolo ha riferimenti con la latinizzazione del territorio,[i] comincia ad essere documentata durante la prima metà del Cinquecento, quando fu provvista al clerico Iacobello Ferrato (Ferrari ?), per la morte di Andrea Pinelli.[ii] Attorno alla metà del secolo, la chiesa compare nell’elenco dei benefici della diocesi di Santa Severina, che dovevano pagare le decime alla Santa Sede,[iii] e tra quelle di Policastro che dovevano corrispondere all’arcivescovo la quarta beneficiale, come risulta documentato nel “Libro de tutte l’intrate de lo arcivescovado de’ s(a)nta Anastasia”, durante il quadriennio 1545-1548 e nel 1566.[iv]
Risale a questo periodo anche la prima documentazione relativa all’esistenza della confraternita di Santa Caterina che aveva sede nella chiesa di San Pietro, anche se una nuova chiesa dedicata alla Vergine e Martire, era al tempo in costruzione non lontano dalla parrocchiale. “S.ta Chaterina” compare nell’elenco dei benefici della diocesi di Santa Severina che dovevano pagare la decima alla Santa Sede alla metà del Cinquecento,[v] periodo in cui comincia ad essere documentato l’obbligo da parte del rettore e del cappellano di “s(an)te Catherine de policast.o”, di comparire personalmente in occasione del sinodo diocesano, pagando quattro libre di cera a titolo di cattedratico.[vi] Obbligo che risulta documentato durante i sinodi di tutta la seconda metà del secolo.[vii]
La chiesa dei SS. Pietro e Paolo alla metà del Cinquecento
Nel pomeriggio del 9 giugno 1559, il cantore della chiesa di Mileto Giovanni Tommaso Cerasia, vicario dell’arcivescovo di Santa Severina Giovanni Battista Ursini, dopo aver visitato la chiesa di Santa Maria delle Grazie, proseguì la sua visita alle chiese di Policastro, presso la vicina chiesa parrocchiale sotto l’invocazione dei “s.ti Pet.i et pauli” di cui era cappellano D. Jo. Dominico “pet.alia”.
Qui trovò un altare di fabbrica con altare portatile, con tre tovaglie ed un coperimento d’altare, sopra il quale vi era una “Conam magnam” con diverse pitture di santi, che si diceva appartenesse alla confraternita di Santa Caterina. Furono rinvenuti anche una croce d’argento dorata, un messale, un cuscino e due candelabri di legno vecchi. Sopra l’altare era posto un “lintheamen”. L’altare possedeva anche tre calici di peltro con le loro patene, quattro vestimenti sacerdotali di tela completi, tra cui una casula di seta rossa, otto “lintheamina sive Coperim.ta altaris”, vecchi e laceri, un ante altare di tela dipinto, quattro cortine di tela, un ante altare di mayuto, un altro simile di mayuto, venticinque tovaglie tra vecchie e nuove, sette casule di tela ed un cuscino di tela. Nella chiesa erano sistemati “Circum Circa”, alcuni “Scanna” di tavole per poter sedere mentre, “In medio”, vi era la “imago Crucifixi in relevo” con un “panno” nero davanti. La chiesa si presentava “in navi” tutta “intenplata” di tavole.
Fu quindi visitato un altro altare di tavole sotto l’invocazione dei “s.ti pet.i et pauli”, lasciato alla chiesa da D. Antonio Clasidonti ed all’attualità servito da D. Battista de Donato, D. Francesco Canzonerio e D. Hieronimo de Nicotera, dove si trovava la “Cona” con l’immagine della gloriosa Vergine Maria e quella degli apostoli Pietro e Paolo. Dall’altro lato dell’altare maggiore, fu visitato un altro altare sotto l’invocazione dei “s.ti pet.i et pauli” appartenente alla famiglia de Albo, con un altare di fabbrica ed una “Cona” di tela con l’immagine della gloriosa Vergine Maria e quella degli apostoli Pietro e Paolo.
Successivamente il vicario passò a visitare la “Cap.lam” fatta di pietra sotto l’invocazione dei “s.ti pet.i et pauli” della famiglia Farago, dove si trovava un altare di fabbrica con sopra una “Cona magna” in tela, con l’immagine della gloriosa Vergine e dei beati apostoli Pietro e Paolo. I beni di questo altare, già menzionati nell’inventario dell’altare maggiore, erano costituiti da tre tovaglie, un ante altare “depictum Cum mayuto”, un calice con patena di peltro ed un messale. Il vicario ingiunse di provvedere agli ornamenti necessari. Fu quindi rinvenuto un altro altare della chiesa sotto l’invocazione di “s.ti pet.i” pulito e senza ornamenti. Nel campanile vi erano due campane e presso l’altare maggiore si trovava un campanello.
La chiesa di Santa Caterina alla metà del Cinquecento
Proseguendo la sua visita, il vicario si portò nella vicina “ecc.am s.tae Catherinae quae est Confratria”, i cui beni appartenenti alla confraternita, erano già stati precedentemente portati al cospetto del vicario arcivescovile da parte del magister Hieronimo Farago,[viii] ed in considerazione del fatto che “dicta ecc.a est nova”, la trovò parte coperta e parte discoperta, perché era ancora in costruzione. Qui egli rinvenne l’altare maggiore di fabbrica con un ante altare vecchio e con sopra la “imago” raffigurante Santa Caterina “de relevo”, un “quatrum Salvatoris n(ost)ri in Columna positum”, ed un altro vecchissimo con una tovaglia intorno, una croce piccola “de relevo” di stagno, ed un crocefisso “de relevo super tabulas repositum”. Vicino all’altare vi erano alcune travi per poter sedere. Nel campanile vi erano due campane ed un campanello.
Di questa “ecc.a et Confratria” erano cappellani D. Hieronimo de Nicotera, D. Francesco Canzonerio e D. Antonio Zagharia. Entrando dalla “portam maiorem” della chiesa, alla sinistra, si trovava una “Cap.lam” lavorata con cantoni lapidei che aveva principiato a costruire Battista Serra ed il cui altare era servito da D. Ambrosio Rocca. Detta cappella però mancava ancora di tutto il necessario.[ix]
Parroci e rettori
Alla fine del Cinquecento, a seguito della riduzione delle parrocchie di Policastro ed in virtù della sua antichità, la chiesa di San Pietro rimaneva una delle quattro parrocchiali esistenti nella “terra Regia” di Policastro, come ricaviamo dalla relazione del 1589, prodotta dall’arcivescovo di Santa Severina Alfonso Pisani per la Santa Sede.[x] Nel 1591 ne era parroco il presbitero Hijeronimo Campana, carica che, successivamente, fu ricoperta dal presbitero Joannes Dom.co Catanzaro, che ne risultava già in possesso nel febbraio 1604.[xi]
Conseguentemente alla riduzione del numero delle parrocchiali, al posto dell’antica organizzazione cittadina, che ripartiva per famiglia la cura delle anime tra le diverse parrocchie, fu introdotta una nuova ripartizione, stabilita secondo confini territoriali determinati, che dividevano l’abitato tra quelle rimaste. Gli atti dei notari policastresi della prima metà del Seicento, testimoniano infatti che, a partire dagli inizi del secolo, accanto ad un criterio d’identificazione delle abitazioni secondo il loro vicinato (“convicino”) ad una chiesa, o ad un altro elemento caratteristico del luogo, ne comincia a comparire anche uno per confini parrocchiali.[xii] Troviamo, infatti, accanto all’indicazione “in convicino santi petri”, ovvero “in convicinio parrochialis Ecc.e santi Petri”,[xiii] quella che identifica il luogo in “parocchia di santo piedro”.[xiv]
Dopo essere appartenuta a Joannes Thoma Faraco, che risultava essere stato “parocus, et rettor” della chiesa di “Santi Petri” già nel settembre 1616,[xv] troviamo successivamente, che il beneficio relativo alla “parochiali ecclesia S. Petri, terrae Policastri”, fu detenuto da Hieronimo Longo ed, a seguito della morte di quest’ultimo, nel novembre 1624 fu provvisto al clerico Petro Giraldo.[xvi] L’otto settembre 1632, essendo vacante la “Parocchiali Ecclesia tituli sancti Petri Policastrensis nostrae Diocesis”, e volendo intervenire per preservare le anime dei parrocchiani, l’arcivescovo Fausto Caffarelli, come previsto dal Concilio Tridentino, istituiva il presbitero Scipione Callea “Vicarius seu vice Parochum praefatae Parocchialis Ecclesiae”, assegnandogli “pro congrua porzione et substentatione”, “quatuor ducatos in mensem” sulle rendite certe della stessa parrocchiale, oltre a tutti gli “emolumenta incerta”.[xvii] Tra le prime, sappiamo che, al tempo, la chiesa poteva contare sul possesso di un vignale in loco “la salinara seu agrillo”.[xviii]
Il 6 dicembre 1635, alla presenza del R. D. Joannes Fran.co Rocca, vicario foraneo di Policastro, il R. presbitero Scipione Callea era immesso nel possesso della chiesa parrocchiale vacante sotto il titolo di “S.ti petri”, in qualità di parroco e/o curato e rettore,[xix] come lo troviamo in seguito,[xx] quando fu fatto anche protonotaro apostolico.[xxi]
Un luogo di sepoltura
Rispetto alla parrocchiale di San Pietro, per la quale non abbiamo notizia di deposizioni, le sepolture all’interno della chiesa di Santa Caterina, dove si trovava quella dei confrati,[xxii] sono documentate già nei primi anni del Seicento.[xxiii] A quel tempo le due chiese avevano anche una differente consistenza patrimoniale. Attorno alla metà del secolo, San Pietro possedeva solo alcune piccole rendite, derivanti da censi infissi su terreni e case,[xxiv] mentre, rispetto alla difficile situazione economica della parrocchiale, più florida appariva quella della chiesa di Santa Caterina, in ragione dell’esistenza della confraternita. Questa possedeva un vignale in località “gorrufi”,[xxv] un vignale in località “lo molinello”,[xxvi] alcuni beni in loco “le parmenta”[xxvii] ed in loco “lo cinale”,[xxviii] una vigna in loco “le carita”,[xxix] un castagneto in loco “ubi dicitur Castanetum santella”,[xxx] e alcune terre in località detta “la fiomara”, presso il fiume Soleo.[xxxi] La chiesa possedeva anche una grotta a “S.to Dimitri”,[xxxii] oltre ad alcune case[xxxiii] e ad alcuni casaleni[xxxiv] entro le mura di Policastro.
Ad una parte di questi beni, che costituivano la dote patrimoniale della chiesa, si andavano a sommare quelli ricevuti attraverso le donazioni dei fedeli che, in occasione della stipula dei loro testamenti, allo scopo di guadagnarsi l’aldilà, disponevano nei confronti della chiesa lasciti di case,[xxxv] denaro,[xxxvi] e anche animali.[xxxvii]
Allo scopo di fornirne un esempio, riferiamo il contenuto del testamento del frate Marco Mingaccio della terra di Caccuri, stipulato il giorno di Natale del 1604, nella sacrestia della chiesa di Santa Caterina dove questi si trovava infermo. In questo atto, il frate disponeva di essere seppellito nella chiesa di Santa Caterina, lasciando erede di tutti i suoi beni la stessa chiesa, con il patto però che, entro sei mesi dalla sua morte, il procuratore di Santa Caterina avrebbe dovuto far realizzare una cappella “nel muro della parte delorto in questo modo videlicet sopra la cappella delli heredi del q.m Ant.no Campana che sta vicino le campane che vengha al dritto di mezo lo arco et per fattura et accomodam.to di detta Cappella ci lascia docati dece”. Altri quattro ducati li lasciava affinchè fosse detta una ebdommada la settimana in perpetuo per la sua anima in detta cappella costruenda. Disponeva che non facendosi la cappella entro il tempo stabilito, succedesse nel legato la chiesa dell’Annunziata Nova di Policastro, i cui procuratori avrebbero dovuto avere pensiero di costruire la cappella nella detta chiesa “dove alloro piacerà”.[xxxviii]
In genere, i beni oggetto di questi lasciti erano rapidamente posti all’incanto e venduti,[xxxix] o anche permutati.[xl] Nel caso di queste vendite, su tali beni rimaneva infisso il censo stabilito al momento dell’incanto.[xli] Il denaro ottenuto in questo modo era investito sul mercato creditizio locale da parte di procuratori[xlii] cui erano affidata la gestione degli affari della confraternita che, similmente ad altri enti ecclesistici di Policastro, erano eletti annualmente con il beneplacito dell’arcivescovo. Durante la prima metà del Seicento, ricoprirono questa carica: Joannes Baptista Rocca (1605),[xliii] Joannes Palatio (1606),[xliv] Gregorio Bruna (1607, 1608),[xlv] Joannes Pettinato (1620),[xlvi] Julio Berricello (1644)[xlvii] e Salvatore Desiderio (1647, 1648).[xlviii]
L’altare di Santa Maria del Carmine
Risale ai primi anni del Seicento, l’erezione di un altare dedicato alla Madonna nel Carmine nella chiesa di Santa Caterina. Nel proprio testamento del primo aprile 1606, Michele Arcomanno stabiliva che, dopo la sua morte, dovesse essere seppellito “nella venerabile chiesa di santa Caterina”, alla quale lasciava la possessione loco ditto “la fiomara”, con il peso di doversi celebrare una messa per ogni hebdommada, “sullo altare costruendo per detta chiesa sullo loco vicino la sepultura fatta per esso testatore”. Per la costruzione di questo altare lasciava alla chiesa la metà dei 12 ducati che gli doveva Agostino Cavarretta “nella ricolta p.a”. Lasciava ancora alla detta chiesa, un “quatro” per la costruenda cappella con l’immagine di Santa Maria del Carmine che deteneva in casa. Nominava propri eredi universali e particolari di tutte le sue robbe mobili e stabili, i figli Gio. Francesco e Giulia Arcomanno disponendo che, morendo costoro senza eredi, gli dovesse succedere la chiesa di Santa Caterina.[xlix]
L’otto dicembre 1608, il “frater” Gregorio “de ordine osservantie de terre policastri”, donava a sua sorella, “soro” Elisabetta Musitano della terra di Cutro, tutti i beni che gli spettano, sia da parte materna che paterna. Tale donazione avveniva con il patto che 6 ducati fossero dati alla chiesa di Santa Caterina di Policastro, da applicarsi nella “congregatione, et benefitio di detta chiesa”, somma che avrebbero dovuto esigere il chierico Marco Ant.o Guarano e Gio. Paulo Larosa, da impiegarsi “per far venire le bulle della madonna del Carmine con declaratione che la ditta soro Elisabetta sia patrona di detta donatione”.[l]
Il 22 luglio 1616, Camilla Fimia, considerato che da molti anni, il quondam Mattio de Falco suo marito, era creditore nei confronti di Troijano de Mauro e della moglie Dianora Campana, per la somma di ducati 5, ne faceva donazione alla cappella della “madonna del Carmino”, posta dentro la chiesa di Santa Caterina, affinchè fossero spesi per la riparazione della cappella, in beneficio della sua anima e di quella del marito.[li]
I necessari ripari
A dispetto della sua recente costruzione, la chiesa di Santa Caterina risultava bisognosa di ripari già nella prima metà del Seicento. Il 30 settembre 1630, Gio. Fran.co Mendolara, procuratore di Santa Caterina, asseriva che, “stando la chiesa p(raedi)tta per cascare per causa che se ritrova infracidita la ligname della Coverta”, con l’intervento dei confrati, aveva dato memoriale all’arcivescovo di Santa Severina, per poter utilizzare i ducati 55 lasciati dal quondam Angilo Cropanise, spendendoli così in riparo di detta chiesa, ma mantenendo comunque l’obbligo di servire in perpetuo l’ebdommada per l’anima di detto donatore.
Allo scopo, già precedentemente, i “fratelli” si erano congregati il 10 settembre di quell’anno, “ad sonum Campane”, nella detta chiesa di Santa Caterina, dove, alla presenza del R. vicario D. Joannes Fran.co Rocca e del “R.do arcipreite Cappellano”, furono presenti: D. Parise Ganguzza, D. Gio. And.a Romano, D. Gio. Thomaso Caccurio, D. Peleo Scigliano, C. Fortunato Larosa, dottor Marco Ant.o Guarano, Gio. Laurenzo Corigliano, Gio. Vittorio Fanele, not.r Gio. Battista Guidacciro, Cl.o Gio. Battista Serra, Fran.co Nigro, Giulio Verricello, Gio. Dom.co Campana, C. Gerolimo Mendolara, Fran.co Tronga, Stefano Capozza, Gio. Mattio Cavarretta, Ferrante de Vito, Jacinto Misiano, Santo Mascaro, And.a Giordano ed il Cl.o Scipione Tronga.
In quella occasione, i detti confrati avevano deciso di dare ad annuo censo il detto capitale al Cl.o coniugato Livio Zurlo, “Confrate, et priore” della detta chiesa e confraternita, obbligandolo sopra i frutti delli “Celsi della vasilea e delle Castagneta della montagna”, e di tutti gli altri beni della detta chiesa e della confraternita. Successivamente, però, il detto Cl.o Livio Zurlo era morto. Il 30 settembre 1630, “gia che hora si sta fatigando, a far servitio ad essa chiesa”, “ed è nicessario soccorrere li mastri fabricatori, et altri che attendano alla detta opera”, i confrati erano stati nuovamente congregati davanti alla chiesa matrice, decidendo di eleggere D. Parise Ganguzza al posto del detto Livio Zurlo.
In questa nuova occasione, furono presenti: il sig.r vicario foraneo D. Gio. Fran.co Rocca, il sig.r Marcello Leusi, il signor Marco Ant.o Guarano, D. Santo de Pace, not.r Jacinto Richetta, Gio. Battista Pinello, Gregorio Bruna, Antonino Gatto, Jacovo Larosa, D. Gio. And.a Romano, D. Peleo Scigliano, Petro di Ercole, Scipione Romano, Gerolimo Romano, Gio. Dom.co Falcune, Gio. Vittorio Accetta, Gio. Paulo Caruso, Gio. Dom.co Campana, Mutio Scoro, Gio. Thomaso Tronga e Gio. Battista Ijerardo. I beni obbligati furono: “li celsi” detti “la vasilea”, confine i beni di notar Jacinto Richetta, i beni di Gio. Laurenzo Corigliano ed altri fini, e “uno Castagneto” posto nella “montagna di detta Citta”, confine “lo Castagnito” di S.ta Maria “la spina”, “ditto lo Castagnito di Napoli”, con il patto che il detto procuratore avrebbe dovuto utilizzare gli annui ducati 5 per il servimento di detta ebdommada in perpetuo, nell’altare della “nostra donna dela Carmino” posto dentro la chiesa di Santa Caterina.[lii]
L’esistenza di un altare dedicato alla Madonna del Carmine nella chiesa di Santa Caterina, risulta documentato ancora qualche anno dopo quando, in un atto del 15 gennaio 1639 si menzionano i beni di “Sante Marie Carminis”.[liii]
Il luogo detto “la basilea” in convicino di Santa Caterina
L’esistenza di una parte dell’abitato di Policastro posto all’interno delle mura, identificato in qualità di “Convicino s.tae Caterinae”, ovvero di “convicino Ecclesie sante Caterine”, in relazione alla vicinanza della chiesa di Santa Caterina, comincia ad essere documentato già nei primissimi anni del Seicento.[liv] In questo periodo risulta che la chiesa di Santa Caterina si trovava nel luogo detto “la vasilea”, o “la basilea”.
Un atto del 9 agosto 1613, testimonia infatti, che le case di Francisco Commeriati, poste dentro la terra di Policastro, confinavano con la chiesa di Santa Caterina, l’orto di Fran.co Paudari ed i “sicomos” di Petro Paulo Serra “ubi dicitur la vasilea”,[lv] toponimo correlato all’esistenza in questo luogo del vallone “dittus la vasilea”.[lvi] La vicinanza della chiesa alle “mura della Citta ditte similm.te la vasilea”, come ricorda anche il Mannarino agli inizi del Settecento,[lvii] è testimoniata anche da altri documenti degli inizi del Seicento,[lviii] che evidenziano qui anche l’esistenza dell’orto della chiesa, costituito dai “Celsi della vasilea”, ovvero “li celsi” detti “la vasilea”,[lix] posti nelle vicinanze delle rupi, dei valloni e dei fossi che proteggevano questo settore della cinta muraria.[lx]
Sempre durante questo periodo, precedente agli eventi sismici che interessarono la Calabria centro-settentrionale a cominciare dal 27 marzo del 1638,[lxi] proseguendo fino alle scosse verificatesi nella notte tra i giorni 8 e 9 del mese di giugno dello stesso anno, i documenti evidenziano, invece, che la chiesa di San Pietro era vicina alle case del magister Filippo Schipano. Tra queste, sappiamo che quella definita “magna”, confinava con l’orto della venerabile chiesa di “Santi Petri”, dalla parte inferiore, con la domus di Leonardo Accetta, la via pubblica ed altri fini.[lxii]
La chiesa “nova” di Santa Caterina
Dopo gl’ingenti danni causati dal terremoto del 1638, quando l’abitato di Policastro fu distrutto “dalle fondamenta”,[lxiii] risultando il centro più colpito tra quelli vicini, con 353 edifici rimasti abbattuti,[lxiv] le funzioni parrocchiali di San Pietro furono temporaneamente ricoperte dalla vicina chiesa di Santa Maria delle Grazie,[lxv] mentre quella di Santa Caterina fu adattata in una “barracca”, realizzata vicino ai ruderi rimasti della vecchia chiesa.[lxvi]
Successivamente, “in convicinio Sancti Petri deruti”, ovvero sul luogo in cui era precedentemente esistita la chiesa di San Pietro, anche grazie ai lasciti dei fedeli devoti,[lxvii] fu edificata una nuova chiesa dedicata a Santa Caterina,[lxviii] vicino alla domus di Philippo Schipani,[lxix] all’interno della quale fu eretto un nuovo altare per assolvere alle funzioni parrocchiali della chiesa di San Pietro. In relazione a ciò il luogo risulta individuato in qualità di “convicinio” della nuova chiesa di Santa Caterina già in un atto del 1645,[lxx] mentre, cominciando dal sinodo del 1646, rispetto all’originario censo che la chiesa di “S. Catherinae t(er)rae Polic.i” corrispondeva all’arcivescovo di Santa Severina a titolo di cattedratico, in occasione del sinodo di Santa Anastasia,[lxxi] comincia ad essere documentato il pagamento di un nuovo censo commisurato in tre libre di cera.[lxxii]
Anche relativamente alla parrocchiale, possiamo riscontrare un differente pagamento dovuto dal “Capellano di S.to Pietro” all’arcivescovo a titolo di quarta beneficiale. Troviamo così che, rispetto alla somma di ducati 4.4.0 che questi pagava anticamente e precedentemente al sisma del 1638, come risulta ancora dall’“Introito di danari essatti dal Rev.do D. Marco Clarà delle rendite della Mensa Arciv.le” (1630), successivamente passò a pagare ducati 6, come compare relativamente alle annualità dei pagamenti degli anni 1654 e 1655.[lxxiii]
Sotto Santa Caterina
Nel luogo sottostante le rupi su cui era esistita la vecchia chiesa di Santa Caterina, detto “sotto la rupa di S. Catarina”,[lxxiv] o più diffusamente “sotto santa Caterina”,[lxxv] esistevano vigne, vignali e possessioni, limitate con muragli di pietra[lxxvi] ed arborate con olivi, oleastri, viti, gelsi, fichi, mandorli, agrumi e melograni, ma anche “Cerse”, “et aliarum arborum fruttiferorum”. Luogo che continuò ad essere appellato in questo modo anche dopo il terremoto del 1638,[lxxvii] quando la chiesa di Santa Caterina fu riedificata nel luogo dove era esistita quella di San Pietro.
Da questo luogo in cui era esistita la vecchia chiesa di Santa Caterina, la via che discendeva dalla porta di Policastro detta la “Porta di Santa Caterina”, ingresso della terra rivolto verso oriente e posto “lungo le mura di quel vecchio Tempio, ad’essa Santa Vergine, e Martire consegrato”,[lxxviii] giungeva nel luogo detto “sotto santa Caterina alias lo piro”,[lxxix] dove si trovava “la cona” e dove, da questa via che conduceva a “salumune”, località esistente presso il corso del fiume Soleo,[lxxx] si diramava quella che giungeva ai mulini detti “de iuso”, ovvero “de abascio”,[lxxxi] posti sempre in loco detto “sotto santa Catherina”.[lxxxii] Sottostante le rupi di Santa Caterina, si trovava anche la località chiamata “cimicicchio”,[lxxxiii] che si estendeva sotto “la rupe di s.ta Caterina, et porta della Judeca”,[lxxxiv] confinando con le timpe “de Napoli, de Sancta Catharina” e la via pubblica che conduceva all’acquaro dei detti mulini.[lxxxv]
La visita del Falabella
Il 5 ottobre 1660, dopo aver visitato la chiesa sotto l’invocazione di “S. Jacobi” posta “à parte superiori dicti oppidi”, l’arcivescovo proseguì la sua visita presso la chiesa di “S.tae Catherinae Virginis et Martiris sub regimine Confratruum edificatam à latere dextro in parte inferiori dicti oppidi”. Entrato nella chiesa, l’arcivescovo visitò l’altare maggiore, sito dalla parte settentrionale dell’edificio e lo rinvenne coperto con un pallio di seta bianca, corredato con sei candelabri di legno e con gli altri ornamenti necessari. Sopra il detto altare si trovava la “statua ex stucco” dorata di Santa Caterina. L’arcivescovo ordinò ai confrati che, da parte dei procuratori che avevano tenuto l’amministrazione, fossero esibi i conti relativi all’ultimo decennio.
La chiesa aveva l’onere di celebrare otto messe per ogni hebdommada: due in favore delle anime detenute in purgatorio, per legato del Rev.s D. Joanne Baptista Favaro, una per l’anima di Michaele Arcomanno, un’altra per le anime di Decio Blasco e Petro Paulo Durso, un’altra per l’anima del quondam Angelo Cropanese, un’altra per l’anima di Joannes Battista Serra, un’altra per l’anima di Vespesiano Blasco, trenta messe all’anno per l’anima di Fran.co Antonio Blasco ed un’altra hebdommada per l’anima del quondam Fran.co Antonio Salerno.
L’arcivescovo visitò la sacrestia “seu Chorum” dove furono rinvenuti: quattro “Albas”, sei casule “seu Planeta” di seta di diversi colori, di cui due di colore bianco e due nere che, rinvenute lacere, furono mandate a rammendare e l’arcivescovo ordinò di non usarle. Considerata la mancanza di “amictis”, l’arcivescovo comandò di provvedere, reperendone due nuovi da benedire entro il termine di un mese. Egli trovò anche due messali e tre calici con il piede di ottone e vertice d’argento dorato, di cui due mancanti di patena, ed ordinò di provvedere la chiesa di due nuove patene entro il termine di due mesi. Il pavimento del coro si presentava “effossum”, per cui l’arcivescovo comandò di livellarlo e di fare delle aperture entro due mesi.
Quindi l’arcivescovo visitò la “Capellam” “sub regimine Confratruum eiusdem Ecc.ae S. Catharinae”, sotto l’invocazione di “S. M. de Montis Carmeli”, posta alla destra dell’altare maggiore. Qui egli trovò l’altare coperto da un pallio di tela dipinta con l’immagine della stessa B.M.V., tre tovaglie, “Carta Secretorum”, crocifisso, due candelabri “auro celatis” e “Lapide Sacrato”, che il presule comandò di livellare e modificare nel predetto altare affinchè non sporgesse in alto. L’arcivescovo visitò la sepoltura che trovò sporgere dal pavimento e comandò di eguagliarla al piano del pavimento entro il termine di due mesi ed altrimenti, passato questo tempo, di non procedere più a seppellire. Il “Pavimentum” fu trovato ben disposto ed il tetto coperto da “tegulis”, ma entrambe le porte piccole furono rinvenute rotte, così l’arcivescovo ordinò di rifarle nuovamente con “tabulis castaneis”.
A questo punto della visita comparve il Rev.s D. Scipio Callea, parroco della chiesa di “S. Petri”, asserendo che la predetta chiesa di Santa Caterina era stata edificata “in Solo Ecc.ae dirutae Parochialis S. Petri cum eiusdem lapidibus et alijs materialibus”, in forza del decreto emanato da parte dell’arcivescovo Fausto Caffarelli durante la sua visita in data 26 ottobre 1641, senza pregiudizi per i diritti della mensa arcivescovile di Santa Severina e della chiesa parrocchiale. In relazione a ciò, all’interno della chiesa di Santa Caterina era stato edificato un altare in onore di San Pietro con l’immagine dello stesso santo che, al presente, si osservava alla destra dell’altare maggiore, dove si esercitavano tutte le funzioni parrocchiali della chiesa di San Pietro. Presso tale altare che era provvisto di tutto il necessario, erano ascoltate le confessioni, era impartita la dottrina cristiana durante i giorni festivi, erano pubblicati i matrimoni ed, in genere, si faceva tutto ciò che, nel passato, era stato fatto nella chiesa di San Pietro, “prius quam dicta Ecc.a S. Petri fuisset diruta à terraemotu”.
L’arcivescovo comandò che l’altare venisse edificato entro due mesi, alla sinistra dell’altare maggiore, “in medio fornicis” ed a cospetto di quello di Santa Maria di Monte Carmelo, provvedendolo di tutto il necessario, in maniera da potervi celebrare in occasione della prossima festa di Natale. Considerato poi che vi erano due “Campanualae” appartenute alla parrocchiale di San Pietro, l’arcivescovo ordinò che, assieme ad altro metallo sufficiente, queste fossero fuse per realizzare una nuova “Campanam maioris magnitudinis”, da utilizzare tanto per le funzioni parrocchiali che per quelle della confraternita. Considerato poi che nella chiesa non vi era una sedia confessionale, fu comandato al parroco di provvedere entro due mesi, facendone fare una nuova da collocare “in loco patenti sub fornice à parte sinistra”, dove apporre anche “Casos reservatos et Bullae Coenae”, ammonendo di non ascoltare confessioni lontano dalla detta sedia, eccetto nel caso di infermi, sacerdoti e chierici, sistemando anche opportune “Crates seu Cancelli arcti”, in maniera che nessuno potesse metterci le mani. La chiesa aveva l’onere di celebrare la domenica e negli altri giorni festivi di precetto nei quali il popolo era tenuto ad ascoltare il “Sacrum”.[lxxxvi]
La riduzione dell’onere delle messe
Rispetto a tale stato, negli anni successivi la situazione della parrocchiale non migliorò. Come apprendiamo dalla relazione del 1675 prodotta dall’arcivescovo di Santa Severina, il crotonese Muzio Suriano (1674-1679), essendo vacante per la tenuità del suo reddito, e risultando affidata ad un economo che ne esercitava la cura ad interim, il presule meditava di unirla alla matrice, anch’essa vacante da tre anni a causa della scarsità del suo reddito.[lxxxvii] Nel novembre dell’anno successivo, la chiesa parrocchiale di “S. Petri” di Policastro, vacante fin dal 1673 per la morte di Scipione Callea, fu comunque provvista al presbitero di Policastro Antonio Curto,[lxxxviii] e dopo la morte di quest’ultimo, giunse al presbitero diocesano Fabritio de Martino nel giugno del 1690.[lxxxix]
In questi anni però, la difficile situazione economica, aveva condotto tutte le principali chiese di Policastro, nella condizione di non poter più onorare i loro impegni, e per porre rimedio a questo stato di sofferenza, nel 1681 si ricorse alla riduzione degli oneri delle messe che le gravavano. Succedeva, infatti, che le rendite dei beni che i benefattori avevano legato al tempo dei loro lasciti testamentari, tra la metà del Cinquecento e la metà del Seicento, fossero ormai divenute insufficenti a soddisfare la retribuzione dei cappellani che celebravano tali messe di suffraggio, mentre, sempre a causa della crisi, erano anche aumentati i casi degli insolventi.
Dalla documentazione prodotta in questa occasione, per poter ottenere dall’arcivescovo tale riduzione, sappiamo così che, al tempo, l’onere principale delle messe che si celebravano a tale scopo nella “V(enera)b(i)le Chiesa di S.a Catarina V.e e martire”, era collegato ai lasciti di alcuni antichi benefattori: Detio e Fran.co Ant.o Blasco (1623) con un onere di 50 messe, relativamente al quale la chiesa possedeva un annuo censo di carlini 30 ed un vignale detto “la Valle delli Cancelli”, Antonio Campana e Antonino Ammannito (1696, sic) con un onere di 50 messe, relativamente al quale la chiesa possedeva un annuo censo di carlini 30 ed un vignale detto “li Carisi”, Blasio Priolo (1698, sic) e Paolo Curto (1600) con un onere di 50 messe, relativamente al quale la chiesa possedeva due vignali in loco “Salamone, et il Canale”, Stefano Leto (1552) e Michele Arcomanno (1557) con un onere di 50 messe, relativamente al quale la chiesa possedeva un pezzo di terra loco detto “il Mortelletto” ed un altro detto “S.o Vito”, Marco Mingaccio (1640) e Gerolamo Romano con un onere di 50 messe, relativamente al quale la chiesa possedeva l’annuo censo di carlini 12 legati dal detto Gerolamo, Lucretia de Riso (1540) con un onere di 50 messe, relativamente al quale, quest’ultima aveva lasciato alla chiesa una casa che, distrutta dai terremoti, non dava alcuna rendita e si era persa anche la memoria del luogo in cui era esistita, Mesiano Rizza (1550) con un onere di 50 messe, relativamente al quale, quest’ultima aveva lasciato alla chiesa una casa che si trovava nelle condizioni della precedente, Dianora moglie del quondam Sebastiano Grandinetto (1546) con un onere di 25 messe, relativamente al quale, quest’ultima aveva lasciato alla chiesa una casa che si trovava nelle condizioni dette, il R. D. Pietro Paolo Russo (1544) con un onere di 50 messe, relativamente al quale aveva lasciato alla chiesa un pezzo di terra loco detto “la Fiumara” ed una “Casamatta”, e Ferdinando Iacometta (1548) con un onere di 50 messe, relativamente al quale non si possedeva cognizione dei beni donati ipotecati al pagamento.
Oltre a queti oneri che non riuscivano più ad essere soddisfatti, nella “V(enera)b(i)le Chiesa di S.a Catarina” vi erano poi le messe che da molti anni non venivano più celebrate, a causa del fatto che, i debitori “obbligati alle Elemosina”, non avevano “corrisposto” quanto invece sarebbe stato loro dovuto. Si trattava di 40 messe per l’anima di fra Marco Mingaccio (1640) “sacrestano”, cui erano obbligate le robbe del notaro Horatio Scandale per il pagamento di ducati annui 4, 50 messe per l’anima di Spetiano Blasco (1623), relativamente cui erano obbligati al pagamento i possessori dei beni del detto Vespesiano, e 200 messe per l’anima di Vittoria Caputo (1623), relativamente cui erano obbligati al pagamento i possessori dei beni di Laura Blasco.[xc]
La parrocchiale agli inizi del Settecento
Il 16 luglio 1713, accogliendo la supplica dell’arciprete di Policastro Jo. Paulo Grano, la Sacra Congregazione del Concilio gli richiedeva una relazione dettagliata, riguardante sia la situazione economica, che quella delle anime, delle quattro parrocchie di Policastro. Relazione che l’arciprete inviò il 20 settembre di quell’anno. In questo “statu Parochialium Ecclesiarum loci Policastri”, leggiamo che “Policastrum”, luogo posto in diocesi di Santa Severina, assommava 2534 anime, con quattro chiese parrocchiali divise da confini definiti, all’interno dei quali ogni parroco amministrava la cura delle anime dei propri parrocchiani. Oltre che sulle decime e sui “parochialibus emolumentis”, le quattro parrocchie potevano contare su poche entrate, in quanto alcune possedevano qualche fondo, altre nessuno. La matrice era l’unica chiesa a custodire il SS.mo Sacramento, di cui si servivano anche le altre parrocchie per somministrare il Viatico agli infermi.
Considerata questa situazione, l’arciprete chiedeva, quindi, che si giungesse “ad novam terminorum definitionem” delle parrocchie, proponendo una soluzione che prevedeva, in particolare, l’unione con la parrochia contermine di “S. Petri Apostoli”, la cui chiesa era andata “diruta” a causa del terremoto, “nec ob paupertatem refecta”, mentre la cura delle sue 355 anime era esercitata da un rettore nella chiesa dei “Sodalium S. Catharinae Virg. et mart.”.
In questa occasione, in particolare, la situazione della parrocchia di “S. Pietro di Policastro”, risulta esposta nella “Nota” scritta a quel tempo dal parroco D. Gio: Fran.co Bernardi.
“Nota dell’Entrade della Parocchia di S. Pietro di Policastro.
Il Paroco suole esigere ogn’anno di Agosto un tt.o di grano ò / di germano, o di orgio che seminerà ciascheduno Massaro con un / paro di bovi, e seminando con più para, per ogni paro paga un / tt.o in questa Parocchia attualm.te vi sono nove para di bovi che / in q.to anno s’esigono tt.a nove. tt.a 9.
Da ciascheduno bracciale che seminerà sopra / le tre tt.a n’esige mezzo tt.o di quella simigna / seminerà in questo presente anno ritrovo che / vi siano venti quattro bracciali, che uniti impor / tano tt.a dodici di grano, giermano, e fave. tt.a 12
Tiene ancora la sud.ta Parocchia alcuni Vigna / li dalli quali specificam.te suole esigere dà fertile / ad infertile l’infrascritt’entrade videlicet
Dalla Manca dell’insarco d.to la Manca di S. Pie / tro carlini quattro d. 0.2.0
Da uno Castagnitello loco d.to Cardopiano carlini diece d. 1.0.0
Dal terreno di d.to luogo dove sta fondata l’Abbatia quan / do si semina s’esigono un tumolo, e mezzo di germano, o / due tumula attualm.te non si ne ha niente
Dal Vignale luogo d.to S. Elia in erbagio carlini otto d. 0.4.0
Dal Vignale luogo d.to il Salito carlini diece d. 1.0.0
Dal Vignale luogo d.to Samberisti carlini diece d. 1.0.0
Dalli Vignali luogo d.to il Feudo carlini venti d. 2.0.0
Da due Vignali nella Salinara carlini venti d. 2.0.0
Da un Vignale loco d.to il Mortilletto da mezza tt.a incirca / non si ne percipe cosa alcuna
Da un Vignale loco d.to l’Attalione non si ne percipe niente / per esser d’entro un cumulo di pietre, à tempo di D. Scipio / ne Callea all’ora Parocho lo ritrovo haverlo venduto car / lini cinque
Tiene un Vignale nelli Cursi di Mesoraca dal quale quando sor / tisse darsi à semina si ne suole esigere tre mezzi tt.a di / grano che tanto vi hà il jus arandi, perche in erba si / vende dal Sig. Duca di Mesoraca.
La d.ta Parocchia anticam.te soleva esigere m.ti jussi, e Rendite / i quali sono perduti, ed a pena si esigono l’infra(scri)tti videlicet
Dall’eredi di Lutio Venturi carlini dodici e mezzo d. 1.1.5
Dal Sig. Ciccio Ferrari sopra la Gabbella dell’Acqua del Giar / dino d. 0.1.10
Dalla Mag.ca Maria Giordano sopra le case carlini diece l’ / anno, che per la sua gran povertà, ne paga carlini cinque d. 0.2.10
Da Gelindo la Pera sopra la casa grana cinque d. 0.0.5
Dall’eredi di Vitaliano Pollaci sopra la casa g.na d. 0.0…
Dalle Decime personali in tutto in d.to anno hò esatto doc.ti / quattro, e tari tre, l’anno passato si sol esigere di meno d. 4.3.0
Suole percipere il Paroco dall’incerti, cioè dal Jus Stolae, e fedi di / Matrimonii quelli carlini trenta l’anno ò poco più ò poco meno / per esser piccola d.ta Parocchia, che si ponno computare per le / candele, ed utensili che paga alla Chiesa di S.ta Caterina che / la somministra di tutto il necessario.
L’Entrada di d.ta Parocchia in grano importa tt.a ventiuno l’ / anno o più ò meno secondo li bracciali che seminano tt.a 21
L’entrada in danari tanto dalle decime personali q.to dalli sopra / detti Vignali, e renditi tutti fanno la somma di d.ti 14.4.15
Ed il soprad.to grano computato à carlini sette il tt.o in danaro / fa la somma di d.ti quattordici e carl.i sette d. 14.3.10
Che tutta l’entrada di d.ta Parocchia fa la somma di duc.ti 29.3.5
Dalla quale somma d.ta Parochia ne paga l’infra(scri)tti / pesi videlicet
Per Quarta à Monsig.e doc.ti sei d. 6
Al Seminaro Carlini cinque d. 0.2.10
Alla Mensa Arcivescovale per il Catredatico paga l’Abbatia d. 0.1.0
Al sacristano per metà che il di più corrispon / de la Cappella di S. Caterina d. 3
Si che levatine d.to nove tari tre e grana diece / di peso restano netti per il Paroco doc.ti Dicenove tari 4 e g.na 15 d. 19.4.15
D. Gio: Fran.co Bernardi Paroco faccio fede come sup.a
Et havendo numerato il conto dell’anima fatto da / me sud.o Paroco, ritrovo che la Parocchia di S. Pie / tro fa trecento cinquantacinque anime. 355.”[xci]
Pochi anni dopo il Mannarino provvede a fornirci una descrizione della chiesa di Santa Caterina, dov’era ospitata la parrocchiale: “La seconda Parocchia alla parte più infima, ed orientale, è l’abbadia di Santo Pietro, à cui van congionte l’altre due contigue della Sinagoga, e di Santa Maria delle Grazie, situate nella Chiesa di Santa Caterina non più la vecchia diruta, ma la nuova redificata da’ fondamenti assai più curiosa, se ben più ristretta da quella prima vastissima, in forma ottangolare, che viene ad essere doppiamente quadrata fatta così, perché la figura quadrata, ed ottangolare sono le Capitane delle figure Parellogramme, onde nella sua incidenza porta una bella rettitudine, e simitria perpendicolare; fù essa chiesa fundata da Marc’Antonio Poerio, Padre di Gio. Berardino mio Avo Materno, una col di lui fratello Abloisio. Il suo Campanile però è a triangolo, che non comparisce meschinello, anzi magnifico, mentre il circolo del suo triangolo attraendolo, più gli restringe il quadrato, e l’uno coll’altro fanno uno vicendevole accordo, con gli fianchi obliquati, che fan mentere à chi disse che il quadrato col triangolo non si confà, ed è pur detto Campanile altissimo colla Cima piramidale chiusa a cabo or in questa Chiesa della Santa Vergine, e Martire l’altare Maggiore con una Capella à finissimo stucco eretta dall’abbate e D.re D. Domenico … che dopo la perdita della sua sposa si fece sacerdote, e si sposò di nuovo con questa chiesa e con idee ammirabili proprie d’un sposo, che ama con genio, e cuore la sua diletta, e per adornarla impiega tutto il suo avere, ancor egli diedesi tutto ad amare la sua novella diletta ad abbelirla con nuovi sfoggi eresse da fondamenti la nuova Capella di Maria gran Regina del Carmelo al lato destro, e nel sinistro ristorò quello del medesimo Apostolo con le sue ragioni Parocchiali, fece un nuovo organo assai stornito per la dolcezza del suono come altresi la nuova intempiata per la Chiesa, Coro e Sacrestia ed ambedue questi furno rinovati all’uso più moderno, con lavori ordine dorico vagamente intagliato, e disposto il materiale detto legni di Castagne, e Noce e finalmente pria di chiudere gli occhi per finimento della Chiesa, che altro non mancava, fece tre superbe scale con zoccolo à torno, che circuisce dalla prima Porta à man destra con faccia a mezzo giorno, sino alla terza, ed ultima, che mira a Tramontana, tanto che se questa Chiesa fù rinovata dalla famiglia Poerio, della Coca consanguinea fù perfezzionata oltre poi a dette Capelle, nuovo organo, Pulpito, soffitti, sacrestia e Coro, vi è l’ornamento dell’archi alti, e grandi di Pietra lavorata, con un gran Piano innanti all’atrio spaziosissimo, per commodità de’ fratelli delle due Confraternite sotto il titolo del Carmelo l’uno e l’altra della ord.ia Vergine e Martire titulare di detta Chiesa, a dietro a cui vi è finalmente l’ospidale per gli poveri Pellegrini, e così ben disposta, ne pur compare come il primiero suo Tempio che miseramente restò sepolto sotto le proprie rovine del tremuto dell’anno che dissi 38.”.[xcii]
Lo stesso autore si sofferma anche sul luogo in cui rimanevano i ruderi della vecchia chiesa distrutta dal terremoto del 1638, nelle vicinanze della “quinta Porta” di Policastro detta “di Santa Caterina”,[xciii] mentre, tra le “Memorie dell’Antichi Monasteri di Policastro”, ricorda quello di “Santa Maria di Cardopiano de’ Padri Basiliani”, le cui rendite erano state precedentemente unite a quelle della parrocchiale.[xciv]
Unita alla matrice
Dopo essere stata osteggiata dall’arcivescovo Carlo Berlingieri (1679-1719),[xcv] al tempo del suo successore Nicolò Pisanelli (1719-1731), trovò finalmente compimento l’unione della parrochiale di San Pietro alla matrice di San Nicola. La relazione di quest’ultimo datata 8 maggio 1725, segnala infatti, la presenza di tre parrocchie[xcvi] rispetto alle quattro che si evidenziavano in precedenza. Secondo il Sisca, a seguito di questa unione, alcuni quadri ed altri arredi sacri appartenuti alla chiesa di San Pietro. furono trasferiti nella chiesa matrice mentre, ancora ai suoi tempi, il titolo di abbate relativo alla chiesa di Santa Maria di Cardopiano, che era stato trasmesso al parroco di S. Pietro, risultava conferito all’arciprete “pro tempore”.[xcvii]
La chiesa di Santa Caterina continuò invece a restare sede dell’omonima confraternita. Secondo quanto riporta il catasto universale di Policastro del 1742, a quel tempo, la “Chiesa di S. Catarina” possedeva alcuni appezzamenti di terreno: un vignale detto “li Cancelli”, due vignali nel luogo detto “Salamone”, un vignale detto “il Molinello”, un vignale detto “le volte di Leuci”, un vignale nel luogo detto “S. Cesario”, un vignale detto “li Gattarelli”, un vignale detto “le Carite”, e i “Celsi in S.ta Catarina Vecchia”.[xcviii]
Il 2 agosto 1790, tra i “Luoghi e Terreni d’affittarsi” che appartenevano alla “Chiesa Mad.e di d.a Città”, risultava quello denominato “S. Catarina vecchia” mentre, tra quelli appartenenti “al Sospeso Conv.to de’ P. P. Osservanti della Città di Policastro”, risultava “S. Catarina vecchia, o sia Salomone”.[xcix]
Con una rendita di ducati 5.66, “S. Caterina vecchia” risultava tra i fondi della “S. Spina” elencati nella Lista di Carico dei Luoghi Pii di Policastro, mentre, sempre nella stessa lista, “S. caterina vecchia”, risultava tra i fondi della “Chiesa Madre” che ne aveva percepito l’affitto (d. 179). Tra i censi enfiteutici appartenenti al convento degli Osservanti della Santa Spina, che compaiono nell’inventario dei beni appartenenti ai Luoghi Pii del “Diparto di Policastro e Mesoraca” compilato il 29 agosto 1796, troviamo quello che pagava “D. Giuseppe Cavarretta per canone sop.a il Vignale d.o S. Caterina vechia, ò sia Salamone censuitoli dalla C.S. deve in Aprile p(rossi)mo venturo d. 05.44”.[c]
Al tempo del “Decennio francese”, “S. Caterina Vecchia” risultava tra i fondi della “Chiesa Madre” già venduti prima del 1810,[ci] mentre, il vignale “di S. Caterina” posto “nel luogo nomato S. Francesco”, che si stimava del valore di ducati 60, anche se molto deteriorato, fruttava ancora un annuo canone enfiteutico di ducati 2 al “Conservatorio, o sia chiesa di S.a Caterina”.[cii]
San Gaetano
Risalgono alla metà del secolo, le prime notizie circa l’erezione di un monastero di monache nella chiesa di Santa Caterina, riguardo cui l’università di Policastro chiese all’arcivescovo di Santa Severina, che si reintegrasse il nuovo ente con le rendite ed i beni già appartenuti al monastero diruto di Santa Dominica. Sappiamo così che, a quel tempo, esisteva in Policastro “un nuovo Monastero di Monache sotto il titolo di S. Gaetano” che, quantunque fosse solo un “Conservatorio di Donne”, era comunque un luogo dove si viveva con molta osservanza e disciplina regolare “che può dirsi che vivano a guisa di vero, e perfetto Monastero”, dove le donne stavano “in perpetua Clausura”.[ciii] Riguardo ad esso, anche se la reintegra richiesta dall’università si era rivelata essere un maldestro tentativo di appropriazione dei beni anticamente appartenuti al monastero di Santa Dominica,[civ] così si esprimeva l’arcivescovo: “Che le donne, le quali convivono nel Conservatorio, che present.e esiste in Policastro, osservino con ammiraz.e, ed edificaz.e di tutto il Paese, e luoghi circonvicini, tutto il rigore della Clausura e disciplina Regolare, e verissimo, ed io med.o ne vivo tanto contento, perche in verità sono lo specchio di esemplarità à tutti l’altri monasteri di queste vicinanze”.[cv]
La relazione vescovile del 1765 evidenzia che, alla chiesa di “Sanctae Catharinae Virg.s et martyris olim Parochialis”, si trovava annesso un conservatorio per pie donne, retto da un procuratore eletto dalle stesse e confermato dall’arcivescovo. La chiesa aveva altri due altari oltre quello maggiore, in cui si conservavano l’eucarestia per l’uso dei religiosi e l’olio sacro per gl’infermi.[cvi] La stessa relazione sottolineava che in questo “Conservatorium Mulierum”, vivevano religiosamente 10 monache che osservavano spontaneamente la regola della clausura, anche se si trattava di una “clausura minime”.[cvii]
Ritroviamo il “Conservatorio di donne di Policastro” nel 1780,[cviii] ed al tempo del terremoto del 1783 ospitava 17 monache.[cix] Tale evento, comunque, non ne pregiudicò la sopravvivenza. Sul finire del secolo troviamo ancora il “Conservatorio di S. Gaetano per donne” al quale erano destinati ducati 200.[cx] In questo periodo i suoi edifici furono ristrutturati, attraverso l’edificazione di un “piano superiore” e l’ampliamento del “piano terreno”, in maniera da pervenire così ad una “Nuova pianta” dei locali, che si conserva insieme al nuovo “Prospetto esteriore”, presso l’Archivio di Stato di Napoli.[cxi]
Il “Conservatorio, o sia chiesa di S.a Caterina”, si segnala ancora agli inizi dell’Ottocento.[cxii] Così il Sisca ne riassume le vicende fino alla sua soppressione: “Accostato alla chiesa di S. Caterina era eretto un Ospizio per pellegrini poveri; in seguito fu ampliato e trasformato nel Conservatorio di S. Gaetano con un prosperoso educandato femminile, diretto da suore e fondato dalla Priora Suor Caterina Scandale. Dopo un secolo di vita regolare e arricchito di molti legati, fu soppresso. Nel 1860 oltre ad un gruppo di giovinette delle famiglie più agiate, il Convitto, pur avendo una rendita di 300 lire, ospitava 8 monache e 5 converse. L’ultima monaca fu Suor M. Giuliana Bilotti da Zagarise morta il 18 gennaio 1888.”[cxiii]
In questi anni gli edifici pervennero al comune, che li ristrutturò allo scopo di ospitare il Municipio, le Scuole ed altri uffici (Pretura, Carabinieri, Carceri). Altre importanti ristrutturazioni seguirono dopo il secondo conflitto mondiale, quando il fabbricato fu ulteriormente sopraelevato: “il 3 agosto 1879 – il Consiglio tratta la cessione gratuita del Monastero di S. Caterina detto delle Monache. Il locale era destinato per le scuole (quattro classi maschili e tre femminili) e per la sede del Municipio. (…) Il convento fu rifatto quasi per intero e più che per le scuole servì agli uffici municipali, per la Pretura, la Caserma dei Carabinieri e le carceri mandamentali (che, purtroppo sono ancora buie e umide). Nel 1948, e sempre sotto l’amministrazione Carvelli, sull’area della chiesa di S. Caterina furono sopraelevati altri due piani. Completamente estromesse le scuole elementari, occupa il primo piano la Scuola Media, il secondo è interamente utilizzato per gli uffici del Comune, che ha acquistato una sede più comoda e, anche, un accesso indipendente.”.[cxiv]
“Ai giorni nostri di questa chiesa non rimane che il ricordo in quanto abbattuti i ruderi, l’area è servita per ampliare il Palazzo Municipale con vari uffici. I grandi quadri di S. Pietro e della Vergine del Carmelo, con altri arredi sacri, erano stati portati alla Chiesa Matrice; l’artistico pulpito di noce intarsiato (e forse anche l’organo) alla chiesa di S. Francesco. Il titolo (solamente onorifico) di Abate, trasmesso dalla badia cistercense di S. Maria di Cardopiano al parroco di S. Pietro, è ora conferito all’arciprete «pro tempore»”.[cxv]
La “Chiesa” ottagonale di Santa Caterina, ricostruita sulle rovine dell’antica chiesa medievale di San Pietro, con il suo “Campanile” triangolare, compaiono ancora in una pianta che, assieme ai prospetti ed alle sezioni degli edifici, posti sul “Corso Roma”, “Vico Pace”, “Vico Alessio” e “largo S.ta Caterina”, che ospitavano il “Municipio”, il “Registro”, le “Scuole” elementari, il “Telegrafo”, il “Monte Frumentario”, la “Pretura”, ed i “Carabinieri Reali”, si trovano presso il Comune di Petilia Policastro (le fotografie mi sono state gentilmente fornite dal dott. Simone Scordamaglia che le ha utilizzate per la discussione della sua tesi di laurea). Attualmente, i toponimi “Vico Santa Caterina” e “Largo Santa Caterina”, ricordano le antiche preesistenze in questo luogo.
Note
[i] In riferimento all’antica origine abbaziale di questa chiesa, riscontriamo che ancora agli inizi del Settecento, il parroco conservava lo jus arandi sopra un vignale “nelli Cursi di Mesoraca”. AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 1.
[ii] 17 giugno 1531. “Castellimaris et Casertan. episcopis ac Vicario Archiep.i S. Severinae in spiritualibus generali, mandat ut Iacobello Ferrato, clerico S. Severinae, provideant de parochiali ecclesia S. Petri terrae Policastri S. Severinae dioc., vac. per ob. Andreae Pinelli, ex R.C. def..”. Russo F., Regesto III, 16996.
[iii] “R.to da … per s.to pietro de pulicastro per x.ma d. 0.3.0” AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2 A.
[iv] “Denari de le carte” (1545): “De donno minicello petralia per s.to pietro d. 4.4.0”. “Conto de dinari de le quarte exacti in lo predicto anno 1546”: “Da donno minicello petralia per s.to petro d. 4.4.0”. “Conto de quarte exacte per lo R.do quondam Don Jacobo rippa como appare per suo manuale q.ale sta in potire de notari mactia cirigiorgi et sonno de lo anno 1547”: “Da donno Joandominico Petralia de policastro per s.to Petro d. 4.4.0”. “Dinari q.ali se haverano de exigere de le quarte de lo anno vj jnd(iction)is 1548”: “Da donno minicello Petralia per la quarta de s.to Petro de policastro d. 4.4.0”. “Denari delle quarte de tutti li benefitii della diocesa de s(an)cta s(everi)na” (1566): “La ec.a de’ S(an)cto pe.o pagha lo anno per quarta d. 4.4.0”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A.
[v] “R.to da … per S.ta Chaterina, et una casa beneficiale furno da d: Antonio Bernardato et succ(essivament)e da D: Gio felice per x.a d. 0.0….”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2 A.
[vi] “Rector et Cappellanus s(an)te Catherine de policast.o debet Comparere Cum censu cere librarum q.or C.L. iiij”. AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 18B.
[vii] Nel “Libro de tutte l’intrate de lo arcivescovado de’ s(a)nta Anastasia”: “Da s.ta catherina libre quactro de cera” (17.05.1545), “Denari receputi ad lo sinido nello iorno de s.ta anastasia de lo ij.o anno de lo afficto 1546”: “Da s.ta chatherina libre quattro de cera”, “Dinari reciputi de lo sinido nello iorno de s.ta anastasia nello anno retro scripto 1547”: “Da s.ta chatherina libre quactro de cera”, AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A. 1564: “Rector sante catherine de policastro cum censu cere librarum quatuor”, non comparve personalmente e fu condannato a pagare entro 8 giorni. 1579: “Rector et Capp.s s.te Catherinae de polic.o Cum Censu Cere lib. quat.r”, comparve D. Ant.o de Natale “pro capp.no”, pagando le 4 libre di cera. 1581: “Rector et Capp.nus S. Cath arinae de Polic.o cum censu Cere librarum quatuor”, comparve per esso D. Antonuccio Papasodero senza mandato e non fu ammesso. 1582: “Rector et Capp.s s.te Caterinae de polic.o Cum Censu librarum qu(atu)or Cere”, non comparve. 1584: “Rector et capp.s S. Caterine de polic.o cum Censu librarum quatuor Cerae”. 1587: “Rector et Capp.s Sanctae Caterinae de polic.o cum censu librarum quatuor”, non comparve quindi fu condannato alla pena debita. 1588: “Rector et Capp.s S. Caterinae” comparve e pagò il solito censo. 1590: “R.s Cappl.os S. Caterine cum censu librarum cere quatuor trium”, non comparvero quindi furono condannati. 1591: “Rector et Capp.s S.tae Caterinae de polic.o cum censu librarum quatuor”, comparvero e pagarono. 1593: “Il Cappellano di s.ta caterina di detta T(er)ra con quattro libre di cera. 1594: “Il Capp.no di S. Caterina di d.ta t(er)ra con quattro libre di Cera”. 1595: “Il capp.no di S. Caterina di d. t(er)ra con quattro lib(re) di Cera”, non comparve il cappellano. 1596: “Il capp.no di s. Caterina di detta t(er)ra con quattro lib(re) di Cera”, fu condannato. 1597: “Capp.nus seu Confratres sanctae Catherinae t(er)rae Policastri cum Cathedratico cerae librarum quatuor”, comparve e pagò. 1598: “Cappellanus seu Confratres S. Catherinae t(er)rae Polic.i cum cathedratico cerae librarum quatuor”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A.
[viii] In questa occasione, i beni della confraternita di “s.tae Caterinae” posti in un’arca, risultavano: un ante altare di seta di diversi colori, un altro ante altare di tela, una pianeta di raso bianca, un “amictum”, un ante altare di damasco bianco figurato, due “Tonicellas” di seta verde, una casula di velluto rosso, una tovaglia, un calice di argento con patena, due “Coperim.ta” di tela, sedici tovaglie ed altri beni laceri. Il vicario ingiunse al Farago di conservare i detti beni e di provvedere entro l’indomani al pagamento del censo e dei diritti inerenti la visita arcivescovile. AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 16B.
[ix] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 16B.
[x] “Policastro è terra Regia, qual’essendo stata venduta dal Conte di S. Severina fù fatta di demanio con l’opra, e patrocinio del Cardinale di S. Severina, è habitata da tre milia anime incirca vi sono quattro chiese parocchiali, e nella matrice è l’Arciprete, e Cantore con venti altri preti, quali per il più vivono delloro patrimonio, et elemosine che ricevono dal servitio delle chiese, e confraternità, …”. ASV, Rel. Lim. 1589. “Policastro è terra Regia habitata da tre milia anime incirca. Vi sono quattro chiese Parocchiali, e nella Maggiore è l’Arciprete il Cantore e vinti altri Preti, quali p(er) il più vivono di loro patrimonio, et elemosine che ricevono dal serv.o delle chiese, e Confratie …”. AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 19B.
[xi] 23 settembre 1605: davanti a notaro, il presbiter Dom.co Catanzario, “Curator ecclesie s.ti petri”, attestava che, “in faciem ecclesie”, il quondam presbiter Hijeronimo Campana “affidasse” i coniugi Joannes Petro Bonanno e Julia Niele nella “ditta parrochiali Ecclesia santi petri sub anno 1591” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 135v-136). 18 luglio 1606: il presbiter Joannes Dom.co Catanzaro, che aiutava D. Luca Musitani, cappellano della venerabile chiesa di San Nicola dei Greci, dichiara che, il 04.02.1604, “in facie ecclesie”, aveva affidato i coniugi Hijeronimo Poerio de Alfonso e Julia Ritia nella chiesa di San Pietro (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, f. 170).
[xii] In alcuni casi, gli atti riportano anche la dizione “in convicinio, et Parocchia”. ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 804, ff. 091-093.
[xiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, ff. 040-041, 11.09.1615.
[xiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294, ff. 102-103v, 28.08.1623.
[xv] 18 settembre1617: il reverendo presbitero Joannes Thoma Faraco, “parocus, et rettor” della chiesa di “Santi Petri”, “tacto pectore more presbiterorum”, testimoniava che, il 17.09.1616, aveva celebrato il matrimonio tra Fabio Rotundo e Dianora Coco nella chiesa di San Pietro. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 291, f. 046.
[xvi] Novembre 1624: “De parochiali ecclesia S. Petri, terrae Policastri, S. Severinae dioc., cuius fructus XII duc. vac. per ob. Hieronimi Longo ab an. MDCIII (sic) def., providetur Petro Giraldo, clerico diocesano.” Russo F., Regesto VI, 29157.
[xvii] AASS, Fondo Capitolare, cartella 4D fasc. 3.
[xviii] 16.09.1613. Il chierico Joannes Fran.co Arcomanno e Joannes Vincenso Callea, in qualità di eredi del quondam Michele Arcomanno, possedevano in comune ed indiviso diversi beni, tra cui la “Continentiam terrarum” posta nel loco detto “la salinara”, confine il “vinealem santi petri” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 288, ff. 098-099v).
28.07.1624. Vespesiano Popaijanni, assieme a suo figlio Fran.co, vendevano al presbitero D. Joannes Paulo Mannarino, la “Continentiam terrarum aratorie” posta nel territorio di Policastro loco detto “la salinara”, confine il “vinealem Santi Petri” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 295, ff. 055v-056v).
26.04.1629. Alla dote di Julia Caccurio che andava sposa a Bartolo Capozza, appartenevano le terre poste nel territorio di Policastro in loco detto “la salinara seu agrillo, et frachette”, confine il vignale di San Pietro, le terre di Lucretia Vaccaro ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 018-019).
21.05.1633. Lucretia Vaccaro, vedova del quondam Fran.co Lavigna, vendeva al presbitero D. Joannes Paulo Mannarino, la “Continentiam terrarrum” posta nel territorio di Policastro loco “la salinara”, confine le “terras Santi Petri” ed altri fini. (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 300, ff. 030-030v).
[xix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 302, ff. 121-122v.
[xx] 15 settembre 1638: il R. D. Scipio Callea, “Curator, et rettor venerabilis Ecclesie santi Petri” di Policastro, asseriva che, il 15.03.1637, aveva congiunto in matrimonio “per verba de p(rese)nti”, Marcello Venturi e Rosa Coco, come appariva dal relativo libro. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 305, f. 074v.
[xxi] 2 gennaio 1637: “Scipio Callea, rector parochialis ecclesiae S. Petri, terrae Policastri, S. Severinae dioc., fit Prothonotarius Aplcus, cum omnibus iuribus et privilegiis.”. Russo F., Regesto VI, 32287.
[xxii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 174-175.
[xxiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 7-8, 26-27, 223-224v, 232-232v, 232v-233v. ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81, ff. 4-5, 17-18, 33-34. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 159-159v; Busta 78 prot. 288, f. 061; Busta 79 prot. 297, ff. 129v-130.
[xxiv] 28.09.1647. Mario Tronga, che possedeva in comune ed indiviso con il Cl.co Scipione Tronga suo fratello, la gabella della capacità di circa salmate 12 posta nel “destricto” di Policastro loco detto “Zaccarella”, confine le terre dell’U.J.D. Mutio Jordano, le terre di Hyeronimo Coco, le terre degli eredi dell’olim Ottavio Vitetta ed altri fini, gravata nei confronti del presbitero Prospero Meo dal peso di ducati 6 per un capitale di ducati 60, e nei confronti della venerabile chiesa di “S.ti Petri” per annui carlini 2, vende la sua metà di gabella a detto suo fratello (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 874, ff. 076v-079). 06.10.1648. Il R. D. Santo de Pace vende a Giovanni Carvello, la possessione arborata di “Cerse, viti” ed altri alberi fruttiferi, “posta dentro q.a Città nel loco detto Carolino”, confine i beni di Santo Mesiano, i beni di Gio: Dom.co Caccurio, “lo fiume di Soleo” ed altri fini che “solam.te rende alla Parocchia di S. Pietro” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 875, ff. 086v-087v). 30.11.1648. I fratelli D.r Lutio e Gio: Fran.co Venturi, fino all’attualità, avevano posseduto in comune ed indiviso tutte le loro robbe, tanto quelle ereditarie, che quelle che avevano comprato. All’attualità dividevano tutto in due parti, una per ciascuno. Gio: Fran.co, come fratello minore, eleggeva la prima parte, mentre a detto D.r Lutio rimaneva la seconda. Alla detta prima parte si accollavano alcuni pesi, tra cui: carlini 12 alla chiesa parrocchiale di “S.to Pietro” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 875, ff. 109v-114). 05.02.1653. Il Cl.co Lupo Schipano vendeva a Joseph Jordano, la domus palaziata “cum horto contiquo”, posta dentro la terra di Policastro, nel convicino della chiesa parrocchiale di “S.ti Petri”, confine la domus di Isabella Schipano, i “Casalenos” di Jo.s Berardino Poeri, la via pubblica ed altri fini, gravata dall’annuo censo di grana 5 alla chiesa di “S.ti Petri” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 016-017). 18.01.1654. Carulo de Cola vendeva al presbitero Joannes Antonio Leuci, la “continentia de Case consistentino in cinque Camere coverte, et una scoverta cum gisterna di dentro et poctega, ch’esce nella strada publica cum l’airi d’adalto, et abasso”, posta dentro la terra di Policastro nel convicino della chiesa parrocchiale di S.to Nicola “della Piazza”, confine le case di Fran.co de Cola, la via pubblica ed altri fini, gravata dal peso di annui carlini 10 sopra la detta “Pottega” alla chiesa di “S.to Pietro” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 003-005).
[xxv] 12.06.1612. Juliano Zagaria donava al figlio Joannes Zagaria alcuni beni, tra cui le terre che erano appartenute al quondam Joannes Bernardino Scandale, poste nel territorio di Policastro nel loco detto “gorrufi” confine i beni del chierico Joannes Laurenzo Corigliani, le terre di Leonardo Spinelli, il vignale di Santa Caterina ed altri fini. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 288, ff. 030v-031v.
[xxvi] 29.01.1630. Flandia Furesta, vedova del quondam Fran.co Durante, essendo debitrice nei confronti dei coniugi Andria de Albo e Maria Durante, assegnava loro, tra l’altro, una vigna con terreno vacuo e contiguo in parte con detta vigna, appartenuti al quondam Gianni Furesta suo padre. Beni posti nel territorio di Policastro loco “lo molinello”, confine le terre dei predetti eredi de Blasco, il vignale della chiesa di Santa Caterina e la via pubblica dalla parte di sopra. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 078v e 081-081v.
[xxvii] 15.02.1632. Davanti al notaro comparivano Elisabetta Tassitano, vedova del quondam Cornelio Catanzaro, assieme a Fabritio Jerardo, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Fabritio e Lucretia Catanzaro figlia della detta Elisabetta. Apparteneva alla dote la possessione arborata di “Celsi, fico” ed altri alberi fruttiferi che al momento si trovava seminata, posta nel territorio di Policastro loco “le parmenta”, confine i beni di Santa Caterina, i beni di Gio: Dom.co Caccurio ed altri fini. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 299, ff. 022-023v.
[xxviii] 27.03.1634. Davanti al notaro comparivano Joannes Dom.co Schipano e Lucretia Schipano, fratello e sorella, assieme a Fran.co Rocciolillo. Essendo avvenuto il matrimonio tra detti Lucretia e Fran.co, si consegnavano i beni pattuiti nei capitoli matrimoniali, tra cui la possessione loco “lo cinale” territorio di Policastro, confine i beni di Gio: Fran.co de Mauro, i beni di Santa Caterina ed altri fini. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 301, ff. 043v-044.
[xxix] 14.05.1645. I coniugi Marco Maltise e Franciscella Trocano, vendevano ad Alphonso Galluzzo del casale di Albi, pertinenze di Taverna ma, al presente, “incola” in Policastro, la “Vineam Dotalem” alberata con diversi alberi, posta nel “districtu” di Policastro loco detto “le carita”, confine la vigna che era appartenuta al dominio del quondam Minico Romano e che, al presente, possedeva la chiesa di Santa Caterina Vergine e Martire di Policastro, confine la vigna di Joannes Nicolao Guidacciro, la possessione del chierico Joannes Baptista Cerasari ed altri fini. ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 804, ff. 072v-075.
[xxx] 18.02.1634. Ferdinando Coco vende per ducati 360 al presbitero Parise Ganguzza, alcuni beni stabili che gli provenivano dall’eredità di Marco Antonio Coco loro comune padre, tra cui il “Castanetum” posto nel tenimento di Policastro “ubi dicitur Castanetum santella”, confine il “Castanetum” della chiesa di Santa Caterina ed il “Castanetum” del quondam Joannes Jacobo. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 301, ff. 009-010.
[xxxi] 03.08.1630. I fratelli Marco Ant.o e Horatio Fanele, vendevano a Fabritio Faraco, la possessione di 2 tomolate di capacità, arborata con “sicomorum, ficorum, et quercuum”, posta nel territorio di Policastro loco detto “la fiomara”, confine il “flumen Solei”, il vignale di Santa Caterina, le terre dette “de Zaccarella Jo(ann)is Dom.ci Caccuri”, via pubblica mediante, le terre di detto Fabritio via pubblica mediante ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 126-127). 19.04.1636. Davanti al notaro comparivano D. Joannes Fran.co Rocca, “Vic.s foraneus” di Policastro nonchè procuratore del Pio Monte posto nella chiesa Matrice lasciato da Gregorio Bruna, e Vittoria Liotta erede del quondam D. Joannes Leotta suo fratello, con l’assenso ed il consenso di Fabritio Faraco suo marito. Tra le altre robbe del detto quondam Gorio, messe all’asta nella publica piazza, vi era il “terreno seu vignale” o continenza di terre arborata “sicomorum” che, appartenuta al quondam Gio Ant.o Palmeri, era stato comprato dal detto quondam Gorio, posto nel territorio di Policastro loco “la fiumara”, confine le terre di Marcello Leusi, il vignale di Santa Caterina, il “fiunme di soleo” ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 303, ff. 037v-042). 04.01.1639. Fabritio Faraco ricomprava il vignale del quondam Gio: Antonio Palmeri con “una Casetta dentro”, posto nel territorio di Policastro loco detto “la fiomara”, confine “lo fiumme di soleo”, le terre di Marcello Leusi, il vignale di Santa Caterina, “et altri fini di celsi” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 306, ff. 008-009). 15.02.1649. Davanti al notaro comparivano Salvatore “infuso” e Lucretia Grosso “Virgine in Capillo”, per la stipula dei capitoli relativi al loro matrimonio. Appartenevano alla dote, la parte spettante alla futura sposa dei vignali posti “nella fiumara”, confine le terre di Santa Catarina ed altri fini (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 876, ff. 016v-018). 31.08.1655. Fausto Vecchio di Policastro, vendeva al presbitero Sancto de Pace ed a Michaele Aquila, procuratori della chiesa sotto il titolo di “S.ti Jacobi” e del pio monte dei maritaggi appartenente agli eredi del quondam presbitero Jacobo de Aquila, l’annuo censo di carlini 15 per un capitale di ducati 15 sopra alcuni beni, tra cui il vignale posto nel territorio di Policastro loco detto “la fiumara” che era appartenuto alla chiesa di Santa Caterina, confine i beni di Alfonso Campitello, il “flumen Solei”, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 126-128).
[xxxii] 08.03.1652. Ippolita Zurlo, moglie di Carlo de Cola, l’anno passato, al tempo in cui era ancora vedova, aveva venduto a Gio: Pietro Pipino una “grocta” posta dentro il territorio di Policastro loco detto “S.to Dimitri”, confine la grotta della chiesa di Santa Caterina, le grotte appartenute alla quondam Laura Blasco ed altri fini. ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 877, ff. 022-023.
[xxxiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 136-137v e 223v-224; Busta 78 prot. 287, ff. 102-103; Busta 79 prot. 293, ff. 037v-038v.
[xxxiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 302, ff. 061-064; Busta 80 prot. 304, ff. 025v-026v.
[xxxv] 19.09.1606. Volendo dare seguito alle volontà della moglie Feliciana Trocani, espresse nel suo ultimo testamento, Silvio Naturile cede per tre anni alla chiesa di S.ta Caterina e per essa, a Joannes Palatio, procuratore della venerabile chiesa di S.ta Caterina, la “domum” posta nella terra di Policastro, “in convicinio Ecclesie s.ti Nicolai de grecis” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 205-205v). 26.08.1607. Controversia tra Joannes Maria Prante e Gorio Bruna, procuratore della chiesa di S.ta Caterina, relativamente alla “domus cum ortis contiguis ex parte inferiori, et superiori, et cum omnibus Casalenis et sicomis, et aliis arboribus”, che erano stati donati alla detta chiesa. Beni che erano confinanti con la via pubblica da due lati, la domus di Joannes Baptista Carcelli e l’orto di Vergilio Catanzario (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 033v-034).
[xxxvi] 06.04.1626. Andria Scandale lascia la somma di 20 carlini alla chiesa di S.ta Caterina, che potrà avere dopo la morte di Agostina sua madre. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286, ff. sciolti s. n. 20.04.1630. Dal testamento di Sanzone Salerno apprendiamo che, in relazione al legato di ducati 20 fatto alla chiesa di Santa Caterina da Elisabetta Rocca, prima moglie del detto Sanzone, quest’ultimo aveva fatto fare un avanti altare di velluto verde “con l’arme de casa rocca” che era stato posto sull’altare maggiore. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 101-102v.
[xxxvii] 14.05.1604. Minico Pollizzi lasciava per testamento, un porcastro alla chiesa di S.ta Caterina (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 7-8). 13.10.1605. Salvatore Blasco lasciava per testamento, un somaro alla chiesa di S.ta Caterina, in maniera “che le confratie di detta chiesa vadano gratis” al suo funerale (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 240v-241v).
[xxxviii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 223-224v.
[xxxix] 03.09.1620. Joannes Pettinato, procuratore della chiesa di S.ta Caterina, considerato che, nei giorni passati, era morto il quondam Hijeronimo Romani ed aveva lasciato alla detta chiesa, la sua domus palaziata con il patto che fosse venduta, avendo provveduto all’incanto, la cedeva ad annuo censo perpetuo a Paulo Luchetta. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 292, ff. 058v-059v.
21.09.1648. Salvatore Desiderio, procuratore della chiesa di S.ta Caterina, vendeva a Laurenso Vaccaro, il “Cavone arborato de fico” posto nel territorio di Policastro nel loco detto “lo Vallone di traulo”, confine i beni del detto Laurenso, i beni degli eredi di Marco Rizza, i beni di Prospero Cepale, “la via publica che si và à S.to Dimitri” ed altri fini. ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 875, ff. 082-083.
[xl] 07.07.1648. Salvatore Desiderio, “Procurat.re Confraternitatis Ecc.ae S.tae Catharinae” di Policastro, permutava il “rusticum predium” appartenente alla detta confraternita, posto nel “destrictu” di Policastro loco detto “Scardiati seu Valle delli Cancelli”, confine il “predium” del presbitero Joannes Jacobo Aquila ed altri fini, con i seguenti beni di Martino Vecchio: la “Vineolam” chiamata “Paternise”, “conticuam vineis Sartorii de Vona et Victorii Jerardi”, le terre di Joannes Dom.co Caccuri ed altri fini; il “Vineale appellatum Galluzzi”, “annexum” alle terre di Alfonso Campitelli, le terre del detto Martino ed altri fini. ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 875, ff. 032v-035v.
[xli] 10.10.1647. Davanti al notaro comparivano il R. D. Parise Ganguzza ed il chierico Hyeronimo Coco, in merito ad una loro controversia riguardante il possesso ed i frutti di alcuni orti. Tra le altre cose, il detto Hyeronimo pretendeva di essere assolto dal pagamento del censo di annui carlini 10, dovuto alla chiesa di Santa Caterina sopra l’orto che era appartenuto al presbitero D. Blasio Capotia. ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 806, ff. 106v-108.
[xlii] 21.07.1605. Il notaro Horatio Scandale, per riscattare un proprio “ortale arboratum sicomis” pignorato, posto nel territorio di Policastro loco detto “lo ringho”, detenuto al presente da Cesare Curto, prendeva in prestito la somma di ducati quaranta da Joannes Baptista Rocca, procuratore della venerabile chiesa di S.ta Caterina, impegnandosi a pagare l’annuo censo di ducati quattro ogni anno alla metà di agosto ad iniziare dal prossimo anno 1606 ed obbligando i suoi beni. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 116-117v.
25.11.1608. Il notaro Horatio Scandale, essendo debitore nei confronti della venerabile chiesa di S.ta Caterina di Policastro per la somma di ducati quaranta, più ducati dieci di interessi maturati, relativi al prestito del denaro usato nell’acquisto della “possessionem” di Joannes Petro de Aquila loco detto “gorrufi”, e volendo onorare il suo debito ma non avendo il denaro necessario, cede alla detta chiesa rappresentata dal suo procuratore Gregorio Bruna, l’entrata di ducati cinquanta relativa all’affitto di anni quattro della sua possessione loco detto “Cropa”, affittata per la ragione di ducati dodici e mezzo l’anno a Joannes Dom.co Polla e Fabio Folinazzo “alias sigilia”. La cessione risulta effettuata alla presenza del detto procuratore e dei seguenti confrati: Camillo Campana, Joannes Baptista Rocca, Jacobo Apa, D. Aniballe Callea, D. Joanne Paulo Blasco. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 111-112.
[xliii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 116-117v.
[xliv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 205-205v.
[xlv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 033v-034 e ff. 111-112.
[xlvi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 292, ff. 058v-059v.
[xlvii] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 803, ff. 045v-046.
[xlviii] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 806, ff. 054v-055v. ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 875, ff. 032v-035v e ff. 082-083.
[xlix] ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81 ff. 17-18.
[l] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 114-114v.
[li] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, ff. 117v.
[lii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 170-172v.
[liii] 15.01.1639. Laurentio de Pace aveva acquistato dal presbitero D. Parisio Ganguzza, un ortale arborato di sicomori appartenuto al quondam Fran.co Paudari, posto dentro la terra di Policastro nel convicino della chiesa di S.ta Caterina, confine i beni di “Sante Marie Carminis”, i beni degli eredi del quondam Vergilio Catanzario, la via pubblica ed altri fini, per il prezzo di ducati 25. All’attulialità il detto Laurentio pagava al detto D. Parisio quanto dovuto (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 306, ff. 014v-015).
[liv] 04.08.1604. Testamento di Minica o Minicella Scavino, abitante nella casa di Laura Scavino “intus p(raedi)ttam terram in Convicino s.tae Catarinae iusta domum fran.ci paudari viam publicam et alios fines” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286, ff. 26-27). 12.08.1604. Testamento di Vittoria Palatio, abitante “intus p(raedi)ttam terram in Convicino s.tae Caterinae iusta domum D. Dom.cii Palatii justa domum Lupii pecori et alios fines” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286, ff. 40-41). 12.11.1604. Testamento di Andriana de Conte, abitante “in convicino Ecclesie sante Caterine”, confine la domus di Vergilio Catanzaro, via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286 ff. 220-220v). 27.11.1604. Testamento di Diana Caccurio della terra di Mesoraca, moglie di And.a Caruso, abitante in Policastro “in Convicino sante Caterine”, confine la domus della venerabile chiesa di S.ta Caterina, il casaleno del presbitero Joannes Dom.co Catanzaro, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286 ff. 223v-224). 21.02.1605. Joannes Palatio dona al Cl.o Joannes Francesco Palatio suo figlio, alcuni beni, tra cui una casa palaziata posta nella terra di Policastro “in Convicino ecclesie s.te Caterine iusta domum Pr. Donni Dom.ci palatii cioè la casa de fora” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286, ff. 91-92). 21.03.1605. Testamento di Gregorio Ammerato, abitante dentro la terra di Policastro “in Convicino Ecclesie sante Caterini”, confine la domus di Marco Inbriaco, il casaleno di D. Joannes Dom.co Catanzaro, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286 ff. 232-232v). 25.09.1605. Davanti al notaro si costituiscono Hijeronimo de Maijda “alias lo mantuto” e Marco Imbriaco, per il matrimonio tra il detto Marco e Lucretia de Maijda, figlia del detto Hijeronimo. Gioanna de Maijda “alias la mantuta”, zia della sposa, le donava una “casa terrana” posta nella terra di Policastro nel convicino della chiesa di S.ta Caterina confine la casa di Gioallupo Pecoro e Masi Luchetta, la via pubblica ed altri confini. Nel medesimo loco della casa promessa, si trovava anche la casa di detta Giovanna, cioè la casa di S.ta Caterina (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286, ff. 136-137v). 30.10.1605. Joannes Fran.co Corigliano vende a Cesare Truscia, un “casalenum” posto dentro la terra di Policastro “in convicino ecclesie venerabilis s.te Caterine justa ortum Franci Paudari, et Jo(ann)is petri bonacci, et viam publicam et alios fines” (ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro Policastro, Busta 78, prot. 286 ff. 143-143v; parte seconda foto 144-145). 23.04.1606. Caterina Ardano vedova del quondam Matteo Fortini, vende a Vergilio Catanzaro un “Casalenum” posto nella terra di Policastro “in Convicino Ecclesie s.te Caterine iusta ortum ipsius Vergilii, et ortum Jo(ann)is Marie prantedi, et domum ditte Caterine venditricis, viam publicam et alios fines (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro Policastro, Busta 78, prot. 286, ff. 164v-165v). 25.08.1606. Salvatore Levati vende al presbitero D. Dominico Palatio, il casaleno posto nella terra di Policastro “in convicinio Ecclesie s.te Caterine”, confine la domus di detto Salvatore, la domus del detto presbitero D. Domenico, il casaleno di Hijeronimo de Maijda “alias lo mantuto”, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286, ff. 191v). 10.09.1606. Hijeronimo de Maijda “alias lo mantuto”, Gioanna de Maijda sua sorella e Marco Inbriaco suo genero, in solidum, vendono a D. Dom.co Palatio un “casalenum” posto dentro la terra di Policastro “in Convicinio ecclesie s.te Caterine”, confine il casaleno e la casa del detto D. Domenico, la domus di Masi Luchetta, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286, ff. 199v-200v). 17.07.1607. Hijeronimo Lamanno vende a Vergilio Catanzaro, la “domum palatiatam” posta dentro la terra di Policastro, “in Convicinio Ecc.e sante Caterine”, confine un’altra domus del detto Vergilio, il casalenum di Joannes Palatio, l’orto di Fran.co Paudari ed altri fini, insieme al “casalenum” posto nel loco predetto “ante ianua domus p(raedi)tta” e la via pubblica (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 028-029). 10.09.1608. Relativamente alla vendita effettuata da Hijeronimo Lamanno nei confronti di Vergilio Catanzario di una “domum palatiatam” posta dentro la terra di Policastro, in convicino della chiesa di S.ta Caterina, confine la domus di detto Vergilio, l’orto di Fran.co Paudari, ed altri confini, il detto Vergilio completa il pagamento del prezzo di vendita (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 101-102). 10.09.1608. Joannes Fran.co Russo vende a Hijeronimo Lamanno, la “domum terraneam” posta dentro la terra di Policastro, in convicino della chiesa di S.ta Caterina, confine la domus di detta chiesa, la domus di Agostino Romani “vinella mediante”, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 102-103). 04.01.1609. Testamento di Cornelia Pecoro, abitante nella “domum terraneam” posta nella terra di Policastro, nel convicino della chiesa di S.ta Caterina, confine la domus del presbitero Dom.co Palatio, la domus di Joanna Mantuta, la via pubblica ed altri fini. Lascia a Gio: Lamantuta, carlini venticinque sopra l’orto contiguo alla sua casa (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 159-159v). 11.01.1609. Testamento di Laura Taranto, abitante nella domus posta nella terra di Policastro, nel convicino della chiesa di S.ta Caterina, confine la domus di Caterine Dardano, ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 159v-160). 03.01.1618. Prospero Carrozza vende a Hijeronimo Lamanno, la domus palaziata con un “catoijo” dove si teneva paglia, posta dentro la terra di Policastro nel convicino della chiesa di S.ta Caterina, confine l’orto di Petro Paulo Serra “vallone mediante”, le domos della quondam Lucretia Turana, la via pubblica ed altri fini. La detta domus era stata acquistata dal detto Prospero dal quondam Joannes Battista Favari (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 291, ff. 076v-077v). 04.02.1618. Davanti al notaro si costituiscono i coniugi Salvatore Levato e Laura Cancello, assieme a Fran.co de Miglio, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra il detto Fran.co e Caterina Levato figlia dei detti coniugi. Appartenevano alla dote i beni lasciati dalla quondam Minichella Scavino, zia della futura sposa, tra cui una casa terranea posta dentro la terra di Policastro, nel convicino della chiesa di S.ta Caterina, confine la casa di Fran.co Paudari e la via pubblica da due parti (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 291, ff. 078v-081v). 04.05.1618. Il presbiter D. Dominico Palatio vende al serviente Paulo Luchetta, la “domum terraneam” posta nella terra di Policastro nel convicino della chiesa di S.ta Caterina, confine la domus di detto Paolo “a parte inferiore”, il casalenum appartenuto al quondam Andrea Grispini, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 291, ff. 093v-094v). 15.09.1625. Il presbitero D. Joannes Baptista Favari, circa 12 anni prima, aveva venduto a Prospero Carrozza, una casa palaziata posta dentro la terra di Policastro nel convicino di S.ta Caterina. Il detto Prospero però non aveva pagato né era in condizione di farlo. Al presente, il detto presbitero vendeva detta casa a Fiore Palmeri, insieme con la metà dell’orto contiguo incluso “lo celso” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 295, ff. 142v-144). 18.09.1630. Il notaro si porta nella domus palaziata di Fiore Palmeri, posta dentro la terra di Policastro nel convicino di S.ta Caterina, confine la domus del presbitero Joannes Baptista Favari “dittam la turana”, l’orto di Petro Paulo Serra, la via convicinale ed altri fini, per stipulare il suo testamento (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 162v-163). 21.01.1631. Leonardo Caccurio vende a Paulo Venturo, la domus palaziata con orto contiguo dove era un “pede magno sicomi”, posta dentro la terra di Policastro nel convicino di S.ta Caterina, confine la domus che era appartenuta alla quondam Lucretia Turana, confine l’orto di Petro Paulo Serra “vallone mediante”, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 298, ff. 004-005). 13.07.1637. Claritia Paudari figlia del quondam Fran.co Paudari, vende a Joannes Laurentio de Pace, il casaleno posto dentro la terra di Policastro nel convicino della chiesa di Santa Catherina, confine la “domum seu ortum” del presbitero D. Parise Ganguzza, il casaleno di detto Joannes Laurentio, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 304, ff. 050-050v). 03.11.1637. Nei mesi passati, i coniugi Nicolao Grosso ed Elisabetta Palazzo, avevano venduto a Laurentio de Pace, il casaleno posto dentro la terra di Policastro nel convicino di S.ta Caterina, confine la domus di detto Laurentio, la via pubblica ed altri fini. Al presente i detti coniugi ricevevano il denaro pattuito (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 304, ff. 101-101v). 21.02.1638. Hyeronimo Salerno vende ad Andrea Cavarretta, la “Continentiam domorum” costituita da 3 camere, con “Cortilem inferioribus, et superioribus”, cui andava incluso un “orticellum Contiguum”, posta dento la terra di Policastro nel convicino della chiesa di “Sante Caterine”, confine la domus di Laurentio de Pace, i “sicomos” di Petro Paulo Serra “vallone mediante”, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 305, ff. 023-024). 21.02.1638. Davanti al notaro si costituiscono Isabella Marrazzo, vedova del quondam Valentio Jordano, e Hyeronimo Salerno. Negli anni passati, detto Gerolimo aveva venduto a detto Valente, due case poste dentro la terra di Policastro nel convicino della chiesa di “santa Caterina”, confine “li Celsi” di Petro Paulo Serra, “vallone mediante”, e le case di Laurenzo de Pace che erano appartenute al quondam Virgilio Catanzaro, “della parte di sotto il Cortiglio”, per il prezzo di ducati 18, relativamente al quale si era impegnato a pagare l’annuo censo di carlini 12. All’attualità la detta Isabella, non avendo il denaro per continuare a pagare il censo, retrocedeva le case a detto Gerolimo per il medesimo prezzo (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 305, ff. 024-025). 28.02.1638. Davanti al notaro compaiono D. Aloisia de Angelis, vedova ed erede del quondam Justuliano Cirisani, e Hyeronimo Poerio. La detta Aloisia asseriva che suo marito aveva comprato dal Cl.co Lutio Venturi, procuratore del monastero di S.ta Maria della Spina, un “ortale” arborato di “Celsi” posto dentro la terra di Policastro nel convicino di “Santa Caterina”, confine l’orto di detta chiesa, l’orto e casalino di Gio: Thomaso Scandale, la via pubblica ed altri fini, impegnadosi a pagare l’annuo censo di carlini 15. All’attualità la detta Aloisia retocedeva il bene al detto Gerolimo che s’impegnava a pagare lo stesso censo al monastero (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 305 ff. 025-025v).
[lv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 288, ff. 091v-092v.
[lvi] 02.11.1634. Petro de Mauro vende a Hijeronimo Salerno, la “Continentiam domorum cum Cortiles, et orto” consistente in 6 membri palaziati posta dentro la terra di Policastro nel convicino di S.ta Caterina, confine l’orto di D. Parise Ganguzza, il casaleno di Nicolao Grosso, i “sicomos” di Petro Paulo Serra “vallone mediante dittus la vasilea”, le vie pubbliche ed altri confini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 301, ff. 152-153v).
[lvii] “Nell’anno 1520 si ritrovò sotto la muraglia a canto il tempio antico di S.ta Caterina un Idoletto Piccolo d’Ercole alto un buon Palmo, qual’era di Bronzo con in mano la Clava …”. Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[lviii] 20.08.1607. Nella dote di Julia Niele che andava sposa a Thomaso Autimari del casale di Cellare, pertinenza di Cosenza, figura “la vasilea harborata di celsi confine le mura della terra, et l’orto di Fran.co paudari” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 032v-033v). 28.05.1617. Joannes Laurenzo Corigliano dichiarava che suo padre Joannes Fran.co, aveva venduto a Cesare Truscia il “casalenum” posto dentro la terra di Policastro loco detto “la vasilea”, confine l’orto di Fran.ci Paudari “et murii ditte Civitatis”, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 291, ff. 025v-026). 25.11.1623. Alla dote di Beatrice Bonanno che andava sposa a Joannes Baptista Lanzo, apparteneva “la vasilea” che era stata del quondam Fran.co Bonanno suo padre, confine l’orto di Fran.co Paudari, l’orto di Filippo Carise, “li celsi” di Petro Paulo Serra ed altri fini. (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294, ff. 115v-119). 27.08.1631. Alla dote di Catherina Bonaccio che andava sposa a Petro de Mauro, apparteneva una continenza di case poste dentro la terra di Policastro, nel convicino di Santa Caterina dove si dice “la vasilea”, confine l’orto che era appartenuto al quondam Fran.co Paudari e “le mura della Citta ditte similm.te la vasilea”, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 298, ff. 061-062v).
[lix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 170-172v.
[lx] 24.10.1620. Il chierico Scipione Popaianni vendeva ad Andrea de Pace, la “Continentiam domorum palatiatorum”, posta dentro la terra di Policastro nel convicino della chiesa di “Santi petri”, confine la “logettam domorum” del quondam Marco Antonio Coco, l’orto e il “palazzettum” di quest’ultimo ed altri fini; nonché l’orto “arboratum sicomorum” posto nello stesso loco, confine la detta continenza di case palaziate, l’orto della venerabile chiesa di Santa Caterina, l’orto del detto quondam Marco Antonio ed altri fini; nonché un altro “orticellum”, confine il detto orto, “et ripas dittas le catarrata et vallone ditto le Catarrata”, confine i “sicomium et Casalenos” del quondam Julio Jannino ed altri fini, con il patto che rimanesse al detto Scipione, la “Camera” confinante con la via pubblica ed i detti orti, dove al presente abitava Isabella Spolvera (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 292, ff. 068-069). 16 agosto 1621. Per consentirgli di ascendere all’ordine sacerdotale, Andrea de Pace donava al clerico Joannes Thoma suo figlio, i seguenti beni: la “continentia domorum” con orto contiguo arborato “sicomis”, posta dentro la terra di Policastro nel convicino di “Santi Petri”, confine la domus degli eredi del quondam Marco Antonio Coco, il “vallonem dittum le catarrata”, l’orto di Santa Caterina ed altri fini, che detto Andrea aveva comprato dal Cl.o Scipione Popaianni (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 293, ff. 049-049v). L’ultimo di febbraio 1638, Donna Aluise o Aloisia de Angelis, vedova ed erede del quondam Justuliano Cirisano, asseriva che suo marito aveva comprato dal Cl.co Lutio Venturi, procuratore del monastero di S.ta Maria della Spina, un “ortale” arborato di “Celsi” posto dentro la terra di Policastro “nel Convicinio di santa Caterina”, confine “l’orto di detta chiesa”, l’orto e casalino di Gio: Thomaso Scandale, la via pubblica ed altri fini, impegnadosi a pagare l’annuo censo di carlini 15. All’attualità la detta Aloisia retocedeva il bene a Hyeronimo Poerio che s’impegnava a pagare lo stesso censo al monastero (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 305, ff. 025-025v). 22.02.1643. I coniugi Lupo de Florio e Laura Faraco vendevano a Joseph Giordano un “Ortale sicomorum” dotale posto dentro la terra di Policastro loco detto “la basilea”, confine la domus e l’orto del quondam Hijeronimo Poeri, un altro ortale ed il casaleno del quondam Tiberio Grigoraci, le “Rupas dictae Civitatis” ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 802, ff. 040v-042). 15.08.1655. Alla dote di Vittoria Ritia che andava sposa a Petro de Franco, apparteneva “un pede di Celso” posto dentro la terra di Policastro nel loco detto “la Vasilea”, confine l’orto del quondam Petro Paulo Serra, “vallone” mediante (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 880, ff. 111v-113).
[lxi] “… nell’anno trent’otto del caduto centinaio che successe la sua rovina per quel terribil Terrimoto di tutta la Calabria, accaduto à 27 Marzo nella Domenica delle palme à 21 ora.” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[lxii] 17 dicembre 1630. Il notaro si portava nella domus palaziata di Portia Nicotera, moglie del magister Filippo Schipano, posta dentro la terra di Policastro nel convicino di “santi Petri”, via pubblica mediante, confine la domus di Leonardo Accetta, ed altri fini, per stipulare il suo testamento. La detta Portia istituiva eredi il Cl.o Lupantonio e Isabella Schipano suoi figli. Morendo entrambi senza figli, sarebbe succeduta loro la cappella del SS.mo Sacramento che avrebbe dovuto far servire una ebdommada la settimana in perpetuo. Lasciava a detta cappella la metà del suo orto con “gisterna”, posto dentro la terra di Policastro, nel convicino di “s.to petro” che possedeva in comune ed indiviso con Paulo Nicotera suo fratello. Dichiarava che la “casa nova”, non doveva essere considerata nell’eredità perché avendola fatta detto m.o Filippo con la sua fatica, andava a lui (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 188v-189v). 31 gennaio 1633. Per consentirgli di ascendere all’ordine sacerdotale, il “magister” Philippo Schipano donava al Cl.o Lupo Antonio Donisio, suo figlio, alcuni beni, tra cui la domus palaziata “novam”, posta nel convicino di San Pietro, confine un’altra domus “magna” di detto Philippo, confine l’orto della venerabile chiesa di “Santi Petri” dalla parte inferiore, la domus di Leonardo Accetta, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 300, ff. 008-008v).
[lxiii] “… la notte seguente, verso le cinque in sei ore, da più orribile terremoto furono abbatute alcune Città, Terre e Castelli (…) Policastro città fu abbattuta dalle fondamenta”. Boca G., Luoghi sismici di Calabria, 1981, p. 220.
[lxiv] “… che Policastro per essere d’alto sito, ed arenoso, fosse il più danneggiato nella Comarca in trecento cinquanta tre tra Templi, Palaggi, e Case atterrati, secondo il Conto di Luzio Orsi.” Mannarino F. A., cit.
[lxv] 09 agosto 1644. Catharina, Julia e Feliciana Caruso, vendevano a Simione Lomoio il “Casalenum” che gli era pervenuto dall’eredità di Hijeronimo Ammannito loro padre, posto nella terra di Policastro “in Convicinio Sanctae Mariae Gratiarum Ecclesiae ad p(raese)ns Parochialis in loco Sancti Petri deruti in loco ubi dicitur la timpa delli Napoli”, confine la domus di Marco Maltise “muro coniuncto”, la domus di detto Simionis via mediante ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 803, ff. 079v-080v).
[lxvi] 03.06.1639. Su richiesta del Cl.co Joannes Dom.co Campana, figlio del quondam Camillo, il notaro si portava nella “barraccam ubi habitabat” detto quondam Camillo, posta dentro la terra di Policastro nel convicino della “Cappella sive barracca santa Catherina”, confine la “barraccam” del quondam Fran.co Grosso, gli eredi del quondam Berardino Lamanno e la via pubblica da quattro lati, per redigere l’inventario “seu ripertorio” dei beni del morto. Tra questi vi era una “Continentia di Case dirute, et fragasciate del terrimoto consistenti in quattro menbri scoverte, et sciollate”, poste nel convicino di Santa Caterina, confine il casalino degli eredi del quondam Berardino Lamanno e la via pubblica da due parti, con quattro “orta circum, circa dette Case derute uno delli quali vie fundata la barracca di detta chiesa di santa Caterina l’orto grande confine dette Case derute”. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 306, ff. 057-058v.
[lxvii] 17 aprile 1644. Per la sua devozione verso la chiesa di Santa Caterina ed i suoi confrati, Francisco Greco donava “ad beneficium, et reparationem praefatae Ecclesiae”, e per essa, al suo procuratore Julio Berricello, la metà delle “frondes suorum sicomorum”, pervenutegli dall’eredità dell’olim Finitia Calendino (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 803, ff. 045v-046). 06.03.1646. Nel suo testamento, Blasio Ritia lasciava tre ducati alla “fabrica della Chiesia de S.ta Catarina” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 084v-087).
[lxviii] 27.04.1644. Nell’atto si stabilisce che la parte inadempiente, avrebbe dovuto pagare la somma di ducati 100, alla venerabile chiesa di Santa Caterina “per reparatione della nova fabrica di detta Chiesia” (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 803, ff. 049v-050v). 01.09.1645. Nell’atto si pattuiva che, la parte eventualmente inadempiente, avrebbe dovuto pagare ducati 10 alla chiesa di Santa Caterina “per riparo di essa” (ASCZ, Notaio G.M. Guidacciro, Busta 182 prot. 804, ff. 109-111; foto 114-116). 22.10.1645. Nell’atto si pattuiva che la parte inadempiente all’accordo, avrebbe dovuto “pagare alla Nova Chiesia di Santa Catharina, che inatto si stà fabricando”, ducati 10 “per riparat.ne di essa” (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 804, ff. 154-155v).
[lxix] 30 aprile 1644. Martino Vecchio vendeva a Petro Joannes Vivacqua, due “Casalena cum orto conticuo arborato cum uno Pede sicomoris”, posti dentro la terra di Policastro “in convicinio Sancti Petri deruti Ecclesiae Parocchialis, ubi ad p(raese)ns fabricatur nova Ecclesia sub titulo Sanctae Catharinae Virginis, et Martiris”, confine la domus di Antonino Pollaci, la domus di Philippo Schipani, “muro coniuncto”, ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 803, ff. 053-054v). 03 maggio1644. Su richiesta di Feliciana Cavarretta, moglie di Philippo Schipani, il notaro si portava nella domus del detto Philippo, posta dentro la terra di Policastro, nel convicino della chiesa di “S.ti Petri dirutae”, confine la domus di Antonino Pollaci, “muro coniunto”, la via pubblica ed altri fini per stipulare il testamento di detta Feliciana. La testatrice lasciava alla “Chiesia, che si stà fabricando di S.ta Cat.na”, “le porghe, seu Celsi” loco detto “la Vasilea”, territorio di Policastro, confine “li Celsi” di detta chiesa, “li Celsi” del Cl.co Carlo Richetta “vallone” mediante ed altri fini, con la clausola che dette porghe non si potessero né vendere né alienare (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 048v-050). 12.01.1646. Il R. presbitero Joannes Paulo Blasco, assieme a Delia Callea, vedova dell’olim Marco Antonio Guarani, vendevano al chierico Hyeronimo Coco, il casaleno che possedevano in comune ed indiviso, posto dentro la terra di Policastro, nel convicino della chiesa parrocchiale “sub vocabulo Sancti Petri, ubi ad p(raese)ns edificata est nova Ecc.a Sanctae Catherinae Virginis et Martiris”, confine la domus terranea di Antonino Pollaci, “à parte inferiori et Orto conticuo praefati Antonini”, la domus di Ippolita Misiano “à parte superiori muro coniuncto” ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 805, ff. 006-007v). 06.02.1646. Nei giorni passati, il serviente della corte Domenico Valente, dietro lettera esecutoriale spedita il 27.01.1646 dalla “Corte del Mag.co Baglivo” di Policastro, su istanza del C. Gerolimo Coco, aveva provveduto a fare esecuzione contro Julia Lomoio di Policastro, vedova dell’olim Francisco Nigri, relativamente ad una casa terranea posta dentro la terra di Policastro nel convicino della parrocchiale di “S. Pietro”, “dove al p(rese)nte si stà edificando la nova Chesa di Santa Catharina”, confine il casalino di Antonino Pollaci, “della parte di sop.a”, la casa terranea degli eredi dell’olim Burtio Carbone ed altri fini. Joannes Gregorio Catanzaro, ordinario serviente della corte di Policastro, incantava detta casa a Joannes Dominico Guzzo per la somma di ducati 10 (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 805, ff. 015-017). 09.02.1646. Joannes Dominico Guzzo vendeva al C. Hyeronimo Coco, la domus terranea precedentemente acquistata all’asta, posta dentro la terra di Policastro nel convicino della chiesa parrocchiale di “S. Pietro”, “ubi ad p(raese)ns edificata est nova Ecclesia sub vocabulo Sanctae Catherinae Virginis et Martiris”, confine il casalino di Antonino Pollaci “à parte superiori”, la casa terranea degli eredi dell’olim Burtio Carbonis “à parte inferiori”, ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 805, ff. 017-018v).
[lxx] 29.09.1645. Il Cl.co Jeronhimo Coco, prendeva in prestito un capitale di ducati 50 alla ragione del 10 % in monete d’argento e “Zicchinis” d’oro, impegnandosi a pagare l’annuo censo di ducati 5 al R. D. Joannes Andrea Romano. Tra i beni posti a garanzia nell’occasione, troviamo il “Palatium magnum cum Orto conticuo, et Gisterna”, consistente in “pluribus membris”, posto dentro la terra di policastro, “in convicinio novae Ecclesiae sub titulo Sanctae Catharinae Virginis, et Martiris via publica mediante”, confine la domus di Marco Lomoio, vinella mediante, ed altri fini. ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 804, ff. 138-141. 18.07.1647. Hijeronimo Coco vende a Leonardo Crocco, la domus terranea posta dentro la terra di Policastro nel convicino della venerabile chiesa di S.ta Caterina “nova”, confine la domus della vedova di Burzi Carbone, la domus di Philippo Schipano, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 874, ff. 061-062v). 18.07.1647. Laura Blasco vende a Leonardo Greco, la domus terranea posta dentro la terra di Policastro nel convicino della venerabile chiesa “nova” di S.ta Caterina, confine la domus di Francisco Guzzo, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 874, ff. 062v-063v).
[lxxi] 1600: “Capp.nus seu Confratres S. Catherinae t(er)rae Polic.i cum cathedratico cerae librarum quatuor”, non comparve. 1601: “Cappellanus seu Confr(atr)es S.tae Catherinae t(er)rae Policastri cum Cathedratico cerae librarum quatuor”, comparve con la solita cera. 1602: “Cappellanus seu confratres S(anc)tae Catherinae t(er)rae Policastri cum cathedratico cerae librarum quatuor”, non comparve. 1603: “Cappellanus seu confratres s(anc)tae Catherinae t(er)rae Policastri cum cathedratico cere librarum quatuor”, comparve. 1604: “Cappellanus seu confraternitas S. Catherinae t(er)rae Policastri cum cathedratico cerae lib(rarum) quatuor”. 1605: “Cappellanus seu confratres S(anc)tae Catherinae terrae Policastri cum cathedratico cere librarum quatuor” comparve e pagò. 1605: “Cappellanus seu confratres s(anc)tae Catherinae terrae Policastri cum cathedratico cere librarum quatuor”, comparve. 1606: “Cappellanus seu Confratres S. Catherinae t(er)rae Policastri cum cathedratico cerae librarum quatuor”, comparve e pagò. 1606: “Cappellanus seu Confratres S.tae Catherinae t(er)rae Policastri cum cathedratico cerae librarum quatuor” pagò. 1607: “Cappellanus seu Confratres Sanctae Catherinae terrae Policastri Cum cathedratico cere librarum quatuor”, comparve e pagò. 1608: “Cappellanus seu Confratres S.tae Caterinae T(er)rae Policastri cum Cathedratico cerae librarum quatuor”, non comparve. 1609: “Cappellanus seu Confratres Sanctae Chaterinae terrae Policastri Cum Cathedratico librarum cerae quatuor”, comparve e pagò. 1610: “Cappellanus seu Confratres Sanctae Chaterinae terrae Policastri Cum Cathedratico librarum Cere quattuor”, non comparve. 1611: “Cappellanus seu Confratres Sanctae Chaterinae Terrae Policastri Cum Cathedratico librarum Cerae quattuor”, comparve e pagò. 1612: “Cappellanus seu Confratres Sanctae Chaterinae Terrae Policastri cum cathedratico cerae librarum quattuor”, comparve e pagò. 1613: “Cappellanus seu Confratres Sanctae Chaterinae terrae Policastri cum cathedratico cerae librarum quattuor”, comparve e pagò. 1614: “Cappellanus seu Confratres Sanctae Chaterinae Terrae Policastri cum Cathedratico Cerae librarum quattuor”, comparve e pagò. 1615: “Cappellanus seu Confratres Sanctae Chaterinae terrae Policastri Cum Cathedratico Cerae librarum quattuor”, non comparve. 1616: “Cappellanus seu Confratres Sanctae Chaterinae Terrae Policastri Cum Catredatico Cerae librarum quattuor”, non comparve. 1617: “Cappellanus seu Confratres S(anc)tae Chaterinae Terrae Policastri cum catredatico cerae librarum quattuor”, comparve e pagò. 1618: “Cappellanus seu Confratres Sanctae Chaterinae Policastri cum catredatico cerae librarum quattuor Comp.t Cum Cera”. 1619: “Cappellanus seu Confratres Sanctae Chaterinae terrae Policastri Cum Catredatico cerae librarum quattuor”, comparve e pagò in cera. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A.
1634: “Rector S. Catharinae cum quatuor libris cerae – Idem de Blasco Rector solvit carolenos octo.” Scalise G. B. (a cura di), Siberene, pp. 24 e sgg. 1635: “Rector S. Catharinae cum quattuor libris cerae Idem obtulit”. 1636: “Rector S. Catharinae cum quatuor libris cerae”, comparve per sé stesso ugualmente l’“Archypresbyter et Rector” ed offrì le quattro libre di cera. 1637: “Procurator S. Catharinae cum quatuor libris cerae”, lo stesso archypresbyter offrì le quattro libre di cera. 1638: “Procurator S. Catharinae cum quattuor libris cerae”, il procuratore Joannes Battista Pollacio offrì. 1639: “Rector Ecc.ae Sanctae Catherinae cum quattuor libris cerae”, lo stesso Archipresbitero offrì le quattro libre sopradette. 1640: “Rector Ecclesiae Sanctae Catherinae cum quattuor libris cerae”, non comparve. 1642: “Rector Ecclesiae Sanctae Catherinae cum quatuor libris Cerae”, lo stesso archpresbytero offrì “uti Rector”. 1643: “Rector Ecclesiae Sanctae Catherinae cum quatuor libris Cerae”, per esso compave m.ro Salvator Desiderii ed offrì. 1644: “Rector Proc.r Ecc.ae Sanctae Catharinae cum quattuor libris cerae”, offrì lo stesso per esso. 1645: “Procurator Ecc.ae Sanctae Catharinae cum quattuor libris cerae Non comp.t max accessit et obtulit”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 26A.
[lxxii] 1646: “Procurator Ecclesiae Sanctae Catharinae cum tribus libris cerae”, comparve ed offrì per esso lo stesso Archipresbitero. 1647: “Procurator Ecc.ae Sanctae Catharinae cum tribus libris cerae” per esso lo stesso archipresbitero offrì. 1648: “Proc.r Ecc.ae S.tae Catharinae cum tribus libris Cerae”, offrì per esso l’archipresbitero Blasco. 1649: “Procurator Ecc.ae Sanctae Catharinae cum tribus libris Cerae”, offrì lo stesso archipresbitero per esso. 1651: “Procurator Ecc.ae S.tae Catharinae cum tribus libris Cerae”, lo stesso archipresbitero offrì per esso. Al margine: d. 0.3.0. 1653: “Procurator Ecc.ae Sanctae Catharinae cum tribus libris cerae”, lo stesso Rev.o Salvatore comparve per esso ed offrì. 1655: “Proc.r Ecc.ae Sanctae Catharinae cum tribus libris cerae”, comparve ed offrì. 1656: “Proc.r Ecc.ae S.tae Catharinae cum tribus libris cerae”, non comparve. 1658: “Procuratorem S. Catharinae cum tribus libris cerae”, comparve ed offrì. 1661: “Proc.r S. Catharinae cum tribus libris Cerae”, non comparve “solvit per R.s Vic.ri foraneum d. 0.3.0. 1662: “Procurator S. Catharinae cum tribus libris Cerae”, comparve ed offrì sei carlini d. 0.3.0. 1663: “Proc.r S. Catharinae cum tribus libris Cerae”, comparve e pagò d. 0.3.0. 1664: “Proc.r S. Catharinae cum tribus libris cerae”, non comparve. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 26A.
[lxxiii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 35A.
[lxxiv] 30.11.1648. I fratelli D.r Lutio e Gio: Fran.co Venturi che, fino al momento, avevano posseduto in comune ed indiviso tutte le loro robbe, tanto quelle ereditarie che quelle comprate, all’attualità se le dividono equamente, facendone due parti. Alla parte del detto D.r Lutio, andavano annui carlini 11 per un capitale di ducati 11, che pagava Dieco Romeo sopra “l’hortali delli Celsi”, uno posto “sotto la rupa di S. Catarina”, l’altro contiguo alle case che erano appartenute di D. Minico Palazzo (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 875, ff. 109v-114).
[lxxv] 23.05.1604. Alla presenza del notaro, si costituiscono da una parte Dianora Scalise, vedova del quondam Hieronimo Jannini, insieme a Joannes Dom.co Accetta, genero della detta Dianora, madre di Andriana Jannini e, dall’altra, il giudice Jo: Thoma Richetta, in merito ad una questione sorta relativamente ad una “possesionis olivis arborata”, sita nel tenimento di Policastro, in loco detto “sotto s.ta Caterina iusta possessionem Nicolai Guidacciro, iusta heredum q.m diaconi Jo(ann)es Petri Corigliani viam publicam et alios fines”. La possessione promessa in dote ai coniugi Joannes Dom.co ed Andriana dalla detta Dianora, mediante capitoli matrimoniali stipulati davanti al notaro da Joannes Fran.co Accetta, era stata poi venduta al Richetta (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 12v-13v). 09.09.1605. Pompeo Tabernense, “ordinario serviente Regie Curie policastri publico banditore”, nonchè commissario specialmente deputato da parte della curia di Policastro, dietro istanza di Joannes Paulo Milea contro Joannes Ant.o Palmerio “Jaconum salvaticum”, in relazione ai capitoli matrimoniali stipulati tra il detto Joannes Paulo ed Elisabetta Palmerio, provvedeva a fare esecuzione dei beni del detto Joannes Ant.o, tra cui vi era l’ortale posto nel territorio di Policastro loco detto “sotto santa Caterina” che, posto all’incanto, rimaneva aggiudicato a Joannes Fran.co Corogliano (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 124v-125). 28.01.1608. Joannes Fran.co Campitello vende a Joannes Agostino de Cola U.J.D., il “petium terre arboribus sicomorum olivarum et aliorum arborum domesticorum”, posto nel territorio di Policastro loco detto “sotto santa Caterina”, confine i beni degli eredi del quondam Ferdinando Nigro, i beni di Vincenzo Callea, Joannes Fran.co Coroliani, la via pubblica da due lati ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 057-058). 04.09.1608. Al fine di poter accedere all’ordine sacerdotale, Joannes Thoma Richetta “iudex terre policastri”, dona al figlio chierico Jacinto Richetta, alcuni beni tra cui: un “petium terre” arborato con “olivarum et mendole”, posto nel territorio di Policastro nel loco detto “sotto santa Caterina”, confine i beni di Nicolao Guidacciari, i beni della detta chiesa, la via pubblica ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 099-100). 08.11.1609. La “soror” Costantia Nigra vende a Joannes Furesta alcuni beni, tra cui: un ortale “arboribus arboratum olivarum et Citrangolorum” nel loco detto “sotto s.ta Caterina”, confine i beni di Vespesiano Blasci, i beni di Ottavio Accetta, la via convicinale, il “Jardenum” che fu di Alisandro Circhioni, gli eredi del quondam Hijeronimo Grandinetti ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 152-155). 28.06.1610. Dopo aver stipulato un “Compromisso” alla presenza degli arbitri Fabio Caccurio e Gio: Paulo Accetta, i fratelli Fabritio e Ottavio Accetta, fanno stipulare l’atto con il quale si impegnano vicendevolmente a non molestarsi, e si dividono tra loro alcuni beni, tra cui una parte del vignale di “sotto s.ta Caterina” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287 ff. 191-191v). 31.05.1617. Caterina Furesta, figlia di Joannes Furesta e moglie di Scipione Misiani, testimoniava che, in merito alla sua dote, aveva ricevuto alcuni beni stabili, tra cui il “petium terre arboratum Citrangulorum olivarum et sicomorum et aliarum arborum fruttiferorum cum vinea intus p(raedi)ttum petium terre”, posto nel territorio di Policastro loco detto “sotto santa Caterina”, confine i beni di Vespesiano Blasci, il “viridarium” del SS.mo Sacramento ed altri fini. Al presente donava tali beni al chierico Leonardo Jacinto Misiano suo figlio, così che potesse attendere “in scolis humanitatis literarum” ed ascendere agli ordini sacerdotali (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 291, ff. 026-027). 03.03.1624. Laurentio Ceraldo, ordinario serviente della regia curia di Policastro, dietro istanza di Joannes Dom.co Caccuri, contro Joannes Paulo Accetta e Joannes Thoma Cepale, dopo i “solita banna in platea publica” ed avere acceso la candela “in platea publica”, incanta a Joannes Berardino Dardano di Mesoraca, alcuni beni di Joannes Paulo Accetta, tra cui: la possessione arborata “olivarum, viniae et arangorum” posta nel loco detto “sotto santa caterina”, confine i beni della “Cappelle Corpus Cristi”, i beni di Scipione Misiani, i beni di Gregorio Bruna, i beni del q.m Ferdinandi Cerantonio ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 295, ff. 013v-014v). 15.12.1629. Per consentirgli di ascendere agli ordini sacri, Elisabetta Corigliano vedova del quondam Joannes Thoma Richetta, dona al Cl.o Carlo Leonardo Richetta suo nipote, alcuni beni, tra cui un pezzo di terra arborato “olivarum” posto “sotto Santa Caterina” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, f. 072). 25.02.1631. Auleria Cavarretta vedova del quondam Joannes Vincenzo Coco, permuta la sua vigna posta nel loco detto “Cropa”, con un ortale arborato “sicomorum, cum uno pede ficis” e “Celsi” di Hijeronimo Coco, che era appartenuto al quondam Joannes Berardino Coco, avuncolo di detto Hijeronimo, posto nel territorio di Policastro loco “sotto Santa Caterina”, confine i beni di Bursio Carvune, l’“olivetum” di Jacobo de Vona, “et a parte superiore ripam”, la vigna di Julio Verricelli, la via pubblica ed altri fini, gravato dal peso di annui carlini due nei confronti di Laura Blasco, figlia del quondam Vespesiano Blasco (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 298, ff. 023-024v). 04.11.1631. Le sorelle Dianora, Diana e Camilla Accetta di Policastro, “virgines in capillo”, stante l’inabilità di Gio: Paulo Accetta ,loro padre poverissimo vecchio e cieco, donano al Cl.o Innocentio Accetta, loro fratello, un “vignale seu clausura” arborato con diversi alberi fruttiferi, “Cerse olive Celsi et uno pede di aranco”, che asserivano di possedere da più anni, in virtù di decreto della Regia Corte di Policastro, in relazione alla dote della quondam Innocentia Fera loro madre, posto nel territorio di Policastro loco “sotto santa Caterina”, confine i beni “seu giardino” del SS.mo Sacramento, i beni di Camillo Cerasaro e Gio: Gerolimo Blasco (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 298, ff. 077-077v). 27.08.1633. Il Cl.o Joannes Berardino Accetta vende al presbitero D. Joannes Paulo Mannarino, il “vinealem arboribus olivarum, et ficum” posto nel territorio di Policastro loco detto “sotto santa Caterina”, confine i beni di Gio: Gerolimo Blasco dalla parte superiore e la vigna del quondam Gregorio Bruno (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 300, ff. 051-052). 09.04.1634. Davanti al notaro compaiono Burtio Carvune e Dieco Cavarretta, figlio di Filippo Cavarretta, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Didaco e Vittoria Carvune, figlia di detto Burtio. Apparteneva alla dote un vignale arborato di “Celsi, et fico” loco detto “sotto santa Caterina”, gravato dal censo annuale di 1 tari alla sig.a Laura Blasca. (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 301, ff. 072-073v). 19.04.1636. Davanti al notaro compaiono D. Joannes Fran.co Rocca, vicario foraneo di Policastro e procuratore del pio monte di maritaggi lasciato da Gregorio Bruna, ed il R.do D. Parise Ganguzza. Tra le robbe del detto quondam Gorio messe all’asta nella publica piazza, vi era la possessione arborata di “Celsi, et vigne” di “sotto santa Caterina”, che rimase aggiudicata al R.do D. Parise Ganguzza (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 303, ff. 042v-048). 24.11.1638. Davanti al notaro compaiono Auleria Cavarretta, vedova del quondam Vicenzo Coco, assieme a Jacobo de Vona, per la stipula dei capitoli relativi al loro matrimonio. Tra i beni appartenenti alla dote, troviamo un ortale di “Celsi” posto nel territorio di Policastro loco detto “sotto Santa Caterina”, confine i beni di Burtio Carvune, Giulio Verricello ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 305, ff. 105v-106v).
[lxxvi] 27.08.1633. Il Cl.o Innocensio, Antonio, Dianora, Diana e Camilla Accetta, fratelli e sorelle maggiorenni, vendono al Cl.o Joannes Berardino Accetta, il “Vinealem arboribus olivarum, ficis” ed altri alberi posto nel territorio di Policastro loco detto “Sotto Santa Caterina”, confine i beni di Joannes Hijeronimo Blasco ed i beni di Gregorio Bruna dalla parte superiore. Tale vignale, inframezzato da un “moraglio”, andava “de piano per derittura di quello di scipione Misiano et detto Giangerolimo, et della parte sotto detto moraglio” restava a detti venditori (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 300, ff. 050-051).
[lxxvii] 25.09.1641. Il C. Innocentio Accetta vende a Catherina Furesta, vedova del quondam Scipione Misiano, il “petium terre” della capacità di ½ “quartocciate” circa, posto nel territorio di Policastro loco detto “sotto Santa Caterina”, confine i beni di detta Catherina, i beni di Joannes Hijeronimo Blasco ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 801, ff. 036v-037v). 07.10.1641. Il R.do D. Parisio Ganguzza retrocede a Catherina Rocca, vedova del quondam Joannes Victorio Fanele, nonchè al C. Carolo Fanele suo figlio, la “possessione” “arborata di Celsi, con vigna, et altri arbori fruttiferi”, posta in loco detto “sotto Santa Caterina” che aveva precedentemente acquistato dal quondam D. Gio: Fran.co Rocca, “Procuratore del Pio monte”, quale lascito del quondam Gregorio Bruno sopra la sua eredità, confine i beni del quondam Scipione Misiano, “della parte di sotto”, la vigna di Giulio Berricello, “vinella et istrata mediante”, “li Celsi” di Gio: Gerolimo Blasco ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 801, ff. 041-042). 10.03.1644. Il C. Carulo Richetta vende ad Andrea Rocciolillo, la “Vineam parvam” posta nel “districto” di Policastro loco detto “sotto santa Catherina” alberata con diversi alberi, confine i “sicomores” di detto C. Carulo via mediante, ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 803, ff. 023-024). 11.05.1644. Come appariva da una scrittura privata del 05.08.1636, Joanne Gregorio Cerasaro possedeva il “Vignale di sotto Santa Catherina” (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 803, ff. 058-061). 07.08.1644. Claritia Foresta, vedova dell’olim Joannes Baptista Pinelli, assieme a Catharina Foresta, vedova dell’olim Scipione Misiani, vendono al reverendo presbitero Prospero Meo del castro di S.to Mauro ma, al presente, “incola” in Policastro, l’annuo censo di ducati 3 per un capitale di ducati 30, infisso sopra alcuni loro beni, tra cui la possessione della detta Catharina posta nel “districtu” di Policastro, loco detto “Sotto Santa Catherina” “arboratam sicomorum ficuum, olivarum, et aliorum arborum”, confine i beni del chierico Carolo Fanele, “primo loco” posseduta dall’olim Gregorio Bruno “à parte superiore”, la possessione del “Sanctissimi Corporis Chrixti” ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 803, ff. 077-079). 19.03.1645. Andrea Rocciolillo vende a Lorentio de Pace, la “Vigna piccola” “che adesso se ritrova assai disminuita, et deteriorata”, posta nel territorio di Policastro dove si dice “sotto santa Catharina”, confine i beni del C. Carlo Fanele appartenuti al dominio dell’olim Gregorio Bruna, la via pubblica da due lati ed altri fini che, negli anni passati, aveva comprato dal chierico Carlo Richetta (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 804, ff. 046v-048). 12.04.1647. Nel passato, Gio: Berardino Accetta aveva acquistato da Gio: Vittorio Accetta e figli, una parte di possessione loco detto “Sotto S.ta Caterina”, vendutagli dai figli ed eredi del quondam Gio: Paulo Accetta (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 874, ff. 030v-033). 07.11.1647. Negli anni passati, Petro Poerio aveva comprato da Jo : Fran.co Venturi, la metà di due “Ortali di Celsi”, di cui uno posto dentro il “distretto” di Policastro loco detto “Sotto Santa Catherina”, confine l’altra metà e parte del C. Salvatore Grosso, via pubblica mediante ed altri fini. All’attualità il detto Petro retrocedeva i detti ortali al detto Jo: Fran.co per il medesimo prezzo che, a sua volta, li vendeva a Dieco Romeo per lo stesso prezzo (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 806, ff. 123-124v). 14.09.1654. Davanti al notaro compaiono da una parte, i coniugi Carlo Piccolo ed Innocentia Misiano mentre, dall’altra, compaiono Jacinto e Carlo Misiano assieme a Catarina Foresta, madre e figli. Negli anni passati, in relazione al matrimonio dei detti coniugi, era stata promessa la dote di ducati 150 tra cui figuravano gli annui ducati 30 sopra una casa ed una possessione loco detto “sotto S.ta Catarina”. Tale possessione era gravata dal peso di annui carlini 15 per un capitale di ducati 15 dovuto al R. D. Prospero Meo che si accollava il detto Carlo (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 113-114).
[lxxviii] Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[lxxix] 10.01.1605. Vespesiano Blasco vende a Vincentio Callea, un “vinealem” dove si trovavano “certi pedis oleastri”, posto nel territorio di Policastro nel loco detto “sotto santa Caterina alias lo piro cioè sotto lo moraglio ipsius Jo(ann)is vincenti quod emit ipsius Vespasiani” ed il q.m Fran.co Ant.o Blasco suo fratello ad annuo censo, confine “della parte di sotto la timpa timpa” con l’altro vignale dello stesso Vespasiano “justa sicomos Isabelle riccie et alios fines” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 87-88). 11.06.1605. Vespesiano Blasco vende a Gioanni Ant.o Palmerio, un pezzo di terra posto nel territorio di Policastro “ubi dicitur lo piro in Certe timpe à vineale quod tenet jo(ann)e Vincentius Callea iusta viam publicam et iusta bona Constantia campane et vulgariter dicendo, lo frunte frunte cioe della sciolla et lo frunte che della parte di sopra ciè una aliva e terreno diesso vespesiano e detto terreno sintende deli frunte insu della sciolla destara parte l’acquaro che al p(rese)nte va alle molina de iuso, et lo terreno della parte di sotto la sciolla seu timpa sin sino all’acquaro resta per esso vespesiano” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 107-107v).
[lxxx] 19.11.1604. Gelsi, terreni ed olive che si trovano dall’una e dall’altra parte “del fiumme loco ditto soleo, et salamune”, lasciati dalla quondam Narcisa Jiraci, madre del quondam Francesco Antonio e di Vespesiano Blasco. (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 71-76). 31.05.1615. Vespesiano Blasco cede a Burtio Carvune, il “petium terre” posto nel territorio di Policastro loco detto “salamune a parte inferiore acquari quod vaditur in molendinis dittis de abascio seu de iusu iusta ripas fluminis solei, et viam publicam quod vadit ad flumen p(raedi)tto solei iusta ortalem sicomi ipsius Vespesiani viam publicam medalte” ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, ff. 027v-028).
[lxxxi] 22.09.1605. Joannes Fran.co Campitello e sua moglie Isabella Rizza, vendono a Joannes Fran.co Corigliano, un “petium terre” posto nel territorio di Policastro “ubi dicitur lo piro sotto santa Caterina”, nel quale vi erano un piede d’olivo ed un piede di mendola, “lo moraglio moraglio delle granata Cioe lo moraglio della parte di sop.a la cona la via publica di dui parti Cioe luna va in salamone, et l’altra nelle molina de abascio Justa sicomos ipsorum Fran.ci et Isabelle” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 134v-135v). 19.03.1618. Hijeronimo di Maijda de Tomasello, vende a Joannes Hijeronimo Blasco, il “vignale” o “pezzotto di terreno arborato di celsi et olive loco ditto sotto santa Caterina”, confine “l’istrata publica che si va alle molina di abascio”, i gelsi ed il terreno di D. Dom.co Palazzo, il vignale degli eredi della quondam Laura Coco ed il terreno di Gio: Paulo Accetta (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 291, ff. 089-090). 16.01.1620. Il presbitero Joannes Fran.co Palatio, utile erede del quondam presbitero Dominico Palatio che, nel recente passato, aveva pignorato a Sanzone Salerno l’“ortale sicomorum arboratum cum uno pede olive”, posto nel “tenimento” di Policastro in loco detto “socto santa Caterina”, confine la “viam publicam qua discenditur loco ditto salamune”, la “viam publicam quam discenditur in molendinis de iuso”, il “petium terre” di Joannes Laurentio Corigliani “a parte superiore”, l’ortale di Scipione Misiani ed altri fini, considerata la volontà del detto Sanzone di redimere tale suo possedimento, riceve il denaro dovuto (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 292, ff. 003-004).
[lxxxii] 09.02.1647. Joannes Gregorio Cerasaro vende a Catharina Foresta, vedova dell’olim Scipione Misiani ed a Carolo Misiano, madre e figlio, uno “Ortale seu Vineale” “arboratum olivarum” di circa 2 tomolate di capacità, posto “in tenim.to” di Policastro “et pp.e ubi dicitur sotto santa Catherina”, confine la vigna di Jo: Hyeronimi Blasco “à parte superiore”, i “Molendina vulgo dicto di Suso” “à parte inferiori”, i beni di detti di Foresta e Misiano ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 806, ff. 019-021).
[lxxxiii] 22.08.1653. La vedova Delia Callea vende per ducati 500 a Joannes Jacobo Natale, figlio di Jo: Dom.co, il “Viridarium seu Possess.nem” arborata con “sicomoris, ficiis” ed altri alberi fruttiferi, posta nel “districtu” di Policastro nel loco detto “Cimicicchio”, confine i beni di Marcello Leuci, via mediante “ex parte inferiori”, i beni di Didaco Romeo, le “ripas d.ttae Civ.tis nuncupatas de S.ta Cat.na”, le “vias publicas” ed altri fini (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 053-056).
[lxxxiv] 25.02.1620. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 292, ff. 011-013v.
[lxxxv] 15.11.1644. Delia Callea, vedova del quondam U.D. Marco Antonio Guarano, vende al Rev.s D. Prospero Meo “hic Policastri Beneficiato”, l’annuo censo di ducati 10 infisso sopra alcuni stabili, tra cui il “Praedium seu Possessionem” detta di “Cimicicchio”, “arboratam seu consitam sicomis, fiquibus” ed altri alberi fruttiferi, “iuxta timpas de Napoli, de Sancta Catharina, et viam quae ducit ad Molendina Aquarii” ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 80, ff. 117-118v).
[lxxxvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37 A.
[lxxxvii] “In Civitate Policastri est Ecc.a Archipresbyteralis sub titulo Sancti Nicolai Pontificis, quae tribus ab hinc Annis vacat propter tenuitatem reddituum, Curam Animarum exercet Vice Parochus, sed, Deo adiuvante, curabo, ut eidem Ecc.ae Archipresbyteralia uniatur alia Ecc.a Parochialis sub titulo Sancti Petri Apostoli dictae Civitatis; quae propter tenuitatem reddituun etiam vacat. (…) “Alia est Ecc.a Parochialis sub titulo S. Petri Apostoli, quae, ut dictum fuit propter tenuitatem fructuum vacat, sed eius curam interim exercet Oeconomus idoneus, et approbatus.” ASV, Rel. Lim. Santa Severina, 1675.
[lxxxviii] 17 luglio 1669. “Pro Antonio Curti, de terra Policastro, subdiacono S. Severinae dioc., licentia recipiendi ordines extra tempora ab Ordinario.” (Russo F. Regesto, VIII, 41792). Novembre 1676. “De parochiali ecclesia S. Petri, loci Policastro, S. Severinae dioc., cuius fructus 12 duc., vac. per ob. Scipionis Callea ab anno 1673 def., providetur Antonio de Curtis, pbro diocesano.” Russo F., Regesto VIII, 43721.
[lxxxix] Giugno 1690. “De parochiali ecclesia S. Petri, loci de Policastro, S. Severinae dioc., cuius fructus 24 duc., vac. per ob. Amilcaris de Curtis, a quatuor mensibus def., providetur Fabritio de Martino, pbro diocesano.” (Russo F., Regesto IX, 46220).
[xc] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 29A.
[xci] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B, fasc. 1.
[xcii] Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[xciii] “Altretanto poi come in due Piedi termina il resto dell’Aquilone nella nuova Porta de’ Francesi, ov’era il Quartiero di quella Nazione, dall’Austro nella quinta Porta di Santa Caterina, che più ferisce all’oriente, lungo le mura di quel vecchio Tempio, ad’essa Santa Vergine, e Martire consagrato; in cui dal misero avanzo dell’archi, latitudine, longitudine, sepolcri, sito, è di tutta la circonferenza, s’argomenta la di lui grandezza. Se ben tanto antica magnificenza la sappiam per relazione de’ nostri Padri, ed’avi, questi anziani, e quelli di primo Pelo nell’anno trent’otto del caduto centinaio che successe la sua rovina per quel terribil Terrimoto di tutta la Calabria, accaduto à 27 Marzo nella Domenica delle palme à 21 ora.” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[xciv] “Nella Montagna alla parte occidentale in sù da questa parte del fiume Soleo, ben quattro miglia lontano dalla Città, vi era il Monastero di Santa Maria di Cardopiano de’ Padri Basiliani, dà tempi come si crede del Beato Nilo Calabrese Abbate di quel luogo dell’ordine stesso sin presso all’anno mille, e quatrocento circa di quel secolo legasi una sottoscrizione d’un altro Nilo Abbate di quel luogo. E ben della sua chiesa né appariscono ancor le reliquie, e se né conserva il titolo Abbaziale nell’ordinario Paroco di Santo Pietro alla di cui Parochia fù incorporato tutto il Comprensorio di terreno, che circuiva il Convento.” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[xcv] Pesavento A., Clero e società a Petilia Policastro dal Cinquecento al Settecento, www.archiviostoricocrotone.it
[xcvi] “Policastrum 2820 Animarum Parochi tres gubernant…”, ASV, Rel. Lim. Santa Severina, 1725.
[xcvii] “Ai giorni nostri di questa chiesa (parrocchia di S.to Pietro nella chiesa di S.ta Caterina ndr.) non rimane che il ricordo in quanto abbattuti i ruderi, l’area è servita per ampliare il Palazzo Municipale con vari uffici. I grandi quadri di S. Pietro e della Vergine del Carmelo, con altri arredi sacri, erano stati portati alla Chiesa Matrice; l’artistico pulpito di noce intarsiato (e forse anche l’organo) alla chiesa di S. Francesco. Il titolo (solamente onorifico) di Abate, trasmesso dalla badia cistercense di S. Maria di Cardopiano al parroco di S. Pietro, è ora conferito all’arciprete «pro tempore»”. Sisca D., Petilia Policastro, 1964, p. 201.
[xcviii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, f. 69.
[xcix] ASCZ, Cassa Sacra, Atti Vari 308/3.
[c] AASS, 24B fasc. 3.
[ci] Sisca D., Petilia Policastro, 1964 rist. 1996, p. 288.
[cii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B fasc. 2.
[ciii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B fasc. 3.
[civ] Rende P., L’abbazia di Santa Dominica in territorio di Policastro, in www.archiviostoricocrotone.it
[cv] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B fasc. 3.
[cvi] “Ecclesia Sanctae Catharinae Virg.s et martyris olim Parochialis, nunc eidem est adnexum Conservatorium piarum foeminarum, de quo infra, et regitur per Procuratorem ab ipsis eligendum, et à me confirmandum. Duo habet Altaria praeter majus, in quo pro uso Religiosarum asservantur Sacrae Specias Eucharisticae, et Sacrum Oleum prò usu earumdem infirmarum.” ASV, Rel. Lim. Santa Severina, 1765.
[cvii] “Conservatorium Mulierum instar Monialium religiose viventium, et regulas Clausurae sponte servantium, cum Clausura minime sit, et sunt numero decem.” ASV, Rel. Lim. Santa Severina, 1765.
[cviii] ASN, fondo Cappellano Maggiore.
[cix] Vivenzio, G., Istoria e Teoria de Tremuoti in generale ed in particolare di quelli della Calabria e di Messina del 1783, Napoli 1783.
[cx] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 86A.
[cxi] ASN, Suprema Giunta di Corrispondenza con quella della Cassa Sacra di Catanzaro.
[cxii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B fasc. 2.
[cxiii] Sisca D., Petilia Policastro, 1964, p. 223.
[cxiv] Sisca D., Petilia Policastro, 1964, p. 302.
[cxv] Sisca D., Petilia Policastro, 1964, p. 201.
Creato il 9 Ottobre 2017. Ultima modifica: 10 Settembre 2024.