Isola di Capo Rizzuto: frammenti storici

Isola di Capo Rizzuto (da Valente G., La Costa dei Dioscuri, 1982).

Demanio Fratte

Il territorio delle “Fratti” è un antico demanio di Isola, che l’università di solito affittava “con la conditione di poterlo pascolare e farlo pascolare con animali di ogni pelo e venderlo e subaffittarlo o farci fida e fidare ogni sorta di animali”.[i]

Al centro di liti e di usurpazioni lo troviamo citato dapprima nel 1588, in un documento di concordia tra il vescovo Annibale Caracciolo ed il feudatario Gaspare Ricca,[ii] poi in una dichiarazione fatta all’inizio del Settecento, con la quale il figlio dell’agente del feudatario attesta l’usurpazione di una vasta parte fatta dal barone del luogo, il duca di Montesardo. Il feudatario aveva aggregato le terre usurpate al terzo di Saporito, tenuta baronale, occupandole e disboscandole.[iii]

Esteso circa mille tomolate, e confinante a levante e scirocco col mare, ed a tramontana con la gabella della Marina, alla fine del Settecento era ancora “boscoso di piccioli arbori di scino, ed altro legname infruottosi per uso di fuoco”. L’università non vi percepiva alcuna rendita, perché lo teneva per uso e comodo dei cittadini.[iv]

Isola di Capo Rizzuto (KR).

Capo di Antiopoli

Antiopuli, o Antiopoli, compare tra i terreni confiscati a Giovanni Pou al tempo della “Congiura dei Baroni”. Esso allora era amministrato dalla regia corte. Nel 1487 era stato dato in fitto a diversi coloni, che perciò pagavano il terraggio.[v] Sempre in questi anni è elencato tra le entrate provenienti alla regia corte dal feudo di Torre dell’Isola: “Lo tenimento de Antiopoli antiquamente lo teneno li citadini et pagano ad staglio per ciascuno anno di grano tomola de grano extimati 81.1.4 e di orgio tomola quattro extimati tari 2”.[vi]

Tale condizione rimase finché il 16 ottobre 1495, re Ferrante II non vendette a Troilo Ricca per 2000 ducati, il feudo della Torre dell’Isola con il Capo di Antiopoli, quest’ultimo non come terreno feudale ma burgensatico,[vii] insieme alla bagliva di Cotrone con lo scannaggio. Pur essendo burgensatico, Antiopoli passò in proprietà ai diversi feudatari, che si susseguirono nel dominio di Isola. Esso era composto da cinque territori, o terzi burgensatici, chiamati Meolo, Petitto, Rosi, Mannà e Saporito.[viii]

sola di Capo Rizzuto (KR), il territorio di Antiopuli al capo Civiti (oggi detto Cimiti).

Chiesa di San Marco Evangelista

Dentro le nuove mura della città, dove prima non c’era alcuna chiesa, ora ce ne è una sotto il titolo di San Marco Evangelista, costruita dal barone, costretto dal vescovo Annibale Caracciolo, per adempiere un legato testamentario, disposto dal barone Io. Antonio Ricca, figlio di Troilo e di Beatrice Caracciolo.[ix]

La chiesa, situata appena dentro la porta “Magna”, era di iuspatronato del barone della città ed era amministrata da un rettore e perpetuo cappellano che, alla fine del Cinquecento, era il reverendo Scipione Montalcino, coadiutore della cattedrale. Costui aveva dato incarico di adempiere all’onere di celebrare le tre messe settimanali, come previste dal legato, al decano isolano Nicola Leone. Dalla visita fatta, per incarico del vescovo Caracciolo, dal decano catanzarese Nicola Teriolo nel 1594, apprendiamo che, l’altare della chiesa era ornato e provvisto di ogni cosa necessaria al culto. Nell’interno dell’edificio sacro vi erano alcune immagini e crocifissi, tra i quali i quadri della SS. Annunziata e di S. Caterina, provenienti dalle chiese omonime, portate nella chiesa di S. Marco per sottrarle ai Turchi.[x]

Alla porta della chiesa di San Marco ed a quella della cattedrale, erano affissi i pubblici cartoni, o ceduloni, con le sentenze di scomunica, lanciate dal vescovo del luogo, contro coloro che attentavano ai privilegi ed ai beni della chiesa.[xi] Rimase per tutto il Seicento ed il Settecento di iuspatronato del barone della città. Il luogo sacro godeva del privilegio che coloro, i quali si rifugiavano davanti alle sue porte, erano immuni.[xii]

Dalla visita eseguita al tempo del vescovo Io. Battista Morra (1647-1650), sappiamo che vi si accedeva per due porte e nell’angolo sinistro, vi era il sepolcro grande dei Ricca, con l’immagine di Io. Antonio Ricca, barone della città e fondatore per legato della stessa chiesa. L’edificio era anche munito di una campanella per chiamare il popolo alla messa, ma il tetto si presentava cadente ed alcune lesioni alle pareti lasciavano passare il vento e la luce. Per provvedere al sacro il procuratore della stessa godeva fin dalla fondazione, di una entrata annua di circa ducati 40, provenienti da un censo su tutti i beni della baronia. Egli, tuttavia, aveva l’onere di celebrare tre messe alla settimana.[xiii]

Il vescovo Gio. Francesco Ferrari (1650-1659), trovatala cadente, poco dopo aver preso possesso della sede, subito la rifece e curò di far celebrare la messa nei giorni festivi per il popolo.[xiv] L’intervento non dovette essere particolarmente felice se il vescovo successivo, Carolo Rossi (1659-1679), nel 1675 afferma che la chiesa manca del tetto per incuria di chi dovrebbe averne cura, cioè il procuratore.[xv] In seguito, fu riparata, in quanto il vescovo Giuseppe Lancellotti, che la visitò poco dopo la metà del Settecento, la trovò ben messa ed in ordine.[xvi] La chiesa fu poi sconsacrata e usata per usi pubblici e privati. Il proprietario, il conte Gaetani, la utilizzò come deposito per la paglia, suscitando le proteste degli abitanti delle case vicine per il pericolo che tale destinazione procurava, ed in seguito la fece restaurare.[xvii]

Isola di Capo Rizzuto (KR), chiesa di San Marco Evangelista.

Castello

Il primitivo castello di Isola, il “kastello ton Asulon”, compare nell’ottobre 1131, in un documento riferito ad alcune concessioni fatte dai conti di Loretello al monastero di San Stefano del Bosco.[xviii]

L’esistenza di questo castello sembra anche avvalorata da uno scritto del Campanile, il quale afferma che, all’inizio del Trecento, Alessandro Malena ebbe in feudo “per parte di Catarina Merceria il castello della Torre dell’Isola nelle pertinenze di Cotrone”.[xix]

Il castello, di cui oggi vediamo le rovine, fu costruito, o ricostruito, nel 1549 assieme alle mura della città, dal feudatario Gio. Antonio Ricca. Isolato con un fossato dalle mura cittadine, era usato come palazzo/abitazione dai baroni di Isola, i quali lo utilizzarono per tutto il Seicento e per buona parte del Settecento.[xx]

Di mediocre struttura, munito di baluardi angolari, all’inizio del Seicento era “ben messo e provveduto di molti pezzi e munizioni” dal feudatario[xxi] e, come tale, era ritenuto un valido aiuto nella difesa contro il pericolo di sbarchi turchi. Vi si entrava attraverso un ponte levatoio ed al suo interno oltre alle stanze di abitazione, alle quali si accedeva attraverso una gradinata, vi era la cappella, o oratorio, dedicato a San Geronimo, sempre di iuspatronato del barone, dove un cappellano, di sua scelta ed a suo carico, celebrava per i dimoranti nel castello, la messa ogni domenica e nei giorni festivi.[xxii]

Al riparo dentro le sue mura vi erano i magazzini, dove il feudatario conservava il grano, e le pubbliche carceri.[xxiii] Lasciato andare in abbandono, anche a causa dei danni che subì dai terremoti, specie quello del 1832, alla fine dell’Ottocento appariva “diruto” ed “in frantumi”. Il poeta isolitano Gaetano Rodio vi ambienta il suo poemetto “Richelmo di Calabria” e così lo descrive: “Com’ombra gigantesca, e fa paura / Alto un castel che rizzasi, e sovrasta / Con le superbe, torreggianti mura / E appiè di tanta mole, ch’è si vasta, / Che sfida gli anni, e contro il tempo dura, / Sorge contigua l’inclita magione; / È il castello, fortezza del Barone”.[xxiv]

Isola di Capo Rizzuto (KR), il castello cinquecentesco.

Chiesa di Santa Caterina

La chiesa, sede della confraternita omonima, era eretta fuori le nuove mura della città. Il primo atto che fa riferimento alla sua esistenza ed alla confraternita, che vi aveva sede, è un breve di papa Gregorio XIII. Con tale atto del 14 dicembre 1580, venivano concesse delle indulgenze ai confratelli della confraternita, canonicamente eretta nella chiesa di Santa Caterina.[xxv] Sappiamo che nel 1589, presso la chiesa sorgeva la casa del barone, e che questa era vicino alle vecchie mura della città.[xxvi]

Il decano Nicola Tiriolo nella sua visita, ci informa che al tempo dell’invasione turca, nel settembre 1594, la chiesa aveva subito dei danni. I pirati, infatti, vi penetrarono, distruggendo la porta piccola, e portarono via la fonte dell’acqua benedetta, una campanella ed un messale. La chiesa possedeva quattro case fabbricate dagli stessi confrati, una casa usata per ospedale dei forestieri e dei poveri, una casetta per il fraticello che serviva la chiesa, ed un’altra casa, che affittava.[xxvii]

A quel tempo, nella chiesa vi era eretto il beneficio con cappella della Concezione della Vergine Maria, di iuspatronato di Donna Lucente Misistrello, e vi era l’altare di S. Francesco, dove si celebrava una messa alla settimana in suffragio dell’anima di Gio. Francesco Scoleri. Per paura dei Turchi il quadro della titolare era stato posto in salvo nella chiesa di S. Marco. Gli statuti della confraternita, i cui confrati indossavano sacchi bianchi e pilei rossi, erano stati riformati dal nobile Alfonso di Napoli, poco prima della visita del decano.[xxviii] Il nobile sarà riconfermato procuratore della confraternita dal visitatore, il decano Tiriolo, in quanto nelle elezioni del nuovo procuratore i confrati erano venuti in dissidio, così per sedare ogni controversia, il prelato aveva annullato le elezioni ed aveva proceduto autonomamente alla nomina.[xxix]

La chiesa, con altare dedicato alla Madonna Immacolata, fu soppressa al tempo della Cassa Sacra. Nel 1798 una supplica dell’università chiedeva la sua riapertura, cosa che avvenne nel gennaio 1843, quando in essa furono seppelliti numerosi abitanti, morti per la pestilenza. A quel tempo la chiesa si presentava già scoperchiata, e per questo inconveniente si decise di sospendere ogni funzione religiosa, utilizzando a tale scopo la diruta chiesa di S. Nicola.[xxx]

Isola di Capo Rizzuto (KR), chiesa di Santa Caterina (da Valente G., La Costa dei Dioscuri, 1982).

Chiesa dell’Annunziata

La fondazione della chiesa dell’Annunziata è da collocarsi nella seconda metà del Cinquecento. Questo è quanto si ricava dalla campana fornita dalla confraternita omonima, che ne curò l’erezione. La campana, infatti, reca il nome del fonditore, il napoletano Cristofaro Jordani e la data 1591. Posta nel suburbio della città, fu sede della confraternita omonima. Essa era arredata da un pregiato quadro della titolare che, per il pericolo turco, fu trasferito nella chiesa di San Marco. Vi era eretto un beneficio semplice, con altare e cappella, sotto il titolo di Santa Maria della Grazia, di iuspatronato della casa Gulino,[xxxi] con il peso di tre messe alla settimana. A ricordo di questa cappella rimane ancor oggi l’iscrizione: “Delfinus Gulinus fundavit et rector primus/ D. Desid. de Nofrio construi curavit A. D. 1595”.[xxxii]

La chiesa, confinante con una stalla, e con un ospedale con orticello “per comodità de quello che serve la chiesa”, possedeva alcune proprietà immobiliari (case, magazzini) nel borgo.[xxxiii] Sappiamo che nei primi anni del Seicento, fu costruita anche una cappella di iuspatronato della famiglia Pagliari (Ex legato Joannis Pagliari: “D. Desid.s de Nofrio costrui fecit/ et exornari – 1611”). Sempre Giovanni Pagliari è ricordato dall’epigrafe sulla tomba al centro della chiesa: “Joannes Pagli/ ari veteram/ ac strenu/ miles sexas/ hic dormit/ expectans/ sonum tubae/ obiit/ XXX mar/ 1616”.[xxxiv]

La confraternita era composta da laici, che indossavano sacchi e pileo (berretto di feltro) bianchi, ed era ancora attiva alla metà del Seicento.[xxxv] La chiesa con il suo altare maggiore, fu ricostruita durante il vescovato di Antonio Celli (1641-1645) che la consacrò, come ricorda un’epigrafe a destra dell’ingresso: “1645 die 23 aprilis fr./ Toninus Celli e.pus in/ sulanus hanc ecclesiamm/ et eius altare maius/ ad honorem SS. Annun/ ciationis B.M.V. ac sanc./ torum Zenonis Valen/ tini et Cecilie conse/ cravit quorum reliquiae/ hic conservatur et/ visitantibus indulgen/ tias concessit”.[xxxvi]

Nel 1715 il primicerio Tommaso Melioti vi fondò un semplice beneficio sotto il titolo di San Giuseppe, con cappella ed altare, dotandolo con alcune case e terre.[xxxvii] Dalla visita del vescovo Lancellotti si sa che nel 1762, la chiesa aveva due altari, uno dedicato a San Giuseppe e l’altro all’Annunciazione.[xxxviii] Soppressa dalla Cassa Sacra dopo il terremoto del 1783, la chiesa aveva bisogno di restauri al pavimento ed alla cupola.[xxxix]

Isola di Capo Rizzuto (KR), chiesa dell’Annunziata.

Chiesa di Santa Maria degli Angeli

La chiesa compare per la prima volta col titolo di S.ma Vergine degli Angeli in una relazione ad Limina al tempo del vescovo Ascanio Castagna (1622-1628).[xl] Un altro documento della metà del Seicento, ci informa che nel mese di maggio, in Isola “si lottava il palio della festa della chiesa di S.ta Maria delli Angeli”.[xli] Quando fu soppressa al tempo della Cassa Sacra, la chiesa aveva bisogno di essere riparata. In seguito fu ripristinata.

La chiesa di “S. M. delli Angeli” e il monastero di “S. Nicola”, in un particolare della carta austriaca del Regno di Napoli Sez. 12 – Col. IX (1822-1825).

Chiesa di San Rocco

Secondo una relazione scritta nell’ottobre 1569 da Marcello Sirleto al cardinale Sirleto, la chiesa fu costruita al tempo della peste (1528 ?) ma poi cadde in abbandono.[xlii] In seguito fu ripristinata. Essa risulta funzionante nel 1648 sotto il titolo di San Rocco, S. Elia e S. Isidoro.[xliii] Nel 1878, anno in cui fu nuovamente riparata, compare con il titolo della Madonna del Carmine, o di S. Rocco.

Isola di Capo Rizzuto (KR), iscrizione e affreschi della ex chiesa di Santa Caterina (foto di Antonio Valente).

Chiesa di Santa Domenica

Posta nel suburbio, o borgo, alla fine del Cinquecento si presenta devastata a causa della incursione fattavi dai Turchi nel settembre 1594. La copertura era in parte mancante, il quadro della titolare era rovinato e la piccola campana, che batteva nel campanile, era stata sottratta.[xliv]

Tuttavia, nella visita fattavi nel 1648 dal vescovo Morra, si presentava decentemente. L’interno era abbellito da un quadro della santa e vi erano diversi paramenti e suppellettili sacre: due pianete, un avant’altare, tre tovaglie d’altare, 2 paia di candelieri, di cui d’ottone ed uno di legno, ed una cassa dove erano riposti un calice con patena, un camice ed un campanello. La chiesa, o piccola cappella, non aveva grandi proprietà; possedeva un magazzino al borgo e poteva contare su un credito di 10 tomoli di grano.[xlv]

Vi era eretto un semplice beneficio di iuspatronato laico sotto il titolo della santa. Esso dava all’amministratore, o cappellano, una rendita annua di 6 o 8 ducati, a seconda dell’annata.[xlvi] Nel marzo 1762, al tempo della visita del vescovo Lancellotti, era fornita di sacra icone, ed oltre all’altare maggiore, vi era il sacello della Beatissima Vergine dolorosa con la statua della santa. Era fornita inoltre di sacristia, anche se questa aveva bisogno di riparazioni al tetto.[xlvii] Soppressa al tempo della Cassa Sacra, conservava ancora l’altare dedicato alla Madonna Addolorata.[xlviii] Ripristinata, nel 1808 vi aveva sede la confraternita della SS. Addolorata.

Isola di Capo Rizzuto (KR), chiesa di Santa Domenica.

Chiesa di Santa Barbara

La chiesa compare tra i luoghi sacri soggetti alla giurisdizione del vescovo di Isola già all’inizio del Dodicesimo secolo.[xlix] Compiendo la visita nell’autunno 1594, il decano Tiriolo entrò nella chiesa, che era posta fuori città, ed era tenuta in grande devozione dal popolo, e la trovò con il tetto bruciato e piena di tegole e di calcinacci.

La chiesa a quel tempo possedeva un quadro nuovo su tavola della santa, portato da Napoli dal vescovo Caracciolo che, per maggiore sicurezza, era conservato in cattedrale. Il decano ordinò di ripararla, promettendo che, a ripristino avvenuto, avrebbe riconsegnato il quadro alla chiesa[l]

L’edificio sacro fu forse riparato, come sembra accreditare l’esistenza di una campana, che ora si trova nella chiesa di Santa Domenica ed è datata 1613,[li] comunque, ciò non le valse molto, in quanto alla metà del Seicento, risultava completamente “diruta et discoperta”.[lii]

Isola di Capo Rizzuto (KR), località Santa Barbara (da Valente G., La Costa dei Dioscuri, 1982).

Monastero di S. Nicola

Un monastero con chiesa intitolata a S. Nicola, patrono della città, fu fondato, costruito e dotato, a spese del vescovo di Isola, Annibale Caracciolo, nel 1582, che lo assegnò ai frati minori riformati di S. Francesco d’Assisi.[liii] Dopo 12 anni, nel 1594, l’edificio non era stato ancora completato; esso sorgeva a mezzo miglio di distanza dalla città e dal suburbio.[liv]

Durante il Seicento ed il Settecento, vi dimorarono da quattro ad otto frati dell’ordine di S. Francesco dell’Osservanza.[lv] Questo unico monastero esistente a Isola fu soppresso dopo il terremoto del 1783. Allora l’edificio di non “spermenda structura”, al quale era adiacente un orto, fu confiscato ed i frati espulsi. Esso era costituito da un vasto edificio a due piani (con bassi, camere, corridoi, cucina, refettorio, stalla e cantina) al quale era annessa la chiesa, al cui interno vi era un organo. In seguito, passò di proprietà dei Berlingieri, che vi fecero una residenza di campagna.

Il monastero di “S. Nicola” e la chiesa di “S. M. delli Angioli”, in un particolare della tavola N.° 29 (1789) della carta di G. A. Rizzi Zannoni.

Note

[i] G. D. di Nofrio affitta dall’università di Isola il territorio delle Fratti. L. Garà accorda e fida le sue vacche nel territorio preso in fitto dal di Nofrio, alla ragione di un ducato per bue e carlini 7 per vacca, con il patto che il di Nofrio fidi solo vacche e buoi. Dopo un pò il di Nofrio fida anche pecore. Il Garà protesta perché “non è solito nelle gabelle chiuse dove ci sono fidati animali grossi come vacchi e bovi fidarci animali minuti come pecori et auni quali per esser cossì minuti non solo mangiano l’herba ma quella radono dalla terra”. ASCZ, Busta 117, anno 1623, ff. 19-20.

[ii] AVC, Cart. 139, Instrumentum concordie et conventionis …, in Inventario et Nota delle scritture pertinentino al Sacro Vescovato della Città dell’Isola, et al suo Capitolo, quali si conservano dentro un Baiulio.

[iii] ASCZ, Busta 660, anno 1718, ff. 77v-78.

[iv] Cassa Sacra in Valente G., La Costa dei Dioscuri, Isola di Capo Rizzuto, Frama Sud 1982, p. 33.

[v] “Bartolo Marra per lo terraggio deli territori ad Antiopuli”. ASN, Dip. Som. Fs. 552, f.lo 1, 1487.

[vi] AVC, Processo grosso di fogli cinq.cento settanta due della lite, che Mons. Ill.mo Caracciolo ha col S.r Duca di Nocera per il Vescovato.

[vii] Maone P., Isola Capo Rizzuto, Rubbettino, 1981, p. 114.

[viii] ASCZ, Busta 1063, anno 1749, ff. 1-10. AVC, Catasto di Isola 1768, 1800.

[ix] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1600.

[x] AVC, Visita fatta per il Decano di Catanzaro Nicolao Tiriolo Vicario Generale di d.o Mons.r Caracciolo nell’anno 1594, ff. 16v-17.

[xi] AVC, Visita fatta per il Decano di Catanzaro Nicolao Tiriolo Vicario Generale di d.o Mons.r Caracciolo nell’anno 1594, ff. 64-65.

[xii] AVC, Visita G. B. Morra 1648, f. 25.

[xiii] AVC, Visita G. B. Morra 1648, f. 25.

[xiv] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1651.

[xv] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1675.

[xvi] ASV, Visitatio G. Lancellotti, 1762.

[xvii] Valente G., La Costa dei Dioscuri, Isola di Capo Rizzuto, Frama Sud 1982, p. 98. Lapide sul monumento del Ricca:

Io. Antonius Ricca Troyli a quondam/ Beatricis Carachiole filius, Civitatis/ Insule Baro post multas turcorum/ invasiones, ne sua civitas fundita/ deleretur, hic nova moenia et propugnacula/ proprio aere hoc anno 1549 a fundamentis erexit/ qua quidem baronis peritia, in anno 1525, quo/ tempore Gallorum furor has regiones occupaverat/ presidium hac plaga maritima concreavit/ strenue hostiles insultationes sedavit, oppidumque/ Castellorum Maris quod ab imperiali/ ditione pernaciter desciverat, proprio/ marte ad eamdem revocavit post(er)or(um)/ omnium integritate hunc lapidem ac sacras/ aedes vivendo sibi construxit.

[xviii] Geofrido, figlio di Rhao, conte di Loritello, conferma a Radulfo, abate del monastero di S. Stefano del Bosco, le donazioni che egli e la madre Berta fecero, aggiungendo altri fondi. L’abate, con altri monaci, era andato a incontrarlo “in castrum Asylorum”, dove Geofrido dimorava perché la nave genovese, su cui viaggiava, era naufragata sugli scogli presso il porto. Trinchera F., Syllabus Graecarum membranarum, 1865, p. 146.

[xix] Campanile F., L’armi Ovvero Insegne Dè Nobili, p. 92.

[xx] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1648.

[xxi] Volpicella L., Epistolario del governatore di Calabria Ultra Lorenzo Cenami, in Archivio Storico della Calabria, a. I n. 5, 1913, pp. 596-597. ASV, Rel. Lim. Insulan., 1651.

[xxii] AVC, Visita fatta per il Decano di Catanzaro Nicolao Tiriolo Vicario Generale di d.o Mons.r Caracciolo nell’anno 1594, f. 17.

[xxiii] ASCZ, Busta 1063, anno 1749, ff. 1-10.

[xxiv] Rodio G., Poesie, Cotrone 1893, p. 38.

[xxv] Russo F., Regesto, V, 23187.

[xxvi] Ragioni addotte e scritte in forma di lettere da mons. Francesco Marini, p.13.

[xxvii] Nel 1648 la confraternita possedeva una decina di case, magazzini e caselle. AVC, Visita G. B. Morra, 1648.

[xxviii] AVC, Visita fatta per il Decano di Catanzaro Nicolao Tiriolo Vicario Generale di d.o Mons.r Caracciolo nell’anno 1594, f. 20.

[xxix] AVC, Visita fatta per il Decano di Catanzaro Nicolao Tiriolo Vicario Generale di d.o Mons.r Caracciolo nell’anno 1594, f. 60v.

[xxx] AVC, Cart. 139, Lettera del vicario foraneo di Isola del 22/1/1843.

[xxxi] AVC, Visita fatta per il Decano di Catanzaro Nicolao Tiriolo Vicario Generale di d.o Mons.r Caracciolo nell’anno 1594, f. 78.

[xxxii] Valente G., La Costa dei Dioscuri, Isola di Capo Rizzuto, Frama Sud 1982, p. 107.

[xxxiii] AVC, Visita fatta per il Decano di Catanzaro Nicolao Tiriolo Vicario Generale di d.o Mons.r Caracciolo nell’anno 1594.

[xxxiv] Valente G., La Costa dei Dioscuri, Isola di Capo Rizzuto, Frama Sud 1982, p. 107.

[xxxv] ASV, Rel. Lim. Insulan.,1648.

[xxxvi] Valente G., La Costa dei Dioscuri, Isola di Capo Rizzuto, Frama Sud 1982, p. 119.

[xxxvii] AVC, Cart. 140, 22.5.1715.

[xxxviii] AVC, Cart. 140, Visitatio G. Lancellotti, 1762.

[xxxix] Cassa Sacra, 1790.

[xl] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1625.

[xli] ASCZ, Busta 119, anno 1642, f. 16.

[xlii] ASV, Reg. Vat. Lat. 6190 (26.10.1569).

[xliii] AVC, Visita G. B. Morra, 1648.

[xliv] AVC, Visita fatta per il Decano di Catanzaro Nicolao Tiriolo Vicario Generale di d.o Mons.r Caracciolo nell’anno 1594, f. 21.

[xlv] AVC, Visita G. B. Morra, 1648.

[xlvi] Per morte di Pietro Lacconia, morto nell’agosto 1726, succede nel febbraio 1727 Pietro Perrone ed alla sua morte, avvenuta nell’ottobre 1742, succede nel febbraio 1746, Brunone Morrone alla cui morte avvenuta nel luglio 1771, segue nel maggio 1777, Alessio Monticelli. Russo F., Regesto, X, 357; XI, 344; XII, 355.

[xlvii] AVC, Cart. 140, Visitatio G. Lancellotti, 1762.

[xlviii] Valente G., La Costa dei Dioscuri, Isola di Capo Rizzuto, Frama Sud 1982, p. 154. Nel campanile della chiesa di S. Domenica vi è una campana proveniente dalla chiesa di S. Barbara: “VERBUM CARO FACTUM EST ET HABITAVIT IN NOBIS ANNO DOMINI MDCXIII EX PIORUM ELEMOSINIS PRO S. NICOLAO CIVITATIS INSULE/ S. BARBARA O.P.N.”. Ibidem, p. 110.

[xlix] “In capite vallonis, qui est in superiore parte ecclesiae S. Nicolai et deinde ascendit ad fundamenta ecclesiae S. Barbarae et post haec venit ad S. Nicolaum de Cruno”. AVC, Privilegio dello Sacro Episcopato della città dell’Isula, in Processo grosso di fogli cinq.cento settanta due della lite, che Mons. Ill.mo Caracciolo ha col S.r Duca di Nocera per il Vescovato.

[l] AVC, Visita fatta per il Decano di Catanzaro Nicolao Tiriolo Vicario Generale di d.o Mons.r Caracciolo nell’anno 1594, f. 44.

[li] “VERBUM CARO FACTUM EST ET HABITAVIT IN NOBIS ANNO DOMINI MDCXIII EX PIORUM ELEMOSINIS PRO S. NICOLAO CIVITATIS INSULE/ S. BARBARA O.P.N.”. Valente G., La Costa dei Dioscuri, Isola di Capo Rizzuto, Frama Sud 1982, p. 110.

[lii] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1648.

[liii] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1594, 1600.

[liv] ASV, Rel. Lim. Insulan. 1606.

[lv] ASV, Rel. Lim. Insulan. 1651, 1667. Nella chiesa nel 1669 vi era eretta una cappella dedicata a S. Antonio da Padova. Valente G., La Costa dei Dioscuri, Isola di Capo Rizzuto, Frama Sud 1982, p. 7.


Creato il 15 Marzo 2015. Ultima modifica: 6 Febbraio 2023.

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