L’abitato di Cirò durante la seconda metà del Cinquecento
Alla metà del Cinquecento, la “terra” di Cirò si trovava già munita di nuove mura che, all’attualità, permangono nella zona più alta del paese. Il Pugliese le faceva risalire all’opera di Andrea Carrafa figlio di Galeotto,[i] anche se, più probabilmente, è da ritenersi che la loro costruzione fu avviata da suo padre e da suo zio Andrea. A quel tempo, questa cortina dotata di baluardi, o “spontoni”, in cui si aprivano quattro porte, cingeva l’abitato da “girifalco” allo “spontone”, congiungendo ed accorpando l’antico abitato murato medievale, circostante l’antica chiesa di San Giovanni Battista, ai luoghi di “santo Cataldo”, “la valle” e “forcuni”, fino alla “cuccuvia”. Alcune parti delle fortificazioni più antiche, rimanevano lungo il versante settentrionale, dove si segnala la presenza di una “turricolam”.[ii]
Alla metà dell’Ottocento, il Pugliese descrive quanto rimaneva della cinta muraria cinquecentesca di Cirò, partendo “dall’estremo dello spontone, ove è baluardo e riservetta casa matta, gia diruta, per la sentinella e che particolarmente dicesi cannone” e, proseguendo verso “borea”, identifica un secondo bastione, visibile dal primo e comunicante con questo “per camino coperto da solidissime volte”, ed un terzo “che fa parte del Castello”. Tra questi ultimi due si trovava situata “la porta Mavilia”.
Progeguendo la sua descrizione, egli afferma che: “Continuando il fronte del Castello si vedeva altro baluardo, e poi l’altro sulla porta Scezzari, e quindi il fortino a ridotto che era alla punta del portello; e girando a mezzogiorno ad onta che scosceso, e diruposo è quel lato fino alla porta Cacovia, pure continuavan le mura, ed i sporti a bastioni.”. Proseguendo ancora, l’autore c’informa della presenza di altri due bastioni, nelle vicinanze delle restanti due porte: “Morì Andrea Garafa quando si era principiato il Fortino a baluardo nella porta Cacovia; ma la porta Falcone aveva da un lato il suo baluardo, e dall’altro continuando le grosse muraglie delle quali parte n’è crollata pei grandi scoscendimenti si finiva ove ora dicesi Timpa di Capoano, sito dominante la detta porta.”[iii]
Importanti lavori
Alla metà del Cinquecento le nuove fortificazioni di Cirò erano ancora incomplete ed imperfette, anche se in minima parte, non riuscendo ancora a garantire la sicurezza dei cittadini. Per deliberare in merito al suo completamento, il 10 gennaio 1563, alla presenza del m.co Jo: Petro Pirillo della città di Cosenza, capitano nel presente anno della terra di Cirò, si congregavano “in la piaccia publica de detta t(er)ra”, il no. Jom.a Spoletino “sin.co in detto anno di detta t(er)ra”, i nobili “eletti”: Consalvo Ferraro, Pietro Trusciglio, Pietro Curto, Marco Tegano, Valerio Papandro, Cola Joanne Constantino, Marc’ant.o Mascanbrone, Joanne Ant.o Richia, Melonio Caputo, Carlo de Necastro, il m.co Carlo Casoppero pro Jo: Ber.no Ferraro, e Vergilio Mascanbrone pro Tulio Basami, oltre a numerosi altri “particolari”.
Furono presenti: Joanne And.a de Ber.no, Jac.o Malfitano, Venzalao Cadea, Jo: Matteo de Joanne, Cola Le Castella, Balli Susanna, Jom.a de Franza, Pietro Casoppero, Joanne Casoppero, Quintio Piccolo, Cola Yaccino, Minico Puglise, Joanne Petra, Julio Caroso, Joamatteo Albozino, not.o Fran.co Albozino, Angiullo Coluccia, Organtino Caputo, Cicco Risitano, Ant.o de Leo, Fran.co Morello, Fran.co Madalone, Pomponio Mascanbrone, Anselmo Susanna, Mico di Cotrone, Thoma de Agiamo, Jac.o Basami, Andrea Papaioanne, Fran.co Bisanti, Joanne Caputo, Jo: Battista Puglise, Cola de Cunsulo, Stefano Cap.to, Hier.o Sarleto, Joanne Papaioanne, Marcello Casoppero, Ascanio Caruso, Colamaria de Sergi, Minico La Funtana, Petro Furnari, Minico Scutifero, Cola Rizo, Petro di Cotrone, Jo: Ber.no Basami, Paulo Fango, Marco Spoletino, Ascanio Papaioanne, Paulo de Simeri, Joanne Dominico Le Castella, Joanne de Venuto, Alfonso Le Castella, Fran.co Piluso, Cruce Caputo, Jac.o Russo, Marcello Papaioanne, Jom.a Lamanno, Loise Bisanti, Troiano de Pace, Ber.no Mascanbrone, Simone Spina, Loise Zolea, Alfonso La Cava, Angelo de Necastro, Marc’ant.o Lumbardo, Petro Caruso, Joanne Formagio, Mico de Yardino, Jac.o Parrotta, Ant.o Abate, Rinaldo de Rovito, Marco Mandarano, Ber.no Maza, Andrea Polito, Joanne Dominico Caiaccia, Ruccio Abate, Cesare Ripulo, Renzo Mascanbrone, Ger.o de Aurofino, Joalloise Spina, Censo Benedicto, Mundo Bruno, Joanne de Falcone, Cola Vetere, Petro Susanna, Ger.o Rosanova, Cicco Cosentino, Antonino Petrapaula e Minico Catanzarise.
Parla il sindaco
Dalla minuta dell’atto relativo a tale deliberazione assunta dall’università di Cirò, che si conserva nei protocolli del notaro di Cirò Cesare Cadea,[iv] apprendiamo quanto fu esposto da parte del sindaco, ai “mag.ci gentilhomini” presenti in quella occasione. Nel suo preambolo egli spiegò che la “povera terra” di Cirò si ritrovava nel costante pericolo dei “turchi li quali ogne anno ni turmentano”, proponendo “de reparare la terra et le muraglie dove e de bisogno de fabricarse”, iniziando subito i lavori, in maniera da avere il tempo di poterli completare all’approssimarsi dell’estate, quando si sarebbero verificati sicuramente gli sbarchi dei corsari e degli infedeli.
Egli proponeva ancora, di porre mano assieme al feudatario, alla fortificazione del castello che, in caso di bisogno, sarebbe potuto divenire un rifugio sicuro: “… sarea bene che ne facessimo forte allo castello perche lo sig.re pure nci aiutera che facessimo alcuno principio de fare forte detto castello perche con poco fabrica como sapemo lo faremo tanto pure ch’ogne volta ne haveremo de bisogno vi potremo andare et non andare fugendo per questi boschi con le mogliere et figlioli nostri et senza n(ost)ro pericolo di honore …”. Considerato poi che erano già stati avviati i lavori relativi alla fabbrica della “chiesa de santa maria”, il sindaco proponeva anche che “appresso dela fabrica dela t(er)ra et castello sequissimo detta chiesa perche oltre che ad noi riporta de n(ost)ro ne havranno beneficio le anime n(ost)re.”
Nel documento risulta annotato che, a seguito di voto unanime, fu deliberato “per fortificarse la terra et castello per esser molto necessario a detta uni.ta la fortificatione tanto del detto castello come di detta t(er)ra per li continui cursari et infedeli soleno venere ogne anno et per finirse la fabrica dela chiesa così come è principiata”. Per il finanziamento di queste opere, si decideva di dare seguito alla lite che l’università aveva avviato contro “li absenti homini de detta t(er)ra”, in maniera che “quella finuta et condannati che saranno ad pagare quello deveno a detta uni.ta”, dall’incanto delle delle loro “robbe” si sarebbe ricavato quanto necessario per farsi “ditte fabriche de t(er)ra castello et chiesa per esserno tutti necessarie et utile.”
La data “1573” compariva ancora alla metà dell’Ottocento, in una iscrizione posta “al prospetto” della porta “Cacovia”.[v] Un atto del 28 ottobre 1582, identifica il casaleno con ortale contiguo di Valerio Nicaster, posto in loco detto “la porta dela cuccuvia”, nelle vicinanza delle nuove fortificazioni, ovvero “ex(tr)a menia dictae t(er)rae, usque ad murum novum valli seu propugnaculi dicti lo spontone novo”.[vi]
Nella “terra” di Cirò
Gli atti contenuti nei protocolli superstiti più antichi dei notari Cesare Cadea e Baldo Consulo di Cirò, e Gio: Dom.co Durande di Crotone, conservati all’Archivio di Stato di Catanzaro,[vii] evidenziano che, durante la seconda metà del Cinquecento, le abitazioni dei cittadini di Cirò, divisi in nobili, onorabili e popolo, erano rappresentate in gran parte, da case terranee e palaziate, ma anche da qualche palazzo e/o palazzetto costituito unendo più “membri” e da grotte adibite a magazzini. A quel tempo, alcune di queste case, essendo di natura feudale, erano gravate da censi perpetui. In particolare, alcuni documenti di compravendita, evidenziano che a diverse case era associato un orto fuori le mura.
Le case terranee avevano un solo ambiente al pianoterra, mentre quelle palaziate erano composte da un magazzino e/o stalla sottostante (“catogio”) e da un primo piano servito da una scala che, in genere, passava formando un arco sulla porta del locale sottostante. Quando queste case diroccavano, i ruderi ed il suolo rimasti si definivano “casalino” o “casaleno”. Tutte le abitazioni erano servite da vie e da “vinelle” più piccole, che potevano essere pubbliche o convicinali. L’uso di quest’ultime apparteneva agli abitanti convicini del luogo. Anche le mura, pur gravate della servitù militare, avevano il carattere di bene pubblico appartenente alla cittadinanza, anche se, in alcuni casi, si evidenzia che diverse costruzioni erano state realizzate addossate alle fortificazioni.
Queste abitazioni che spesso, assieme a quelle vicine, ospitavano diverse famiglie imparentate tra loro, sorgevano in luoghi identificati in relazione al vicinato (“convicinio”) di una chiesa o di un altro elemento caratteristico. Oltre alla chiesa arcipretale di Santa Maria de Plateis, gli atti notarili della seconda metà del Cinquecento, conservano memoria delle chiese parrocchiali di San Giovanni Battista e di Santo Menna, poste all’interno delle mura, e della chiesa parrocchiale di Santa Margarita, posta fuori le mura. Queste chiese parrocchiali non avevano all’interno dell’abitato, confini che definissero la loro giurisdizione nello spazio urbano. A quel tempo, infatti, le parrocchie erano ancora costituite su base familiare mentre, successivamente, avranno assegnato dal vescovo un preciso ambito territoriale.[viii]
Risulta controverso interpretare quanto riporta un atto del 29 novembre 1585, che evidenzia l’esistenza di alcuni stabili posti “nella parrochia de santo petro nelli mura de dicta t(er)ra”,[ix] anche alla luce di alcuni testamenti, che riferiscono la volontà del testatore di essere sepolto dento la chiesa del monastero di San Francesco d’Assisi, nella cappella “de s.to petro et paulo sua parrochia”.[x] Una situazione che, per quanto riguarda le numerose sepolture documentate “dentro l’ecc.a de s.to fran.co” di Cirò,[xi] trova riscontro anche nel caso dell’“altare seu Cappellam de s.to Augustino”,[xii] in merito al quale, risultano menzionate “le t(er)re de la parrochia de s.to augustino”.[xiii] Possiamo ravvisare che l’amministrazione dell’officio spettante ai defunti da parte dei francescani, generò una aspra e lunga lite tra questi ultimi e l’arciprete di Cirò, che giungerà a termine solo agli inizi del Seicento.[xiv] Lite che verteva in merito al rispetto dei diritti e dei privilegi che godevano le chiese parrocchiali del luogo, già richiamati nei documenti pontifici durante il Medioevo, al tempo della fondazione del monastero.[xv]
Il “loco detto la portella”
Il luogo detto “la portella”, per la vicinanza della porta di soccorso detta anche “lo portello de girifalco”, si trovava fuori le mura e nelle sue vicinanze passava la via publica. Questo era caratterizzato dalla presenza di oliveti ed altre possessioni arborate mentre, nella parte più prossima alle mura, da ortali ed anche da alcune grotte: “li grutti che son de fora lo portello de girifalco”.[xvi]
Da un inventario compilato il 4 febbraio 1567, apprendiamo che, tra i beni posseduti dal quondam Joannes Dominico Caiaza, vi era un “oliveto loco detto la portella”, confine le olive di Julio Caiaza e le olive dotali di Cola de Parisi.[xvii]
Essendo state condannate a pagare, il 7 aprile 1576, le sorelle donna Gesimina e Margarita de Agiamo, per parte di Gio Battista Carpini loro nipote, cedevano a Possidonio de Cotrone, “m.tem olivarum” in “loco dicto sotto la portella”, confine le olive di Ber.no Mascambrone, le olive di Virgilio de Cotrone, la via pubblica ed altri fini.[xviii]
Il 26 marzo 1585, i coniugi on. Jo: Dom.co dele Pira e donna Luna de Martino, vendevano al rev. D. Jo: Battista Mascambrono della terra di Crucoli, la clausura arborata con olivi, peri, fichi e vigna, sita in loco “sotto la portella sub urbe”, confine le olive del detto rev. Jo: Battista, l’ortale di Fabio Consentino, le olive di Jo: Simeone Albozino, la via pubblica ed altri fini.[xix]
Nel luogo posto “ex(tr)a menia dictae t(er)rae loco dicto la portella”, ovvero “sop.a la portella”, vi era un “hortale” posseduto in comune dai fratelli Michelangelo e Jo: Hier.mo Mascambrone che, dopo essere stato oggetto di divisione tra di loro,[xx] il 21 maggio 1579 fu venduto a Fr.co Jardeno della terra di Corigliano. A quel tempo questo confinava con l’ortale di Ant.no Mascambroni, l’ortale dotale di Victorino Rizuti alias Pancali, l’ortale di Persiano Piriti, la “menia seu domum” del detto Fr.co Jardeno ed altri fini.[xxi]
Un atto successivo del 2 novembre 1581, evidenzia che i detti no. Mascambrone possedevano ancora un “hortale ex(tr)a menia dictae t(er)rae loco dicto la portella”.[xxii]
Il convicino di Santo Petro
Il vescovo di Umbriatico Agostino de Angelis (1667-1682) in una sua relazione, affermava: “adest intra moenia Cirò Ecclesia Sanctissimis Principibus Petro, et Paulo dicata in Vico, qui vulgo dicitur, Girifalco”.[xxiii] Alcuni atti confermano che, durante la seconda metà del Cinquecento, la “ecc.am s(anc)ti Petri” si trovava in loco detto “girifalco”, all’interno e immediatamente a ridosso delle mura, confinante con la domus di Joannes Hier.o de Martino e vicino alle case dei de Castellis.
Il 29 novembre 1585, donna Lucretia Malfitana, vedova del no. Guido de Guido, in relazione al proprio matrimonio con l’on. Aug.no Terra Nova della città di Strongoli, gli prometteva una casa terranea posta dentro la terra di Cirò, con un casalino “allincontro” redditizio alla corte baronale, posti “nella parrochia de santo petro nelli mura de dicta t(er)ra”, confine la casa di Mercurio Morici, ed altri fini.[xxiv]
Il 19 settembre 1588, l’on. Joannes Hier.o de Martino, donava al mastro Luca Salvato suo cognato, la metà della domus palaziata posta “intus d(ic)tam t(er)ram loco dicto S(an)to Petro iux.a ecc.am s(anc)ti Petri”, e confinante con la domus di Hier.a de Milito. L’altra metà della detta domus apparteneva al no. Joannes de Martino.[xxv]
L’otto luglio 1574, il m.co Nicolai Papaioannes, marito della m.ca Deca Glisara alias Malena della città di Rossano, possedeva il “palazzo” con i suoi “membri” posto “al convicinio de s.to petro loco dicto girifalco”, confine la casa dotale di Camillo Caputo, la casa di Minico e Jacobo dele Castelle, “le mura dela t(er)ra” ed altri fini.[xxvi] Un atto del 24 giugno 1586 ribadisce che la domus palaziata dotale della m.ca Deca Malena, moglie del quondam Nicolai Papaioanne, era posta “intus dictam t(er)ram, loco dicto lo convic.o de s(an)to Petro”.[xxvii]
Il 28 gennaio 1581, Carlo Le Castella possedeva una casa e “catogio” in “loco s.to petro confine le mura dela t(er)ra”, la via pubblica ed altri fini.[xxviii]
In relazione alla dote di Lucretia Long.ca che andava in sposa a Jacobo de Castellis, donna Beatrix de Lalice moglie di Antonello de Lalice, prometteva alla detta Lucretia, una casa palaziata loco “girifalco”, confine la casa di Minico Catanzarise, “le mura dela t(er)ra”, la via pubblica ed altri fini.[xxix]
Nella divisione dei loro beni posseduti in comune, effettuata il 5 gennaio 1583 tra Jacobo de Castellis ed i suoi nipoti pupilli, figli del quondam Jo: Dom.co de Castellis e donna Stilla Vivacqua, troviamo la casa palaziata con cortile, composta da due membri superiori ed enferiori, “come à dire camere et catogi”, posta a “girifalco”, confine “la chiesa de sto petro”, via pubblica mediante, la casa e casalino del m.o Ferrante Caputo, la casa dotale di Camillo Caputo, la casa palaziata del m.co Cola Papaioanne, la via pubblica ed altri confini.[xxx]
Il 16 settembre 1599, Angela Iaccina acquistava all’incanto le domos palaziate di Petro dele Castella, con casaleno, catogio, mezanile, “et Antrum inferius sine pavimento, seu astraco”. Domos poste dentro la terra di Cirò “prope templum s.ti petri in Regione dicta yrifalchi”, confine la “moenia dictae t(er)rae”, mentre il detto casaleno confinava con la domus di Joanne Alfonso Thegano, la via pubblica ed altri fini.[xxxi]
Il “loco ditto girifalco”
Nel 1562 il presbitero Dominico Coluto possedeva una domus sita “in loco detto girifalco”, che confinava con la domus di Ant.no de Alboccino e la domus degli eredi del quondam Cesare Picciate.[xxxii] Quest’ultima, posta “intus dicta t(er)ra in loco ditto girifalco”, confinava con altre case dei de Picciata, con la casa di Gasparre de Serino, la casa di Marcantonio Fiscaldo e “le mura dela t(er)ra”. Tra i beni appartenuti al detto quondam Cesare Picciate, vi era anche “una grutta posta alle muraglie dela t(er)ra in loco detto girifalco”, confine l’ortale di Marc’ant.o Tegano, il casaleno di Petro de Cunsulo ed altri fini.[xxxiii]
Un documento successivo del 29 ottobre 1578, evidenzia che il rev. D. Dom.co Coluto, donò al no. Stephano Coluto suo nipote, alcuni beni, tra cui la domus terranea sita in loco “girifalco”, confine la domus di Jacobo Cardi, la domus di Ant.o Maria Panfidi, la via pubblica ed altri fini.[xxxiv] Sappiamo anche che l’undici gennaio 1573, alla dote di Oridice Panfida, sorella di Ant.o Maria Panfidus che andava in sposa a Joanne Russo, apparteneva un casalino “loco girifalco vicino la chiesa de s.to petro”, le case di donno Ant.o Salvato, la via pubblica ed altri fini.[xxxv]
Anche il no. Marco Antonio Tegani possedeva una domus nelle vicinanze. Il 5 settembre 1562, questa confinava con la domus di Ber.no Scappadei, sita “intus dittam t(er)ram in loco ditto girifalco”, ed era vicina alla domus degli eredi del quondam Nicolai Picciati.[xxxvi]
Il 13 gennaio 1576, il clerico Jo: Ber.no de Castellis vendeva al no. Scipio Thegano, il casaleno palaziato sito in “loco dicto girifalco”, confine la domus palaziata di detto Scipione, il casaleno di Fr.co Bonizani, la “moenia t(er)rae p.tae”, la via pubblica ed altri fini.[xxxvii]
Il 7 gennaio1588, costretti dai debiti, il m.co Marco Thegano e sua moglie donna Gesimina Risitana, assieme ai no. Julio Cesare ed a Alexander Oliverio, vendevano al m.s Scipio Thegano, le loro domos site “intus t(er)ram p.tam loco ubi dicitur girifalco”, ovvero “lo Capo di girifalco”, confine il casaleno del detto m.co Scipione, la domus di Gasparro Thegani e la via pubblica.[xxxviii]
Sempre “intus dittam t(er)ram loco ditto girifalco”, si trovavano la domus dove abitava Carolo Sbarbati (17.08.1569), confinante con la domus di Joannes Palisciani e con quella di Fer.do Rubei,[xxxix] la domus palaziata di donna Iher.a Petrapaula (26.09.1569), che confinava con la domus degli eredi del quondam Ambrosio de Florio e Stilla de Coluto[xl] e la domus di Carolo Casopperi (13.01.1566) che confinava con la domus di Geronimo dele Quaglie.[xli]
Il 4 gennaio 1584, in relazione al residuo di dote spettante a donna Giglia Casopera, i m.ci Marcello e Detio Casopero, figli ed eredi del quondam m.co U.J.D. Carolo Casopero e fratelli di detta Giglia, gli assegnavano un casaleno “loco S.to petro”, con “introitu et exitu ante domum hyer.mi de le quaglie”, confine con le “domibus olim de leonis” ed altri casaleni del detto Detio.[xlii]
La vicinanza del luogo in cui si trovavano le case dei Casopero a quello detto “scezzari”, è evidenziata da un atto del 17 marzo 1592, dal quale apprendiamo che alla dote di donna Bartholomea Guerra, moglie di Joannes Baptista Lequaglie, appartenevano due domos palaziate con casaleno e domus terranea contigui, site nella terra di Cirò loco “lo Capo de scezzari”, confine le domos e casaleno del quondam m.co Carolo Casoppero e la via pubblica.[xliii]
La vicinanza dei luoghi detti “scezari” e “girifalco” è testimoniata anche da due atti riguardanti la domus del no. Andrea Carravetta e quelle dei fratelli de Benedicto poste presso le mura. Il 12 febbraio 1584, i fratelli Jo: Battista e Sancto Benedicto della città di Umbriatico, vendevano ad And.a Carravetta, due casaleni contigui con un altro casaleno “in modum cubiculi dicta la cammaretta”, tutti siti in loco e convicino “portae scezari al(ia)s girifalco”, confine la domus e cortile di Joannes Paulo Benedicto, la domus di detto And.a Carravetta e la “moenia t(er)rae p.tae”, assieme ad un ortale sito nello stesso loco “extra menia et casalenos p.tos”, confine l’ortale di detto Joannes Paulo Benedicto, l’ortale di detto And.a Carravetta e dalla parte inferiore, l’ortale di Fr.co Mannarino ed altri fini.[xliv]
Un atto del 20 gennaio 1590, evidenzia che la casa del no. And.a Carravecta, procuratore del monastero di S.to Francesco di Paola, era sita dentro la terra di Cirò, in “lo convic.o de scezzari”, confine la “moenia d(ic)tae t(er)rae” e la domus di Joanne Paulo Benedicti.[xlv]
Sempre in “loco girifalco”, troviamo una domus ceduta a pro del “Sac.o hosp(ita)li” (07.09.1583), relativamente cui, per tutto l’anno 1575, avevano percepito il censo Scip.ne Spoletino e suo padre, in qualità di detentori del “pheudum dictum de sanguigno”.[xlvi]
Qui, in “loco dicto Girifalco”, ovvero in “loco dicto lo Capo di Girifalco”, si trovava la domus di donna Mensula de Florio vedova del quondam Joannes Theseo de Rossano che, il 27 dicembre 1580, ne fece donazione in parte, a suo nipote infante Petro Joannes de Rossano, figlio dell’on. Joannes Pasquale de Rossano. L’altra parte di detta domus pervenne al detto infante lo stesso giorno, mediante vendita fattagli da Scipione e Nicola La Rocca e da donna Bianca Perna. A quel tempo, la detta domus confinava con la domus di Joannes Gregorio de Milito e la domus palaziata di Scipione La Rocca, e si trovava vicina al casaleno degli eredi di Nic.o Moricio.[xlvii]
Alcuni dei soggetti menzionati in questa occasione, sono richiamati anche in un atto precedente del 23 marzo 1577, quando Joannes Misacò, per parte dei suoi fratelli Annibale, Fr.co e Garetto Misacò, vendette a Nicolao Moritio, il casaleno sito in loco “girifalco”, confine la domus dotale di Marco Romano, la domus di Scipione de La Rocca, la “moenia dictae t(er)rae”, la via pubblica ed altri fini.[xlviii]
Fuori la porta di Scezzari
Dalla località di “carichia”, la via pubblica risaliva giungendo alla porta di Scezzari, sotto la quale si trovavano alcuni ortali dove predominava il gelso. Da un inventario compilato il 4 febbraio 1567, apprendiamo che, tra i beni posseduti dal quondam Joannes Dominico Caiaza, vi erano “Certi celsi ad carichia”, che confinavano con “li celsi” di Marco Teg.ni, la via pubblica ed altri fini.[xlix]
Il 29 gennaio 1582, i coniugi Marco Thegano e donna Gesimina Risitana, donavano alcuni beni al monastero di San Fran.co di Assisi di Cirò, tra cui un “pede siccomi” con un pezzo di terra, sito nel territorio di Cirò in “loco subto la porta de scezzarii”, confine i “siccomos” di Marco Ferrari, i “siccomos” che avevano in affitto gli eredi di Hier.o Coluccia e la via pubblica.[l]
Tra i beni che il 14 novembre 1580, furono oggetto di divisione tra i m.ci Nicolao Cesar e Moritio Papaioannes, risulta un “hortale de fora scezzare”, che confinava con “li Celsi” degli eredi di Ber.no Mannarino, la via pubblica ed altri fini.[li]
Il 19 agosto 1593, Mercurio Gagliardo e sua moglie donna Ant.a Ferrara, chiedevano di poter vendere un “hortale sicomorum” dotale, posto “extra moenia d(ic)tae t(er)rae loco dicto fore la porta di scezzari”, ovvero “sotto la porta di sceczari”, confine i “sicomos” della corte marchionale che erano stati “delli morani”, la via pubblica ed i “sicomos” di Sagisi Coluccia e Renzo Tegani.[lii]
Il 27 agosto 1581, donna Beatrix de Lalice moglie di Antonello de Lalice, in relazione alla dote di sua nipote Lucretia Long.ca che andava in sposa a Jacobo de Castellis, obbligava una continenza di celsi “sotto la porta di scezari”, confine l’ortale di Carlo Papaioanne da due lati, la via publica “che va al canale” ed altri fini.[liii]
Un atto del 5 gennaio 1583, evidenzia che Jacobo de Castellis possedeva in comune con i suoi nipoti pupilli, figli del quondam Jo: Dom.co de Castellis e di donna Stilla Vivacqua, “certi celsi sotto la porta de scezari” ed un ortale che confinavano con l’ortale di Petro Fango, l’ortale di And.a Fili, l’ortale di Lutio de Franza, ed altri fini.[liv]
Il 28 febbraio 1574, Fr.co Pilusio vendeva a Sylvester de Rose della città di Strongoli, la possessione arborata con “sycomis : ficubus malis punicis”, sita in loco detto “Carichia al(ia)s sub porta de scezzari”, confine un “hortale vel sycomos” di S.ta Maria dela Grazia, la “mensam ep(iscopa)lem” vallone mediante, i “sycomos” degli eredi di Nicolai Rizi detto vallone mediante, la possessione del quondam Joannes Ant.nio Bonaiuti “alio vallone” mediante, la via pubblica ed altri fini.[lv] Circa vent’anni dopo, come risulta da un atto del 7 maggio 1593, Joanne Paulo e Marcant.o de Rose, figli ed eredi del quondam Sylvestro de Rose, possedevano ancora la possessione con sicomori ed altri alberi fruttiferi, posta “sub oppidum dictum psygro e prop.e in loco d(e)tto carichia”, confine la mensa episcopale, la via pubblica da un lato, il “vallonem descendentem à s.to leonardo” ed altri fini. Possessione che era pignorata.[lvi]
La vicinanza del luogo alle mura è evidenziata ancora da un atto del 12 settembre 1587, quando Joannes Perrocta si aggiudicò all’incanto i “sicomis” o “hortale” del quondam m.co Joannes And.a de Ber.do, posto “in ter.o d(ic)tae t(er)rae in loco Sopra Caricchia”, ovvero “socto le muraglie dela t(er)ra”, confine la “moenia d(ic)tae t(er)rae”, l’“hortale R.mi ep(iscop)i” ed altri fini.[lvii]
Altri documenti contribuiscono a definire il paesaggio e ad ampliare la nostra conoscenza della località. Il 20 agosto 1586, l’on. Jacobo Cardi, vendeva al no. Fr.co Fasano della terra di Bari, una clausura arborata con “sycomis”, fichi ed altri alberi, sita in loco detto “carichia”, confine i “sicomos” degli eredi di Ber.no Mascambrono, la via pubblica da due lati ed altri fini.[lviii]
Il 27 maggio 1593, donna Elisabeth Salvata in qualità di erede del quondam Jacobo Salvato, deteneva una “poss.em siccomorum” ed altri alberi, posta “extra moenia d(ic)tae t(er)rae” loco detto “Caricchia”, confine la possessione della m.ca Prudentia de Bienna, “grattopone mediante”, il vallone detto “lo fiumicello”, la via pubblica ed i “siccomos” di detta donna Elisabeth appartenuti a Jacobo Cardi.[lix] Come si evidenzia in un atto del 27 novembre 1575, Jo: Maria Russo possedeva una “continentiam sycomorum loco carichia”, confine la “poss.nem sycomorum” di Joannes Dom.co Benedicti, le vie pubbliche, e la possessione di “santi nicola piccoli”.[lx]
Il 25 gennaio 1588, in relazione al matrimonio tra l’on. Fran.o de Napoli e donna Munda Russa, donna Antonia de Fango, madre della detta Munda e vedova del quondam mastro Joannes Maria Russo, assieme all’on. Petro Russo suo figlio, promettevano in dote ogni ragione detenuta sopra l’ortale “con Celsi et fico” pignorato a Giac.o Cardi, che si trovava in loco detto “Caricchia”, confine “li Celsi” di Ant.no Mascanb.e ed i “Celsi” di donno Fabio Bisanti.[lxi]
Un atto del 15 dicembre 1588, evidenzia che il mastro Antonello Lalice possedeva un “hortale” che confinava con l’ortale di Nicolao Benedicti “et viam de Caricchia”.[lxii]
Il convicino della porta di “Scezzari”
Il convicino di “scezeri”, o “Scezzari”, ovvero della “portae scezari”, identificava una porzione dell’abitato di Cirò vicina a quella pertinente alla chiesa di San Giovanni Battista. Un atto del primo maggio 1561, testimonia che le domos della “no: mulieris” Caterinella de Piccolis, erano poste “intus dictam t(er)ram in loco dicto la porta de scezeri”, confinanti con la domus degli eredi del quondam Antonio Papaioannes, le vie pubbliche da ogni lato ed altri fini.[lxiii] Un atto successivo, stipulato giusto cinque anni dopo, registra che le domos della m.ca Caterinella Piccola, poste in loco detto “lo convicinio de san jo(ann)e”, confinavano con la domus degli eredi del quondam Antonio Papaioannes, la via pubblica da due lati ed altri fini.[lxiv]
A quel tempo, le domos appartenute al detto quondam Antonio Papaioannes, confinavano con la domus dotale del no. Petro Curto, padre della detta no. Catarinella Piccola, posta “intus dittam t(er)ram in loco dicto scezeri”, con le vie pubbliche “circum circa” ed altri fini.[lxv] Successivamente, attraverso un atto del 14 novembre 1580, apprendiamo che tra i beni che furono divisi tra i m.ci Nicolao Cesar e Moritio Papaioannes, rientrarono una casa posta “dentro la t(er)ra del Cirò loco dicto scezzare”, confine le case del no. Petro Curto, la casa di Crucetta de Arsenico vinella mediante ed altri fini, due casaleni posti nello stesso “loco et convicinio di scezzare” ed un “Catogio” posto nello stesso convicino, che confinava con la casa di Jo: M.a Alamanno, “le mura dela t(er)ra” ed altri fini.[lxvi]
Precedentemente, il 28 luglio 1574, troviamo che Joannes Maria Lamanno e sua moglie donna Gloria Furnari, avevano venduto a Her.mo Coluccia, un “Aerem unius domus palatiata” sito “in convicinio portae scezari”, confine il catogio di detto Her.mo, la domus di Joannes Maria de Labella, la domus di Joannes Maria Russi, la via pubblica ed altri fini.[lxvii] La presenza della “domum de scezzari” posseduta dall’on. Joanne M.a Alamanno si rileva anche in un atto del 1 settembre 1583[lxviii] mentre, un atto precedente del 23 luglio 1561, evidenzia che la domus dove abitava l’on. Joannes Battista Lamanno, era posta “intus dittam t(er)ram et proprie in loco detto scezeri”, confine la casa di donno Ber.do Galteri, la casa di Stefano Cap.to, la casa di Paulina de Abate, la via pubblica ed altri fini.[lxix]
Per quanto riguarda invece, i beni giunti per divisione al m.co Moritio Papaioannes, un atto stipulato il 23 maggio 1586, c’informa che l’on. Bart.lo dela Cava possedeva una casa posta “al Cirò” con un casaleno contiguo a detta casa, in loco detto “lo convic.o de san jo(ann)e”, confinante con la casa del no. Joanne Perrotta ed il casaleno del m.co Mauritio de Papaioanne.[lxx]
Il 10 agosto 1575, donna Glorianda Tessituria, vedova del quondam Stephano Caputi, prometteva in dote a Dimas Cornesio “de rure scaraficii genere graecus” suo futuro marito, una casa “loco d(e)tto la porta de scezari”, con annuo reddito al feudo di Mayorano dotale del m.co Ant.no Madalono, confine le case degli eredi di Ant.o Papaioanne e la casa di Personico Tessituri.[lxxi]
Un atto del 20 gennaio 1588, ci permette di rilevare che, presso le mura, “in loco dicto lo convic.o di Scezzari”, la domus del m.co Mauritio Papaioannes, oltre a confinare con il casaleno di donna Crucetta de Arsenico, confinava anche con la domus “aliquantulum dirutam” di donna Glorianda Caputa, vedova del quondam Stephano Caputi. Domus redditizia al feudo del m.co Joanne Hier.o Ricca che, il 20 gennaio 1588, la detta donna Glorianda vendette all’on. Minico Ramundo.[lxxii]
Presso “le mura dela t(er)ra” ed in “loco d(ic)to lo convic.o di Scezzari”, esisteva la casa che il 25 gennaio 1588, donna Antonia de Fango, vedova del mastro Joannes Maria Russo, assieme all’on. Petro Russo suo figlio, promisero a Munda Russa, altra figlia di detta Antonia, in occasione del suo matrimonio con l’on. Fran.o de Napoli. Casa che confinava con quelle del m.co Parisio de Franza.[lxxiii]
In “loco dicto lo convic.o di Scezzari” ovvero in “loco d(ic)to lo Capo de Scezzari”, si trovavano anche le domos del m.co Marcello Casoppero e la domus palaziata che, il 29 dicembre 1582, la m.ca Dianora Thegana, vedova del no. Mutio Lo Caso, cedette al not.s Julio Cesare de Rose “habitator t(er)re p.te”.[lxxiv] Qui si trovava il “Catogium” posto sotto la sua domus che, il 23 ottobre 1586, la detta m.ca Dianora vendette a donno Prosper Furnari arcipresbitero di Cirò, vicino ad altre domos della stessa Dianora.[lxxv]
Il 4 gennaio 1584, in relazione al residuo di dote spettante a donna Giglia Casopera, i m.ci Marcello e Detio Casopero, suoi fratelli, le assegnavano la domus sita “in subporticu et domum” di detto Marcello, confine la domus di donna Dianora Thegana.[lxxvi] Un rione identificato come “baluardo del supportico” è ricordato dal Pugliese alla metà dell’Ottocento.[lxxvii]
Il luogo detto “sopra le fornella”
Nei pressi del convicino della Porta di Scezari e di quello di San Giovanni, si trovava il luogo detto “sopra le fornella”. In occasione della divisione dei beni avvenuta il 5 gennaio 1583, tra Jacobo de Castellis e di suoi nipoti pupilli, figli del quondam Jo: Dom.co de Castellis e donna Stilla Vivacqua, tra i detti beni, risulta una casa terranea con due casaleni contigui, posta “sop.a le fornella seu le timpe de s.ta marg.ta”, confine la casa dotale del m.co Petro Joanne Lomoyo, la casa e casalino di Minico de Ramundo ed altri fini.[lxxviii]
L’undici dicembre 1583, i fratelli Petro e Nardo Marro della terra di Melissa, vendevano al m.co Petro Joannes Lomoyo, “incola” di Cirò, la domus terranea posta dentro la terra di Cirò “in loco dicto sopra le fornella”, confine la domus degli eredi di Marco Rano, la domus di Marco Ferrari, la via convicinale “qua itur ad menia dictae t(er)rae” ed altri fini.[lxxix]
Il 4 gennaio 1584, donna Dianora Spina moglie di Jo: Thoma Ferrari della città di Rossano, permutava il suo catogio sito in loco “sopra le fornella alias in convicinio portae scezari”, confine la domus di donna Ant.a Ferrara alias Papandrea e la via pubblica, con la domus terranea di Petro Joannes Lomoyo di Squillace sita nello stesso luogo, confine la domus degli eredi di Marco Mandarano e la “viam pp.cam qua itur ad menia”.[lxxx]
Un atto del 5 luglio 1586, evidenzia che la domus di Jacobo de Castellis posta in loco detto “lo convicino de s.to Jo(ann)e”, risultava confinante con la domus del m.co Petro Joanne de Mod.o, la via pubblica ed altri fini.[lxxxi]
Troviamo successivamente che, la domus di Minico Ramundo, posta “intus d(ic)tam t(er)ram loco dicto lo convicinio di scezzari”, si trovava vicina alla domus del m.co Petro Joannes Lo Moio e confinava con la domus appartenuta a Jac.o de Castellis che, il 28 agosto 1587, mastro Horatio Benedicto vendette a detto m.co Petro Joannes “habitator d(ic)tae t(er)rae”.[lxxxii]
San Giovanni Battista
La chiesa parrocchiale di “san jo(ann)e bap.ta” nella quale, durante il periodo 1561-1569, sono documentate alcune sepolture,[lxxxiii] si trovava all’interno dell’antico nucleo medievale di Cirò.[lxxxiv]
Come riferisce un atto del 24 maggio 1562, in convicino di San Giovanni si trovava la domus di Petro Furnari, che confinava con la domus degli eredi del quondam no. Alonso Trugillo, il casaleno degli eredi del quondam rev. Cesare Piccoli, arcidiacono della cattedrale di Umbriatico, la “menia t(er)re” ed altri fini.[lxxxv] Tale situazione ci è confermata da altri atti di questo periodo, dove questi stessi confini e la domus del no. Consalvo Ferrari, sono indicati in relazione alla identificazione della domus che era appartenuta al detto m.co Alonso Trugillo/Trusiglio, o Trusciglio, posta nello stesso convicino.[lxxxvi]
Mediante i capitoli stipulati il 7 dicembre 1561, relativi al matrimonio tra madamma Isabella Tegana ed il m.co Pietro Trusciglio, figlio del m.co Alonso Trusciglio, da parte della futura sposa, fu promessa la “casa nova palaciata” nella quale al presente abitava detta madama Isabella, posta dentro la terra di Cirò “nel convicinio di santo jo(ann)e una con l’altre case e casaline d’intorno” e similmente, “lo centimolo” in detto loco. Casa che era appartenuta al rev. arcidiacono suo avo materno. Detta casa, centimolo e membri, confinavano, vinella mediante, con la casa del m.co Antonino Thegano e del m.co Alonso Trusciglio, Petro Furneri, “lo muro della T(er)ra”, la casa di donno Luise La Cava, via vicinale mediante ed altri fini.[lxxxvii]
Nelle vicinanze è documentata anche la presenza del rev. D. Didaco Trugillo. Il 26 luglio 1575, Marco Ant.o e Prospero Caputo, vendevano al rev. D. Didaco Trugillo, la domus terranea posta in loco detto il “Convic.o s.ti joannis battistae”, confine la domus di Consalvo Ferrari, la domus di Petro Terra Nova da due lati ed altri fini.[lxxxviii]
Attraverso un atto stipulato il 14 ottobre 1574, apprendiamo che, in relazione al matrimonio contratto nei mesi passati, tra Joannes Parrotta di Campana e donna Cenzam Furnari, sorella del rev. D. Prospero Furnari, faceva parte della dote promessa, un casalino posto “al convicinio de san jo(ann)e”, confine il casalino di Marco Romano ed altri confini.[lxxxix]
Successivamente (18.09.1584), troviamo che la domus “cum meniano et hortale contiguo” del rev. arcipresbitero donno Prosper Furnari, sita “intus t(er)ram p.tam loco dicto lo convicinio de sancto jo(ann)e”, che andò in permuta a D. Didacus Trugillus, confinava con le “domos ipsius R.do Didaci et aliorum fra(tr)um de Trusciglio, in moeniis d(ic)te t(er)re, et alios fines”.[xc]
Abbiamo anche notizia (01.02.1587) di una domus terranea posta “intus t(er)ram p.tam loco dicto lo convicinio de san jo(ann)e”, confine la domus del no. Joannes Maria Longobucco e la domus dotale di Antonello Citerà, che il novizio Fabio Joaccino donò al convento di San Francesco d’Assisi di Cirò.[xci]
Sotto la Bandiera
In un atto del 22 maggio 1592, si accenna al luogo detto “sotto la bandera” dove “regeva corte” il “m(ast)rogiurato” di Cirò.[xcii] Il luogo, compreso ancora nella toponomastica attuale del paese, e la giurisdizione del mastrogiurato durante gli otto giorni in cui si faceva mercato davanti la chiesa di San Giovanni Battista, sono descritti dal Pugliese: “Nell’antichissimo privilegio di spiegar Regia bandiera in occasione della festività e fiera della Madonna d’Idria si comprendeva quello di reggersi sotto la stessa durante l’ottavario di Pentecoste un mercato nel larghetto tra la chiesa di S. Giovanni Battista, e quella di S. Anna che per vetustà diroccata ne fu poi il suolo compreso nell’attual palazzo Vitetti. Larghetto che conserva anche ora il nome di Bandiera.”[xciii]
Lo Celso
Presso il convicino di San Giovanni si trovava il luogo detto “lo celso”. Come riferisce un atto del 16 agosto 1563, la domus dove abitava l’on. Organtino Cap.ti era posta “in loco detto lo convicinio di San Jo(ann)e” e confinava con la domus di Joannes Matteo de Joanne, le domos di Detio Casopperi ed altri fini.[xciv]
La vicinanza al luogo detto “lo celso” è evidenziata da un atto del 4 giugno 1577. Quel giorno il not.o Jo: Ber.no de Ber.do della terra di Scala, vendeva al m.co Jo: Matteo de Joanne, la domus consistente in due membri, ovvero una domus terranea “et palatiolo cum Antro intus eam”, siti in loco detto “lo celso seu in convicinio s.ti jo(ann)is”, confine la domus nova palaziata di detto m.co Jo: Matteo, la “viam pp.cam qua itur in templum s.ti jo(ann)is p.ti” ed altri fini.[xcv]
A seguire, il 24 giugno di quell’anno, Joannes Matteo de Joanne cedeva a Jo: Laur.o Nicaster, la domus palaziata che aveva precedentemente ottenuto all’asta giorni prima, posta in “loco lo celso”, confine l’ortale del m.co Baldasarius de Joanne suo fratello, la domus dotale di Paulo Mantio la via pubblica ed altri fini.[xcvi]
Le sorelle Tarantino
Altre informazioni su coloro che abitavano, o avevano possedimenti in questo luogo, ci provengono da alcuni atti riguardanti, in particolare, le vicende dei beni delle tre sorelle Tarantino e dei loro parenti e congiunti.
Il 19 aprile 1573, donna Briseis Tarentina vedova di Angelo Nicastri, assieme ai suoi figli Laurentio e Joannes Leonardo Nicastri, vendevano a Fr.co Cornicellus della terra di Campana, il casaleno “loco dicto lo celso”, confine il casaleno di Donato Trovato, il casaleno di Salvatore Fiscaldo, la domus di donna Tullia e Cassandra Tarantina, la via pubblica ed altri fini.[xcvii] Successivamente, il 19 ottobre 1575, i fratelli Laur.o e Jo: Leonardo Nicaster, assieme alle loro zie materne donna Cassandra e donna Tullia Tarentina, quest’ultima agente con il consenso di suo marito Paulo Mantio della citta di Strongoli, vendevano al rev. D. Marcello de Ferrari, due casaleni con due ortali contigui posti “ex(tr)a moenia dictae t(er)rae loco dicto lo celso alias in convicinio s.ti jo(ann)is battistae”, confine la domus di Cesare Murroni, la domus di Cesare Mantio, la domus di Alfonsio dela Cava, la “moenia t(er)rae p.tae” e la vinella che andava “in domum dicti Caesaris murroni”.[xcviii] Questi stessi confini sono menzionati anche in un atto del 13 agosto di quell’anno, quando Prosper Falcono vendette a donna Livia de Russo, un casaleno sito in “loco lo celso”.[xcix]
Un atto del 21 gennaio 1577, c’informa invece della lite che era sorta tra il rev. D. Marcello de Ferrariis e le tre sorelle Cassandra, Tullia e Briseida Tarentina, assieme ai due figli di quest’ultima Laur.zo e Joanne Leonardo Nicastro. Quel giorno, per appianare i contrasti, il detto reverendo vendeva a Paulo Mantio, marito della detta Tullia, il casaleno sito in “loco dicto lo celso”, confine la domus di Caesare Murrone, il casaleno dotale di Caesare Mantio, la “moenia t(er)rae” ed altri fini.[c] Questi ultimi due possedimenti sono richiamati anche in atti successivi, attraverso cui s’evidenzia, in particolare, che la casa terranea di Cesare Murrono si trovava nei pressi del luogo detto “sopra le fornella”. Il 19 agosto 1586, Cesar Murrono, prometteva a sua figlia donna Stilla Morrono, che andava in sposa a Manilio Mascaro di Spezano Grande, la terza parte di una sua casa terranea “loco dicto lo celso sopra le fornella”.[ci] Il 12 luglio 1599, Stilla Murrona, ormai vedova del quondam Manilio Mascari, vendeva a Petro Ant.o de Ferrari, il casaleno posto dentro la terra di Cirò loco detto “lo celso”, confine il casaleno di Turco Romeo, la “domum magnam” di Marcello de Ferrari, la domus di detto Petro Ant.o de Ferrari e la domus degli eredi di Minico de Labalestra.[cii]
Come apprendiamo da un atto del 13 settembre 1588, quest’ultima era posta “intus t(er)ram Cirò loco dicto lo convicinio de san jo(ann)e” e confinava con la domus degli eredi del quondam Joannes Paulo de Leo e la domus di donna Fanella Russa, assieme al casalino dello stesso defunto “incominciato a fabricare nel convic.o de san jo(ann)e confine li mura della t(er)ra” e la casa di Cesare Manso.[ciii]
Nelle vicinanze si trovava anche la domus degli eredi di Jacobo Russo. L’undici agosto 1574, Joannes e Julio dela Cava vendevano a Jo: Paulo de Leo, la terza parte di una domus terranea sita in loco detto “san jo(ann)e battista”, confine la domus degli eredi di Jacobo Russi, la via pubblica ed altri fini.[civ] Successivamente, il 12 febbraio 1580, Jo: Laur.o Nicaster e Jo: Leonardo Nicaster, vendevano al diacono Mario Russo, il casaleno posto in convicino “s.ti Jo: battistae”, confine la domus degli eredi di Jacobo Russo, la domus di Agostino Alici, il casaleno dotale di Cesare Manti, vinella mediante ed altri fini.[cv]
A quel tempo la loro madre Briseide era già morta. Il 3 gennaio di quell’anno, infatti, in qualità di figli ed eredi della quondam Briseide Tarantina, Jo: Leonardo Nicaster cedeva a Jo: Laur.o Nicaster, ogni diritto posseduto sopra il casaleno loco detto “lo celso”, redditizio al subfeudo dei m.ci de Susanna, confinante con la domus di Hier.mo Scini, la domus dotale di Ber.no de Leo, la via pubblica ed altri fini.[cvi] Circa tre anni dopo, il 14 marzo 1583, il detto Jo: Laur.o Nicaster donava all’ospedale di S.ta Maria de Populo, il detto casaleno.[cvii]
Nelle sue immediate vicinanze, si trovava anche il casaleno che l’undici agosto di quell’anno, Petro Fango vendette a Jo: Dom.co Cannagrois della terra di Crucoli.[cviii]
Sempre vicino, in loco “lo celso”, esisteva il casaleno che l’otto febbraio 1579, Jo: Gregorio Milito della città di Cariati, vendette ad Antonello Alitio, anch’esso confinante con la domus dotale di Ber.no de Leo, la domus di Hier.mo Scini e con il casaleno di Fr.co Cornicelli e quello di Antonio Trovato.[cix] Confini che sono evidenziati anche in occasione della vendita del casaleno posto in loco “lo celso” e redditizio al feudo dei Susanna che, il 28 agosto 1578, Minico Marino fece a Paulo Fango.[cx]
Vicino si trovavano anche i beni di Gloria e di Petronia de Ferraro. Il 10 ottobre 1576, Hier.mo Mazono della terra di Cropani, prometteva in dote a donna Hysabella Mazona sua figlia, che andava in sposa a Sansilio Arnono “de rure Caelici”, una casa terranea “loco dicto lo celso piu abascio”, che in contemplazione del suo matrimonio, era stata lasciata in testamento alla detta Hysabella da Gloria de Ferraro, confine la casa di Petronia de Ferraro e la casa di Donato Trovato.[cxi]
L’undici novembre 1579, in relazione al matrimonio tra donna Hysabella Ferrara e Jo: Ant.o de Cotrone figlio di Petro de Cotrone, donna Petronia Ferrara, zia carnale di detta donna Hysabella, le prometteva la metà della sua casa terranea loco “lo celso”, confine il casalino di Paulo Fango, la casa di Ger.mo Scino, il casalino del mastro Antonello Lalice ed altri fini.[cxii]
Il luogo detto “brasello” o “cortiglio deli ferri”
Nelle vicinanze “delo celso”, presso le mura, si trovava il luogo detto “brasello”, caratterizzato dalla vicinanza delle abitazioni di diversi componenti della famiglia Ferro e per questo, indicato anche come il “cortiglio”, o “lo cortiglio deli ferri”. Il 14 agosto 1576, Salvator Megna alias de Cutro, della città di Strongoli, prometteva in dote a donna Elizabeth de Cutro sua figlia, che andava in sposa ad Aug.no Morelli, una casa nuova palaziata che confinava con la casa di Bartholo Lamanno, la casa dotale di Paulo Manzo e “la vinella va allo cortiglio de pacallo ferro”.[cxiii]
Il 14 febbraio 1583, quando suo marito era già morto, donna Joannella dela Pignola vedova del quondam Bartholo de Lamanno, in relazione al suo nuovo matrimonio con Nicolao Joanne de Cutro della città di Strongoli, gli prometteva la casa nova palaziata, confinante con la casa nova di Ag.no Morello, posta “in lo convic.no delo celso seu loco dicto brasello”, di cui gli sposi avrebbero potuto usufruire fino al tempo in cui fosse servita agli eredi pupilli del detto quondam Bartholo.[cxiv]
Un atto del 8 luglio 1587, evidenzia che la domus del quondam Nicolai Joannes de Cutro, padre di Gorio de Cutro, era posta in “loco dicto lo cortiglio deli ferri” e confinava con la domus di Aug.no Morelli e la vinella che entrava a detta domus.[cxv]
La vicinanza del luogo detto “brasello” al “cortiglio”, alle case dei Ferro ed anche alle mura, è testimoniata da altri documenti. Il 12 marzo 1579, Hor.o Trovato della città di Umbriatico, vendeva ad Ant.o Trovato di Cirò, la quarta parte di un casaleno “in loco dicto Brasello”, confine il casaleno del quondam Thoma de Milito, il casaleno di Fr.co Cornicelli, le “domos et casalenos de illis de ferro et vinellam qua itur ad dictas domos de ferro” ed altri fini.[cxvi]
Tre giorni dopo, lo stesso Horolando Trovato, in questa occasione detto della terra di Crucoli, vendeva al detto Ant.o Trovato di Cirò, la quarta parte di un casaleno “in loco dicto Brasello”, confine “alias particulas dicti casaleni dicti Ant.nii”, la via pubblica ed altri fini.[cxvii]
Il 4 maggio 1581, Jo: Dom.co Crispo vendeva a Mercurio Greco “de rure roviti”, la domus palaziata “cum catogyo”, sita in loco detto “lo celso”, confine la domus di Blasio Ferri, la “viam convicinalem menia dictae t(er)re psycrò” ed altri fini.[cxviii]
Attraverso un atto del 25 maggio 1581, apprendiamo che alla dote di donna Hysabella Ferra, sorella di Blasio Ferro, che andava in sposa a Scipio Scalcio “de rure litrenta”, pertinenze di Cosenza, apparteneva una casa terranea loco detto “lo cortiglio alias brasello”, confine la casa dotale di Santilio de Arnone, la casa di Mercurio Greco ed altri fini.[cxix]
Un atto del 4 giugno 1581, c’informa della lite riguardante la domus palaziata posta in loco detto “lo celso”, confine la domus palaziata di Mercurio Greco, la domus dotale di Scipione Scalcio, la “menia t(er)rae p.tae” ed altri fini. Lite che contrappose, da una parte, donna Joannella Bisantia vedova del quondam Fr.co Ferro, assieme a Blasio e donna Hysabella de Ferro, madre e figli e dall’altra, donna Cassandra de Ferro moglie di Ascanio Mazoni di Cropani.[cxx]
Il 18 settembre 1582, Mercurio Greco “de rure roviti”, vendeva ad Anselmo de Simari della terra di Crucoli, la domus palaziata sita in loco “lo celso”, confine la domus di Cassandra de Ferro, la “moenia dictae t(er)rae” ed altri fini.[cxxi]
La piazza di Santa Maria
La piazza era il luogo pubblico dove, alla presenza del capitano e del “regimento”, si congregavano i cittadini “ad regimine publico”, in occasione delle elezioni annuali che consentivano di nominare sindaci ed eletti, e delle deliberazioni che riguardavano le diverse questioni riguardanti l’università di Cirò.[cxxii] Esso era anche il luogo dove erano posti all’incanto i beni dei debitori,[cxxiii] dove si affittavano i beni universali,[cxxiv] o di altri enti e dove, in genere, avevano luogo le questioni pubbliche e le attività mercantili che si svolgevano nel suo spazio aperto e nelle botteghe.
Gli atti del notaro Baldo Consulo e soprattutto, quelli del notaro Gio: Dom.co Durande cui, a volte, sono allegati quelli della corte di Cirò,[cxxv] documentano che “in plateam d(ict)e t(er)re n(uncup)ate de s(an)ta m.a de plateis”, ovvero “in plateam d(ict)e t(er)re de s(an)ta m.a”, come anche in “platea pp.a s.ti menne”, si facevano i bandi e gl’incanti da parte del serviente della corte. Altri atti documentano “in platea pp.ca d(ic)te t(er)re de s(an)ta m.a”, l’affitto dei frutti di alcuni beni del “sac.o hosp(ita)le de d(ic)ta terra”[cxxvi] e del dazio della carne.[cxxvii]
La chiesa di Santa Maria della Piazza
Un atto del 27 aprile 1562, evidenzia la presenza della “ven.lem eclesiam seu maiorem ecc.m dicte t(er)re nuncupatam sub vocabulo s.te marie de plateis construttam intus dittam t(er)ram”.[cxxviii] Atti successivi relativi al periodo 1567/68, evidenziano che al beneficio di Santa Maria de Plateis, era stato unito a quello di S.to Martino. Troviamo infatti, che il rev. Marco Antonio Spoletino, decano della cattedrale di Umbriatico, era anche “rector maioris et parrochialis ecc.e sante m.e de plateis et santi martini eiusdem t(er)re”.[cxxix]
L’importanza della chiesa di Santa Maria andrà accrescendosi nel tempo, al punto che essa assumerà quasi la funzione di cattedrale, avendovi i vescovi il loro trono e molti il sepolcro.[cxxx] In relazione a ciò alle sue porte venivano appessi i cedoloni di scomunica[cxxxi] mentre, a volte, “dentro l’ecc.a de santa maria dela piaccia”, troviamo congregati i cittadini con i rappresentati dell’università ed il capitano della terra, in occasione di pubbliche deliberazioni.[cxxxii]
La chiesa di Santa Maria de Plateis era anche un luogo particolarmente prescelto per la sepoltura dei morti. I testamenti raccolti nei protocolli superstiti del notaro Cesare Cadea relativi al periodo 1561-1566, evidenziano infatti, numerose sepolture nella chiesa parrocchiale di “s.ta maria de detta t(er)ra”, ovvero nella chiesa di “s.ta maria dela piaza”, o “dela piaccia”,[cxxxiii] dove si trovava anche “la sepoltura clericale” nella quale, il 14 agosto 1561, dispose di essere seppellito il presbitero Martino de Loisio.[cxxxiv] Circa un anno dopo, anche il ven. presbitero Dominico Coluto disponeva di essere seppellito “dentro santa maria sua parrochia”.[cxxxv]
La cappella del Corpo di Cristo
In questo periodo, dentro la chiesa di Santa Maria de plateis, si trovava già una confraternita laicale sotto il titolo del SS.mo Sacramento, i cui confrati si preoccupavano di provvedere alle sepolture presso la propria cappella, d’intervenire in processione in occasione dei funerali dei loro confratelli, o di quanti ne facevano richiesta, e di amministrare il denaro necessario a tali incombenze.
L’esistenza della “cappella del corpo di cristo”, detta in seguito del “sacratissimi corporis cristi”, o “del sacram.to”, posta nella chiesa matrice di Cirò,[cxxxvi] si rileva già in un atto del 22 luglio 1561 quando, nel suo testamento, Cassandra de Castellis figlia di Ber.no de Castellis, lasciò alla “cappella del corpo di cristo” un carlino.[cxxxvii] In questo periodo, si registrano numerose sepolture nella cappella “dove se seppelliscono li poveri”,[cxxxviii] e i lasciti per la sua riparazione, oltre all’intervento della confraternita in processione ai funerali.[cxxxix]
Successivamente, dentro la chiesa di Santa Maria de Plateis, è documentata l’esistenza di altri altari o oratori, tra cui quello del “divi sylvestri”, quello di “sancti Matthei”, quello di patronato della famiglia Spoletino “sub titulo s(anc)tissimi sp(irit)us sancti”, che si trovava “in ala dextera” subito dopo l’entrata della chiesa,[cxl] e quello di S.to Antonio.[cxli]
Il convicino della Piazza
Nel luogo detto “la piaccia” si trovavano le case ed i beni di alcuni ecclesiastici di rilievo. Un atto del 29 ottobre 1583, evidenzia che il rev. D. Prosper Furnari, arcipresbitero di Cirò, possedeva un “torcular” costruito e fabbricato “in loco dicto la piacza”.[cxlii]
Dal testamento del 7 dicembre 1561, lasciato dal quondam rev. Cesare Piccoli suo avo materno e arcidiacono della cattedrale di Umbriatico, apprendiamo che alla madamma Isabella Tegana, spettava “la casa dela piaccia con la rutte et omne altre menbri”.[cxliii] Qui si trovava anche la casa del rev. Marco Ant.o Spoletino decano della cattedrale di Umbriatico, che confinava con la domus del mag.co Antonello Papaioannes, sita “intus dittam t(er)ram in loco ditto la piaccia”, ed era vicina a quella degli eredi del quondam Nardo Papaioanne.[cxliv]
Successivamente, nell’inventario dei beni appartenuti al quondam m.co Joannes Papaioannes compilato il 12.09.1587, troviamo una casa palaziata consistente in una “Sala”, con due “Camere” ed un “megnano”, con due “catogii”, un “mezanile” e due casaleni contigui, beni posti “dent.o il Cirò loco dicto la piacza”, confinanti con la casa del m.co Fabritio Spolitino e con la casa degli eredi di Stefano Caputo.[cxlv]
In occasione di una vendita del 20 gennaio 1588, fatta da donna Glorianda Caputa, vedova del quondam Stephano Caputi, la detta donna Glorianda obbligava la sua domus terranea posta “intus d(ict)am t(er)ram de loco lo convic.o dela piacza”, confine le domos del m.co Octavio Papaioanne e la via pubblica.[cxlvi]
Il 25 giugno 1591, il rev. frate Clemens, il frate Joannes Baptista e Glorianda Caputo, donavano al monastero di S.to Francesco di Paola, la domus terranea sita nella terra di Cirò loco “la piacza de s(an)ta maria”, confine le domos dei m.ci Prosper e Octavio Papaioannes e la via pubblica.[cxlvii]
Altri due documenti successivi ci forniscono qualche ulteriore informazione su coloro che vivevano in questo luogo. L’otto marzo 1592, l’on. Joannes Laur.o Calopetiati vendeva all’on. Scipio Labalestra, la domus palaziata sita nel loco detto “lo convic.o de s(an)ta m.a”, confine la domus di Isabella Caputa, la domus di Crucetta Jaccina vinella mediante, la via pubblica ed altri fini.[cxlviii]
In relazione al matrimonio tra Petr’Antonio Fauceri e donna Vittoria Longobucco, il 21 settembre 1595, donna Maggiorica Inglisia, madre di detta donna Vittoria, le prometteva le sue case palaziate poste nella terra di Cirò loco detto “vicino la piazza”, confine la casa del quondam Cola Yaccino, la casa che era appartenuta al quondam Antonello Lalice ed altri fini.[cxlix]
Le botteghe e le case dei nobili de Bernardo
Nel convicino della piazza, si trovavano diversi stabili dei de Bernardo. Il 13 giugno 1568, Hyppolita de Ber.do vedova del quondam Ber.no Aulerio Longobucco, figlia del quondam Ber.no de Ber.do e sorella di Marco Antonio de Ber.do, con il consenso dei figli, di sua sorella Beatrice de Ber.do e di Antonello de Lalice, marito di detta Hyppolita, cedeva al vescovo di Umbriatico la domus palaziata diruta con casaleno “in latere” e con “usu capiendi aqua” dalla “cisterna”, che possedeva in comune assieme al no. Joannes Andria de Ber.do.
Detti beni erano posti “intus detta t(er)ra in convicinio detto dela piaza”, ovvero “in loco detto la piaza”, o “la piaza de s.ta maria”, e confinavano con la via pubblica dalla parte occidentale, verso austro con il casaleno di Antonello de Lalice ed il casaleno di Ger.mo dele Quaglie, verso oriente con il casaleno di detto no. Joannes Andria de Ber.do e, verso borea, con la domus terranea di detto no. Joannes Andria e con il casaleno della cattedrale di S.to Donato.[cl]
Il 13 ottobre 1576, il m.co Joanne And.a de Ber.do vendeva al m.co Sergio Long.co della città di Umbriatico, “tres Apotecas” site in “loco s.tae mariae” e poste “in platea pp.ca”, confine la domus degli eredi di Joannes de Missina, la domus di Dianora de Castellis, vinella pubblica ed altri fini. Gli vendeva anche la domus nella quale al presente abitava, confine la domus degli eredi di Galieno de Trani, la “moenia dictae t(er)rae”, la via pubblica ed altri fini. Lo stesso giorno il detto Sergio affittava per tre anni detti beni ad annuo censo al detto venditore.[cli]
Successivamente, attraverso un atto del 3 agosto 1583, rileviamo che l’“apothecam” degli eredi del m.co Joannes And.a de Ber.do, confinava con la domus del quondam notaro Philippo de Gratia, dove abitava la m.ca Dianora de Castellis sua moglie vedova. Domus che era sita “intus t(er)ram p.tam loco dicto la piacza [de santa] maria”, confinante con l’“hosp(ita)le”.[clii]
È del 6 novembre 1586, un atto che ricorda la vendita fatta dal m.co Marco Ant.o Carusius a donna Beatrice Mascanbrona, di una “apotheca” posta “in t(er)ra p.ta loco dicto la piacza de s(an)ta m.a de plateis”, confinante con l’“apothecam Cap(pel)lae Sanctissimi Corporis Xpi” ed i casaleni dotali del m.co Fran.co Malfitano che erano appartenuti al quondam m.co Joannes And.a de Ber.do.[cliii] Il 10 settembre 1587 era fatta esecuzione dei beni degli eredi del quondam m.co Joannes And.a de Bernardo, tra cui una “apotheca” sita “in t(er)ra Cirò loco dicto la piacza de s(an)ta m.a”, confine la domus del “ven.lis hospitalis d(ic)tae t(er)rae”, la domus di donna Dianora de Castellis ed altri fini.[cliv] Due giorni dopo l’incanto, si stipulava l’atto mediante il quale il no. Joannes Perrocta entrava in possesso della domus terranea con “tappeto intus” del quondam m.co Joannes And.a de Ber.do, posta “intus d(ic)tam t(er)ram, in loco dicto lo convic.o dela piacza di s(an)ta Maria”, confine la domus di Petro Leto ed il casaleno della Mensa Episcopale.[clv]
Il 7 maggio 1599, Dianora de Castellis vedova del quondam not.o Philippo de Gratia, assieme ai suoi figli Joanne Hier.mo e Philippo de Gratia, vendevano a Quintio Piccolo, la domus terranea con camera contigua sita “prope templum s.tae mariae de plateis”, confine la “domum xenodochii”, l’“apotecam” di Fr.co Malfitano, la via convicinale ed altri fini.[clvi]
Nelle immediate vicinanze della chiesa di Santa Maria, si trovava anche la bottega del m.co Jacobo Malfitano. Il 30 novembre 1576, questi, stipulando il relativo atto con il rev. D. Ant.no Galeoto per parte del “venerabilis hospitalis dictae t(er)rae”, vendeva al detto ospedale, una “Apotecam” sita “apud Templum s.tae maria de plateis”, confine i casalini del detto ospedale ed altri fini.[clvii]
La presenza nelle vicinanze dei beni dei Malfitani, è evidenziato anche da altri atti. Il 28 novembre 1574, Nicolao Malfitano prometteva a donna Portia Malfitana che andava in sposa a Fr.co de Loysio, una casa palaziata con casaleno contiguo confine le case del m.co Jacobo Malfitano, la via pubblica ed altri fini.[clviii] Il 18 luglio 1583, donna Portia Malfitana, ormai vedova del quondam Fr.co de Aloisio, in relazione al suo matrimonio con l’on. Alfonsio Benedicto della terra di Campana, gli prometteva due case palaziate con due catogi “al convicino de s.ta maria de plateis”, confine il “palazo” degli eredi di And.a Imbimbi, le case dei m.ci de Malfitani e la via pubblica dalla parte di sopra.[clix]
Il sacro ospedale di Santa Maria de Populo
Nelle vicinanze del castello, della chiesa di S.ta Maria de Plateis e della piazza omonima, sorgeva l’ospedale detto di Santa Maria de Populis, che accoglieva i poveri e i pellegrini. La presenza di questo ospedale risulta documentata per la prima volta, da un atto del 25 aprile del 1577. Quel giorno Nicolao Abbas della città di Strongoli, donava all’ospedale di Cirò, “pro repar.ne fabricae dicti hospitalis”, alcuni beni siti in Crotone e Strongoli, stipulando il relativo atto con il rev. D. Ant.no Galeoto, procuratore del “venerabilis hospitalis dictae t(er)rae sub vocabulo s.tae Mariae del popolo”.[clx] Il 13 agosto 1577, papa Gregorio XIII concedeva l’indulgenza alla chiesa dell’ospedale nella quale era stata istituita una confraternita di laici.[clxi]
Altri atti successivi ci informano di alcuni suoi beni,[clxii] a volte frutto di lasciti in suo favore,[clxiii] e della sua attività finanziaria,[clxiv] che trovava impegnato l’ente ecclesiastico, anche nel recupero delle somme difficilmente esigibili, che i creditori trovavano vantaggioso convertire in suo beneficio.[clxv]
Verso la fine del secolo, è documentata una sepoltura dentro la chiesa dell’ospedale. Nel suo testamento del 19 giugno 1592, Argentea d’Abenante disponeva di essere sepolta “all’hosp(eda)le de d(ic)ta t(er)ra”, “in una parte di d(ic)ta chiesa”.[clxvi]
Alcuni atti evidenziano chiaramente la posizione dell’ospedale e gli edifici ad esso vicini. Il 31 ottobre 1578, il no. Possidonio de Cristofaro della terra di Melissa, cedeva al m.co Fr.co Madalono “sin.cus or.s” della terra di Cirò, agente in nome e per conto dell’università di Cirò, la metà di un casaleno sito “apud templum s.tae Mariae de plateis”, confine la “plateam”, l’“hospitalem novum”, l’altra metà del detto casaleno appartenente al detto no. Possidonio ed altri fini.[clxvii]
Il 17 dicembre 1580, lo stesso no. Possidonio donava al magister Julio La Cava, il “parvum Casalenum” posto “intus t(er)ram p.tam in loco dicto vicino lo Castello”, dove il detto magister Julio aveva edificato una “apothecam”, che confinava con il “sacrum hospitale dictum s(an)ta m.ae de populis”, un altro casaleno del detto no. de Christofero, la via pubblica ed altri fini.[clxviii]
L’anno seguente, il 25 ottobre 1581, il detto no. Possidonio donava a Nicolao Cannato di Melissa suo “Avunculum”, il casaleno sito “intus dictam t(er)ram psycrò : apud castrum et templum atque xenodochium dictae t(er)rae psycrò”, confine la domus di detto Nicolao, la “plateam pp.cam, et planum dicti castri”, ed altri fini.[clxix]
Un atto del 3 agosto 1583, evidenzia che la domus del quondam notaro Philippo de Gratia, dove abitava la m.ca Dianora de Castellis sua moglie vedova, era sita “intus t(er)ram p.tam loco dicto la piacza [de santa] maria”, confinante con l’“hosp(ita)le”.[clxx]
Le case vescovili
Come evidenzia un atto del 2 novembre 1591, le “domos ep(iscopa)les” erano poste in loco detto “la piacza” e confinavano con il casaleno degli eredi del m.co Joannes And.a de Ber.do e la via pubblica. In particolare, una delle camere di dette case, indicata in questo documento come la “prima”, si trovava verso il “tappetum” di detto m.co Joannes And.a.[clxxi]
Tale localizzazione è confermata da un atto del 18 agosto 1594, relativo alla vendita di alcuni stabili: due domos palaziate con due casaleni contigui, più altri tre casaleni, fatta al vescovo di Umbriatico dai magnifici fratelli Nardo, Joannes Maria e Mario Longobucco della città di Umbriatico. Le dette due domos risultavano poste in loco “la piacza de s(anc)ta m.a iuxta in moeniis t(er)rae p.tae”, confine le domos della curia episcopale, il casaleno del m.co Sylvestro Mingrono e la vinella pubblica. I tre casaleni erano posti “supra” dette domos ma sempre nel loco predetto, confine la vinella predetta, la bottega della cappella del Corpo di Cristo e la domus dotale di Petro Leto, con la loro “pariete” corrispondente “ad plateam”.[clxxii]
Sappiamo anche che la domus di Petro Leto, confinava con la domus terranea con “tappeto intus” del quondam m.co Joannes And.a de Ber.do, posta “intus d(ic)tam t(er)ram, in loco dicto lo convic.o dela piacza di s(an)ta Maria”,[clxxiii] mentre l’“apotheca Cap(pel)lae Sanctissimi Corpori Xpi” posta nella piazza di Santa Maria de Plateis, si trovava nelle vicinanze dei casaleni dotali del m.co Fran.co Malfitano che erano appartenuti al quondam m.co Joannes And.a de Ber.do.[clxxiv]
Le case vescovili erano vicine al luogo detto “s.to donato”. Il primo dicembre 1572, il no. Georg.s Guerra “crot.ta”, vendeva a Marcant.o, Thomae e Petrus Fili, padre e figli, la domus palaziata diruta posta “in loco d(e)tto s.to donato in la porta de sceczari cum hortale extra moenia”, confine la domus di donna Dianora de Coluto, “moenia dicti episcopatus et t(er)rae p.tae”, ed altri fini.[clxxv]
Il convicino di San Donato
L’esistenza del “convicinio de s.to donato”, toponimo riferito al titolo della cattedrale di Umbriatico, si rileva attraverso alcuni atti che evidenziano la sua vicinanza alle case vescovili ed al luogo detto Scezzari. Un atto del 12 settembre 1561 evidenzia che la domus degli eredi del quondam Fabio Piccolo, confinava, vinella mediante, con la domus di Joannes Loisio Spina sita “intus dittam t(er)ram in loco ditto lo convicinio de s.to donato”, e si trovava vicina alla domus degli eredi del quondam presbitero Rinaldi ed alla domus del no. Marco Tegani.[clxxvi]
Come rileviamo nel testamento Geronimo Sarleti del 5 agosto 1562, la domus degli eredi del quondam Fabio Piccolo, posta “in loco detto lo convicinio di scezeri”, confinava, vinella mediante, anche con la domus di Marco Russo, la domus di Renzo Yaccino ed la domus di Simone Spina.[clxxvii]
Attraverso un atto del 15 agosto 1561, rileviamo che la domus dove abitava Gloria de Ferraro posta “intus dittam t(er)ram in loco ditto lo convicinio di s.to donato”, confinava con la domus di Joanne Loisi Spina, la domus di Censo Marri, la “vinellam per quam itur ad menia ditte t(er)re” e altri fini.[clxxviii]
Tale identificazione è testimoniata anche successivamente. Nel settembre 1584, troviamo che Armenia Thegana moglie del quondam Hieronimo Sarleti, possedeva un casaleno posto “intus dictam t(er)ram”, “in loco dicto lo convicinio de santo Donato”, confine la domus nova di Mase Spina, la domus degli eredi del quondam Mario Terranova, la via pubblica ed altri fini.[clxxix]
Un atto del 18 settembre 1584, riferisce che D. Didacus Trugillus permutò con il rev. arcipresbitero D. Prosper Furnari, il suo casaleno sito “intus t(er)ram Cirò loco dicto lo convicinio de s(an)to donato”, confine la domus nova di Mase Spina, la domus degli eredi di Mario Terranova, la via pubblica ed altri fini.[clxxx]
Il convicino di Sant’Anna
La presenza di una chiesa dedicata a Sant’Anna dentro la terra di Cirò, si evidenzia già il 21 marzo 1563, quando rileviamo che la domus dell’on. Anselmo Panfili, dove questi abitava con sua moglie donna Lissandra de Caputo, era posta “in convicinio de s.ta anna”, confine un’altra domus di detto Anselmo, il casaleno degli eredi del quondam ven. Nicolai de Franza, vinella mediante, la via pubblica ed altri fini.[clxxxi]
La chiesa si trovava nei pressi della piazza di Santa Maria, come si evidenzia in un atto del 14 ottobre 1574. Quel giorno Jo: Petro Candioto prometteva a donna Hortentia Caputa sua “privigna”, che andava in sposa a Nardo Candioto, un casalino “posto loco la piaza confine la chiesa de s.ta Anna et altri confini”.[clxxxii]
Vicino alla chiesa, in “loco dicto S.ta Anna”, si trovava la casa terranea che, il 22 dicembre 1574, fu promessa in dote ad Armenia Passavente che andava in sposa a Berardo de Acri. Casa che pagava un annuo censo a “S.ta Anna”, confinante con la casa dotale di Fr.co Vivacqua.[clxxxiii]
Confinava con la chiesa di Sant’Anna anche la casa appartenente alla dote di donna Victoria Caputa. Il 26 febbraio 1574, donna Dianora Basami moglie di Fr.co Vivacqua, prometteva a sua figlia donna Victoria Caputa, che andava in sposa a Joannes Ant.o Petrapaula, un “Catogio” posto “al convicinio de s.ta Anna”.[clxxxiv] Rimasta vedova, il 21 agosto 1580, la on. donna Victoria Caputa, prometteva di portare in dote all’on. Camillo Labalestra, il “palazo” o casa palaziata dove al presente abitava, “confine s.ta Anna”, la via pubblica ed altri fini, disponendo per sua sorella l’usufrutto del catogio che quest’ultima avrebbe ottenuto al tempo del suo matrimonio.[clxxxv]
Il 25 giugno 1583, donna Costantina Caputa, in relazione al suo matrimonio con l’on. Vincentio Remutato, gli prometteva il “catogio del palazetto” dove al presente abitava, posto “al convicinio de S.ta Anna” vicino la via pubblica.[clxxxvi]
Un atto del 28 settembre 1582, evidenzia che la casa dotale di Camillo Labalestra, confinava con le due case terranee site in loco detto “lo convicinio de S.ta Anna”, che i magnifici Pompeo e Lutio de Franza “ex fratre nepos”, possedevano in comune ed indiviso, assieme al magnifico Jo: Maria de Franza, fratello di detto Pompeo e padre di detto Lutio. A quel tempo i detti de Franza possedevano nelle vicinanze e presso le mura, anche una “cammera de fora” nuovamente fatta con il suo “catoyo”, confine “lo torractio di quelli de panfido” e la casa degli eredi del quondam And.a Papaioanne.[clxxxvii]
Altre abitazioni vicine emergono attraverso alcuni atti. Questi richiamano più volte la domus dotale di Petro de Martino che, come apprendiamo da un atto del 4 maggio 1581, si trovava vicina alla domus di Luca de Balsamo e confinava con la domus diruta sita in convicino “s.tae Annae”, appartenente al m.co Joannes Dom.co Vivacqua di Cirò ma commorante in Napoli, che fu acquistata da Paulo Fango.[clxxxviii]
Situazione confermata da un atto del 9 agosto 1583. Quel giorno Petro Fango vendeva a donna Dom.ca de Russo moglie di Ant.o Maria Panfidi, il casaleno sito nel “loco et convicinio de S.ta Anna”, confine la domus dotale di Petro de Martino, la domus di Luca de Balsamo, la via pubblica ed altri fini. Casaleno che era precedentemente appartenuto al m.co Jo: Dom.co Vivacqua, che l’aveva venduto al quondam Paulo Fango fratello del detto Petro.[clxxxix]
In questo periodo Petro de Martino ampliò i suoi possessi nelle vicinanze. Il 15 dicembre 1582, acquistò dall’on. Marcello Papaioanne e da donna Censa Mascanbrona, una domus terranea posta “intus t(er)ram p.tam loco d(ic)to lo convicino de s(an)ta anna”, confinante con la domus di Lutio de Franza, la domus del m.co Pompeo de Franza, il cortilio di detti de Franza, la via pubblica ed altri fini.[cxc]
Da un atto del 23 settembre 1583, apprendiamo invece che, precedentemente a questa data, il rev. D. Alfonsio Coriala, tutore degli eredi del quondam And.a Papaioannis e di donna Innocentia Mascambrona, vedova del detto quondam And.a, per pagare la dote di donna Margarita Papaioannis sua figlia che aveva sposato Hor.o de Aloysio, avevano venduto a Petro de Mar.no della terra di Crucoli, la domus terranea posta nel “convicinio Sanctae Annae”, confine le domos dei m.ci de Franza “vinellam exeuntem ad moenia dictae t(er)rae” ed altri fini.
All’attualità, il detto Petro permutava la detta domus terranea confinante con le domos dei m.ci de Franza, la “vinellam qua itur ad turricolam meniatum dictae t(er)rae” ed altri fini, con le due domos terranee del m.co Pompeo de Franza poste sempre nel “convicinio S.tae Annae”, confine la domus di Petro Fango, l’“hortale dictae s.tae Annae”, la via pubblica ed altri fini.
Sempre all’attualità, Petro de Martino, permutava una delle due domos appartenute al m.co Pompeo de Franza, posta nel “convicinio S.tae Annae”, confine la domus di Petro Fango e la domus di Camillo Labalestra, l’ortale di S.ta Anna, la via pubblica ed altri fini, con la metà della domus palaziata di Jacobo Bruno, confine l’altra metà della detta domus palaziata del detto Petro de Martino, posta nel “convicinio S.tae Annae”, confine la domus di donna Dom.ca de Russo, la domus dotale di Joannes Battista de Consulo, ed altri fini.[cxci]
Un atto precedente del 24 gennaio 1574, evidenzia che quest’ultima confinava con le case vescovili. Quel giorno il magister Jo: Petrus de Parisio prometteva a Dominica de Parisio che andava sposa a Jo: Battista de Consulo, una casa palaziata “sine stabulo al convicino de santa anne”, confine “le case vescopale” e la camera dotale di detto promissore. Beni che appartenevano all’eredità materna della sposa.[cxcii]
Il 5 settembre 1588, sempre “in t(er)ra Cirò loco dicto lo convic.o de S(an)ta Anna”, risulta confermata la presenza della domus palaziata di Luca de Balsamo che confinava con la domus dotale di And.a Fili e la domus di Antonello Risitano. Anche la domus del detto Antonello si trovava nello stesso convicinio ed oltre a confinare con la domus del detto Luca, confinava anche con la domus di Catherina de Martino e la via pubblica.[cxciii]
Altri documenti evidenziano che il convicino di Santa Anna e quello di Scezzari limitavano. Il 7 maggio 1574, Jo: Ber.no e Nicolao Politi, anche per parte di Jo: Battista e Martino Politi, promettevano a donna Censa Polita loro sorella, che andava in sposa a Paulo Caroni, una casa terranea loco detto “scezari”, confine la casa di Jo: Maria Lalice, la casa dotale di Bartholo Cardi, la via pubblica ed altri fini.[cxciv]
Il 28 luglio di quell’anno, troviamo che il m.co Carolo Papaioannes, donò a donna Crucetta Remutata agente con il consenso di Bartholo Cardi suo marito, la domus terranea sita “in loco dicto s.ta Anna seu la porta de scezari”, confine la domus degli eredi di Felice Politi, i casaleni feudali del m.co Joannes Alfonso Susanna, la via pubblica ed altri fini.[cxcv]
I beni dei magnifici Caruso
Il convicino di Santa Anna confinava anche con quello di San Giovanni, come dimostrano alcuni atti nei quali, in particolare, sono menzionati diversi stabili appartenenti ad alcuni componenti della famiglia dei nobili Caruso. Il 31 dicembre 1574, donna Marg.ta de Castellis figlia del quondam Jo: Battista de Castellis e moglie di Joannes Dom.co Rumei della terra di Scala, vendeva al no. Petro Carusio, il casaleno sito “in convicinio s.ti jo(ann)is”, confine il casaleno di Jo: Maria de Lalici, la domus di Scipione Philippelli, la domus palaziata di Ascanio Carusio, la domus di Jacobo Iuelis, la via pubblica ed altri fini.[cxcvi]
Lo stesso giorno, il detto no. Petro permutava il detto casaleno, con il casaleno di Antonello Aligia sito sempre “in convicin.o s.ti jo(ann)is”, confine la domus del diacono Aug.no Carusio appartenente al detto Antonello, la via pubblica ed altri fini.[cxcvii]
Attraverso due atti successivi, rispettivamente del 30 giugno e del 13 novembre 1577, rileviamo che questo casalino di Petro Caruso, confinava con una casa, o camera terranea “ostracata”, ed un camerino siti “apud templum s.ti Jo(ann)is bb.a”, che furono promessi in dote a donna Socua de Ferrariis, figlia del m.co Gio: Ber.no, che andava in sposa a Regio Barbuscia “de rure cornu” pertinenze di Cosenza.[cxcviii]
Il primo giugno 1578, Jo: Battista Meliopera di Bisignano prometteva in dote a donna Salerna Meliopera sua figlia, che andava in sposa a Julio Rao di Cariati, “lairo del palazo” posto “al convic.o de s.ta Anna et san Jo(ann)e”, confine le case dei m.ci Petro e Julio Caruso ed altri fini.[cxcix]
Il 4 maggio 1581, i coniugi Paulo Mantio e donna Tullia Tarentina, vendevano ad Antonello Alicio, il casaleno sito in convicino “s.tae Annae”, confine i casalini della corte “olim de moranis”, la “ecc.am dictae s.tae Annae”, la via pubblica ed altri fini.[cc]
Un atto del 15 dicembre 1588, ci permette di rilevare che il mastro Antonello Lalice possedeva una domus con un “catogio” sottostante ed una “apothecam contiguam”, beni posti “in t(er)ra p.ta loco dicto lo convic.o de s(an)ta Anna”, confinanti con la domus della m.ca Porsia Perrone, l’“apothecam” del detto mastro Antonello e la “viam pp.cam que descendit à S(an)ta Anna ad plateam”. In tale occasione detto mastro Antonello vendeva al m.co Coriolano Caruso il detto “catogio”.[cci]
Il 17 marzo 1592, il mastro Antonello Lalice assieme al m.co Joannes Turco La Catuna con sua moglie, la m.ca Innocentia Longobucca ed i suoi figli, i m.ci Julio Cesar e Felix La Catuna, vendevano al no. And.a Carravetta, il casaleno posto nella terra di Cirò loco detto “lo convic.o de s(an)ta Anna”, confine la domus del m.co Ascanio Carusio, la domus di Rosa Juelis, il casaleno del detto no. And.a e la via pubblica.[ccii]
Il 16 febbraio 1593, il m.co Jo: Turco Lacatuna della città di Strongoli, anche per parte della m.ca Innocentia Long.ca sua moglie, vendeva al m.co Coriolano Carusio, la domus palaziata “sine stabulo et veterem” ovvero “diruta”, sita “in convic.o s.tae Annae”, assieme con il cortile per entare ed uscire, confinante con il “cubiculum” del quondam Joannes Maria Long.co, la domus degli eredi del m.co Petro Carusio, “et alios fines juxtam catogium sacri hospitalis et conventus s.ti fr.ci de paula et alios fines”.[cciii]
Il castello
L’abitato di Cirò era dominato dal castello feudale, con la sua “turri maiori” posta verso settentrione,[cciv] e le sue carceri civili e criminali.[ccv] Come apprendiamo da un inventario del 12 marzo 1562, fatto per parte dell’Ill.ma domina donna Eleonora de Gennaro di Napoli, vedova relitta del quondam Ill.o Mario de Aben.te di Napoli, a quel tempo, il castello era ancora utilizzato come residenza del feudatario di Cirò.[ccvi] Successivamente, invece, esso divenne il luogo in cui dimorava un erario e dove erano conservate le vettovaglie del feudatario in attesa di essere vendute. Al suo interno erano conservate anche le scritture della corte.
Verso la fine del secolo, il castello era composto da diversi ambienti posti sia al piano terra, dove si trovavano i magazzini, nei quali erano riposte rilevanti quantità di grano e di vino[ccvii] che al piano superiore, dove si trovavano i locali abitabili.
Entrando dalla “porta del Castello”, “à mano destra”, si trovava un primo “magazeno”, a cui seguivano una “s(econ)da lamia” ed una “3.a lamia che serve p(er) magazeno di oglio”. Al piano terra vi era anche il “Cellaro de vino”, un “magazeno” dove si conservavano il grano e le fave, che si trovava sotto “la sala del’Archivio” ed il “magazzeno delo Caso”. Sempre al piano terra si trovavano anche “li Carceri”. Al piano superiore, oltre alla sala destinata all’archivio, detta “la Cam.a di Scirocco” o la “sala de scirocco”, dove si trovano “li dui Archivii del’Atti dela Corte”, esisteva una camera corrispondente inferiormente alle carceri, identificata quale la “Camera sop.a li Carceri”.[ccviii] Qui abitava l’erario del feudatario, che occupava la “Cam.a et appartamento d(ic)ti castri”, ovvero la detta camera ed una saletta detta “la saletta del appartam.to”.[ccix]
A quel tempo il castello necessitava degli opportuni ripari, a seguito del saccheggio operato dai Turchi il 13 settembre 1594. È del 6 dicembre di quell’anno, un contratto stipulato tra l’università di Cirò ed il “mastro fabricatore” Mario Risafi “de Crogliano”, per la riparazione del castello.[ccx]
Sotto il castello
Numerose abitazioni sorgevano nelle vicinanze ed alle pendici interne alle mura, di tutto il rilievo su cui era eretto il castello, ormai integrato nel circuito delle fortificazioni urbane. Dalle sue immediate vicinanze, ovvero “apud castrum”, le case si estendevano ai luoghi detti “in piedi lo Castello”, “sotto lo castello”, alla “placa” e “sotto la placa del Castello”, dal greco πλάϰα (pietra).[ccxi]
Il 24 febbraio 1573, Sylvester de Lilio, in relazione alla dote di donna Nicola de Lilio sua sorella, prometteva a Octavio Orifex, due casalini “sotto lo castello”, confine il casalino di Cicco de Loysio, il casalino di Renzo Labalestra, le vie pubbliche da due lati ed altri fini.[ccxii]
Nel luogo detto “in piedi lo Castello”, si trovava la casa appartenente alla dote di donna Polixena Orificis, figlia dell’on. Simon Orifex, promessa in matrimonio all’on. Vespasiano de Aquino (03.04.1588), che confinava con la casa di Ant.o de Amico da due parti.[ccxiii]
Ancora “intus t(er)ram p.tam Cirò, loco dicto sobto lo Castello”, ovvero “impedi lo castello”, troviamo la domus terranea che donna Aurelia de Missina e sua figlia donna Lucrecia de Bernardo, possedevano in comune ed indiviso con Maxima, Fulvia e Petrus Joannes de Bernardo, figli della quondam donna Elisena de Missina e di Joanne Battista de Bernardo. Domus che il 23 giugno 1586, detti de Messina e de Bernardo vendettero all’on. Nicolao Grecus che possedeva un’altra domus confinante.[ccxiv]
I beni di quest’ultimo posti sotto il castello “seu la placa”, sono evidenziati da alcuni atti precedenti. Un atto del 14 agosto 1576, riferisce che il detto Nicolao Graeco, donò a sua moglie donna Catherina de Leone, una domus terranea sita “sub castro dictae t(er)rae”, confine la domus dotale di Jo: Battista Inglisi, la domus di Donato de Milito, la via pubblica ed altri fini.[ccxv]
Un atto del 14 ottobre di quell’anno, evidenzia che la domus di Donato de Milito,confinava con il casaleno sito “sub castro dictae t(er)rae”, che donna Polita Barberia vedova del quondam Ber.no de Perre, vendette a Jo: Martino de Sanda. Casaleno che oltre a confinare con la domus del detto Donato, confinava anche con la domus di Vincentio Benedicti, i casaleni del m.co Joannes Matteo de Joanne, la via pubblica ed altri fini.[ccxvi]
Il 6 maggio 1579, Donato de Milito vendeva al rev. D. Ant.no Galeoto, procuratore del venerabile ospedale di Cirò, la domus terranea sita in loco “subter castro seu la placa”, confine la domus di Nicolao Greco, i casaleni di detto venditore, vinella mediante ed altri fini.[ccxvii]
Successivamente, il 19 aprile1586, troviamo che la domus terranea dell’on. Donato de Milito sita in loco detto “sobto lo castello”, confinava con la domus dell’on. Horatio Militi, la domus di Medanea Barberia, ed altri fini. A quel tempo, detta domus terranea era stata incantata dall’on. mastro Vinc.o de Urso che la cedette al no. Joannes Ant.o Ricchia.[ccxviii]
Qui esisteva anche la domus terranea dotale di Caterinella de Melito che confinava con la domus di Medanea Barberia, la domus dell’on. Horatio de Milito ed altri fini.[ccxix]
Un atto del 19 agosto 1563 ci permette di rilevare che “intus dittam t(er)ram in loco detto sotto lo castello”, esisteva la domus degli eredi del quondam Nicolai Barberi.[ccxx]
Le case dei magnifici Susanna
Sotto il castello si trovano anche le case dei Susanna. Qui nel 1562, era la domus degli eredi del quondam Nicolai Fran.co Susanna, che confinava con la domus di Ber.no Costa, posta “in convicinio ditto sutto lo castello”, nelle vicinanze della domus di Antonio de Catansarise.[ccxxi] In questo stesso periodo “in loco detto sutto lo castello”, esistevano anche la domus del no. Joseph Susanna e la domus ed il casaleno del no. Joannes Alfonso Susanna.[ccxxii]
Questo casaleno, confinava, vinella mediante, con la domus terranea sita “sub castro dictae t(er)rae” che, il 31 agosto 1577, Petro Principato vendette a Nardo Lamantia. Domus confinante anche con la domus di Petro Greco.[ccxxiii]
Le domos degli eredi del m.co Joannes Alphonso Susanna site “intus t(er)ram Cirò” nel loco detto “sotto lo Castello”, sono richiamate successivamente, in un atto del 25 settembre 1581. A quel tempo esse confinavano con la domus di Laura Susanna, la domus di Balle Susanna, le vie pubbliche “circum circa” ed altri fini.[ccxxiv]
A quel tempo, gli eredi di Nicolao Francesco Susanna aveva già provveduto a dividersi i beni del defunto. Il 29 agosto 1575, infatti, le sorelle donna Laura Susanna moglie di Nicolao Maria de Sergio, Lacinia Susanna moglie di Marco Petra Paula ed Hisabella Susanna moglie di Minico Pignatario della terra di Melissa, tutte figlie del quondam Nicolao Fr.co Susanna, si erano divise tra loro la domus palaziata che possedevano in comune ed indiviso, posta “apud castrum dictae t(er)rae”, confine la domus palaziata dotale del m.co Astolfo Richia, la domus dotale di Nicolao Castelloveteri, le vie pubbliche, superiormente ed inferiormente ed altri fini.[ccxxv]
Nell’inventario dei beni del quondam m.co Nicolai Maria de Sergio, marito di Laura Susanna, compilato il 16 giugno 1583, risultano la casa posta “intus t(err)am p.tam loco dicto sobto lo castello”, confine la domus di Nicolai Castelloveteri, la domus di donna Isabella Susanna, ed altri fini, ed un’altra casa terranea sita “nel medesimo convicinio”, confine la casa di Balle Susanna e Fran.co Lamantia.[ccxxvi]
Un atto del 21 agosto 1584, evidenzia la presenza della stalla della m.ca Gesimunda Susanna “sotto lo castello”.[ccxxvii]
Le “domos m.corum de Susanna” sono menzionate ancora, in alcuni atti del 1586 quando, in relazione alla domus con “Cortilio seu largo cortilii” e mezzo casaleno posseduti da donna Nicola de Fabiano, siti “in t(er)ra p.ta loco detto “sobto lo castello”, si evidenzia che questi beni confinavano con la domus dell’on. Alessandro de Leo, detto cortile mediante, la “viam pp.cam qua descentitur à Castello”, la via, o vinella, che conduceva alle domos dei Susanna ed altri fini. Detti beni furono ceduti da parte della detta donna Nicola, prima all’on. Minico Raymundo e successivamente, all’on. mastro Joannes Martino de Sanda.[ccxxviii]
La “placa” sotto il castello
Vicino alle case dei Susanna ed alla domus dell’on. Alessandro de Leo, si trovavano i beni del rev. D. Thoma Fiscaldi. Due atti rispettivamente, del 24 settembre e del 5 ottobre 1574, testimoniano che Jacobo Caserta nipote di Nardo Viola alias Caserta, della provincia di Campania, retrocedeva al rev. D. Sylvester Consentino, la domus palaziata che, predentemente, aveva acquistato dal detto reverendo, sita in “loco dicto la placa”, confine la domus del rev. D. Thoma Fiscaldi, vinella mediante, la via pubblica da due lati ed altri fini.[ccxxix]
La casa di donno Thomase Fiscaldo, confinava anche con la casa terranea sita “sotto lo castello”, che il primo marzo 1579, Minico Lamantia promise in dote a sua figlia Portia Lamantia che andava in sposa a Mario Amoroso di Corigliano. Detta casa promessa, confinava anche con la casa di Alessandro de Leo ed altri confini.[ccxxx]
Il 22 agosto 1588, il rev. donno Thomas Fiscaldo donava al clerico Joannes Mancuso, a donna Mensula ed a Dom.ca Mancusa, le “domos cum Casalenis et antro contiguis” poste “intus t(er)ram p.tam loco dicto allo convic.o de sotto la placa del Castello”. Beni che confinavano con la domus di Ber.no Veteri vinella mediante, la domus degli eredi di And.a Imbimbi vinella mediante, “et iux.a vinellas de sup(er) et subtus”. Nella stessa occasione, il detto reverendo donava ai detti de Mancuso, anche altre due domos terranee poste “sotto lo Cast(el)lo”, confine la domus di Mario Amoruso, la domus di donna Morana Ricchia ed altri fini.[ccxxxi]
Altri documenti ci permettono di estendere la nostra conoscenza del luogo. Qui esisteva la casa del m.co Giorgio Guerra, che confinava con la casa posta “sotto lo castello”, di Petro Gratiano e donna Marg.ta Gratiana, madre e figlio. Quest’ultima confinava anche con la casa di Ber.no Vetero, la via pubblica ed altri fini, ed il 2 settembre 1576 i detti de Gratiano ne promisero la metà in dote a donna Luza Gratiana, figlia della detta Margherita e sorella di detto Petro, che andava in sposa a Joannes Ant.o Stantiono della città di Strongoli.[ccxxxii]
Vicino si trovava la casa di And.a Jacobino. Questa confinava con la domus terranea di Joanne Ant.o de Iuglia sita in loco detto “la placa sub castro” che, a sua volta confinava anche con l’orto del m.co Jacobo Malfitano, la vinella pubblica dalla parte del lato superiore, ed altri fini.[ccxxxiii] Sappiamo anche che l’ortale del m.co Jacobo Malfitano, confinava con il casaleno che Nicolao Bosco cedette a Hier.mo Vetero. Casaleno sito in loco detto “sotto la placa”, che confinava anche con il casaleno del rev. D. Ant.no Galeoto ed altri fini.[ccxxxiv]
Il primo novembre 1577, il detto Andrea Jacobino permutava con i buoi di Marco Caputo “de rure celici” pertinenze di Cosenza, la sua domus terranea sita in loco “subter castro”, confine la domus del m.co Giorgio Guerra, la domus di Joannes de Falcone, vinella pubblica superiore, via convicinale inferiore ed altri fini.[ccxxxv]
Da un atto del 19 novembre 1586, sappiamo che la domus di Marco Caputo, confinava con la domus terranea posta “in loco dicto sotto la placa del Castello”, che l’on. Laurentio La Balestra vendette al notaro Joannes Dom.co Durando e che era vicina alla domus di detto notaro.[ccxxxvi]
Da un atto del 28 ottobre 1574, apprendiamo invece che, in relazione alla divisione dei beni del quondam Joanne de Falcone, a suo figlio Joannello de Falcone era rimasta la domus palaziata sita in “loco la placa”, confine la domus dotale del no. Moysesso de Falcone, la domus di Nicolai de Risolo, la via pubblica dalla parte inferiore, la via convicinale dalla parte superiore ed altri fini. Nell’anno 1569 detta domus era stata locata al no. Possidonio Festillis di Petra Paula a quel tempo commorante in Cirò. Nel periodo 1570-1573, invece, era stata locata al no. Jo: Battista de Amato.[ccxxxvii]
Vicino esistevano anche altri beni del detto Joanne de Falcone. Un atto del 4 maggio 1578, evidenzia che alla dote di donna Munda Albozina, che andava in sposa a Vito Cocus di Corigliano, apparteneva una metà di casa, “ò suso, o abascio” sita in loco “la placa”, vicino il casalino degli eredi di Joanne de Falcone, la via pubblica e la vinella che è dalla parte di sopra.[ccxxxviii]
Attraverso un atto del 9 agosto 1579, sappiamo invece che, negli anni passati, Joannes de Falcone della terra di Scala, aveva acquistato dal quondam Blasio de Marco, la domus terranea “cum antro intus ea” sita in loco “la placa sub castro”, confine la domus di Joannes Coluto, la vinella pubblica di sopra, la via convicinale inferiormente ed altri fini.[ccxxxix]
La presenza di grotte in questo luogo è testimoniata anche da un atto del 28 gennaio 1581, attraverso cui sappiamo che Marco Valerio Papandro, possedeva una casa terranea “con grotte dentro loco la placa”, confine la via pubblica ed altri fini.[ccxl]
Santo Stefano
Vicino alla “placa” si trovava il luogo detto “s.to stephano”, toponimo riferito al feudo omonimo. Qui, presso le mura, si trovava il casaleno consistente in due casaleni contigui che, il 25 gennaio 1573, Marco Ant.o Mascambrone vendette a Fr.co de Jardeno. Casaleno che confinava con la domus di Ber.no Ferrari, la domus di Ber.no Mascambrone, la “menia t(er)rae p.tae”, la vinella pubblica convicinale ed altri fini.[ccxli]
Un atto del 28 giugno 1573, registra la vendita di un casaleno sito in “loco s.to stephano alias la placa”, fatta dal m.co Jo: Ber.no Ferrario a Stefano Mastrandrea. Casaleno confinante con le domos del no. Antonello Mascambrone, la via pubblica da tre lati ed altri fini.[ccxlii]
Il 10 gennaio 1582, troviamo che la “continentiam domorum loco s.to stephano” che era appartenuta al quondam no. Antonello Mascambrono, faceva parte dei beni che ora appartenevano al m.co Joannes Casoppero e che questi donò ai suoi figli.[ccxliii]
In loco “s.to stefano”, si trovava anche il casaleno che, il 6 settembre 1578, Marco Romano, in qualità di procuratore degli eredi della quondam donna Crucetta Scappadeo, moglie del quondam Petro Filitano, affittò ad annuo censo a Jo: Dom.co de Gratia. Casaleno confinante con la domus di Minico dela Gamba, la via pubblica ed altri fini.[ccxliv]
Verso la parte alta dell’abitato di Cirò, il luogo detto Santo Stefano limitava con quello detto “lo celso”. Da un atto del 23 aprile 1581, sappiamo che Nardo Abatis possedeva un casaleno posto “intus t(er)ram p.tam loco ditto lo capo de s(an)to stefano seu lo celso”, che confinava con la domus di Turco Sbarbati, la domus di Indino de Leo ed altri fini.[ccxlv]
In un atto del 9 luglio 1581, Antonello Lalice dichiarava che nei mesi passati, aveva venduto a Nardus Abbate, il casaleno sito “intus t(er)ram p.tam Cirò loco dicto la ruga delo celso”, confine le domos degli eredi di Cicco Ferri, la domus dotale di Turco Sbarbati ed altri fini.[ccxlvi] Casaleno che risultava posseduto dal detto Antonello anche in un atto dell’undici novembre 1579.[ccxlvii]
La vicinanza del luogo detto Santo Stefano a quello detto La Placa ed alla porta “Cuccuiae”, si evidenzia in alcuni atti. Il 15 febbraio 1573, Nicolao Rovito di Rossano, in virtù della procura fattagli da donna Tullia de Rovito, e da donna Munda e Jacoba de Rovito, rispettivamnte madre e sorelle del detto Nicola, assieme a Julia Nicastra, vedova del quondam Hier.mo Rovito, vendevano a donna Petruza Mascambrona, moglie di Puccio Mascambrone, due casaleni contigui che possedevano in comune ed indiviso in “loco d(e)tto s.to stephano subter placam”, confine la domus di Paulina de Voniti, la domus di donna Virgiuza de Rovito, le vie pubbliche da due lati ed altri fini.[ccxlviii]
Ritroviamo la vicina casa di Paulina de Boniti o Voniti moglie di Cola de Consulo, in un atto del 29 agosto 1575, relativo alla dote di Giovanna Polopola “figliastra” di detto Cola, che andava in sposa a Gio Battista Durante. Apprendiamo così che faceva parte della dote della sposa, una casa terranea che detto Cola aveva fatto comperare alla detta Paulina dal diacono Sebastiano de Rovito posta “intro dicta t(er)ra in loco dicto s.to stephano”, confine la casa nova di Puccio Mascambrone, le case del diacono Sebastiano de Rovito, la vinella pubblica da due lati ed altri fini.[ccxlix]
In seguito, il 7 gennaio 1577, il detto diacono ampliò i suoi possedimenti vicini, acquistando dalla Ill.ma domina Virg.a Caracciola della città di Napoli, vedova relicta del quondam Ill.mo domino Vinc.o Spinelli, utile signore della terra di Cirò, la domus terranea sita in “loco s.to stephano”, confine la domus di Decio Caputo, la domus di Mionni Policastro, la domus di Nicolai de Consulo ed altri fini. Domus redditizia annualmente al subfeudo “olim de Papandro” ora della corte baronale. Si pattuiva che dalla vendita erano esclusi i censi non pagati da donna Julia de Lagreca “olim d(omi)nam dictae domus”.[ccl]
Il 31 maggio 1578, il diacono Sebastiano Rovito cedeva a donna Dianora Thegana vedova del quondam Mutio delo Caso di Rossano, la detta domus terranea redditizia alla corte baronale sita in loco “s.to stefano”, confine la domus degli eredi di Mionni Policastri, la domus degli eredi di Detio Caputi, la domus di donna Virgiuza de Rovito, la via pubblica ed altri fini.[ccli]
Anche la detta donna Dianora si disfece presto della detta domus terranea confinante con la domus degli eredi di Mionni Policastri e la domus di Nicolao de Consulo, ed il 3 ottobre 1578, la vendette a Jo: Dom.co de Consulo della terra di Melissa.[cclii]
Il 6 luglio 1584, Jo: Dom.co de Consulo cedeva a suo fratello Anibal de Consulo della terra di Melissa, la sua parte della domus terranea redditizia alla corte baronale che possedevano in comune ed indiviso, sita in loco “s.to stephano alias la placa in convic.o portae Cuccuiae”, confine la domus degli eredi di Mionno Policastri, la domus di Nicolao Caputo, la via pubblica ed altri fini.[ccliii]
Un atto del 8 luglio 1582, evidenzia che donna Dianora Papaioanne deteneva una casa posta “dentro d(ic)tam t(er)ram loco detto lo convicinio de s(an)to stefano”, confine la casa di Petropaulo Russo, la casa di Cola Caputo ed altri fini.[ccliv]
Le case del notaro Joanne Albozino
Nel luogo detto Santo Stefano, nelle vicinanze della “cuccuvia” e delle mura, si trovavano anche i beni del notaro Joannes Albozino. Qui, in “loco la cuccuvia alias s.to stephano”, si trovava il casaleno che il 31 agosto 1574, Ant.o de Rinaldo assieme a sua moglie Julia de Rinaldo, vendettero al detto notaro.[cclv]
Il 30 gennaio 1576, i fratelli Hier.mo e Carluccio de Latorre, in relazione al matrimonio tra Margarita Latorre loro sorella e Nicolao Franco, consegnavano ai detti coniugi, una casa terranea “loco santo stephano”, confine la casa del not.o Joanne Albozino, ed altri fini.[cclvi]
Questa casa consistente in tre membri, sita in “loco s.to stephano”, confinante con la domus di Cesaris Albozino, la domus dotale di Nicolai de Franco, la “meniae t(er)rae p.tae” ed altri fini, il 25 febbraio 1576 fu permutata da detto notaro, con quella di sua moglie donna Iustinia Basami, posta in “loco la valle”.[cclvii]
Da un atto del 28 gennaio 1581, apprendiamo che fu posta all’incanto, la casa terranea del not.o Joanne Albozino, debitore nei confronti dell’università di Cirò, posta in “loco s.to Stefano vicino le mura dela t(er)ra”.[cclviii]
Il 28 giugno 1592, in relazione al matrimonio tra il no. Horatio Milia di Casabona e la m.ca Biancha Albocina, figlia del m.co notaro Joannes Albocino, apparteneva alla dote della sposa, la domus terranea sita in loco “lo Capo de s(an)to stefano”, confine un’altra casa del detto notaro, la casa di Gilormo Albocino, il casalino di Francisco Coluccia ed altri fini.[cclix]
La vicina casa di Geronimo Albozino compare già in alcuni atti stipulati tutti lo stesso stesso giorno che, attraverso le vicende relative ad alcuni stabili vicini, ci permettono di conoscere meglio questo luogo.
Il 24 giugno 1573, davanti al notaro, si costituirono Blandonia Serafina, con il consenso di Andrea Loisio Tessituri, ed il m.co Quintio Piccolo. Nel passato, Jacobo Serafino, padre di detta Blandonia, aveva acquistato dal m.co quondam Jo: Fr.co Piccolo, padre del detto Quintio, la domus di Marino Nicastri che era andata all’asta ed era stata incantata dal detto quondam m.co Jo: Fr.co. Detta domus, redditizia al feudo di Papandro, era sita in “loco s.to stephano” e confinava con la domus che all’attualità, detenevano gli eredi di Santo Strafalio, la domus dotale di Hier.mo Albozino e la via via pubblica “ex parte nothi”. Al presente la detta Blandonia retrovendeva la detta domus al detto Quintio.[cclx]
Lo stesso giorno, davanti allo stesso notaro, si costituirono anche donna Vera Riza vedova del quondam Santo Strafalio della terra di Crucoli, assieme ai suoi figli Candillerio, Hor.s, Jo: Battista e Margarita Strafalio. Dall’altra parte, si costituì Jacobo Malfitano, procuratore della mag.ca Hier.ma Piccola figlia del quondam m.co Fabio Piccolo. Il detto Santo, con patto di retrovendita, aveva comprato dal quondam m.co Jo: Fr.co Piccolo, padre del detto Fabio, la domus sita in “loco s.to stephano”, confine un’altra domus del m.co Quintio Piccolo, la domus degli eredi del quondam Nicolai Abbatis, il “casalenum de franchino”, la via pubblica ed altri fini. Al presente detti de Strafalio retrocedevano la detta domus a detta mag.ca Hier.ma Piccola.[cclxi]
Sempre davanti al notaro Baldo Consulo, quello stesso giorno fu stipulato un terzo atto relativo a tale vicenda. Da una parte, si costituì il detto m.co Jacobo Malfitano procuratore della detta mag.ca Hier.ma Piccola, assieme al m.co Quintio Piccolo figlio del quondam m.co Jo: Fr.co Piccolo. Dall’altra parte si costituì il no. Jacobo Nicastri per parte del rev. D. Fr.co Nicastri “sui patrui” assente. Apprendiamo così che, in precedenza, il detto quondam m.co Jo: Fr.co Piccolo aveva incantato “in platea pp.ca s.tae mariae”, due domos terranee appartenenti al quondam Marino Nicastro, padre del detto reverendo D. Fr.co, site il loco “s.to stephano”. La prima confinante con la domus degli eredi di Nicolai Abbatis, il “casalenum de franchino”, la via pubblica “ex parte nothi” ed un’altra domus del m.co Quintio Piccolo. La seconda, redditizia al feudo di Papandro, confinante con la domus dotale di Hier.mo Albozino, la via pubblica “ex parte nothi menia versus” ed altri fini. Al presente le dette due domos erano retrocesse al detto rev. D. Fr.co Nicastri.[cclxii]
In seguito, Geronimo Albozino ampliò i suoi possedimenti vicini. Il 17 gennaio 1583, Fr.co e Ferd.o de Cotrone cedevano a donna Vincentia de Cotrone, moglie di Hier.mo Albozino, la domus terranea posta dentro la terra di Cirò loco detto “s.to stephano”, confine la domus degli eredi del quondam donno Fr.co Nicastro, la via pubblica da due lati ed altri fini.[cclxiii]
Ritroviamo i vicini delle case degli Albozino in altri atti successivi. Il 16 agosto 1573, davanti al notaro, comparivano la detta donna Vera assieme ai suoi figli Candilerio e Horatio Strafali. Dall’altra parte, comparve Bland.a Serafina. In relazione al fatto che il detto Sancto Strafalio aveva comprato da donna Desposta Serafina, sorella di detta Blandonia, il “casalenulus” promesso in dote a detta Blandonia da suo padre Jacobo Serafino e che, successivamente, il detto Sancto l’aveva fabbricato, al presente la detta Blandonia corrispondeva a detta donna Vera, l’aumento di valore della detta “domunculam” stimato in ducati due.[cclxiv]
Il 12 luglio 1576,Blandonia Serafina, anche per parte delle sue sorelle donna Disposta e Brindisina, vendeva a Fabio Consentino, la “domunculam” redditizia alla corte baronale, sita in “loco d(e)tto s.to stephano”, confine da due lati le domos del rev. D. Fr.co Nicastri, la domus di Iustinia de Parisio, ed altri fini.[cclxv] Il 13 aprile 1584, il detto Fabio Consentino retrocesse a detta donna Blandonia, il detto “domicilium”.[cclxvi]
Il 22 febbraio 1577, in qualità di tutrice e balia di Fer.do, Vespasiano e Maria Spinelli, l’Ill.ma Virg.a Caracciola della città di Napoli, vedova del quondam Joannes Vinc.o Spinelli, utile signore della terra di Cirò, concedeva in emphiteusi ad Allicto Martino ed a suo figlio Jo: Dionisio, alcuni beni tutti “membri de pheudo de scrimunda (?) olim de papandro”, tra cui il casaleno palaziato con “meniano et scala lapidea”, sito in “loco dicto s.to stephano alias la placa”, confine la domus di Justina de Parisio, la domus del rev. D. Fr.co Nicastri, la domus di Jo: Laurentio Tessituri, la via pubblica ed altri fini.[cclxvii]
Nel detto luogo di Santo Stefano, ovvero “sotto s.to stephano” presso le mura, si trovava la casa palaziata, o domus magna palaziata che, il 27 aprile 1579, fu oggetto di divisione tra i no. Michelangelo e Jo: Hier.mo Mascambrone. Domus che confinava con le case del m.co Tiberio Mascabrono, la “menia t(er)rae psygrò”, le case di Jo: Laurentio Mascabrono ed altri fini.[cclxviii]
Il 2 marzo 1586, il no. Jo: Laur.o Mascambrono donava a sua figlia donna Aurelia Mascambrone, un “Aerem ex primo pavimento fabricatum”, posto sopra il catogio della domus del detto donatore, sito in loco “s.to stefano”, confine la domus e casaleno di detto Jo: Laur.o, la domus di donna Nucentia Papaioannes ed altri fini. Si specificava che la donataria, avrebbe avuto entrata ed uscita dal cortile di detto Jo: Laur.o, cortile che confina con l’entrata e uscita della domus di Michelangelo Mascambrono.[cclxix]
La chiesa ed il convicino di San Lorenzo
La chiesa di Santo Lorenzo sorgeva verso l’estremità meridionale dell’abitato di Cirò, presso le mura, dove erano alcune case, antri e casaleni, ma anche alcuni “hortalia” sottostanti alle abitazioni. Il 10 ottobre 1576, Salvator Maegna alias de Cutro della città di Strongoli, vendeva al m.co Sergio Long.co della città di Umbriatico, la domus palaziata sita “in convicinio s.ti laurentii iuxta menia dictae t(er)rae”, la via pubblica ed altri fini, con annuo reddito al feudo del m.co Scipione Spoletino. Lo stesso giorno il detto Salvator prendeva in affitto detta casa dal detto m.co Sergio.[cclxx]
Un atto del 26.02.1588, evidenzia che la domus palaziata del quondam Salvatore de Cutro, posta “intus d(ic)tam t(er)ram loco dicto sopra lo convic.o de s(an)to laur.o”, ovvero “in d(ic)to convic.o sopra s(an)to laurentio”, confinava con il casaleno del mastro Joannes Petro de Parisi, il casaleno di Dominica de Morello e la via pubblica. Appartenevano a detto quondam Salvatore, anche un’altra domus terranea contigua a detta domus palaziata, un “antrum sub domo p.ta t(er)ranea” e gli “hortalia” posti sotto dette domos. Beni redditizi al feudo della corte marchionale “dicto de sanguigno”, confinanti con il casaleno del no. Nic.i Papaioannes precedentementente appartenuto al quondam Marcello Papaioannes, l’“hortale et antrum” dell’on. Joannes Battista Inglisi ed altri fini.[cclxxi]
Sempre “in loco dicto sop.a s.to laur.o”, si trovavano la casa con due casalini contigui che, il 19 aprile 1573, donna Cassandra Tarentina, vedova del quondam Joanne Maria Castrovillari, promise in dote a sua figlia donna Aura de Falcone che andava in sposa ad Alfonsio Trovato. Casalini che confinavano con la casa di Sarro Thegano, la casa di Petro de Cotrone, la via pubblica ed altri fini.[cclxxii]
In convicino di Santo Lorenzo si trovava anche la casa del presbitero D. Marcantonio Morello. Il 30 aprile 1586, in relazione al proprio matrimonio, donna Margarita Bisantia prometteva al no. Jo: Thoma Galcerio della terra di “casoboni”, una casa palaziata con il catogio, nel convicino di “s.to laur.o”, confine la casa di donno Marcant.o Morello, la via convicinale ed altri confini.[cclxxiii]
Un atto del 26 agosto 1594, evidenzia che la domus dove abitava il magister Scipione Thegani, era sita “intus dittam terram ciro in loco ubi dicitur lo convicinio di santo laurenzo”, e confinava con la domus di Joannes Thoma Ferrari, la domus del presbitero Marco Antonio Morello, la via pubblica ed altri fini.[cclxxiv]
Dalla procura stipulata il 4 luglio 1586 da parte del no. Valerio Nicaster per la vendita dei suoi beni, sappiamo che tra questi vi era la domus palaziata “cum Antro et cum pistino seu molendino macinante cum mula”, sita dentro la terra di Cirò “in loco s.to laurentio”, confine la domus palaziata del no. Jacobo Nicastro, le vie pubbliche da due lati ed altri fini.[cclxxv]
Il 21 febbraio 1594, donna Ant.a Bisantia vedova del quondam Minico Vivacqua, assieme ai suoi figli, vendeva a donna Jacoba de Lamanno moglie di Joseph Crassi della terra di Crucoli, la domus terranea sita in convicino di “s.ti laurentii”, confine la domus di detti venditori, la domus di Michelangelo Nicastri, il casaleno di detti venditori “in meniis dictae t(er)rae”, la via pubblica ed altri fini.[cclxxvi]
La “via nova” in convicino di San Lorenzo
Nelle vicinanze della chiesa di San Lorenzo, si univano la via pubblica che discendeva “de s.to laur.o” e quella detta “la via nova”. Nei pressi della congiunzione di queste due vie si trovavano i beni di Aloisio Zolea che andarono in dote a sua figlia Perna. Il 16 agosto 1573, il detto Aloisio prometteva in dote a sua figlia donna Perna Zolea che andava sposa a Scipio Thegano, un “palazo” con un “catogio” posto in “loco s.to laur.o”, confine l’altra casa palaziata di detto promissore, la casa di Cruce Thegano ed altri fini. Gli prometteva anche un casaleno contiguo con detto palazzo, confine “la via nova” da un lato, la “via pp.ca descende de s.to laur.o” ed i casalini di Jacobo Nicastro “Vinella seu curso de aqua m.te”.[cclxxvii]
Un atto del 22 febbraio 1577, evidenzia che i casaleni dotali di Scipione Thegani, confinavano con i “tria casalena posita in convicinio s.ti laurentii loco la via nova”, che l’Ill.ma domina Virg.a Caracciola della città di Napoli, affittò a Thoma de Consulo di Melissa, mentre questi confinavano anche, vinella mediante, con i casaleni di Jacobo Nicastro ed il casaleno di Joannis Maria Vona.[cclxxviii]
Il 2 novembre 1579, il detto Jo: Maria Vona assieme al rev. D. Ant.no Galeoto, procuratore generale di Blasio Cosentino alias Consilio, vendeva a donna Dianora Papaioannes, vedova del quondam Laurentio Mascanbrone, il casaleno sito in loco “la via nova in convicinio s.ti laurentii”, confine i casaleni della corte baronale, vinella mediante, il casaleno di Fer.do Leti, la via pubblica sia superiormente che inferiormente ed altri fini.[cclxxix]
Nelle vicinanze, in loco detto “la via nova subter ecc.am s.ti laurentii”, si trovava il casaleno che l’otto dicembre 1577, Hier.mo dele Quaglie vendette al no. Virgilio de Cotrone. Casaleno che confinava con la domus nova di Gio: Battista Inglisi, un altro casaleno di detto Virgilio, le vie pubbliche da due lati superiore ed inferiore, ed altri fini.[cclxxx]
Un atto precedente del 7 febbraio 1577, evidenzia che Fr.co Pilusio, aveva venduto a Virg.o de Cotrone il casaleno sito “in loco la valle”, confine la domus di detto Fr.co, la domus di Marco Ant.o Lumbardi, il “casalenum superiori” di detto Virg.o, la via pubblica ed altri fini.[cclxxxi]
Sempre in questo periodo, sappiamo che la casa del m.co Virg.o de Cotrone, si trovava vicina alla casa dotale di donna Rosa Carpina e confinava con un “aere de palazo” posto al convicino “dela cuccuvia”, che il 25 agosto 1578, Octaviano Caputo promise in dote a sua figlia donna Hysabella Caputa che andava in sposa a Joannes Ferrari.[cclxxxii]
La porta della “cuccuvia”
All’estremità meridionale della cinta muraria, si apriva la porta detta della “cuccuvia”, toponimo ripreso da una iscizione “greca in mattone cotto, a diritta di chi entra” che, ancora alla metà dell’Ottocento, era visibile al “prospetto” della detta porta.[cclxxxiii]
La presenza antica delle case e dei beni dei de Nicastro nelle vicinanze della porta della “cuccuvia”, è evidenziata da alcuni atti stipulati verso la fine del 1582. Qui, presso le nuove mura, in loco detto “la porta dela cuccuvia”, si trovavano il casaleno con ortale contiguo posto “ex(tr)a menia dictae t(er)rae, usque ad murum novum valli seu propugnaculi dicti lo spontone novo”, che il 28 ottobre 1582, Valerio Nicaster permutò con Fabio Consentino.[cclxxxiv]
Il 18 novembre di quell’anno, Marco Ant.o Nicaster vendeva al no. Valerio Nicaster, la sua parte di una domus terranea acquistata dai de Nicastro nel lontano 1540 e posseduta in comune ed indiviso, che all’attualità era divenuta un casaleno diruto. Domus sita dentro la terra di Cirò loco “la cuccuina”, confine la domus del quondam Carolo de Necastro, la domus di donna Polisena Pectinara, la “moenia t(er)rae p.tae”, la via pubblica ed altri fini.
Tre giorni dopo, il “providus” Laurentio Nicaster anche per parte del no. Joannes Leonardo Nicastri suo fratello, vendeva ai no. Jacobo e Valerio Nicaster, anch’essi fratelli, la domus terranea al presente diruta ed un casaleno, siti dentro la terra di Cirò loco “la cuccuvia”, confine la domus degli eredi di Joannes Maria Castrovillari, il casaleno “tangentem” di detti Jacobo e Valerio, la “moenia t(er)rae p.tae psycrò”, la domus nova che abitava il magister Fer.do Morello ed altri fini.[cclxxxv]
Questi confinanti sono richiamati anche in alcuni atti precedenti. Il 10 gennaio 1574, donna Gesimina Nicastra vedova relitta del quondam Matteo Cito, assieme a sua figlia Hysabella Cita e con il consenso di Marco Ant.o Mascambrone e di Minico Greco, marito di detta Hysabella, vendevano a Fer.do Morelli, il casaleno sito in “loco d(e)tto la cuccuvia”, confine la domus di Rosa de Parisio, la domus di Joannes Maria Castrovillari, la “menia t(er)rae p.tae”, la via pubblica ed altri fini.[cclxxxvi]
I confini della casa palaziata di Rosa de Parisio, vedova del quondam Nicolai Crispi della terra di Crucoli, “posta alla cuccuvia”, sono evidenziati da due atti del 26 giugno e del 10 ottobre 1575, attraverso cui apprendiamo che questa limitava con la casa palaziata degli eredi di Nicolai o Cola de Parisi, la casa palaziata degli eredi di Jo: Maria Castrovillari, i casaleni di mastro Ferrante Morello, la via pubblica ed altri fini.[cclxxxvii]
Il 13 ottobre 1578, detta donna Rosa de Parisio, assieme ai suoi figli Jo: Dom.co, Jo: Paulo e Bettuza Crispi ed a Donato Gratiano della terra di Scala, marito di detta Bettuza, vendevano al no. Marco Ant.o Carusio, la detta domus palaziata sita in loco e convicino “porte cuccuviae”.[cclxxxviii]
Altri beni vicini del detto no. Marco Antonio, sono evidenziati da un atto del 3 gennaio 1580. Quel giorno Salvator Custavalis vendeva al no. Marco Ant.o Carusio, il “catogyum” sito in convicino “portae cuccuiae”, confine il catogio di detto Salvatore, il catogio di detto no. Marco Ant.o, la via pubblica “qua itur ad dictam portam cuccuviae” ed altri fini.[cclxxxix]
Fuori la porta della Cuccuvia
Nella parte esterna alle mura più prossima alla porta, si trovavano alcuni casaleni ed orti, vicino ai quali passava la via pubblica che conduceva alla chiesa di Santa Margarita. Il 13 febbraio 1577, il m.co Constantino Theodoro della città di Napoli, abitante nella terra di Belvedere, vendeva al “crotoniata” Jo: Petro Suriano, il casaleno murato con altro casaleno contiguo, posti “extra moenia dictae t(er)rae in loco dicto la cuccuvia”, confine l’ortale dotale di Jo: Leonardo Nicastri, la domus palaziata dotale di detto Jo: Leonardo, la “viam pp.cam qua itur ad ecc.am s.tae margaritae” ed altri fini.[ccxc]
Nella divisione dei beni avvenuta l’undici febbraio 1579 tra Marco e Joannes Papaioannes, troviamo gli “Aeribus Casalenorum ex(tr)a portam cuccuviae” che, dalla parte inferiore, erano presso i casaleni che dicevano essere degli eredi di Marcello Papaioannes e vicino alle mura.[ccxci]
Tra i beni appartenenti alla dote di donna Jacoba Inglisia, vedova del quondam Alfonso Morelli, promessa in sposa a Desiderio Pignero (04.12.1580), troviamo un “hortale” posto “fore la cuccuvia avante lo Casalino” degli eredi di Marcello Papaioanne, confine “l’entrata” di Salvatore de Cutro, il suo “horto” e la via pubblica.[ccxcii]
Sempre fuori e presso la porta della Cuccuvia, si trovava il luogo detto “lo camino”, caratterizzato dalla presenza di ortali. Il 16 agosto 1573, Aloisio Zolea prometteva in dote a sua figlia donna Perna Zolea, che andava in sposa a Scipio Thegano, un “hortale seu casalino fora la porta dela cuccuvia, loco detto lo camino”, confine l’ortale del clerico Fr.co Schito, l’ortale di Ant.no Petra Paula, l’ortale del clerico Cola Thegano, la via pubblica dalla parte di “abascio” ed altri fini.[ccxciii]
Vicino a questi si trovava anche l’ortale con un albero “sycomi”, gravato dal reddito di tre carlini nei confronti del m.co Fabritio Spoletino che, il 18 marzo 1576, Jo: Ber.no Polito vendette a Joannes Dom.co de Consulo della terra di Melissa. A quel tempo, infatti, questo risultava confinare con il “caninum” (sic) di Jacobo de Jardeno, l’ortale del diacono Fr.co Schiti, l’ortale dotale del magister Scip.nis Thegani, l’ortale appartenente alla no. Fortuna Siciliani ed ai suoi fratelli, la via pubblica ed altri fini.[ccxciv]
Sempre “in terr.o p.to loco dicto de fore la porta dela cuccuvia”, si trovava l’ortale che il 15 febbraio 1584, i m.ci Fabritio Spoletino e Scipio Spoletino, assieme con le m.che Dianora, Beatrice e Hier.ma de Spoletino, figli e figlie pupillari nonché eredi del quondam m.co Petro Ant.o Spoletino, donarono al loro “sacellum seu oratorium” posto dentro la chiesa di Santa Maria de Plateis. Ortale che confinava con il “Caminum illorum de giardino”, con l’ortale di Carlo Tacca, l’ortale di mastro Scipione Teg.ni ed altri fini.[ccxcv]
Tra i beni che appartenevano alla dote di donna Jacoba Inglisia, vedova del quondam Alfonso Morelli, promessa in sposa a Desiderio Pignero (04.12.1580), troviamo un “hortale loco detto lo convicinio de s(an)ta marg.ta”, confine l’orto del m.co Fabio Barbuscia “de m.o scipione thegano dotale”, la via pubblica ed altri fini.[ccxcvi]
Santa Margarita
L’esistenza della chiesa parrocchiale di “s.ta margarita” è documentata già in un testamento del 14 agosto 1561, quando Tisima de Leo lasciò a “s.ta margarita sua parrochia”, 5 grana e dispose che il suo corpo fosse seppelito “dentro s.ta margarita sua cappella”.[ccxcvii] Un’altra deposizione nella chiesa è documentata nell’aprile dell’anno seguente, al tempo in cui il ven. Hieronimo Tegano, vicario della terra di Cirò, era cappellano della “parrochialis ecc.e sante margarite construtta ex.a muros ditte t(er)re”.[ccxcviii]
Il luogo in cui sorgeva la chiesa, dove passava la via pubblica, e dove si trovavano casaleni e orti, era caratterizzato anche dalla presenza di grotte. Qui si trovava una “grotta loco detto s(an)ta margarita”, confinante con la grotta di Jo: Battista Inglesi che il 14 novembre 1580, rientrò in una divisione dei beni tra i m.ci Nicola Cesare e Moritio Papaioannes.[ccxcix]
Più in là si estendevano gli oliveti. Il 10 novembre 1578, donna Fr.ca Castrovillari vedova del quondam Ber.no de Castellis, vendeva a donna Virgiuza de Rovito, vedova del quondam Jo: Constantini di Crosia, un oliveto con terreno vacuo sito “sub templo s.tae Margaritae”, confine le terre di Antonello Mascambrone da tre lati, l’ortale del no. Fabio Barbuscia, “grattapone” mediante, la via pubblica “qua itur ad fontes” ed altri fini.[ccc]
Alcuni atti relativi agli anni 1587/88, testimoniano che il m.co Fabio Barbuscia, possedeva un “hortale posto al ter.o di d(ic)ta t(er)ra loco detto sobto s(an)ta Margarita”, confine le olive del no. Joannes Gregorio Mascanbrone, le olive di Vergiuzza de Rovito la via pubblica ed altri fini.[ccci]
La via di Melissa
Sotto la porta della Cuccuvia si trovava il luogo detto “coluccia”, dove erano alcune possessioni arborate e dove passava la via pubblica detta anche vecchia, che conduceva alla terra di Melissa. Il 28 gennaio 1577, il notaro Joannes Albuzino permutava con un’altra possessione di sua moglie donna Justinia Basami, la propria possessione arborata sita “sub porta cuccuviae loco dicto coluccia”, confine le olive degli eredi di Ber.no Consili, le terre di Antonello Mascambrone, le terre di S.to Menna e la “viam pp.cam qua itur ad t(er)ram melissae”.[cccii]
Pochi mesi dopo, il 3 agosto di quell’anno, troviamo che lo stesso notaro donava a detta sua moglie, la possessione arborata loco detto “coluccia supter portam cuccuviae”, confine le “olivas” degli eredi di Ber.no Consilio, le terre di S.to Menna, la “viam pp.cam veteram qua itur ad terram melissae” ed altri fini.[ccciii]
Il Vallone
Da “gravilla”, luogo sottostante la chiesa di Santa Maria de Plateis ed il castello, discendeva il vallone “seu via pp.ca” che, raccogliendo le acque meteoriche nella parte alta dell’abitato di Cirò, ne consentiva il deflusso verso “la valle”. Vallone che aveva origine dal fossato che muniva il castello.
Un atto del 2 maggio 1566, evidenzia che la domus di Minico Puglisi si trovava “intus dittam t(er)ram in loco detto lo convicino de sutta lo castello”, e confinava con la domus di donno Mercurio Corderi, la via pubblica da due lati ed altri fini.[ccciv] I capitoli stipulati nell’aprile 1573, relativi al matrimonio tra l’on. Michaele Corderi e donna Innocentia de Mattheo, figlia del quondam mastro Justino de Mattheo, evidenziano che tra i beni che costituivano la dote della sposa, vi era un casalino posto “intro d(ic)ta t(er)ra, loco detto lo vallone”, che confinava con la casa di mastro Minico Puglise e Cicco Fauceri.[cccv]
Ingravilla
Lungo il pendio che da sotto la chiesa di Santa Maria de Plateis, degradava verso la piazza di S.to Menna, esisteva il luogo detto “ingravilla” per la presenza dei beni appartenenti al feudo “de gravilla”. Il 25 marzo 1576, il no. Jo: Ant.o Richia ed il diacono Sebastano Rovito, promettevano in dote a Margarita Consilia, nipote del detto no. Jo: Ant.o e figlia del quondam Ber.no Consilio, che andava in sposa a Lupo Ant.o Malvasio, una casa terranea posta in loco detto “ingravilla”, confine il “palazo” di Caesare Consiglio, fratello di detta Margarita, la casa di And.a Polito, “lo vallone, seu via pp.ca” ed altri fini.[cccvi]
In loco detto “ingravilla” si trovava la domus terranea, redditizia alla corte baronale che, il 30 novembre 1572, donna Argentia de Castellis vedova del quondam Joannes de Castellis, vendette ad Alfonso Inglisius. Domus che confinava con la domus “de piccolis”, un’altra domus di detta Argentea, la via pubblica ed altri fini.[cccvii]
Confinava con la domus di detta Argentia, o Argentina, con la domus di Alfonso Inglisi e con la domus ed il casaleno di Laurentio de Parisio, il casaleno redditizio alla corte baronale sito in loco detto “ingravilla” che, il 26 agosto 1574, Jo: Petro Candioto vendette a donna Gloria de Franco.[cccviii]
Alcuni possedimenti vicini sono evidenziati da altri atti di questo periodo. Il 31 agosto di quell’anno, donna Laura de Castellis, moglie di Joannes de Loysio, vendeva ad Ant.o de Rinaldo, la domus terranea redditizia alla corte baronale, posta in loco detto “ingravilla”, confine la domus di Alfonso Inglisi, il casaleno di Joannes Petro Candioto, la domus palaziata del m.co Quintio Piccolo, la via pubblica ed altri fini.[cccix]
Il 3 maggio 1579, i coniugi donna Julia Siciliana o de Rinaldo e Ant.o de Rinaldo, vendevano al m.co Quintio Piccolo, la domus terranea redditizia al “subpheudo de gravilla” e sita in loco detto “ingravilla”, confine la domus terranea del m.co Joannes Maria dela Monaca, la domus terranea di donna Gloria dele Quaglie, il casaleno del detto m.co Quintio dalla parte superiore ed altri fini.[cccx]
Il 7 gennaio 1573, Cathaldo Coluccia vendeva a Rentio de Parisio, una parte della sua domus sita in loco detto “Ingravilla”, confina la domus di Giovanni La Pignola, la domus di detto Renzo, la via pubblica ed altri fini.[cccxi]
Questa domus di Cathaldo Coluccia che era vicina alla domus degli eredi di Mundo Bruni, confinava con la domus palaziata della “societatis corporis christi” sita in loco detto “ingravilla”, che Luca Matteo Scavello prese in affitto il 15 giugno 1574.[cccxii]
Il 12 novembre 1576, Cathaldo Coluccia e sua moglie donna Laura Ferrara, vendevano a Laur.o de Parisio, la domus terranea sita in “loco dicto ingravilla”, confine la domus della cappella del “corporis xpi”, la domus di detto Laur.o, la domus di Joannes dela Pignola ed altri fini.[cccxiii]
Nelle vicinanze si trovava il “parvum Catogium” che l’otto marzo 1581, per ragione della dote di donna Lyse Spina, madre di donna Lucretia Papandrie figlia ed erede del quondam Jac.o Papandrie, il rev. donno Marco Ant.o Morello, tutore di detta donna Lucretia, cedette al magister Joannes La Pignola. A quel tempo, detto catogio posto “intus t(er)ram p.tam loco dicto ingravilla”, confinava con la domus di And.a Papaionnes, la domus della detta Lucretia, la “vinellam qua itur ad sanctum mennam”, la domus de Cassandra de Joanne Petra, dalla parte superiore del detto piccolo catogio ed altri fini.[cccxiv]
Il 19 gennaio 1586, Joannes Lapignola della terra di Crucoli vendeva a donna Hysabella de Leo, il “Catogyolum” sito in loco e convicino di “ingravillae”, confinante superiormente con la domus di Cassandra de Joanne Petra, l’“Apotecam” degli eredi di Jacobo Papandrea, la via pubblica ed altri fini.[cccxv]
Un atto successivo del 19 novembre 1586, evidenzia che la domus di Andrea Papaioannis che era appartenuta al quondam Valerio Papandri, si trovava vicino alla domus dei fratelli Colella e Marco Favari e confinava con la domus terranea posta “intus t(er)ram Cirò loco dicto lo convic.o de s(an)to menna” che, in quella occasione, i detti de Favari, vendettero all’on. Laurentio La Balestra.[cccxvi]
Sotto Ingravilla
Sottostante al luogo detto “ingravilla”, troviamo quello detto “sotto ingravilla”. Due diversi atti, del settembre 1587 e del febbraio 1588, evidenziano che la casa terranea di Marco Benedicto, posta “in loco ditto ingravilla” e la domus palaziata di Donodeo Benedicto, posta in “loco dicto sobto ingravilla”, confinavano entrambe con la domus di Camillo Benedicto.[cccxvii]
Vicino si trovava anche la domus terranea, redditizia alla corte marchionale, posta in loco “sobto ingravilla”, che l’on. Joannes Ber.no Polito e sua moglie donna Polixena Russa, il 12 febbraio 1593, vendettero a donna Hortensia de Renda, vedova del quondam Joannes Ber.no de Melita. Domus dotale di detta donna Polixena, che confinava con la domus di Marco Benedicto, la domus di donna Beatrice Mascambrona, la vinella pubblica, il “vallonum qui descendit ab ecc.a s(anc)tae m.ae” ed altri fini.[cccxviii]
La presenza della domus di Beatrice Mascambrona in questo luogo, è documentata già da un atto del 19 aprile 1562, quando detta domus posta “in loco ditto sotto ingravilla”, confinava con la domus di Joannes d’Alboccino, la domus del rev. Antonino Galeoto, cantore della cattedrale di Umbriatico, la via convicinale ed altri fini.[cccxix] Successivamente, il 24 maggio 1587, troviamo che l’on. Joannes Albocino, padre di Petro, Scipio e Vinc.o de Albocino, assieme a detti suoi figli, vendette a donna Beatrix Mascanbrona, il casaleno sito “intus t(er)ram p.tam loco dicto sobto ingravilla”, confine un’altra domus terranea di detta donna Beatrice, la domus dotale di Joannes Mattheo de Rossano, la vinella pubblica ed altri fini.[cccxx]
Alla “via nova” sotto Ingravilla
Nel luogo detto “sotto ingravilla” è documentata la presenza della “viam novam pp.cam”, ovvero della “viam novam de gravilla”, “qua itur in gravillam”. Il 22 settembre 1575, Marcidonio de Venuto donava a suo figlio Minico de Venuto, la domus terranea redditizia al “pheudo de ingravilla”, sita “subter ingravilla”, confine la domus dotale di Ant.no Jurati, la domus di Betta de Risolo, la via pubblica ed altri fini.[cccxxi]
Come rileviamo da un atto del 31 ottobre di quell’anno, la casa di Minico de Venuto confinava con la metà di una casa terranea sita in “loco sotto ingravilla”, che Ant.no Jurato e Salvator Jurato, padre e figlio, promisero in dote a donna Joanna, rispettivamente loro “privigna” e sorella, che andava in sposa a Marco Corso di Corigliano. La detta casa di Minico de Venuto, si trovava vicina all’altra metà di detta casa, dotale di Ant.o de Amato, genero di detto m.o Ant.no Jurato, alla casa di Fr.co Bosco ed alla casa dotale di Salvatore Fiscaldo.[cccxxii]
Il 19 novembre 1577, Minico de Venuto e sua madre Laura de Venuto, vendevano a donna Catherina de Accursio della città di Strongoli, la domus terranea redditizia alla corte baronale sita in loco detto “ingravilla”, confine la domus di Salvatore Fiscaldo, la domus dotale di Ant.nio de Amato, la domus dotale di Fr.co Bosco, la via pubblica ed altri fini.[cccxxiii]
Confinava con la domus dotale di Ant.nio de Amato, la domus di donna Catherina de Strongolo, la “viam novam pp.cam” e la vinella “qua itur ad dictam viam novam”, anche la domus terranea posta “subter ingravilla” che attraverso un atto del 29 aprile 1578, Jo: Maria Vona asseriva di aver ricevuto in relazione alla dote di sua moglie Hortentia Vona.[cccxxiv]
Il 19 febbraio 1579, il rev. D. Ant.no Galeoto procuratore del venerabile ospedale di Cirò, vendeva a Laur.o de Parise la domus terranea sita “sub loco ingravillae”, confine la domus dotale di Fr.co Bosco, la domus di Betta de Risolo, la domus dotale di Ant.o de Amato, e la via pubblica “qua itur ad viam novam de gravilla” ed altri fini. Domus che era stata legata per testamento a detto ospedale, dalla quondam donna Catherina Consentina della città di Strongoli.[cccxxv]
Il 27 luglio 1582, Il magister Laur.o de Parisio e sua moglie donna Paula Vona, vendevano ad Anselmo de Simari della terra di Crucoli, la domus terranea redditizia alla corte di Cirò sita “subter gravilla”, confine la domus dotale di Fr.co Boscho, la domus dotale di Ant.nio de Amato, la domus di Betta de Risolo, la via pubblica “qua itur in gravillam” ed altri fini.[cccxxvi]
Altri documenti ci permetteno di estendere la nostra conoscenza del luogo. Il 24 dicembre 1574, Jacobo dela Fontana vendeva a Jacobo Papandro, la domus palaziata “novam”, sita in loco “subter ingravillam”, confine la domus di detto de Papandro dalla parte superiore, un altro casalendo di detto de Papandro “boream versus”, la domus di Joannes de Rinaldo dalla parte meridionale, l’“Ostracum seu Aerem superiorem” della detta domus di detto de Papandro, la “viam Novam pp.cam” ed altri fini.[cccxxvii]
Tre giorni dopo, il detto Jacobo Papand.a vendeva a Petro de Melita, il casaleno sito “subter ingravilla”, confinante con la domus di donna Palumba Murgiotta, il casaleno di Hermolai de Melita, la “vinellam superiorem”, la via pubblica ed altri fini.[cccxxviii]
Quello stesso giorno il detto Jacobo Papandria acquistava ancora da Jacobo dela Fontana, la domus palaziata “sita in loco la via nova subter ingravilla” confine la domus di detto de Papandria, la “viam novam pp.cam” ed altri fini.[cccxxix]
Nelle vicinanze di queste abitazioni e verso “la valle”, si trovavano quelle di altri componenti delle famiglie de Rinaldo, de Polito e de La Fontana. Il 22 agosto 1574, Fr.co Polito cedeva a donna Hyppolita Susanna, vedova del quondam Massentio Politi, la quinta parte della domus terranea redditizia alla corte baronale, sita in “loco sotto ingravilla apud viam novam pp.cam”, confine la domus di Minico dela Fontana, la domus degli eredi di Felice Politi, la domus di Marcello Papaioannes ed altri fini.[cccxxx]
Il primo agosto 1576, Jacobo de Lafontana permutava con Joanne Ant.o de Iuglia, il suo “aere unius domus palatiatae” redditizio al “pheudo olim de piccolis” della corte baronale, sito in loco “sotto ingravilla”, confine la domus degli eredi di Massentio Politi, la domus dotale di Lucentis de Lafontana, il catogio di Statuto de Lafontana suo fratello, dalla parte inferiore, la “viam novam pp.cam” ed altri fini.[cccxxxi]
Un atto del 3 maggio 1579, evidenzia che i coniugi donna Julia Siciliana e Ant.o de Rinaldo, possedevano la metà di una domus terranea loco “la via nova”, confine l’altra metà della detta domus che era di Ionfrida de Rinaldo suo fratello, la domus di donna Hysabella e Germana de Leo e la domus degli eredi di Jacobo Papandro.[cccxxxii]
Il 28 ottobre 1582, i coniugi Hor.o Castigliono della terra di Melissa e donna Lucentis Lafontana, assieme a Martio Greco figlio di detta donna Lucentis, vendevano a Ber.no Vetero la domus terranea redditizia al feudo “de ingravilla”, sita in loco “la valle iuxam vel apud gravillam”, confine la domus dotale di Fr.co Polito, il catogio di Statuto Lafontana, il catogio di detto Berardino, la via pubblica ed altri fini.[cccxxxiii]
In questo periodo, alcuni atti evidenziano altri possedimenti posti “alla via nova”, ovvero in “loco dicto la via nova”. Il 16 ottobre 1582, i coniugi Jo: Maria Russo e donna Ant.a de Fango, promettevano alla loro figlia donna Catherina de Russo che andava in sposa a Fulgentio Rizio della terra di Crucoli, un casaleno “alla via nova”, appartenuto a mastro Fabio Cosentino, vicino il casalino dotale di Cesare Basili, la casa di Possid.o de Cotrone, la vinella superiore, “la via nova pp.ca” ed altri confini.[cccxxxiv] Un atto del 6 luglio 1586, evidenzia invece, che la domus di Possidonio de Cotrone, si trovava vicina al casaleno di Cesaris Basilis e confinava con il casaleno posto “in t(er)ra p.ta loco dicto la via nova”, che l’on. Fulgentio Riczus vendette al m.co Carolo Tacha.[cccxxxv]
Il 16 maggio 1591, Stratonia de Melita vedova del quondam Cesare Basilio, vendeva a Hermolao de Melita, il casaleno di fabbrica posto nella terra di Cirò, “loco dicto la via nova”, confine la domus del m.co Carolo Tacca ed il casaleno di detto Hermolao.[cccxxxvi]
Il 9 marzo 1593, i coniugi on. Scipio Grimaldo e donna Lucretia Papandria, figlia ed erede del quondam Jac.o Papandrie, vendevano al m.co Carolo Tacca “habitator” in Cirò, il casaleno dotale posto nella terra di Cirò loco “sotto ingravilla, seu la via nova”, confine la domus di Fr.co Cornicello, la “domum delo Camino” della detta donna Lucretia e la via pubblica “dictam la via nova”.[cccxxxvii]
Santo Menna
La chiesa parrocchiale di S.to Menna compare già in atto del 27 settembre 1562, attraverso il quale apprendiamo che il rev. D. Antonino Galeoto, cantore della cattedrale di Umbriatico, era cappellano della “ecc.am nuncupatam et appellatam de s.to menna Construttam intus dittam t(er)ram in loco ditto la valle”, beneficio curato.[cccxxxviii]
In questo periodo, sono documentate alcune sepolture nella chiesa, prevalentemente da parte di alcuni suoi parrocchiani[cccxxxix] mentre, un atto del 26 agosto 1594, evidenzia l’esistenza della “cappella del santissimo rosario”[cccxl] che si trovava al suo interno.[cccxli] La chiesa sorgeva nella piazza omonima dove, oltre alla via pubblica che seguiva il corso del “vallone”, confluivano le vie che discendevano dalla parte alta dell’abitato. Nella piazza si trovavano alcune botteghe.
Ad iniziare dal 1580, gli atti evidenziano che “in platea publica dicta de s(an)to menna” ovvero “alla piacza de s(an)to menna”, erano effettuati i bandi e gl’incanti relativi all’esecuzione dei beni dei debitori.[cccxlii]
I beni dei nobili Risitano
Nella piazza di Santo Menna e nelle sue vicinanze, si trovavano diversi beni appartenenti al no. Nicolao Joanne Risitano ed ai suoi figli. Il 5 novembre 1576, il detto no. Nicolao donò al m.co Simeon Risitano suo figlio, la domus terranea “pro usu stabuli equorum”, sita in “loco la valle in convicinio s.ti mennae”, confine un’altra domus di detto donatore ed altri fini. Della donazione faceva parte anche un “pistinum cum mula macinante”.[cccxliii]
Successivamente, un atto del 16 marzo 1581, evidenzia che il no. Nic.o Joannes Risitano vendette al magister Petro Fili, la domus palaziata con domus terranea congiunta sita “intus t(er)ram p.tam Cirò loco dicto la valle”, confine la domus di Hier.mo Garpini, la domus di Cesare Ripuli, la domus di Joannes Hier.mo de Lalice, la via pubblica ed altri fini.[cccxliv]
La casa di Ger.mo Lalici è menzionata in un atto dell’otto gennaio 1576, quando apprendiamo che si trovava vicina alla casa di Sivilia de Basili ed alla casa terranea posta “alla valle”, che Joannes Basilio, promise in dote a sua sorella donna Cuvella de Basilio che andava in sposa a Joannes de Florio.[cccxlv]
In questo periodo, il detto no. Cola Joanne possedeva nelle vicinanze anche altri beni. Un atto del 20 luglio 1584 evidenzia che “in lo Convicino de detta piacza de s(an)to menna”, egli possedeva la casa che era appartenuta a Marsedonio Bosco e successivamente a sua figlia Marg.ta, la quale confinava con la casa di Aurelia de Cadea, un’altra casa di detto no. Cola Joanne, la via pubblica ed altri fini.[cccxlvi]
Nel luogo detto “sopra la piacza di s(an)to menna”, vi erano anche i suoi “casalini” che confinavano con il palazzetto e casalino contiguo, appartenenti alla dote di donna Lucretia de Iuglia, figlia di mastro Joanne Ant.o de Iuglia, come si rileva il 23 maggio 1586, in occasione della stipula dei capitoli matrimoniali relativi al suo matrimonio con l’on. Bart.lo dela Cava. Beni che confinavano con la casa di Thoma di Marco.[cccxlvii]
Altri documenti evidenziano che la domus del no. Nic.o Joannes Risitano, posta in “loco decto lo convic.o di s(an)to Menna”, ovvero in “loco dicto la piacza de s(an)to menna”, confinava con la “continentia de Case” del m.co Fabio Barbuscia[cccxlviii] e si trovava vicina al casaleno che, il 3 febbraio 1584, il quondam Joannes Maria Russo aveva donato al “ven.lis hosp(ita)lis” di Santa Maria “de populo”.[cccxlix]
Il 6 novembre 1586, ritroviamo menzionate le “domorum d(ic)ti hosp(ita)lis quae fuerunt quondam [Joannes] Mariae russi”.[cccl] Vicino si trovavano anche due “catoggia” dell’on. Camillo Cadea, posti “sobto le case di Persiano Cadea” ed un’altra casa terranea di detto Camillo che confinava con la casa terranea degli eredi del quondam no. Ber.no Le Castella, la vinella pubblica e le domos di donna Fran.ca de Castani.[cccli]
Nel settembre del 1588, in relazione all’esecuzione dei beni del no. Cola Joanne Risitano, padre del quondam no. Fabio Risitano, che era stato marito della m.ca Livia Barbuscia, figlia del m.co Fabio Barbuscia, sono menzionate le domos del detto no. Cola Joanne che confinavano con la domus di Fabio Barbuscia. Queste case erano rappresentate dalla domus terranea “dictam de lo gentimolo”, “cum Casaleno sup(er) iux.a cortilium”, che Joanne Battista Barbuscia aveva ottenuto all’incanto. Domus confinante con le domos di donna Beatrice Mascanbrone che erano appartenute al m.co Fabio Barbuscia. Il “palazetto et pothega sotto detto palazetto”, dove al presente abitava mastro Cesare Piluso, la casa detta “delo furno” e “lo palaczo et catoggio” dove al presente abitavano i de Risitano, nominato “lo palaczo di metio” o “di mezo”.[ccclii]
La Valle ed il convicino di Santo Menna
Alla metà del Cinquecento, le mura raggiungevano già il luogo detto “la valle”, come evidenzia un atto del 18 marzo 1562, dove troviamo che la domus di Ber.no de Perri, posta “in loco ditto la valle”, confinava con la “menia ditte t(er)re”, il casaleno dell’on. quondam Lisabetta de La Greca, la via pubblica ed altri fini.[cccliii]
Altri documenti di questo periodo, ci permettono di estendere la nostra conoscenza in questa parte bassa dell’abitato. Un atto del 7 maggio 1561, evidenzia che la domus di Gesimina deli Blandi sita “intus dittam t(er)ram et prop.e in loco ditto la valle”, confinava con la domus di Nicolai Veteri, la domus di Ber.no Consigli e dalla parte inferiore, con il “catogio” di Dianora deli Blandi ed altri fini.[cccliv] A quel tempo, qui si trovava anche la domus di Caterina de Turano che confinava con un’altra domus di detta Caterina, la domus di Veronica de Famuleo, la via pubblica ed altri fini.[ccclv]
Dal testamento di donna Catherina de Turano stipulato il 27 ottobre 1565, ricaviamo che la domus di Nicolai Veteri era posta “intus dittam t(er)ram in loco in lo convi(cini)o sanctus mennis”, e confinava con la domus di Cornelio de Librando, la domus di Ber.no de Consiglo, la via pubblica ed altri fini.[ccclvi]
Nelle vicinanze si trovava la casa terranea posta in “loco la valle” che, il 5 dicembre 1574, Anselmo de Simari della terra di Crucoli, promise in dote a sua sorella donna Faustina de Simari che andava in sposa a Joannes Maria Arnono. Casa che confinava con la casa di mastro Jacobo de Jardeno, la casa degli eredi di Ber.no Consiglio, la casa dotale di Carluccio Castrovillari, la via pubblica ed altri fini.[ccclvii]
Un atto del 24 ottobre 1578, evidenzia che la domus palaziata degli di Ber.no Consigli, confinava con il “palacciolum” sito in loco “la valle seu s.to menna”, che il rev. D. Ant.no Galeoto, procuratore di Blasio Consilio, vendette a Ber.no Vetere. A sua volta, quest’ultimo confinava con la domus palaziata di donna Joanna Vetere alias de Tarantino, la “viam pp.cam seu vallonem descendentem à gravilla” ed altri fini.[ccclviii]
Sempre “intus dittam t(er)ram in loco ditto la valle”, si trovava la domus dove viveva Crucetta de Fauceri moglie di Antonino Scigliani, come apprendiamo dal suo testamento del 6 agosto 1561. Domus appartenuta al quondam Marsidonio de Laurenzo che era rimasta a sua moglie Stilla, confinante con la domus di Joannes de Senatore e la domus degli eredi del quondam Fran.co Voniti.[ccclix]
In questo periodo, qui si trovavano la domus dove abitava Andromacca de Cuvello, vedova del quondam Pignerio Scigliani,[ccclx] la casa di Salerno de Falcone che confinava con il “vallonem descendentem de platea” e la domus di Geronimo de Rovita[ccclxi] e la domus di Laura de Voniti che confinava con la domus dotale di Fran.co Jacopini, la domus di Rinaldo de Rovito e la domus degli eredi del quondam Petro de Ruvito.[ccclxii]
Come apprendiamo da un atto del primo settembre 1561, in questo luogo si trovava anche la domus degli eredi del quondam Iher.o Inglise, che confinava con la domus del clerico Fran.co de Agiamo sita “intus dittam t(er)ram in loco detto la valle” e si trovava vicina alla domus degli eredi del quondam Antonino Raghapede ed al casaleno di Thoma de Agiamo.[ccclxiii]
In “loco detto la valle”, si trovava anche la domus di Joannes Baptista Inglesio che l’abitava assieme alla moglie Innocentia Basami (09.04.1563). Domus che confinava con il casaleno degli eredi del quondam Hier.o Petrapaula.[ccclxiv] Con il casaleno dell’on. quondam Hieronimo Petrapaula, confinava anche la domus di Nicolao de Culuto sita “intus dittam t(er)ram in loco detto la valle” (29.03.1562), mentre altri limiti erano rappresentati dal casaleno dell’on. quondam Antonino Curto e dal “vallonem descendentem de platea”.[ccclxv]
Nelle vicinanze erano anche le abitazioni dei Basami, o Basamì. Attraverso il testamento di Feliciana de Caputo del 15 agosto 1561, apprendiamo che “intus dittam t(er)ram in loco ditto la valle”, si trovava la domus degli eredi del quondam Battista Basami, che confinava con la domus di Tulio Basami, la domus di Joannes Paulo Basami vinella mediante, il “vallonem publicum” ed altri fini.[ccclxvi]
Un atto del 5 dicembre 1599, riferisce che alla dote di Joannella Cipparone, figlia di Sancta Sarlita, moglie di Nicolao Pignatari, promessa sposa a Laur.o de Consulo, apparteneva una casa terranea loco “la valle” confine la casa di Virgilia Basami, la casa degli eredi di Gioan Iacobo Formaggio, “lo vallone seu via publica”, la casa terranea di Gion Bartholo Le Castella, vinella mediante ed altri fini.[ccclxvii]
La presenza di questi stessi gruppi familiari, assieme ad altri, si rintraccia anche in altri documenti. Attraverso i capitoli matrimoniali stipulati tra Desiderio Pignero e donna Jacoba Inglisia vedova del quondam Alfonso Morelli (04.12.1580), apprendiamo che apparteneva alla dote della sposa, una casa terranea posta “dentro la t(er)ra del Cirò loco detto la valle”, confine la casa dotale di mastro Jacobo de Felice, “la potiga de san fran.co de assisa” vinella mediante ed altri fini.[ccclxviii]
In questo periodo, vicina alla casa di Catherina Caiacza, troviamo ancora menzionata la casa di Tulio Basamì, che risultava confinante con la casa posta “dentro [la terra] p.ta loco detto la valle” appartenente alla dote di donna Justina de Polito figlia dell’on. magister Joannes Ber.no Polito, che andò in sposa a Fran.co de Urso, figlio del magister Vinc.o de Urso.[ccclxix]
L’undici agosto 1583, il no. Tulio Basamì, assieme ai suoi figli Thomas, Prosper, Annibal e Nic.s, vendeva all’on. And.as Pinnella, il “palatium cum scala lapidea foris” sito “intus t(er)ram p.tam loco dicto la valle”, che confinava con i casaleni del detto no. Tulio, la domus appartenuta a Baptista Russo, la via pubblica ed altri fini. Negli anni passati, il bene era stato acquistato dal no. Joannes Ant.o Ricchia.[ccclxx]
Dall’atto del 13 gennaio 1578, con cui donna Nicola Bosco, retrocedeva la domus terranea redditizia al feudo de Papandro e sita in loco “la valle” che aveva precedentemente acquistato, sappiamo che questa confinava con la “plateam s.ti mennae”, la domus dotale di Jacobo de Felice, la domus di Petro Testa, il “vallonem seu viam pp.cam” ed altri fini.[ccclxxi]
In questo periodo qui si evidenziano di beni di Joannes Paulo Rizo e di sua madre Patientia.
Il 26 gennaio 1577, Fr.co Rizuto agente in nome del suo “privigno” Felicis Ant.o Petra Paula della terra di Scala, vendeva a Joannes Paulo Rizo la “particulam” di un casaleno appartenente all’eredità del quondam Joannes Petra Paula, padre di detto Felicis Ant.o, sita in “loco la valle”, confine la domus di Jo: Battista Inglisi, il casaleno di donna Justinia Curta, il casaleno di detto Joannes Paulo ed altri fini.[ccclxxii]
Nelle vicinanze si trovava il “palaczettum”, “cum catogyolo et casalenulo” contigui, sito in loco “la valle” che, il 25 ottobre 1581, donna Patientia Polita vedova del quondam Nicolao Rizo assieme a suo figlio Jo: Paulo Riccio, vendettero a Joannes Coraza della terra di S.to Lucido. Detto palazzetto confinava con il “vallonem pp.cum”, il casaleno di detti venditori da due lati, ed altri fini.[ccclxxiii]
Il 26 maggio 1586, l’on. Petro Testa vendeva a donna Angila Coluta, la domus palaziata redditizia al “pheudo de papandrie” della corte marchionale. Domus che confinava con la domus dell’on. Joannes Inglisi, il casaleno del no. Joannes Paulo Riczi, la via pubblica “et vallonum q(ue) descendit à ingravilla”.[ccclxxiv]
Il 15 febbraio 1587, il detto on. mastro Petro Testa vendeva al magister Joannes Ber.no Polito, i suoi “Catogia” redditizi al feudo “de papandro” della corte marchionale, siti in “loco dicto la valle”, che confinavano con la domus di Angela Coluta, il casaleno del no. Joannes Paulo Riccio e la domus dell’on. Joannes Inglisi.[ccclxxv]
Nel luogo si trovavano alcune botteghe. Il 22 ottobre 1576, Salvator Fiscaldo vendeva a Jo: Ber.no Polito, il catogio “loco la valle”, confine il catogio di Hermolai de Melita, il catogio di Ant.no Marangolo, il “vallonem seu viam pp.cam” ed altri fini. Lo stesso giorno detto Jo: Ber.no lo rivendeva ad Hermolao de Melita.[ccclxxvi]
A causa dei debiti e della povertà, il 22 giugno 1578, la on. donna Bella Formagia, moglie del magister Vincentio d’Urzo “corbosiero”, vendeva al no. Jo: Ant.o Richia, l’“Apoteca” di suo marito e sua dotale, sita in loco “la valle”, confine l’“Apotecam” o “catoggio” di Ant.o Marangoli o Marango, la via pubblica e l’“Aerem superiorem Nardi Murgiottae”, ovvero sotto la casa di Nardo Murgiotta ed altri fini.[ccclxxvii]
Questi stabili sono menzionati anche in un atto del 21 marzo 1582. Per divenire famulo ed oblato francescano, quel giorno Ant.o Marangolo cedeva alla cappella della “s:mae conceptionis Baeate mariae virg.nis”, posta nella chiesa di S.to Francesco de Assisi, la sua “Apotecam” loco “la valle”, confine l’“apotecam” del no. Jo: Ant.o Richia, l’“Apotecam” di Hermolai de Melita, la via pubblica “seu vallonem”, la domus superiore di Vincentio d’Urzo ed altri fini.[ccclxxviii]
Il 15 febbraio 1587, il detto on. Joannes Ber.no Polito, acquistava dal mastro Antonio Marangus, il “catogium cum puteo intus” posto sotto la domus del magister Vinc.o de Urso e sito in “loco dicto la valle”, che confinava con la domus del no. Hermolai de Melita, la domus del detto Joannes Ber.no, l’“apothecam” del no. Joannes Ant.o Ricchia, il “vallonum que descendit de ingravilla” ed altri fini.[ccclxxix]
Il 19 ottobre 1575, Ricchisenso Banisalbo permutava con Nicolao Joannes Constantino della città di Cariati, il suo casaleno sito in “loco la valle in convicinio s.ti mennae”, confine il casaleno di Catherina Aurificis, la domus degli eredi di Nicolai Alici, la via pubblica ed altri fini, con una domus terranea di detto Nicolao Joannes sita nella città di Cariati.[ccclxxx]
Il 12 novembre 1588, troviamo che l’on. Petro Paulo Constantino e sua madre donna Hier.a Constantina, vedova del quondam … Joannes Constantini, vendevano al m.co Jacobo Salvato, la “domunculam” terranea redditizia al feudo del m.co Parisio Bisanti, posta “in t(er)ra p.ta loco dicto lo convicinio de s(an)to menna”, confine le domos di detto m.co Jacobo, la domus di detti de Constantino via pubblica mediante ed altri fini.[ccclxxxi]
Il 18 dicembre di quell’anno, l’on. Scipio Alamanno e donna Fran.ca Morella, vedova del quondam Joannes Maria Morelli, che agiva con il consenso di detto Scipione suo genero, vendevano ad Elisabeth Salvata, la domus terranea posta “intus t(er)ram Cirò, loco dicto lo convic.o de s(an)to menna”, confine le domos di detta donna Elisabeth, la domus palaziata dotale del detto Scipione, la via pubblica ed altri fini.[ccclxxxii]
Il convicino di “forcuni”
Nel luogo detto “forcuni”/“forcune”/“forcone”, ovvero “furcuni”/“furcune”, ma anche “fulcone”, o “falcone”, si apriva la porta “de forcune”, “de furcunii”, o “de falcone”, presso cui scendeva il vallone “che raccoglie tutte le acque delle grondaie, e le quali discendono per porta Falcone, ov’è il salto della rupe, si precipitano fino al basso di D.a Vite, e formano il cosi detto vallone di Falcone il quale serpeggiando per quel vallato va a congiungersi al torrente Lipuda. Il rione dell’ultima parte della valle detta di Falcone era piccol borgo degli Ebrei, e vi ha esistito fino alla metà del secolo scorso la piccola chiesa dedicata a S. Lucia.”[ccclxxxiii]
Diversi documenti evidenziano la vicinanza tra i luoghi “la valle” e “fulcuni”. Nel periodo 1561-1563, la domus di Gloretta Risitana o Gloretta de Tribisazi, vedova del quondam Angelo Tribisazi e moglie di Geronimo Severini della città di Cariati, era posta “intus dittam t(er)ram in loco ditto la valle”, e confinava con la domus di Ber.no de Castellis, con la domus e casaleno di Nicolai de Castellis, la domus di Joanne Bap.ta Caiaza vinella mediante, la via pubblica ed altri fini.[ccclxxxiv]
Nelle vicinanze, si trovava la casa palaziata sita in loco “la valle” che, l’undici aprile 1575, donna Brigida Tribisatia vedova del quondam Ant.o de Conforti, promise in dote a sua figlia donna Realis de Conforto che andava in sposa a Jonfrida de Rinaldo. Casa che confinava con la casa di Jo: Battista Cayaza, vinella mediante, i casalini di Cola Le Castella ed altri fini.[ccclxxxv]
Il 18 giugno 1575, Virg.o Cayaza assieme a Nicolao Joannes Risitano, agente per parte di suo nipote Julio Cayaza, vendevano a Fr.co de Parisi di Crotone, il “palatium” posseduto in comune ed indiviso, sito in loco detto “fulcuni”, confine la domus di Mercurio Grassi, la domus dotale di Leandro de Acri, la domus di Nicolai de Castellis, la via pubblica ed altri fini.[ccclxxxvi]
Il 18 marzo 1577, il “crotoniata” Fr.cus de Paris, vendeva a Luca Meliono di Isola, la domus palaziata “loco la valle” che confinava con la domus degli eredi di Martino Grasso, la domus degli eredi di Nicolai de Castellis, la via pubblica ed altri fini.[ccclxxxvii]
Un atto del 26 aprile 1583, evidenzia che “in d(ic)ta t(er)ra loco decto lo Convicino de furcune” o “de forcuni”, si trovava la casa di Porsia de Meliono che confinava con la casa di Joannetto Le Castelle, la casa degli eredi di Mercurio Grasso, la via pubblica ed altri fini.[ccclxxxviii]
Nel suo testamento del 27 ottobre 1565, donna Catherina de Turano lasciava due casaleni posti “intus dictam t(er)ram in loco in la valle in convi(cini)o janue dicte de furcunii”, che confinavano con la via pubblica, il casaleno di Silvia de Filippello, il “Casalenum feudalem feudo dicto de sang(ui)gno” ed altri fini.[ccclxxxix]
Un atto del 10 giugno 1562, evidenzia che qui si trovava la domus degli eredi del quondam presbitero Ioannes Nicola Caiaccia dove abitava Angelo de Jordano, sita “in loco ditto la porta de falcone”, che confinava con la domus di Joannes Dominico Caiaccia, la domus di Gesimina de Nicotera, la via pubblica ed altri fini.[cccxc]
Da un inventario del 4 febbraio 1567, apprendiamo che la domus “seu domos” appartenute al quondam Joannes Dominico Caiaza e che erano precedentemente appartenute ad Alfonso Caiaza, erano poste “intus dittam terram in loco detto lo convicinio de fulcone”, confine la domus che era stata di Melchionnis Caiaza, la domus paterna di detto Melchionne, la via pubblica ed altri fini. In questo inventario sono menzionati: “lo catogio dela casa che fu de melchione caiacza”, “l’aere de ditto catogio dela parte de sop.a”, la casa palaziata “a canto de detta casa” appartenuta al quondam Scipione Caiaza “cio è la casa vechia” ed il “palaczetto” confine detta casa vecchia.[cccxci]
Nelle immediate vicinanze delle mura posti in “loco dicto fulcuni”, si trovavano i beni del “crotoniata” Joannes Agustino Sperandeo. Tale vicinanza fu causa di lite con l’università di Cirò, a causa del fatto che il detto Joannes Agustino, aveva usato le fortificazioni per appoggiarci le fabbriche delle sue costruzioni.
Il 17 agosto 1569, davanti al notaro, si costituiva Joannes Agustino Sperandeo di Crotone ma residente nella terra di Cirò che, essendo impedito, istituiva suoi procuratori il m.co Joannes Petro Zumpano di Strongoli e Joannes Matteo de Joanne di Cirò, entrambi commoranti in Napoli, affinchè comparissero nella Magna Curia della Vicaria dove, ad istanza della “uni.tis et hominem ditte t(er)re ciro”, era in corso una lite circa la “disfabricationem Cuiusdam fabriche” fatte da detto Joannes Agustino, “sup.a menia ditte t(er)re et alios”.[cccxcii]
La presenza di questi beni e quelli di alcuni vicini, si rileva in due atti successivi. Il 30 dicembre 1573, Nicolao de Rovito della città di Rossano, in nome e per parte di donna Tullia, Munda e Jacoba de Rovito, rispettivamente sua madre e sue sorelle, vendeva a donna Julia Nicastra, vedova del quondam Hier.mo Roviti, il “Catogyum” sito in “loco dicto fulcuni”, confine la domus di Joannes Aug.no Sperandei, la “moenia t(er)rae p.tae”, la via pubblica ed altri fini.[cccxciii]
Il 24 aprile 1576, il “crotoniata” Jo: Aug.no Sperandeo, vendeva a Ferd.o Mascambrone, agente in nome e per parte dei figli ed eredi del quondam Caesaris Cappa suo genero, la domus nova palaziata sita in loco detto “fulcuni”, confine la domus palaziata di donna Julia Nicastra, la “moenia t(er)rae p.tae”, la via pubblica ed altri fini, assieme al “casalenulo” sito nello stesso loco con gli stessi fini.[cccxciv]
Ancora in luogo detto “fulcuni”, si trovava la domus terranea che il primo dicembre 1577, Nisio Basilio vendette a Petro Thegano. Domus confinante con la domus dotale di Natale Milito, la domus di Josepho Policastri, la via pubblica dalla parte inferiore ed altri fini.[cccxcv]
Nelle vicinanze, ovvero nel “Convicino de furcune”, o “de forcuni”, si trovava la domus palaziata che nel gennaio 1588, acquistò donna Mobilia Picerna vedova del quondam Hier.i Maczoni, che confinava con la domus dotale del not.o Jacobo de Gratia, la domus di Minica Anito ed altri fini.[cccxcvi]
Le case dei Carpino
Come apprendiamo da un atto del 20 settembre 1562, sempre nelle vicinanze delle mura, “intus dittam t(er)ram in loco ditto forcuni”, si trovava la domus di Stefano Carpini e di sua moglie Polisena de Carpino, figlia di Munda de Russo, che confinava con la domus degli eredi del quondam Ber.no Carpini, la “menia t(er)re”, la via pubblica ed altri fini.[cccxcvii]
Troviamo successivamente (31.01.1563) che la domus degli eredi del quondam Ber.no Carpini, si trovava vicina alla domus degli eredi del quondam Fran.co de Otranto e confinava con la domus degli eredi del quondam Pucci Yuele, nella quale abitava Pomponia Russo del casale di Rovito.[cccxcviii]
La presenza dei Carpino in questo luogo si rileva anche in seguito. Il 20 settembre 1582, Fer.do Russo vendeva a Lupo Ant.nio Malvaso, la domus terranea che precedentemente aveva acquistato all’incanto, sita in loco “fulcuni”, confine la domus degli eredi di Nicolao de Milito, il casaleno di Arcangelo Carpino, “menia t(er)rae p.tae” ed altri fini.[cccxcix]
Il 25 ottobre 1586, donna Margarita Garpina, moglie dell’on. Prospero Basamì, vendeva all’on. Lupo Ant.o Malvasus, la domus terranea sita “intus t(er)ram p.tam loco dicto furcuni”, confine la domus di donna Gratiosa Ricchia, il casaleno di Arcangelo Garpini, la “moenia d(ic)tae t(er)rae” ed altri fini.[cd]
Sopra “la porta de forcune” e nel convicino di Santa Lucia
La vicinanza tra il luogo detto “forcuni” e quello detto “la valle” è evidenziata da due documenti che descrivono i beni dotali di Margarita Lo Petrune. Il 26 gennaio 1573, in relazione alla dote di detta Margarita che andava in sposa a Salvator Iurato, donna Joanna Pignatara, vedova relicta del quondam Joannes Maria Lo Petrune, prometteva a detta sua figlia, un “Catogyo” della sua casa posto “alla valle”, confine la casa di Minico de Laur.o, la casa di Gioanne de Otranto, la via pubblica ed altri fini.[cdi]
Il 12 febbraio 1583, in “loco detto sop.a la porta de forcune”, troviamo la casa palaziata che faceva parte dei beni che donna Margarita delo Petrone, figlia di donna Joanna Pignatara, portò in dote all’on. mastro Joannes Andrea Alamanno. Casa che confinava con quella di Minico de Laurenzo, Antonello Vigorito e la via pubblica.[cdii]
La casa di Antonello Vigorito, o Figorito, è richiamata in un atto del 8 gennaio 1584. In questo documento, Urania Marra vedova del quondam Joannes de Otranto, riferiva che, al tempo del suo matrimonio, aveva ricevuto in dote la domus terranea che al presente possedeva Antonello Figorito, sita “in ditta t(er)ra in loco ubi dicitur in pede falcone”, confine da un lato la domus di Joanne de Maiore, dall’altro lato la domus di Andrea Pinnella, la via pubblica ed altri fini. Al presente la donava a Felice de Otranto figlia sua e del detto quondam Joannes.[cdiii]
Alcuni mesi dopo, il 4 settembre 1584, davanti al notaro comparivano donna Lucretia de Otranto e donna Cubella Vigorita moglie di Florio Meriani, in ragione della vendita di una domus terranea che la prima cedeva alla seconda. La detta donna Lucretia, tanto in suo nome, quanto per quello di Aurania Marra, vedova del quondam Joannes Ant.o de Otranto, e quello di donna Felice de Otranto figlia e donataria della predetta Urania, dichiarava che l’otto gennaio dello stesso anno, aveva fatto donazione a detta donna Felice, della domus terranea sita “in t(er)ra p.ta Cirò loco dicto lo convicinio de forcuni seu s(an)ta lucia”, confine la domus di Cicco Aniti, la domus del no. Joannes Ant.o Ricchie, la via pubblica ed altri fini.[cdiv]
Tale situazione si riscontra già in atto del 29 settembre 1562, dal quale apprendiamo che alla dote di Dianora de Perri, apparteneva la casa terranea posta “dentro detta terra in loco ditto lo convicinio de s.ta lucia”, confine la casa di Cicco Aniti, la casa terranea di Joanne Ant.o Richia e la via pubblica dalla parte di sopra.[cdv]
Un atto del 28 giugno 1586, riferisce invece che la domus del no. Joannes Ant.o Ricchia, confinava con la domus palaziata di Vestucio Vivacqua che era stata incantata dal m.co Joanne Thoma Squillaceo. Domus che era posta “in t(er)ra p.ta loco dicto furcuni” e confinava con il “vallonum de furconi”.[cdvi]
Un atto precedente del 26 febbraio 1576, testimonia che il detto Vestuccio Vivacqua, aveva acquistato dal notaro Joannes Albozino, la domus palaziata posta in “loco la valle”, confine la domus palaziata degli eredi di Julio Cayaza, la via pubblica ed altri fini.[cdvii] Domus appartenuta a donna Iustinia Basami, moglie del detto notaro che, il giorno precedente, questi aveva acquisito in permuta.[cdviii]
Il 25 novembre 1599, in relazione al proprio matrimonio, Aur.a Long.ca vedova del quondam Minico de Donato di San Lucito, prometteva a Nicolao Nicaster della città di Strongoli, una casa terranea sita e posta dentro la terra di Cirò “al convicinio de santa lucia”, confine la casa di Alfonso Zumpano, la via pubblica ed altri fini.[cdix]
Fuori le mura
Fuori dall’abitato, in “loco detto furcuni”, o “fulcuni”, sottostante la porta, dove al vallone che discendeva da Ingravilla si univa il “vallonem dela riptusa”,[cdx] si trovano gli orti mentre, più lontano, nei luoghi che costeggiavano “lo vallone che descende di forcone”, s’estendevano i seminativi. In “loco dicto fulcuni sub porta de fulcuni subter viam”, si trovava l’ortale redditizio alla corte barone “subpheudo olim de jo: b(attis)ta susanna” che, l’undici settembre 1577, Marco Romano vendette ad Orzino Grimaldo alias dela Scala. Ortale che confinava con il “vallonem del salto”, il “vallonem de fulcune” ed altri fini.[cdxi]
Il 6 settembre 1578, lo stesso Marco Romano, in qualità di procuratore degli eredi della quondam donna Crucetta Scappadeo, moglie del quondam Petro Filitano, affittò a Jo: Dom.co de Gratia, dietro pagamento di un censo perpetuo, un ortale posto “extra moenia dicte t(er)rae”, confine l’ortale del detto Marco, l’ortale di donna Gloria Mascambrona ed altri fini.[cdxii]
Sempre in “loco fulcuni”, confinante con il “vallonem delo salto de fulcuni”, si trovava anche l’ortale che il 20 ottobre 1573, Ant.no Ragapedis vendette ad Ant.o Marangolo. Ortale che confinava con l’ortale di Joannes Maria de Vono, l’ortale di Jo: Antonio Richia, la via pubblica ed altri fini.[cdxiii]
Il 19 maggio 1580, Jo: Maria Vona vendeva a Leandro de Acri della terra di Campana, un orto sito “ex(tr)a moenia dictae t(er)rae” in loco detto “fulcuni”, confine l’orto del no. Jo: Ant.o Richia, l’orto di Ant.nio Marangoli, le “rupes”, la via pubblica ed altri fini.[cdxiv]
L’otto luglio 1582, Joannes Petro de Rovito cedeva al rev. D. Ant.no Galeoto, procuratore generale del “sacri hospitalis eiusdem t(er)re”, la propria parte di alcuni beni che possedeva in comune con suo fratello, tra cui un “hortale” che deteneva Leandro d’Acri sito nel territorio di Cirò “loco detto furcuni”, confine l’ortale di Gio: Ant.o Ricchia, la via pubblica ed altri fini.[cdxv]
La vicinanza della rupe della “rictusae” e dell’omonimo vallone al luogo di “fulcuni” è testimoniata da alcuni atti. Il 5 novembre 1576, Ant.o Abbas vendeva a m.co Ant.o de Martino “hyspanus”, un “hortale” arborato con fichi sito in “loco dicto fulcuni sub rupe rictusae”, confinante da due lati, con gli “hortalia” dei m.ci de Liliis, il “vallonem dela rictusa” ed altri fini.[cdxvi] Ancora “extra portam dictam de forcuni”, confinante con il vallone che discendeva “a rittusa” e la “timpam della pirrupata”, si trovava un “hortale cum puteo et pila intus” che il no. Joseph de Martino, vendette al clerico Cypriano Falcono.[cdxvii]
Il 27 dicembre 1592, il clerico Cypriano Falcono vendeva a Petro Joannes Pignatario della terra di Campana, l’ortale sito in loco detto “sopra lacqua de fulcuni apud rupim dictam la rictusa”, confine l’ortale dei confrati del Corpo di Cristo, il “vallonem seu cursum aquarum” ed altri fini.[cdxviii]
Discendendo, nel luogo detto “sub salto seu rupe de fulcune”, confinante con il “vallonem de fulcune”, il “cristunem Airicellae seu li calcinarii” e vicino alla via pubblica, troviamo la “continentiam olivarum” che, il 24 agosto 1583, donna Dominica de Morello, moglie di Nicolao Bruno della terra di Melissa, donò al monastero di S.to Francesco di Assisi di Cirò. Continenza che confinava con le due olive del no. Annibale Bisanti e le due olive degli eredi del clerico Fr.co de Agiamo.[cdxix]
Più in là s’estendevano i seminativi. Nell’inventario dei beni appartenuti al quondam m.co Joannes Papaioannes compilato il 12 settembre 1587, risulta un “Cog(na)le alla serra di giamo” di tomolata una e mezza, che confinava con “lo vallone che descende di forcone” e le terre di Ant.no Mascanbrone.[cdxx] Il 13 settembre 1588, il no. Ant.no Mascanbrone vendeva al m.co Fabritio Spolitino, la continenza di terre di moggi 80 posta nel territorio di Cirò loco detto “la serra de giamo” che confinava con il “vallonem que descendit de forcuni”.[cdxxi]
La “rittusa”
Il luogo detto “la rictusa”, o “riptusa”, per la presenza della “rupe rictusae”, sovrastante il luogo detto “fulcuni”,[cdxxii] si estendeva dalle mura della terra, dove si trovavano anche alcune grotte, a “sotto mavilia”. Un atto del 10 novembre 1577, testimonia che Minico de Aloysio, permutò la sua domus terranea “cum Antro”, sita in loco detto “la rictusa” e confinante con la domus di Joannes de Aloysio, la domus di Vincentio Melissioto, la via pubblica ed altri fini, con la domus dotale di Joannes Basilio.[cdxxiii]
L’undici settembre 1583, in relazione al matrimonio tra donna Sena Abbatis sua nipote e Jacobo d’Urzo, Ant.o Abbas le prometteva una casa terranea con casalino e “grutte”, “loco la rittusa alle mura dela t(er)ra”.[cdxxiv]
Il 21 luglio 1589, Prosper de Falcone vendeva a Paulo Blefaro, la domus terranea “cum antro” redditizia al feudo del m.co Parisio Bisanti detto “de piczica”, posta dentro la terra di Cirò loco “lo convic.o dela riptusa”, confine la domus di Virgilio Riolo, il casaleno del quondam Hier.o de Rossano, la via pubblica ed il casaleno del feudo del detto m.co Parisio.[cdxxv]
Vicino alle mura in loco detto “la rittusa”, si trovava anche il casaleno detenuto da Orzino Grimaldi della terra di Scala, che confinava con la domus di Sibilia Philippelli e la “menia t(er)rae p.tae”.[cdxxvi]
Il 25 dicembre 1577, in relazione al matrimonio tra donna Rosa de Simari e Gratiano Jenmola, apparteneva alla dote della sposa, una casa terranea “à la rictusa” vicino la casa di Joanne Mur.no, la casa di Or.no Vono, la via pubblica ed altri fini.[cdxxvii]
Troviamo successivamente, il 20 marzo 1594 che, in relazione al matrimonio tra l’on. Gratiano Yemmolo e donna Victora Puglise, vedova del quondam Michael Angelo Spina, Petro Ant.o Puglise, fratello di detta donna Victoria, prometteva in dote una casa palaziata posta nella terra di Cirò loco detto “lo convic.o dela rittusa, seu sotto mavilia”, confine la casa terranea di detta donna Garetta, madre di detta donna Vittoria e la via pubblica.[cdxxviii]
La vicinanza del luogo detto “la rittusa”, a quello di “fulcuni” ed a “la valle”, è evidenziata in alcuni documenti. Un atto del 6 maggio 1562, testimonia che la domus di Hieronimo Carpini, confinava con la domus di Antonio Palansa sita “in loco detto la ritusa” e si trovava vicino a quella di Nicolai Yuele.[cdxxix] Un atto successivo del 16 marzo 1581, riferisce la vendita da parte del no. Nic.o Joannes Risitano, di una domus palaziata con domus terranea congiunta, sita “intus t(er)ram p.tam Cirò loco dicto la valle” che confinava con la domus di Hier.mo Garpini.[cdxxx]
Il 16 novembre 1592, la on. donna Aur.a de Ferro, vedova relicta del quondam Hier.mo Carpino, vendeva al no. Jo: Dominico Coluccia, il casaleno sito in loco detto “fulcuni”, confine la “moenia t(er)rae p.tae”, la via pubblica, il “vallonem seu saltum de fulcuni” ed altri fini.[cdxxxi]
In “convicinio dela rittusa”, si trovava la casa palaziata che l’otto gennaio 1576, la on. Gloria de Carpino vedova del quondam Mionno Policastri, portò in dote ad And.a Jacobino. Casa che si trovava vicina a quelle di Fr.co Candioto e di Gentile Orofino.[cdxxxii]
Qui, in “loco la rictusa”, si trovava la domus terranea che il 4 febbraio 1576, la on. Hyppolita de Leandro, vendette al rev. D. Mercurio Corderio. Domus che confinava con la “domum novam” del m.co Joannes Maria Casopero, la domus dotale di Petro delo Breglio, la domus dotale di Nicolai de Bono ed altri fini.[cdxxxiii]
Il 20 novembre di quell’anno, il detto reverendo vendeva a donna Pippa de Orofino, vedova del quondam Joannes de Amato della città di Strongoli, la detta domus terranea che confinava anche con altra domus di detto donno Mercurio.[cdxxxiv]
Sempre in “loco la rictusa” si trovava il casaleno che il 7 febbraio 1577, Blanditio Garoppolo, per parte di suo nipote Fr.co Garoppolo, vendette a Fr.co Viola alias Caserta. Casaleno confinante con la domus dotale di Joannes Luciferi, la domus di Carolo Caputi, la via pubblica ed altri fini.[cdxxxv]
In loco “la rictusa” si trovavano i beni di Cipriano Falcone, vicini ad altri appartenenti ai suoi parenti. Il 4 giugno 1581, davanti al notaro comparivano Scipio Falcono e l’on. Parisina de Falcone sua sorella mentre, dall’altra, compariva Cipriano Falcone, figlio ed erede del quonadm Antonello Falcone. Tra le parti verteva lite in merito alla domus sita in loco “la rictusa”, confine la domus di detto Cipriano, il casaleno di Saladino Calvo, la via pubblica ed altri fini.[cdxxxvi]
Nelle vicinanze, ovvero “in t(er)ra p.ta Cirò loco dicto la riptusa”, si trovava la domus terranea di Laurentio Sculchi, o Scurco, alias “yogà” che, come testimonia un atto del 10 settembre 1584, confinava con la domus di Joanna de Principato vinella mediante, il casaleno del clerico Cipriano de Falcone, la via pubblica ed altri fini.[cdxxxvii] Casa che si trovava vicina a quella degli eredi di Marco Russo e che andò all’incanto, rimanendo ad Antonello Risitano.[cdxxxviii]
Attraverso un atto del 22 giugno 1575, veniamo a conoscenza che, negli anni passati, Ruccio Abbas marito di Julia de Sergio, aveva acquistato dai fratelli Fr.co e Nicolao de Falcone, la domus terranea loco detto “la rictusa”, confine la domus dotale di donna Morana de Falcone, la domus di Preciosa Carpina, la domus di Fr.ca Caputa, la via pubblica ed altri fini.[cdxxxix]
Qualche anno dopo (15.02.1588), sempre “in t(er)ra p.ta loco dicto la rittusa”, troviamo che la casa appartenente alla dote di Dianora Abbas, sposa di Cataldo Yenmolo e figlia di donna Julia de Sergio, vedova del quondam Ruccio Abbatis, confinava con la casa dotale di Pet.o de Linardo e la casa di Prospero de Milito.[cdxl]
La presenza di queste abitazioni vicine è testimoniata anche da altri due atti di questo periodo. Il 23 ottobre 1583, l’on. Prosper Milito, in relazione al matrimonio tra donna Cornelia Russa “sua privigna” e Matteo Tomazolo “de Stalatti”, prometteva loro una casa “loco la rictusa”, confine la casa degli eredi di Petro de Linardo, la casa di Jo: Battista Richia, la via pubblica ed altri fini.[cdxli]
Il 2 settembre 1585, i coniugi on. Jo: Battista Richia e donna Oridix Lagamba, vendevano a donna Victoria de Lipari, figlia di Stephano de Lipari e moglie di Jo: Dominico Alici, la domus terranea sita in loco “la rictusa”, confine la domus di Prospero Milito, la domus di Lucretia Percialis, la via pubblica ed altri fini.[cdxlii]
La vicinanza di queste abitazioni al luogo detto “la valle” è testimoniata da un atto del 14 ottobre 1574. Questo documento evidenzia che, alla dote di donna Fr.ca Perciale, promessa sposa a Ber.no Bandino, apparteneva una casa terranea “loco la valle”, confine la casa di donna Dubitusa Leserre, la casa di Jo: Battista Richia ed altri fini.[cdxliii]
Come testimonia un atto del 21 maggio 1588, “in t(er)ra p.ta loco dicto la rittusa”, si trovava anche la domus dotale di donna Censa Durante, moglie dell’on. Julio La Motta, che confinava con la domus di Julia Abbate e la via pubblica. Domus che era redditizia alla corte marchionale di Cirò.[cdxliv]
La porta “de mavilia”
La presenza del luogo detto “la porta de mavilia”, si rinviene già in un atto del gennaio 1563 dove, tra i beni appartenuti al quondam venerabile D. Fran.co Principati, troviamo “uno airo di casa palatiata”, sito e posto “dentro detta t(er)ra in loco ditto la porta de mavilia”, confine “la mita di abascio seu catogio” di donno Nicola Casoppero, la casa di Cruce Cap.to, la casa di donno Petro Turano, la via pubblica ed altri fini.[cdxlv]
La casa del detto donno Nicola ed altre appartenenti ai Casoppero, sono menzionate in alcuni documenti successivi, che ci permettono anche di far luce su alcune abitazioni vicine alle loro. Il 19 settembre 1574, il rev. D. Nicolao Casopero, prometteva in dote a donna Laura Casopero, sua figlia naturale che andava in sposa ad Agatio Cali, figlio di Rinaldo Cali e di donna Dianora Bisantia, una casa terranea posta “alla porta de mavilia”, confine la casa del m.co Joanne Casopero, vinella mediante ed altri confini.[cdxlvi]
Come evidenzia un atto del 19 agosto 1576, la domus del m.co Joannes Casoperi, confinava con la mezza domus palaziata sita “in convicinio portae maviliae”, che Nicolao Grasso vendette a suo fratello Jo: Maria Grasso, e si trovava nelle vicinanze della domus di Beatrice de Marino.[cdxlvii]
L’otto agosto 1582, l’on. Divico Calvo donava all’on. Petro Ant.o suo figlio, la domus posta “intus” la detta terra “loco detto mavilia”, confine la domus di Joannes M.a Grassi, la via pubblica ed altri fini, eccetto la porzione spettante agli eredi del quondam Joannes And.a Calvi figlio del detto Divico.[cdxlviii]
Nelle vicinanze, in “loco la porta de mavilia”, si trovava anche la domus terranea che, il 25 agosto 1575, Jo: Paulo Grasso e donna Salustia Mascambrona, vedova del quondam Mercurio Grasso, vendettero a Nicolo Castello Vetero. Domus confinante con la domus di donna Joanna de Palmuzo, la domus di Marcant.o de Marsico, la via pubblica ed altri fini.[cdxlix]
I beni del m.co Joannes Casoppero in questo luogo, sono ben descritti in un atto del 10 gennaio 1582, dove si evidenzia che questi si trovavano vicini a quelli del m.co Petro Casopero, al castello, alle mura ed alla porta di Mavilia. In quella occasione, volendo ascendere all’ordine sacerdotale, il detto m.co Joannes donò i suoi beni ai propri figli, i m.ci Jo: Hier.mo, clerico Camillo, Flaminio, Pomponio, e Her.o Casoppero.
Rileviamo così che, in primo luogo, egli possedeva il catogio dove al presente abitava, sito in loco “mavilia” e posto “sub are domus dicti m.ci petri casoperi”, con “cortile apud illud pro introitum dicti catogii”, assieme a due “apotecas parvas” poste nello stesso loco “mavilia”, contigue con detto catogio e con il cortile del detto catogio, confine la “menia dictae t(er)rae et portam p.tam maviliae” ed altri fini.
Sempre in loco detto “mavilia”, il detto m.co Joannes possedeva la domus palaziata che confinava con l’“Aerem domus” del m.co Petro Casopero ed il “planum sub castro”. Possedeva anche una domus che confinava con il “palaziolum” di Joannes Maria Grassi e la domus degli eredi di Ber.no Costa ed ancora, il “palatium cum catogio et pistino macinante cum mula in eadem loco maviliae”, che era appartenuto al quondam donno Fr.co Principato, confine la via pubblica da due lati, la domus di donno Petro Turano ed altri fini.[cdl]
Alcune delle case vicine a quella del m.co Petro Casopero sono evidenziate in un atto dell’otto gennaio 1576. In questo documento rileviamo che la casa del detto m.co Petro, confinava con la casa terranea posta “al convicinio dela porta de mavilia”, che Joannes de Florio promise in dote a donna Venetia de Florio sua sorella, che andava in sposa a Joannes Basilio. Quest’ultima, oltre a confinare con la casa del detto m.co Petro, confinava anche con la casa di Marco Puglisi e la casa di And.a Gallo.[cdli]
Nelle vicinanze, si trovava anche la domus palaziata acquistata dalla m.ca Lauretta Casopero. l’undici maggio 1577. Quel giorno, Matteo Consentino di Cirò, vendeva al m.co Jo: Alfonso Scarnato della città di Strongoli, agente anche per conto di sua moglie la m.ca Lauretta Casopero, la detta domus palaziata “sine stabulo seu catogyo cum moeniano et scala lapidea”, sita in loco e convicino “portae maviliae sub castro dictae t(er)rae”, confine la domus terranea di Marco Puglisi, la domus di Joannes Susanna, la domus di And.a Gallo, la via pubblica ed altri fini.[cdlii]
Da un atto del 18 maggio 1577, sappiamo che la domus di Joanne Susanna era confinante con la domus terranea sita in convicino “portae maviliae sub castro dictae t(er)rae”, che il rev. D. Mercurio Corderio vendette a Joannes Ant.o Rigineo della città di Rossano.[cdliii]
La vicina domus palaziata senza catogio posta in convicino “portae maviliae sub castro dictae t(er)rae”, che era stata venduta da Matteo Consentino al no. Alfonso Scarnato ed a sua moglie, risulta menzionata in diversi documenti successivi che, nell’ambito degli affari di famiglia, videro più volte il passaggio di mano del detto bene. Oltre al detto m.co Alfonso ed ai coniugi Matteo Consentino e donna Hysabella Scarnata della terra di Scala, furono coinvolti in questi passaggi, Licia Scarnata sorella del detto m.co Alfonso e Michael Nino della terra di Calopezzati, genero della detta donna Isabella. In questi documenti, assieme al catogio degli eredi di Petro Malvato, risultano menzionati gli stessi confinanti riportati nel primo atto di vendita dell’undici maggio 1577.[cdliv]
Da una procura del 18 ottobre 1586, rileviamo che donna Isabella Scarnata alias Consentina, ormai vedova del quondam Mattheo Consentino, possedeva ancora la domus palaziata sita “in t(er)ra p.ta loco dicto lo convic.o di mavilia”, confine la domus appartenuta ad And.a Galli e la via pubblica.[cdlv]
Il 22 aprile dell’anno seguente, il m.co Joanne Alfonsio Scarnato “incola” di Cirò, donava al clerico pupillo Joannes Balsamo suo consanguineo della città di Strongoli, la domus palaziata “cum meniano fabricato cum astraco sine stabulo seu Catogio”, sita “sub castro in convic.o portae maviliae”, confine la domus del convento di S.to Francesco di Paula “olim And.a galli”, la domus di Marco Puglisio, il “catogyum inferiorem alienum”, la via pubblica ed altri fini.[cdlvi]
Un atto del 10 aprile 1577, evidenzia che in loco e convicino “portae maviliae”, presso la “moenia t(er)rae p.tae”, si trovavano la domus del m.co Ant.no Madalone e la domus dotale di Placito Marangoli.[cdlvii]
Fuori porta
Uscendo dalla porta di Mavilia si trovavano diversi orti e possessioni arborate con alberi di gelso, sia sotto la porta e le mura, sia sotto il vicino castello e nel luogo detto “lo muro rutto”, dove passavano la via pubblica “qua itur ad Canales” e quella che conduceva al convento di frati minori osservanti. Anche in queste località erano diversi i possedimenti dei Casopero.
Il 20 aprile 1575, Fr.co de Ber.do vendeva al rev. D. Nicolao Casopero, un “hortale arboratum cum sycomis” e terreno vacuo circum circa, sito in loco detto “sotto lo muro rutto extra moenia dictae t(er)rae”, confine l’ortale degli eredi del quondam Hier.mo de Castellis, l’ortale di Joannes Martino de Sanda “castrum versus”, l’ortale del m.co Joannes Maria Casopero, l’ortale di Philippo de Franco, la “viam pp.cam qua itur ad Canales” ed i “sicomos” del m.co Consalvo Ferrari.[cdlviii]
Quest’ultimo, il 14 marzo dell’anno dopo, donò al clerico Jo: Fr.co Ferrario suo figlio, un “hortale” confine le mura della terra, sito in “loco dicto lo muro rutto”, confine i “sycomos” del “not.rio” Angelo de Iunta della città di Strongoli, i “sycomos” di Santa Maria de Plateis ed altri fini. Gli donò anche la possessione arborata con “puteo et lavacro”, con annuo reddito alla “ecc.ae s.mae Trinitatis”, sita in “loco dicto ymigliano apud templum S.tae Ann.tae”, confine la possessione della m.ca Madalena Montisana, la possessione di Joannes Susanna e la possessione di Divico Calvi.[cdlix]
Nelle vicinanze ovvero “extra menia dictae t(er)rae in loco dicto sotto lo muro rutto”, si trovava anche un ortale arborato con diversi alberi che, il 30 novembre 1586, donna Clarix de Ber.do, con il consenso di sua madre donna Jacoba de Ber.do, donò al clerico Fr.co de Ber.do suo fratello.[cdlx]
L’otto agosto 1582, l’on. Divico Calvo donava all’on. Petro Ant.o suo figlio, un “hortale” posto “subtus t(er)ram p.tam loco dicto sobto mavilia”, confine l’ortale del m.co Joannes M.a Casopperi, l’ortale di Fran.co C… ed altri fini.[cdlxi]
Anche il m.co Joannes Casoppero, volendo ascendere all’ordine sacerdotale, il 10 gennaio di quello stesso anno, donò i suoi beni ai figli: i magnifici Jo: Hier.mo, clerico Camillo, Flaminio, Pomponio, e Her.o Casoppero. Tra questi beni donati, troviamo due “hortalia arborata cum sycomis sita sub porta maviliae”, confine l’ortale ed i “sicomos” del m.co Petro Casoppero, l’ortale del m.co Joannes Maria Casoppero e la “viam pp.cam qua itur in sanctam domum Divae Ann.tae”.[cdlxii]
Un atto del 26 febbraio 1584, evidenzia la presenza dei “celsi” del m.co Joanne Casopero “sotto lo castello”.[cdlxiii]
Il 5 giugno 1593, donna Cassandra de Lalice e Joannes Paulo Lequaglie, vendevano a donna Stilla Alamanno, moglie dell’on. Minico Ramundo, un ortale dotale con sicomori o celsi, posto nel territorio di Cirò loco detto “sub castro”, ovvero “sotto lo castello”, confine l’ortale del magister Joanne Petro de Parise, l’ortale del m.co Joannes Baptista Casopero ed altri fini.[cdlxiv]
Nel luogo posto “sub meniis dictae t(er)rae ex(tr)a portam maviliae”, si trovava invece l’ortale arborato che il 20 novembre 1582, donna Bettulia Lacava, vedova del quondam Theseo de Lacava, assieme a suo figlio Camillo Lacava, vendettero a donna Elisena Salvata moglie di Fr.co Alitio. Ortale redditizio alla chiesa di S.ta Maria dela Grazia e confinante con l’“hortale conventus s.ti fr.ci de paula”, la via pubblica “inferiorem et superiorem” da due lati ed altri fini.[cdlxv]
Il 2 gennaio 1589, l’on. Scipio Baccaro della terra di Verzino e donna Galisena Lalice moglie del no. Fr.co Lalice, vendevano al magister Julio Lacava, un ortale arborato sito in loco detto “canalicchio, extra portam de mavilia”, confine l’ortale del m.co Philippo Bisanti, la via pubbica ed altri fini.[cdlxvi]
Santa Sofia
Gli orti posti sotto e presso le mura, si estendevano anche al luogo detto “S.ta Sophia”, in relazione alla presenza della chiesa omonima. Il 22 marzo 1580, donna Joanna Fauceria, vedova del quondam Jacobo Sarleto, assieme a suo figlio Jo: Battista Sarleto, promettevano a Santa Sarleto che andava in sposa a Fr.co Cipparrono, una casa terranea e la metà di un “hortale” redditizio alla detta chiesa di S.ta Sofia, posto “fora le mura de detta t(er)ra loco s.ta sophia”.[cdlxvii]
Un atto del 23 gennaio 1581, evidenzia che, in relazione a questo matrimonio, tra i beni dotali della sposa vi era una casa terranea con la metà dell’orto posto “sotto la terra à s.ta sophia”.[cdlxviii]
Il 5 dicembre 1599, Sancta Sarlita moglie di Nicolao Pignatari, prometteva in dote a sua figlia Joannella Cipparone, che andava in sposa a Laur.o de Consulo, uno loco “sotto le mura dela terra dove se dice S.ta Sophia” arborato con diversi alberi “et con una torretta meza fabricata”.[cdlxix]
Santo Cataldo
Un atto del 5 novembre 1561 evidenzia che gli eredi del quondam no. Petro Madalone, possedevano una domus feudale ed un casaleno posti “in loco ditto s.to cataldo”, che confinavano con la domus degli eredi del quondam Joannes de Aligio, il casaleno di Nicolai de Castellivetero, la domus di Antonino de Otranto, la domus di Villa de Parisia e la domus del presbitero Thoma de Pace.[cdlxx]
Quest’ultima confinava con la domus degli eredi del quondam on. Fran.co Grassi posta “intus dittam t(er)ram et proprie in loco ubi dicitur s.to cataldo” e si trovava vicina alla domus del no. Marco Antonio Bisanti ed a quella dell’on. Adornino Caputi.[cdlxxi]
L’undici marzo 1576, il detto Ador.no Caputi o de Urlando, prometteva in dote a sua figlia donna Hyppolita de Urlando, che andava in sposa a Jo: Dom.co Zifaro della città di Strongoli, una metà di casa dotale con annuo reddito al m.co Ant.no Madalono, posta in loco “s.to cataldo”, confine la via pubblica ed altri fini.[cdlxxii]
Altri atti ci permettono di dettagliare ulteriormente il luogo, che si trovava nei pressi della chiesa di San Cataldo e delle mura.
Il 22 agosto 1573, per ragione di restituzione di dote consegnata al quondam Fr.co Grasso suo padre, Jo: Paolo Grasso cedeva a Fr.ca Scaliota, la domus terranea redditizia al subfeudo di Ant.no Madalone e posta in “loco s.to Cataldo”, confine il casaleno di D. Thoma de Pace, il casaleno di Crucis Spaccaventi ed altri fini.[cdlxxiii]
Nelle vicinanze si trovava anche il casaleno che, il 18 gennaio 1576, Alfonsio delo Palazo della città di Nicastro, vendette ad Ant.o de Laquila. Il detto casaleno si trovava in “loco s.to cathaldo” e confinava con la domus di Joanne Paulo Grasso, un altro casaleno di detto Alfonso, la “vinellam pp.cam qua itur ad s.tum Cathaldum” da un lato, altra via pubblica “qua itur ad propugnacula de jannoccaro” ed altri fini.[cdlxxiv]
Il 27 dicembre 1577 Ant.o de Laquila di Calopezzati vendeva a Scipio Caputo, il casaleno sito in loco “s.to Cathaldo”, confine la domus di Jo: Paulo Grasso, la vinella “qua itur ad s.tum Cathaldum”, la via pubblica ed altri fini.[cdlxxv]
Il 14 aprile 1578, Gio: Paulo Grasso vendeva a Scipione Caputo la domus terranea precedentemente casaleno che, lo stesso giorno, aveva comprato donna Fr.ca Galeota moglie di Jo: Petro de Parisio. Domus redditizia al feudo del m.co Ant.no Madaloni e confinante con la domus di Hortentia de Renda, il casaleno di Scipione Caputo, la “vinellam qua itur ad s.tum Cathaldum”, la “viam pp.cam qua itur ad propugnacula seu spontonos” ed altri fini.[cdlxxvi]
Un atto del 7 settembre 1583, evidenzia che la domus con casaleno contiguo di Scipione Caputo, posta in loco “dicto lo Capo de s(an)to Cataldo”, confinava con la domus di Ant.na de Helena.[cdlxxvii]
Successivamente, il detto Scipione ampliò i suoi possedimenti nelle vicinanze. Il 27 febbraio 1584, i coniugi Nicolao Joannes Locitraro e donna Julia Renda di Bocchigliero, vendevano a Scipio Caputo, la domus terranea con un casaleno contiguo, redditizi al subfeudo del m.co Ant.no Madalono e siti nel convicino “s.ti cathaldi”, confine la domus di Ant.na de Elena, la via pubblica “et vinellam qua itur ad templum s.ti Cathaldi” ed altri fini.[cdlxxviii]
A quel tempo il presbitero Thoma de Pace possedeva ed abitava ancora nella domus menzionata nei documenti di circa vent’anni prima. Egli possedeva anche un casaleno contiguo a detta domus e metà di una seconda domus “dittam dela stalla”, che confinava con l’altra metà nella quale abitava Troyano de Pace, la domus di detto Troyano, la domus del clerico Carlutio Caputo, le domos del m.co Marco Ant.o Casoppero e la domus di Joanne Petro de Parisio.[cdlxxix]
Il 17 aprile 1577, Crucio Caputo vendeva al clerico Carluccio Caputo, la domus terranea redditizia alla corte baronale sita in loco “S.to Cathaldo”, confine la domus di Troyano de Pace, la domus dotale di Petro Ranerio , la domus di detto clerico Carluccio, la via pubblica ed altri fini.[cdlxxx]
Nelle vicinanze in loco detto “s.to cataldo”, si trovavano anche la casa del mastro Joannes Petro Candioto vicina a quella che andò in dote a sua figlia Julia, ai casaleni del monastero di Gesù e Maria della città di Crotone ed ai casaleni del mastro Joannes Petro de Parise.
Il 17 luglio 1575, Joannes Petro Candioto prometteva in dote a sua figlia donna Julia Candiota che andava in sposa a Joannes Joele, una casa terranea che al presente si trovava scoperta, posta a “s.to cataldo”, confine la casa del detto mastro Gio: Petro, la via convicinale ed altri fini.[cdlxxxi]
Un atto del 22 giugno 1582, evidenzia che la domus del magister Joannes Petro Candioto, posta in loco detto “s.to cataldo”, confinava con la domus dotale del magister Joannes Joelis, i casaleni della “ecc.ae Jesu mariae civ.tis crotonis” ed altri fini.[cdlxxxii]
Il 21 novembre di quell’anno, il rev. P. Dominico Puglisio, correttore del venerabile monastero di San Francesco di Paola di Cirò, vendeva al magister Joannes Petro de Parise, il casaleno sito nella terra di Cirò in loco “s.to Cathaldo”, confine i casaleni di detto magister Joanne Petro, la domus degli eredi del quondam Joennes Petro Candioti, la “viam pp.cam de s.to cathaldo” ed altri fini. Casaleno che era stato precedentemente donato per la fabbrica del monastero di Cirò da parte del convento di Gesù e Maria di Crotone.[cdlxxxiii]
Come testimonia un atto del 19 novembre 1580, la domus di Joanne Petro de Parisio sita “intus d(it)tam t(er)ram loco dicto s(an)to cataldo”, confinava con la domus di Crucis Fiaccavento e “circum circa”, con un’altra domus di detto Joannes Petro dove si trovavano “trappito” e “centimulo”.[cdlxxxiv]
Successivamente, il 5 settembre 1588, le domos del mastro Joannes Petro de Parisio “cum pistrino et tappeto in or.e”, site “in d(ic)ta t(er)ra loco dicto s(an)to Cataldo”, consistenti in un “palatio” e due case terranee di cui una definita “magnam”, confinanti con la domus di Felice Susanna e quella di Crucis Fiaccaventi, furono acquistate all’incanto dal m.co Marco Ant.o Casoppero.[cdlxxxv]
Qualche mese prima, lo stesso m.co Marco Ant.o aveva donato al monastero di S.to Fran.co di Paola, la sua domus terranea redditizia alla corte marchionale di Cirò, posta “intus t(er)ram p.tam loco dicto lo Capo de santo Cataldo”, confine la domus dotale di detto m.co Marco Ant.o, la domus di Felice Susanna e vinella pubblica.[cdlxxxvi]
Come evidenzia un atto del 29 marzo 1593, allo “Capo de s(an)to Cataldo” si trovavano anche la domus del m.co Fr.co Malfitano e la domus di And.a de Pace, confinanti con la domus terranea redditizia al feudo del m.co Antonio Matalono, che donna Lisa de Falco vendette a donna Lena Greco, moglie di Epifanio Greco della terra di Cropalati.[cdlxxxvii]
Anche la domus in cui aveva abitato il quondam Troyano de Pace appartenente a questi ed a Petro Ant.o de Pace, era posta “in loco dicto santo Cataldo”, ovvero “lo Capo de santo Cataldo”. Il 30 luglio 1587, detta domus andò all’incanto e pervenne in possesso dell’on. Ferdinando Russo. A quel tempo, essa confinava con la domus di Petro Graneri,[cdlxxxviii] con la domus del clerico Carluccio Caputi e la domus del quondam Adornino Caputi o d’Orlando[cdlxxxix] che, da qualche anno, era pervenuta in dote a sua figlia Hortensia per promessa di sua madre donna Dialta Caputa.[cdxc]
Nelle vicinanze si trovavano anche i beni di Bettulia dela Cava e di suo figlio Camillo. Il 4 maggio 1573, donna Bettulia e Camillo dela Cava, vendevano a donna Perna Piccicha moglie di Felice Susanna, il casaleno posto “in loco s.to Cathaldo”, confine la domus di Cesare Scappadei, la via pubblica ed altri fini.[cdxci]
La domus di Camillo dela Cava è richiamata in un atto del 28 gennaio 1577, quando Virg.o de Cotrone vendette al “crotoniata” Jo: Battista de Amato, la domus con casaleno contiguo sita in “loco et convicinio s.ti cathaldi”, confine la via pubblica e la vinella pubblica che portavano alla domus di Camillo dela Cava, la domus di donna Dianora de Rocco ed altri fini.[cdxcii]
I detti beni dei de La Cava si evidenziano in questo luogo, anche in un atto dell’undici novembre 1579. Quel giorno, in relazione al matrimonio tra donna Hysabella Ferrara e Jo: Ant.o de Cotrone figlio di Petro de Cotrone, donno Thomas de Pace promise in dote alla sposa, un casalino loco “s.to Cataldo”, confine la casa dotale di Matteo de Laquila ed il casalino di Bettulia Lacava.[cdxciii]
Nell’agosto del 1581, il detto casaleno di donna Bettulia e dell’on. Camillo dela Cava, che confinava con la domus di Isabella La Fontana, fu venduto dai due all’on. Nardo Abbas[cdxciv] il quale, precedentemente, nell’aprile di quell’anno, aveva acquisito il confinante casaleno di Joannes Ant.o de Cotrone che confinava con la domus di Mattheo de Laquila, la vinella pubblica ed altri fini.[cdxcv]
Ancora, “in loco detto lo convicinio de s.to cataldo”, esistevano le domos di Cesare Scappadei che confinavano con la domus di Nicolai Penzache (19.07.1566)[cdxcvi] e la domus del no. Annibale Bisanti che confinava con la domus di Tisima de Leo ed era vicina alla domus di Jacobo de Cuvello (14.08.1561).[cdxcvii]
Quest’ultima, risulta ancora menzionata il un atto del 13 ottobre 1576. Quel giorno, il m.co Fr.co Bisantio ed il no. Jo: Battista de Amato “crotoniata”, vendevano al m.co Sergio Long.co della città di Umbriatico, rispettivamente, la domus palaziata sita in loco detto “s.to cathaldo”, confine i casaleni del m.co Carolo Caesare Bonaiuti, “moenia t(er)rae p.tae”, la via pubblica ed altri fini e la domus palaziata loco “sotto piccica”, confine la domus di Jacobo de Covello, la via pubblica ed altri fini. Lo stesso giorno il m.co Sergio Long.co affittava per tre anni detti beni ad annuo censo, ai due venditori di cui sopra.[cdxcviii]
Il luogo detto “pizica”
Nei pressi del convicino di S.to Cataldo, si trovava quello di “pizica”. Toponimo onomastico[cdxcix] relativo al feudo, o subfeudo, di “pizica”, o “piccica”, costituito da vigne poste fuori le mura e da stabili dentro le mura, che appartennero al m.co Fr.co Bisantio[d] ed al m.co Parisio Bisanti.[di]
Nella zona al limite tra il luogo detto “s.to Cataldo” e quello detto “piccica”, si trovavano alcuni casaleni del no. Marco Valerio Papandro. Il 29 dicembre 1572, il detto no. Marco Valerio vendeva a Minico Fragale della terra di Pedace ma abitante in Cirò, il casaleno sito in loco detto “s.to Cataldo”, confine il casaleno di Nardo Abbatis, un altro casaleno di detto venditore, vinella mediante ed altri fini.[dii]
In seguito il detto nobile procedette ad altre due vendite. Il 18 luglio 1574, vendette a Prosper Aligio agente anche per parte di Fr.co e Spezano Aligio, il casaleno sito in “loco s.to Cathaldo seu piccica”, confine la domus dei detti fratelli de Aligia, altro casaleno di detto de Papandro dalla parte inferiore, la via pubblica ed altri fini.[diii] Giusto un anno dopo, vendette al clerico Ianuario de Orofino, il casaleno sito in loco “s.to Cataldo”, confine il casaleno di Fr.co de Lalici, la domus di donna Ant.a de Mannella, la via pubblica ed altri fini.[div] Casaleno che subito a seguire, il detto clerico Ianuario permutò con una vigna dei coniugi donna Perna Piccica e Felice Susanna.[dv]
I beni dei fratelli de Aligia e quelli di alcuni loro confinanti, sono richiamati in due atti successivi. Il 12 luglio 1576, donna Gesimina Miniscalca della città di Crotone, vedova del quondam Fr.co dela Romulo, assieme ai suoi figli Marcio e Minichello dela Romulo, vendevano a Fr.co Madalono la “m.tem Aeris unius casaleni palatiati”, redditizio al feudo di Fr.co Bisanti, sito in “loco s.to Cathaldo”, confine il casaleno di Fr.co Alici e fratelli, la via pubblica da due lati ed altri fini.[dvi]
Il 18 agosto 1577, Marcello de Otranto e Nicolao Castello Vetero in solido e per parte di Joannes Castelli Veteri fratello di detto Nicolao, vendevano ai fratelli Fr.co e Prosper Alitio, il casaleno redditizio al feudo del m.co Fr.co Bisanti sito “in reg.ne s.ti cataldi”, confine le domos dei detti de Aligia da due lati, la via pubblica dalla parte inferiore ed altri fini.[dvii]
La “derrubata”, ovvero “la derrupata” o “pirrupata”
Un atto successivo del 30 ottobre 1581, evidenzia che queste case dei detti tre fratelli de Aligia, possedute in comune ed indiviso e redditizie al feudo del m.co Parisio Bisanti, si trovavano in loco detto “la derubata” presso le mura. Quel giorno i fratelli Fr.co e Prosper Alicio, donavano al rev. D. Vespesiano Alicio loro fratello, la propria parte del “torcular seu trapetum” con due domus contigue, in loco detto “la derubata”, una delle quali era stato casaleno ed era stata ricostruita, confine la “moenia dictae t(er)rae”, la via pubblica dal lato superiore ed altri fini.[dviii]
Poco tempo dopo, il 7 gennaio 1582, il detto rev. D. Vesp.no Alitia riceveva una ulteriore donazione da parte di sua zia donna Potentia Bisantia, che gli donava la domus terranea redditizia al subfeudo del m.co Parisio Bisanti, posta sempre in loco “la derubata”, confine la domus del rev. D. And.a Abbatis, la domus del m.co Philippo Bisanti, la via pubblica ed altri fini.[dix]
La presenza in questo luogo, dei beni di donna Potenza Bisantia moglie del m.co Hier.mo Consentino, è evidenziata già da un atto precedente. Il 21 luglio 1576, la detta Potenza assieme a suo figlio Jo: Battista Durans, vendevano al rev. D. Alonso Bisantio, la domus terranea con “uno Antro intus eam” sita in loco detto “la derrubata”, confine un’altra domus di detti venditori, la domus di Joannes Mur.ni, la via pubblica dalla parte inferiore ed altri fini.[dx]
Attraverso un atto del 25 luglio 1562, rileviamo che la domus di Joannes Murromanni, confinava con la domus nella quale abitava Dianora de Yuglia sita “in loco ditto la parrupata”, ed era vicina a quella degli eredi del quondam Petro Boni.[dxi]
Il 24 giugno 1577, in relazione al matrimonio tra donna Julia Murumanna, figlia di Joannes Murumanno e Vincentio Colonna di Santa Severina, apparteneva alla dote della sposa, un casalino posto “alla derubbata”, vicino la casa degli eredi di Cola Caruso, vicino la casa e casalino di Cenzo Melissioti, la via pubblica dalla parte di sopra ed altri fini.[dxii]
Come evidenzia un atto del 19 novembre 1578, la casa di Vinc.o Melissioti, confinava con la metà di casa posta “alla derubata”, che Joannes Carusio promise in dote a sua sorella donna Stilla Carusia che andò in sposa a Petro Paulo Matto di Cosenza.[dxiii]
Altri documenti fanno luce su alcuni possedimenti posti nel luogo detto “la derubata”, “la “derubbata”, “la derrubata”, “la derrupata”, “la parrupata”, o “la pirrupata”, toponimo da mettere in relazione alla natura scoscesa del luogo. Qui si trovava il casaleno del “s.mi sacramenti”, che il 29 giugno 1576 Petrus de Melita prese in affitto dalla detta società. Casaleno che confinava con il casaleno di Joannes Maria Rizuti, il casaleno del feudo del no: Fr.co Bisanti, le vie pubbliche da due lati, superiormente ed inferiormente ed altri fini.[dxiv]
Nelle vicinanze, “in loco dicto la derubata”, si trovavano i due casaleni diruti che il 4 novembre 1576, Fr.co Rizuto e donna Potentia Rizuta, fratello e sorella, vendettero al no. Nicolao Maria de Sergio. Casaleni che confinavano con i casaleni degli eredi di Paulo Gratiani, il casaleno degli eredi di Battista Savio, la via pubblica ed altri fini.[dxv]
L’inventario dei beni appartenuti al quondam m.co Nicolai Maria de Sergio marito di Laura Susanna, compilato il 16 giugno 1583, evidenzia che appartenevano alla sua eredità, due casalini “in loco la pirrupata”, confine il m.co Gio: M.a Casoppero, la via pubblica ed altri fini.[dxvi]
Il 18 marzo 1591, in relazione al matrimonio tra l’on. Hier.o Caruso di Napoli e donna Aurelia Gratiana, apparteneva alla dote della sposa, una casa terranea con casaleno e “grotte”, posta nella terra di Cirò loco “la pirrupata”, confine la casa di Ger.o Rosanova, la casa appartenuta a Rinaldo Piroscia e la via pubblica.[dxvii]
Fuori ma presso le mura, nel luogo detto “la pirrupata” ma sottostante l’abitato e “la timpa de la pirrupata”, dove passava la via pubblica “qua itur ad maritimam et ad divum fr.cum”, si trovavano degli ortali, alcuni antri o grotte e vigne. Nell’ottobre del 1586, l’on. Ant.o Abbas vendeva al m.co Parisio Bisantio, un “hortale, seu Cognale” sito “prope t(er)ram p.tam loco dicto la pirrupata, sub domibus d(ic)ti m.ci Parisii”, confine l’ortale del m.co Carolo Cesare Bonaiuti, la vigna di donno And.a Abbatis, la vigna di Octavio Le Serre ed altri fini.[dxviii]
Il 24 novembre 1592, donna Antonina Le Castella vendeva a Philippo Bisantio, un “antrum positum in circuitu t(er)rae Cirò, loco dicto lo convic.o de san fr.co sotto la timpa de la pirrupata” con ortale davanti detto antro, confine l’antro del m.co Delfino Le Castella e la via pubblica “qua itur ad maritimam et ad divum fr.cum”.[dxix]
I nobili de Bisantio
Dentro la terra di Cirò “in loco ditto lo convicinio di pizica”, si trovava la domus del presbitero Martino de Loisio (14.08.1561), che confinava con la domus di Philippo de Russano, la domus degli eredi del quondam Rinaldo de Loise, la domus degli eredi del quondam Dominico Graneri vinella mediante ed altri fini.[dxx]
Attraverso il testamento di Antonina de Bisanti, stipulato il 17 dicembre 1568, apprendiamo che la domus degli eredi del quondam donno Martino de Loisi, posta “intus dittam t(er)ram in loco dicto pizica”, confinava con la domus del no. Anibale Bisanti, il casaleno degli eredi del quondam Dominico Graneri, vinella mediante, la via dalla parte superiore ed altri fini.[dxxi]
Un atto del 10 novembre 1577, testimonia che Minico de Aloysio, permutò la sua domus terranea sita in loco detto “la rictusa”, con la domus dotale di Joannes Basilio, sita in loco “pizica”, confine la domus del m.co Petro Casopero, la domus di Matteo Consentino ed altri fini.[dxxii]
Sia i beni di Annibale Bisanti che quelli di Fr.co Bisanti in questo luogo, sono menzionati in altri atti. Il 22 agosto 1574, donna Jacoba Basami vedova del quondam Hier.mo de Leo, prometteva a donna Petruza de Leo sua figlia, che andava in sposa a Basilio dela Fossa, una mezza casa confine la casa di Anibale Bisanti, la via pubblica, e l’altra mezza casa degli eredi della quondam donna Tisima de Leo ed altri fini.[dxxiii]
Il 28 gennaio 1581, i beni dei detti Annibale e Fr.co furono posti all’incanto nella “piaza de s.ta maria de plateis”, essendo i due debitori nei confronti dell’università. Troviamo: la casa terranea “con una grotta dentro et uno furno loco sotto piccica” di Aniballe Bisantio, vicino la via pubblica e la casa di donna Tisima de Leo ed altri fini; la casa palaziata con un “catogio in più membri” di Fr.co Bisantio “loco detto piccica”, confine “le mura dela t(er)ra”, la via pubblica ed altri fini.[dxxiv]
Nel maggio del 1582, il detto no. Annibale possedeva ancora la domus posta “intus t(er)ram p.tam Cirò [in lo]co sobto s(an)to Cataldo”, quando confinava con la domus palaziata dei coniugi mastro Censo Melissiotus e donna Beatrix de Granera che fu venduta a Marsio Aloysio e si trovava vicina alla domus di Minico de Aloysio e ad un’altra domus del detto Marsio.[dxxv]
La presenza dei nobili de Bisantio in questo luogo, continua ad essere documentata anche in seguito. Il 19 luglio 1591, il no. Joannes Vinc.o Bisanti vendeva a Stephano Marino, la domus terranea sita nella terra di Cirò, loco detto “sotto s(an)to Cataldo”, confine la domus di Martio de Loisio ed altra domus del detto no. Joannes Vinc.o.[dxxvi]
Il 16 marzo dell’anno dopo, il m.co Philippo Bisantio donava al m.co Possidonio Bisantio, una continenza di case poste nella terra di Cirò “loco dicto s(an)to Cataldo”, confine le case di donna Delia Jaccina, il casalino di Cosmo Lo Epitropo, ed il casalino del m.co Alonso Bisanti, con l’impegno a comperare uno di detti casalini per allargare la casa.[dxxvii]
Il luogo detto “lo spontone” o “lo spontone di yannoccaro”
All’estrermità orientale dell’abitato di Cirò, si trovava il luogo detto “lo spontone” che alla metà dell’Ottocento, identificava ancora uno dei suoi “rioni”.[dxxviii] Il “loco ditto lo spontone” in relazione alla presenza di uno dei vertici delle nuove fortificazioni di Cirò, risulta già documentato da un atto del 6 giugno 1562, quando qui si trovava la domus di Iacobo Yaccino che confinava con la domus di Joannes Laurentio Tax.nis, la “moenia t(er)ra”, la via pubblica ed altri fini.[dxxix]
Un atto del 14 aprile 1578, evidenzia che “in convici.o s.ti Cathaldi” passava la “viam pp.cam qua itur ad propugnacula seu spontonos”.[dxxx] In relazione alla dote del matrimonio tra Marcello Carusio e la m.ca Joannella Bonaiuto, figlia della m.ca Prudentia de Vienna vedova del quondam m.co Joannes Bonaiuto, il 26 gennaio 1581, la detta Prudentia obbligava un “palazo con lo catogio posto allo spontone”, confine l’altra continenza di case di detta Prudentia, la via pubblica ed altri fini. Con il patto che detto Marcello avrebbe potuto abitare in detto palazzo.[dxxxi]
Un atto del 11 settembre 1586 conferma che le domos della m.ca Prudentia de Bienna erano poste “in t(er)ra p.ta loco dicto lo spontone di yannoccaro” e confinavano con la “moenia t(er)rae p.tae ex duobus lateribus” e le vie pubbliche.[dxxxii] Nelle vicinanze in loco detto “lo spontone”, si trovava la casa di Fr.co Madalone con “alto et bascio con uno cortiglio all’intrata”, confinante con “le mura dela t(er)ra” che, il 28 gennaio 1581, fu incantata nella “piaza de s.ta maria de plateis”, assieme ad altri beni di altri particolari debitori nei confronti dell’università.[dxxxiii]
Sempre in “loco lo spontone” era la mezza casa redditizia al subfeudo del m.co Ant.no Madalono, che il 26 febbraio 1584, donna Julia de Pace relitta del quondam Jo: Battista Polito, promise in dote a sua figlia donna Bettulia de Polito che andava in sposa a Julio de Simari. Stabile che confinava con la casa del m.co Jo: Petro Lopitropo, “le mura dela t(er)ra” ed altri fini.[dxxxiv]
Note
[i] “Andrea figlio e successore di Galeoto pensò di cingere l’abitato di forti mura e baluardi, e di compire il Castello principiato dal precedente Feudatario.” Pugliese G. F., Descrizione ed Istorica Narrazione dell’Origine, e Vicende Politico-Economiche di Cirò, Napoli 1849, pp. 158-160.
[ii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 68-70.
[iii] Pugliese G. F., Descrizione ed Istorica Narrazione dell’Origine, e Vicende Politico-Economiche di Cirò, Napoli 1849, pp. 158-160.
[iv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 262-262v.
[v] Pugliese G. F., Descrizione ed Istorica Narrazione dell’Origine, e Vicende Politico-Economiche di Cirò, Napoli 1849, pp. 35-36.
[vi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 543v-544.
[vii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta n. 6; Notaio Consulo B., buste n. 8 e 9; Notaio Durande G. D., buste n. 35 e 36.
[viii] Ciò risale all’opera del vescovo Bartolomeo Criscono (1639-1647) che stabilì ed assegnò tutto attorno ad ogni singola chiesa parrocchiale un suo distretto territoriale. AVC, Rel. Lim. Umbriaticen., 1643.
[ix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 154v-155v.
[x] 08.09.1561. Il no. Petro Curto disponeva di essere sepolto “dentro laccapella de s.to petro et paulo sua parrochia posto dentro san fran.co”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 265.
01.09.1561. Dianora de Ferraro disponeva di essere sepolta “dentro la ecc.a de san fran.co sua parrochia”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 221.
09.04.1563. Innocentia Basami moglie di Joannes Baptista Inglesio, disponeva di essere sepolta “dentro l’ecc.a de san fran.co nella parrochia di suo p(ad)re”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 79.
01.05.1566. La m.ca Caterinella Piccolo disponeva di essere sepolta “intus ecclesiam santi fran.ci” e proprio “intus cappellam de familia de piccolis sub vocabulo s.ti petri et pauli”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 106-106v.
[xi] Durante il periodo 1561/1563, oltre quelle menzionate, troviamo menzionate le seguenti sepolture:
22.07.1561. Cassandra de Castellis figlia di Ber.no, disponeva di essere sepolta “dentro l’ecc.a de s.to fran.co” e lasciava due carlini alla “ecc.a de san francesco” per la sepoltura. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 158-158v.
12.08.1561. Caterina de Turano disponeva di essere seppellita “dentro la ecc.a de s.to fran.co de detta t(er)ra”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 189-189v.
15.08.1561. Feliciana de Caputo disponeva di essere sepolta “dentro la ecc.a de s.to fran.co”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 197.
18.03.1562. Ber.no de Perri disponeva di essere sepolto “dentro la ecc.a de santo fran.co de detta t(er)ra”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 49.
19.04.1562. Beatrice Mascanbronus disponeva di essere seppellita “dentro la ecc.a de san fran.co”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 81.
06.06.1562 ? Auleria de Yaccino disponeva di essere sepolta “dentro la ecc.a de s(an)to fran.co”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 128-128v.
10.06.1562. Angelo “seu pharaonis” de Jordano “de t(er)ra macisani”, disponeva di essere sepolto “dentro l’ecc.a de san fran.co”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 133-133v.
19.12.1563. Gloretta de Tribisazi disponeva di essere sepolta “dentro l’ecc.a de san fran.co nella sepoltura posta appresso la cappella de s.to nicola”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 314-314v.
[xii] 29.09.1561. Lisena de Bisanti moglie del quondam Joannes de Aligio, disponeva di essere sepolta “dentro la cappella et sepultura de s.to augustino” e se questa non le fosse stata concessa, nella sepoltura del marito. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 247.
29.01.1582. All’interno della chiesa del monastero di San Francesco d’Assisi, si trovava l’“altare seu Cappellam de s.to Augustino Cum quadam sepultura in ordine existente ante dictum altarem”. ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 69-69v.
[xiii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 314-314v.
[xiv] Russo F., Regesto V, 26225.
[xv] Russo F., Regesto II, 7705.
[xvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 535v-540.
[xvii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 17.
[xviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 167-167v.
[xix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 125-125v.
[xx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 337-338v.
[xxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 342.
[xxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 476v-477v.
[xxiii] ASV, Rel. Lim. Umbriaticen., 1678.
[xxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 154v-155v.
[xxv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 522.
[xxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 59-59v.
[xxvii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 290.
[xxviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 431v-433.
[xxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 459-461.
[xxx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 2-3v.
[xxxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 467-470v.
[xxxii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 122.
[xxxiii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 86-87v.
[xxxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 304-304v.
[xxxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 7-7v.
[xxxvi] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 223-223v.
[xxxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 154v-155.
[xxxviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 446-447v.
[xxxix] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 201-201v.
[xl] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 245.
[xli] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 1-2.
[xlii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 76v-77.
[xliii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 252-252v.
[xliv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 85-85v.
[xlv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, f. 73.
[xlvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 150v-151.
[xlvii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 11-12v.
[xlviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 216v-217.
[xlix] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 17.
[l] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 69-69v.
[li] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 3v.
[lii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 396-398v.
[liii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 459-461.
[liv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 2-3v.
[lv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 46-46v.
[lvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 270-271.
[lvii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 420-423.
[lviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 195v-196.
[lix] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 370-370v.
[lx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 149.
[lxi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 458.
[lxii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 532-532v.
[lxiii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 290.
[lxiv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 106-106v.
[lxv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 265.
[lxvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 3v.
[lxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 63v.
[lxviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 146v.
[lxix] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 160-160v.
[lxx] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 274v-275.
[lxxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 124v-125.
[lxxii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 454.
[lxxiii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 458.
[lxxiv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 108.
[lxxv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 335.
[lxxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 76v-77.
[lxxvii] Pugliese G. F., Descrizione ed Istorica Narrazione dell’Origine, e Vicende Politico-Economiche di Cirò, Napoli 1849, p. 35.
[lxxviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 2-3v.
[lxxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 74v-75.
[lxxx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 77-77v.
[lxxxi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 324v.
[lxxxii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 406v.
[lxxxiii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 158-158v; ff. 199-200; ff. 201-201v; f. 243.
[lxxxiv] Agli inizi del sec. XIV compare il prothopapa o arciprete di “S. Iohannis de Ipsicro” (Russo F., Regesto I, 4025). Il vescovo Agostino de Angelis (1667-1682) qualificava la chiesa di S. Giovanni Battista come la primitiva matrice di Cirò. (ASV, Rel. Lim. Umbriaticen. 1678).
[lxxxv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 120-120v.
[lxxxvi] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 32; f. 221; ff. 297 e 298.
[lxxxvii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 306-307.
[lxxxviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 119v.
[lxxxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 79v-80.
[xc] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 244.
[xci] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 352.
[xcii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 266-266v.
[xciii] Pugliese G. F., Descrizione ed Istorica Narrazione dell’Origine, e Vicende Politico-Economiche di Cirò, Napoli 1849, pp. 174-175 e 187-189.
[xciv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 199-200.
[xcv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 227v.
[xcvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 230v.
[xcvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 19.
[xcviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 142v-143.
[xcix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 126-126v.
[c] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 208-208v.
[ci] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 194v-195v.
[cii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 462-462v.
[ciii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 510-511.
[civ] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 65v.
[cv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 373.
[cvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 369v.
[cvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 34-34v.
[cviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, f. 48.
[cix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 328v.
[cx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 288.
[cxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 201-201v.
[cxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 361v-363.
[cxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 177-177v.
[cxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 17v-18.
[cxv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 370.
[cxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 333v-334.
[cxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 334-334v.
[cxviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 441v.
[cxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 442v-443.
[cxx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 443v-444v.
[cxxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 528v-529.
[cxxii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 262-262v.
[cxxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 431v-433.
[cxxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 179-179v.
[cxxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 300v; Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 5v e sgg., 120v, 148v-150v, 484v, 514.
[cxxvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 151v.
[cxxvii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 227.
[cxxviii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 96.
[cxxix] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 104v, 108, 322.
[cxxx] Pesavento A., Chiesa e Società a Cirò, in la provincia KR, nr. 25-28/2002.
[cxxxi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 362-362v.
[cxxxii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 259 e 261.
[cxxxiii] 07.05.1561. Gesimina deli Blandi disponeva di essere seppellita “dentro la ecc.a de s.ta maria sua capp(el)la”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 116-116v.
23.07.1561. L’on. Joannes Battista Lamanno disponeva di essere seppelito “dentro la ecc.a de s.ta maria dela piaza”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 160-160v.
06.08.1561. Crucetta de Fauceri moglie di Antonino Scigliani, disponeva di essere seppellita “in la ecc.ia de s.ta maria de detta t(er)ra”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 184-184v.
12.09.1561. Antona de Papandrea moglie di Joannes Loisio Spina, disponeva di essere seppellita “dentro l’ecc.a de s.ta maria parrochia de suo p(ad)re”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 237.
26.11.1561. Chiteria de Trugillo disponeva di essere sepolta “dentro l’ecc.a de santa maria”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 297 e 298.
24.05.1562. Petro Furnari disponeva di essere seppellito “dentro la ecc.a de santa maria dela piaccia”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 120-120v.
09.07.1562. Ber.no Costa disponeva di essere seppellito “dentro l’ecc.a de s.ta maria sua parrochia”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 150-150v.
25.07.1562. Dianora de Yuglia disponeva di essere seppellita “dentro l’ecc.a de s.ta maria”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 165-165v.
21.03.1563. Donna Lissandria de Caputo, moglie dell’on. Anselmo Panfili, disponeva di essere seppellita “dentro l’ecc.a de s.ta maria sua parrochia”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 53.
13.01.1566. Carolo Casopperi disponeva la sua sepoltura “intus ecc.m s.te m.e” sua “parrochiali cappella”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 1-2.
02.05.1566. Hysabella Consentino moglie di Matteo Consentino, disponeva di essere seppelita “dentro la ecc.a de santa maria”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 109.
19.07.1566. Joanna de Scappadeo disponeva di essere seppellita “dentro l’ecc.a de santa maria dela piaza”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 154-154v.
[cxxxiv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 191-192.
[cxxxv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 122.
[cxxxvi] Durante il papato di Pio V (1566-1572) erano approvati i privilegi e le indulgenze della confraternita del SS. Sacramento che aveva sede nella chiesa matrice di Cirò. I privilegi e le indulgenze della confraternita saranno confermati il 20 aprile 1629 da Urbano VIII. Pesavento A., Chiesa e società a Cirò, in La Provincia Kr nr. 25-28/2002.
[cxxxvii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 158-158v.
[cxxxviii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 195-195v.
[cxxxix] 14.08.1561. Tisima de Leo lasciava alla processione “del corpo di xpo” 5 grana. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 193.
15.08.1561. Gloria de Ferraro disponeva di essere sepolta “dentro la cappella del corpo di xpo dove se seppelliscono li poveri” e lasciava alla processione “del corpo di xpo et sua cappella” 10 grana. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 195-195v.
01.09.1561. Gesimina de Agiano disponeva di essere seppellita “dentro la cappella del corpo di xpo p(er) esse consoro”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 219.
01.09.1561. Dianora de Ferraro lasciava grana 5 “alla cappella del corpo di xpi p(er) reparacione”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 221.
12.09.1561. Antona de Papandrea moglie di Joannes Loisio Spina, lasciava che si dicessero tante messe “in la cappella del corpo di xpo”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 237.
05.11.1561. Villa de Paricia disponeva di essere sepolta dentro “la cappella del corpo di cristo”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 285-285v.
26.11.1561. Chiteria de Trugillo lasciava per riparazione della “cappella del corpo di cristo” sei carlini. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 297 e 298.
24.05.1562. Petro Furnari lasciava “p(er) reparatione del corpo di cristo” grana 10. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 120-120v.
10.06.1562. Angelo “seu pharaonis” de Jordano “de t(er)ra macisani”, lasciava grana 10 per riparazione della “cappella del corpo di xpo”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 133-133v.
- 25.07.1562. Dianora de Yuglia lasciava grana 15 alle processioni “de lanuntiata et de san fran.co et corpo de xpo”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 165-165v.
05.08.1562. Geronimo Sarleti disponeva di essere seppellito nella “cappella del corpo di xpo”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 182-182v.
05.09.1562. Ber.no Scappadei disponeva di essere seppellito “dentro la ecc.a seu cappella del corpo di xpo p(er) essere confrate”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 223-223v.
27.10.1565. La domina Catherina de Turano disponeva di essere sepolta “intus cappellam corporis xpi”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 279-279v.
01.05.1566. La m.ca Caterinella Piccolo lasciava alla “ven.li cappelle sacratissimi corporis cristi” grana 10 per sua riparazione. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 106-106v.
02.05.1566. Hysabella Consentino moglie di Matteo Consentino, disponeva che intervenissero al suo funerale “le p(ro)cessioni del Sacram.to dela nuntiata et de Santa caterina”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 109.
19.07.1566. Joanna de Scappadeo disponeva che intervenissero al suo funerale le processioni del “sacram.to de san fran.co de lanuntiata et de santa caterina”. Lasciava alla “cappella del sacram.to” grana 5. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 154-154v.
26.08.1594. Il magister Scipione Thegani disponeva di essere seppellito nella “cappella del sacratissimo corpo di X.o di detta t(er)ra”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 216-216v.
[cxl] Il 15 febbraio 1584, i m.ci Fabritio Spoletino e Scipio Spoletino, assieme con le magnifiche Dianora, Beatrice e Hier.ma de Spoletino, figlie pupillari ed eredi del quondam m.co Petro Ant.o Spoletino, donavano al loro “sacellum seu oratorium” alcuni beni. ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 181-181v.
[cxli] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, f. 87.
[cxlii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 160v.
[cxliii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 306-307.
[cxliv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 227.
[cxlv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 418-419.
[cxlvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 454.
[cxlvii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 181-183.
[cxlviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 245-245v.
[cxlix] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 597-597v.
[cl] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 140-140v.
[cli] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 189-189v.
[clii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 139v-140v.
[cliii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 337.
[cliv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 410.
[clv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 420-423.
[clvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 459v-460v.
[clvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 199v-200.
[clviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 89-89v.
[clix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 41v-42v.
[clx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 224-224v.
[clxi] Russo F., Regesto V, 22881.
[clxii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 151v, 271, 410.
[clxiii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 85v, 150v-151, 177-177v, 338v, 407; Notaio Consulo B., busta 8, ff. 551v-552.
[clxiv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 337.
[clxv] 16.10.1582. Bartolomeo Cardi converte un suo credito di ducati 19 in beneficio del Sacro Ospedale. ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 105.
04.04.1583. L’on. Marco Basamì, converte un suo credito di ducati 10 in beneficio della fabbrica del Sacro Ospedale in persona del rev. D. Ant.no Galeoto vicario generale di Umbriatico ed economo generale del “sacri hospi(ta)li dicti de s(an)ta m.a de populo t(er)re p.te”. ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 128.
- Il m.co Joannes Maria Bordonus di Parma cede alcuni suoi crediti al Sacro Ospedale di Cirò in persona del rev. D. Ant.no Galeoto economo generale del “sacri hospi(ta)li nominati s(an)te marie de populo t(er)re p.te”. ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 130v.
[clxvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 277-277v.
[clxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 305.
[clxviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 10v.
[clxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 473v-474.
[clxx] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 139v-140v.
[clxxi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 232-217v.
[clxxii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 465-465v.
[clxxiii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 420-423.
[clxxiv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 337.
[clxxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 2.
[clxxvi] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 237.
[clxxvii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 182-182v.
[clxxviii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 195-195v.
[clxxix] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 242.
[clxxx] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 244.
[clxxxi] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 53.
[clxxxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 80v-81.
[clxxxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 91v-92.
[clxxxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 44v-45v.
[clxxxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 396v-397v.
[clxxxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 38v-39v.
[clxxxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 535v-540.
[clxxxviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 440-440v.
[clxxxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, f. 47v.
[cxc] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 105v.
[cxci] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 68-70.
[cxcii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 40-40v.
[cxciii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 502.
[cxciv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 52-52v.
[cxcv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 63-63v.
[cxcvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 96-96v.
[cxcvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 96v-97.
[cxcviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 232v-233; ff. 249-249v.
[cxcix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 274v-275.
[cc] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 441.
[cci] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 532-532v.
[ccii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 253-253v.
[cciii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 262-262v.
[cciv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 57.
[ccv] 18.03.1583. “in Castro t(er)re Cirò et p(ro)prie ante cancellam Carceris cr(imina)lis d(ic)ti Castri”. ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 125v.
28.01.1589. Il m.co Marcello Casoppero era stato carcerato molti mesi nelle carceri del castello di Cirò. ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, f. 7.
20.12.1594. Alla presenza di Vespasiano Spinello marchese di Cirò, sindaco, eletti e cittadini, assieme al capitano, si congregano al suono della campana nel castello di Cirò. Si ricordava che nell’imminenza del saccheggio da parte dell’armata turchesca, avvenuto il 13 di settembre ultimo scorso, su istanza del vescovo, furono fatti liberare tutti i carcerati presenti “nel Carcere del Castello, tanto civili come cr(imina)li”, affinchè si mettessero in salvo. ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 536-527v.
[ccvi] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 57-57v.
[ccvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8 parte prima, ff. 110v-111v; ff. 157v-158v; busta 9, ff. 70v-71. Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 11v-12v; f. 415.
[ccviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 472-473.
[ccix] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 66-66v e ff. 67-67v.
[ccx] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 502-502v.
[ccxi] Rohlfs G., Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria, ed. 2010 Longo Editore Ravenna.
[ccxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 14.
[ccxiii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 477.
[ccxiv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 287-288.
[ccxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 177-177v.
[ccxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 190v.
[ccxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 340v-341.
[ccxviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 273.
[ccxix] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 445v.
[ccxx] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 208.
[ccxxi] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 150-150v.
[ccxxii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 225.
[ccxxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 245v-246.
[ccxxiv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 38-40v.
[ccxxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 131-131v.
[ccxxvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 132-134v.
[ccxxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, f. 105v.
[ccxxviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 273v, 340, 341.
[ccxxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 78-78v.
[ccxxx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 331v-332v.
[ccxxxi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 493-493v.
[ccxxxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 180v-181.
[ccxxxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 176v-177.
[ccxxxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 155-155v.
[ccxxxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 246-247v.
[ccxxxvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 333v.
[ccxxxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 83-84.
[ccxxxviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 273v-274.
[ccxxxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 347v-348.
[ccxl] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 431v-433.
[ccxli] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 9.
[ccxlii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8 ff. 28-28v.
[ccxliii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 495-496.
[ccxliv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 290.
[ccxlv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 28.
[ccxlvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 31v.
[ccxlvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 361v-363.
[ccxlviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 13.
[ccxlix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 130-130v.
[ccl] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 207.
[ccli] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 274-274v.
[cclii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 300.
[ccliii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 102-102v.
[ccliv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 85v.
[cclv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 70-70v.
[cclvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 157-157v.
[cclvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 161-161v.
[cclviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 431v-433.
[cclix] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 280-283.
[cclx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 24v-25.
[cclxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 25v.
[cclxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 26.
[cclxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 4-4v.
[cclxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 29v-30.
[cclxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 171v.
[cclxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 93v-94.
[cclxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 214-215.
[cclxviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 337-338v.
[cclxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 160v-161.
[cclxx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 201v-202.
[cclxxi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 473-474v.
[cclxxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 20.
[cclxxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 169v-170v.
[cclxxiv] ASCZ, Notaio Cadea Cesare, busta 6, ff. 216-216v.
[cclxxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 181-182v.
[cclxxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, f. 308v.
[cclxxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 28v-29v.
[cclxxviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 215-215v.
[cclxxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 354-358.
[cclxxx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 251.
[cclxxxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 213v.
[cclxxxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 287v-288.
[cclxxxiii] Pugliese G. F., Descrizione ed Istorica Narrazione dell’Origine, e Vicende Politico-Economiche di Cirò, Napoli 1849, pp. 35-36.
[cclxxxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 543v-544.
[cclxxxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 552v-553v.
[cclxxxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 37v-38.
[cclxxxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 111v-112; ff. 141-141v.
[cclxxxviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 301v-302v.
[cclxxxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 369v.
[ccxc] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 213-213v.
[ccxci] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 330v-331.
[ccxcii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 8v.
[ccxciii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 28v-29v.
[ccxciv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 165.
[ccxcv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 181-181v.
[ccxcvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 8v.
[ccxcvii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 193. Un atto del 19.12.1563, evidenzia la presenza delle “t(er)re de santa margarita”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 314-314v.
[ccxcviii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 96.
[ccxcix] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 3v.
[ccc] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 310-310v.
[ccci] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 407, 487, 520.
[cccii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 209v-210.
[ccciii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 238v-239.
[ccciv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 109.
[cccv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 139v-140v.
[cccvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 165-166.
[cccvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 1v.
[cccviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 67v.
[cccix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 70-70v.
[cccx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 339v.
[cccxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 6-6v.
[cccxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 55v.
[cccxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 195v-196.
[cccxiv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 21-21v.
[cccxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, f. 158v.
[cccxvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 333v.
[cccxvii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 464, 467v.
[cccxviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 339-339v.
[cccxix] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 81.
[cccxx] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 364.
[cccxxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 138v.
[cccxxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 144-144v.
[cccxxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 250.
[cccxxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 272-272v.
[cccxxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 331-331v.
[cccxxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 518-518v.
[cccxxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 92v-93.
[cccxxviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 94v.
[cccxxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 94.
[cccxxx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 66v-67.
[cccxxxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 176v-177.
[cccxxxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 339v.
[cccxxxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 544-545.
[cccxxxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 542-543.
[cccxxxv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 295.
[cccxxxvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 155v-156.
[cccxxxvii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 345-345v.
[cccxxxviii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 251.
[cccxxxix] 06.05.1562. Antonio Pelansa disponeva di essere seppellito “dentro la ecc.a de santo menna”, “sua parrochia”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 113-113v.
- Salerno de Falcone disponeva di essere seppellito “dentro l’ecc.a de s.to menna sua parrochia”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 10.
29.03.1562. Marco Gallo di Santa Severina, disponeva di essere sepolto “dentro la ecc.a de s.to menna”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 66.
31.01.1563. Beatrice de Ripulo disponeva di essere seppellita “dentro l’ecc.a de s.to menna sua parrochia”. ASCZ, Notaio Cadea Cesare, busta 6, ff. 144-144v.
26.08.1563. Laura de Voniti disponeva di essere seppellita “nella chiesa de s.to menna sua parrochia”. ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 218.
[cccxl] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 216-216v.
[cccxli] ASV, Rel. Lim. Umbriaticen., 1634.
[cccxlii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 5v e sgg., 163v, 148v-150v, 161v, 239, 262v, 415v, 484v.
[cccxliii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 194v.
[cccxliv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 24.
[cccxlv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 152v-153.
[cccxlvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 224-225.
[cccxlvii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 274v-275.
[cccxlviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 407.
[cccxlix] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 177-177v.
[cccl] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 338v.
[cccli] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 407, 487, 520.
[ccclii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 494-498 e sgg.
[cccliii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 49.
[cccliv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 116-116v.
[ccclv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 189-189v.
[ccclvi] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 279-279v.
[ccclvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 90v-91.
[ccclviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 303-303v.
[ccclix] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 184-184v.
[ccclx] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 188.
[ccclxi] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 10.
[ccclxii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 218.
[ccclxiii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 219.
[ccclxiv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 79.
[ccclxv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 66.
[ccclxvi] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 197.
[ccclxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 473v-475.
[ccclxviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 8v.
[ccclxix] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 127v.
[ccclxx] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 142.
[ccclxxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 260v-261.
[ccclxxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 209v.
[ccclxxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 474-474v.
[ccclxxiv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 275v.
[ccclxxv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 355v.
[ccclxxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 192-192v.
[ccclxxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 275v-276v.
[ccclxxviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 505.
[ccclxxix] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 355.
[ccclxxx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 143-143v.
[ccclxxxi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 528.
[ccclxxxii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 533.
[ccclxxxiii] Pugliese G. F., Descrizione ed Istorica Narrazione dell’Origine, e Vicende Politico-Economiche di Cirò, Napoli 1849, pp. 32-33.
[ccclxxxiv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 158-158v; ff. 314-314v.
[ccclxxxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 102-102v.
[ccclxxxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 107v-108.
[ccclxxxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 216v.
[ccclxxxviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 128v.
[ccclxxxix] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 279-279v.
[cccxc] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 133-133v.
[cccxci] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 16 e 17.
[cccxcii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 203.
[cccxciii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 37.
[cccxciv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 168v.
[cccxcv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 250v-251.
[cccxcvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 445v.
[cccxcvii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 243.
[cccxcviii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 144-144v.
[cccxcix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 530v-531.
[cd] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 336.
[cdi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 9v-10v.
[cdii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 113v-114.
[cdiii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 235.
[cdiv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 234.
[cdv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 255.
[cdvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 483.
[cdvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 161v.
[cdviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 161-161v.
[cdix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 472v-473.
[cdx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 194v.
[cdxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 246v-247.
[cdxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 290.
[cdxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 33.
[cdxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 386.
[cdxv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 85v.
[cdxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 194v.
[cdxvii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, f. 15v.
[cdxviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, f. 252.
[cdxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 53-53v.
[cdxx] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 418-419.
[cdxxi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 509.
[cdxxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 194v.
[cdxxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 247v-248.
[cdxxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 57v-58v.
[cdxxv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 31-31v.
[cdxxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 19v.
[cdxxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 254-254v.
[cdxxviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 432-432v.
[cdxxix] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 113-113v.
[cdxxx] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 24.
[cdxxxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 248-243.
[cdxxxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 151-152.
[cdxxxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 158v.
[cdxxxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 198v.
[cdxxxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 212-212v.
[cdxxxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 445-445v.
[cdxxxvii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 237.
[cdxxxviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 239.
[cdxxxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 109v-110.
[cdxl] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 472.
[cdxli] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 71v-72.
[cdxlii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 144v-145.
[cdxliii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 81v-81v.
[cdxliv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 479.
[cdxlv] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 8.
[cdxlvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 76-77.
[cdxlvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 178-178v.
[cdxlviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 92-92v.
[cdxlix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 128v-129.
[cdl] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 495-496.
[cdli] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 153-153v.
[cdlii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 226v.
[cdliii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 226v-227.
[cdliv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 284v-285, ff. 562-562v; busta 9, ff. 70-70v.
[cdlv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 332v.
[cdlvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 242v-243.
[cdlvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 217v.
[cdlviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 103-103v.
[cdlix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 163v-164.
[cdlx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 225v-226.
[cdlxi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 92-92v.
[cdlxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 495-496.
[cdlxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 89-89v.
[cdlxiv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 374-374v.
[cdlxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 553v-554.
[cdlxvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, parte prima, f. 2.
[cdlxvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 375v-376.
[cdlxviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 429-429v.
[cdlxix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 473v-475.
[cdlxx] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 247 e ff. 285-285v.
[cdlxxi] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 111.
[cdlxxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 163-163v.
[cdlxxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 30.
[cdlxxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 156v.
[cdlxxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 255v.
[cdlxxvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 267-268.
[cdlxxvii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 148v-150v.
[cdlxxviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 89v-90.
[cdlxxix] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 391-392.
[cdlxxx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 220-220v.
[cdlxxxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 114-114v.
[cdlxxxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 511v-514.
[cdlxxxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 554v-555.
[cdlxxxiv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 5v e sgg.
[cdlxxxv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 504.
[cdlxxxvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 449.
[cdlxxxvii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 355-355v
[cdlxxxviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 386.
[cdlxxxix]ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 393 e f. 395v.
[cdxc] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 229.
[cdxci] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 22-22v.
[cdxcii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 210-210v.
[cdxciii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 361v-363.
[cdxciv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 34v-35.
[cdxcv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 28.
[cdxcvi] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 154-154v.
[cdxcvii] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 193.
[cdxcviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 188v-189.
[cdxcix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 22-22v.
[d] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 27-27v; ff. 151-152.
[di] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 31-31v.
[dii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 3v.
[diii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 59v-60.
[div] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 114.
[dv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 120-120v.
[dvi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 172.
[dvii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 242v-243.
[dviii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 475-475v.
[dix] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 494v.
[dx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 174-174v.
[dxi] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 165-165v.
[dxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 229v-230.
[dxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 311v-312.
[dxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 171.
[dxv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 194.
[dxvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 132-134v.
[dxvii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 128-128v.
[dxviii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 332.
[dxix] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, f. 320.
[dxx] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 191-192.
[dxxi] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, f. 312.
[dxxii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 247v-248.
[dxxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 66v.
[dxxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 431v-433.
[dxxv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 80.
[dxxvi] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, f. 189.
[dxxvii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 36, ff. 251v-252.
[dxxviii] Pugliese G. F., Descrizione ed Istorica Narrazione dell’Origine, e Vicende Politico-Economiche di Cirò, Napoli 1849, pp. 32-34.
[dxxix] ASCZ, Notaio Cadea C., busta 6, ff. 128-128v.
[dxxx] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, f. 267.
[dxxxi] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 429v-431.
[dxxxii] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 316.
[dxxxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 431v-433.
[dxxxiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 88-89.
Creato il 1 Giugno 2015. Ultima modifica: 23 Settembre 2024.