La famiglia dei Pelusio di Crotone
La cappella in cattedrale
Già al tempo di Fabio Pelusio, la famiglia Pelusio possedeva una cappella in cattedrale sotto il titolo della Natività D.N.I.C. Questa era situata nella nuova navata della cattedrale, ed era “eretta nel muro dalla parte sinistra”, vicino alla cappella dei Nola Molise. La cappella sarà dotata da Isabella Prati, vedova di Fabio, con un legato di ducati 400, e sarà al centro di una quarantennale lite per il pagamento del censo al suo rettore da parte degli eredi di Fabio Pelusio. La lite cessò solamente nell’ottobre 1646, quando si raggiunse un accordo tra le parti con il pagamento di un annuo censo di ducati 16 da parte dei Pelusio al cappellano Annibale Sillano.[i]
Nel frattempo, si erano succeduti come cappellani Gio. Paolo Pelusio (1606) e Gio. Andrea Gatto (1613). In seguito, dopo Annibale Sillano seguì Gennaro Pelusio. Alla fine del Seicento il beneficio della famiglia Pelusio sotto il titolo della Natività, con altare e cappella in cattedrale, era retto dall’arciprete Gennaro Pelusio, ed era gravato da un onere di cinque messe alla settimana ed una al mese.[ii] Tra i beni di cui godeva il beneficio, oltre ai terreni costituiti dalla metà del “Mortilletto” e dalla terza parte della gabella “Madamma Paula”, vi erano due botteghe in piazza e tre censi, tra i quali uno “sopra la casa d’Antonio Stefani nella Parrocchia del SS.mo Salvatore, confine la casa d’Ant.o Piluso annui car(li)ni ventiquattro per capitale di doc.ti trenta pervenuti dalla vendita d’una casa del sud.o beneficio al d.o Antonio Peluso.”[iii]
In seguito, divenne rettore D. Paolo Bruno. Allora il beneficio non poteva più contare sull’entrata derivante da due botteghe situate nella Piazza Lorda, una confinante con quella di proprietà del primiceriato e l’altra del macello, perché erano state usurpate da D. Ferdinado Pelusio.[iv]
Nel Cinquecento
All’inizio del Cinquecento troviamo a Crotone Cola Piluso, nobile e proprietario di terre, dedito al commercio del grano, come risulta dall’“Introito de pecunia R.ia”, al tempo della costruzione delle fortificazioni di Crotone: “Adi 7 Setteb.s 1541 Pone haver receputo da cola piluso de Cotrone docati trenta et tari quat.o per lo pretio de boi quat.o vechi et invalidi dela R.ia Corte li q.li non possiano servir.”[v] L’anno dopo Cola Piluso compare in un pagamento della Regia Fabrica: “III 7bris 1542. Ad cola piluso de Cotroni per jorni tre se have vacato per sollecitar ad quelli che haveano de portar lo legname delo castello 0 – 3 – .”[vi] Da altri documenti ricaviamo la presenza di Jano Pelusio, di Sancto Pelusio,[vii] di D.no Jo.e Andrea Pelusio U.I.D.,[viii] di Fran.co Pelusio,[ix] e di D.no Fabio Pelusio.[x]
Giano Pelusio
“Iano Pelusio Crotoniata” fu eccellente e dottissimo poeta, come lo descrive Giovanbattista di Nola Molise nella sua opera, dove riporta dei versi in latino, che esaltano la bellezza del paesaggio crotonese. Nato nel 1520 da Nicolò ed Angela Messala, secondo l’Accattatis fu “affidato” al celebre umanista Giano Cesario di Cosenza e poi alla “disciplina di Francesco Vitale”. Avviato alla carriera ecclesiastica, visse in Napoli. Tra le sue prime opere ricordiamo “De futuro et proximo Judicio Codicillus”, impressa in Napoli per Mattia Cancer nel 1560, e l’endecasillabo in latino “Ad Illustriss. & Reverendiss. D. Antonium Sebastianum Minturnum Crotoniatarum Antistitem de laudibus Crotonis. Ianus Pilusius Crotoniata Salutem”, dedicato al nuovo vescovo di Crotone Antonio Sebastiano Minturno (1564-1570), nel quale tesse le lodi della città famosa nella Magna Grecia per la bellezza e floridezza del suo paesaggio e per i suoi uomini illustri. Seguono le due opere stampate sempre in Napoli “apud Io. De Boy” nel 1567: “Iani Pelusii Crotoniatae – Ad Proceres Christianos cohortatio. Neapoli 1567”, e “Iani Pelusii Crotoniatae – Lusuum libri quatuor. Neapoli 1567”.
Tra il maggio 1570 e gennaio 1571 è a S. Pietro In Galatina presso l’arciprete di Soleto, Francesco Salentino, che lo avvia allo studio del greco. Tra il 1579 ed il 1592 risiedette alla corte dei Farnesi, duchi di Parma e di Piacenza, dove fu precettore di Ranuccio ed Odoardo Farnese. Risalgono a questo periodo la maggior parte delle sue opere, edite in Parma “apud Erasmum Viothum” ed in Piacenza “typis Ioannis Bazachij”. Ricordiamo: “In funere illustris.mi Fabii Farnesii. Iani Pelusii Crotoniatae oratio. Parmae 1579”, “Iani Pelusii Crotoniatae – Oratio habita in nuptiis illustrissimi comitis Renati Borromaei & illustrissimae Hersiliae Farnesiae – Parmae 1579”, “Iani Pelusii Crotoniatae – Pro militibus adversus iurisconsultos, ad Proceres oratio. Parmae 1580”, “Iani Pelusii Crotoniatae – Poematum. Libri duo. Parmae 1581”, “Iani Pelusii Crotoniatae – In Placentiae laudem ad Placentinos oratio – Parmae 1581”, “Serenissimorum principum Vincentii Gonzagae & Margaritae Farnesiae epithalamion Iano Pelusio authore. Placentiae 1581”, “Iani Pelusii Crotoniatae – De dubiis epistola facetissima – Placentiae 1582”, “Iani Pelusii Crotoniatae – Epistola apologetica, & criminatoria Parmae 1583”, “De concessione arcis Placentiae. Iani Pelusii Crotoniatae Gratulatio. Placentiae 1585”, “Caroli Borrhomei illustriss. et optimi Cardinalis S. Praxedis Mediolanensisq. Archiepiscopi Edicedion. Iano Pelusio Crotoniata authore. Placentiae 1585”, “Alexandri Pallavicini curiae maikoris, Buxeti, et Fidentiae illustrissimi marchionis, et Laviniae Farnesiae Virginis … epithalamiae. Iano Pelusio Crotoniata authore, Placentiae 1585”, “Caroli Emanuelis serenissimi Sabaudiae ducis, Subalpinorumque principis, & augustiss. Catherinae Austriacae Philippi …. Hispaniarum regis filiae Epithalanion. Iano Pelusio Crotoniata authore – Placentiae 1585”, “Ad Marium Farnesium virum illustrissimum. Iani Pelusii Crotoniatae Naeniae. Parmae 1591”, “Serenissimo Odoardo Farnesio in sacrosanctum Senatum card. Allecto Iani Pelusii Crotoniatae Gratulatio, Parmae 1591”, “Ad Paulum Camillum Sfondratum S.R.E. Card. Amplissimum. Iani Pelusii Crotoniatae Aphtoschediasmata – Parmae 1591”, “Tryphiodori Aegyptii grammatici, & poetae, Ilij excidium. Iano Pelusio Crotoniata interprete. Parmae 1592”, “Iani Pelusii Crotoniatae – Odarum libri duo – Parmae 1592” “Iani Pelusii Crotoniatae – Hymnorum libri duo ad Clementem 8. Pontificem opt. Max. – Parmae 1592”, “Coluthi Tebaei Helenae raptus. Iano Pelusio Crotoniata interprete, Parmae 1592”.
Quindi si trasferì a Roma dove compose l’opera “Ad Clementem octavum pont. Opt. Max. Iani Pelusii Crotoniatae Naeniarum liber primus, ex typographia Gabiana Romae 1593”. Morì in Roma ad ottanta anni il 10 febbraio 1600, e fu sepolto nel vestibolo laterale della chiesa di S. Eustachio “ove in piè del suo mezzo busto in marmo, oltre dello stemma gentilizio” si legge la seguente iscrizione: “D.O.M./ Hic Jacto Invitus Janus Pelusius Urbsque/ Magna Croto Magnae Graeciae Habere/ Dedit/ Dixi Dum Vixi Semper Bene Plurima Scripsi/ Quae Marcus Cicero Virgiliusque Probant/ Nunc Parvum Hoc Saxum Tibi Supplicat/ Hospes Ut Ores/ Verbigena Christi Pro Requiete Mea/ Vixit Annos Octuaginta/ Obiit Quarto Idus Februarii M.D.C.”
Giano fu insigne umanista, letterato e poeta. Fu amico di Bernardino Rota, di Giovanni Battista Accursio. Tenne rapporti epistolari e letterari con Bernardino Telesio, Giovanni Grasso, Francesco Vitale, ecc. Protetto dal cardinale Guglielmo Sirleto, col quale ebbe una nutrita corrispondenza ed al quale inviò le sue composizioni fin dal 1567. Infatti, una nutrita corrispondenza tra Bernardino Telesio e Giano Pelusio si trova nel carteggio del cardinale Sirleto.
Alcuni manoscritti sono conservati presso la Biblioteca Vaticana: Nel Vat. Lat. 5514, ai ff. 6-7, c’è l’ode “Ad Marianum Perbenedictum Reverendum Episcopum Marturanensem et Almae Urbis perillustrem et integerrimum Praetorem. Inc. Episcope integerrime, ornatissime”. Nel Vat. Lat. 5515 vi sono le seguenti opere: “Carmina in obelisci Vaticani translatione” (comprende dei versi latini dedicati alla traslazione dell’obelisco vaticano, eseguita nel 1586 per volontà di Sisto V. I versi sono indirizzati ad “Alexandro Peretto S.R.E./ Cardinali Amplissimo/ Ianus Pelusius Crotoniata / S.P.D.”); “Carmina quibus fere omnia commemorat quae Sixtus V, initio sui pontificatus ad hanc usque diem fecit” e “Carmina varia”. Nel Barber. Lat. 1801, vi è una raccolta autografa dei suoi carmi. Nei cod. Vat. Lat. 6184, 6790, e 6946 vi è una corrispondenza epistolare col Sirleto. Sono ricordate altre sue poesie: “Perioche” (premessa all’opera di Berardino Mandelli di Taverna) “Ad mortales”, “Poematum” (Endecasillabo tra gli elogi preliminari al vol. VI di Antonio Sebastiano Minturno, impresso in Venezia 1564).[xi]
Gio. Andrea Pelusio
Gio. Andrea Pelusio U.J.D. si unì con Lucretia Prato. Tra i figli sono ricordati Gio. Geronimo e Laura. Fu procuratore del monastero di Santa Chiara ed eletto dei nobili.[xii] Morì nell’ottobre 1603.[xiii] L’anno precedente era morta una figlia.[xiv] Il 27 giugno 1610 Lucretia Prato, vedova di Jo.e Andrea Pelusio, con il figlio il clerico Jo.e Hieronimo, procede alla dotazione della figlia Laura Pelusio che va sposa a Josepho Maria Sillano. La dote promessa è di 1300 ducati, dei quali ducati 300 in beni stabili e ducati 1000 in contanti.[xv]
Fabio Pelusio
Da una lettera scritta da Parma il primo novembre 1582 da Giano Pelusio a Fabio Pelusio, sappiamo che quest’ultimo era suo nipote, cioè figlio di un suo fratello. Fabio Pelusio abitava in parrocchia di San Pietro, vicino alla casa di Santo Pelusio. Il 17 settembre 1584, per atto del notaio Paolo Gatto di Crotone, il crotonese Nando Capucchiano vendeva per ducati 17 e mezzo a Fabio Pelusio, una casa situata dentro l’abitato della città, e propriamente in parrocchia di S. Pietro. La casa acquistata dal detto Fabio confinava con le case di Santo Pelusio e la via pubblica. La casa era gravata da un annuo censo di carlini 31 dovuti al monastero di Gesù e Maria dell’ordine dei Paolotti.[xvi]
Proprietario di terre e mercante di grano, anche Fabio avviò il figlio Gio. Paolo alla carriera ecclesiastica. Il 10 agosto 1594 Fabio Pelusio afferma di possedere dentro l’“horreo” detto di Spataro, situato fuori le mura della città, salme 42 di frumento a ragione di tomoli 6 per ogni salma. Parte di tale frumento gli è pervenuta dai suoi seminati e parte dall’affitto delle sue gabelle. Poiché il figlio, il clerico Gio. Paolo Pelusio, intende recarsi a Napoli per studiare, e quindi ha bisogno di comprare i libri, vivere, imparare e condurre la vita in modo onorevole, ha deciso di donargli il frumento.[xvii]
Nel 1596 Fabio acquistò per 1400 ducati da Innocenzo de Adamo il feudo detto “la Cersa seu Giordano”. Fabio Pelusio si unì con Isabella Prato. Tra i figli sono ricordati il decano U.J.D. Gio. Paolo, Gio. Pietro, Mutio, Feliciana, Vittoria e Ferrante. Fabio Pelusio morì il 15 settembre 1605.[xviii] La vedova Isabella Prato per sua devozione, con atto del notaio Gio. Galatio aumentò la dotazione della cappella della Natività di iuspatronato dei Pelusio con altri 400 ducati.[xix]
Gio. Paolo figlio di Fabio Pelusio
Il R.do Jo.e Paulo Pelusio[xx] fu dapprima cappellano dell’altare della Natività della famiglia Pelusio, poi nel maggio 1606 ricoprì la carica di decano della cattedrale di Crotone.[xxi] In seguito fu privato temporaneamente della carica che, nel settembre 1614, fu concessa a Gio. Francesco Pipino.[xxii] Il decano Gio. Paolo Pelusio UJD eserciterà dal 1638 la carica di vicario generale del vescovo fra Giovanni Pastor.[xxiii] Nel 1646 è tutore di Hipolita, Francesco Antonio e Giuseppe, figli ed eredi del fratello Ferrante, morto l’anno precedente.[xxiv]
Feliciana figlia di Fabio Pelusio
Feliciana Pelusio sposò Pompilio Berlingieri, figlio di Lucretia Ormazza, ottenendo dalla madre Isabella e dai fratelli, il decano Gio. Paolo e Gio. Pietro, una dote di ducati 2000, dei quali 1000 in moneta contante. Con parte di questo denaro il 25 ottobre 1614 i due coniugi acquistarono da Lucrezia Ormazza la metà delle sue case, situate in parrocchia del SS.mo Salvatore, una vigna in località Piano del Conte con più e diversi alberi fruttiferi, con torre, pozzo, case e giardino ed un vignale.[xxv]
Dal matrimonio nacque Geronimo. Il 22 marzo 1627 Hieronimo Berlingeri, figlio ed erede di Pompilio Berlingeri e di Feliciana Pelusia, dichiara di possedere una casa palaziata “in par. SS.mo Salvatore jux.a le case che furno del q. Gio. Andrea Ormazza”.[xxvi] Rimasta vedova, il 28 febbraio1630 Feliciana Pelusio contrasse matrimonio con Geronimo Michele di Strongoli. Tra i beni dotali concessi dal fratello Ferrante, vi era un giardino e una continenza di case “in par. SS. Salvatore, jux.a le case di Lauretia Ormazza”, già concesse al tempo della dote con Pompilio Berlingeri.[xxvii]
Feliciana morì nel 1652, ereditano il R.do Gio. Paolo, il clerico Francesco Antonio e Josepho. Il 15 luglio 1652 il capitano della città D. Francesco del Castillo, su istanza degli eredi, fece emanare un bando per avvisare coloro che potevano vantare diritti sui beni lasciati da Feliciana Pelusio, invitandoli a recarsi presso l’abitazione dei Pelusio, situata in parrocchia di S. Pietro, vicino alla casa di Horatio Antinori. Tra i beni lasciati da Feliciana vi era una casa palaziata in parrocchia del SS.mo Salvatore “con cortile e scala di pietra et gisterna dentro consistente in quattro membri”.[xxviii]
Vittoria figlia di Fabio Pelusio
Vittoria Pelusio sposò dapprima Gio. Battista Barricellis. Rimasta vedova, si risposò con Gio. Francesco Berlingeri. Dal primo matrimonio nacquero Clarice ed Ippolita Barricellis; quest’ultima si unì con Scipione Catizone.[xxix]
Pietro figlio di Fabio Pelusio
Alla morte di Fabio il feudo passò al primogenito Pietro, il quale si unì con Portia Foresta. Le pestilenze dei primi anni del Seicento decimarono la sua famiglia: “Adi 22 maggio 1608 morse lo figlio del Sig. Pietro Pelusio et si sepelli al vescovato et pago”, “Adi 21 de giugno 1613 morsi lo figlio del sig.r Pietro Pilusio et si sepelli all vescovato et pago”, “Adi 15 di 8bre 1613 morsi filice zitella del sig.r Pietro Pelusio et si sepellio all vescovato gratis”.[xxx]
Tra i figli sopravvisse Isabella. Pietro, come anche il padre, si dedicò al commercio del grano che immagazzinò nel suo magazzino.[xxxi] Rimasto presto vedovo, lo troviamo già nel 1622 in abito talare. Il 15 novembre 1629 il reverendo Don Pietro Pelusio, promette alla figlia Isabella che sposa Manilio Vezza, figlio di Giuseppe e di Faustina Suriano, ducati 2000 di dote così composti: ducati 480 sopra il feudo La Cersa, ed altre proprietà che possiede il fratello Ferrante, un annuo censo di ducati 35 per capitale di ducati 700 sopra il territorio La Ferrara, una continenza di case in parrocchia di Santa Vennera per il valore di ducati 400, che fu portata in dote dalla q.m Portia Foresta ed il rimanente in beni mobili.[xxxii]
Il 5 dicembre 1643 il sacerdote Pietro Pelusio si accorda col canonico Gio. Battista Suriano e con Faustina Suriano, vedova di Giuseppe Vezza, per una questione di dote dopo la morte dei coniugi Manilio Vezza ed Isabella Pelusio.[xxxiii] Nel maggio 1636 Gio. Pietro era stato nominato parroco della chiesa di Santa Venera di Crotone;[xxxiv] carica che egli manterrà fino alla morte, avvenuta nel marzo 1659.[xxxv] Seguirà nel maggio dello stesso anno il nuovo parroco Dionisio Thesoriero.[xxxvi]
Ferdinando o Ferrante figlio di Fabio Pelusio
Nel frattempo, il feudo della Cersa da Pietro era passato nel 1606 al fratello e mercante di grano Mutio, ed alla morte di Mutio, avvenuta il 7 dicembre 1619, all’altro fratello Ferrante o Ferdinando, che lo tenne fino alla morte avvenuta l’undici gennaio 1645, quando passò al figlio Giuseppe.
Il 9 gennaio 1614 con atto del notaio Paolo Gatto di Crotone, era avvenuta la divisione dei beni ereditari lasciati dal padre Fabio tra il Rev.do D. Gio. Paolo Pelusio U.J.D., decano di quella cattedrale, ed il fratello, il chierico Ferdinando, o Ferrante, Pelusio. Ferrante Pelusio primicerio[xxxvii] sposò nel 1627 Livia Vezza, figlia di Tiberia Susanna, che gli portò in dote 1500 ducati. Figli ed eredi di Ferrante Pelusio furono Hipolita, il clerico Francesco Antonio e Josepho.[xxxviii]
Giuseppe Pelusio figlio di Ferrante
Alla morte del padre, avvenuta nel 1645, successe nel feudo La Cersa. Il 14 giugno 1664 il chierico Josepho Peluso vendeva per ducati 400 la gabella Santa Domenica al chierico Josepho Gerace.[xxxix] Sempre in quell’anno donava il feudo al figlio Fabio Ferrante. Il feudo è descritto confinante con le “terre dette Vizza et Barricellis dell’heredi del q.m Gio Petro Suriano”. L’anno dopo moriva.[xl]
Francesco Antonio, o Antonio, Pelusio figlio di Ferrante
Il 28 dicembre 1653 il papa Innocenzo X concesse al chierico Francesco Antonio Pelusio “causa studii”, una rendita annuale di 38 ducati “d’oro in oro di camera” di pensione, sopra il decanato di Crotone, che era amministrato dal decano Gio. Paolo Pelusio. Dopo la morte di Innocenzo X anche il nuovo papa Alessandro VII rinnovò a Francesco Antonio Pelusio, che dimorava a Napoli, la pensione.[xli] Fu procuratore del S.r Ottavio de Nobile di Catanzaro.[xlii] Abitava in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo e possedeva il territorio detto “il Puzzo del furno”.[xliii] Il 23 novembre 1715 il chierico Antonio Pelusio faceva testamento per mano del notaio Pelio Tiriolo. “Jure legati” egli lasciò al monastero di S. Francesco di Paola un magazzino grande sotto la finestra di Donna Berenice, da donarsi solo dopo la morte di Ferrante Pelusio. Francesco Antonio sposò Lucrezia seu Checa Montalcini, figlia di Lelio e di Victoria Aragona.
Fabio Ferrante detto Ferdinando figlio di Giuseppe Pelusio
Fu eletto dei nobili.[xliv] Ebbe il feudo La Cersa dal padre Giuseppe ed ereditò anche i beni di Antonio Pelusio, tra i quali il palazzo situato in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo,[xlv] ed i territori Puzzo del Forno[xlvi] e Zigari.[xlvii] Usurpò due botteghe, situate in piazza Lorda, che appartenevano al beneficio della Natività.[xlviii] Fu sindaco dei Nobili nel 1718 ed eletto dei nobili nel 1722.
Nel 1722 Ferdinando Pelusio cedeva a Gregorio Montalcini il feudo La Cersa. Così è descritta la donazione dal Montalcini: “Il S.r Ferdinando Peluso suo zio mosso d’affettuosa simpatia verso la sua persona, e de figli nascituri da detto S.r cos.to have deliberato donarli gratiosamente un feudo rustico, che detto D. Ferdinando tiene in Capite ex Regia Curia”. La donazione è anche giustificata dal fatto che Ferdinando non ha legittimi successori, e che il Montalcini ha fornito al Peluso molto denaro per oltre 1700 ducati a causa delle molte liti, che Ferdinando ha dovuto sostenere contro diverse persone in Crotone, Catanzaro e Napoli. Il feudo è descritto confinante con le terre dette Fico, Vezza e l’Olmo.[xlix]
L’anno dopo Ferdinando, che abitava nel suo palazzo in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, confinante con le case del chierico Giovanni Troncè, dichiarava che, il 16 gennaio 1723, “ebbe un’incontro col sig. D. Fabritio Suriano per la qual cosa furono ambedui posti in arresto nel regio castello”.[l] Gregorio Montalcini ereditò anche il palazzo in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo di Ferdinando Pelusio.[li]
Francesco Pelusio
Nel “Libro de’ Morti” troviamo: “Adi 28 di 8bre 1607 morse Ottavio de Squillace molinaro de Cl. Cicco Pelusio et si sepelli al vescovato gratis”, “Adi 2 de 8bre 1610 morsi lo figlio di Fran.co Pelusio et si sepellio al vescovato gratis”, “Adi 9 di 8bre 1614 morsi la figlia di Fran.co Pilusio et si sepellio al vescovato et pago”. Tra i figli sono ricordati Gio. Francesco e Beatrice, clarissa nel monastero di Santa Chiara.
Gio. Francesco figlio di Francesco Pelusio
Gio. Francesco Pelusio si unì in matrimonio con Laura Maria Gerardino, figlia di Agostino Gerardino e Orania Lucifero, i quali promisero in dote alla figlia ducati 1000, come da istrumento dei capitoli matrimoniali stipulato in Catanzaro, il giorno 8 aprile 1619, per mano del notaio Agostino Mangone. Gio. Francesco fu eletto dei nobili,[lii] chierico e confrate della confraternita del Rosario.[liii] Possedeva un giardino con torre, pozzo e casa terrana discoperta, con scala di pietra, in località Maccoditi, comprato all’asta pubblica per ducati 266 nel luglio 1611.[liv] Abitava in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo.[lv]
Tra i figli sono ricordati Gennaro, Isidoro, Dionisio, Clarice, Lucretia ed Auria Pelusio. Morti i genitori, il 16 marzo 1664, per atto del notaio Giuseppe Lauretta, i fratelli e canonici Gennaro ed Isidoro, ed il clerico Dionisio Pelusio, si divisero l’eredità del valore di circa 1800 ducati, costituita dalle due gabelle “Lo Furno” e “Ferrara”, dal vignale “Falco” e dal capitale di ducati 100 infisso sulla casa di Alessandro Albani. Tra le condizioni vi era che il canonico Gennaro, rettore del semplice beneficio della Natività D.ni, di iuspatronato della famiglia Pelusio,[lvi] dovesse provvedere ad alimentare e monacare le due sorelle Auria e Clarice, e a versare annualmente carlini 15 alla loro comune zia Beatrice, clarissa nel monastero di Santa Chiara (1623-1675).[lvii]
Lucrezia ed Auria entrarono nel monastero di Santa Chiara, mentre Gennaro e Isidoro seguirono la carriera ecclesiastica. Clarice si unì con D. Antonio Villegas. I capitoli furono stipulati il 7 giugno 1670, per mano del notaio Tomaso Salviati. La dote promessa dai due fratelli Isidoro e Gennaro fu stabilita in ducati duemila e duecento. Morta Clarice senza figli,[lviii] gran parte della dote costituita da terreni ritornò ai fratelli.
Dionisio figlio di Gio. Francesco Pelusio
È del 4 giugno 1667 un istrumento di vendita stipulato per mano del notaio Nicola Maria Varano di Cotrone, col quale il cappellano della cappella di Santa Maria del Capo delle Colonne, ed il Reverendo D. Carlo Bonelli, parroco della chiesa del SS.mo Salvatore, vendevano al Reverendo D. Dionisio Pelusio, due camere situate in parrocchia del SS.mo Salvatore, confinanti con le case di Giovanni Catalano, per il prezzo di ducati 100. Non avendo il Pelusio denaro contante, si obbligò a pagare un annuo censo bollare di otto ducati. Nel 1680 Dionisio fu fatto schiavo dai Turchi e rimase in schiavitù per tre anni. Fu liberato dai fratelli Gennaro e Isidoro, che versarono un riscatto di 400 ducati. Per sdebitarsi, Dionisio istituì erede il fratello Isidoro, come da testamento stipulato il 28 luglio 1673, lasciandogli la gabella detta il Pozzo del Forno.[lix]
Gennaro figlio di Gio. Francesco Pelusio
Gennaro Pelusio, figlio di Gio. Francesco Pelusio e Laura Gerardina, fu erede del fratello Dionisio e delle sorelle Lucretia ed Auria Pelusio, clarisse nel monastero di Santa Chiara di Crotone.
Gennaro fu arciprete e penitenziere; fu anche rettore del beneficio di famiglia, procuratore della arciconfraternita del SS.mo Sacramento,[lx] procuratore del monastero di Santa Chiara, ed esecutore testamentario della sorella Lucretia Pelusio,[lxi] e del fratello Isidoro Pelusio.[lxii] Arciprete della cattedrale, abitava in parrocchia di Santa Margarita, confine “le case del q.m Gio. Pietro Gerace, via pubblica mediante”.[lxiii]
Il 21 Febbraio 1697, con atto del notaio Leonardo Avarelli di Cotrone, l’arciprete Gennaro ed il canonico Isidoro Pelusio, in adempimento della disposizione testamentaria della clarissa Auria Pelusio, che aveva lasciato al monastero di Santa Chiara 150 ducati, cioè ducati 50 per la “fabrica” e ducati 100 da applicarsi per la celebrazione di una messa perpetua la settimana, si impegnarono per i ducati 100, a pagare un annuo censo bollare di ducati 7, sopra tutti i loro beni e principalmente sopra 6 salmate di terra.[lxiv]
Il 10 luglio 1706 il notaio Silvestro Cirrelli di Crotone si recò nelle case dove abitava Gennaro Pelusio, arciprete della cattedrale, situate in parrocchia di Santa Margarita, e confinanti con le case del fu Gio. Pietro Gerace, via pubblica mediante. Il Pelusio “in età avanzata, et aggravato di molti acciacchi corporali”, dettò il suo testamento, nominando sua erede universale e particolare sopra tutti i suoi beni Lucrezia Rasca, “figliola vergine di q.a Città, praeter ad infrascripta, e questo tanto per li servitii che ha di continuo prestato et presta con ogni attentione ad esso testatore nelle sue indispositioni, quanto per carità et Amore di Dio, e per l’anima sua e perché così l’è piaciva per ogni miglior via”.
Lasciò al monastero di Santa Chiara un capitale di ducati 400 e per essi annui ducati 24 sopra i beni ereditari dei furono Stefano e Domenico de Labrutis, col peso per detto monastero di far celebrare tre messe alla settimana per l’anima del testatore, del fratello Isidoro e della madre. Lasciò a Domenico Cizza la casa comprata dal fratello, il fu Isidoro, in parrocchia di Santa Margarita, confine la casa di Marco Antonio Mannarino. Lasciò ai Sig.ri Dottor Antonio e D. Ferrante Pelusio il jus di presentare il rettore nel semplice beneficio della famiglia Pelusio sotto il titolo della Natività del Signore dentro la cattedrale con altare e cappella, del quale era rettore il testatore, e lo “jus sepellendi” in detto altare. Lasciò ad Antonia Puglise ducati 25. Dichiarò, inoltre, di aver avuto dai suoi genitori solamente salmate 36 di terre: salmate 4 di terre dette il Pozzo del Forno, salmate 15 di terre detto Lo Furno, due salmate e mezzo di terre dette il Vignale di Falco e salmate 14 di terre dette La Ferrara e ducati 100 di capitale sopra i beni del fu Alessandro Albani.[lxv]
Isidoro figlio di Gio. Francesco Pelusio
Isidoro ricoprì dapprima la carica di decano e poi dall’agosto 1698, all’età di 60 anni, quella di tesoriere della cattedrale. Era stato rettore del seminario e anche procuratore,[lxvi] nonché confessore ordinario, cappellano e “claviculario”, del monastero di Santa Chiara.[lxvii] (47945, 1699, 129v).
Note
[i] Russo F., Regesto, VII, 35074.
[ii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 29.
[iii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, ff. 104v-105.
[iv] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 37.
[v] ASN, Dip. Sommaria, Fs. 196/6.
[vi] ASN, Dip. Sommaria, Fs. 196/4, f. 129.
[vii] Il 26 dicembre 1569 muore “lo figlo de Sancto Piluso”. AVC, Libro dei Morti.
[viii] ASCZ, Busta 49, anno 1594, f. 4.
[ix] ASCZ, Busta 49, anno 1594, f. 83.
[x] AVC, Notaio J. Galatio, Cotrone, Fs. 1602.
[xi] Accattatis L., Biografie, II, p. 55. Russo F, Spigolature Vaticane. Piromalli A., La letteratura, p. 108.
[xii] AVC, Notaio J. Galatio, Cotrone, Fs. 1602.
[xiii] “Adi 11 del mesi di 8bre 1603 morsi lo sig.re Gio. Andrea Pelusio et si sepellio all vescovato et pago.” AVC, Libro dei Morti.
[xiv] “Adi 27 januario 1602 morsi la figlia del S.re Gio. Andrea Piluso et si sepelli al vescovato.” AVC, Libro dei Morti.
[xv] ASCZ, Busta 49, anno 1610, ff. 56-58.
[xvi] ASCZ, Cassa Sacra, Atti Vari, Busta 383/16 ff. 10v-11.
[xvii] ASCZ, Busta 49, anno 1594, f. 216.
[xviii] “Adi 15 di 7bro 1605 morsi lo sig.re fabio pelusio et si sepellio allo vescovato et pago.” AVC, Libro dei Morti.
[xix] ASCZ, Busta 119, anno 1646, f. 60.
[xx] ASCZ, Busta 49, anno 1594, f. 21.
[xxi] Russo F., Regesto, V, 26266. ASCZ, Busta 119, anno 1637, f. 75.
[xxii] Russo F., Regesto, V, 27443.
[xxiii] ASCZ, Busta 119, anno 1638, ff. 37-38.
[xxiv] ASCZ, Busta 119, anno 1646, ff. 60-61.
[xxv] ASCZ, Busta 108, anno 1614, ff. 183-184.
[xxvi] ASCZ, Busta 118, anno 1627, f. 20.
[xxvii] ASCZ, Busta 118, anno 1630, f. 38v.
[xxviii] ASCZ, Busta 108, anno 1652, f. 43.
[xxix] ASCZ, Busta 119, anno 1647, f. 13.
[xxx] AVC, Libro dei Morti.
[xxxi] ASCZ, Busta 118, anno 1630, f. 49.
[xxxii] ASCZ, Busta 118, anno 1629, ff. 82-85.
[xxxiii] ASCZ, Busta 119, anno 1643, ff. 58v-59.
[xxxiv] Russo F., Regesto VI, 32138, 32533.
[xxxv] “Adi 19 di marzo 1659 morsi D. Pietro Pelusio et si sepelli nella cattedrale gratis.” AVC, Libro dei Morti.
[xxxvi] Russo F., Regesto, VII, 38674.
[xxxvii] ASCZ, Busta 117, anno 1623, f. 51.
[xxxviii] ASCZ, Busta 119, anno 1646, f. 60.
[xxxix] ASCZ, Busta 311, anno 1664, ff. 74v-75.
[xl] “Adi 24 di Xbre 1665 passò da questa a miglior vita il Sig.r Gioseppe Pelusio et si sepelli nella cattedrale gratis.” AVC, Libro dei Morti.
[xli] Aprile 1655. “Pro Franc. Antonio Pelusio, clerico Cotronen. Annua pensione sui frutti del decanato di Crotone.” Russo F., Regersto, VII, 37472.
[xlii] ASCZ, Busta 334, anno 1678, f. 198.
[xliii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 118v.
[xliv] ASCZ, Busta 334, anno 1679, f. 24.
[xlv] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 55.
[xlvi] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 63.
[xlvii] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 92.
[xlviii] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 37.
[xlix] ASCZ, Busta 661, anno 1722, f. 64.
[l] ASCZ, Busta 661, anno 1723, f. 35.
[li] AVC, Platea Capitolo 1730, f. 11.
[lii] ASCZ, Busta 117, anno 1623, f. 107.
[liii] ASCZ, Busta 229, anno 1651.
[liv] ASCZ, Busta 113, anno 1614, ff. 24-25; Busta 229, anno 1661, f. 45.
[lv] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 133.
[lvi] ASCZ, Busta 311, anno 1664, f. 44.
[lvii] ASCZ, Busta 311, anno 1664, ff. 48v-49.
[lviii] “A 22 9bro 1693 mori Clarice Pelusio”. AVC, Libro dei Morti.
[lix] ASCZ, Busta 497, anno 1706, f. 43.
[lx] ASCZ, Busta 227, anno 1657, f. 63.
[lxi] ASCZ, Busta 333, anno 1672, f. 31v.
[lxii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 50.
[lxiii] ASCZ, Busta 497, anno 1706, f. 42.
[lxiv] Legato delle clarisse Piluso Lucrezia e Auria: “Cappellanum nominat Abbatissa pro tempore Venerabilis Monasterii S.ae Clarae Crotonen. fundum habet super omnibus stabilibus Monasterii pradicti. Onera missarum duae pro Hebdomadam, una nempe pro anima Lucretiae, altera Auriae in altaribus ecclesiae praememorati Monasterii.” AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 54v.
[lxv] ASCZ, Busta 497, anno 1706, ff. 42-43.
[lxvi] ASCZ, Busta 333, anno 1672, f. 31v.
[lxvii] Russo F., Regesto, IX, 47945. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 129v.
Creato il 12 Marzo 2015. Ultima modifica: 11 Novembre 2022.