L’ospedale, la congregazione compuntina del Monte dei Morti ed il convento di S. Giovanni di Dio di Crotone
Anche se l’esistenza di un ricovero per pellegrini a Crotone sembra documentata già in età sveva,[i] cominciamo ad avere le prime notizie di un vero e proprio ospedale, evidentemente usato per curare i soldati spagnoli, nella seconda metà del Cinquecento;[ii] mentre uno per curare i poveri è menzionato alla fine di quel secolo.[iii] Sappiamo che quest’ultimo, al tempo del vescovo Thomas de Montibus (1599-1608), era intitolato a San Jacobo e poteva contare su una rendita annua di 70 o 80 ducati, a seconda delle annate. In esso vi risiedeva un sacerdote approvato dal vescovo, per ascoltare le confessioni dei penitenti e per amministrare i sacramenti agli infermi.[iv]
Nel primo anno di vescovato di Carlo Catalano (1610-1622) le entrate dell’ospedale dei poveri ammalati e dei pellegrini erano aumentate a circa 100 ducati.[v] L’ospedale con chiesa,[vi] situato in parrocchia di Santa Margarita, è oggetto di una lite per la sua gestione tra il governo cittadino ed il vescovo. Quest’ultimo, disconoscendo i diritti dell’università, ne rimuove i due procuratori, uno eletto dai nobili e l’altro dal popolo, che avevano il compito di amministrarlo, ed al loro posto nomina come rettore e procuratore dell’ospedale un canonico di sua fiducia. Tuttavia, lo stesso vescovo Carlo Catalano, “aliis causis mentem ipsius Ill.mi D.ni moventibus”, poco dopo, accogliendo un ricorso dei governanti della città, la reintegrava con un decreto emanato il 3 aprile 1620 durante la celebrazione del sinodo.
Fu così confermato il potere dell’università di eleggere i mastri procuratori dell’ospedale; i quali avevano la “potesta d’esigere intrade, redditi e censi di detto hospitale et quelle spendere nel governo de poveri infermi che in esso se retroveranno et che vi staranno et anco fare ogni altra cosa necessaria per beneficio di d.a casa secondo l’antico solito”, e con la raccomandazione che “debbiano attendere alla detta opera di carità con quella diligenza et amorevoleza che da loro si spera, e da noi si confida in nome di detta università”.[vii]
Pochi anni dopo il vescovo Niceforo Melisseno Comneno (1628-1632), in una sua relazione così si esprime: C’è l’ospedale dei poveri infermi e dei pellegrini che ha un’entrata di circa 100 ducati, nella cui chiesa è stata nuovamente eretta su autorizzazione del vescovo, la congregazione chiamata della “compuntione”; in essa ogni venerdì convengono i fratelli per pregare, riunirsi in assemblea, assistere e fare altre opere pie, esercitando cioè quei diritti riconosciuti al momento della fondazione e nelle forme previste dalle loro regole e costituzioni.[viii]
La congregazione compuntina dentro l’ospedale con l’onere del Monte dei Morti sotto il titolo delle Cinquanta Messe, detta anche dei “Pii Operarii”, era amministrata da un rettore, un ministro signifero, un cassiere e due consultori, che restavano in carica circa sei mesi.[ix] Alle elezioni, che si svolgevano con l’intervento di un delegato del vescovo, partecipavano (e potevano essere eletti), sia gli iscritti ecclesiastici che secolari, ed avvenivano una alla sera della vigilia del giorno di San Giovanni Battista, e l’altra alla sera di San Giovanni Evangelista.[x] Al monte potevano iscriversi sia uomini che donne, sia forestieri che abitanti e cittadini. Essi dovevano versare ogni venerdì un tornese (moneta di rame del valore di 6 cavalli o mezzo soldo), acquisendo così il diritto alla celebrazione di 50 messe dopo la loro morte (quelli che si iscrivevano dopo i sessanta anni avevano diritto a 25 messe).
Durante il vescovato di Ioanne Pastor (1638-1662) l’ospedale rimase di iuspatronato dell’università dalla quale continuarono ad essere eletti ogni anno in pubblico parlamento i due procuratori o mastri, che si interessavano ad assicurare la cura ai pellegrini e agli infermi poveri, ed amministravano le rendite provenienti quasi sempre dalle offerte e da legati. Il loro operato era tuttavia soggetto alla verifica e all’assenso del vescovo o di un suo delegato. La chiesa dell’ospedale, sotto il titolo di Santa Maria della Pietà, era ad esso contigua e situata appena dentro la porta principale della città. Un cappellano, approvato dal vescovo, continuava a celebrarvi alla domenica, nei giorni festivi e due o tre volte alla settimana, e vi si riunivano gli uomini pii della congregazione compuntina per esercitare opere di pietà e carità.
Due di essi ogni venerdì, andavano in giro per la città a raccogliere gli oboli che poi parte erano spesi per la celebrazione delle cinquanta messe, che spettavano ad ogni defunto iscritto nel libro del monte, e parte venivano impiegati in prestiti spesso a tassi molto elevati (nove per cento).[xi]
All’inizio del vescovato di Hyeronimo Caraffa (1664-1683), nella chiesa continuavano a riunirsi di solito, una quindicina di fratelli del “Monte dei Morti dell’Operarii pii”, per lo più ecclesiastici, spesso non per esercitare opere pie, ma per discutere questioni economiche;[xii] infatti cresceva di continuo, e si ammassava, il denaro proveniente al monte dalle elemosine raccolte tra i sempre più numerosi iscritti ed esso che, per non rimanere infruttuoso, doveva essere applicato sia in acquisto di beni, sia con più frequenza, in prestiti ad interesse.[xiii]
La situazione rimase così finché il 16 marzo 1665, il “regimento” cittadino stabilì di affidare l’ospedale di Santa Maria della Pietà, con tutte le sue entrate e rendite, ai Bonfratelli della religione del Beato Giovanni di Dio, decisione ribadita il 14 aprile 1666 dal governo cittadino, sindaci Pietro Presterà e Nicola Francesco Scarnera, che stabilì anche alcune clausole che dovevano essere inserite nell’accordo, condizioni accettate dal frate Angelico Rampulla, generale della religione del Beato Giovanni di Dio, e priore perpetuo dell’ospedale di San Pietro ad Vincula Panormi, il quale con delega da Roma dell’undici settembre 1666, incaricava il frate Buonaventura Pentinachi, priore dell’ospedale di Catanzaro, dandogli facoltà di trattare e concludere per la fondazione dell’ospedale di Crotone.
Cosa che avvenne il giorno 27 ottobre 1666, quando in presenza dei sindaci Domenico Suriano e Prospero Venturi, dei procuratori dell’ospedale Detio Suriano e Nicola Francesco Scarnera e del vescovo della città, Hyeronimo Caraffa, il frate Buonaventura Pentinachi, in virtù della delega, ne prendeva reale possesso.
Tra le condizioni sottoscritte vi erano quelle che i frati, che sarebbero andati ad abitarvi, sarebbero dovuti essere in numero sufficiente per assistere l’ospedale e la chiesa, e di “alimentare, governare et curare l’infermi tanto cittadini come forestieri li quali non tengono tal comodità di governarsi et curarsi nelle loro infermità”, di celebrare le messe per le quali l’ospedale ha l’onere e di provvedere con le entrate e le elemosine di tutto il necessario.
Essi erano obbligati a tenere un luogo adatto ed aperto per i poveri ed i pellegrini “che andranno mendicando” e, per quanto riguarda le rendite annuali maturate, ammontanti a 170 ducati, impiegarne parte per l’acquisto di cose e suppellettili necessarie per gli infermi ed i frati, e parte per aprire e gestire uno “stiglio di spetieria”, in modo da fornire, previo pagamento secondo tariffa, medicamenti agli abitanti, utilizzando poi il ricavato in beneficio dell’ospedale.
Una clausola inoltre prevedeva che se per qualsiasi motivo, i frati avessero lasciato l’ospedale, questo con le sue entrate, “et ogni beneficio che in quello fusse fatto et aumento tanto di stabili come di fabbriche e mobili”, sarebbe ritornato alle condizioni primitive cioè in amministrazione della università; rimanendo comunque sempre i sindaci ed eletti della città “perpetui protettori del detto hospitale”.[xiv]
Preso possesso dell’ospedale, il Pentinachi vi assegnò quello stesso giorno i padri fra Modesto Cafaro, vicario, fra Gio. Marino e fra Sebastiano di Rovesta, i quali vi presero dimora. Con l’arrivo dei Fatebenefratelli i confrati del Monte dei Morti dei Pii Operarii lasciarono la chiesa di Santa Maria della Pietà, e costruirono un nuovo edificio sacro detto dell’Anime del Purgatorio o semplicemente del Purgatorio.
In difficoltà perché non riesce a recuperare alcuni lasciti, alla fine del secolo l’ospedale “minaccia grandissima ruina”, e perciò c’è urgenza di trovare un accordo con i debitori, in modo da utilizzare il denaro per iniziare i lavori di consolidamento e di restauro.[xv]
Secondo quanto riporta il Vaccaro esso poteva allora contare su una decina di letti, vi erano sei religiosi e ricoverava annualmente circa 300 infermi.[xvi] Così è possibile ricostruire il luogo dove sorgeva l’edificio all’inizio del Settecento. Attraversato il ponte levatoio, si passa la porta principale della città dove c’è il corpo della guardia e la chiesetta di San Giovanni Battista che è davanti alla casa della corte e alla dogana. A destra entrando, vicino alle mura vi sono le botteghe delle forge e di fronte, le case o palazzo del piccolo proprietario terriero Diego Tronca, che confinano con una casa palaziata di proprietà del canonicato di San Francesco D’Assisi ed al “convento de Bonfratelli” con le sue sei botteghe, affittate a barbieri, calzolai e sarti, e le forge. A fianco dell’ospedale c’è la casa di Francesco Cannoniero, con accanto la casa palaziata, consistente in due membri superiori e due inferiori, di Giacinto Arabia, attaccata alla “regia monitione della legname” dell’artiglieria, dietro “la lamia dove è l’orologgio universale” della città. Vicino c’è il baluardo Toledo e presso “le chianche”, e “dietro li molini”, la nuova chiesa o oratorio della “concettione”, sede della confraternita della Immacolata Concezione e delle Anime del Purgatorio.[xvii]
Il convento di San Giovanni di Dio, sotto il titolo della Madonna della SS.ma Pietà, unico ospedale in diocesi di Crotone, ha un cimitero[xviii] ed una spezieria di medicine, con tutti “li stigli, vasi, mortari ed altre cose necessarie per manipulare mendicamenti”. La spezieria, consistente in due botteghe, è posta sotto l’ospedale, possiede un basso a lato per uso di laboratorio, e viene rifornita con medicine fatte venire da Napoli.[xix] Ha un refettorio ed una camera priorale dove di solito, si riuniscono i frati per prendere le decisioni che riguardano la vita economica ed amministrativa della “famiglia”.[xx]
Durante la prima metà del Settecento il convento, abitato da quattro o cinque frati,[xxi] è al centro di numerosi scandali e controversie. Tra tutti un lungo litigio tra il priore dell’ospedale ed un frate francescano, che dalle parole ingiuriose degenerò in scambio di archibugiate, e sfociò poi in una aspra e lunga lite nei tribunali ecclesiastici e secolari,[xxii] ed una torbida vicenda che coinvolse il priore ed i gestori di una vicina taverna, i cui avventori “notte e giorno strillavano ed inquetavano” sia i frati del convento, che gli ammalati dell’ospedale.[xxiii]
Il luogo dove sorge l’ospedale, col passare del tempo, è divenuto la zona commerciale più importante della città. Il mastro Martino de Sole ottiene dal re il permesso di poter aprire una bottega sotto il torrione dell’orologio civico e, finché non otterrà anche l’autorizzazione di abitare nel torrione, chiede ed ottiene dai frati di poter occupare il luogo che il convento possiede, per alloggiare i pellegrini, in modo da poterlo utilizzare come entrata per la bottega.[xxiv]
Con l’aumento della guarnigione e poi, con l’arrivo dei forzati, addetti ai lavori di costruzione del nuovo porto, l’ospedale in fase di decadenza, che si serve saltuariamente dell’opera di un medico esterno, ha un ritorno di vitalità: aumentano infatti le occasioni di guadagno, sia per l’aumento di ricoveri paganti che di vendita di medicine. Ma similmente cresce l’impegno che i frati devono prestare nell’ospedale “ove di continuo vi accorrono dell’infermi, ed ammalati, ed oltre di ciò lo peso che anco tiene di somministrare l’ospedale alli soldati ammalati, che di quelli di questa guarnigione s’infermano, e che perciò hanno bisogno di una continua e certa assistenza del medico”. Per far fronte alle nuove necessità il priore ed i locali dell’ospedale dell’ordine dei Bonfratelli di S. Giovanni di Dio, nel 1750 assumono il dottor fisico ed ordinario medico Giuseppe Vitale, con un contratto triennale ed un salario annuale di 15 ducati,[xxv] aumentato in seguito al rinnovo del contratto, a ducati 30, anche per l’arrivo di un centinaio di forzati addetti ai lavori del porto e di una quarantina di soldati.
Il medico si impegna a curare, oltre ai religiosi del convento, gli ammalati poveri, che si ricovereranno nell’ospedale, i soldati della guarnigione, i forzati ed i militari addetti alla loro custodia. Con la condizione però che, se per disposizione superiore o per qualsiasi altra causa, venisse meno la cura dei soldati e dei forzati (evento che ben presto si avvererà con la istituzione del nuovo ospedale regio), la paga verrà ridotta ai soli ducati 6, che è l’ammontare della solita provvigione per l’assistenza agli ammalati poveri ed ai religiosi del convento.[xxvi]
Delegata buona parte del loro impegno verso i malati, poco dopo i frati abbandonano anche la gestione della spezieria. Nel giugno 1756, con l’assenso e la presenza del provinciale fra Giovanni Zecchino, essa è affittata per annui ducati trenta per tre anni, allo speziale di medicina Giuseppe Perla di Rossano, con la facoltà di poter vendere a suo piacere i medicamenti, per il prezzo che vorrà ed a chiunque glieli richiederà, “nell’istesso modo e maniera che farebbe l’enunciato venerabile convento e farebbero essi loro”.[xxvii] Scaduto il contratto con il Perla, nel giugno 1759 subentra Vincenzo Droghi di Castelmonardo, che la prende in affitto per due anni, per ducati 20 all’anno “da scomputarsi sul prezzo dei medicamenti che si devono somministrare all’infermi dell’ospedale”. Questa volta però, la spezieria è locata con delle condizioni, tra le quali quella che l’ospedale si serva sempre dei medicamenti della spezieria, pagandoli però il 25 per cento del prezzo “a riserba dell’ogli d’ammendole dolci, che dell’unguenti, e dell’impiastri, atteso per l’oglio si deve pagare a grana quattro l’oncia, e per l’impiastri et unguenti si devono pagare il terzo della corrente tariffa”. Inoltre, i religiosi infermi potranno usufruire di medicamenti gratis, mentre il superiore del convento avrà la facoltà di concedere “medicamenti ad alcuna persona di fuori l’ospedale, ma che siano persone devote, o benefattori di detto convento”, pagandoli allo stesso prezzo dell’ospedale.[xxviii]
Una relazione del vescovo crotonese Giuseppe Capocchiani (1774-1788), evidenzia lo stato di precarietà dell’ospedale: esso è gestito da pochi frati, la cui presenza è precaria e saltuaria, che vivono di rendita avendo delegato ad altri sia la cura dei malati, che la produzione e vendita dei medicamenti. Nel convento ci sono solo tre frati, che nel 1783 scenderanno ad uno solo,[xxix] e vi è una piccola chiesa trasandata che non presenta niente di attraente. L’edificio mal costruito mostra tutti i segni del tempo e della trascuratezza. Dopo la istituzione dell’ospedale regio per la cura dei militari e dei forzati, nell’ospedale del convento ormai si ricoverano solo i poveri infermi e perciò è divenuto poverissimo. I frati possedevano ancora alcune proprietà: affittavano delle botteghe e delle case vicine al convento, usufruendo di piccole rendite provenienti da capitali dati in prestito che impiegavano nella chiesa, nell’ospedale e soprattutto, per il loro sostentamento. Dell’amministrazione dei beni essi dovevano dare conto ai loro superiori.
Per quanto riguardava invece l’assistenza spirituale, si servivano dell’opera di un prete secolare approvato dal vescovo per ascoltare le confessioni.[xxx]
Nella chiesa, in cui si conservavano l’olio santo e la santissima eucarestia, vi erano due altari, entrambi curati dai frati, uno dedicato a San Giovanni di Dio e l’altro a San Gregorio Taumaturgo.[xxxi] Davanti al convento si apriva la piazza detta dell’ospedale e di fronte, addossate alle mura, erano state costruite alcune baracche e delle botteghe.[xxxii] A fianco il mastro napoletano Salvatore Mazza, aveva ingrandito la sua casa palaziata, ed aveva ottenuto di poter costruire, dopo averle risanate e restaurate, sopra tre botteghe appartenenti al convento.[xxxiii] Dopo il terremoto del 1783, il convento fu riparato, in parte a spese della Cassa Sacra, ma ormai contava su pochissime entrate e di difficile riscossione.[xxxiv] Ancora pochi anni e verrà soppresso per decreto di Ferdinando IV.
Infatti, un dispaccio reale del 23 giugno 1798, inviato al vescovo Rocco Cojro (1797-1812), gli ordinava di sopprimere il convento dei frati di San Giovanni di Dio, che avevano la cura dell’ospedale dei poveri, e prescriveva l’erezione di un civico ospedale, amministrato da un “governo” composto dal vescovo, come capo, e da due governatori, uno eletto dal ceto dei nobili ed uno dal ceto civile. Un successivo dispaccio reale, datato 15 febbraio 1800, aboliva l’ospedale militare, e stabiliva le norme che si dovevano osservare per la ricezione dei militari infermi negli ospedali civici.[xxxv]
Quest’ultimo ospedale regio era stato istituito dopo l’inizio dei lavori di costruzione del porto.[xxxvi] Nel mese di febbraio 1765 esso è già esistente, come risulta da un inventario commissionato da Antonio Maria di Lauro, assentista generale dei regi ospedali del regno, all’incaricato Giuseppe Grasso, ed al controllore del regio ospedale di Crotone Gregorio Cannoniere.[xxxvii] L’ospedale regio si dedicherà alla cura dei militari e dei forzati addetti alla costruzione del porto. Esso era situato vicino alla cattedrale, in parrocchia di Santa Margarita e precisamente, nel quarto inferiore del palazzo del signor Manfredi.[xxxviii] Era governato dal castellano e vi prestava assistenza spirituale un cappellano scelto dal cappellano maggiore del regno.[xxxix]
Con la soppressione dell’ospedale regio e del convento dei Fatebenefratelli, il tutto fu unificato in un ospedale civile denominato il Pio civico ospedale di S. Giovanni di Dio, al quale furono aggiunti i beni e le rendite del soppresso convento di San Francesco d’Assisi,[xl] parte dei quali, e precisamente alcuni fondi ed una casetta, tra il 1798 ed 1803 furono venduti su ordine del marchese di Fuscaldo, ed il ricavato devoluto per mantenere in vita e far funzionare il nuovo civico ospedale.[xli]
Durante il Decennio francese esso poteva quindi contare sulle rendite del vecchio ospedale di S. Giovanni di Dio (ducati 358), e su quelle provenienti dal soppresso convento dei conventuali (ducati 476). Queste somme, tuttavia, col passare del tempo diminuivano, in quanto provenivano in parte da fondi amministrati dalla Cassa sacra che furono in seguito affrancati.[xlii] Nel 1831 se ne era deciso l’ampliamento utilizzando piccole rendite provenienti da alcuni luoghi pii.[xliii] Danneggiato dal terremoto dell’otto marzo 1832, l’anno dopo fu in parte riparato e ricostruito.[xliv]
In seguito, l’edificio dell’ospedale fu venduto al comune di Crotone e cambiato nel maggio 1883 in casa comunale, in quanto un nuovo ospedale era stato appositamente edificato fuori dell’abitato, in via Poggio – reale con l’intervento fattivo del barone Berlingieri.[xlv]
L’edificio, che fu convento dei frati di San Giovanni di Dio, così è descritto in un inventario del 1936: “Fabbricato a pianterreno e primopiano, sito nel corso Vittorio Emanuele, destinato a sede degli uffici municipali. Il pianterreno ha, oltre la scala d’ingresso, tre ambienti adibiti ad ufficio di stato civile, anagrafe e leva. Il piano superiore ha undici ambienti, di cui il più grande è quello adibito una volta a sala dell’ex consiglio ed ora ad ufficio tecnico comunale. L’edificio sormontato da una torretta con l’orologio pubblico, confina con la facciata principale sul corso Vittorio Emanuele e dagli altri lati con via Archita e Vico Municipio.”[xlvi]
Note
[i] In un atto di permuta di alcuni fondi in territorio di Crotone, redatto nel dicembre 1233, nella descrizione dei confini troviamo: “praedia Sancti Martini de Hospitali Crotonis”. Trinchera F., Syllabus Graecarum membranarum, 1865, p. 401.
[ii] Tra i morti: 19 (Augusti 1570) uno spagnolo allo hospitali, 2 (iulii 1571) uno spagnolo allo hospitali. ASN, Conto del m.co Julio Cesaro Leone, Dip. Som. 315/9, ff. 57-62.
[iii] “Sunt praeterea in civitate Crotonen. Mons Pietatis et hospitale in pauperum beneficium et utilitatem””. ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1597.
[iv] ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1603, 1606.
[v] ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1610. Tra le entrate dell’ospedale vi era un censo di carlini 15 annui, che gravava una apoteca o bucceria dei La Nocita, da pagarsi ogni 15 di agosto. ASCZ, Busta 108, anno 1612, ff. 71-72.
[vi] ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1614, 1617.
[vii] Il 15 maggio 1620, i sindaci ed eletti del governo cittadino eleggono mastri e procuratori dell’ospedale dei poveri, Gioseppe Syllano e Oratio Gulli, con riserva di ratificarne l’elezione nel primo regimento congregando. Il 23 maggio seguente, i mastri prendono in consegna l’ospedale dal reverendo Vincenzo de Amato, che ne era stato creato rettore, cappellano e procuratore dal vescovo. ASCZ, Busta 117, anno 1620, ff. 26-27.
[viii] ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1631.
[ix] Nel 1641 l’arciprete Fabritio Bonello è rettore, Alfonso Syllano è ministro signifero, Dionisio Pizuto è cassiero, Detio Suriano e Josepho Presterà sono consultori della congregazione compuntina (ASCZ, Busta 119, anno 1641, f. 25). Il ministro esigeva il tornese e curava i conti, il rettore governava e decideva gli acquisti e le vendite, i consultori assistevano il rettore e convalidavano gli atti, il cassiere conservava il denaro (AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 60).
[x] Il monte dei morti dei pii operarii o semplicemente L’Anime del Purgatorio, in seguito con l’arrivo dei Fatebenefratelli, si trasferirà nella chiesa propria detta del Purgatorio. Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, ff. 60 -61.
[xi] Il primo maggio 1641 gli ufficiali della congregazione fanno un prestito al nove per cento al canonico Hieronimo Petrolillo, impegnandone una casa palaziata ed un vignale. ASCZ, Busta 119, anno 1641, f. 23. ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1640.
[xii] L’otto agosto 1664 si riuniscono nella chiesa dell’ospedale i fratelli e ufficiali del monte, per dare a censo ducati 100 provenienti dal “tornese”, al parroco C. Bonello. Era cassiere il parroco G. B. Venturi, ministro il Rev. C. Scarnera, consultori il Rev. G. F. d’Oppido e C. I. Pelusio, e rettore G. Galluccio. ASCZ, Busta 312, anno 1664, ff. 30-32.
[xiii] ASV, Rel Lim. Crotonen. 1640.
[xiv] ASCZ, Busta 312, anno 1666, ff. 174-178.
[xv] Nel 1684 Fabritio Lucifero, figlio di Jo. Francesco, liberato dai Veneziani dopo aver trascorso 16 anni di schiavitù turca nell’isola di Santa Maura, e assistito dagli ospedalieri, dona loro alcune proprietà che possiede in Crotone e Catanzaro. Dopo lunga lite con gli eredi, nel 1690 i frati del convento invitano a trovare un accordo, in modo di entrare in possesso di ducati 200 da Antonio Castiglia, erede dei Lucifero, così da impiegarli per il restauro del convento. Il documento è firmato da Fra Gioseppe della Monica, fra Gioseppe de Dio, fra Michel Angelo Leo e fra Antonio Trapani. ASCZ, Busta 336, anno 1690, ff. 99-102.
[xvi] Vaccaro A., Kroton, Cosenza 1965, Vol. II, p. 250.
[xvii] Pesavento A., Crotone all’inizio del Settecento, Dattiloscritto 1992.
[xviii] P. Errigo ed un sacerdote di Papanice fuggono di notte dalle carceri vescovili e si rifugiano nel cimitero dell’ospedale. ASCZ, Busta 764, anno 1733, f. 29.
[xix] ASCZ, Busta 914, anno 1756, ff. 98-100.
[xx] Nel 1699 il priore fra Leonardo Merante ed i frati Andrea Piperno e Filippo Ricchito, si riuniscono nel refettorio per decidere la concessione di un prestito di duc. 300 al 7% a G. B. Barricellis, impegnandone i beni. ASCZ, Busta 338, anno 1699, f. 69.
[xxi] Nel 1728 tutto il convento è composto dal priore Sivestro Brancaccio, e dai locali fra Rafaele Sculco, fra Venantio Capuzzo, fra Fortunato Giano, fra Romualdo de Felice e fra Gesualdo Grandini. ASCZ, Busta 662, anno 1728, f. 73.
[xxii] Il 9.11.1719 il francescano A. Magliari tira un colpo di archibugio al priore B. Barone. ASCZ, Busta 661, anno 1721, f. 244.
[xxiii] Il priore del convento, accusato su istigazione dei gestori della taverna, di aver violentato una bambina (ASCZ, Busta 1124, anno 1752, f. 37), ricorre al re e riesce a far chiudere la taverna che era gestita dai coniugi Bruno Bonello e Vennera Rizzuto (ASCZ, Busta 1124, anno 1752, f. 37).
[xxiv] Il Di Sole si impegna a versare ogni anno 8 carlini per l’occupazione del suolo. ASCZ, Busta 1267, anno 1759, f. 256.
[xxv] ASCZ, Busta 668, anno 1750, ff. 74-75.
[xxvi] ASCZ, Busta 1266, anno 1754, ff. 150-153. Nel luglio 1756 viene prorogato l’incarico al Vitale fino a settembre 1760. ASCZ, Busta 1267, anno 1756, ff. 105-106.
[xxvii] ASCZ, Busta 914, anno 1756, ff. 98-100. Nel 1758 il Perla associa Pasquale Lupinaccio, speziale di medicina di Campana. ASCZ, Busta 1267, anno 1758, ff. 80- 84.
[xxviii] ASCZ, Busta 1267, anno 1759, ff. 136-138.
[xxix] Vivenzio G., Istoria e teoria de’ tremuoti, Napoli 1783, p. 15.
[xxx] ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1774.
[xxxi] AVC, Nota delle chiese e luoghi pii ecclesiastici e secolari esistenti nel distretto della giurisdizione del regio governatore della città di Cotrone, Cotrone 18 febbraro 1777.
[xxxii] ASCZ, Busta 1528, anno 1770, f. 45; Busta 1129, anno 1769, ff. 100-108.
[xxxiii] ASCZ, Busta 1324, anno 1765, ff. 134-144.
[xxxiv] ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1795.
[xxxv] Lucifero A., Cotrone dal 1800 al 1808, Pirozzi Cotrone 1922-24, pp. 13-14.
[xxxvi] Non ancora esistente nel 1756. ASCZ, Busta 1267, anno 1756, ff. 105-106.
[xxxvii] ASCZ, Busta 1128, anno 1765, ff. 36-38.
[xxxviii] ASCZ, Busta 1328, anno 1779, f. 52v.
[xxxix] Nel 1777 castellano era Giuseppe Friozzi e cappellano Vincenzo Smerz (AVC, Nota delle chiese e luoghi pii ecclesiastici e secolari esistenti nel distretto della giurisdizione del regio governatore della città di Cotrone, Cotrone 18 febbraro 1777). Nel dicembre 1785 il sacerdote D. Francesco Saverio Guerriero è cappellano del regio ospedale dei soldati (AVC, Lettera al marchese D. Carlo De Marco, Cotrone 3 decembre 1785).
[xl] AVC, Elenco dei luoghi pii, Cotrone 1805.
[xli] Dalla vendita di sei fondi ed una casetta posta sotto l’orologio si ricavarono ducati 2738.
[xlii] Caldora A., Calabria napoleonica (1806-1815), Napoli 1960, p. 360.
[xliii] 28.10.1831. “Decreto di ampliamento dell’ospedale esistente nel comune di Crotone che sarà ampliato, aggregandosi al medesimo le piccole rendite dei luoghi pii di Cotrone, Policastro, S. Severina e Strongoli. Sarà nondimeno a cura dell’intendente della provincia di suplire negli stati discussi comunale, medicine e soccorso di poveri”. Valente G., La Calabria nella legislazione borbonica, Effe Emme 1977.
[xliv] “Si debbono rifare due mura di cortina, giachè gli altri due si trovano in buono stato, i due primi si trovano danneggiati, di modo che le riattazioni di essi necessitano almeno doc. 200”. AVC, L.V. 1833.
[xlv] AVC, Visita del vescovo Luigi Maria Lembo, 1883.
[xlvi] Proprietà comunali, 1936.
Creato il 10 Marzo 2015. Ultima modifica: 21 Novembre 2022.