La cappella ed il casale di San Demetrio di Policastro
La cappella, l’abitato e le vigne di “Sancti Demetrii”, compaiono già in un atto del 1188, attraverso il quale, sulla scorta di quanto avevano fatto i suoi predecessori (Eugenio III 1145-1153 e Alessandro III, 1159-1181), papa Clemente III (1187-1191) confermò all’abbazia di Santa Maria Requisita, poi detta della Sambucina, i suoi possedimenti, tra cui la “cappellam Sancti Demetrii cum casali et hominibus, terris et vineis, casalinis, hortalibus et omnibus pertinentiis suis”.[i] Possesso confermato alla Sambucina anche successivamente, da Celestino III (1191-1198)[ii] e da Innocenzo III (1198-1216).[iii]
In seguito la grangia di San Demetrio (άγίωυ μεγαλομάρτυρος Διμιτρίου) passò all’obbedienza vescovile. Ciò avvenne in occasione di una permuta riguardante il monastero di S.to Stefano del Vergari, fatta tra Bartolomeo arcivescovo metropolita di Santa Severina e la Sambucina, come c’informano una pergamena greca del giugno 1202[iv] edita dal Guillou, e quelle latine edite dal Pratesi.[v] In questa occasione, con il consenso del capitolo, l’arcivescovo concesse alla Sambucina il monastero pertinente alla propria arcidiocesi, detto “Sanctum Stephanum de Abrigari quod est in territorio Mesurace”, con il consenso del suo abate “domine Cosme”.
Tale concessione tesa ad assecondare la volontà dell’abate sambucinese Luca, di costituire nel territorio di Mesoraca il futuro “capitale monasterium nostre regule de Cistella”, alienando i possedimenti più lontani e riorganizzando quelli rimanenti aggregandoli ai nuovi, avvenne attraverso la permuta di tre grangie appartenenti alla Sambucina, tutte poste in territorio di Policastro: “Sanctum Iohannem de Monticello”, “Sanctam Dei genitricis de Cardoiano” e “Sanctum Dimitrium cum casale et vinea quam ibidem tenebat Sanctus Nicolaus de Pinito”. In tale occasione, poi, si stabiliva che, a compensazione dell’annuo censo di tre libre di cera, percepito dalla chiesa metropolitana di Santa Severina fino a quel momento, per le tre grangie di “Sancte Marie de Archelao”, “Sancti Angeli de Frigillo” e “Sancti Nicolai de Pinito”, appartenenti alla Sambucina, l’abbazia s’impegnava a compensare l’arcivescovo attraverso la cessione di “villanos quatuor in terra Policastri”, alla condizione che, in futuro, l’abate del costituendo monastero sarebbe stato obbligato ad intervenire al sinodo diocesano.[vi]
La grangia
Queste prime notizie ci permettono di evidenziare che San Demetrio, originariamente una “cappellam” autonoma di rito greco, durante la seconda metà del sec. XII era divenuta una dipendenza, o grangia, appartenente all’ordine cistercense, strutturata sulla base di una unità di produzione agricola facente capo ad una chiesa, alla quale appartenevano un insieme di terre e di diritti, con una popolazione, in parte di condizione servile, residente in un casale.[vii]
Anche se le sue vicende sono poco documentate, sembra che questo casale esistesse ancora al tempo del conte di Catanzaro Giovanni Ruffo.[viii] Già in precedenza, infatti, agli inizi del dominio angioino, troviamo un “Sanctus Demetrius” in un elenco che riporta i “terrarum et locorum nomina” del giustizierato di Valle Crati e Terra Giordana,[ix] mentre, attraverso la testimonianza seicentesca di Ferrante della Marra, che riferisce a notizia contenuta nei registri angioini dell’anno 1333-1334, apprendiamo che “Giovanna Ruffo figliuola del Conte di Catanzaro”, portò in dote “Policastro con i Casali” a Goffredo Marzano, conte di Squillace.[x]
Ancora meno chiare risultano le informazioni relative alle vicende successive di questo casale, che ci fornisce il padre Mannarino agli inizi del Settecento. Secondo la sua testimonianza, basata sulla tradizione orale dei locali e su quella che conservavano gli abitanti di rito greco dell’altro “San Demetrio Val di Crate”, presso i quali l’autore affermava di averla raccolta ai suoi tempi, sappiamo che alcuni anziani del luogo, vantavano la loro discendenza dal casale di San Demetrio di Policastro, che i loro padri erano stati costretti da abbandonare ancora fanciulli, a causa dell’insopportabilità dell’imposizione fiscale: “Impertanto riservando per il fine dell’opera, la memoria de’ Monasteri distrutti, è che ora vi sono, ripiglio il discorso per li Casali di Policastro. Era questa Città ornata di molti Casali à torno per quel che si trova registrato ne’ Reggii Archivi di Napoli[xi] e di più il Duca della Guardia nel libro di sue famiglie, e nella famiglia Marzana.[xii] Si sono col tempo parte di q[uesti] abitanti trasferiti altrove; come poco fà, circa l’età de’ nostri Avi; quel di Santo Demetrio Gente Greca [di] Greco Rito, che pur conserva, all’altro San Demetrio Val di Crate, ed io colà ivi apposta portatomi per avere qualch’erudizione; ritrovai dà cinque Vecchi, e molte altre donne nonagenarie, che si vantavano, e pregiavano la discendenza dal nostro San Demetrio, raccont[ando] Domine l’Istoria, che i lor Padri morti più vecchi d’[essi] nacquero nel nostro Casale; e passorno figlioli nel pres.o San Demetrio per non potere tollerare l’imposizioni del nuovo donario, che s’esigeva à parte delli Reggii Fiscali dalla nobiltà, e questa Certa tradizione in p.o Paese è nota à tutti, e più freschi la sanno da lor avi, ò al più Bisnonni.”
A queste affermazioni del Mannarino non fanno riscontro i documenti in nostro possesso, dove non si trova l’esistenza del casale durante i sec. XVI-XVII, come possiamo riscontrare anche durante il precedente dominio aragonese, quando il territorio di Policastro fu ripopolato con gente di rito greco proveniente da Levante. In questo caso, le parole del Mannarino potrebbero forse trovare qualche fondo di verità, in relazione al fatto che, in questo primo periodo, ci fu una certa mobilità tra i diversi luoghi interessati da questo nuovo popolamento.
In potere dell’arcivescovo
Durante l’età moderna San Demetrio continuò ad appartenere all’arcivescovo di Santa Severina. Sappiamo infatti che, ancora alla metà del Cinquecento, essa era una delle chiese di Policastro su cui l’arcivescovo esercitava il proprio diritto di visita, come riscontriamo nel 1559, quando la “ecc.am S.ti Dimitri”, di cui era cappellano “do: sanctus sellictus”, fu visitata dal vicario arcivescovile che, pur trovandola pulita, la rinvenne “discoperta” e bisognosa di tutto il necessario per il culto.[xiii] In relazione invece, alla sua antica dipendenza dall’abbazia di Sant’Angelo de Frigillo, possiamo constatare che, agli inizi del Seicento, come risultava riportato in una “platea veteri”, quest’abbazia, che deteneva ancora numerosi censi “in Terra Policastri” e nel suo “Territorio”, non ne possedeva alcuno riferito alla chiesa di San Demetrio.[xiv]
Altre informazioni che possiamo ricavare dalla documentazione cinquecentesca conservata all’Archivio Arcivescovile di Santa Severina, ci offrono, comunque, qualche riferimento alla sua antica origine abbaziale. In ragione di questa origine, infatti, la chiesa di San Demetrio, non essendo tra i benefici appartenenti al clero di Policastro, non compare nei libri in cui sono annotati i benefici della diocesi che erano tenuti a pagare la quarta beneficiale alla mensa arcivescovile,[xv] mentre possiamo constatare che, pur essendo divenuta una obbedienza vescovile, essa rimaneva comunque una dipendenza abbaziale (una cappella), e come tale non risulta elencata tra le abbazie del territorio, i cui abbati dovevano comparire in sinodo, pagando il cattedratico il giorno della dedicazione della cattedrale di Santa Anastasia.
La chiesa diruta
Lo stato di decadenza ormai irreversibile della chiesa di San Demetrio, testimoniato durante la menzionata visita arcivescovile, risulta evidenziato anche in seguito. Agli inizi del Seicento, comunque, essa era ancora esistente ed in relazione a ciò, gli atti di questo periodo identificano ancora le case vicine “in convicinio eccelsie santi dimitri”.[xvi] L’edificio sacro pur mantenendo la sua identità, aveva comuque ormai perso la propria autonomia all’interno dello spazio urbano cittadino, come segnalavano a quel tempo, alcuni muri appartenenti ad edifici privati congiunti ad esso. Così la chiesa ben presto andò “diruta”, come documenta per la prima volta un atto del 26 giugno 1623,[xvii] finendo per essere inglobata dalle abitazioni circostanti. I documenti dei notari policastresi della prima metà del Seicento ci consentono di circoscrivere il luogo in cui si trovava, a cui accenna anche il Mannarino agli inizi del secolo successivo.[xviii]
In merito a ciò, sappiamo che la chiesa confinava con la casa di Andreana Riccio o Rizza che, a sua volta, confinava con quella di Ottavio de Pace[xix] e con quella di Santoro Sagace.[xx] Quest’ultima confinava con la “viam publicam dell’ulmo” che conduceva nella piazza, e con la domus di Polinitia Costantino “vallone mediante”.[xxi] La vicinanza della chiesa al vallone che discendeva “à Fumerello”[xxii] e alla piazza, è testimoniata da altri documenti. Essa, infatti, confinava con la casa di Joannes Laurentio Cimino “alias fegatale” che, a sua volta, confinava con quelle di Polinitia Costantino, da una parte, e dall’altra con il vallone.[xxiii] Una delle camere della casa di Joannes Laurentio Cimino era “affacciante inansi la potica di Gio: Bapt(ist)a natale”,[xxiv] mentre la parte di questa casa che andò in dote a sua figlia Lucretia, era congiunta al muro della chiesa.[xxv]
Si trovavano congiunti con il muro della chiesa anche due casaleni di detta Lucretia che furono venduti a Spetio Vivacqua.[xxvi] Qualche anno dopo troviamo che la casa palaziata con il casaleno contiguo di Spetio Vivacqua, precedentemente appartenuti al quondam Gio: Laurenzo Cimino, che ora andavano in dote a sua figlia Caterina Vivacqua, si trovavano in parrocchia di San Pietro e confinavano con la chiesa diruta di S.to Dimitri ed il vallone.[xxvii] Con la casa di Spetio Vivacqua, confinava quella del R. D. Santo de Pace[xxviii] che, in qualità di erede del quondam Ottavio de Pace suo padre, aveva altri possedimenti “in convicinio Ecc.e santi dimitri dirute”,[xxix] nelle vicinanze della “piazza” e della chiesa di San Nicola dei Greci.[xxx]
In relazione alla vicinanza con questa chiesa parrocchiale ed a seguito della rovina del suo edificio a causa del terremoto del 1638, troviamo successivamente, che il luogo “ubi dicitur S.to Dimitri”, risultava individuato “in Convicinio Parochialis Ecc.ae S.ti Nicolai Grecorum”.[xxxi] La chiesa non risulta più menzionata in occasione della visita alle chiese di Policastro, compiuta dall’arcivescovo Francesco Falabella nell’ottobre 1660.[xxxii]
Il luogo detto San Demetrio
Agli inizi del Seicento il casale di San Demetrio non esisteva ormai più da diverso tempo, anche se nella località che continuava a conservare il toponimo, posta sopra una vicina altura a nord di Policastro,[xxxiii] rimanevano tracce evidenti dell’antico insediamento umano, testimoniato, soprattutto, dai numerosi appezzamenti coltivati a vigneto e dal passaggio di strade importanti che collegavano il territorio ai luoghi dell’interno.
Diverse decine di atti documentano durante tutta la prima metà del Seicento, la consistenza degli appezzamenti vitati in “loco ditto santo dimitri”, posto in “territorio” e/o “tenimentum”, ovvero in “Districtu” o “distretto” di Policastro, dove esistevano numerose vigne, vignali ed altre possessioni, presenti anche nel luogo detto “lo piscaro”,[xxxiv] accessibili attraverso le vie convicinali, arborate con viti, “sicomorum, ficorum, et aliorum arborum”, tra cui “pomis”, peri, ciliegi e olivi, accanto alle quali vegetavano anche le piante spontanee del luogo: “Cerse”, “visciglie”, “Canne”, “scini”, “piraijni”, salici, pini ed altre. Qui era particolarmente estesa la coltura del gelso, allevato in possessioni, clausure, vignali e ortali alberati di gelsi.[xxxv] Coltivazione particolarmente estesa nei pressi delle numerose grotte che caratterizzavano la località.
L’esistenze delle grotte “in loco detto Santo Dimitri”, risulta già documentata in una platea del 1576, relativa a tutti i redditi, censi e beni pertinenti alla mensa arcivescovile di Santa Severina posti in territorio di Policastro, compilata dal giudice Hieronimo Faraco di Policastro e dal notaro Giovanni Berardino Campana, su richiesta di D. Giovanni Antonio Grignetta, procuratore generale dell’arcivescovo di Santa Severina.[xxxvi]
Maggiori informazioni ci provengono comunque dai documenti seicenteschi che ci testimoniano l’esistenza di numerose grotte,[xxxvii] nelle cui immediate vicinanze si estendevano le coltivazioni,[xxxviii] “et proprie inansi li grutti di santo dimitri”, dove giungevano le “trazze che vanno alli grutti”, ambienti utilizzati per lo stazionamento del bestiame ovi-caprino.[xxxix] In particolare, “avanti li grutti di Santo dimitri” si trovavano diversi appezzamenti coltivati a gelso,[xl] sia nel loco detto “lo chiano”, comprendente il “loco inanzi le grutti”, che in quello detto “sotto le grutti di santi dimitri vallone di traulo”, verso la località detta “lo pantano”.[xli]
Davanti alle grotte passava “la via publica che si va in santo dimitri”,[xlii] che transitava anche in loco detto “lo Zunfo di felice”,[xliii] nella località detta “allo auzinetto”, dove esisteva “la fontana dell’auzinetto”,[xliv] in loco detto “lo vallone di traulo”,[xlv] nella località detta “lo pantano”, ovvero “s.ti dimitri seu pantano”, vicina alle “timpe dello Castelluzzo”[xlvi] (toponimo riferibile all’antico abitato),[xlvii] giungendo ad attraversare il fiume “Cropa”, presso la località detta “lo Canale”,[xlviii] dove giungeva anche il canale corrente detto “lo Canale di S.to Dimitri”.[xlix] A conferma dell’importanza del luogo, vicino alle grotte passava anche “la carrara publica”, attraverso cui si realizzava il trasporto a valle del legname proveniente dalla “Montagna”.[l]
La “Vigna di Monsignore”
Sempre agli inizi del Seicento, la mensa arcivescovile di Santa Severina manteneva nella località gli antichi possedimenti, rappresentati da una vigna, poi estirpata e ridotta a vignale, e da grotte.[li] Possedimenti dati a censo, che risultano confermati anche nel corso di tutto il secolo successivo, quando l’area di “S. Demetrio” continuò a rimanere caratterizzata dalla presenza di vigne.[lii]
Tra le entrate della mensa arcivescovile di Santa Severina in Policastro, riportate nel catasto universale del 1742, troviamo quella relativa al “vignale detto la vigna di Monsig.re d. 001”,[liii] come si riscontra anche successivamente: in una fede prodotta dall’archivista del “Regale Archivio de’ Catasti del Regno” di Napoli il 26 febbraio 1765, dove si attestava che dal catasto onciario di Policastro formato nell’anno 1745, risultava che la Mensa possedeva il “Vignale detta la Vigna di Monsig.re d. 001”,[liv] ed ancora, il 3 novembre 1798, in una fede del cancelliere dell’università di Policastro Simone Mayda, il quale annotava che, dal “Libro catastale” del corrente anno 1798, risultava che tra le voci che componevano la “partita della Mensa Arcivescovile di S. Severina”, vi era la “Vigna di Monsignore d. 001:00”.[lv] A quel tempo (1797), tra i censi perpetui che la mensa esigeva ancora “In Policastro”, vi era quello di 1 ducato che pagava D. Michelang.o Ferraro sopra “la vigna d.a di Monsig.e” e quello di ducati 0.70 che pagava D. Pietro Caitano sopra “le Grotti di S. Domenico” (sic).[lvi]
Verso l’attualità
Dopo il Decennio francese, la località “Vacante di S. Demetrio” risultava tra i “fondi comunali (demaniali)” dati in affitto (1877), attraverso cui “arricchito il bilancio, si potè pensare ad un aspetto più decoroso dei pubblici uffici”,[lvii] mentre la Carta dell’Ing. Giorgio de Vincentiis (1889), accanto all’antico toponimo “S. Demetrio”, riporta il più recente “C.e della Chiesa”. Attualmente, a testimoniare le antiche preesistenze permangono ancora vecchi toponimi, accanto alla nuova toponomastica che trae origine e trova riferimenti in quella antica: “S. Demetrio” e “Via San Demetrio”, “Zumpo”, “C.le della Chiesa”, “Pantano”, “Grotte”, “Via delle Grotte Basiliane”, “Via delle Vigne” e “Via dei Tre Palmenti”.
Filottete Rizza ci fornisce una descrizione attuale del luogo e della sua viabilità d’accesso, che trova ancora riferimenti alla situazione che possiamo ricavare dai documenti dei secoli passati: “Dopo il quartiere di Colla si giunge al torrente Cropa e superatolo attraverso un antico ponte ad un arco, una costruzione di pozzolana di arte romanica. A sinistra del ponte hanno potuto osservare i resti di uno dei tanti mulini presenti nel passato. Oltrepassato il ponte, attraverso un vecchio tracciato mulattiero si giunge di fronte alla parete arenosa di una collina terminante in una teoria di cupole. Qui si aprono le grotte di San Demetrio. Si tratta di un antico complesso costituito da oltre 20 grotte a forma semicircolare. Le grotte bene allineate a forma di un serpentone in declivio si presentano distanziate tra loro a gruppi di tre. La prima di loro, quella più maestosa, è caratterizzata da tre antri con un ampio ingresso. Secondo una antica tradizione le grotte, nei tempi lontani, prima di essere adibite a comodi ricoveri per gli animali, ospitarono una primitiva comunità di monaci basiliani …”.[lviii]
Note
[i] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, Biblioteca Apostolica Vaticana 1958, pp. 86-90.
[ii] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, Biblioteca Apostolica Vaticana 1958, pp. 116-122.
[iii] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, Biblioteca Apostolica Vaticana 1958, pp. 146-151.
[iv] Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, pp. 101-106.
[v] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, Biblioteca Apostolica Vaticana 1958, pp. 168-179.
[vi] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, Biblioteca Apostolica Vaticana 1958, pp. 168-175.
[vii] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, Biblioteca Apostolica Vaticana 1958, pp. 86-90; 90-91; 116-122; 146-151; 168-171; 172-175; 175-179; 241-247.
[viii] “Questo Contado di Policastro nondimeno restò sempre unito, e confuso con quel di Catanzaro, onde il Conte di Catanzaro Pietro dell’istessi Re chiamato per eccellenza il Conte di Calabria Ruffo, verso il mille, e duecento appare in terzo luogo Signor di Policastro. È vero però che fu poi ributtato per la sua Superbia, e Tirannia, e la Città venne in Reggio Domanio la prima volta. Ritornò pur di nuovo sotto il dominio del Conte Pronepote Giovani Ruffo successo al Bissavolo Conte Pietro morto essì ben vecchio. Costui fù il quarto Signor di Policastro, e delli suoi Casali Cotronei San Demetrio, e Copati appunto nell’anno mille trecento e nove.” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[ix] Reg. Ang. XVII (1275-1277), pp. 57-58.
[x] “La moglie del conte Goffredo fu Giovanna Ruffo figliuola del Conte di Catanzaro, e gli portò in dote Policastro con i Casali …” al margine: “1333-1334 B. 194.”. Ferrante della Marra Duca della Guardia, Discorsi delle Famiglie Estinte, Forastiere, o Non comprese ne’ Seggi di Napoli, imparentate colla Casa della Marra, Napoli 1641, p. 249.
[xi] Al margine: “Archis Reggi Registri del 1333, 1334, B. 294”. Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[xii] Al margine: “Ferrante della Marra fam. Marz.a fol. 249”. Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[xiii] “Deinde visitam prosequendo visitavit ecc.am S.ti Dimitri quae inventa fuit discoperta et scopis mundata et et (sic) ornata et indigenti omnibus necessariis. est cap.nus do: sanctus sellictus.” AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 16B.
[xiv] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 124B.
[xv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A.
[xvi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286 ff. 32-32v, 39-39v, 55-56, 57-58, 81v-82v, 87-88, 125v-127v, 128v-129v, 150v-151v, 240-240v. ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81, ff. 8-8v. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 040v-041; 099-100; 104-104v; Busta 78 prot. 288, ff. 049-050v; Busta 78 prot. 290, ff. 020-021, 102v-103, 109-111v, 134v-135v; Busta 79 prot. 294, ff. 019v-021, 054v-055v, 096-096v, 100v-101; Busta 79 prot. 296, ff. 035-036; Busta 79 prot. 297, ff. 015v-016; Busta 79 prot. 299, ff. 016v-018, 054v-055v, 073-074; Busta 80 prot. 301, ff. 034-035, 136v-137; Busta 80 prot. 302, ff. 039v-040v, 064v-065v; Busta 80 prot. 304, ff. 097-097v; Busta 80 prot. 306, ff. 073v-076v.
[xvii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294, ff. 096-096v.
[xviii] “Così parimenti le due restanti Parocchie suppresse di San Demetrio, e di Santa Maria la Nuova, la cui chiesa al certo è l’istessa che oggi la nuova Annunziata, unitasi alla quarta hodierna Parocchia con cui confina; ch’è la più ampia e numerosa di tutte alla stessa reggion di Borea ma nella parte più mezzana chiamata San Nicolò delli Greci ove di più è la Capella col Monte del Purgatorio, ed ogni lunedì si celebrano messe lette, e cantate con gli soliti Notturni per quelle Sante Anime.” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[xix] 10.08.1604: La domus di Andreana Riccio confinava “iusta ecclesie s.ti Dimitri iusta domum Ottavi de pace, Jo(an)nis Fran.ci Cervini, et alios fines”. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 33v-34v.
[xx] 02.02.1632: Alla dote di Angila Conmeriati, figlia di Andriana Rizza, apparteneva la casa posta dentro la terra di Policastro “nel Convicinio della chiesa diruta ditta di Santo dimitri con la solita intrata dello vignano et scala che al p(rese)nte habita essa Andriana”, “con uno Casalino della parte di sotto, Cioè dello Celso di essa Andriana in su per quanto tiene le cime di detto Celso”, confine la casa degli eredi del quondam Santoro Sagaci e “la casa grande” della detta Andriana. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 299, ff. 016v-018.
[xxi] 13.07.1618: Feliciana Cavarretta vendeva a Santoro Sagace, due “Casalenos” che il quondam Nicolao Joannes La Medaglia, suo marito, aveva acquistato da Ottavio de Pace. I casaleni confinavano con la “viam publicam dell’ulmo”, con la domus di Polinitia Costantino, “vallone mediante” ed altri fini. Attraverso i miglioramenti apportati dal detto quondam Nicolao, i due casaleni erano stati uniti ed all’attualità, erano divenuti un casaleno coperto, ovvero una domus “coverta cum casaleno”. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 291, ff. 098v-099v
[xxii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 303, ff. 087v-092v.
[xxiii] 06.05.1607: Joannes Laurentio Cimino “alias fegatale”, vendeva a Jacobo Recitano la domus palaziata posta dentro la terra di Policastro, “iusta Ecclesie santi dimitri iusta domum d. Polinitia, et vallonem ab alia parte” ed altri fini. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 018v-019v.
[xxiv] 10.04.1613: Alla dote di Polita Cimino, figlia Joanne Laurentio Cimino “alias fegatale”, apparteneva una “casa seu Cammera” della casa dove al presente abitava detto Gio: Laurentio, confine “la casa di polinitia, et santo dimitri, quale Cammera sta affacciante inansi la potica di Gio: Bapt(ist)a natale” e la via pubblica. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 288, ff. 076v-077v.
[xxv] 06.10.1624: Davanti al notaro comparivano Joannes Laurentio Cimino “alias fegatale” e Joannes Thoma Madeo, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Joannes Thoma e Lucretia Cimino, figlia di detto Gio: Laurentio. Apparteneva alla dote una casa palaziata posta dentro la terra di Policastro, “confine et muro Coniunta di santo dimitri”, “quale Casa seintenda verso vascio cioe verso lo vallone”. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 295, ff. 081-081v.
[xxvi] 06.04.1629: Lucretia Cimino “alias fegatale”, per alimentare suo marito in carcere, se stessa e le sue due figlie femmine, vendeva a Spetio Vivacqua di Mesoraca, due casaleni posti nella terra di Policastro, “in convicinio venerabilis Ecc.ae Santi dimitri muro Coniuntos cum ditta Ecc.a”, confine la domus della Baronessa di Cotronei dalla parte superiore ed altri fini. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 015v-016.
[xxvii] 30.10.1633: Davanti al notaro comparivano Spetio Vivacqua della terra di Mesoraca, ma “habitante” in Policastro, e Fran.co de Stilo, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Fran.co e Caterina Vivacqua, figlia di detto Spetio. Apparteneva alla dote una casa palaziata posta dentro la terra di Policastro nella parrocchia di “Santo Petro”, confine la casa di Gianni Grano, “la chiesa deruta di Santo dimitri”, la via pubblica ed altri fini, unitamente con il casalino contiguo a detta casa, confine “lo vallone” ed altri fini. Beni precedentemente appartenuti al quondam Gio: Laurenzo Fegatale. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 300, ff. 094v-096.
[xxviii] 15.05.1635: Il R. D. Santo de Pace vendeva a Spetio Vivacqua, la domus palaziata posta dentro la terra di Policastro “in convicinio venerabilis Ecc.e dirute ditte santi dimitri”, confine la domus di detto Spetio, la via pubblica ed altri fini. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 302, ff. 039v-040v.
[xxix] 07.07.1635: Joannes Conmeriati, figlio ed erede del quondam Fran.co Conmeriati, vendeva ad annuo censo per ducati 28 a Fran.co Lamanno, la “domum palatiatam sive palazzettum”, posta dentro la terra di Policastro “in convicinio Ecc.e santi dimitri dirute”, confine la domus di Berardino Lomoijo, la “domum magnam” di detto Joannes, l’orto del quondam Joannes Jacobo Torres, “vallone mediante”, ed altri fini. Il detto Joannes effettuava la detta vendita con il consenso del presbitero D. Santo de Pace, erede del quondam Ottavio de Pace suo padre, in relazione ad alcune terze decorse e non pagate, cedendo la detta casa al prezzo di ducati 28 a detto D. Santo. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 302, ff. 064v-065v.
[xxx] 23.08.1636: Il notaro Joannes Leonardo de Pace vendeva a Joannes Simone Arenda, la domus palaziata “cum logetta, et orto Contiguo cum uno pede di celso” posta dentro la terra di Policastro “in Convicinio venerabilis Ecc.e Santi Nicolai de grecis”, confine la domus di Elisabetta Conm.ti vedova del quondam Santoro Sagaci, l’altra domus di detto notaro dalla parte superiore e l’altra “Canmera” di detto notaro “affacciante à santo dimitri”, confine la casa di D. Santo de Pace. Il detto notaro concedeva a detto Joannes Simone “la strata seu intrata per andare in detta Casa ut sup.a venduta per la piazza dove si ha da sbarrare l’orto per intrare in detta Casa”. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 303, ff. 104v-106.
[xxxi] 26.06.1623: Lisabetta Rogliano, vedova del quondam Joannes Thoma Ricca, vendeva a Joannes Alfonso Cappa, la domus palaziata con un casaleno, posti dentro la terra di Policastro “in convicinio Ecc.e dirute Santi Dimitri”, confine la domus di Joannes Baptista Natale, ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294, ff. 096-096v). 26.06.1639: Negli anni passati, la vedova Lisabetta Rogliano aveva venduto al Cl.co Joannes Vincenso Natale, nipote di Joannes Baptista, la domus palaziata posta dentro la terra di Policastro nel convicino della “Venerabilis Ecc.e dirute ditte Santi dimitri”, confine la domus di Joannes Dom.co Natale, figlio di Joannes Baptista, ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 306, ff. 073v-076v). 04.09.1642: Testamento di Joannes Dom.co de Natale stipulato nella sua domus, posta dentro la terra di Policastro “in loco ubi dicitur S.to Dimitri in Convicinio Parochialis Ecc.ae S.ti Nicolai Graecorum” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 307, ff. 023-024).
[xxxii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A.
[xxxiii] “… e tutti quatro questi Casali erano situati alla Regione Aquilonare …”. Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723.
[xxxiv] 29.02.1613. Joannes Faraco possedeva una “vigna di abascio nello piscaro”, posta nel loco detto “s.to dimitri”, confine Orlando Rizza e Gio: Leonardo di Franco (ASCZ, Notaio Ignoto Policastro, Busta 81, ff. 37-40). 06.08.1647. Didaco Romeo della terra di Cutro ma, al presente, “incola” in Policastro, possedeva la vigna “detta Dello piscaro”, posta nel territorio di Policastro loco detto “Santo Dimitri”, confine la vigna di Fran.co Antonio Fanele, Berardino di Franco ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 806, ff. 070-071).
[xxxv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 16v-18v, 162v-163, 178-179, 183-184; Busta 78 prot. 287, ff. 009-010v, 017v-018, 050-051v, 052-052v, 060-060v, 073v-074v, 144-144v; Busta 78 prot. 288, ff. 004-004v, 006v-007, 043-044, 095-095v, 095v-096v, 097v-098; Busta 78 prot. 289, ff. 013-013v; prot. 290 ff. 009-009v, 034v-035, 044v-045v, 071-072, 082v-084, 088v-089v, 093v-094v, 120v-121v, 128v-129v, 134v-135v; Busta 78 prot. 291, ff. 018-018v, 020v-021v, 026-027, 084-085v, 107-107v, 114v-118v, 128-129; Busta 78 prot. 292, ff. 005v-007, 050-050v; Busta 79 prot. 293, ff. 020v-021v, 044-045, 070-072, 080v-082; Busta 79 prot. 294, ff. 016v-017, 017v-018, 045v-046v, 057-058, 083v-085v, 089v-091, 108-108v, 111-112; Busta 79 prot. 295, ff. 013v-014v, 022-023, 061v-062v, 069v-070, 074v-075v, 088-089, 097-098, 098-099, 160v-161v; Busta 79 prot. 296, ff. 011v-013, 020v-021v, 039-040, 055v-056v, 057v-058, 059v-060v, 067-068, 068-068v, 092-092v e 097, 110v-111, 111v-112v, 119-120v, 120v-122, 138-142v, 151-151v; Busta 79 prot. 297, ff. 003-004v, 004v-005v, 007-008, 009-009v, 025v-026v, 028v-029, 032v-033v, 035-035v e 038, 047-047v, 059v-060, 064-065, 066v-067v, 067v-068, 070v-071v, 073-074, 074v-075, 077-078, 082-082v, 083v-084, 087-088, 090-090v, 108-109, 109v, 111v-112, 122v-123v, 127-129, 161-161v, 187v-188v; Busta 79 prot. 298, ff. 008v-009v, 010v-011v, 028v-029v, 047v-051, 063v-064, 086-086v; Busta 79 prot. 299, ff. 006-007, 008-010, 018-019, 019-020, 026v-028, 028-029, 029-030, 043-044v, 048-049, 078-079, 079-080, 091v-092v; Busta 79 prot. 300, ff. 008v-009v, 013-014, 019-020, 020-022, 033v-034, 079-080, 087-088; Busta 80 prot. 301, ff. 010-010v, 016v-018v, 018v-020, 020-020v, 020v-021v, 021v-022, 027-027v, 030-031v, 031v-032v, 032v-033v, 039v-041, 043v-044, 059v-061, 075v-077, 088v-089, 090-090v, 092-093, 106v-107v; Busta 80 prot. 301, ff. s.n.; Busta 80 prot. 302, ff. 029-030, 036-037, 043-044, 076-077, 116v-118, 126-127v, 130v e 141-141v; Busta 80 prot. 303, ff. 008-010, 011-012v, 029-030v, 060-061, 062-062v, 082v-083v, 097-100, 100-101, 103v-104v, 127v-128, 128v-129v, 156v-158v; Busta 80 prot. 304, ff. 015-016, 029v-030v, 030v-031, 034v-035v, 069-070, 070-070v, 080-081, 107v-109v; Busta 80 prot. 305, ff. 020-021v, 025v-027, 047-048, 085-088, 106v-107v, 107v-108v; Busta 80 prot. 306, ff. 018v-019, 023v-025, 046v-047v, 095v-097, 107v-108v, 111-112v; Busta 80 prot. 307, ff. 005-006, 028v-030, 057-057v, 069-070.
ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 801, ff. 101v-103v; Busta 182 prot. 802, ff. 050v-052; 070-071, 105-106; Busta 182 prot. 803, ff. 065-066v, 067v-072v, 077-079, 108-109, 110v-111v, 115-117, 137-139; Busta 182 prot. 804, ff. 045-046v, 050v-052, 098v-101, 115-117v, 150-152, 152-154; Busta 182 prot. 805, ff. 011-013v, 023v-026; Busta 182 prot. 806, ff. 026-028, 054v-055v, 059v-061v, 089v-091, 117v-119, 120v-123.
ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 874, ff. 016-019v, 047v-049, 085v-086v, 088-090, 092-094, 107-108v; Busta 196 prot. 875, ff. 004v-006v, 008-009, 009-010, 010v-011, 011-012v, 016-018, 028v-029, 083-084, 088v-090v, 090v-091v, 107-108v, 126v-129, 129-131; Busta 196 prot. 876, ff. 009-010v, 016v-018, 024-026, 029v-030v, 048v-050, 055-055v, 068v-070, 070-071, 075v-076; Busta 196 prot. 877, ff. 017v-018v, 018v-019v, 023v-025; Busta 196 prot. 878, ff. 014-015v, 029v-030v, 062v-063, 067v-069; Busta 196 prot. 879, ff. 005-007, 011-013, 013-015, 016-017, 035-036v, 063v-065, 075-077v, 079-080, 081v-083, 083v-084v, 085v-089, 111-112v, 124-126, 144-145; Busta 196 prot. 880, ff. 001v-002v, 003-005, 010-011, 012v-014v, 015v-017v, 054-056, 067-068v, 095-096v, 098-100, 111v-113, 116v-118, 137-138, 138-142, 159-160v, 179-180v, 190-191, 193v-195v, 200-200v, 200v-201v, 201v-202v.
[xxxvi] “Ferrante maccarrone tiene due grotti in loco detto Santo Dimitri, territorio di Policastro, iuxta le grotti del mag.co Gio. Fran.co Vicidomino, e le grotti dell’eredi del q.m m.co Francischello Cortese, delle quali si paga annuatim, ut supra, alla detta mensa Arcivescovale carlini tre, dico 0.1.10”, al margine: “Et per esso ottavio Vitetta”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 1A.
[xxxvii] 19.11.1604. All’eredità di Fran.co Ant.no Blasco, apparteneva il censo “delli grutti loco ditto santo dimitri” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro Policastro, Busta 78 prot. 286, ff. 71-76). 15.11.1616. Alla dote di Andriana Leusi apparteneva il “loco detto s.to dimitri, con le grotte” stimato del valore di ducati 20 (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, ff. 146v-155v). 18.11.1623. Alla dote di Francischina Tadeo apparteneva la metà “delli grutti” poste nel detto loco di “santo dimitri”, confine Marco Rizza via mediante ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294, ff. 114-115v). 19.09.1624. Alla dote di Laura Faraco apparteneva una “grutta” a “santo dimitri” confine Masi Rizza “dico Jurilla” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 295, ff. 071-073). 23.11.1635. Nell’inventario dei beni del quondam Joannes Baptista Carpensano figura una “grutta” loco detto “Santo dimitri” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 302, ff. 123-124). 08.03.1652. Nel corso dell’anno passato, Ippolita Zurlo, moglie di Carlo de Cola, aveva venduto a Gio: Pietro Pipino una “grocta” posta dentro il territorio di Policastro loco detto “S.to Dimitri”, confine la grotta della chiesa di S.ta Caterina e le grotte che erano appartenute alla quondam Laura Blasco (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 877, ff. 022-023).
[xxxviii] 16.03.1639. Fran.co Pipino vendeva a Santo Misiano, la vigna posta nel territorio di Policastro loco detto “santo dimitri”, confine la vigna di Joannes Thoma Capozza, la vigna di Paulo Carvelli ed i “parmenta delli stofali”, che gli era pervenuta dallo scambio fatto con Joannes Petro Pipino suo fratello, a cui detto Fran.co aveva ceduto la sua possessione posta nel medesimo loco di “santo dimitri, et pp.o nelli grutti”. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 306, ff. 037v-038v.
[xxxix] 09.04.1618. Joannes Thoma Cepale vendeva ad annuo censo a Hijeronimo Iannici, il “petium terre arboratum sicomorum, et ficorum” posto dentro il territorio di Policastro nel loco detto S.to Dimitri, “et proprie inansi li grutti di santo dimitri”, confine l’ortale di Joannes Battista Melissi, i beni di Joannes Battista Rizza, “via med.te”, “et trazze che vanno alli grutti” ed altri fini. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 291, ff. 091v-092.
[xl] 17.01.1626. Alla dote di Caterina Iannici apparteneva il censo di ducati 4 e ½, che pagava Gio: Thomaso Cepale per 50 ducati di capitale sopra “li Celsi” della sua possessione “loco detto avanti li grutti di Santo dimitri”, confine la possessione di Gio: Battista Rizza ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 296, ff. 011v-013). 08.02.1639. Alla dote di Vittoria de Martino, vedova del quondam Vincenso Curto, appartenevano “li celsi di santo dimitri posti avanti li grutti”, confine “l’altra parte” di Gio: Berardino de Ascanio, “la parte” di Alfonso Vallone ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 306, ff. 029-030v).
[xli] 14.04.1626. Nei giorni precedenti, Laurentio Ceraldo, ordinario serviente della Regia Curia di Policastro, dietro l’istanza del U.J.D. Marco Ant.o Guarani, prodotta contro Joannes Thoma Cepale per un debito di ducati 29 e ½ , aveva fatto esecuzione della vigna di quest’ultimo, posta nel territorio di Policastro loco detto “s.ti dimitri seu pantano”, confine i beni degli eredi del quondam Joannes Dom.co Venturi, le “terras dittas deli fiorilla”, la via pubblica ed altri fini. La vigna identificata quale “la vigna dello piano et loco inanzi le grutti”, si trovava nel loco detto “lo chiano”, ovvero “sotto le grutti di santi dimitri vallone di truulo”, risultando confinante con le terre dette “delli Iurillii”, “lo pantano” che era partenuto a Cola Russo, la via pubblica dalla parte di sopra, ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 296, ff. 029-029v e 030-033v). 01.10.1647. Jo: Gregorio Catanzaro, sua moglie Elisabeth Ritia, ed i suoi figli Andrea e Jo: Antonio Catanzaro, assieme ad Isabella Ritia, vedova del quondam Minico de Strongolo, in solidum, vendevano al R. D. Jacobo de Aquila, l’annuo censo di ducati 4 sopra alcuni beni appartenenti alla detta Isabella: un “Ortale arboratum arboribus sicomorum, ficorum” ed altri alberi fruttiferi, posto nel territorio di Policastro loco detto “li grutti di S. Dimitri”, confine il “Vineale” degli eredi di Marco Ritia, il “Vallonem de traulo” e la via pubblica; due “Vineas” poste similmente nel loco detto “Santo Dimitri”, confine la vigna di Joannes de Franco, via mediante, la vigna di Ottavio Spinello, la vigna di Laura Blasco, la vigna di Portia ed Elisabeth “in fuso” ed altri fini. I beni obbligati invece, dai detti de Catanzaro furono: un “Ortalis sicomorum, et ficuum”, loco detto “li grutti di Santo Dimitri”, confine la “aliam partem dicti Ortalis V.e q.m Minici de strongolo Isabella Ritia, ut sup.a nominate”, il “Vineale” del quondam Marco Ritia, il “vallonem de traulo”, la via pubblica ed altri fini; la vigna posta similmente nel loco detto “Sancti Dimitri”, confine la vigna della detta Isabella Ritia, la vigna degli eredi di Marco Ritia ed altri fini (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 806, ff. 098v-102v).
[xlii] 19.09.1627. I coniugi Fran.co de Venuto e Caterina de Martino, possedevano un ortale arborato di “Celsi” posto nel territorio di Policastro loco “santo dimitri”, confine “li Celsi” di Andria Faraco e Gio: Gregorio Catanzaro e “la via publica che si va in santo dimitri” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 296, ff. 151-151v). 15.04.1630. Nel settembre-ottobre dell’anno passato, dietro l’istanza di Livio Zurlo contro Joannes Thoma Cepale, Paulo Luchetta, serviente della Reg.a Curia, aveva bandito la vendita dei beni di quest’ultimo posti in territorio di Policastro, dove si dice “santo dimitri”: “la vigna dellu chiano”, un “ortalem sicomorum” detti “li celsi di Cepale”, esistente “inansi li grutti”, ovvero “di avanti li gructi” o “avanti li gructi di s.to dimitri”, confine i beni di Joannes Baptista Melisso “et viam publicam per quam vaditur vineiis santi dimitri”, ovvero la “viam quam vaditur vinearum dittarum de santo dimitri” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 100-100v e 103-104v).
[xliii] 01.01.1649. La vedova Francischina Jordano possedeva la possessione arborata di “Celsi, fico” ed altri alberi fruttiferi, posta nel territorio di Policastro loco detto “S.to Dimitri”, confine la possessione di Fran.co Cavarretta, “lo Zunfo di felice”, la via pubblica ed altri fini. ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 876, ff. 006v-007v.
[xliv] 28.05.1604. Joannes Faraco asseriva che negli anni passati, aveva dotato il figlio chierico Joannes Thoma, con una vigna posta nel territorio di Policastro “loco ditto santo dimitri allo auzinetto varis arboribus arboratam iusta vineam salvatoris de mauro viam publicam et vineam de novo factam per ipsum Jo(ann)em, et alios fines” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 14v-15v). 29.05.1634. Ettorre Rocca donava a sua figlia Lisa, un ortale arborato di “celsi, et fico”, loco “santo dimitri” territorio di Policastro, confine “la fontana dell’auzinetto”, la vigna di Nardo di Cella, la via pubblica ed altri confini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 301, ff. 102-102v).
[xlv] 28.08.1632. Joannes Thoma Cepale, possedeva un ortale arborato con diversi alberi domestici, posto nel “tenimento” di Policastro loco detto “lo vallone di traulo”, confine i beni di Joannes Baptista Rizza, vallone mediante, i beni di Marco Antonio Curto, dalla parte inferiore, e la “viam publicam quod vadit in santo dimitri” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 299, ff. 067v-068). 21.09.1648. Salvatore Desiderio, procuratore della chiesa di Santa Caterina, vendeva a Laurenso Vaccaro, il “Cavone arborato de fico” posto nel territorio di Policastro nel loco detto “lo Vallone di traulo”, confine i beni del detto Laurenso, i beni degli eredi di Marco Rizza, i beni di Prospero Cepale, “la via publica che si và à S.to Dimitri” ed altri fini (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 875, ff. 082-083).
[xlvi] 03.05.1634. Alla dote di Andriana Curto, vedova del quondam Andrea Faraci, apparteneva la metà dei “Celsi” posti in loco detto “santo dimitri seu pantano”, confine “li Celsi” di Laura Rizza e le terre di Auria Nigra, mentre l’altra metà apparteneva a Vicenzo Curto suo fratello (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 301, ff. 087v-088v). 23.07.1630. Ai coniugi Joannes Thoma Spinello e Caterina Conmeriati, apparteneva una possessione loco detto “lo pantano”, territorio di Policastro, confine “le timpe dello Castelluzzo” e “lo pantano” di Stefano di Martino, parte della quale confinava “della parte di sopra la via publica di santo dimitri” (ASCZ, Notaio G.B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297 ff. 121v-122v).
[xlvii] 26.06.1634. Nell’inventario dei beni del quondam Paulo Varveri, risulta un pezzo di terreno “di una sarmata” arborato di “Cerse”, posto in loco detto “lo Castelluzzo”, dotale di sua moglie Lisabetta Grosso (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 301, ff. 112v-114v). 16.01.1639. Alla dote di Elisabetta Grosso, vedova del quondam Paulo Varveri, che andava sposa a Fabritio Jerardo, appartenevano le terre dette “le castellazza” di circa 8 tomolate di capacità, poste nel territorio di Policastro, confine le terre del quondam Fabio Rotundo e Mario Delia (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 306, ff. 017v-018v). 17.02.1654. Alla dote di Anastasia Jerardo, figlia della vedova Elisabeth Grosso, apparteneva la metà della terre “arborate di Cerse” poste dentro il territorio di Policastro loco detto “lo Castelluccio”, confine le terre di Oratio Rocciolillo, le terre del Cl.co Dom.co d’Elia ed altri fini. La detta Elisabeth pattuiva che che l’altra metà di dette terre, andassero a Pietro Gianne Barbiero suo figlio, per la parte che gli spettava di Paulo Barbiero suo padre e marito di detta Elisabeth (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 879, ff. 011-013).
[xlviii] 17.09.1632. Per un capitale di ducati 100, il dottor Marco Ant.o Guarano pagava ad Anastasia Cavarretta, annui ducati 10 sopra la possessione detta “lo Canale”, posta dentro il territorio di Policastro, confine la possessione di Laurenzo di Natale, “il fiumme di Cropa” e “la via publica che si va in Santo dimitri” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 299, ff. 076-077). 15.11.1644. Delia Callea, vedova del quondam U.J.D. Marco Antonio Guarani, vendeva al R. D. Prospero Meo un annuo censo di ducati 10, infisso sopra alcuni stabili, tra cui la “Possessionem” detta “lo canale”, confine la “Viam qua itur ad Vineas Sancti Demetrii, fluvium Cropae, et querquus Joannis Nigri ab inferiori parte”. (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 803 secondo, ff. 117-118v). 20.01.1647. La vedova Delia Callea, assieme a Laura Guarano e Joannes Bernardino Accetta, in solidum, prendevano a censo dal R. D. Jo: Jacobo Aquila, la somma di ducati 80 impegnandosi a pagare l’annuo censo di ducati 8. Tra i beni stabili dotali posti a garanzia dalla detta Delia, troviamo la “Possessione” arborata con sicomori ed altri alberi fruttiferi, posta in loco detto “lo canale”, confine la “Viam publicam qua itur ad Sancto Dimitri, flumen Cropae, et alios fines” (ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 806, ff. 011v-016).
[xlix] 26.09.1653. La vedova Minica Pipino vendeva ad Antonio Pipino, il vignale arborato di “Celsi e fico”, “unitam.te cum Cinque gructi”, posto dentro il territorio di Policastro loco detto “lo Canale di S.to Dimitri”, confine i beni di Prospero Cepale, i beni degli eredi di Gio: Battista Rizza, la “via via” ed altri fini. ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 878, ff. 074v-075.
[l] 30.08.1637. Nel corso dell’anno passato, Joannes Dom.co Polla, aveva venduto a Fran.co Poerio, la vigna posta nel territorio di Policastro loco detto “Santo dimitri”, confine la vigna di Laudonia Carvello, la vigna di Joannes Tuscano, “la carrara publica” ed altri fini (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 304, ff. 076-077). 21.03.1649. Alla dote di Catharina Sicilia apparteneva un vignale loco detto “S.to Dimitri”, confine la vigna di Masi Rotundo, “la Carrera della grotta di giordano” ed altri fini (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 876, ff. 021v-023).
[li] 15.11.1627. I fratelli Petro Curto e Cl.o Matteo Curto, detenevano in comune ed indiviso per successione paterna alcuni beni, tra cui: una “vigna sfatta” arborata di “Celsi” ed altri alberi fruttiferi loco detto “Cropa seu Pantano”, confine “la vigna ditta di monsignore”, i beni di Stefano di Martino ed altri fini. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 296, ff. 170-172.
[lii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991.
[liii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta n. 6991, f. 76.
[liv] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B fasc. 3.
[lv] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 24B fasc. 3.
[lvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 82A.
[lvii] Sisca D., Petilia Policastro, 1964 rist. 1996, p. 336.
[lviii] Rizza F., Alla scoperta di antiche grotte, Il Crotonese n. 35/1997.
Creato il 11 Settembre 2017. Ultima modifica: 13 Settembre 2024.