I palazzi dei Galasso e dei De Meo di Crotone
I Galasso
I Galati (Galatio, Galasso), antica casata crotonese, è già presente all’inizio del Cinquecento con Gio. Battista, Maximiano e Vincentio. La famiglia dei Galasso, o Galatio, assieme ai Basoino, De Vite, Petrolillo, Scarnera, Varano, Scavello, Manfredi, Ventura, Rigitano, Di Garetto, ecc., fece parte del seggio popolare, o della seconda piazza; come tale molti suoi componenti assunsero incarichi e cariche nel governo cittadino (rappresentanti, eletti, sindaci del popolo). Nella seconda metà del Cinquecento lo spetiale Pompeo Galasso apriva bottega in piazza sotto il palazzo vescovile; egli fu scelto come rappresentante del popolo, a fianco del nobile Gio. Ferrante Barricellis, per soprintendere al proseguimento dei lavori della cattedrale dopo la morte del vescovo Antonio Sebastiano Minturno (1570).[i]
Sempre in quei tempi operava in città il notaio Gio. Galasso o Galatio.[ii] Un altro notaio Isidoro Galasso, nativo di Cutro ma abitante a Crotone, lo troviamo a metà Seicento (1664).[iii] Come famiglia del ceto popolare o degli honorati i Galasso ricoprirono più volte cariche cittadine. Furono eletti del popolo Gio. Francesco (1612) e Gioseppe (1647/1648). Gio. Francesco fu dapprima eletto (1684/1685) e l’anno dopo ricoprì la carica di sindaco del popolo. Gio. Bartolo fu eletto del popolo (1691/1692), proprietario di alcune terre presso il Neto, fu corrispondente del grande mercante di grano Giulio Cesare Valle di Napoli[iv] e fu messo e internunzio del nobile Francesco Pipino.[v]
È ricordato anche in alcune “lettere” del vescovo di Isola Francesco Marino (1682-1716). Nonostante che il Galasso cerchi di ingraziarsi il vescovo, quest’ultimo lo biasima perché ha spedito a Napoli del formaggio con i vermi, e per essere debitore verso la mensa per non aver pagato l’affitto di Salica.[vi] Francesco Galasso Spina fu sindaco del popolo (1707, 1711/1712, 1717/1718 e 1721), eletto del popolo (1712/1713), ed avvocato dei poveri della città.[vii] Dionisio fu sindaco (1718/1719 e 1731/1732), eletto del popolo (1713/1714 e 1722/1723) e avvocato dei poveri della città.[viii] Gio. Bartolo fu sindaco del popolo o della seconda piazza (1732/1733 e 1736/1737), poi aggregato al seggio nobiliare fu eletto dei nobili nel 1764/1765.
Le case dei Galasso presso la cattedrale
Verso la metà del Seicento Giuseppe Galasso abitava nelle sue case in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo; case che poi alla fine di quel secolo passarono in eredità al figlio Antonio.[ix] Antonio Galatio, canonico del titolo di S. Maria della Scala e rettore del beneficio di iuspatronato della famiglia Vitetta fu Hieronimo, senza altare e cappella, intitolato a San Bartolomeo Apostolo,[x] abitava nelle case patrimoniali situate in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo “dietro la tribuna vescovato”, case che erano gravate da alcuni vecchi oneri dovuti alla mensa vescovile,[xi] al primiceriato della cattedrale,[xii] ed al beneficio di S. Luca.[xiii] Egli possedeva anche delle vigne situate in località Gazzaniti.[xiv] Le case e le vigne, gravate con i loro pesi, passarono all’inizio del Settecento al fratello Francesco. Allora “le case delli Galassi”, situate presso la cattedrale, confinavano con le case del notaio Antonino Varano stretto mediante.[xv] Antonia Galasso, figlia di Francesco, si unì con Dionisio Galasso,[xvi] figlio di Gio. Bartolo, portando in dote le case o palazzo, che era attaccato alla cattedrale e di fronte al palazzo dei Manfreda.[xvii]
Dionisio Galasso, figlio del fu Gio. Bartolo, e la moglie Antonia Galasso, del fu Francesco, ebbero una lunga lite con il capitolo della cattedrale. Il canonico Giuseppe Rizzuto, procuratore del capitolo, cercò di impadronirsi delle loro vigne di Gazzaniti, prendendo a pretesto che i coniugi dovevano pagare alcune annualità arretrate per un capitale di ducati 190, per la celebrazione di messe in suffragio. Dopo alcuni tentativi portati avanti dal canonico presso la Regia Corte e poiché la lite si prolungava, anche perché non fu possibile al procuratore del capitolo trovare alcuni documenti, si arrivò all’accordo tra le parti. Il canonico abbonò col consenso dei capitolari il debito maturato, mentre i coniugi Galasso si impegnarono a pagare puntualmente ogni anno ducati 15 e carlini 3, cioè l’8% del capitale, impegnando la vigna di Gazzaniti, la vigna in località La Paganella e una casa dotale in parrocchia dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, attaccata al palazzo di Domenico Rodriques.[xviii]
Dal catasto onciario del 1743 risulta che il nobile Dionisio Galasso di 48 anni, è sposato con Antonia Galasso di 55 anni ed ha due figli: Gio. Bartolo di 28 anni ed Isabella di 21 anni. Abita in casa propria in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo di cui loca due bassi, ricavando annui ducati 12. Possiede due chiusure di vigne in località La Paganella ed a Gazzaniti. La sua abitazione è gravata ancora degli annui oneri dovuti alla mensa vescovile, al primiceriato ed alla cappella di S. Barbara, situata dentro il convento di San Francesco d’Assisi dei conventuali.[xix]
Il palazzo passò al figlio Gio Bartolo che cinquanta anni dopo, come risulta dal catasto onciario del 1793, è ancora vivente. Il nobile Gio. Bartolo ha un figlio di nome Pasquale di 32 anni, possiede un vignale in località Paganella e abita nel suo palazzo, di cui ne loca un quarto ed alcuni bassi.[xx]
Pasquale Galasso andò ad abitare a Cutro. Teresa e Diana Galasso di Cutro, figlie del fu Pasquale Galasso di Crotone, nel 1812 entrarono come educande nel monastero di Santa Chiara di Crotone. I Galasso saranno presenti nel monastero di Santa Chiara di Crotone con le clarisse Maria Giuseppa e Maria Teresa (1814) e con Maria Angela, che fu anche badessa dal 1830 al 1832, quando il monastero stava per estinguersi per mancanza di nuove clarisse, e si tentava di ricostituire la comunità religiosa, ammettendo al noviziato donne ormai anziane di “civile famiglia” e nobili vedove.[xxi]
Il palazzo dei De Meo
Il pubblico e regio notaio Gerardo De Meo, originario di Picerno, “diocesi di Potenza, Provincia di Basilicata”, viene ad abitare ed ad esercitare la sua professione a Crotone poco dopo la metà del Settecento.[xxii]
Risalgono al 29 maggio 1752 la stipula dei capitoli matrimoniali tra il De Meo e Lucrezia Cavaliere, figlia di Gasparo, dove veniva fissata la dote in ducati 400.[xxiii] Alcuni anni dopo risulta proprietario di un palazzo che era appartenuto a Lorenzo Cavaliere ed era situato in parrocchia di Santa Veneranda. La sua abitazione confinava con i due bassi con sopra due camere, dei coniugi Tommaso di Perri e Vittoria Squillace, situati nella strada detta della Chianca.[xxiv] Verso la fine degli anni Settanta, ottenuta dall’università la concessione di palmi 20 di suolo per fabbricare una bottega ad uso di curia, presso le mura, dirimpetto all’ospedale di San Giovanni di Dio, tra quella del signor Michele Messina e quella di Felice Giglio, pagò perciò anche un censo enfiteutico al Real Fondo della Separazione de’ Lucri Reali.[xxv]
Morto, tra il 1790 ed il 1793, lasciava ai figli, il notaio Francesco e lo “scribente” Luigi, la casa di abitazione in parrocchia di Santa Veneranda, confinante con quella di Maria di Perri,[xxvi] e due botteghe, che erano state costruite sul suolo pubblico. Una, con camera di sopra, era situata davanti all’ospedale di S. Giovanni di Dio e passerà subito ai Cirrelli, e l’altra, che era stata acquistata dai fratelli Giglio, era stata assegnata per patrimonio a Francesco.[xxvii]
Luigi De Meo eserciterà la professione notarile dal 1797 al 1845. Nell’agosto 1816 risulta proprietario di un vasto palazzo che vende all’Intendenza di Catanzaro. Il palazzo diverrà sede dapprima degli uffici della Sotto Intendenza, e poi della Sotto Prefettura di Crotone, passando poi in proprietà della Amministrazione Provinciale di Catanzaro. Fu sede della caserma dei Carabinieri. Esso confinava con la strada Sotto Prefettura (attuale via Milone), piazza Sotto Prefettura (attuale Piazza Albani), salita del Castello (attuale Discesa Zeusi) e vico Sotto Prefettura (attuale vico Pace).
Descrizione del palazzo di Luigi Demeo
Nel 1816 è così descritto: “Num.o d’istanze della casa di Luigi Demeo / Stanza: 1.a e 2.a antecamera; gran galleria; due stanze da letto; da una di qual si esce in gran loggia. / Dalla 2.a antecamera si entra ad un altro quarto, che apre altre due stanze. / Dalla sala si entra in una cucina grande stanza per pranzare, e dispensa. / Oltre a d.o quarto grande vi è altro quartino di tre stanze diviso, a cui si sale con altra grada dallo stesso portone. / Vi sono li bassi corrispondenti.
Nota: E situata in un buono sito. Non ha bisogno di nessuno ristauro. Bastamente decente. Suscettibile di molto ingrandimento, abbondante di bassi ed altri commodi. Vi è una spaziosa gisterna dentro la cucina. Vi si potrebbero fare diversi cambiamenti per renderla più commoda. Fu palazzo della Sotto Intendenza e poi della Sotto Prefettura. Passò quindi di proprietà della Provincia di Catanzaro e fu adibito anche a caserma dei carabinieri.”
Attualmente esso è limitato da via Milone, Vico Pace, Discesa Zeusi e via Media sez. Cavaliere.
Note
[i] ASN. Dip. Som. 315/9, Conto del m.co Giulio Cesare de Leone deputato sopre l’intrate del vescovato de cutrone 1570 et 1571.
[ii] Il giorno 11 maggio 1579 con atto del notaio Gio. Galasso, il vescovo Maiorana, previo il pagamento di un censo enfiteutico annuo di ducati 11, affitta all’università di Cotrone due botteghe terranee contigue al cortile del palazzo vescovile, al sedile e alla casa o palazzo dell’università e alla piazza. Il notaio Gio. Galasso è ancora attivo all’inizio del Seicento (1602). AVC, Platea Mensa vescovile di Cotrone, 1780.
[iii] Il notaio Isidoro Galasso di Cutro verso la fine di dicembre 1662, uccise con un colpo di “maccetto” Patrizio Rotella, creato del governatore della città, Simone Perez de Vidauri (ASCZ, Busta 312, anno 1664, f. 25). Il 29 agosto 1667, “avendo conosciuto essergli di grave danno e detrimento i giochi di carte e dadi, che a volte va facendo”, sia per sé che per i propri figli, fa voto nella chiesa di S. Francesco davanti alla immagine di S. Antonio di Padova di non giocare più per 10 anni, e se lo farà verserà ogni volta duc. 50 alla chiesa dell’Annunziata di Napoli. ASCZ, Busta 313, anno 1667, f. 169.
[iv] ASCZ, Busta 337, anno 1694, f. 202.
[v] ASCZ, Busta 496, anno 1702, f. 1.
[vi] Marino F., Lettere familiari, Studio Zeta 1989, pp. 110, 139.
[vii] ASCZ, Busta 611, anno 1713, f. 67.
[viii] Il 18 agosto 1713 in una supplica al vicerè, l’eletto del popolo Dionisio Galasso fa presente che il “15 agosto essendo andati a creare il nuovo governo di questa città in quello vi assistì come vice governatore D. Giuseppe Lucifero e D. Fabritio suo padre il quale per molti liti con questa università non permise che i votanti votassero e eligessero persona abile di difenderci sotto vari e figurati pretesti come non mai intese Ecc.mo Sig. a volere coartare i voti a viva forza essendo da ogni legge divina e umana proibito anzi havendo voluto D. Cesare Presterà farsi sentire che i voti non si potean coartare e chew se ne protestava di nullità e ne haverebbe havuto ricorso a V. E. il medesimo lo fece carcerare. Tutto questo e molto di più lo farei costare a V. E. dalle istesse scritture fatte nel atto del elettione ma il secretario della città non ne ha voluto estraer copia con dire che si ritrovano tutte le scritture in mano di D. Fabritio e però Ecc.mo Signore sotto il felicissimo governo di V. E. ma a galla la giustitia e conculcate coloro che malamente la guidanoe maggiormente quelli che se ne abusano perciò posto a piedi dell’Ecc.V. la supplica degnarsi di opportuni rimedi a simili baldansosi attentati da i quali poco è mancato derivarne un grave disordine in questa città quando il popolo anelante di un sindaco che l’ha difeso si vide escluso di tal loro consultatione per le calunnie del d.o Lucifero”. ASN, Prov. Caut. 338, f. 65.
[ix] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 72.
[x] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, ff. 18, 36v.
[xi] La mensa vescovile esigeva un annuo censo di grana sette e mezzo sopra le case di Giuseppe Galasso oggi patrimoniali di D. Antonio Galasso. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 72.
[xii] Il primiceriato esigeva un censo sopra le case del canonico Antonio Galasso di annui ducati 4 per capitale di duc. 50. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 138.
[xiii] Il beneficio di S. Luca possiede un censo sopra le case patrimoniali di Antonio Galasso di annui ducati 5 e tari 2 per capitale di duc. 60. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, ff. 146v-147.
[xiv] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 82.
[xv] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, ff. 49, 76, 117.
[xvi] ASCZ, Busta 611, anno 1714, f. 37.
[xvii] ASCZ, Busta 1063, anno 1750, f. 24.
[xviii] ASCZ, Busta 662, anno 1727, ff. 105-110.
[xix] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, f. 47.
[xx] AVC, Catasto Onciario Cotrone, 1793, f. 80v.
[xxi] Il 27.4.1830 in una lettera da Napoli diretta a suor Mariangela Galasso il vescovo di Crotone Zaccaria Boccardi così si esprime: “Voi non dovete avere veruno scrupolo se mancasi all’osservanza delle Costituzioni, perché vi è la dispensa. Dovete accogliere le novizie con tutto il piacere e colla carità religiosa trattarle in tutto e come maestra istruirle nella condotta religiosa, che debbono tenere. Non dovete però pretendere certe date osservanze, che a persone di età avanzata riescono di grave peso, e di molestia, bastando l’osservanza delle cose essenziali per lo stato di monache”. AVC, Cart. 131.
[xxii] ASCZ, Busta 1323, anno 1756, f. 28.
[xxiii] ASCZ, Busta 1124, anno 1752, ff. 25-26.
[xxiv] ASCZ, Busta 916, anno 1764, f. 33.
[xxv] Per l’appoggio alle mura il De Meo doveva pagare al real Fondo carlini 15 annui alla metà di Agosto. ASCZ, Busta 1131, anno 1779, ff. 22-23.
[xxvi] AVC, Lista di Carico, Cassa Sacra, 1790, f. 19.
[xxvii] I De Meo dovevano pagare all’università un canone ogni anno nel mese di maggio per Jus soli. AVC, Catasto Onciario Cotrone, 1793, f. 46v.
Creato il 4 Marzo 2015. Ultima modifica: 19 Ottobre 2022.