Il palazzo dei Petrolillo nel luogo di Crotone detto il Cutetto
La casata dei Petrolillo è già presente a Crotone all’inizio del Cinquecento, con Lionetto, Minico e Matteo. Poco dopo la metà di quel secolo la casa di Francesco Petrolillo era situata in parrocchia di San Nicola deli Cropi, e confinava con la casa di Ottaviano Suriano, e con quella di Gio. Ramundo Foresta. Nel Seicento i Petrolillo fanno parte delle “famiglie del popolo”.[i]
Per tale condizione alcuni appartenenti ascesero alle maggiori cariche pubbliche. Ricordiamo i sindaci del popolo: Julio Cesare (1623), Francesco Antonio (1633), Gio. Giacomo (1647/1648) e Pelio (1669, 1674, 1679). In tale secolo i Petrolillo occuparono posti di rilievo anche a livello ecclesiastico, con i canonici Gio Geronimo, Gio. Francesco (nel 1630 fondò un monte di maritaggi), Gio. Battista, Leonardo (sacerdote).
Le case alte dei Petrolillo
Le case “alte” di Marco Antonio e Gio. Francesco Petrolillo, erano situate in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis al confine con quella di San Pietro e confinavano con quelle abitate dall’arcidiacono Mutio Suriano e dal fratello Antonio, figli ed eredi dell’abbate Gio. Pietro Suriano.[ii] Poco dopo la metà del Seicento, esse erano particolarmente malridotte, come si rileva da un reclamo fatto da alcuni abitanti del luogo, i quali, temendo un crollo delle abitazioni dei Petrolillo sulle loro, protestarono vivacemente.
Il 28 settembre 1667, Laura Marturano, Antonio Fernandes, Lucrezia Squillace ed altri, si recarono con un notaio alla porta della casa dove abitava il chierico Gio. Francesco Petrolillo e lo chiamarono più volte, ma invano. Alcuni inquilini, infatti, risposero che non c’era. Nonostante la sua assenza, i convenuti vollero che fosse steso un atto pubblico, dove dichiararono che, poiché essi abitavano nelle vicinanze delle case del Petrolillo, ed essendo queste più alte delle loro, “et quasi sfatte, patiscono molto pericolo di cascare conforme dissero esser stato confirmato da mastri fabricatori et ocularmente si vede per il che patirebbero molto danno et interesse essi asserenti cascandono le mensionate case di Petrolillo sopra l’istesse d’essi constituti li quali havendono più e diverse volte rechiesto al mensionato Petrolillo che vogli dar reparo a detta sua casa non ha curato ne cura quelle riparare non havendo reguardo al grosso interesse che cola cascata di d.a casa verrebbero a patire essi asserenti e perché già sta approssimando l’inverno et tanto magiormente le mensionate case di Petrolillo per esser cossì destrutte cola tempesta de tempi che spesso sogliono essere nell’inverno di facile potrebbero patir pericolo”, già da ora si riservano di far pagare al Petrolillo tutti i danni.[iii]
Non passa molto tempo che, questa volta su richiesta del chierico Antonio Petrolillo, nei primi giorni del maggio 1670 viene effettuata una perizia da alcuni mastri fabbricatori, su una vicina abitazione situata nel luogo detto “Il Cutetto”, confinante con le case del Petrolillo e con quelle di Antonio Suriano. In tale circostanza i mastri Andrea Messina e Giulio Lucifero, recatisi sul luogo, testimoniarono che “duoi muri di detta casa sonno fabricati di creta antichi, e minacciano evidentemente rovina della parte di detta casa di detto monasterio, et alla cascata succederà far danno notabile, tanto ad esso Clerico Antonio, quanto al suddetto S.r Suriano, oltre che sarà pericolo di morte, Dio Guardante, di persone che abitano le suddette case”.[iv]
Il palazzo di Antonio Petrolillo
In seguito, la casa del monastero verrà acquisita da Antonio Petrolillo ed andrà a far parte del costruendo palazzo. Per tale acquisto il Petrolillo pagherà un annuo censo enfiteutico di carlini 16 sopra il suo palazzo, ai frati del convento di Gesù e Maria di San Francesco di Paola.[v]
Il chierico Antonio Petrolillo, piccolo proprietario terriero ben inserito nel governo della città e nel mercato del grano, proprietario di alcune gabelle in località “Spataro”, “Li Cudi” e “Santo Stefano”,[vi] abitava in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis, al limite con quella di S. Pietro, assieme alla moglie Beatrice Bisanto[vii] ed ai suoi figli. Le sue case confinavano con due case “dirute del beneficio della famiglia Petrolillo eretto in cattedrale senza altare e cappella sotto il titolo di Santa Maria de Jesu e con le case di Pietro Suriano.[viii]
Nell’ottobre 1708 egli era ancora vivente e la sua dimora confinava con il palazzo che da Pietro Suriano era passato ai figli ed eredi, cioè il chierico Francesco Antonio e Giuseppe Suriano.[ix] Nel novembre dell’anno dopo il palazzo ed i beni di Antonio Petrolillo erano già passati alle figlie, Prudenzia, Vittoria e Lucrezia ed al figlio il canonico Gio. Battista.[x] La prima andò sposa a Bruno Carvello di Rocca di Neto, la seconda al napoletano Tommaso Capuano, la terza al governatore di Cutro Pietro Greco, il quarto fu canonico e rettore del beneficio di Santa Maria de Jesu della famiglia Petrolillo. Ben presto sorsero gravi contrasti e liti tra gli eredi,[xi] e si arrivò alla spartizione dell’eredità. Il palazzo dei Petrolillo, situato in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis, fu così diviso a metà.
Il palazzo degli eredi di Antonio Petrolillo
Il 23 aprile 1711 su richiesta dei coniugi Bruno Calvello e Prudenzia Petrolillo, i mastri Isidoro Messina e Giuseppe Gerace procedevano alla divisione del palazzo consistente in due quarti degli eredi di Antonio Petrolillo e, che fino ad allora, era stato posseduto in comune ed indiviso dai due coniugi e dagli altri due coniugi Pietro Greco e Lucrezia Petrolillo.
Il quarto, abitato dai coniugi Greco, era costituito da più membri, “cioè metà della sala con due bassamenti, Ante camera con due bassamenti, il camerino sopra il portone, casa di Rosa hoggi per cucina del medesimo, con due bassamenti, casa dove habita hoggi Rosa con uno bassamento, casa del Cutetto con uno bassamento, casa d’Annicella con uno bassamento”; l’altro quarto, abitato dai coniugi Carvello, consisteva in “metà della sala con due bassamenti, uno habitato da Flaminia, l’altro da S. Francesco D’Assise, la cucina con due bassamenti, camera con gisterna con due bassamenti, dispensa hoggi habitata da Giovanne Coronella con uno bassamento, camerino con uno bassamento, casa di Cropalati con uno bassamento”. Il primo quarto fu valutato ducati 914, il secondo 935. I mastri inoltre proposero di lasciare in comune la scala di pietra ed il pozzo, e di fare alcuni lavori a spese comuni per rendere possibile la divisione.
In un successivo atto le parti, recependo la proposta fatta dai mastri, ponevano alcune condizioni, tra le quali quelle che se Lucrezia ci fosse andata ad abitare, la sala, la scala ed il vignano sarebbero rimasti di uso comune, e Lucrezia avrebbe potuto anche chiudere le porte divisorie, mentre la sorella Prudenza avrebbe dovuto fare una nuova uscita. Ma se Lucrezia avesse affittato il suo quarto a persone estranee, oppure lo avesse venduto, i nuovi inquilini, o compratori, non avrebbero potuto usufruire della sala, della scala e del vignano, ma queste rimanevano a Prudenzia, la quale avrebbe potuto anche chiudere la porta di mezzo, così gli inquilini, o compratori, del quarto di Lucrezia avrebbero dovuto farsi una nuova entrata. Inoltre, poiché il quarto di Lucrezia era gravato da un censo perpetuo di carlini 16, dovuto ai minimi, Prudenzia si impegnò a versare alla sorella la metà.[xii]
Il quarto inferiore di Lucrezia Petrolillo
Il capitolo della cattedrale di Crotone esigeva un annuo censo di ducati 9 e grana 40, per il capitale di ducati 140 sopra i beni dotali dei coniugi Pietro Greco e Lucrezia Petrolillo. Il capitale risultava infisso specificamente sopra i beni ereditati dal padre da Lucrezia Petrolillo, cioè le terre dette Spataro e la metà del palazzo. Rimasta vedova in giovane età,[xiii] essa continuerà a pagare l’annuo censo finché, nel giugno 1724, non ritornerà il capitale al capitolo.[xiv] Successivamente nel maggio 1732 Lucrezia, volendo fondare una cappella di famiglia sotto il titolo di San Francesco di Paola in cattedrale, graverà nuovamente la parte di palazzo che possedeva in parrocchia di Santa Maria de Prothospatariis, nella quale non abitava ma locava a più persone, ed era composta da “più camere, bassi e magazzini e commodità”. Allora ella risiedeva a Rossano ma conservava a Crotone alcuni beni ereditari, cioè la metà del palazzo paterno, la gabella di Spataro e metà di quella di Santo Stefano.[xv]
Nel 1743 Lucrezia o Zeza Petrolillo, vedova di Pietro Greco, aveva 53 anni ed abitava ancora a Rossano. Aveva una figlia venticinquenne di nome Beatrice e possedeva una continenza di case in parrocchia di Santa Maria de Prothospatariis, con più e diverse camere e membri locandi. Era proprietaria della gabella di Spataro e pagava ancora il vecchio censo di carlini 16 ai minimi.[xvi] Poco dopo la proprietà della sua parte di palazzo, che confinava da una parte con il palazzo di Francesco Antonio Suriano,[xvii] veniva divisa a metà tra le due sue figlie Beatrice e Teresa.
Le figlie di Lucrezia
Beatrice o Cici Greco, sposò Dionisio de Silva e, come stabilito dai capitoli matrimoniali stipulati il 20 febbraio 1745, per atto di notaio Pelio Tirioli, ebbe diritto a metà dei beni materni e paterni e, tra questi, la metà della parte del palazzo della madre.
Il 29 novembre 1747 Benedetto XIV accoglieva la supplica inviata dai fratelli Gio. Francesco e Dionisio de Silva, dalla moglie di Dionisio Beatrice Greco e dalla madre di lei Lucrezia Petrolillo, tutti abitanti nello stesso palazzo, concedendo l’indulto per un oratorio privato.[xviii] L’anno dopo i coniugi Silva e Greco e la vedova Lucrezia Petrolillo, “per le gravi spese annuali in ristorarli e pure necessitandoli qualche somma in contanti per loro bisogni”, ne alienavano una piccola parte a Francesco Antonio Zurlo. La parte venduta era costituita da “una camera superiore e suo basso in cui al presente vi sta piantato il molino gentimolo”, ed era situata sotto il palazzo patrimoniale di Lucrezia Petrolillo in parrocchia di S. Maria Prothospatariis, confinante con il palazzo di Francesco Antonio Suriano.
Essa faceva parte della dote promessa a Beatrice Greco dalla madre Lucrezia Petrolillo, che a sua volta la aveva ereditata dal padre.[xix] Nel 1760 i coniugi Dionisio de Silva e la moglie Beatrice Greco, possiedono ancora il territorio di Spataro ed “una continenza di case locande seu quarto inferiore del palazzo ereditario della madre di Beatrice, la fu Lucrezia Petrolillo, con alcuni membri e casette al medesimo attaccate che in tutto consistono in dieci stanze seu camere e sei bassamenti ad esclusione del quarto superiore di detto palazzo che si appartiene al signor Francesco e sorelle Capuano sito e posto avanti la parocchial chiesa della real parochia di Santa Maria Prothospatariis e confine dalla parte di dietro loco detto il Cutetto al palazzo di Giuseppe e Francesco Antonio Suriano”. La metà di tali beni erano pervenuti a Beatrice come dote, e per metà a Dionisio per compra fatta il 12 gennaio 1758 dalla signora Teresa Greco, sorella di Beatrice e moglie di Giacomo Dini di Rossano.[xx]
Saveria de Silva, figlia di Dionisio e di Beatrice Greco, fu unica erede universale e particolare tanto del padre Dionisio morto ab intestato, come dello zio paterno il canonico Giovanni de Silva. Perciò essa entrò nel vero e reale dominio dell’intera eredità sia del padre che dello zio, che portò in dote al barone Francescantonio Lucifero. Trovandosi in difficoltà finanziarie ben presto i beni dotali sono venduti.[xxi]
Anni dopo, nel 1793, il tesoriere Michele Labonia possiede come erede del qm., Dionisio Azeri fu tesoriere della cattedrale di Crotone, suo zio, un palazzo in parrocchia di S. Maria de Prothospatariis. Egli abita al quarto di sopra e loca il quarto di basso che comprò dagli eredi del fu Dionisio de Silva.[xxii]
Il quarto superiore del palazzo dei Petrolillo da Prudenzia a Vittoria
Il quarto superiore che nella divisione era stato assegnato a Prudenza Petrolillo ed al coniuge Bruno Carvello, in seguito divenne l’abitazione della sorella Vittoria Petrolillo e del coniuge, il napoletano Tommaso Capuano.
Nel 1720 Vittoria Petrolillo rivendicherà anche le due casette di proprietà del beneficio di iuspatronato della famiglia Petrolillo sotto il titolo di Santa Maria de Jesù. Le due casette confinavano allora con la sua abitazione, e con i casalini di Francesco Antonio Suriano.[xxiii] Essa abiterà in casa propria in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis, e morirà il 4 marzo 1731[xxiv] lasciando numerosi figli. Dal catasto del 1743 risulta che Francesco, Giuseppe Antonio, Anna, Beatrice, Angela e Giuditta Capuano, figli di Vittoria Petrolillo e di Tommaso Capuano, abitano nella casa materna in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis, assieme alla zia Giovanna.[xxv] Giuseppe Antonio aveva intrapreso la carriera ecclesiastica, mentre Francesco possedeva due suffeudi in territorio di Cirò e nel 1738 aveva rifiutato di essere annoverato nel ceto del secondo ordine, cioè dei nobili viventi, in quanto discendente da antiche famiglie di Crotone.
Francesco Antonio Zurlo il 19 aprile, comprava con patto di retrovendita dalle sorelle Beatrice ed Anna Capuano “la sala divisa in due camere, la camera appresso a detta sala chiamata la camera del pontone ed un camerino, confine alla camera spettante a Francesco Capuano loro fratello, site e poste dette sala camera e camerino nel quarto superiore del palazzo chiamato delli Petrolillo spettato per causa di dote detto quarto superiore alla q.m Vittoria Petrolillo madre di dette sorelle di Capuano”. Il 7 dicembre 1752 avveniva la retrovendita.[xxvi]
In seguito, pervenne in proprietà del tesoriere della cattedrale di Crotone Dionisio Azzeri e morto costui, nel febbraio 1781 passò al nipote Michele Labonia,[xxvii] figlio del regio e apostolico notaio Serafino Labonia, originario di Rossano, e di Antonia Azzeri, sorella di Dionisio.[xxviii]
Il palazzo Labonia
Michele Labonia, prima tesoriere e poi arcidiacono della chiesa di Crotone,[xxix] risulta alla fine del Settecento proprietario di tutto il palazzo detto dei Petrolillo. Come erede dello zio, il tesoriere Dionisio Azzeri, possiede il quarto di sopra che era stato di Vittoria Petrolillo, dove egli abita. Ha anche il quarto di sotto, che era stato di Lucrezia Petrolillo; egli lo ha acquistato dagli eredi di Dionisio de Silva e lo dà in fitto. Alla metà dell’Ottocento il palazzo è ancora dei Labonia; esso è situato sulla strada che “Dall’Arco dell’Episcopio va per la casa Covello, Zurlo, Mayda, Labonia sbocca alle mura”. Attualmente è identificabile nell’incrocio tra via Cutetto e via Giuseppe Suriano.
Note
[i] ASN, Provv. Caut. Vol. 258, ff. 138-146, (1685).
[ii] ASCZ, Busta 229, anno 1661, f. 50.
[iii] ASCZ, Busta 313, anno 1667, f. 205.
[iv] ASCZ, Busta 334, anno 1679, ff. 19-20.
[v] ASCZ, Busta 611, anno 1711, f. 43.
[vi] All’inizio di agosto del 1674 l’arciprete Gio. Battista Venturo fa un prestito di ducati 50 al 9% al chierico Antonio Petrolillo, sopra la gabella che quest’ultimo possiede in località Spataro. ASCZ, Busta 333, anno 1674, f. 58. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, ff. 117v, 148v.
[vii] Tommaso Capuano sposò Vittoria Petrolilla, figlia di di Antonio e di Beatrice Bisanto, famiglie antiche della città di Crotone. ASCZ, Busta 665, anno 1738, f. 39.
[viii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 148v.
[ix] ASCZ, Busta 497, anno 1708, f. 50v.
[x] In un atto del 26 novembre 1709 intervengono da una parte, le sorelle Prudentia e Lucretia Petrolillo e dall’altra, il canonico Gio. Battista e la sorella Vittoria Petrolillo, i quali affermano di possedere in comune ed indiviso un casaleno in parrocchia di Santa Maria. ASCZ, Busta 611, anno 1709, f. 35.
[xi] Nel marzo 1712 Pietro Greco ruba una giumenta che si trovava nella torre di Vittoria Petrolillo (ASCZ, Busta 612, anno 1712, ff. 41-42). Tommaso Capuano, marito di Vittoria Petrolillo, poiché avanza del denaro da Prudenzia Petrolillo, figlia ed erede di Antonio, fa mettere all’asta e si aggiudica metà della gabella di Spataro (ASCZ, Busta 612, anno 1716, f. 20).
[xii] ASCZ, Busta 611, anno 1711, ff. 41-43.
[xiii] Nel 1720 Lucrezia Petrolillo era già vedova. AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 64v.
[xiv] ASCZ, Busta 662, anno 1724, ff. 117-118.
[xv] Il 25 maggio 1732 Lucrezia Petrolillo, volendo fondare una cappella in cattedrale, la dota con metà della gabella S. Stefano e con un annuo censo di ducati 4 su un capitale di ducati 70. La cappella sarà gravata di 3 messe settimanali per le anime dei suoi antenati. Con lo stesso atto libera dal peso di due messe la gabella di Spataro. ASCZ, Busta 664, anno 1732, f. 120.
[xvi] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, ff. 151, 241.
[xvii] ASCZ, Busta 912, anno 1748, ff. 87-88.
[xviii] Russo F. Regesto, XI, 61672.
[xix] La parte venduta, apprezzata da due mastri scelti dalle parti in comune accordo, fu venduta per ducati 104. ASCZ, Busta 912, anno 1748, f. 88.
[xx] ASCZ, Busta 860, anno 1760, ff. 107-108.
[xxi] Nel giugno 1774 per alcune sue necessità, Saveria de Silva col consenso del marito vende la gabella Scifo Vecchio agli Zurlo. ASCZ, Busta 1665, anno 1774, ff. 16-18.
[xxii] AVC, Catasto Onciario Cotrone, 1793, f. 135.
[xxiii] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 79.
[xxiv] AVC, Platea del Capitolo 1730 /1731, f. 16v.
[xxv] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, f. 90.
[xxvi] ASCZ, Busta 913, anno 1752, ff. 195v-196.
[xxvii] Nell’aprile 1781 Michele Labonia, rettore della chiesa parrocchiale del SS. Salvatore e professore di S. Scrittura nel seminario di Crotone, diviene tesoriere, dignità rimasta vacante per morte di Dionisio Azeri, avvenuta nel febbraio dello stesso anno. Russo F., Regesto, XII, 67498.
[xxviii] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, f. 184.
[xxix] Nell’aprile 1795 all’età di 54 anni Michele Labonia diviene arcidiacono. Russo F., Regesto, XIII, 68825.
Creato il 6 Marzo 2015. Ultima modifica: 14 Novembre 2022.