Dalle case dotali di Antonio Suriano al palazzo di Gerolamo Cariati a Crotone

Crotone, palazzo Cariati.

Antonio Suriano possedeva delle case, portate in dote dalla moglie Antonia Barracco, figlia legittima e naturale, nonché erede universale e particolare di Felice Barracca. Le case, situate in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, confinavano vie mediante, con le case della famiglia di Giacinto Aragona e quelle di Tomaso Sculco.[i]

Crotone, localizzazione del palazzo Cariati.

Dalla casa palaziata al palazzo

In un atto notarile del luglio 1712, tra i beni di Antonio Suriano e del figlio Felice, troviamo il “palazzo” o casa palaziata, che confinava vie mediante, con i palazzi di Giacinto Aragona, di Tomaso Sculco e degli eredi di Pietro Suriano.[ii] Pochi anni dopo l’immobile era passato in proprietà dei fratelli Giuseppe e Vitaliano Riccio, i quali nel 1715, risultano in possesso di una casa palaziata isolata e composta da più e diversi membri inferiori e superiori. Essa è situata in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo e confina, vie pubbliche mediante, con i palazzi di Giacinto Aragona, di Tomaso Sculco e degli eredi del fu Pietro Suriano. Essa, inoltre, si affaccia alle mura delle “Fontanelle”.[iii]

Crotone, palazzo Cariati.

Leonardo di Cola e Gerolamo Cariati ampliano il palazzo

Pochi anni dopo, compare come palazzo abitato dai fratelli e mercanti di grano Giuseppe, Francesco e Vitaliano Riccio.[iv] Con atto notarile del 15 novembre 1733, da Giuseppe Riccio,[v] il palazzo passò, tramite permuta, a Leonardo di Cola,[vi] uno strozzino che aveva fatto fortuna imprestando denaro ai coloni.[vii] Poiché era “malo acconcio e non proportionato” al suo genio, Leonardo di Cola con il figliastro Gerolamo Cariati, subito iniziano a ricostruirlo secondo un nuovo disegno, per renderlo “adattato, ed ogni parte luminoso”. Per far ciò ottengono il permesso dal proprietario del palazzo accanto, Gregorio Ayerbis d’Aragona, di poter aprire “al ballaturo della scala del quarto superiore”, una finestra in modo da dare luce alla scala e alla sala del quarto superiore.[viii]

Crotone, palazzo Cariati.

Gerolamo Cariati: la sua attività e le sue opere

Leonardo di Cola aveva sposato la vedova Vittoria Lombardo e fu patrigno di Gerolamo Cariati. Leonardo di Cola ed il figliastro, nel 1736 fondano e dotano la chiesa di San Vincenzo Ferreri, costruendovi il loro sepolcro e dove troveranno poi sepoltura. (La lapide di marmo con lo stemma del Di Cola e l’iscrizione: HIC IN SINU ECCLESIAE/ QUAM PROPRIO AERE FUNDAVIT/ ULTIMAM TUBAM EXPECTAT/ LEONARDUS DE COLA/ ET/ HIERONYMUS CARIATI/ 1736, si trova attualmente nella chiesa dell’Immacolata).

Crotone, chiesa dell’Immacolata, lapide con l’arme della famiglia Di Cola che ricorda i fondatori della chiesa di S. Vincenzo Ferreri.

Nel 1748 sempre nella chiesa di San Vincenzo Ferrerio, i due fondarono 5 cappellanie laicali col peso di una messa quotidiana, da celebrarsi da 5 cappellani scelti da loro.[ix] Mercanti di grano, nel marzo 1744 ottengono per un annuo canone, un pezzo di terra della mensa vescovile nel vignale di Gesù e Maria, dove costruiscono due magazzini.[x] L’anno precedente Gerolamo Cariati, decurione dei nobili viventi, aveva preso parte, come delegato del ceto dei nobili viventi, alla compilazione del catasto onciario della città.[xi]

Morto il patrigno, nel 1749 Gerolamo Cariati ne eredita i beni, che comprendevano il palazzo di abitazione in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, presso le mura in località “Il Fosso” e confinante strada mediante, con il palazzo degli Aragona, due case, il iuspatronato sulla chiesa di S. Vincenzo Ferreri, e 180 animali vaccini. L’11 agosto 1749 prendeva “vero, reale, corporale e pacifico possesso”, del palazzo “camera per camera e basso per basso”. Esso era formato da due quarti con undici camere, quattro bassi ed un cortile.[xii] L’anno dopo Gerolamo Cariati è prefetto della congregazione dell’Immacolata Concezione e l’Anime del Purgatorio, carica che eserciterà di continuo fino al 1769.[xiii] Piccolo proprietario e mercante ben introdotto nell’ambiente economico e nel potere politico cittadino, riesce proseguendo nelle attività già esercitate dal patrigno, cioè il prestito, la speculazione e lo strozzinaggio,[xiv] a farsi una discreta posizione sociale.

Egli, infatti, con la complicità degli economi, prende in fitto i grandi territori ecclesiastici, di nascosto e pagandoli molto meno di quello che valgono, e poi li subaffitta con lucro sostanzioso ai coloni. Inoltre, non fa rispettare a quest’ultimi la rotazione triennale, consentendo di mettere i terreni a semina, e percependo quindi il terratico, anche il primo anno quando cioè essi dovrebbero essere franchi e maggesati.[xv] Per obbligare i coloni a consegnargli il grano al raccolto, alla semina anticipa la semente ed il denaro e fornisce i buoi per arare.

Il Cariati utilizzerà la congregazione dell’Immacolata Concezione come base di lancio per la propria fortuna e, indebitandola sempre più nei suoi confronti, riuscirà a detenere per un ventennio la carica di superiore, e ad avere il consenso e l’appoggio dei confrati nelle sue iniziative politiche ed economiche. D’altronde, durante la sua lunga prefettura, la congregazione aumenterà in beni e prestigio e l’oratorio verrà completamente rifatto.

Nel 1750 incominciano i grandi lavori di ricostruzione. La chiesa che sorgeva nelle vicinanze dell’ospedale della città, “piccolissima” ed “edificata sin da ottanta anni”, era “malamente disposta nell’architettura”. Per renderla “più perfetta all’uso moderno”, verrà allungata e resa razionale, portandola alla perfezione secondo le regole, le misure e le disposizioni dell’ingegnere e dei periti. Lo stesso Cariati darà un apporto finanziario notevole per portare a compimento l’opera.

I lavori dureranno alcuni anni, e già nel 1758 l’edificio anche se ancora in parte rustico, sarà quasi completo. A ricordo rimane l’epigrafe: D.O.M./ AETERNAT HOC MARMOR/ HIERONYMI CARIATI/ LIBERALITATEM RELIGIONI DESPONSAM/ QUI SACRAM HANC AEDEM DEIPARAE/ IMMACULATAE VIRGINI/ DICATAM/ PRIUS HUMILEM NIMISQUE RUDITER/ EXTRUCTAM/ SUA LARGITER PROFUSA IMPENSA/ INCENSO ANIMO AC MUNIFICE/ REDEGIT HONESTAVIT EXPOLIVIT/ AN. REP. SAL. MDCCLVIII.

Crotone, epigrafe che ricorda la consacrazione della chiesa dell’Immacolata da parte del vescovo Giuseppe Capocchiano (22 giugno 1777).

L’impegno del Cariati nella ricostruzione ed abbellimento della chiesa dell’Immacolata è evidenziato da un atto del 30 luglio 1769, in cui i confrati, fatti i conti della amministrazione di Girolamo Cariati, che per molti anni aveva retto la confraternita ed il monte, risultò che esso risultava creditore nei confronti della chiesa, per il pagamento delle opere fatte per edificarla in ducati 4982 e grana 59, mentre invece egli risultò debitore verso il pio monte in ducati 658 grana 66 e 1/3.

In quel giorno il Cariati si impegnò a donare alla chiesa e alla congregazione la somma di cui era creditore, ed a pagare a rate il debito, entro sei anni a ducati cento all’anno a partire dal 1776, ponendo però queste condizioni:

“Primo. Che sempre, ed in perpetuo non si dovesse amovere dagli Officiali, e Fratelli presenti e futuri, la lapide, o sia tavatiera, che sta situata in mezzo al coro di detto Oratorio, e proprio sotto li gradini dell’Altare Maggiore, nella quale si vede scolpita l’arma di sua casa; perciò in ogni futuro tempo, che si romperà detta lapide, è tenuta, ed obligata la sudetta Congregazione a sue proprie spese rifarla tale, quale presentemente s’attrova, e non altrimenti.

Secondo. Che mai si dovrà amovere il proprio mio ritratto, che sta dipinto nel medaglione di mezzo l’Oratorio sudetto, e proprio sotto a piedi della Beata Vergine, che sta ivi ritrattata; perciò disfacendosi detto medaglione, e dovendosi fare il nuovo, deve anche la sudetta Congregazione, e suoi Officiali, Fratelli presenti e futuri far anche ritrattare il detto mio ritratto, come al presente s’attrova, e non altrimenti.

Terzo. Che l’Iscrizione, si vede scolpita sopra uno marmo, situato nel muro della Porta di detto Oratorio, sempre stasse fissa in detto luogo, di quella maniera che presentemente si vede.

Quarto. Che sempre, ed in perpetuo gl’Officiali e Fratelli presenti e futuri fussero tenuti, ed obbligati di far celebrare in suffragio dell’Anima mia, doppo che sarò morto, un funerale, cioè il Notturno, e Messa Cantata, e da celebrarsi propriamente detto funerale e messa cantata a spese di detta Congregazione il giorno doppo, che si suole celebrare il funerale del qm. Orazio Catizone.”[xvi]

Crotone, palazzo Cariati.

Gerolamo Cariati del ceto de nobili viventi della seconda piazza, fu più volte sindaco del popolo (1746, 1754, 1776),[xvii] deputato della pubblica salute[xviii] e si sposò due volte; la seconda volta con Feliciana Astorelli, ma non ebbe nè figli nè discendenti. Fondò un monte di maritaggi sotto il titolo di S. Vincenzo Ferrerio, favorendo le zitelle delle famiglie Lombardo, Astorelli, Nicoletta e Amelio. A ricordo del Cariati appena dentro la porta della chiesa è stata recentemente collocata l’epigrafe: “Nel secondo centenario/ della sua fondazione/ la confraternita/ riconoscente ricorda/ Girolamo Cariati/ che questo tempio/ edificò ed abbellì/ A. D. 1958”.

Crotone, chiesa dell’Immacolata, epigrafe che ricorda Girolamo Cariati.

Il palazzo passa in proprietà agli Astorelli

Gerolamo Cariati morì vecchissimo il 28 settembre 1781, lasciando erede universale e particolare il suocero Antonio Astorelli. Allora il palazzo era formato da un quarto superiore, da uno inferiore e dai bassi. Per disposizioni testamentarie la seconda moglie, Feliciana Astorelli, ebbe il diritto di abitare da vedova, vita sua durante, nel quarto superiore, e di poter utilizzare uno dei bassi per conservarvi legna od altro, mentre l’erede avrebbe potuto affittare il quarto inferiore ed i rimanenti bassi a chi meglio gli pareva.[xix]

Note

[i] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 49v.

[ii] ASCZ, Busta 611, anno 1712, ff. 72-73.

[iii] ASCZ, Busta 612, anno 1715, f. 191.

[iv] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 126.

[v] Giuseppe Riccio di Francesco è incarcerato nel castello nel 1718, perché debitore verso un mercante napoletano. Inoltre, il Riccio, portato in regia corte e perquisito dai soldati, è trovato in possesso di uno stilo. ASCZ, Busta 612, anno 1718, f. 27.

[vi] ASCZ, Busta 664, anno 1734, ff. 12-13.

[vii] Mutio e Francesco Puglisi per “il mantenimento della massaria”, si indebitano con Leonardo di Cola. Per la cattiva raccolta non riescono a saldare il debito, così uno finisce in carcere e l’altro riesce a rifugiarsi in chiesa. La moglie di Mutio, Maria Sacco, per non morire di fame, è costretta a dare al Di Cola, a saldo del debito, la sua casa dotale. ASCZ, Busta 613, anno 1722, ff. 155-156.

[viii] ASCZ, Busta 664, anno 1734, ff. 12-13.

[ix] ASCZ, Busta 664, anno 1734, ff. 12-13.

[x] ASCZ, Busta 667, anno 1748, ff. 103-110.

[xi] I compilatori del catasto onciario di Cotrone del 1743 furono: Carlo Berlingieri, sindaco dei nobili e Onofrio Sezza, sindaco della regia piazza; per la piazza dei nobili: Francesco Lucifero e Francesco Sculco; per il ceto dei nobili viventi: Domenico Farina e Girolamo Cariati; per il popolo: Gasparo Cavalieri e Dionisio Curcio. ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955.

[xii] AVC, Platea mensa vescovile per 1780 e parte del 1781.

[xiii] ASCZ, Busta 668, anno 1749, ff. 173-175.

[xiv] ASCZ, Busta 1063, anno 1750, ff. 117-118.

[xv] G. Cariati prende in consegna dalla moglie duc. 50 e “col lucro che annualmente ho da detto negozietto ricavato sono diventati docati duecento”. ASCZ, Busta 1345, anno 1781, f. 25.

[xvi] G. Cariati e altri, prendono in fitto dall’economo della mensa vescovile alcuni territori, senza che venga osservata la procedura prevista per questo tipo di affitto, cioè senza far pubblicare in precedenza i bandi, e senza affiggere le cartelle in piazza e senza poi accendere la candela e liberare l’affitto al maggior offerente. ASCZ, Busta 1267, anno 1756, ff. 169-171; Busta 1267, anno 1757, ff. 105-106.

[xvii] ASCZ, Busta 1345, anno 1781, ff. 19-30; Busta 1345, anno 1782, ff. 29-38.

[xviii] ASCZ, Busta 854, anno 1746, f. 46; Busta 857, anno 1754, ff. 228-229; Busta 1327, anno 1776, f. 149.

[xix] ASCZ, Busta 862, anno 1763, f. 17; Busta 1345, anno 1781, ff. 19-30.


Creato il 5 Marzo 2015. Ultima modifica: 17 Ottobre 2022.

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