Baluardi, mura, torri e torrette della città di Crotone: il baluardo Toledo
Il baluardo Toledo è situato tra il baluardo Marchese ed il baluardo Don Pedro. Nella cortina, che univa il baluardo Toledo con il baluardo Marchese, si apriva la porta principale, o maggiore, della città.
La costruzione
All’inizio dell’autunno 1546, mentre procede la costruzione delle fortificazioni in varie parti della città e del castello, iniziano i lavori sul luogo dove si dovrà fondare lo spontone Toledo. Esso è l’ultimo spontone della città ad essere costruito e chiude la nuova cinta muraria cittadina verso la campagna. La cinta e la campagna sono separate dal fosso ed un ponte levatoio immette per la porta principale, o di terra, alla città.
Nell’ottobre di quell’anno i mastri fabricatori, i manipoli ed i devastatori “hanno fatigato in far uno muro di crita et farce una porta allo muro a lo filo dela tronera delo spontoni ditto toleto verso la barracca”, “hanno fabbricato dui mura alla porta delo muro dela tronera delo spontoni ditto toleto”, “hanno fabbricato la mentionata porta delo ditto spontoni dentro lo fosso”. I lavori appena iniziati con la costruzione della cassa, alzando le impalcature ed iniziando gli scavi di fondamenta, ben presto si interrompono. A causa di alcuni disastrosi crolli, causati da “mali tempi di aqua forti”, bisogna concentrare tutto lo sforzo presso il vicino pericolante spontone don Pedro.
I lavori allo spontone Toledo riprenderanno con il nuovo anno. Nel gennaio 1547 si lavora “alla lamia delo spontone toleto” e, nel mese seguente, “al terrapieno de retro lo muro dela lamia delo spontone”. In seguito, per mancanza di mezzi finanziari, i lavori procedono a rilento ed a sbalzi. Nell’autunno 1549 si sta ancora tentando di finire il “cavamanto del torrione”, e si lavorava per poterne “appedar lo fianco”.
Il 20 dicembre 1549 finalmente, il regio scrivano de razione poteva annotare: “addi 20 dicembre si e appedato lo fianco et naso del torrione detto toledo, guardante verso il torrione don Petro. Lo detto fianco e di longheza p.l. 34 largo ad tutto lo zocculo p.l. 27. Lo naso del torrione preditto e delangulo dela cortina fino al muro dele lamie dela porta dentro lungo canne 6 p.l. 2 et lo zocculo e dela parte dela fronte dela corvatura quali guarda verso don petro p.l. 47 et tutto lo zocculo dele due parti et dela parte verso la via et mez. canni 7 p.l. 2 et ditto zocculo tutto si e appedato p.l. 45 sotto lo primo cordone lo zocculo e alto p.l. 5 e da ditti p.l. 5 si e incomenzata la scarpa”.
Nell’inverno seguente a causa delle continue piogge, più volte i lavori, condotti dal mastro Jo. Theseo Yacino e dai suoi uomini, devono rallentare per “sguttare l’acqua dentro il cavamento”, e per “annettar lo terreno che cadetti sopra la fabrica de ditto torrione per lo mal tempo”. Per accelerare l’opera, sia al baluardo Toledo, che alla cortina che dal baluardo va verso la porta della città, situata tra i due baluardi Toledo e Marchese, nel giugno 1550 la regia corte fa un contratto con il mastro crotonese Cola Joanne Yacomino. Il mastro si impegna con i suoi uomini a “far lo cavamento del restante torrione toledo et dela cortina di quello finche sera serrata la porta dela citta”.
Nonostante questo contratto i lavori non procedono per un nuovo impedimento. Bisogna infatti cacciare la grande quantità di pietra che “se trova al cavamento”. Mentre il mastro Yacomino ed i suoi uomini proseguono nel cacciare la pietra, i mastri di ascia costruiscono le forme “dele lamie dele case matte”. Durante l’estate si riempiono di terra “le lamiole et i contraforti”, e si costruisce la porta della “casamatta”. Per rendere più celeri i lavori, si costruiscono “li sayetti”, in modo da far arrivare sul luogo “l’acqua dela rota alla calce” per far la malta per il torrione. A tale scopo si utilizzano anche le “sayetti”, che erano al castello. Nell’autunno 1550, mentre prende forma lo spontone, è ancora all’opera il mastro Yacomino con i suoi uomini per togliere “la petra se trova dentro il cavamento”. Allo scavo dello spontone prende anche parte il mastro Bernardino lo Morello de Cotrone con quaranta uomini e dieci carri.[i]
Lo spontone Toledo
Così nel maggio 1573 l’ingegnere militare Ambrosio Attendolo descriverà lo stato del baluardo: “Lo detto belguardo B sta sopra la porta vechia che serve al presente et è finito più de tutti gl’altri perche ha la piazza superiore che non l’ha nesciuno de gl’altri/ onde manca poco a finirlo del tutto. La cortina che segue fin’all’altro belguardo terzo segnato C e quella dove stà la detta porta vechia de detta citta/ et la nova incominciata. Et in essa cortina sta incominciato il contramuro et terrapieno, ma ce ne manca gran parte/ et è di molta importanza/ perché in faccia dela campagna/ et la citta da la parte di dentro è bassa et la muraglia de ditta cortina è alta”.[ii]
Prime costruzioni
Dopo la costruzione verso la fine del Seicento, dell’oratorio della congregazione dell’Immacolata Concezione e L’anime del Purgatorio,[iii] bisognerà attendere alcuni decenni per trovare i primi fabbricati appoggiati alle regie mura, sullo spiazzo davanti al baluardo.
Nel 1745 dietro l’oratorio ed attaccati alla regia muraglia, furono costruiti i quattro macelli di Domenico Barbiero, Oronzio Pipera e Nicola e Felice Mazza. I macelli, che si trovavano nella pubblica piazza Lorda, a causa “dell’immondizie, e fetore” che arrecavano, furono levati per ordine dei governanti e trasferiti dietro la chiesa dell’Immacolata.[iv] Sempre nelle vicinanze, nel largo tra il baluardo e la porta principale della città, di fronte all’ospedale di San Giovanni di Dio, poco dopo la metà del Settecento alcuni speculatori cominciarono a costruire delle baracche per uso di bottega.
Il 20 aprile 1769 gli amministratori della città prendevano atto che i notai Vitaliano Pittò e Giandomenico Siciliano, ed i mastri barbieri Benedetto Stabile e Vincenzo Zurlo, avevano innalzato già da qualche tempo, quattro baracche con tavole coperte di tegole “nella piazza dello Spedale di S. Gio(vanni) di Dio e proprio nel luogo detto il sedile delli massari”. I proprietari, alcuni in qualità di prestanome, chiedevano di costruirne altre due; una per il notaio Gerardo de Meo, e l’altra per il mastro ferraio Vincenzo Naccarati. Quest’ultima doveva essere edificata accanto a quella che Salvatore Mazza aveva deciso di fare vicino alla bottega del mastro ferraio Nicola Vassallo.
Tutte le botteghe erano state costruite sul suolo universale, ed erano appoggiate alle regie muraglie della città. Le baracche erano per dimensione diverse tra loro, ed occupavano un suolo universale complessivo largo palmi 14 e lungo palmi 70. Per ragione di suolo ognuno dei proprietari offriva di versare all’università carlini cinque annui. All’inizio di giugno dello stesso anno, presso il notaio Nicola Rotella, veniva stesa una convenzione tra i proprietari e gli amministratori cittadini, con la quale di fatto veniva sanata l’usurpazione dei suoli.
I possessori delle baracche facevano presente che essi erano stati costretti ad usurpare il suolo pubblico, in quanto spinti da un grave stato di necessità, “essendo questa città tutta murata, ed in maniera tale angusta, che non vi è luogo di potervi fare edifici, per la qual cosa non tanto facile si ritrovano luoghi, e botteghe in affitto senza portar grande interesse a cittadini”. Chiedevano perciò di avere in concessione i suoli pubblici per cinque botteghe: tre per uso di curie per i tre notai e due per uso dei mastri barbieri. Parte delle botteghe erano già state edificate in tavola e parte dovevano essere ancora completate.
La richiesta dei tre notai e dei due mastri barbieri fu accolta ed avvallata benevolmente dagli amministratori, per i quali il “fabricare nel luogo sudetto non rendeva incommodo, ne danno alcuno a questo Publico, anzi utile all’università con rendere pure il luogo nobile per detti edifici”. Tuttavia, trattandosi di sottrazione di suolo pubblico, per essere definitiva la concessione aveva bisogno del regio assenso della Regia Camera di Santa Chiara di Napoli; assenso che verrà ben presto dato il 14 marzo 1770.[v]
Comincia la speculazione
Una volta resa legale l’occupazione, cominciò il passaggio di proprietà delle baracche con l’aumento del loro valore, determinato dalla loro favorevole posizione, in quanto vicine alla porta principale della città.
Nel novembre di quello stesso anno uno dei proprietari, il mastro Vincenzo Zurlo, vendeva la sua baracca di tavole, situata nel luogo detto “la piazza del hospitale, ed attaccata alla regia muraglia, ed attaccata a quella di mastro Benedetto Stabile”, al sergente Michele Messina. Nonostante che essa fosse stata stimata da esperti mastri muratori del valore di ducati 17, fu ceduta al Messina per ducati 29 e grana 50.[vi] Lo stesso avverrà nel maggio 1773, quando il notaio Vitaliano Pittò venderà la sua baracca sempre al Messina per ducati 34,[vii] e nel dicembre 1773, quando il parrucchiere napoletano residente a Crotone Benedetto Stabile, cederà la sua bottega, o baracca, a Giovanni Spataro. Quest’ultima baracca, situata tra quella del notaio Gio. Domenico Siciliano e quella di Michele Messina, è venduta per il prezzo molto alto di ducati 46, in quanto “benchè fusse stata stravagante tal richiesta, pure consideratosi da d(ett)o Spataro, che la Barracca sud(ett)a essendo stata edificata in luogo opportuno, gli rende affittandola più del dieci per cento, poco badando, che non vi sia l’intrinseco valore”. Con lo stesso atto di acquisto lo Spataro si impegnava a proseguire nel versamento di carlini 15 annui, dovuti alla regia corte per l’appoggio alle mura reali, e di carlini 5 all’università di Crotone per l’occupazione del suolo pubblico.[viii]
Una verifica del Real Fondo
In un documento del 2 marzo 1775, firmato dal dottor Don Angelo Fernandes, sopraintendente Generale del Fondo della Separazione de’ Lucri Reali, veniva elencata la conferma dei siti, sia edificati nel Real Fondo, che quelli edificati nel suolo universale ed appoggiati alle regie mura della città, come anche di ogni altro bene appartenente al Real Fondo.
In quello stesso anno veniva iniziata una verifica da parte del genovese Carlo Luceti, “incumbenzato da S. E. Angelo Fernandes”, il quale cominciò ad accertare i beni del Real Fondo, esistenti nella città di Crotone. Il Luceti a cui veniva conferito il potere “tanto per esiggere che di affittare e censuare”, si mise ben presto all’opera passando in rassegna tutte le costruzioni, che utilizzavano beni ricadenti nel Real Fondo. Esse furono misurate e fu nuovamente stabilito il censo annuo che i proprietari dovevano pagare.
Durante il 1775 ed il 1776 i mastri muratori Francesco Saverio Mazzeo, Carlo Iuzzolino e Giuseppe Gerace, su richiesta ed assieme al genovese Carlo Luceti, si recarono presso le regie mura “per apprezzare e valutare l’annualità del censo perpetuo”, che dovevano pagare i proprietari delle costruzioni appoggiate alle mura. Nel novembre 1775 essi visitarono il grande edificio, iniziato dal mastro Salvatore Mazza,[ix] e che stava proseguendo il mastro Gioacchino Mazza, figlio ed uno degli eredi di Savatore Mazza. L’edificio era stato in parte completato, ed in parte era ancora in costruzione. Esso consisteva in un casamento ed una bottega ed era posto “sopra le regie mura a man dritta nell’entrare la porta maggiore … in un luogo solitario, e pericoloso in tempo di notte di ladri e di cattiva aere per caggione del spuzzore che nesce dalle Beccherie vicine per l’animali che si macellano”.[x]
I mastri verificarono anche le cinque botteghe, costruite in fila sempre a man dritta entrando dalla porta principale. Esse sorgevano sul suolo universale ed appoggiavano alla muraglia reale; perciò anche per loro si doveva pagare un adeguato censo annuo al Fondo Reale. Essi trovarono che due botteghe erano possedute da Michele Messina e precisamente, la seconda e la quinta della fila.[xi] Vi era la costruzione posseduta dall’armiere mastro Vincenzo Blaccarà, che era la prima appena dentro la porta; tale edificio era composto da una bottega con sopra una camera e due camerini laterali.[xii] La bottega ad uso di curia del notaio Gio. Domenico Siciliano occupava il terzo suolo[xiii] e la bottega di Gio. Spataro il quarto.[xiv]
Le botteghe aumentano
Mentre le botteghe ad ogni passaggio di proprietà aumentavano di valore, continuavano le richieste di uso di suolo pubblico e di appoggio alle reali mura. Nel gennaio 1776 i mastri muratori su incarico del Luceti, si recavano nel “picciolissimo spiazzo di terreno appartinente il suolo a questa università dietro la bottega di fabrica edificata dal Mag.co Michele Messina che stà appoggiata alle reale mura à man dritta nell’entrare la porta magiore”. Il luogo era stato richiesto dal mastro barbiere Vincenzo Zurlo, il quale già proprietario di una baracca che poi aveva venduto, voleva ora edificare un’altra bottega di barbiere o per altro uso.[xv]
Nel febbraio del 1776 ormai parte del commercio cittadino si era trasferito appena dentro la porta principale delle città. Appoggiate alle mura nei pressi del baluardo Toled,o c’erano diverse botteghe, tra le quali la bottega del mastro Vincenzo Stabile, la bottega e la casa di Salvatore Mazza, la bottega di Giovanni Spataro, la bottega del notaio Gio. Domenico Siciliano, la bottega di Michele Messina, la bottega di Vincenzo Zurlo, due macelli e la bottega del notaio Gerardo Demeo.[xvi]
Toponomastica
Lo spontone con il passare del tempo cambiò denominazione. Nella “pianta della Città di Cotrone situata nella Provincia di Calabria Ultra” della prima metà del Settecento, fatta dall’ingegnere Emanuele Giovine, esso è indicato come “Baluardo Toledo detto Santa Margarita”. Denominazione evidentemente era riferita all’ambito parrocchiale in cui era situato. Durante il Decennio Francese, come risulta nella “Croquis de la ville chateau et port de Cotrone”, è indicato come “Bastion delle Chianche ou dell’Immacolata”, in quanto nelle sue vicinanze vi si trovavano le botteghe dei macellai e l’oratorio della congregazione dell’Immacolata Concezione. Più tardi, verso la metà dell’Ottocento, è indicato come “Bastione delle Armi”, come risulta nella “Pianta della piazza e castello di Cotrone”, e nel “Piano dimostrativo della cinta e del castello della città di Cotrone con le indicazioni delle proprietà militari” (1872).
Note
[i] ASN, Dip. Som. 196 e 197, ff. 78, 79, 80, 91 sgg.
[ii] AGS, E. 1065-62, Relation de la fortezza de la citta di Cotrone de Ambrosio Attendolo.
[iii] Le regole della confraternita dell’Immacolata Concezione e dell’Anime del Purgatorio, essendo la sede vacante, furono approvate dal vicario capitolare Geronimo Suriano il 4 dicembre 1684 ed a tale data risale anche la costruzione dell’oratorio. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, ff. 14, 40v sgg.
[iv] ASCZ, Busta 1063, anno 1750, ff. 117-118.
[v] ASCZ, Busta 1129, anno 1769, ff. 100-108.
[vi] ASCZ, 1528, anno 1770, f. 45.
[vii] ASCZ, Busta 1327, anno 1775, f. 155.
[viii] ASCZ, Busta 1326, anno 1773, ff. 221-223.
[ix] Il mastro Salvatore Mazza, dopo aver avuto la concessione per la bottega nel 1770, ottenne nel 1774, quella di poter costruire una casa attaccata alla bottega. ASCZ, Busta 1327, anno 1775, f. 155.
[x] L’edificio di Gioacchino Mazza occupava uno spazio lungo palmi 94, largo palmi 23 ed alto palmi 28, e fu tassato per ducati cinque da pagarsi ogni anno al Real Fondo. L’anno dopo la tassa fu elevata a ducati 9. ASCZ, Busta 1327, anno 1775, ff. 228, 155.
[xi] L’appoggio della prima bottega di Michele Messina era lungo palmi 14 ed alto sino alla cima del muretto sopra il muro reale palmi 22. Poiché la bottega era situata vicina alla porta della città in “luogo specioso”, fu tassata per carlini 18 annui. La seconda che misurava palmi 12 ed ¼ di lunghezza ed era alta palmi 22, non essendo in un luogo particolarmente felice fu tassata a pagare carlini 12 annui al Fondo. ASCZ, Busta 1327, anno 1776, f. 67.
[xii] L’edificio del Blaccarà essendo situato in un luogo “eminente” fu tassato per 20 carlini annui, in precedenza ne pagava 15. L’aumento fu dovuto al fatto che la costruzione era stata ingrandita con l’aggiunta di due piccoli camerini laterali. ASCZ, Busta 1327, anno 1776, f. 145.
[xiii] La bottega di Gio. Domenico Siciliano nell’appoggio alle mura era lunga palmi 14 ed alta palmi 22 “dal suolo sino alla cima del muretto edificato sopra il muro reale”. Poiché era in luogo “specioso” ed “ottimo”, fu tassata per carlini 18 annui. ASCZ, Busta 1327, anno 1776, f. 79.
[xiv] L’appoggio alle regie mura della bottega di Gio. Spataro era di palimi 12 ed un quarto di lunghezza, e palmi 22 di altezza. Poichè era costruita in luogo non eminente, fu tassata per carlini 12 annui. ASCZ, Busta 1327, anno 1776, f. 76.
[xv] I mastri muratori stimarono che per l’appoggio alle mura, Vincenzo Zurlo doveva pagare ogni anno carlini 10 al Fondo Reale. ASCZ, Busta 1327, anno 1776, f. 26.
[xvi] Nota dei nuovi censi fattisi nella città di Cotrone, Napoli 12 feb.ro 1776. ASCZ, Busta 1327, anno 1775, ff. 155-156.
Creato il 4 Marzo 2015. Ultima modifica: 31 Ottobre 2022.