I Barracco di Santa Severina e di Crotone

 Panorama di Santa Severina (KR).

Marcello Barracco

Alla metà del Seicento, i Barracco sono menzionati tra le famiglie nobili della città di Santa Severina: “Nella quale vi è Separat.ne fra nobili e Popolino. Nobili sono li Modii, Infosini, del Sindico, Martini, Severini, Lepari, Gallucci, Barracchi, Zuroli, Teutonichi, Mannarini, Faraldi, Ferreri, Sacco, Lungo, Sosanna et Oliverio parte detti sono famiglie antiche et parte sono agregati”.[i]

Il 24 dicembre 1588 in Santa Severina il notaio Marcello Santoro stendeva i capitoli matrimoniali tra Geronima Modio di Santa Severina, figlia di Lucantonio Modio e Polissena Susanna, e Marcello Barracca seniore di Cosenza. La madre di Geronima, la vedova Polissena Susanna, ed i suoi figli Gio. Battista, il clerico Gio. Pietro e Giulio Cesare Modio, promisero in dote una possessione “seu clausura di vigne et di vari arbori con pozo et doi fontane dentro”, in località Li Carra Vecchia del valore di ducati 150, “una continentia di case palaciate dove al presente abittano di Crotone essi S.ri dotanti consistentino in cinque membri dentro la Città p.ta de S.ta S.na in la parrocchia di S.to Jo. Bap.ta iux.a le case de lo q.o S.r Ant.o la Padula et lo canpo pu(bli)co”, del valore di ducati 170. Altri ducati 30 dovevano ricevere i futuri sposi da Rinaldo del Modio, al quale i Modio avevano venduto un palazzetto, inoltre vi erano ducati 300 in “panni di seta, filo, lana, ferro et altri suppellettili di casa” e, da ultimo, parte di ducati 1000, che sarebbero dovuti provenire dalla conclusione di una lite che i Modio avevano con il Duca di Nocera, riguardante la fiera di Molerà “quale fu del q.m loro avo”, con la condizione che, per la buona riuscita della lite, avrebbe dovuto concorrere finanziariamente anche il futuro sposo. Era presente alla stesura dell’atto l’arcidiacono di Santa Severina Gio. Francesco Modio, zio carnale della sposa.[ii]

Alcuni anni dopo ritroviamo il Barracco, in veste di arrendatore della salina di Neto, in un atto di protesta stilato dal notaio Gio. Francesco Rigitano di Crotone. Il 10 maggio 1594, il procuratore dell’università di Crotone, il nobile Gio. Geronimo Barbamayore, protesta contro Marcello Barracca seniore, arrendatore della salina di Neto. Il Barbamayore alcuni giorni prima, a nome della università di Crotone, si era recato con ordini della regia camera e con molti carri, presso la salina di Neto per farsi consegnare la quantità di sale, che doveva avere l’università “in ragione de foculeri”. Giunto alla salina trovò il sostituto dell’arrendatore, il quale voleva consegnargli solo sale minuto contro il solito, secondo cui, il sale grosso doveva superare sempre “in due graste” quello minuto ed, inoltre, voleva anche farsi pagare ed esigere diritti non dovuti.

Per tale motivo il Barbamayore ritornò a Crotone con i carri vuoti, creando un danno per l’università, che fu costretta pagare i carri vuoti per pieni. Tale fatto era anche più grave perché altre università della Calabria, come quella di Stilo, avevano avuto un trattamento migliore “con avere solo sale grosso”, mentre quella di Crotone doveva ricevere solo terra e sale minuto. Il Barracca, che si trovava “in foro Sancti Joanni Minagò”, si difese affermando che non era al corrente del fatto in quanto era assente dalla salina e che avrebbe riparato. Dichiarò inoltre che “le monitioni erano piene di sale minuto senza pagamento”, e che non si voleva esigere pagamenti illeciti, ma a ciò era stato costretto dal fatto che si dovevano pagare “li tagliaturi et cacciaturi”.[iii] Legato come i Modio agli interessi della chiesa arcivescovile, nel 1602 Marcello Barracca seniore assieme a Marc’Antonio Infosino e al Dottore Ettore Modio, testimonia a favore della mensa arcivescovile nel processo riguardante il pagamento della decima tra il procuratore della mensa e l’erario del conte Vespasiano Carafa.[iv]

Rimasto vedovo, Marcello si risposò con Innocenza Modio, sorella della defunta sposa. Un breve papale di Clemente VIII del 5 maggio 1597, concede la dispensa sull’impedimento di secondo grado di parentela tra Marcello Barracco e Innocenza Modio di Santa Severina;[v] con un altro del 26 febbraio 1616, Paolo V concede a Marcello Barracco di Santa Severina l’indulto per un oratorio privato nel castello di Roccabernarda, nel quale sono custoditi dei prigionieri.[vi] Dal matrimonio tra Marcello Barracco seniore ed Innocenza Modio, nacquero Marcello, Giovanni, Pietro Paolo e Morana. Il primogenito Marcello, figlio di Marcello Barracco seniore e di Innocenza Modio, sposò Antonia Ioppolo, figlia di Mario, barone di Mammola e di Agnana.

Arme della famiglia Barracco.

Marcello Barracco e l’abbazia di Altilia

Il legame tra Marcello Barracco seniore e Tiberio Barracco, abbate commendatario dell’abbazia di Altilia, è evidenziato dall’iscrizione in una campana della chiesa dell’abbazia: “+ VERBUM CARO FACTUM EST ET ABITAVIT IN NOBIS A.D. MDCVI S.M. DE ALTILIA MARCELLO BARRACCO.”[vii] Anche il figlio Marcello ebbe in fitto quasi di continuo i beni dell’abbazia. In tale veste lo troviamo in una lunga lite con il barone di Caccuri.

Nell’inverno del 1622 il fiume Neto mutava corso, così alcune gabelle dell’abbazia finirono dalla parte del territorio di Caccuri, alimentando i conflitti con barone Gio. Battista Cimino. In quell’anno Marcello Barracco, che aveva affittato l’abbazia, fece pascolare le sue vacche nelle “Volte di Neto”, ma ne fu impedito dal cognato del barone. Dovette intervenire il priore che, sollecitato un breve apostolico, minacciò la scomunica a chi impediva il pascolo al Barracco.[viii]

“Le Saline” presso Altilia in un particolare della tavola N.° 29 (1789) della carta di G. A. Rizzi Zannoni.

Marcello Barracca, arrendatore del sale di Calabria Ultra

Fin dal giugno 1623 il vicerè Antonio Alvarez de Toledo duca de Alba (1622-1629) aveva ordinato a Marcello Barracca, arrendatore delle saline di Calabria Ultra, di versare per servizio del re e delle galere in Messina 5600 ducati all’ammiraglio, il principe Filiberto di Savoja, comandante della flotta spagnola che doveva fronteggiare l’armata turca. Il Barracca, dapprima tergiversò, poi per non essere imprigionato si rifugiò con molti suoi beni nella chiesa arcivescovile di Santa Severina, sfruttando il diritto d’asilo. Nel frattempo, egli aveva scritto che, su sua istanza Aniello de Guido, per ordine della regia camera della sommaria, era stato carcerato presso l’udienza della Provincia “per quel che gli deve dell’affitto dei fondaci marittimi del sale”; somma che il Barracco valutava in ben 12.000 ducati.

Nell’agosto 1623 tre commissari gli davano la caccia: uno inviato dal mastro portolano di Reggio su ordine della regia camera sommaria, gli aveva sequestrato le saline con le loro rendite, un altro inviato dal tesoriere di Monteleone gli aveva sequestrato gli animali e dei beni, il terzo gli era stato mandato contro dal mastro di campo Carlo di Sangro.

Stretto d’assedio, il Barracco probabilmente presto si accordò; risulta, infatti, che il 7 ottobre 1623 il vicerè considerando la convenienza, che tutti gli arrendatori facessero accurato e minuzioso bilancio fino a tutto settembre, invitava il Barracco a compilare il suo ed a presentarlo al più presto nella tesoreria generale.

Dopo quattro mesi, il 7 febbraio1624, il Barracco rispondeva di aver ricevuto con ritardo la lettera e di tardare ad adempiere all’ordine, perché gli occorrevano certi registri da riscontrare. Il vicerè di rimando, il 2 marzo seguente, ribatteva che usasse maggior diligenza e che attendeva il bilancio.[ix]

Sappiamo da altri documenti che dopo pochi mesi la regia salina ritornava in demanio. Il 20 marzo 1625 gli ufficiali della regia salina Gio. Girolamo La Picciola regio dohaniero, Gio. Francesco Morano regio credenziero, Marcello de Bona m.o tagliatore e guardiano, Gio. Tomaso Zurlo r.o partitore, dichiaravano alla regia camera della sommaria che, dal primo di settembre 1624, da quando cioè la salina era ritornata in regio demanio, non era stata pagata l’annua concessione di ducati 75 sopra la salina, che la regia corte doveva al capitolo di Santa Severina.[x]

A quel tempo era ancora aperto il contenzioso tra Marcello Barracco e la regia camera per quanto riguardava l’amministrazione della salina. Il legame di Marcello Barracco con la salina di Neto continuerà anche il seguito fino alla morte. Infatti, il 30 aprile 1641, “per morte successa mesi passati del Sig. Marcello Barracca olim duaniero di d.a salina”, non potendo stare la salina senza doganiere, su richiesta del regio arrendatore delle saline di monte Antonio Urso, la regia corte nominava il successore Gio. Domenico Pedace.[xi]

Localizzazione della salina presso la confluenza dei fiumi Neto e Lese.

Il mondo della salina

Nei “Memoriali di scom(uni)ca di particolari publicati in diversi tempi dal m. R.do Cantore”,[xii] è inserita una supplica di Marcello Barracca rivolta all’arcivescovo di Santa Severina. Con tale atto il Barracca cercava di cautelarsi, annotando tutte le frodi, che egli poteva aver subito, durante la sua amministrazione della salina. Nell’occasione l’abate A. G. Vezza comandò al primicerio di Santa Severina Carlo Teutonico, all’arciprete di Rocca Bernarda Gio. Felice Oliverio ed al reverendo Carlo Santoro per il Castro di S. Mauro, di fare tre monizioni del memoriale, leggendolo “de verbo ad verbum” in tre giorni festivi durante le messe solenni. Essi dovevano poi accogliere le informazioni (revelationes) e trasmetterle in forma scritta al cantore. Da quanto ne sappiamo nessuno si fece vivo. Il documento ci permette di ricostruire l’ambiente economico ed umano, nel quale la salina era inserita.

24 maggio 1625. “Ill.mo et R.mo Sig.re

Marcello Barracca olim Arr(endator)e delle Reggie Saline di Calabria supp(li)ca V.S. Ill.ma ordinare, che nella Rocca Bernarda et S(an)ta Sev(eri)na si facciano le debite monit(io)ni dell’infra.tti capi ad esso supp(len)te spettanti et pertinenti et dopo si procedara alla sententia dell’escomunica, etiam contra principali che lo riceverà a gra(tia) di V. S. Ill.ma, ut Deus.

In p(rimi)s se li sust(itu)ti delle saline habbiano venduto sale et non postolo a libro se li detti habbino scritto la vendita a squarcia foglio, et dopo non posta a libro magg(io)re tutte le partite, ma lasciatone.

Item s’hanno mandato sale a lavorare, a loro amici senz’ordine in scriptis dell’Arr(endator)e, e s’hanno dato sale alli viat(o)ri più della vendita per haverli portato alcuno presente.

Item s’hanno dato sale alli fatiganti, et salinari più del solito, per haver ricevuto da quelli alcuni servitii, come zappare, metere, corrieri mandati a diverse parti et altro et per non pagarli di denari l’hanno dato sale, e più se a mulattieri o cavallari per haversi servito delle loro bestie, tanto di sella quanto d’imbasto per alcuno viaggio et darli sale et non danari.

Item s’hanno cambiato sale per caso, lardo, prisutti, suppressate, casicavalli, fronde di celsi, seta, manna, lino, ligumi, oglio, tela, banbace, panni di lana, musto, vino et altro.

Item s’hanno posto spese in libro, che non son fatte et s’hanno detti sustituti dato sale a credenza et non postolo a libro com’anco, chi l’ha ricevuti, et non pagatoli a detti sust(itu)ti com’anco chi ha lavorato pettere o altri lavori di sale, non essendo stati quelli per ordine dell’Arr(endato)re ma di sust(itu)ti e s’hanno cambiato nella salina di Rossano o in qualsivog(li)a altra salina sale per pesce, sapone, piatti, seta, fiaschi d’amarena, legno et altro.

Item come in tempo sono state sequestrate d(ett)e saline s’hanno fatto diverbo con d’alcuno di quelli ch’hanno ministrato, et non hanno dato lucido conto ma copiato li libri cacciatone molte partite et il retratto di quelle convertitolo in uso et utilità prop(ri)a senza darne conto ad esso Arr(endato)re di più chi sa chi s’havesse esatto, et ch’havesse pagato tutte le quantita di sali venduti a credito per tutt’Aug(ust)o pross(i)mo passato.

Item fa intendere a V. S. Ill.ma qualm(en)te in altre scomuniche promulgate ad istanza d’esso supp(len)te, p(rim)a si proferisse la sentenza d’esse, alcuni prom(isero) restituire danari, scritture et altre robbe fra un certo tempo et dopo non curarno metterl’in esecut(ion)e, supplica però in virtù di questa che reintrano in detta scom(uni)ca contra essi tum temporis promulgata.

Item di qualsivo(gli)a sorte che nelle saline havessero ricevute zannette o altra sorte di monete et del peso et valutat(ion)e d’esse, che s’hanno ricevuto nella consigna l’havessero valutate a tanto maggior prezzo più di quello che l’hanno recevuto in danno d’esso supp(len)te, poiche se non fossero stati interessati li viat(o)ri pagar le monete meno di valore, haveriano più continuato all … di sali essensoci stati alcun utile, dovea andare in benef(ici)o d’esso mentre l’officiali et sust(itut)i loro ha pagato la prov(ision)e li spettava.

Item che havesse rubato sale tanto nelli magazeni quanto nelli posti di d(ett)e saline et che quantità durante d(ett)o Arr(endamen)to.

Item supp(li)ca V. S. Ill.ma s’includano nel medes(im)o obligo di rivelare, revelando sia escomun(ica)ti tutti quelli che tenessero o havessero danari o robbe comodocumq(ue) d’esso supp.te, sotto pretesto di ricompra in qualsivog(li)a modo, et in particulare per causa d’alcuna plegge(ria) poich’esso s’offerisce pronto satisfare ogn’interesse, ch’alcuna sua parte si sentisse gravato, etiam q(ua)ndo cio lo facessero intendere per mezo di sacerdoti et confessori, et s’alcuno facesse ritegno perche si trovass’obbligato ad alcune pleggerie, et ritiene danari, ò robbe ut s(upr)a per d(ett)a causa, e ragg(ion) e contenta, s’offerisce omni fut(u)ro temp(or)e levarl’indenne di qualunque dispendio et interesse, loro potess’in futurum succedere, ò pervenire, obligandos’esso supp.te all’impronto farli capaci, che per le pleggerie sudette non possano haverne fastidio in nessun tempo.

Item chi tenesse ò havess’in qualsivog.a modo danari, oro, argento, perne, scritture, di qualsivog(li)a modo pertinenti ad’esso supp.te, et in particolare s’in tempo dett’Arr(endamen)to d’esso supp.te l’officiali di d(ett)e saline ò qualsivog(li)a altra persona s’havesse pagato quello che loro spetta di prov(ision)e dupplicatam(en)te in pregiuditio d’esso supp.te et havesse occupato le ricev(u)te di detti pagam(en)ti tanto nella p(rese)nte terra q(ua)nto in ‘altra ò in Napoli.

Item, tanto chi sapesse, ò havesse paramenti di seta, di lino, di lana, suppellettili di casa et ogn’altra cosa mobile commestibile rubbata trovata pigliat’ò ricevuta da suoi creati, schiavi, famigli tant’in havess’inqualsivoglia modo bestiame d’esso supp.te tanto baccina come gium(en)te, capre, pecore et porci tanto chi l’havesse rubbate stramercate et fraudate, come chi lo sapesse in qualsivoglia modo.

Item tanto chi l’havesse fatto q(ua)nto chi lo sapesse, havesse partecipato, sentito, visto tanto nelle saline come dalli vicini per strada sentitolo dire dalli viat(o)ri off(icia)li et altra gente in qualsivoglia modo”.

Il primo foglio della supplica di Marcello Barracco del 24 maggio 1625 (Archivio Arcivescovile di Santa Severina).

Marcello Barracco arrendatore del legname

Non più arrendatore della salina, Marcello assunse l’ufficio di arrendatore del legname per la regia corte. Il 23 febbraio 1627 Marcello Barracco, arrendatore del legname per la regia corte, sequestra il vascello di Pietro Starace che ha attraccato al porto di Crotone.

Lo Starace di Sorrento, patrone del vascello “La Madonna SS.a della Lobra e Santo Antonino” di 2500 tomola di portata, è stato noleggiato in Napoli da Francesco Scoppa, per nome e parte del mercante Gio. Battista Angisano. Egli deve imbarcare tt.a 2000 di orzo a Cesarea o Santa Caterina di Nardò, e portarle a Veteri o Napoli. Partito dallo scaro di Sorrento e sorpreso dal maltempo, lo Storace di rifugia nel porto di Crotone. Mentre sta aspettando il bel tempo per ripartire, è impedito dall’arrendatore del legname per la regia corte Marcello Barracca, il quale gli sequestra il timone e le vele e non vuole riconsegnarle, se il patrone non si recherà con il suo vascello nella marina di Cropani ad imbarcare il legname per conto della regia corte.

Il patrone protesta “anche perchè il legname non è atto a caricarlo poichè il luoco dove si dice star reposta detta legname che è nella marina di Cropani seu crocchi quale è spiaggia scoperta senza porto che conseguentemente non ponno in tempo de inverno mass.e caricar vascello se non quelli che sono habili a tirarse in terra et recever il carico et caricati varare dal scaro, il che non puo fare il vascello d’esso protestante per essere di portata maggiore che non sono quelli che carricati possono varar da terra, come anco perche non tiene il arredo seu armiggi necessario per poter tirare il vascello in terra”.

Nonostante la protesta, l’arrendatore ribadisce che il legname è per il servizio della regia corte e “di aver pigliato questo vascello in virtu dell’autorità che tiene di S. E. et Regia Camera della Summaria che se possa servire forzosamente di qualsivoglia vascello e condurre d.o legname justo salario et in quanto che il vascello non sia atto replica esso Marcello che è habile a detto servitio conforme l’ha fatto vedere e dice il capo mastro che ha fatto detto Regio Legname nome Gio.e Cagliostro messinese per la sua lunghezza in quanto che non può tirare al scaro di crocchi dice che altri vascelli di maggior grandezza di questo ci sono stati che hannno portato altro legname.” Pertanto, il Barracco ordina al patrone del vascello che “al primo buon tempo habbia da fare detto viaggio per servizio della regia corte e regio arsenale e carriare detto legname per la Città di Napoli”. Se il patrone rifiuterà di eseguire, egli sequestrerà il vascello e con nuovo patrone ed altri marinai lo farà salpare e, caricato il legname nella marina di Crocchi, lo farà portare nel “regio arsenale”.[xiii]

La foce del “Crocchio” evidenziata in un particolare della tavola N.° 29 (1789) della carta di G. A. Rizzi Zannoni.

Nel mondo degli affari

Il 29 marzo 1621 per mano del notaio Giulio de Bona di Rocca Bernarda, fu stipulato un accordo tra Francesco Joppolo, figlio ed erede di Mario e barone della terra di Mammola, e Marcello Barracco, figlio del fu Marcello Barracco seniore, nonché coerede e tutore dei fratelli in minore età, Giovanni e Pietro Paolo Barracco, ugualmente figli di detto Marcello seniore e di Innocentia Modio, tutrice di Giulio Cesare Modio.

L’accordo riguardava i diritti che Marcello, sia a nome proprio che come tutore dei fratelli, vantava sull’eredità e sui beni di Mario Joppolo. Non avendo denaro per le mani lo Joppolo si obbligava a consegnare annui ducati 200 e tari uno per un capitale di ducati 3333 e carlini 3 al tasso del 6%, impegnando le entrate delle “vigne di Santa Vennera con tutti li giardini”.

Oltre a vantare cospicui diritti sull’eredità del barone di Mammola, e ad avere in concessione sostanziosi uffici pubblici, il Barracco si dedicò al commercio del grano, della seta, al prestito del denaro, ecc. Il 9 settembre 1623 in Policastro, Serafino Cavarretta affermava che negli anni passati in qualità di procuratore di Marcello Barracco aveva consegnato ducati 56 nella città di Reggio a Gio. Tommaso Callea e Salvatore Trayna. Per questo denaro il Callea aveva dato al Cavarretta 13 libre e once due di seta, al prezzo della voce della Madalena di Cosenza, il rimanente lo mise il Trayna.[xiv]

Morana figlia di Marcello Barracco seniore e Innocenza Modio

Dal matrimonio tra Marcello Barracco con la sua seconda moglie Innocenza Modio nacque Morana. Morana Barracco sposò Anibale Suriano, figlio di Dionisio e di Vittoria Mangione. I capitoli matrimoniali furono rogati per mano del notaio Julio de Bona della terra di Rocca Bernarda il 29 aprile 1624.[xv]

I figli di Marcello Barracco e Antonia Joppoli

Marcello Barracco morì l’undici agosto 1640.[xvi] Figli ed eredi di Marcello furono il cavaliere di Malta Iosepho Maria,[xvii] Felice, Carlo, Gioseppe, Francesca. Tra i fratelli ricordiamo Pietro Paulo e Gioanne.

Il primo settembre 1642 l’arcivescovo di Santa Severina Fausto Caffarelli concedeva l’erezione di una cappella, o semplice beneficio, sotto il titolo di Santa Maria del Carmelo, nella chiesa di Santa Maria della Grazia, o delle Cinque Piaghe di Santa Severina. La cappella era di iuspatronato di Joanne Battista e fratelli de Modio, figli ed eredi di Giulio Cesare, e di “Petri Pauli Doctoris Joannis Fratrum de Barrachis, Don Caroli, Don Josephi et Don Felicis pariter de Barrachis eorum nepotum”, i quali avevano il diritto di nominare il rettore.[xviii]

Già nella prima metà del Seicento i Barracca avevano spostato i loro interessi da Santa Severina a Crotone e a Napoli, dove era in forte ascesa il mercato e l’esportazione del grano. A Crotone essi strinsero rapporti di parentela con le famiglie aristocratiche dei Mangione, dei Presterà, dei Barricellis e dei Suriano. All’inizio del secolo era morto a Crotone Tiberio Barracco, figlio di Alfonso e di Lucrezia Lucifero, ed abate commendatario dell’abbazia di Santa Maria di Altilia.[xix]

Santa Severina (KR), chiesa di Santa Maria della Grazia

Giovanni Barracco, fratello di Marcello

Giovanni Barracco, dottore nei due diritti, svolse la sua attività in Napoli, dove anche morì. Il 24 dicembre 1641 i sindaci e gli eletti dell’università di Policastro, non potendo recarsi personalmente in Napoli, nominano procuratore dell’università il U.J.D. Joannes Barracca, che si trovava a Napoli. Poiché “questa università tiene di bisogno d’uno procuratore et Avvocato, che assista nella città di Napoli acciò possa comparere nella Regia Gionta et dove serà necessario per dommandare il disgravio de fochi nella nova numerazione … eligono per procuratore di detta università il D.r Gio. Barracca acciò possa comparere in detta Regia Gionta et domandare il disgravio de fochi”. Il compenso stabilito per il Barracca è di ducati 30 all’anno.[xx] “Avvocato de’ primari con molte cariche d’honore”, curò gli interessi dei fratelli nella città partenopea.

Pietro Paolo Barracco, fratello di Marcello

Il 19 dicembre nella terra di Rocca Bernarda Pietro Paulo Barracco della città di Santa Severina, come contutore dei fratelli Giuseppe e Felice Barracco, figli ed eredi di Marcello Barracco, e come procuratore del fratello, il U.J.D. Joanne Barracco, dichiara che dovendo assentarsi nomina suo procuratore il nipote Carlo Barracco. Carlo Barracco, come tutore di Giuseppe e Felice Barracco, e come procuratore di Joanne Barracco, dovrà esigere a loro nome, soprattutto da Francesco Joppulo, barone della terra di Mammola, i ducati 553 maturati nell’ultimo giorno di agosto prossimo passato 1640, per il capitale di ducati 7889. La somma riguardava le doti della madre, la fu Antonia Joppolo, ed altri diritti.[xxi]

Il 28 agosto 1643 nella città di Policastro, Matteo Maltise della terra di Rocca Bernarda, afferma di essere stato nominato procuratore del magnifico Petro Paulo Barracca, come da atto di procura per lettera fatta nella città di Santa Severina per mano del notaio Horatio Pancalli. In tale veste dichiara di dovere esigere da Jacinto Jordano di Policastro ducati 15. Somma che il Jordano si era impegnato a pagare al Barracco nel giorno della Maddalena 1643, come si rilevava da una lettera di cambio.[xxii] Petro Paulo Barracco si unì con Giulia Mangione di Crotone e visse tra Santa Severina e Crotone.

Il capitolo di Santa Severina nell’anno 1651/1652, esigeva ducati 15 annui “dal S.r Pietro Paulo Barracco per lo legato di suo nepote Don Carlo Barracco”. Pietro Paolo morì in Santa Severina prima del 1655; infatti, in quell’anno il capitolo di Santa Severina acquistava per ducati 400 le gabelle Ardavuri e Valle del Giardino dagli eredi di Pietro Paolo Barracco. Il 3 novembre 1655, essendo morto Pietro Paolo Barracco, Domenico Suriano di Crotone è “contutor” con il m.co U.J.D. Johanne Barracco di Monasella e Rentia, o Theresia, Barracco, figlie ed eredi di Pietro Paolo.[xxiii]

Theresia si unì dapprima con Francesco Barracco e poi con Bonaccursio Barricellis. Il 4 aprile 1670 Theresia Barracca, figlia ed erede del q.m Pietro Paulo e della madre Giulia Mangione, con il consenso del S.r D. Felice Barracco, suo zio, “dovendo conseguire sopra l’eredità del fu Gio.e Barracca alcune interesse tanto per l’administrazione della sua tutela, come per qualsivoglia altra causa, che sopra l’heredità p.tta le spettasse”, per l’amore che porta per Bernardo Barracca e per Antonio Suriano, eredi di detto Gio.e Barracca, delibera di fare donazione di ogni sua pretesa che può vantare su quella eredità.[xxiv]

20 maggio 1670. Francesco e Bernardo Barracco della città di Cosenza, e Carolo Susanna, “misso et internuntio” di Felice e Theresia Barracco, stipulano in Napoli un accordo con Josepho Lenaris, procuratore di Donna Iacoba Ioppolo, vedova di Laurentio Spina. I Barracco in quanto eredi di Marcello Barracco seniore e di Pietro Paulo Barracco, sono creditori del fu Francesco Ippolo e per esso del fu Lorenzo Spina, sulla vendita della terra di Mammola da Diego Ioppolo a Lorenzo Spina.[xxv]

20 luglio 1670. Theresia Barracco, con l’espresso consenso ed assenso di Felice Barracco, suo curatore, approva l’accordo stipulato a Napoli tra il suo procuratore Carolo Susanna e Josepho Lenaris, procuratore di Donna Jacoba Ioppola, vedova di Laurentio Spina. L’accordo riguarda alcune pretese sulla terra di Mammola. In precedenza, nel mese di dicembre 1669, Theresa, Francesco, Bernardo e Felice, si erano divisi il capitale di ducati 7889 che vantavano sulla terra di Mammola.[xxvi]

16 novembre 1670. Matrimonio tra Theresia Barracco e Bonaccursio Barricellis. Theresia Barracco vedova di Francesco Barracco “con il quale contrasse legitimo et solenne matrimonio in faciem ecc.ae per procura in persona del S.r Horatio Presterà et non segui la consumatione carnale di detto matrimonio per la morte di d.o D. Francesco”, promette in dote: a) la gabella Abbruzzano in territorio di Cerenzia; b) l’annuo censo sul capitale di ducati 2366:3.6 sulla terra di Mammola con le terze maturate; con la condizione che del primo denaro che perverrà ducati 250 siano utilizzati per permettere ad una delle figlie, procreata della madre Giulia Mangione con Geronimo Syllano, di entrare nel monastero di Santa Chiara di Crotone; c) Le case palaziate che possiede in Santa Severina; d) Le robbe mobili lasciate dal q.m Francesco Barracco nel suo testamento et quello consignatoli dal q.m D.r Gio.e Barracco, zio et contutore d’essa Sig.ra Theresia.”[xxvii]

Panorama di Mammola (da wikipedia).

Gioseppe Barracco, figlio di Marcello e Antonia Joppoli

Tra i figli di Gioseppe sono ricordati Francesco, Bernardo, Aloisia e Caterina. Queste due ultime le troviamo alla fine del Seicento educande nel monastero di Santa Chiara di Crotone.[xxviii] Francesco morì a Crotone durante la pestilenza dell’autunno 1670.

Il 21 settembre 1670 Francesco Barracco della città di Catanzaro ma abitante a Crotone, dichiara di aver trattato il matrimonio da contrarre, previa dispensa pontificia, con Theresia Barracco. Sopra il qual matrimonio furono formati i capitoli matrimoniali stipulati per mano del notaio Gio. Thomaso Salviati di Belcastro. Volendo ora portare ad effetto detto matrimonio e non potendo essere di persona per ritrovarsi infermo in letto, nomina suo procuratore Horatio Presterà, sposato con Francesca Barracco, il quale dovrà concludere il matrimonio.[xxix]

Il 28 settembre 1670 su richiesta di Francesco Barracco, della città di Catanzaro ma abitante a Crotone, il notaio Peleo Tiriolo con testimoni si reca alla casa “delli Pantisani”, situata in parrocchia di Santa Venere e confinante con la casa di Joris Conca. Qui in una camera trova Francesco Barracco, giacente in letto ma sano di mente, che vuol fare testamento. Sono presenti alla chiusura del testamento Jo. Fran.co Melisti R. ad C. J., Horatio Presterà, Antonio Pelusio, Ottaviano Cesare Berlingieri, Jo. Francesco de Oppido, Prospero Crescenti e Nicola Antonio Cavarretta.

L’undici novembre 1670, pochi giorni dopo la morte di Francesco, il fratello Bernardo della città di Catanzaro ma abitante a Crotone, si reca assieme al notaio Peleo Tiriolo, nella aromateria di Jo. Domenico Cropalati situata sotto il palazzo vescovile. Qui, su richiesta di Bernardo, il notaio apre il testamento in presenza di testimoni e lo rende pubblico.

Dalla lettura del testamento sappiamo che Francesco Barracca istituisce “suo unico universale e particolare” erede il fratello Bernardo, dal quale nei mesi precedenti aveva avuto una porzione ereditaria lasciata dal fu suo zio Gioanne Barracca con alcuni pesi, come risultava dall’istrumento di cessione rogato per mano di un pubblico notaio di Napoli. Dichiara inoltre, di possedere alcuni beni mobili appartenenti alla moglie Theresa Barracca. Regala a Nicola Cavarretta per il ben servito, “un vestito biancaccio consistente in calzone, casacca, manica et ferraiolo”. Ai suoi creati dona: a Michele Angliotta un vestito di lana con tutto il capotto, ad Andrea Maiurana di Mesoraca, parte del salario che gli spettava, e a Ciomba carlini trenta. Inoltre, afferma che deve ducati 220 al barone di Carfizzi. Obbliga il fratello a fornire gli alimenti alle due sorelle, alle quali dona un quadro di santi per ciascuna. A Horatio Presterà lascia “un buffettino d’ebano”, con “una cascietta con li christalli” e alla moglie Theresa tutto ciò che le aveva regalato, eccetto il vestito d’oro. Allegato al testamento vi era una “Lista de robbe di Teresa Barracco”, cioè tutte quelle cose che erano in casa di suo zio Gio. Barracco, che le deteneva come tutore e che poi furono prese in consegna da Francesco Barracco.[xxx]

Il 15 novembre 1670, essendo morto giorni prima Francesco Barracco, il notaio Peleo Tiriolo su richiesta di Bernardo Barracco della città di Catanzaro ma abitante a Crotone, fratello del defunto, si reca nelle case dove abita Bernardo, case che erano appartenute a Gio. Paulo Pipino, situate in parrocchia del SS.mo Salvatore, confinanti con le case di Francesco Ferrante de Vite. Essendo stato nominato per testamento erede universale del fratello, Bernardo vuole sincerarsi che l’eredità non gli sia più dannosa che utile. Perciò egli vuole procedere all’inventario dei beni lasciati dal fratello. Sull’eredità vantano diritti Horatio Prestera, che dice di pretendere “più interesse” per le doti della moglie Francesca Barracco, e Aloisia e Caterina Barracco, sorelle di Francesco, che hanno diritto agli alimenti.

“Robbe del q.m Fran.co Barracco dentro un baullo peluso novo. Uno ferriolo di scotto vecchio, dui para di calsoni di scotto vecchio, casacca di scotto vecchia, uno gioppone vecchio di raso, una casacca e calsoni di panno di franza usati, uno colletto di murlacca, uno casacchino di terzanello negro con bottoni di seta aggiacciata, una manica et calso di tilettone aggiacciato usati, uno gioppone di terzanello negro, uno vestito di panno d’Olanda, cioè calsone, casacca et ferriolo et sua calsetta di seta e gioppune et manica di raso dell’istesso vestito, uno gioppone di fustiano vecchio, una tracolla di raso fiorito, un’altra tracolla di marrocchino, uno pappafico usato, un armaggio cioè tracolla et correya dui pendenti di spada, dui para di calsetti di seta negra usati, uno para di calsetti di lana usati, dui cappelli usati, uno spatino con guarnitione d’argento, un altro spatino ord.rio, uno cortello con manico d’osso negro, un altro cortello rifilato d’argento, una meza testa.

Robbe dentro un altro Baullo consimile, uno coscino di donna, uno vestito di donna di raso di diversi colori, un altro vestito di donna di tela d’oro, quattro cammise, quattro para di calsonetti, tre para di calsette, uno gioppone di dobletto, quattro tovaglie di faccia, uno calsone, casacca et ferraiolo di panno usato, il med.mo lasciato a Nicola Cavarretta, una spata et pugnale, una caldara nova, dui tijelle, una frissura, uno stignato, di più mille et cinquecento docati di capitale sopra Mammole sopra delle quali tiene di peso per parte sua spettante ad una delle sorelle d.ti cinquecento et per essi annui d.ti trentacinque legatoli dal q.m S.r D. Gioseppe loro comune P.re, a D. Fran.ca Barracca sua zia D.ti duicento venticinque et per essi annui d.ti quindici et car.ni setti et mezzo et altri d.ti cento cinquanta setti et mezzo di terze decorse, al Capitolo di S.ta Severina d.ti cinquanta di capitale et per essi annui carlini trenta sette et mezzo quali sono per legato del q.m D. Carlo Barracco suo zio, al Clero della Rocca Bernarda d.ti quaranta et per essi annui car.ni venticinque, quali sono per il legato della q.m D. Antonia Joppolo sua Ava et altre tante partite spectano à carico d’esso Bernardo et altre robbe di d.a casa non si sono notate per esserno d’esso D. Bernardo pervenutoli dall’heredità del q.m Gio.e Barracco suo zio come sono quatri, seggie, scrittorii, boffette, baulli, matarazzi et altre suppelletoli come disse apparerne publica scrittura di divisione con D. Antonio Suriano coherede.

Robbe ritrovate in un’altra cascia grande quale disse esser li med.mi della Sig.ra D. Theresia Barracco: Uno sproviero di tela delli quindici à due mezine con il suo tornialetto con li rizzi di seta negra, un altro sproviero di tela alli quindici in tre mezine con suo tornialetto et cappelletto con le rizze lavorate à palma, un altro sproviero della med.ma tela con suo tornialetto et cappelletto con le rizze lavorate, un altro della med.ma tela in tre mezzine con le rizze di seta rosa secca con il lenzolo et tornialetto. Un altro sproviero della med.ma tela à tre mezzine con il cappelletto et tornialetto con le rizze lavorate di seta carmosina. Due facci di coscina dell’istesso lavore. Una tovaglia di tela della Cava con le rizze di seta carmosina. Due faccie di coscina di mayuto torchino con fiocchi dell’istessa seta con filo d’oro, quattro coscinere con le rizze di seta gialla et carmosina, una tovaglia di giamba, due tovaglie della Cava con le rizze di seta rangina, un’altra tovaglia di tela d’Olanda lavorata con filo rizzo, sei coscineri di tela della cava lavorata con filo rizzo dico seta ramina, uno toccato d’oro con seta lavorato, due cayole di seta, due coscinere piccoli con rizze di seta gialla torchina et altri colori, un’altra tovaglia di tela della cava lavorata con seta carmosina, un tocco di tovaglie di tavola di canni tre doppia, tre tovaglie di faccia con li pedani, uno lenzolo di tela alli quindici con rizzi rosa secca, due coscinere piccole con le rizze di seta crudobianca, un altro lenzolo di tela delli quindici lavorata con rizze, un altro sproviero di tela alli quindici lavorato con rizze di seta carmosina a due moline con suo tornialetto, un apparam.to di camera di taffità consistente in cinque pezzi vecchio di color verde, uno toccato di Giambà lavorato di seta negro, una coscinera di tela di cava con rizza, due attaccaglie di taffità, una cortina lavorata di varii colori a stizza à cinque pezzi, un altro sproviero di seta et bambace di varii colori in due pezzi con suo tornialetto et cappelletto, una tovaglia di tavola, uno tornialetto vecchio di taffità, uno vestito di donna all’antica, uno vestito di donna di terzanello ondato foderato di taffità leonato, uno sproviero à tre mezine, vecchio, uno paro di maniche di raso bianco vecchio, una cultra vecchia torchina, un’altra cultra lavorata a scacco vecchia, uno sproviero vecchio torchino in due mezine.”[xxxi]

Il 5 dicembre 1670 i coniugi Bonaccursio Barricellis e Theresia Barracco dichiarano di aver ricevuto da Bernardo Barracco, i beni mobili lasciati dal q.m Francesco Barracco. Tali beni erano stati consegnati a Francesco nella città di Napoli dagli eredi del q.m D.r Gio.e Barracco e facevano parte della nota allegata al testamento di Francesco.[xxxii]

L’otto dicembre 1670 Theresia Barracco dichiara che nei giorni passati, aveva contratto matrimonio con Bonaccursio Barricellis e, tra i beni dotali, vi erano “alcuni robbi mobili et stabili”, parte delle quali erano in potere degli eredi di Francesco Barracco. Essi furono consegnati ai coniugi Theresia Barracco e Bonaccursio Barricellis da Bernardo Barracco, e furono apprezzati da Carlo di Messina, Gio. Francesco Melisti e Giulia Garraffa, dai quali furono ritrovati ascendenti al valore di ducati 341.4.10.[xxxiii]

Nel settembre 1671, Bernardo Barracco è erede di Francesco Barracco. Theresia Barracco che, mesi prima dopo la morte del marito Francesco Barracco, aveva sposato Bonaccursio Barricellis, portandogli in dote alcuni beni mobili, parte dell’eredità lasciatale dal padre, è rimasta nuovamente vedova ed ottiene la restituzione della dote.[xxxiv]

Il 27 dicembre 1672, essendo morto Antonio Suriano, abitante nella parrocchia di Santo Pietro, il figlio ed erede Giuseppe, in presenza dei nobili Jacinto d’Aragona e Bernardo Barracco, chiede al notaio Nicola Francesco Sacco di compilare l’inventario dei beni che ha ereditato.[xxxv]

Crotone, il palazzo Barracco.

Felice Barracca, figlio di Antonia Ioppoli e Marcello Barracco.

Felice Barracco si unì con Dianora Suriano, tra i figli sono ricordati Gioseppe ed Antonia. Antonia Barracco sposò Antonio Suriano, dall’unione nacque Felice Suriano. Il 13 marzo 1647 il chierico Felice Barracca della città di Santa Severina, ottiene un prestito di ducati 50 al tasso annuo del 10% dai frati del convento di San Francesco di Paola di Rocca Bernarda, obbligando le entrate della sua gabella detta “La Valle dello giardino” in territorio di Santa Severina.[xxxvi]

“Don Felice Barracca” pur risultando ancora possedere beni in territorio di Santa Severina, alla metà del Seicento come riporta il “Libro d’Aprezzo o Catasto” del 1666 e 1667, dove “per accordio” è tassato per ducati 3, già da tempo ha spostato la sua dimora ed i suoi interessi a Crotone.[xxxvii] Il 19 aprile 1657 egli figura tra i testimoni in un atto del notaio crotonese Hieronimo Felice Protentino, riguardante la consegna di una parte di dote che, anni prima, Detio Suriano ha promesso alla figlia Anna sposa di Domenico Suriano. Qui egli si unì con Dianora Suriano, vedova di Pelio Pipino, che ben presto lo lascerà vedovo. Troviamo un ricordo della madre Antonia Ioppoli nella visita alla terra di Rocca Bernarda dell’arcivescovo di Santa Severina Francesco Falabella nel 1660. Nell’occasione l’arcivescovo visitò la chiesa di Santa Maria della Pietà, dove vi era l’onere di celebrare due messe settimanali per l’anima di Antonia Ioppoli. L’elemosina per la loro celebrazione era versata da Felice Barracca, figlio ed erede di detta Antonia.[xxxviii]

“Adi 8 di Agosto (1663) morse (a Crotone) Gioseppe Barracca figlio minore del Sig.re D. Felice et si sepellì nel m.o delli capuccini et pagò”.[xxxix]

L’otto luglio 1664 su richiesta di Felice Barracco, il notaio Giuseppe Lauretta si reca nella casa degli eredi di Scipione Suriano, situata in parrocchia di S. Pietro, dove abitava la defunta moglie, per aprire e rendere pubblico il testamento, che Dianora aveva fatto stilare il 31 maggio. Dalla lettura del testamento risulta che Dianora, voleva essere seppellita nella chiesa dei cappuccini, e lasciava eredi universali e particolari le due figlie, Francesca Pipino avuta dal primo matrimonio, e Antonia Barracco dal secondo. Al marito Felice Barracco spettavano ducati 300, col peso però di far celebrare una messa la settimana nell’altare della Madonna del Capo in cattedrale.[xl]

Nell’agosto 1668 il clerico Fabritio Spina della città di Crotone, “diede a godere” per ducati 280 a Felice Barracco, la sua casa situata in parrocchia di Santo Pietro, “isulata facci fronte le mure di questa città confine le case di D. Pietro d’Aragona, confine le case di Gioseppe de Squillace et le case di Ant.o Suriano strade mediante”. Il 12 novembre 1670 lo Spina decide di vendere a Felice Barracca della città di Cosenza ma abitante a Crotone, la casa per ducati 460. In precedenza, Felice Barracco aveva apportato “diversi ripari necessari” alla casa, spendendovi ducati 60. Allegato all’atto, vi è la dichiarazione del mastro fabricatore Andrea Messina e del mastro carpentiere Paulo de Sanda, delle spese fatte per ordine e con denaro di Felice Barracco, per riparare la casa che “d.o Sig.re tiene in godere del S.r Fabritio Spina per ripari necessarii di d.a casa”.

Dal documento possiamo farci un’idea di come era formato l’edificio e dei prezzi correnti dei materiali da costruzione nella seconda metà del Seicento. “In primis fallacche per far l’astraco alla loggia dell’ultimo appartamento carlini trentacinque, chiodi carlini setti e mezzo, dui travette carlini otto, per le nostre giornate carlini otto, arena et acqua carlini diece, minatura di calce carlini diece, strace pesato carlini otto, per diece giornate per arrizzare parte le mura della casa docati quattro, manipoli carlini trenta, arena per coprire l’astraco carlini dui, trave per la sala di sopra carlini quindici, per una finestra nella camera del furno di sopra quattro tavole carlini quattro, pedarelli tre carlini tre, chiodi e dubrine carlini cinque, mastria carlini cinque. Di più per fallacche per l’astraco della sala di sopra carlini dieci, mattoni per detto astraco e quelli delle camere di sopra n.° trecentosessanta carlini quindici, per quattro finestre nello quarto di abasso tavole di castagna n.° venti docati sei, pedarelli di castagna per dette finestre carlini venti, chiodi e dublone carlini venti, mastria di dette finestre docati sei, per uno travo nella stalla carlini dudici, tavole per l’intempiata della sala di sopra et camere di sopra n.° trenta docati tre, una porta nella stalla, tavole n.° cinque carlini cinque, pedarelli carlini quattro, chiodi et dubloni carlini tre, mastria carlini cinque, per acconciare il portone chiodi et mastria et altro carlini quindici, per acconciare il tavolato del p.mo astraco d’innanzi la porta della sala di basso carlini trentacinque, due travette carlini quattrodici, chiodi carlini quattro e mezzo, mastria carlini setti.”[xli]

L’anno dopo, il 27 settembre 1671, Felice e Bernardo Barracco compaiono tra i testimoni in un atto del notaio di Crotone Peleo Tiriolo.[xlii] Dal 26 agosto 1671 al 15 giugno 1672, D. Felice Barracco è scrivano de ratione del castello di Crotone, essendo castellano D. Pedro de Pinilla.[xliii] Il 26 luglio 1672 Felice Barracco, procuratore di Nicolò Barone della città di Napoli, dichiara di aver ricevuto da Gio. Galluccio e Horatio Presterà, ducati 2432 tari 3 e grana 10, per il prezzo di tt.a 1431 di maiorca di S.to Nicola consegnati ai sopradetti conforme l’ordine del preside della provincia per vitto e grassa della città.[xliv]

Crotone, edifici in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo sulle mura che affacciano sul viale Regina Margherita.

Antonia Barracco, figlia di Felice Barracco e di Dianora Suriano

Antonia Barracca, figlia legittima e naturale, nonché erede universale e particolare di Felice Barracca, si unì con Antonio Suriano, portando in dote le case che, a sua volta, aveva avuto in dote il padre. Le case dotali di Antonio Suriano che erano state della famiglia di Felice Barracca, erano situate in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo e confinavano, via mediante, con le case della famiglia Aragona e, ugualmente via mediante, con le case di Tommaso Sculco, furono di Giuseppe Squillace.

Alla fine del Seicento a ricordo di Felice e di Antonia Barracca, esisteva un legato su tutti i beni del m.co Antonio Suriano, che prevedeva la celebrazione di una messa settimanale per l’anima di Antonia Barracca, e di due messe settimanali per l’anima di Felice Barracca; queste due messe erano celebrate nell’altare dei Suriano nella chiesa dei cappuccini.[xlv]

All’inizio del Settecento Antonio Suriano, padre di Felice Suriano, è indebitato con il duca di Tolva, il cavaliere napoletano Michele Pignatelli, per ducati 445 e grana 67 di capitale infisso sopra tutti i suoi beni e, specialmente, sopra un suo palazzo situato in parrocchia de SS. Pietro e Paolo, confine il palazzo del S.r Giacinto Aragona, quello del S.r Tomaso Sculco e quello dell’eredi del q.m Pietro Soriano. Egli inoltre, deve pagare annualità arretrate e, non avendo denaro liquido, fa presente che ogni anno deve avere da D. Francesco Saverio Spina, barone della terra di Mammola e di Agnana, ducati 210 e grana 42 per ducati 3006, “come usufruttuario delle doti della q.m D. Antonia Barracco sua olim moglie e come legitimo Padre et amministratore del sud.o S.r D. Felice Soriano figlio ed erede anco per l’intramezza persona del q.m D. Dionisio Soriano suo fratello e della q.m D. Antonia Barracco sua olim moglie figlia legittima e naturale ed erede universale e particolare del q.m Felice Barracco coerede del q.m D. Bernardo Barracco usufruttuario delle doti di d.a q.m D. Antonia ed erede del q.m Gio.e Barracco erede fide commissario del q.m Gius.e Maria Barracco”.[xlvi]

Crotone, i ruderi della chiesa e del convento dei cappuccini.

Francesca Barracco figlia di Marcello ed Antonia Joppoli

Francesca Barracco, nipote di Gio.e Barracco, sposò dapprima Marco Carraffa, rimasta vedova si unì con Horatio Presterà, tra i figli sono ricordati Carlo e Domenico. Il 30 marzo 1661 i coniugi Horatio Presterà e Francesca Barracco dichiarano che Francesca ha ricevuto ducati 500 dell’eredità del q.m Marco Garraffa, suo primo marito. Tale somma facente parte di ducati 2000, che deve consegnare il barone Andrea Sculco, fu pigliata dal banco di Santa Maria del Popolo di Napoli dal S.r Gio.e Barracca, zio e procuratore di Francesca, e da questi sono pagati in più et diverse partite ai due coniugi.[xlvii] Il 4 settembre 1670 Francesca Barracco, moglie di Horatio Presterà, “per l’amore che porta” a Lucretia Infosino, figlia di Laura della città di Santa Severina e abitante a Crotone, che va sposa ad Antonino Mezacroce, dona a Lucretia ducati 15 in tanta moneta d’oro.[xlviii]

Altri Barracco presenti a Crotone

“Adi 22 (ottobre 1653) morse Faustina Barracca et si sepelli in cattedrale et pagò.”[xlix]

Note

[i] AASS, Fondo Arcivescovile, vol. 31 A, Apprezzo di Santa Severina del 1653, f. 13.

[ii] AASS, Protocollo notaio Marcello Santoro, XI, ff. 45-46.

[iii] ASCZ, Busta 49, anno 1594, ff. 86-87.

[iv] AASS, vol. 28A.

[v] Russo F., Regesto, V, 25281.

[vi] Russo F., Regesto, V, 27718.

[vii] Barone P., Santa Severina: la storia e le sue campane, 1991 p. 118.

[viii] ASCZ, Miscellanea Monastero di S. Maria di Altilia (1579-1782) 529, 659, B. 8. Copia di Platea antica con i pesi de’ vassalli di d.a scritta a foliate numero 29.

[ix] Volpicella L., Epistolario Ufficiale del Governatore della Calabria Ultra Lorenzo Cenami (1623-1624), Napoli 1913, pp. 138-139 sgg.

[x] AASS, Fondo Capitolare, Cartella 1D.

[xi] ASCZ, Busta 119, anno 1641, ff. 25v-26.

[xii] AASS, Fondo Capitolare, Cartella 3D fascicolo 1.

[xiii] ASCZ, Busta 118, anno 1627, ff. 10-12.

[xiv] ASCZ, Busta 79, anno 1623, f. 43.

[xv] AASS, Fondo Capitolare, Cartella 5D, fasc. 3.

[xvi] ASCZ, Busta 179, anno 1640, f. 72.

[xvii] Russo F.; Regesto, VI; 28658.

[xviii] AASS, Fondo Capitolare, Cartella 4D, fasc. 3.

[xix] “Adi 8 del mese di marzo 1604 morsi Ill.mo Sig. tiberio baracca abbate et si sepelli all monasterio di jesumaria.” Libro dei Morti.

[xx] ASCZ, Busta 181, anno 1641, ff. 52v-53.

[xxi] ASCZ, Busta 179, anno 1640, ff. 71-72.

[xxii] ASCZ, Busta 182, anno 1643, f. 61.

[xxiii] “Adi 16 di marzo 1656 morse (a Crotone) Murana Barracca minore figlia di Pietro Paolo Barracca e Giulia Mongione et si sepelli nella cattedrale gratis”. AVC, Libro dei Morti.

[xxiv] ASCZ, Busta 253, anno 1670, f. 25.

[xxv] ASCZ, Busta 253, anno 1670, f. 63 sgg.

[xxvi] ASCZ, Busta 253, anno 1670, f. 62.

[xxvii] ASCZ, Busta 253, anno 1670, ff. 162v-163.

[xxviii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 16.

[xxix] ASCZ, Busta 253, anno 1670, f. 119.

[xxx] ASCZ, Busta 253, anno 1670, ff. 147-151.

[xxxi] ASCZ, Busta 253, anno 1670, ff. 156-159.

[xxxii] ASCZ, Busta 253, anno 1670, ff. 196-197.

[xxxiii] ASCZ, Busta 253, anno 1670, f. 200.

[xxxiv] ASCZ, Busta 253, anno 1671, ff. 131v-132.

[xxxv] ASCZ, Busta 333, anno 1672, f. 46.

[xxxvi] ASCZ, Busta 179, anno 1647, ff. 35v-36.

[xxxvii] “Adi 5 di Agosto (1656) morse (a Crotone) lo figlio minore del Sig.r D. Felice Barracca et si sepelli nel monastero dell osservanza et pagò.” AVC, Libro dei Morti.

[xxxviii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A, f. 147.

[xxxix] AVC, Libro dei Morti.

[xl] ASCZ, Busta 311, anno 1664, ff. 79-81.

[xli] ASCZ, Busta 253, anno 1670, ff. 152-156.

[xlii] ASCZ, Busta 253, anno 1671, f. 135.

[xliii] ASCZ, Busta 253, anno 1671, f. 122; Busta 253, anno 1672, f. 48v.

[xliv] ASCZ, Busta 333, anno 1672, f. 13.

[xlv] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 58v.

[xlvi] ASCZ, Busta 611, anno 1712, f. 72.

[xlvii] ASCZ, Busta 229, anno 1661, f. 10.

[xlviii] ASCZ, Busta 253, anno 1670, f. 101.

[xlix] AVC, Libro dei Morti.


Creato il 4 Marzo 2015. Ultima modifica: 21 Novembre 2022.

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