Mastri al lavoro nelle cattedrali di Crotone e di Santa Severina
Crotone, 23 febbraio 1641. Accordo tra Francesco Abruzise di Napoli abitante in Policastro ed i reverendi canonici Jo. Vin.o de Amato, U.J.D. Hieronimo Petrolillo e Decio Suriano di Crotone, procuratori della Regia Fabrica del Sacro Episcopio della città di Crotone.
“come d.o fran.co soi e convenuto con essi procuratori di fare le lamie alla ala destra del detto vescovato novo per diritto alla cappella della mad.a SS.ma dello Capo e coprire tutti li cinque archi novi di lamia di yzzo per doc.ti quarantacinque di mastria et manipoli et che essi procuratori l’ha di dare lo yzzo petra et acqua et lo legname che servira per forma et che oltre la lamia habia di fare atorno atorno le cornici con relasci a lunetti come quella di S. fran.co di paula et le cornici come quella della cappella del S.r Gio. Dionisio Suriano alli cappoccini . Con patto che lo yzzo l’habia di fare esso fran.co a Policastro et farlo fare et bono e di perfetione a ragione di uno carlino per tum.lo a Policastro et essi procuratori l’habino a fare venire a spese loro et che esso non sia obligato ad altro che farlo fare alla d.a ragione nel d.o loco di policastro et che per caparra di d.o yzzo li diano d.ti dieci et che lo yzzo sia in ordine per tutto aprile et lo complemento dello danaro dello yzzo sel habia di dare venuto lo yzzo et esso mastro habbia a venire a fare d.a opera lo primo di maggio et non partirse se non la finisce et lo yzzo sia servito con li d.ti cento et lo danaro della mastria ce l’hab.o da pagare essi procuratori fatigando pagando et percio volendo mandar in effetto detta loro conventione et accordo come utile et piu necessaria a d.a chiesa sponte in presentia n.ra dicti RR procuratori pagano di contanti detti d.ti dieci per mano di d.o D. Gio. Hier.mo Petrolillo a d.o fran.co per conto di d.o Jizzo e promettono et si obligano pagare lo comp.to delli d.ti cento … alla ragione di uno carlino per tu.lo in policastro e promettono farlo venire quello a loro spese per tutto aprile et quanto prima che saranno richiesti da esso mastro et si obligano di piu pagarli detti d.ti quarantacinque per mastria di dette lamie facende del modo detto di sopra a lunette come quella di S. Francesco di Paula con la cornice come quella delli cappuccini et oltre accio pagare altro yzzo che sara necessario oltreb li d.ti … per finirsi d.e lamie e cornici alla stessa rag.e in policastro et farselo venire a loro spese da policastro in cotrone nec non darli et subministrarli lo legname per le forme lacqua e petra necessaria per dette lamie et esso mastro di contro si obliga di dare fatto dicto yzzo t.li dui cento tutto aprile p.o venturo et allo primo di maggio retrovarse qua in cotrone a cominciare a fabricare dette lamie et non partirse se non finira justo impedimento pero supreveniente la opra da farsi per detti D.ti quaranta cinque per mastria e fatica sua et di manipoli che bisognassero quali se l’haveranno da pagare fatigando pagando …”.
R. Dom. Zurlo arcidiacono
R. Can.co franc.o Bombino
R. can. Jo. Batt.a Suriano
R. Can. Jo. Fran.co Gerace
R. D UJD Horatio Zurlo paroco S. Margaritae (ff. 17-18).
La costruzione dell’altare della cattedrale di Santa Severina
All’inizio dell’arcivescovato di Carlo Berlingieri (1679-1719) la cattedrale era composta da 18 canonici, 6 dignità, 14 preti semplici, 1 suddiacono, 1 diacono e 20 chierici.
Essa era a “tre navi, con intempiatura nella nave di mezzo, con li quadri sfondati, a rose intagliate con cinque archi di fabrica, e le navi piccole coperte a tetti.
Vi sono in detta chiesa cinque cappelle, parte coperte a lamia e due a modo di cupola, due di esse sono ornate di marmo fino e due altre sono ornate con colonne di verde d’ordine dorico, e sono quella della Madonna degli Angeli e quella di S. Anastasia, sopra del quale ornamento vi sta conservato il braccio di S. Anastasia.
Vi è l’altare maggiore con baldacchino sopra, dietro del quale vi è il coro coperto con cupola ed in testa vi è il trono dell’arcivescovo. Dentro la nave grande vi è il pulpito di marmo pardiglio con due colonne di cipollazzo d’ordine jonico, e dall’altra vi è l’organo”.
Carlo Berlingieri innalzò, utilizzando legno di noce finemente lavorato, il trono arcivescovile che era basso e dimesso, rendendolo degno. Ornò parimenti l’altro sedile arcivescovile che era situato nel coro, completando lo stesso coro. Riparò quindi la cupola, che trovò quasi fatiscente e che lasciava passare la pioggia da ogni parte.
Nonostante l’ingente furto subito dalla metropolitana nel novembre 1696, che l’aveva privata di denaro e preziosi, accumulato del denaro, poiché la chiesa si presentava tenebrosa e con il tetto umile e basso, con grandi spese, lo innalzò, lo decorò con un elegante soffitto basicale e diede all’interno molta più luce con nuove finestre. Con grandi spese e dopo anni di lavoro rese elegante e fine la facciata della chiesa, utilizzando pietra policastrense, simile al tiburtino.
Essa fu completata nel 1705 come risulta dalla grande scritta lasciata a ricordo nella corona superiore della facciata. L’altare maggiore, rivestito di diversi marmi, ed il sacello di Santa Anastasia furono ornati con croci d’argento, candelabri, vasi ecc.. Incrementò il culto di Santa Anastasia ponendo la chiesa sotto la protezione del suo braccio, come denota l’iscrizione sul portale “BRACHIO SANCTO SUO DEFENDET. SAP.S”. Prima di morire fornì la chiesa di molte preziose sacre suppellettili. Operò in questi anni e morì in Santa Severina il pittore Leonardo Vaccaro della città di Paola (“Die 25 m.s Augusti 1709 Leonardus Vaccaro cives Paulae, incola in hac Civ. ob causam exercendae suae artis Pictoris).
Epigrafi
Epigrafe murata dietro l’altare maggiore della cattedrale:
“AD DEI HONORE. ET GLOR. / CAROL.S BERLINGERI.S ARCHIEP.S S. / S. HUIUS ECCLESIAE FACIE COMPOSITA / TECTO ALTIUS SUBLATO/ EADEMQ. FENESTRIS CIRCU(M)APERTIS / AC LAQUEARI AURO PERFUSO / ILLUSTRIORI REDDITA / ARAM DEMUM HANC PRINCIPEM / VARIO MARMORE OBDUXIT / A.D. MDCCVIII / ORDINAT.S SUAE XXIX”.
“IN HONOREM S. ANASTASIAE V. ET M. INCLYTAE CAROLUS BERLINGERIUS ARCHIEP. S. SEVERINAE A.D. MDCCV”.
“D. O. M./ TEMPLUM HOC OLIM DIVO ANDREAE ET S. SEVERINAE MARTYRI/ POSTEA DIVAE ANASTASIAE POST EIUS BRACHII INVENTIONEM/ CAROLUS EPISCOPUS SIBERINANTENSIS/ POSTQUAM ORNARE COMPLEVIT, DICAVIT, ASSIGNAVITQUE/ DIEM XIII NOVEMBRIS PRO EIUS ANNIVERSARIA FESTIVITATE”.
“D.O.M./ CAROLUS BERLINGERIUS/ ARCHIEPISCOPUS HUIUS METROPOLITANAE ECCLESIAE/ SANCTAE SEVERINAE/ HIC JACET IN SINU SUAE DILECTAE SPONSAE”.
“IN/D. O. M./ AC D. ANASTASIAE PATR. HONOREM/ ARAM HANC PRINCIPEM/ PATRIO EX LAPIDE OLIM ERECTAM/ VARIO NUNC ET ELEGANTI EX MARMORE/ ANTONINI GANINI ARCHIPRAESULIS/ SOLLICITUDO ET MUNIFICENTIA CONSTRUENDAM/ CURAVIT/ EAMQ. UNA CUM TOTA BASILICA/ SOLEMNI RITU AC POMPA/ M. TOTIUS DIOECESANI CLERI INTERVENTU/ VI. IDUS IUNII AN. A VIRG. PAR. MDCCLXVI/ SUI ARCHIPRAESULAT. IV. INCOEPTO/ SACRIS LINIVIT OLEIS ET SACRAVIT/ INDULGENTIAS CONSUETAS IMPERTIIT/ FESTUMQUE DEDICATIONIS ANNUUM/ DIEI POST ASCENSIONEM DOMINICAE/ ADSIGNAVIT”
Documenti
Il 5 novembre 1705, in Mesoraca. Giovanni ed Agostino Minerbino, mastri scarpellini e marmorari della terra di Gimigliano si obbligano con l’arcivescovo di Santa Severina Carlo Berlingieri di “incrostare di porfido et altri marmi di Gimigliano di diversi colori e di marmi bianchi et alabastri forasteri respettivamente conforme sia notato nel mezzo disegno colla scala di palmi sotto scritto dalli med.mi e legalizato da me Not.o l’altare magiore della chiesa Metropolitana di S.a S.na, cioè li gradini in esso altare num.o tre e li fianchi del med.mo e tutta la parte di adiestro q.li gradini dovranno essere lunghi palmi dudici ed alti in distanza l’uno dall’altro dui terzi di palmo e di larghezza li dui p.mi di essi di oncie undici di palmo e l’ultimo di un palmo e quarto e doveranno farsi intieri di porfido verde con in mezzo cinq. commisure di alabastro secondo il disegno. Nel fianco dello altare, in quella parte dove appogiano li gradini vi haverà d’essere uno scartoccio per parte in due pezzi larghi palmi tre che habbia ugual faccia tanto dalla parte d’avanti come dalla parte di adietro di porfido verde colle commisure a suo luogo secondo il disegno di alabastro e la base seu pedana e la cimasa di marmo rosso ma nell’estremità sopra la q.le immediatamente appogiano li gradini dell’altare con un profilo d’alabastro che tiri per tutto il gradino da uno cartoccio all’altro e gira quanto gira lo gradino nel fianco.
L’altra parte delli fianchi dell’altare, cioè dove à punto casca la tovaglia che è larga dui palmi e quarto dovrà esser vestita di porfido verde d’uno solo pezzo colle commisure in mezzo d’alabastro, e colla sua basa seu pedana e cimasa di marmo rosso dell’istess’altezza e lavoro che sono le base seu pedane delli cartocci. La parte posteriore dell’altare doverà havere nel mezzo cioè nella parte superiore d’esso lo scudo d’arme di Monsignor Ill.mo e sotto d.o scudo un cartellone coll’iscrittione ambedue di marmo bianco e tutto il resto di d.a parte posteriore havrà d’esser vestito di porfido verde con liste di marmo nero e commisure di marmo bianco, seu alabastro, come sta delineato nel disegno e l’estremità di basso haverà d’esser da per tutto girata di marmi rossi dell’istesso lavoro e misura della pedana delli cartocci.
Nell’estremità poi della parte superiore e propriamente nel mezzo vi dovrà esser un cartoccio parte di marmo bianco seu alabastro, e parte di porfido verde a due palmi che appoggi sopra l’incrostatura superiore senza toccare l’ultimo gradino nel restringere la sua larghezza di un palmo e quarto. Il scudo dell’arme di alabastro dovrà essere lavorato di mezzo rilievo di tutta perfettione e di concerto di tutta l’opra. Quali marmi siano obligati essi mastri ut supra costit.ti condurli sino a d.a chiesa Metropolitana e Monsignor Ill.mo Arcivesc.vo sia tenuto aiutarli in d.o trasporto a proprie spese dalla torre del Sig.r Barone D. gaetano de Nobili d.a il piede della Sala in territorio di Catanzaro sino a d.a Città di S.ta Severina con dichiaratione che li marmi bianchi debbiano essere forastieri di tutta perfettione e l’altri marmi di Dimigliano cossi verdi come rossi e negri debbiano esser lucidi e d’ogni bontà e perfettione et per fare et assettare d.a opera di marmi, secondo stà di sop.a descritto e dichiarato essi m.ri costit.ti ut supra si sono convenuti con d.o Monsig.r Ill.mo Arciv.o per docati cento cinquanta cinq. da pagarsi in questo muodo: docati trenta in contanti quali presentialmente e manualmente d.i m.ri si ricevono in moneta d’Argento corr.te. Altri docati trenta da pagarsi alli quindici del mese di febraro dell’entrante anno 1706. Altri docati venti da pagarsi nella fiera di S. Giovanni , dico fiera di S. Giio. Dell’Agli succ.e. Altri docati quinteci da pagarseli a quindici luglio dell’istesso anno; altri docati venti alli quindici 7bre del med.mo anno, li restanti docati quaranta complimento di d.i docati cento cinquanta cinq. da consegnarsili complita havranno d.a opra, obligandosi essi costit.ti dar complita d.a opera per tutto il mese di Gennaro dell’anno 1707 con patto espresso però che tutti li marmi, alabastro e porfidi che bisognano per d.a opera s’habbino dalla prima d’Ap.le dell’entrante anno 1706 da cominciare a trasportare da d.i m.ri in d.a torre e che d.o trasporto sia complito a tutto giugno di d.o anno e condotte d.e pietre come sop.a nella torre sud.a del piede della Sala accio che nel mese d’Ap.le, Maggio, e giugno si possa trasportare con carri nella sud.a Città di S.ta S.na altrim.ti non seguendo il trasporto sud.o in d.a torre nei tempi stabiliti come sop.a non sia d.o Monsig.r Arciv.o obligato al trasporto sino a d.a Città di S.a Severina ma sian tenuti essi m.ri all’intero trasporto sino a d.a Città a spese proprie q.a sic, con dichiaratione che da quattro viaggi di mule leggieri delli pezzi minuti si habbino portare nel mese d’Agosto o Settembre à commodo di d.o Monsig.r Ill.mo Arciv.o et a sue proprie spese con patto che d.o Ill.mo Arciv.o l’habbi da dare per la d.a opera una libra di cera e quindici rotola di pece bianca con patto che d.i m.ri costituti ut sup.a siano tenuti in s.m sincome con giuramento s’obligano nelli tempi come sopra stabiliti ademplire d.a opra e mancando di d.o ademplimento per qualsivoglia tanda sia lecito ad esso Monsig.r Ill.mo surrogare altri mastri e da quelli far fare d.a opera a prop.e spese d’essi costituti e quando si dirà da d.o Monsig.r Ill.mo in casu nelle spese che si faranno et a quello credere senz’altra giustificatione come ancora volsero essi costituti cher in caso d’inoservanza delle cose predette la presente obligatione si possa contro essi in s.m incusare et eseguire real.r et personaliter in ogni corte loco foro …” (Il notaio abitava in Mesoraca in parrocchia di S. Nicolò “nella publica strada che si va alla chiesa della SS.ma Ann.ta”).
Il 6 novembre 1705 presso il notaio Luca Foresta da Mesoraca i mastri firmavano il disegno dell’altare. “Io qui sottoscritto Notaro faccio fede il presente disegno descritto nella presente carta ex utroque parte esser stato sottoscritto in più luochi di propria mano dalli mastri scarpellibni Agostino e Gio. Minerbino et esser proprio quello disegno che si sono obligati li medesimi a Monsig. Ill.mo Arcivesc.vo hogi infra.tto di per mano di me infra.tto notaro fare di porfido e marmi nell’altare magiore della chiesa catedrale di S. S.na et a fede Mesoraca 6 9bre 1705”.
L’undici febbraio 1708 in Santa Severina i mastri Giovanni ed Agostino Minervino di Gimigliano dichiarano di aver ricevuto dall’arcivescovo per mano del Signor D. Antonio Giannuccaro ducati 15 a saldo dei ducati 155 stabiliti per il prezzo della “struttura e maestria” dell’altare maggiore della chiesa metropolitana di Santa Severina. Inoltre affermano di avere ricevuta l’intera somma pattuita per il compimento dell’opera e si obbligano a consegnare “tre pezzetti di marmo bianco ed un studino di marmo pure bianco che fece venire d.o Mons.o Arciv.o a sue spese”.[i]
I confessionali nella cattedrale di Crotone
Nella visita alla cattedrale il vescovo di Crotone Marco Rama prese visione e descrisse i quattro confessionali che vi erano e ordinò di apporvi la pia immagine e la nota dei casi riservati al vescovo. Inoltre comandò di munirli di porte per non permettere ai secolari di sedersi.[ii] Dalla visita del vescovo Anselmo dela Pegna, avvenuta venti anni dopo, sappiamo che la situazione era rimasta la stessa.[iii] Passeranno diversi anni prima della costruzione di due altri confessionali ad opera dei fratelli Matteo e Domenico Rossi originari di Serra.[iv]
Note
[i] AASS, 60A.
[ii] “De Visitatione sedium Confessionalium. Deinde ad sedes confessionales, quae quattuor sunt num.o in Cathedrali recognitis de sera ferrea, et de ferreis cratibus, easque laudans E.pi pronunciavit, et decrevit de pia imagine aponenda notisque casuum reservatorum tum ipsi Ill.mo, tum in Bulla alaenae, et de portis, ne saeculares sedeant. Nos visitantes quatuor sedes confessionales in praefata nostra Cathedrali, mandamus Oeconomo Mensae, quatenus infra mensem à die Datae curet in una quaque sede apponi piam imaginem, notam casuum reservatorum tum nobis, tum SS. D.no et fieri portas ne saeculares sedeant sub poenas in negligentiam librarum duarum cerae albae pys”. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo Marco Rama A. D. 1699 Confectae ff. 3v-4r.
[iii] “De Visitatione sedium Confessionalium. Conferens se postea ad visitandas sedes confessionales, quattuor numero in Cathedrali existentes, facta resignitione de’ ferreis cratibus eas probano, haec pronunciavit et decrevit dè porta sera ferrea munienda. Nos visitantes quatuor sedes confessionales in hac in nostra cathedrali positas praecipimus et mandamus Oeconomum nostrae mensae quod infrà mensem post curet in una quaque sede fieri portas sera ferrea muniendas ne saeculares, aliique à confessariis ibi indecenter sedeant, sub poena in negligentiam librarum duarum cerae albae piis”. AVC, Anselmus de la Pena Visita 1720, f. 3.
[iv] Crotone 17 dicembre 1778. Tommaso Mancini di Napoli da molti anni abitante nella città di Catanzaro, “approvato nell’arte d’intagliatore travaccari”, ricevette verso la fine di Settembre una lettera dal Rev.do Vincenzo Smerz, canonico della cattedrale di Crotone ed economo della Mensa vescovile, per recarsi a Crotone e stimare ed apprezzare secondo la sua arte e perizia la maestria e fattura fatta dai mastri intagliatori e lavoratori del legname di noce i fratelli Matteo e Domenico Rossi originari di Serra, ma residenti a Crotone, nel riattamento da loro fatto di due confessionari di noce già esistenti da più anni nella cattedrale, e la maestria e fattura di due altri confessionari in noce a tutte spese della stessa mensa vescovile e con i materiali dalla stessa forniti. Tra il canonico ed i due mastri non si era trovato l’accordo sul prezzo, il canonico aveva deciso di rivolgersi al Mancini per stimare il lavoro, il parere del quale fu condiviso anche dai mastri. Il Mancini ricevuta la lettera ma “dubitando dell’aria di Cotrone che di quel tempo è sospettissima”, “per non mettere a cimento la salute” ritardò la partenza, aspettando tempi più freddi. Il quattordici dicembre con le cavalcature mandate dall’economo il Mancini giunse a Crotone. Dopo vari contrasti e fatta la stima del lavoro fissò il prezzo in ducati 160, cioè ducati 110 per la costruzione dei due nuovi confessionali e ducati 50 per il restauro dei due usati. ASCz, Not. Smerz G., B. 1774, f.lo 1778, ff. 7v-14r.
Creato il 4 Marzo 2015. Ultima modifica: 12 Dicembre 2022.